Bellissimo della persona, era noto in arte per la strana rassomiglianza ch’egli aveva con Napoleone I.
Sappiamo solamente ch’egli fu caratterista in Compagnia Menichelli pei carnovali 1796 e 1797 al S.
Bartoli – migliore fortuna di quella ch'egli ebbe.
Fu artista il Nicolini di non comune versatilità, uno degli ultimi e fortunati campioni della commedia improvvisa, la quale, mercè la pratica ch'egli avea cogli scenarj dell’arte, e la sua prontezza di spirito, sapeva ancor concertare con rara intelligenza.
Bartoli, da cui tolgo la notizia, aggiunge ch’egli fu un Pulcinella molto famoso ; e che seppe distinguersi fra quanti s’esercitarono in quel ridicolo Personaggio.
Datosi poi al ruolo di primo attor giovine, fu in Compagnia di Bellotti-Bon con Virginia Marini negli anni ’79-’80-’81, durante i quali s’era acquistato buon nome specialmente per la parte di Morto da Feltre nella Cecilia di Pietro Cossa ch’egli recitò di tal modo da non aver mai chi lo superasse.
E nel capitolo XXXVIII, a proposito della rappresentazione della Griselda, dice ch’egli interessava e faceva piangere. […] Una certa serietà nel sembiante, una certa durezza nella persona, un’inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso il Personaggio con cui recitava, lo facevano scomparire, malgrado le belle cose ch’egli diceva : all’incontro nelle Tragedie riusciva mirabilmente, e sopratutto nelle parti gravi, come nel Catone del Metastasio, nel Bruto dell’abate Conti, nella parte di Giustiniano nel mio Belisario, ed in altre simili.
Di sarto ch'egli era, si mutò in Brighella, esordendo nella Compagnia di Antonio Marchesini ; e tanto progredì nell’ arte, che, venuto a mancar l’Angeleri (V.) al S. […] Ecco in fatti ciò ch'egli ne dice alla pagina 18 del secondo volume : Il Brighella di quella Compagnia era un bolognese nasuto che faceva il sartore di professione, e cangiata l’aveva in quella di commediante.
Fu anche scrittore di versi, e lo stesso Bartoli riferisce un prologo, nè dei migliori, nè dei peggiori, ch'egli dettò per Luigia Lapy, quando assunse in Cremona il ruolo di prima donna, e ch'ella recitò, applauditissima, spettatrice Maddalena Battaglia, alla quale eran rivolte assai parole di lode, e la quale terminava allora di recitare su le medesime scene.
Di questo Apelli dice il giornale : colle disposizioni ch’egli dimostra, non potrà che riuscire un ottimo attore per perfezionarsi collo studio.
Comincian notizie precise di lui dal 1817, in cui lo vediamo secondo caratterista applaudito della Compagnia Rafstopulo, nella quale egli stette quattr'anni, e della quale era primo Francesco Pieri, ch'egli imitava nel gesto e nella voce.
Il Giraldi poi scrive che non si vide mai uomo che avesse ugualmente i risi e i pianti in mano a sua voglia, e la voce e i gesti acconci a questi e a quelli, come egli ha, e fa avere a tutti coloro che sono ammaestrati da lui, tal ch’egli solo si può dire l’Esopo e il Roscio de’nostri tempi.
Nella fede di nascita del figliuolo non abbiamo le notizie personali del padre, e però non sappiamo nè dove, nè quando sia nato : sappiam soltanto ch'egli era a Vienna comico al servizio di quella Corte, quando nacque il celebre figlio Antonio (1708), e che « fu — dice Fr.
Fratello di Elisabetta Catroli, nato verso il 1728, recitò ne' teatri di Venezia le parti di Innamorato, e fu cognominato Vitalbino, per la gran somiglianza ch'egli aveva nella recitazione con Antonio Vitalba. […] Il Campardon, a mostrare l’eccellenza del suo cuore, cita il fatto ch'egli allevò a sue spese una bimba, e la mise in grado di entrare nell’Accademia Reale di Musica, ov'esordì come ballerìna il 16 novembre '79, nel ballo del IV atto d’Ifigenia in Tauride di Gluck.
Comico di qualche merito per le parti di Pantalone e di Brighella che recitava alternativamente, ma più noto a’ suoi giorni per le finte gemme di teatro ch’egli fabbricava con singolar perizia e vendeva non solo a comici, ma a cantanti e ballerini.
Moglie del precedente, e figlia di Luigi e Antonietta Robotti, cominciò a recitare nella Compagnia reale sarda coi parenti, poi in quella ch'egli avea formata in società con suo padre.
