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98. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO VI. Teatri Materiali. » pp. 357-365

Giacomo Torelli ed altri cinque cavalieri di Fano vollero supplire alla spesa di un teatro nella patria  e su i disegni dello stesso Torelli verso il 1670 fecero costruire il bel teatro di quella città.

99. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 995-998

Gli era troppo a cuore presentarsi con un completo drappello di attori alla diletta sua Roma, città delle sue più nobili e tenere memorie, città che saluta quasi per seconda sua patria ; ma nel meglio di utili trattative, quasi concluse, accaddero inattese vicende che fallir fecero le sue ben concepite speranze.

100. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Di patria? […] Di patria? Sol di patria. […] Sol di patria. […] Sol di patria.

101. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Quest’Amarilli ritrosa non vuole ascoltarlo, a cagione di avere nella sua patria amato un pastorello chiamato Tirsi, a cui, benchè con pochissima speranza tutto serba il suo amore. […] In Milano nel 1597 se ne fece una edizione corretta dall’autore, il quale giunto all’ultima vecchiezza morì nella sua patria pieno di onorata fama per le molte sue opere ingegnose che produsse. […] La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

102. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Quest’Amarilli ritrosa non vuole ascoltarlo, a cagione di avere nella sua patria amato un pastorello chiamato Tirsi, a cui, benchè con pochissima speranza tutto serba il suo amore. […] In Milano nel 1597 ancora se ne fece un’ edizione corretta dall’autore, il quale giunto all’ ultima vecchiezza morì nella sua patria pieno di onorata fama per le molte sue opere ingegnose che produsse. […] La lingua Castigliana riuscirà sempre più della Francese nel trasportare le poesie Italiane; perchè, oltre all’ essere assai ricca, ed all’avere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della Francese; e credo che n’avrebbe ancora in maggior copia, se più fosse stato pregiato e conosciuto e secondato dalla propria nazione nel disegno di arricchire ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

103. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo IV. Teatro americano. » pp. 19-25

L’armi portate da’ curachi in un luogo di pietà, e di pace e allegrezza, forse col fine d’inculcar a’ popoli di vegliar sempre a difesa della religione e della patria, destarono probabilmente l’idea della rappresentazione eroica e militare; e quelle maschere ridicole, le quali dovettero esser simboli satirici delle stravaganze delle passioni smoderate, poterono facilmente convertirsi in dipinture comiche delle umane ridicolezze.

104. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento dell Romane. » pp. 4-14

Ed il chiarissimo Tiraboschi saviamente oppone, che anche sotto il dominio Romano potevano gli Etruschi poetare nella loro lingua patria.

105. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Egli prese a correggere i licenziosi, o piuttosto sguaiati costumi ond’esso veniva macchiato, e ovunque trovò nel vasto campo della storia, nella quale era versatissimo, esempi luminosi o d’amor della patria, o di brama virtuosa di gloria, o di costanza generosa nell’amicizia, o di gentilezza con fedeltà nell’amore, o di compassione verso i suoi simili, o di grandezza d’animo ne’ casi avversi, o di prudenza, di fortezza e tali altre virtù tutte ei le ritolse par fregiarne il teatro. […] Di siffatto ritrovamento ne fu l’autore Ferdinando Bibbiena bolognese, che grandissimo nome s’acquistò dentro e fuori della sua patria, e che venne meritamente chiamato il Paolo Veronese del teatro.

106. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XI. Primi passi della Commedia Antica. » pp. 2-15

Alceo comico figlio di Micco era di Mitilene, e rinunziò alla patria per dirsi Ateniese.

107. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197

La mia famiglia, i miei parenti, la mia patria non mi rivedranno, che gloriosamente cinto d’alloro.

108. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749

Il Giornaletto dei teatri di Venezia del 1821 cita un Vincenzo Fracanzani il quale partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stenterello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato.

109. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133

Or quello che i Greci profferivano ne’ tempi della loro maggior coltura, nè già nel solo teatro, ma dove gravemente decidevasi del destino della patria, ci dee far risalire sino al tempo eroico di Achille e di Ajace, e guarirci dal pregiudizio di giudicare dal decoro osservato ne’ moderni tempi di quello che convenisse a’ tragici Greci nel copiare Teseo ed Agamennone. […] L’Edipo Coloneo, o sia a Colona patria di Sofocle, contiene la venuta di Edipo cieco in Atene, fuggendo la persecuzione di Creonte re di Tebe.

110. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Adunque Nevio non ebbe la patria greca ma barbara, cioè straniera.

111. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 349-355

Scoraggiato, avvilito, deliberò di accettar l’invito che gli venne di Francia di formare una Compagnia italiana per Parigi, al servizio del Duca d’Orléans, il Reggente, sperando di realizzare colà il sogno che aveva tentato invano di realizzare in patria.

112. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Oh Roma (egli esclama) oh patria! […] Ma quest’amore troppo sventurato contrasta mirabilmente coll’ onore, colla religione e colla patria in Zaira, e ne costituisce una persona tragica che lacera i cuori sensibili. […] E’ questo il bell’ esempio da proporsi a’ nazionali per tirar tragedie dalla storia patria? Non fu Avogadro un traditore, un infame, un assassino, ma semplicemente un nemico de’ Francesi da’ quali tentò liberar la patria oppressa.

113. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Luigi Rossi, Arcangelo Corelli con altri valenti Italiani emuli a Parigi e imitatori del Lulli riportarono al loro ritorno nella patria idee più chiare e più distinte dell’armonia. […] Gli Inglesi, che ad un vivo interesse per la patria loro sanno accoppiare quella imparziale filosofia che generalizza i sentimenti e le idee, e presso ai quali il titolo di straniero non è, come per tutto altrove comunemente, un titolo alla esclusiva, o un’arma di più contro al merito nelle mani dell’invidia, si prendevano talvolta il piacere di obbligar i tre professori a che suonassero in presenza del pubblico a gara in tre organi separati con proposte e risposte da una parte, e dall’altra, come già nell’antica Grecia si vedevano Eschilo e Sofocle, e Menandro, e Filomene concorrere nell’Odeon d’Atene a disputarsi fra i lietissimi applausi del radunato popolo ora il premio del tripode, ora il privilegio di recitar sul teatro i loro componimenti. […] Che se alcuno stentasse a credermi, faranno invece mia sicura testimonianza due chiarissimi autori, cui niuno potrà rimproverare di aver voluto adombrar il vero, o recar onta alle glorie della loro patria.

114. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Trionfa in essa l’amor della patria in ogni incontro. […] Saverio Bettinelli nato l’anno 1718 nella patria di Virgilio45. […] Oh patria! […] Ottimo nel principio dell’atto III è il contrasto che si ammira in Timandro del padre e dell’arconte, dell’amor de’ figli con quello della patria, della passione colla virtù. […] V’ha patria, dove Sol uno vuole, ed obediscon tutti?

115. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Potrei citare Filippo di Comines, che lo dice, potrei aggiugnere l’Abate du Bos, che di proposito lo pruova, autori entrambi di sommo grido e di sicura critica; ma essendo eglino stranieri, come son io, non debbono chimarsi in giudizio contro all’Italia, essendo tale la debolezza degli uomini, alla quale gl’Italiani al paro degli altri, e forse più degli altri partecipano, che chiunque di patria e di linguaggio è diverso si stima, qualora non parla a grado nostro, che debba esser acciecato dall’odio o dall’ignoranza. […] [23] Italiano è pure il Morigi, e interessato nelle lodi della sua patria, del quale però eccone le parole tratte dal suo libro assai noto della nobiltà milanese, ove parla di Galeazzo Sforza Duca di Milano, che vivea nel 1470. […] I vantaggi che recarono essi alla musica non meno pratica che teorica sono tanto riguardevoli, che ommettendoli, farei torto alla scienza, alla storia e alla mia patria. […] [25] Fu dunque l’eccedente amor della patria (il più lodevole fra gli eccessi quando non vien disgiunto dalla giustizia) che mosse il Cavaglier Tiraboschi a dire, parlando della musica, che «agli Italiani del secolo decimosesto dovette il giugnere ch’ella fece a perfezione maggiore assai, che mai non avesse in addietro» 49. […] Ma l’autore di questo libricciuolo, il quale, benché comparisca anonimo, fu lavoro d’un certo Avvocato Macchiavelli celebre nella sua patria per le sue letterarie imposture, ci vieta di contar molto sulla sua asserzione.

116. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « [Dedica] » pp. -

Aggiugnetevi la necessità di dover dare il suo libro alle stampe di Napoli sua patria, lungi, vale a dire, da’ suoi occhi e dalla felice opportunità di poter ritoccarlo coll’ultime pennellate, che soglion darli talvolta a’ misura che si diviluppano nuove idee, anche sotto lo stridere de’ torchi.

117. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 266-272

Partendomi da Vercelli mia patria l’anno 1596, mi accompagnai con un mont’inbanco sopranominato il Monferino, e passando per Augusta, o sia Aosta, città del Serenissimo di Savoja, questo Monferino chiese licenza di montar in banco al Superiore ; ma perchè non era in uso il montar in banco in quei paesi, il Superiore non sapea come deliberarne : però quello mandò da un Superiore spirituale, il qual negò la licenza collericamente, dicendo che non voleva ammettere le Negromanzie in quei paesi : il Monferino stupefatto, gli disse (come era vero) che non sapeva manco leggere, non che saper di Negromanzia : il Superiore gl’impose che non altercasse con parole ; che egli ben sapeva come si fa, e che in Italia aveva veduto ciarlatani prender una picciola pallotta in una mano, e farla passar dall’altra ; che un picciolo piombo entra da un occhio, e per l’altro salga, tener il fuoco involto nella stoppa buona pezza in bocca, e farlo uscir in tante faville, passarsi con un coltello un braccio, e sanarsi per incantesimi subito, ed altre cose del Demonio ; e non voleva che il Monferino parlasse, e da sè scacciollo, minacciandolo di carcere.