Era il 1824 in Compagnia Fabbrichesi, e nelle Varietà teatrali fu scritto ch’egli era decorato da più e più anni del pubblico aggradimento.
Unitosi il ’27 in matrimonio colla figliuola minore del Dorati, Alamanna, formò con lui società, passando dal ruolo di brillante in quello di caratterista e promiscuo, ch’egli sostenne con tanta arte e con tanto favore del pubblico da entrare il ’36 con Luigi Domeniconi e restarvi sino al’ 40 colla moglie servetta, per andar poi nella Compagnia di Carlo Re ad assumere il posto di secondo caratterista al fianco del gran Luigi Vestri ; morto il Vestri, Giuseppe Guagni lo sostituì decorosamente.
Dalla quale sconfinata bontà anche si volle dedurre, e credo calunniosamente, ch’egli fosse marito compiacente a segno da tollerar certo intrigo di Madama Carlin con l’Ambasciatore d’Olanda. […] Camilla vuol rapirglielo, dicendo ch’egli è suo ; ed eccoti arriva Pantalone che obbliga Rosaura a cederlo ; ella sviene, e Fileno accorre in suo soccorso ; Celio che la vede nelle sue braccia, è preso da gelosia. […] Scapino che è al giorno dell’intrico, scioglie il bandolo della matassa, dicendo che quello che ha Celio è suo, e ridà a Camilla e ad Arlecchino quello ch’egli ha loro involato. […] Adunque non potendo apprezzar come si conviene l’opere sue, non mi resta che far conoscere la sua rara modestia, pubblicando la lettera seguente ch’egli ha indirizzata al signor di Meslé. […] Paris, Guerin, m.dcc.xxx.viii, farebbe supporre ch’egli, oltre alle parti di Arlecchino, altre ne sostenesse, fors’anche in tragedia, sebbene le mie ricerche non me ne abbian fornito alcuna prova.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Uscito Giovanni Ceresa dalla Compagnia di Luigi Pezzana, fu chiamato a sostituirlo il Contini, il quale passò di trionfo in trionfo interpretando i caratteri più disparati, come il Foscolo e il Raffaello, ch’egli rendeva, più che con delicatezza di contorni, con maschio e gagliardo colorito.
Passò poi in Compagnia Favi con Biagi, Talli e la moglie Carloni, da cui si distaccò per recarsi a Livorno (1890) ad attendere a un commercio di legnami ch’egli aveva intrapreso due anni avanti con un suo nipote, e nel qual si trova anch’oggi, contento del suo stato.
.), concordano in questo : ch' egli corruppe con cento pistole l’ incaricato di Luigi Riccoboni di trovare a Napoli un buono Scaramuccia ; ch'egli era usciere del Vicariato di Napoli, e che, recatosi a Parigi, nè piacque, nè dispiacque.
Ma se il pubblico va' sta sera in visibilio dinanzi alle prodezze del suo beniamino improvvisate in Mia moglie non ha chic, o in Tre mogli per un marito, domani resta soggiogato dall’arte grandiosa ch'egli profonde in Papà Lebonnard, o in Un dramma nuovo. […] Fu in quei vincoli troppo stretti ch'egli avvertì il peso del giogo, e sentì il bisogno di scuoterlo : fu allora ch'egli risolse di formare una compagnia modesta da avviare, da manipolare, da rendere primaria, mercè la sua forza direttiva, mercè il suo ingegno artistico, mercè la sua tenacità di propositi. […] I più continueranno a dare al Novelli il loro aiuto morale e materiale ; e dagli esempi di pertinacia ch'egli ci ha dato più volte, si può concludere che egli dal modesto principio saprà pervenire a una magnifica fine.
Innamoratosi a quel tempo di una figlia d’artisti, e venuto in possesso dell’eredità lasciatagli dal padre, determinò di realizzarne i capitali, e di formare una compagnia comica, pernio della quale sarebbe stata la giovane artista, ch’egli avea già sposato, e che sino ad allora non aveva sostenute che parti di amorosa generica ; dando però con l’avvenenza e intelligenza e volontà a sperar bene della prova audace.
Costretto dal suo ruolo generico a rappresentare dei vecchi, aveva presa l’abitudine d’ingrossare la voce, per modo che non poteva più piegarsi alle parti da giovine : il che non impedì ch’egli fosse e meritamente applaudito.
Scrisse varie opere teatrali, rimaste lungo tempo in repertorio, tra cui citiamo : Teresa e Gianfaldoni, Aver moglie è poco, ma il guidarla non è da tutti, Pare impossibile, ma tutto è vero, Giulio sordo e muto maritato a Parigi (seguito dell’Abate de l’Epée), e Balduino tiranno di Padova, tratto da un ballo ch’egli vide alla Scala di Milano nel 1803.
E siccome quel ch’egli è, è perfezione, così accade che quei dieci o dodici tipi da lui creati, che avrebber dovuto, più che venire a noia, nauseare un ascoltatore assiduo di venti anni, si trovin oggi come venti anni addietro, al suo cospetto, freschi, saltanti, vivi, quasi opera d’arte non mai veduta, nè imaginata ! […] Quando l’orchestra suona la sinfonia del maestro, quanta espressione in quell’impercettibile sorriso di compiacimento, di modestia e di orgoglio insieme, ch’egli fa ogni tanto al futuro nipote che gli è quasi alle spalle ! […] E a vederlo e sentirlo nel Maester Pastizza e nella scena musicale a soggetto, chi crederebbe ch’egli sappia o poco o niente di musica ?
Da lui stesso fu scritturata qual prima attrice assoluta nella Compagnia ch’egli formò in società con Gaspare Pieri, e sappiamo che insieme a lui recitò al Cocomero di Firenze le Ultime ore di Camoens di L.
Esordì a Parigi il 1675 nell’Arlequin Berger de Lemnos col nome di Flautino, ch’egli scelse pei molti strumenti a fiato che sapeva imitar colla bocca.
Fu autor di Scenarj di commedie all’improvviso, ch'egli recitava mirabilmente, intitolate Il Dottore giudice e padre, e Chi trova un amico trova un tesoro, o sia Il Dottore avvocato dei poveri.
Il Mercurio di Francia dell’agosto 1741, seguìto poi dai fratelli Parfait, dice ch'egli fu molto applaudito nella parte di arlecchino, che recitò con conveniente intelligenza, dando prova di molto talento ; mentre il D' Origny afferma che l’esordire di lui come arlecchino servì a provare che il talento è di rado ereditario.
Fu poi due anni con Cesare Rossi (prima donna Teresina Mariani, ch'egli sposò, quando entrambi andarono a far parte della Compagnia Garzes), poi si diede al capocomicato in Società con Paladini, Calabresi e Biagi per un anno ; con Paladini per sei anni, e finalmente solo da cinque, amministratore egli stesso e primo attore assoluto.
Da una supplica al Duca di Modena del 1686 per ottenere che gli fosse mantenuta la parte intera, non volendo i comici dargliene che metà, sappiamo ch'egli aveva moglie e cinque figliuoli.
Euripide l’anno primo dell’olimpiade LXXV, cioè 479 anni innanzi alla venuta del Redentore, e 224 della fondazione di Roma, nacque in Salamina, ove per la famosa spedizione, che preparavasi da Serse contra la Grecia, si erano ritirati i suoi genitori Mnesarco e Clitona, i quali gli diedero il nome di Euripide per la celebre vittoria dagli Ateniesi di loro compatriotti riportata sopra i Persiani presso alla bocca dell’Euripo in quel medesimo giorno ch’egli uscì alla luce del mondo. […] Pisandro uomo di bella statura, e che andava adorno e armato galantemente per darsi un’ aria di Eroe, avendo in un combattimento gittato le armi, venne nella Lisistrata da Aristofane così ben deriso, ch’egli passò in proverbio presso i Greci, più codardo di Pisandro. […] Platone per mostrare più particolarmente la stima, ch’egli faceva di questo poeta, gli diede il miglior luogo nel suo Convito, ch’è uno de’ suoi più belli dialoghi, e mette sotto il di lui nome il bel discorso, ch’egli fa dell’amore, dando con ciò ad intendere che Aristofane era il solo che potesse con vaghezza e diletto parlare di questa passione.
Sappiamo dalle memorie di Ernesto Rossi ch’egli creò, nel 1854 a Milano, e con successo, la parte di Jago nell’Otello, quando era il generico primario della Compagnia di Cesare Asti.
» Di un Dottor Violone è fatto cenno in una lettera di Ludovico Bevilacqua al Duca di Modena con data di Ferrara 9 aprile 1664, come di attore il quale, ben lontano dall’aver la pietà e modestia del Chiesa, per certi livori ch’egli ebbe con la Marzia Fiala, moglie del Capitano Sbranaleoni, capocomico, mancò a’suoi impegni scritturandosi con una Marchetta, e allegando con atto di perfidia, pretesi contratti antecedenti con un Cavaliere.
La natura non lo dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta : Egli aveva un’arte di fare frettolosamente un ragionamento (non inteso nè da lui, nè dall’uditorio) promettendo assistenza al Padrone o ad altri ; e questo con parole spessissime, e vibrate con forza fra le labbra in sì fatto modo, che il popolo movevasi a fargli un grande applauso, battendo palma a palma, ond’ egli restava soddisfatto, e l’udienza godendo moveva a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che lo Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di mani, ch'egli ne riscuoteva.
Amoroso il '43 con Angelo Lipparini, diventò socio e cassiere il '46 della Compagnia di Ernesto Rossi, poi conduttore e amministratore della famosa Lombarda che fu prima diretta da Alamanno Morelli, e ch'egli tenne più anni or sotto la direzione di Luigi Aliprandi, ora di Carlo Lollio, ed ora di Carlo Romagnoli.
Sebbene si creda generalmente che il Bazzi non abbia mai calcato le scene, a somiglianza del fratello Giovanni, marito della celebre Anna ; pur sappiamo ch’egli sostenne la parte di Luigino nell’ Innamorato al tormento del Giraud ; e nell’elenco a stampa della Compagnia pel 1820 (un anno prima che egli avesse l’incarico di formar la famosa Compagnia Reale Sarda) figuravano : Gaetano Bazzi per le parti di padre, e Giovanni per quelle di generico. […] Interessantissima è sopra ogni altra l’analisi ch’ egli fa delle varie parti, o ruoli (amoroso, primo uomo, padre, caratterista, parti brillanti, tiranno, servo sciocco e secondi caratteri, prima attrice, ingenua o amorosa, vecchia caratteristica, cameriera, madre), analisi ch’egli restringe poi in queste ultime parole : L’amante ingenuo dice all’oggetto più caro del suo cuore : – Sono innocente – colle voci di scusa, di raccomandazione, o di abbandono, e disperazione.
Poi, riaccettato nella compagnia a mezza parte, gli fu affidato l’incarico di settimanajo (ch’egli copriva già dal 1769) col titolo di settimanajo perpetuo. […] XXIX) dice del Camerani : « Quest’uomo molto attivo, pieno d’intelligenza e di probità, incaricato di commissioni spinose, sa conciliar così bene gl’interessi della Società e quelli dei particolari, ch’egli è il mezzano delle contese, l’arbitro delle riconciliazioni, e l’amico di tutti. » E queste qualità trovo confermate nella lettera seguente, non mai pubblicata, che debbo alla cortesia di Luigi Azzolini.
Ai nomi di Costantini Giovan Battista e Gherardi Evaristo sono accennate alcune querele e dispute ch'egli ebbe, per le quali si ricorse perfino alle vie di fatto con la spada alla mano. […] Agostino fu educato alle armi, e sappiamo da un sonetto del padre ch'egli militò ancor giovine contro i turchi in Polonia.
Il Campardon riporta, oltre a una querela contro Silvia e il padre Benozzi, e l’atto di matrimonio di lei col Balletti, un atto d’usciere, col quale a istanza di certo Maziau, suo creditore per 230 lire e 11 soldi, dovevano essere sequestrati e asportati i mobili delle due stanze ch’egli abitava in via Tire-Boudin.
Esordì nel 1835 qual primo amoroso nella Compagnia Petrelli e Fabrici, facendo concepir forti speranze pel suo avvenire artistico, specialmente dopo di aver recitato la parte di Ugo nella Parisina del Somma, ch’egli creò.
tà per le ragioni da me già significatele, ho procurato che venga Cola, personaggio che non le sarà forse di poco gusto, ma la supplico ad haver di lui particolare protetione con sicurezza che le gratie ch’egli riceverà da lei obbligheranno me ; e qui con debita riverenza della M.
.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V.
Basti ch'egli pervenne, onestamente modesto e rassegnato, ai settantadue anni, dopo i quali, soccorso con amore dalle figliuole Gilda e Anna, andò a stabilirsi a Bologna, ov'è tuttavia (1904).
Forse nei diciassette anni ch'egli fu al servizio di Ferdinando, si trovò a essere ceduto, come spesso accadeva, a qualche altro principe : e mi pare si debba identificare pel Ranieri questo Aurelio che dal Duca di Mantova è dato al Duca di Modena, in cambio del Parrino (V.), che Questi cedeva a Quello.
Così, e assai bene, il mio Ugo De Amicis comincia uno studio sull’ arte della Reiter nell’interpretazione della prima : Credo che se Sardou fosse un autore italiano il pubblico direbbe ch'egli ha scritto la Madame Sans-Gêne per la signora Reiter, ch'egli ha svolto così largamente il carattere di Caterina perchè l’illustre attrice, presentandosi nei diversi aspetti di questo personaggio storico, potesse in una sola parte spiegare tutte le sue doti ; e credo che chiunque avesse letta la commedia prima di vederla rappresentata e avesse voluto distribuire idealmente i ruoli, avrebbe scritto a fianco del nome della protagonista : Virginia Reiter.
E tale fu lo spavento ch'egli ebbe dall’inattesa aggressione, che preso da febbre violenta, ne morì in capo a quattro giorni, compianto da tutta l’arte.
Carico di famiglia, e ormai non più giovane, determinò di darsi alla scena, esordendo qual caratterista nella Compagnia ch'egli stesso formò in società con Gaetano Colomberti e Luigi Bergamaschi, e diventando in pochissimi anni de'più valenti.
Savi da Clarice M.lle Piccinelli da Angelica Zannuzzi da Lelio Balletti da Silvio Rubini da Florindo Savi da Petronio M.lle Veronese da Camilla Chiavarelli da Scapino Carlin Bertinazzi da Arlecchino Ma pare ch'egli vi facesse un fiasco solenne, dacchè a Corte si venne lo stesso anno nel proposito di licenziarlo.
Prima con Giovanna Mestre, mortagli il 6 agosto dell’anno 1766, poi con Giovanna Maugras, o Naugras, ch'egli amava, vivente la prima moglie, e che sposò dopo di avere promesso con atto formale di abbandonare per sempre il teatro.
Vuolsi ch'egli dovesse la sua rovina a una perdita di 4000 ducati, cagionatagli da false speculazioni di suo figlio.
Eugenio é un abate, il quale marita a uno sciocco chiamato Guglielmo una giovane ch’egli ama e fa passar per sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme et avec elle Je me couche le plus souvent, Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher. […] Tuttavolta egli fu un ingegno pieno d’entusiasmo che lo solleva talvolta presso ad Euripide; e non senza ragione i suoi compatrioti affermano ch’egli abbonda di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili. […] Egli seppe valersi, non si sa per qual modo, d’un gran numero d’argomenti tratti dagli autori greci e latini, ch’egli non potea leggere, non essendosi allora tradotti ancora nell’idioma tedesco.
Tardi, ma in tempo, il primo de’ Pulcinelli di San Carlino ottiene dalla storia resipiscente l’amica e pietosa rievocazione, che, liberandolo dalla tenebra, gli restituisce il posto di quel trono ch’egli occupò pel primo, e cosi gloriosamente, nella Reggia avventurosa e gioconda della risata.
Quando Goldoni cominciò a scrivere pel San Luca, scrisse per lui varie parti in dialetto, fra le quali il signor Alberto nell’Amante di sè stesso, ch'egli rappresentò egregiamente.
Ella amava un giovanetto suo uguale che era andato in Madrid, e per vincerla le vien dato a credere con false lettere ch’egli abbia colà preso moglie. […] Mariano indica ch’egli venga a casa prima dell’ora del pranso; e se egli non ha desinato in sua casa, non faceva uopo dirsene un motto? […] Di ciò sono io stesso stato più volte testimonio; ma sento ch’egli continua nel medesimo gusto. […] Dopo la mia partenza egli ha gridato, ha fatto gridar Sampere, ha malmenato il Signorelli all’usanza de’ presidianti e de’ Manoli ch’egli ritratta. […] può fare ch’egli non sia el poetilla La Cruz?
E per noi, e per gli ascoltatori di tutto il mondo, fu gran ventura ch'egli tanto si staccasse nel sistema e nell’indole dal suo gloriosissimo collega, da formare un tutto a sè. […] Certo egli credette che l’arte dovesse molto a lui, non ch'egli dovesse molto all’arte…. […] L'analisi ch'egli fa in un suo studio della tragedia shakspeariana, è minuta e acuta, e dà prove non dubbie dell’amore e della tenacia con cui s’era venuto facendo il suo personaggio, carne della sua carne, anima dell’anima sua. […] Mi par di vederlo, Ernesto Rossi, come inchiodato davanti al Re, indietreggiare, man mano ch'egli avanza, fissandolo negli occhi, scrutando quel suo turbamento….
Quando ad una interrogazione del Rettore esaminante rispose Roma dev’essere la Capitale d’Italia, il pubblico entusiasta si levò in piedi, agitando i fazzoletti, urlando e applaudendo : e il piccolo Benini tutto compreso dell’effetto artistico ch’egli aveva saputo produrre con quelle parole, giù a profondersi in riverenze senza fine.
Deslauriers, detto Bruscambillo, famoso buffone e ciarlatano, poi attore con Gian Farina stesso (ch’egli chiama nel prologo dell’amicizia venerabile confratello) all’Hôtel di Borgogna.
V, pag. 237) : « Datosi alla professione comica, riuscì eccellente e famoso per modo, ch'egli fu senza dubbio il primo che al suo tempo praticasse le scene.
E da allora pare ch'egli entrasse in compagnia e nelle grazie del Duca, poichè in un documento sincrono dell’Archivio di Stato di Modena abbiamo l’elenco della Compagnia, in cui non figurano i nomi dei coniugi Sacco, bensì quelli di Gaetano Caccia, Leandro (V. […] Questa commedia, ch'egli pubblicò mentre era da nove anni comico del Ser.
Recatosi all’Arena Nazionale di Firenze, avanti al ’70, fu tale il successo ch’egli ebbe coll’Amleto in una di coteste sere di lucido intervallo, che fu istantemente pregato, cosa non mai accaduta nè prima, nè dopo di lui, di trasportare le tende al Teatro Pagliano per meglio appagar le esigenze del pubblico.
Questo comico, famosissimo sotto la maschera dello Scapino, che il Goldoni dice eccellente pantomimico, e d’un esccuzione esattissima ; che trovò a Parigi una festosissima accoglienza per la intelligenza, il brio, la precisione de’ gesti e delle movenze, e sopra tutto la fisionomia perfettamente a taglio col personaggio astuto ch’egli doveva rappresentare ; che dall’incontentabile Grimm ebbe in contrapposto parole di biasimo, oserei dir volgare, nacque a Napoli verso il 1702 da Antonio Ciavarelli e Domenica Spadafora.
E quella famosa dichiarazione d’amore ch'egli, non eccezionalmente, ma ormai per consuetudine doveva ripeter lì per lì, in mezzo alle più matte risate di un pubblico stipato ?
La robustezza del suo petto era tale, ch'egli potè a sessantacinque anni replicar più sere il Saul e l’Aristodemo ; quel Saul, nel quale egli fu sommo, e pel quale vuol la leggenda di palcoscenico ch'egli si mostrasse geloso del figlio Gustavo. […] Ma rientrati gli austriaci vittoriosi e trionfanti nel Veneto, si vendicaron tristamente di lui, atterrando e distruggendo la casa e la terra ch'egli aveva in Treviso, frutto del suo ingegno e delle sue fatiche. […] Firenze, Bemporad, 1900) – a cui l’enfasi dello stile guerrazzeggiante non scema vigore e non toglie efficacia. » Dell’ Insegnamento popolare egli riferisce il sunto che ne fece il Lami al Presidente del Buon Governo e ch'egli dice fedele ; e quella parte del dialogo riguardante il Canosa, a proposito della quale egli sarebbe incline a credere che lo spiedo immaginato dal Modena generasse la Ghigliottina descritta dal Giusti (Ivi, 112, 113).
Stabilitosi a Torino, fu prima dirigente del Carignano, per due anni : poi istitutore di una scuola di recitazione, ch’egli ha tuttavia, intitolata da S.
Onorato, recatosi il 5 aprile 1667 allo studio di Pietro Lemusnier, ha mosso querela contro Don Pietro Gazotti, prete modenese suo compatriotta, ch’egli conosceva da 6 anni, e in cui aveva riposta una illimitata fiducia per tutto quanto potea concernere le cose spirituali e temporali, perchè accolto in seno alla sua famiglia e ammesso alla sua tavola, ov’egli mangiava e beveva come se fosse stato di casa, spinse la sua brutalità a tal segno da fare a più riprese indegne proposizioni alla moglie del querelante Giovanna Maria Poulain ; la quale, visto come a nulla valessero nè la prudenza, nè il riserbo, nè le rampogne, nè le minaccie, si trovò costretta a narrargli il tutto.
» Quella specie di ordine del Marchese dovette essere molto arrischiato, dacchè il Bozzo rientrò a’ Fiorentini un anno dopo, facendo dire all’ istoriografo di quel teatro, Adamo Alberti, ch’egli era già divenuto artista pregevolissimo ; e artista pregevolissimo fu davvero, e divenne de’ Fiorentini un idolo, e vi restò sino alla fine della sua carriera, festeggiato, acclamato, senza che mai gli fosse passato pel capo di modificar la sua pronuncia siciliana.
Dotato di prestante figura, di bella voce, e di molta attitudine all’arte ch'egli spiegò tra' Filodrammatici, diventò presto comico, e presto s’acquistò buon nome in ogni genere di recitazione, ma più specialmente nella rappresentazione di alcune parti di tragedia quali Filippo, i Creonti, Virginio, gli Egisti di Alfieri.
Il Signor Lampillas pretende che io abbia letto male un passo dell’Opuscolo di Luis Velazquez sulle Origini della Poesia Castigliana, ch’egli così traduce1: “Sindachè i Romani introdussero in Ispagna la buona Poesia, furono in essa conosciuti i Giuochi Scenici; e le rovine di tanti antichi Teatri, che sino a’ nostri giorni si conservano in diverse Città, sono altrettanti testimonj di quanto si fosse impossessato del Popolo questo genere di divertimento”. […] Accenno però di passaggio, ch’egli dovrebbe addurne altre più solide, o disperare dell’impresa.
Chiuse parimente gli occhi per non vedervi riferita la Filologia Commedia del dolcissimo Petrarca, ch’egli però non volle conservarci; ma, ad onta della delicatezza di questo grande ingegno, che fu uno de’ primi promotori dell’erudizione Greca e Latina, verisimilmente essa dovea essere Commedia ragionevole, se non perfetta. […] Tiraboschi ch’egli scartabella e combatte ma non abbatte, ne ha pure favellato?
Baron mi ha detto la prima volta e la sola, che ho avuta seco conversazione, ch’egli aveva presa quella maniera di declamare senza scostarsi dalla natura, dopo che aveva sentita la Truppa Italiana, che, già sono quattr’anni, è ritornata in Parigi. […] Per creder vero, io tengo ch’egli l’abbi presa dalla sua esperienza, e dallo spirito suo, che sopra i difetti altrui ha saputo conoscere il vero ; ma pure quand’anche fosse così, e non un suo complimento, non ha egli potuto vedere la natura del recitare de’ Comici Italiani che nella Commedia ; mentre le Tragicommedie di Sansone e della Vita è un sogno, non sono tragedie ; ed è ben diversa da quella la maniera nostra nel recitare Andromaca, Ifigenia, Mitridate, Semiramide, Oreste, ecc., e le altre francesi ed italiane tragedie che eravamo accostumati di recitare, e che ora lasciamo da parte.
Gli applausi della folla, le lodi della critica gli fecero lasciare di punto in bianco l’impiego ch'egli aveva di commesso nella Casa Commerciale del Senatore Reali, e lo fecero partire a insaputa de'suoi per Loreo, dove era ad attenderlo la Compagnia di Francesco Zocchi, che recitava all’aperto, e da cui, dopo alcun tempo, felice di potersi liberare da quell’ambiente di guitti, passò a Voltri in Liguria, in quella Ilardi-Cardin, la quale, purtroppo, era più guitta dell’altra. […] Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.
Le signore Sanareni (sic) e Baccelli, madre e figlia, ch’egli condusse, esordirono negli Amori di Arlecchino, scenario in 3 atti di C.
Egli era buon musicista, e pare ch’egli avesse lo speciale incarico da’compagni di occuparsi della parte musicale nelle loro rappresentazioni.
Dopo alcuni anni passò a Venezia, poi a Verona, chiamatovi per una malattia epidemica mortale, ch'egli infallantemente guariva con mele appiole e vin di Cipro, dove morì di peripneumonia nello stesso anno (2 ottobre 1745) col titolo di Primo medico di Verona, compianto da tutti, fuorchè dai medici.
La Compagnia unica ch’egli condusse e diresse, grande in ogni sua parte, sbocconcellò, o meglio sfasciò, dividendola in tre Compagnie, delle quali diventaron prime parti assolute non grandi, quelli stessi artisti che nella Compagnia unica furon parti non assolute grandissime. […] Finalmente, non potendo più resistere all’ inclinazione ch’egli aveva per il teatro, s’insinuò nell’ amicizia d’alcuni comici, i quali seco lo tolsero a recitare, e bravamente riuscì sostenendo con molto spirito il personaggio di Pantalone, a cui era tanto inclinato.
E di tra le tante testimonianze di ammirazione e di gratitudine ch'egli ebbe da tutti i pubblici nostri e di fuori, scelgo il bel sonetto di Paolo Costa che la Direzione degli Spettacoli di Faenza gli offriva il 20 luglio 1861 : a TOMMASO SALVINI insigne attore italiano nel duplice aringo di melpomene e di talia a niuno secondo la direzione degli spettacoli in segno di altissima ammirazione Se avvien che l’uom per questa selva oscura de la vita mortale il guardo giri, e vegga con che legge iniqua e dura amore i servi suoi freda e martiri ; e quale avara ambizïosa cura faccia grame le genti, e i Re deliri, esser non può, se umana abbia natura, che al destin non si dolga e non s’adiri. […] Nè si creda ch'egli sia stato artista colossale soltanto per quelle parti in cui specialmente occorrevano la colossale persona e la voce poderosa ; chè accanto alle frasi in cui si richiedevan quella persona e quella voce, altre ve ne avean di sommesse consacrate dal pubblico e dalla critica. […] Quanto all’indole dell’uomo, si direbbe ch'egli volle cader di proposito nell’opposta esagerazione del suo grande Compagno d’arte.
» Con tuttociò, pare che il Barlachia, citato sempre ad esempio come recitatore, non fosse, come tutti i suoi colleghi di scena un’arca di scienza : e nel Consiglio villanesco del Desioso (Siena, 1583) il dialogo comincia col chiedere scusa, per essere l’autore rappresentante, non letterato : « Chi fa l’arte che fece il Barlacchia non può come gli sdotti arrampicare. » A pagina 432 delle rime del Lasca curate dal Verzone (Firenze, Sansoni, 1882) abbiamo le due seguenti ottave : IN NOME DI CECCO BIGI STRIONE Alto, invitto Signor, se voi bramate ch’il Bigio viva allegro, e lieto moja, la grazia, che v’ha chiesto, omai gli fate, per ch’egli esca d’affanni e d’ogni noja ; ei ve ne prega, se vi ricordate delle commedie, ove contento e gioja vi dette già, e spera a tempo e loco farvi vedere ancor cose di fuoco.
Trascrivo da Francesco Bartoli : Fece egli in sua gioventù il Ballerino da corda in una Compagnia di saltatori diretta da Gaspare Raffi Romano, di cui sposò la Maddalena di lui sorella ; e vedesi ancora andare attorno una stampa in Rame con espressevi tutte le forze, ch'egli faceva, e con sotto questa iscrizione : Giuseppe Marliani Ballerino da corda.
Pare ch'egli, attore popolare per eccellenza, non avesse gran cura dell’ allestimento scenico.
Il Mercurio di Francia dice ch'egli era di una sorprendente agilità, e secondava a meraviglia l’incomparabile Arlecchino Biancolelli (Dominique).
Fanciullo, non ebbe alcun amore agli studj, ma n’ebbe uno grandissimo al teatro, ch'egli si fabbricava da sè, e in cui faceva agire i pupi con commedie da lui stesso improvvisate.
Ricorda il lettore la parte di Perichol, il giurato ribelle del Ferréol di Sardou, ch'egli creò con tanta apparente analisi di particolari ?
Artista celebre nella maschera dello Stenterello, ch’egli creò, nacque a Firenze (fuori di Porta a Prato a San Stefano in Pane) il 13 agosto del 1751 da Filippo Del Buono, possidente. […] Dell’ingresso in arte di lui discorre il Paese di Pistoia del 15 ottobre 1887 in un articolo firmato X, nel quale è detto ch’egli cominciò a fare il commediante in una compagnia comica che recitava al Teatro del Cocomero (oggi Niccolini) di Firenze.
La parte che il lodato cardinale ebbe a qualche componimento scenico, alcuni piani che ne distribuiva a Desmaret, Boisrobert, Colletet ed altri, i soccorsi che ne tiravano tanti letterati, la guerra ch’egli faceva al Cid, ed i beneficj che in compenso versava sull’autore, tutto ciò, dico, contribuì a fomentare e a raffinar il gusto in Francia. […] Benchè le rappresentanze de’ martiri Cristiani sieno poco atte ad eccitar la tragica compassione, per esser la loro morte un vero trionfo che non ci lascia luogo a dolere, pure il Poliuto col nobile carattere del protagonista e coll’ amore che ha quest’eroe per la sposa Paolina, ch’egli fa servire a i doveri della religione abbracciata, è una tragedia che chiama l’attenzione. […] Ma perchè la gioventù non creda che tutto nel di lui stile sia oro puro, vuolsi avvertire ch’egli pur troppo pagò il tributo al mal gusto delle arguzie viziose che dominava sotto il regno di Luigi XIII e nel principio di quello di Luigi XIV. […] Freddo è pure il complimento di Eraclio agli occhi tutti divini di Eudossa, e la protesta ch’egli fa di aspirare al trono unicamente per la sete che ha di farne parte alla sua bella. […] Ma si loda con ragione l’ elezione ch’egli seppe fare de’ principali personaggi proprj ad eccitar la pietà tragica.
D’indole severa, trattava un poco duramente la moglie Vincenza Gallini-Berttoï ; e giunto all’ultim’ora, uno de’suoi colleghi gli richiamò alla mente i suoi torti, che riconobbe tosto ; e volle, a emendazione quasi di essi, nominar lui legatario universale, a patto ch’egli ne usasse convenientemente colla moglie.
Ma il patetico non fu il suo forte : e se ben dalle beccate del suo esordire al teatro di Cremona, passasse poi alla tolleranza de’pubblici i più severi, si diede alle parti di brillante che sostenne varj anni, sinchè, venutagli ad aumentar la pinguedine, risolse il ’70, per consiglio di artisti sommi, fra’quali il Bellotti-Bon, di metter la parrucca e abbracciar definitivamente il ruolo di caratterista, ch’egli anch’oggi sostiene.