118. (1715) Della tragedia antica e moderna

— [3.29ED] — Io ti ricordo — replicò il vecchio — che nacqui greco e che ho qualche superbia della mia patria, e che non ho men vanità de’ Franzesi nel vantar tragici che sono i vostri esemplari. [3.30ED] E però nelle vostre tragedie ritrovando io soliloqui, già per questo conto comincio a piegare al tuo partito, purché ciò sia a condizioni il più che si può ragionevoli. […] — [3.81ED] — E non hai tu — l’altro allora — condotta a fine una tragedia senza donne e senz’amori, quando non voglia tu contar per uno di questi amori l’amor della patria, che nel tuo Procolo più tosto nasce dall’irascibile che dalla concupiscibile? […] [5.96ED] Aggiungo ancora: nella mia patria alle volte reggersi l’opere, benché venali, da’ cavalieri, i quali frenano l’avidità dell’impresario a quel segno che non assorbisca affatto quel tutto che è di soddisfazione all’onesta gente ed a’ letterati, de’ quali è patria Bologna; e però da te aspetto un, sia qualsivoglia, sistema sul quale potesse un abil poeta regolare anche un dramma da leggersi non che da ascoltarsi.  […] [commento_4.15ED] È forse lecito scorgervi una punta d’ironia nella discrepanza tra i Francesi in patria e quelli all’estero. […] sì… patria: cfr.

119. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Querelasi Ecuba nobilmente de’ mali della patria e della sua famiglia nell’atto primo, mal grado di quel falso pensiero, Priamus flammâ indiget ardente Trojâ. […] Quæ patria restat? […] La prima scena dell’atto quarto benchè breve presenta un rapido vivace dialogo di Agamennone lieto di vedersi nella patria, e di Cassandra che predice la prossima di lui morte senza esser creduta.

120. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

o invano Generoso alla patria, a te crudele! […] La stagion crudele Mi fa crudel, gli dei negletti giusto, La patria e ’l padre offesi Giudice rigoroso, il mio furore Vendicator . . . .

121. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IV. Teatro Americano. » pp. 40-58

E chi sa che le armi portate da’ curaci in un luogo di pietà, di pace e di allegrezza, sia per pompa sia per cautela, sia per insegnare a’ popoli col l’esempio di vegliar sempre a difesa della religione e della patria, non destassero l’idea di una rappresentazione eroica e marziale?

122. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO I. Drammi Latini del XVI secolo. » pp. 7-27

Leone X che illustrò i primi anni di sì bel secolo, amando l’erudizione, la poesia e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma come gli avea favoriti nella sua patria; e ciò bastò per eccitare i più grand’ ingegni a coltivar la drammatica.

123. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IV. Teatro Americano. » pp. 28-41

E chi sa che le armi portate da’ Curaci in un luogo di pietà, di pace e di allegrezza, sia per pompa sia per cautela sia per insegnare a’ popoli coll’ esempio di vegliar sempre a difesa della religione e della patria, non destassero l’idea di una rappresentazione eroica e marziale?

124. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226

In quell’ambiente alto e severo di letteratura, di arte, di amor caldo e profondo della patria, crebbe l’Adelia : e la naturale aristocrazia de’modi, mista a una ineffabile dolcezza dell’animo, e la squisita e compiuta educazione recò sulla scena, dischiudendo all’arte nuove vie : e chiunque anch’oggi la ricordi, suol dire che, non avendo visto l’Adelia Arrivabene nel Bicchier d’acqua, si può ben dire di non aver visto mai la vera Duchessa di Marlborough….

125. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Coll’ argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio instruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali nella presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varj casi, senza che l’uno sappia dell’ altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] Essa non per tanto allora si fece e si rappresentò in Firenze con tal plauso generale, che giusta il racconto di Paolo Giovio120 “i medesimi cittadini proverbiati e punti altissimamente nella favola di Nicia soffrirono con pazienza l’ ingiuria e la marca che gli segnava, in grazia della mirabile urbana piacevolezza; e Leone X che da cardinale l’avea veduta nella patria, volle goderla anche in Roma essendo papa, e v’invitò gli attori stessi, e vi fe trasportar anche l’intero apparato comico, col quale erasi in Firenze rappresentata”. […] Giovammaria Cecchi, cui si confessano i Fiorentini assai tenuti per aver fatta la loro patria uguale a Roma e ad Atene, oltre ad alcune pastorali, pubblicò nel 1550 e nel 1561 varie commedie in prosa ed in versi, intitolate i Dissimili, l’Assiuolo, la Moglie, gl’ Incantesimi, la Dote, la Stiava, il Donzello, il Corredo, lo Spirito, e il Servigiale; e per quel che ne dice il Quadrio molte altre ne rimasero inedite. […] Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono curata di abbandonar la mia madre, nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola del mondo? […] Il Perugino Sforza degli Oddi professor di leggi di gran nome nella patria, in Padova ed in Parma dove finì di vivere l’anno 1610 secondo Apostolo Zeno, o nel 1611 come ci assicura il Bolsi presso il Tiraboschi, compose in bella assai e natural prosa tre commedie da mettersi accanto agli Straccioni del Caro quanto al loro genere e carattere.

126. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

Il primo atto conteneva la partenza di Arione da Lesbo sua patria. […] Questa maniera coltivata in appresso con molta grazia da Giuseppe Cenci, fiorentino, per cui divenne assai celebre dentro e fuori della sua patria, fu poi condotta a maggior perfezione da Lodovico chiamato il Falsetto, dal Verovio, dall’Ottaviuccio, dal Niccolini, dal Bianchi, dal Lorenzini, dal Giovannini, e dal Mari cantori bravissimi, ma principalmente da una singolar genia di persone, che cominciò nel secolo decimosettimo a comparir sulle scene.

127. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Muovasi un Polifonte per ambizione all’esterminio della famiglia di un re legittimo, o apporti un Paride per la bellezza d’un Elena le fiamme nella sua patria, un ingegno grande farà servir l’uno e l’altro affetto per destar commozioni proprie della tragedia. […] E il signor di Voltaire, giudice competente in questa materia e nella patria lingua e versificazione, afferma: «C’est la diction seule qui abaisse M. de Campistron au-dessous de M. 

128. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Muovasi un Polifonte per ambizione all’esterminio di una famiglia legittimamente sovrana, o apporti un Paride per una cieca passione per un’ Elena le fiamme nella sua patria, un ingegno grande saprà usar con arte di entrambe tali furiose passioni per destar le vere commozioni tragiche. […] In tutto il dramma egli ha usato un artificio ed una reticenza scrupolosa, poco tragica intorno a i natali di Cleorante ad oggetto di valersene per impedire con autorità di padre che Pisistrato che l’ama opprimesse la patria.

129. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Querelasi Ecuba nobilmente de’ mali della patria e della propria famiglia nell’atto I, malgrado di quel falso pensiero, Priamus flamma indiget ardente Troja . […] Quae patria restat? […] La prima scena dell’atto IV benchè breve presenta un rapido vivace dialogo di Agamennone lieto di vedersi nella patria e di Cassandra che predice la prossima morte di lui senza esser creduta.

130. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Eschilo disgustato della patria così per questo contrattempo, come perché cominciavano ad applaudirsi piò delle sue le tragedie del giovane Sofocle, si ritirò presso Jerone re di Siracusa, e secondo i marmi d’Arondel, morì di sessantanove anni nel primo dell’Olimpiade LXXX23. […]  L’Edipo Coloneo, ossia in Colono, patria di Sofocle, contiene la venuta di Edipo cieco in Atene, fuggendo la persecuzione di Creonte re di Tebe. […] Le profezie di Cassandra nell’atto II e l’addio ch’ella dà alla madre e alla patria, sono notabili, e rassomigliano in parte a quelle di Eschilo nell’Agamennone. […] I tragici ateniesi nulla trascuravano che potesse ridondare in onor della patria.

131. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Considerando, come abbiamo praticato nel teatro formale, la Sicilia come diramazione della nazione Greca, si vogliono quì rammemorare i teatri di quell’isola, e singolarmente il massimo di Siracusa, quello di Agira patria di Diodoro Siculo, di Palermo, di Agrigento, di Catania, di Messina, di Segesta e di Taormina157.

132. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

… » tonava lui con un crescendo, che ci faceva venire la pelle d’oca, e alzava il bastone (classico avanzo anch’esso del palcoscenico) ; ma la cosa finiva li…… Le opere che al Bonazzi assicuraron fama di scrittore egregio furono due : il Gustavo Modena e l’arte sua, e la Storia di Perugia dalle origini al 1860 (Perugia, 1879), per la quale, dopo la pubblicazione del primo volume, fu a voti unanimi eletto socio straordinario della Deputazione bolognese di storia patria.

133. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

Fu il '71 e '72 nell’America del Sud, il '73 e '74 in Austria, Ungheria e Germania, il '75 di bel nuovo a Parigi, poi nel Belgio e nell’Olanda, il '78-'79-'81 in Russia, in Romania, in Austria e in Egitto, quindi ancora nell’America del Sud, dove ottenne un clamoroso successo col Nerone di Pietro Cossa ; l’ '83 nell’America del Nord sino a San Francisco di California, e poi qui, e poi là, un po'dappertutto all’estero e in patria, ove dava di quando in quando recite straordinarie.

134. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Le profezie di Cassandra nel l’atto secondo, e l’addio che ella dà alla madre e alla patria, sono degne di osservarsi, e rassomigliano in parte a quelle di Eschilo nel l’Agamennone. […] In questa tragedia ancora Euripide nulla omette che possa ridondare in onore di Atene sua patria. […] I Macedoni gloriavansi per tal modo di possederne le ossa, che unanimi negarono determinatamente di concederle agli ambasciadori di Atene che le chiedevano per seppellirle nella patria terraa; per la qual cosa gli Ateniesi, altro non potendo, gli eressero secondo Pausania un cenotafio lungo la via che conduceva da Atene al Pireo.

135. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri.

136. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « NOTE ED OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 313-326

Luigi di Pietro Alamanni che fu bandito di Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita del Cardinal Giulio de’ Medici, e che si ricoverò in Francia, dove di tal sorte incontrò la grazia del Re Francesco I, che n’ ebbe cariche onoratissime, e premj considerabili, morì in Amboise nel 1556.

137. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442

Mio padre prese parte alla difesa di Vicenza ; e dopo l’eroico e sventurato assedio, fatta l’onorevole capitolazione, ritornò coi suoi compagni in patria.

138. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Per questo rigore usato seco Eschilo si disgustò di Arene sua patria, tanto più quanto cominciarono ad applaudirsi le tragedie del giovane Sofocle. […] Or quello che i Greci profferivano ne’ tempi della loro gran coltura, nè già nel solo teatro, ma dove gravemente decidevasi del destino della patria, ci dee far risalire sino al tempo eroico di Achille e di Ajace, e guarirci dal pregiudizio di giudicare dal decoro osservato ne’ moderni tempi di quello che convenisse a’ tragici Greci nel copiare Teseo ed Agamennone. […] L’Edipo Coloneo, o sia a Colona patria di Sofocle, contiene la venuta di Edipo cieco in Atene, fuggendo la persecuzione di Creonte re di Tebe. […] Le profezie di Cassandra nell’atto secondo, e l’addio che Ella dà alla madre e alla patria, sono degne di osservarsi, e rassomigliano in parte a quelle di Eschilo nell’Agamennone. […] I Macedoni talmente si gloriavano di possederne le ossa, che le negarono concordemente agli ambasciadori Ateniesi che le domandavano per seppellirle nella patria terra81; per la qual cosa gli Ateniesi altro non potendo gli eressero secondo Pausania un cenotafio, ossia voto sepolcro lungo la via che da Atene conduceva al Pireo.

139. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

III pag. 1317), cioé che Antonio di Nebrixa, nato nell’Andalusia al 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studi in Salamanca, non ben soddisfatto passasse nell’Italia, e fermatosi lungamente nell’università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze, ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca (Istor. della Chiesa tom.

140. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Per questo rigore usato seco Eschilo si disgustò di Atene sua patria, tanto più quanto cominciarono ad applaudirsi le tragedie del giovane Sofocle.

141. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Pregevoli singolarmente si reputano i ruderi esistenti del teatro di Siracusa chiamato massimo da Cicerone contra Verre, cui a giudizio di Diodoro Siculo cedeva anche il teatro di Agira sua patria, che egli appellò il più bello della Siciliaa.

142. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

L’eroe, il filosofo Trasea Peto, nel quale, al dir di Tacito, volle Nerone estinguere la virtù stessa, in Padova sua patria cantò vestito da tragedo ne’ Giuochi Cestici istituiti dal Trojano Antenored.

143. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

L’eroe, il filosofo Trasea Peto, nel quale, al dir di Tacito, Nerone volle estinguere la virtù stessa, in Padova sua patria cantò vestito da tragedo ne’ giuochi Cestici istituiti dal Trojano Antenore139.

144. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Pistoia, questo dì 21 di ottobre 1589. » pp. 405-415

Secolari (credendosi di parlar Toscano) per Scolari, & altre simili, che non vituperano la patria & il personaggio.

145. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Coll’argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio istruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali dalla presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varii casi, senza che l’uno sappia dell’altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] Essa non pertanto allora si fece, e si rappresentò in Firenze contal plauso generale, che giusta il racconto di Paolo Giovioa, «i medesimi cittadini proverbiati, e punti altissimamente nella favola di Nicia soffrirono con pazienza l’ingiuria, e la marca che gli segnava, in grazia della mirabile urbana piacevolezza; e Leone X che da cardinale l’avea veduta nella patria, volle goderla anche in Roma essendo papa, e v’invitò gli attori stessi, e vi fe trasportar anche l’intero apparato comico, col quale erasi in Firenze rappresentata». […] Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono curato di abbandonar la mia madre nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola del mondo? […] Il perugino Sforza degli Oddi professor di leggi di gran nome nella patria, in Padova ed in Parma (dove morì l’anno 1610 secondo Apostolo Zeno, o nel 1611 come ci assicura il Bolsi presso il Tiraboschi) compose in bella assai e natural prosa tre commedie da mettersi accanto agli Straccioni del Caro quanto al loro genere e carattere.

146. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Leone X che illustrò i primi anni di sì gran secolo, amando l’erudizione e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma in varie guise, come gli avea favoriti nella sua patria. […] V delle sue amene selve novera fra i molti pregi della città di Napoli sua patria il bel magnifico teatro, in cui rappresentavansi le commedie di Menandro, descrivendo nel libro II Carm.

147. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Debbo avvertire bensì, che scrivendo io la storia dell’arte e non degli artefici, vana riuscirebbe la speranza di chiunque vi cercasse per entro quelle minute indagini intorno al nome, cognome, patria, nascita e morte degli autori, di tutte quante le opere, ch’essi pubblicarono, delle varie edizioni e tai cose che sogliono essere le più care delizie degli eruditi a nostri tempi.

148. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Du Bellai (adduce questa testimonianza nell’Entusiasmo il Bettinelli) in un suo sonetto dice che spera, venendo in Italia, di apprendère il ballo  e la Marchesa di Mantova andando in Baviera sua patria condussevi ballerini Italiani siccome una rarità prima del 1500.

149. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Carlo Pecchia chiaro nella patria per talenti, per dottrina e buon gusto213. […] Una evidentissima ripruova fralle altre ei ne diede nella sua Lettera scritta sotto il nome apocrifo di M. de la Lindelle contra il famoso autore della Merope, il signor marchese Maffei, col quale amichevolmente carteggiava, e che per ogni titolo meritava da lui ogni riguardo, non solo come compitissimo e virtuosissimo cavaliere, ma ben anche come insigne letterato, e di tanta estimazione, che la città di Verona, sua patria, onorollo vivente di una Statua, monumento perenne delle di lui rare virtù».

150. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Ciò che restava di più importante era l’indovinare la patria di quell’infelice. […] Accenna di aver trovata la patria.

151. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Che se in vece di un Edipo che per timore di un oracolo si esiglia volontariamente dalla patria, e fugge in vano le minacciate incestuose nozze, s’introduce un principe Goto che per servire all’amicizia si presta a sposare apparentemente una donzella, trascorre per fragilità ad amarla, e la riconosce in fine per sua sorella per un’ avventura conforme a quella del l’Edipo greco; di grazia da tali picciole differenze quale ostacolo qual pregiudizio ridonda alla sostanza dell’azione e degli affetti, e alla gravità tragica? […] O patria, o terra, o cielo, Rifiutata vivrò? […] Fu questo Luigi Alamanni bandito da Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita del cardinal Medici, e si ricoverò in Francia, dove così bene incontrò la grazia del re Francesco I, che n’ebbe cariche onoratissime e premii considerabili.

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Questa preghiera lacera il cuore di Bruto: oh Roma , egli esclama, oh patria! […] Ma quest’amore troppo sventurato contrasta mirabilmente coll’onore e colla religione e colla patria in Zaira, e ne costituisce una persona tragica che lacera i cuori sensibili. […] È questo il bell’esempio da proporsi a’ nazionali per tirar tragedie dalla storia patria?

153. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

Quella Bologna cara, quella patria mia, quel caro albergh, quella dove s’impara, e lo conferma il Bagaron sul tergh, quella ov’ebbi il natale, privo di questa son nel carnevale.

154. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Se i Greci, non avvisandosi di eccitar nelle loro tragedie altri movimenti che il terrore e la pietà, ebbero pure un teatro sì patetico, sì variato e sì ricco, con più ragione dovrebbero averlo i moderni, i quali avendo adottato un sistema drammatico più dilatato perché più conforme al presente stato politico della società, non si sono limitati alla rappresentazione di quelle due sole passioni, ma hanno con felicissimo evento fatto sentir sulle scene l’ammirazione, la pietà, la tenerezza, l’amicizia, la gloria, l’amor coniugale, l’amor figliale, l’amor della patria con più altri affetti consimili sconosciuti nella maggior parte dei componimenti di Esalilo, di Sofocle, e di Euripide. […] In secondo luogo perché nel caso ancora che un falso amore della patria determinato l’avesse ad eseguire quell’atto di crudeltà, né il teatro, né la filosofia dovrebbero autorizzarlo giammai esponendolo sulle scene alla pubblica imitazione.

155. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

In tutto il dramma egli ha usato un artificio e una reticenza poco tragica su i natali di Cleorante ad oggetto di valersene per impedire con autorità di padre che Pisistrato suo amante opprimesse la patria.

156. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

E questa donna acclamata, festeggiata, celebrata da pubblici e da poeti, lasciava a soli trentatrè anni le scene senza tornarvi più mai, se non per offrire alla patria il proprio contributo di donna italiana, a un misero compagno d’arte quello di donna di cuore.

157. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Questi può vendicarsi della sua patria, viene anzi sollecitato a farlo non meno da i benefizi di Serse che da un ordine assoluto. […] Non può negarsi che riflettendo a quella fecondità prodigiosa dell’Ariosto, che fila sì complicate e moltiplici per la lunga e difficil carriera di quarantasei canti continui è costretto a condurre: a quella varietà che maneggia tutti gli stili, che dipinge tutti i caratteri e che trascorrer fa il lettore dal sommo all’infimo con fortunatissimo volo; a quella evidenza di pennello, che atteggia ogni movimento, che colorisce ogni muscolo e che ti fa quasi vedere e toccare le cose rappresentate; a quella forza che pareggia in alcuni caratteri quella d’Omero, e che supera in molti la forza di Virgilio; a quella brillante ed ardita immaginazione, la quale tante e sì maravigliose stranezze gli fa trovare per via, e che sì eccellente il rende in ogni genere di descrizioni; a quella inarrivabile schiettezza di stile aureo sempre ed ingenuo, onde s’arricchisce di mille forme diverse la patria lingua, si dilatano i confini della elocuzione poetica, e il più compito esemplare si ricava d’imitazione. […] Marzia figliuola di Catone, la quale si dipinge sul principio cotanto virtuosa che non vuol nemmeno riconoscere come suo amante Cesare divenuto nemico della patria e del genitore, si dimentica dopo della sua virtù a segno di rifiutare apertamente in faccia a suo padre lo sposo datole da lei, e di vantarsi dell’amore che porta all’odiatissimo suo rivale, in circostanze che rotta ogni speranza d’amichevol pacificamento, Cesare non poteva meno di non essere riguardato da lei come oppressore della libertà e nemico di Catone.

158. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Leone X che illustrò i primi anni di sì bel secolo, amando l’erudizione, la poesia e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma come gli avea favoriti nella sua patria, e ciò bastò per eccitare i più grand’ingegni a coltivar la drammatica. […] Che se, in vece di un Edipo che per timore di un oracolo si esiglia volontariamente dalla patria, e fugge invano le minacciate nozze incestuose, s’introduce un principe Goto che per servire all’amicizia si presta a sposare apparentemente una donzella, trascorre per fragilità ad amarla, e la riconosce in fine per sua sorella per un’ avventura conforme a quella dell’Edipo; di grazia da tali picciole differenze quale ostacolo o pregiudizio ridonda alla sostanza dell’azione e degli affetti, e alla gravità tragica? […] O patria, o terra, o cielo, Rifiutata vivrò?

159. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Muovasi un Polifonte per ambizione all’esterminio di qualche famiglia legittimamente sovrana, o apporti un Paride per la cieca sua passione per un’ Elena le fiamme nella sua patria, un ingegno grande saprà usar con arte di entrambe queste furiose passioni per destar le vere commozioni tragiche.

160. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Ma la grazia inimitabile di Gennarantonio Federico Napoletano morto dopo il 1750, e singolarmente la verità delle dipinture che faceva de’ caratteri e de’ costumi, e la bellezza della patria locuzione, non faranno mai perire le sue commedie li Birbe, e lo Curatore.

161. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Alceo comico figlio di Micco era di Mitilene, e rinunziò alla patria per dirsi Ateniese. […] quale è la tua patria? […] Un coro composto di donne insieme col banditore invoca le deità tutte, pregando che muoja di mala morte colui che tende insidie al popolo, o che maltratta le donne, o che fa tregua o amicizia con Euripide, o che pensa di farsi tiranno della patria, o che manifesta qualche donna che espone un fanciullo, o la serva ruffiana che svergogna il padrone, o la messaggiera bugiarda che porta notizie e speranze false, o quell’indegno che inganna e non paga le donne, o la meretrice che tradisce il drudo, o le vecchiarde che regalano i loro mercenarj amanti. […] L’egregio traduttore, per mostrare in un sol quadro tutte le tenere espressioni usate dai due rivali, ha omesso la maggior parte del loro dialogo, nel quale Agoracrito rimprovera a Cleone le arti, colle quali ricava danaro dalle città vendendo la patria, e l’ardire che ha di uguagliarsi a Temistocle ecc.

162. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

quale è la tua patria? […] Un Coro composto di donne insieme col banditore invoca le deità tutte, pregando che muoja di mala morte colui che tende insidie al popolo, o chè maltratta le donne, o che fa tregua o amicizia con Euripide, o che pensa di farsi tiranno della patria, o che manifesta qualche donna che espone un fanciullo, o la serva ruffiana che svergogna il padrone, o la messaggiera bugiarda che porta notizie é speranze false, o quell’indegno che inganna e non paga le donne, o la meretrice che tradisce il drudo, o le vecchiarde che regalano i loro mercenarii amanti. […] L’egregio traduttore, per mostrare in un sol quadro tutte le tenere espressioni usate da i due rivali, ha omesso la maggior parte del dialogo, nel quale Agoracrito rimprovera a Cleone le arti onde ricava donare dalle città vendendo la patria, e l’ardire che ha di uguagliarsi a Temistocle ec.

163. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

E a pag. 53, al proposito dell’allestimento scenico dei grandi teatri di Venezia, dice : La Serenissima e bellissima città di Venezia…. ha invitato tutto il mondo in quella patria, ad ammirarne gli stupori.

164. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

Tornato in patria ripensò all’avvocatura ; ma una giovinetta, attrice della Compagnia di Antonio Fiorilli gli fe’ di punto in bianco mutar pensiero.

165. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori c, cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia il 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studii in Salamanca, non ben soddisfatto passasse in Italia, e fermatosi lungamente nell’università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze, ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca a cogli acquisti fatti della dottrina italiana, e leggendo per un gran pezzo in Salamanca non ostante l’opposizione degli scolastici che di favorir le novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al re Cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’università di Alcalà di Henares, ove si morì nell’1522, e lasciò molte opere. […] Tralle commedie si contano ancora quelle che trasse o dalla Sacra Scrittura, come la Creacion del Mundo y primer culpa del hombre in cui discende sino ai fatti di Caino e alle invenzioni di Tubalcain, ovvero dalle Vite de’ santi, come El Animal Profeta, in cui san Giuliano fugge dalla patria, come fece Edipo, per non ammazzare i genitori, secondo la predizione di una cerva che parla, e che va in una terra lontanissima, ove appunto per errore gli uccide.

166. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

Vediamo però in qual maniera il Signor Lampillas risarcisca l’omissione del Signorelli in onore della Letteratura patria.

167. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

e invano Generoso alla patria, a te crudele!

168. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

[NdA] Si permetta all’amore della verità e della patria soggiungere due parole intorno al pregiudizio di questo scrittore sulla lingua spagnuola; tanto più che non si è fermato soltanto in Francia, ma, valicando le Alpi ha penetrato ancora in Italia dove si crede comunemente, che la lingua spagnuola sia piena di fasto, e di boria, in niun modo acconcia ad esprimere la dilicatezza, e l’affetto.

169. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Parlo del privar che si fa spietatamente delle sorgenti della virilità tanti esseri men colpevoli che infelici, non per sigillare col loro sangue la verità della nostra augusta religione che ispira solo mansuetudine e dolcezza e che abborrirebbe sagrifizi sì infami, non per liberar la patria da eccidio imminente o da grave sciagura il sovrano, non per esercitar un atto di virtù eroica e sublime che ci ricompensasse della durezza dei mezzi coll’importanza del fine, ma per blandire l’orecchio col vano ed inutil diletto del canto, ma per sollazzare nella sua svogliatezza un pubblico capriccioso, scioperato, e corrotto, ma per riscuotere un passaggiero e frivolo applauso in quei teatri che istituiti un tempo col fine di stampare negli animi del popolo le massime più importanti della morale, sono oggimai divenuti l’asilo de’ pregiudizi nazionali, e altrettante scuole di scostumatezza. […] Per verità di canto s’intende l’eseguire ciascun motivo colla mossa o andamento ad esso più acconcio, e l’afferrar i caratteri distintivi di ciascuna cantilena qualmente si convengono alla patria, alla età, alle circostanze e al grado attuale di passione del personaggio rappresentato.

170. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Non solo adoperavano i Greci la danza come un atto di religione, o come un incentivo all’amor della patria, non solo si danzava nell’entrare in una battaglia per accendersi al coraggio, nel sortire di essa per ringraziare gli dei, d’intorno al talamo coniugale per augurare la fecondità, nella palestra per indurarsi alla fatica, nelle campagne per implorare dai numi l’abbondanza delle raccolte, fra le mura domestiche per educare la gioventù e in mille altre occasioni, ma eravi ancora una danza chiamata della Innocenza dove le donzelle di Lacedemonia ballavano affatto ignude e divise in più cori innanzi al simulacro di Diana sotto gli occhi della gioventù maschile, e in presenza del rispettabile magistrato degli Efori, il quale autorizzava colla sua compostezza e taciturnità uno spettacolo così strano. […] Come mettere avanti gli occhi l’idee riflesse di Bruto, i suoi rimorsi, le alternative tra l’amore della patria e quello del padre?

171. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Glorioso singolarmente è per la mia patria il testimone per ogni riguardo autorevole del gran Cittadino di Ginevra79: “Giovane artista, vuoi tu sapere, se qualche scintilla di questo fuoco divoratore serbi nell’ anima?

172. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Pagliuca ed il Socrate del esgesuita Antonio Galfo, che suppongo ançor vivente in Modica sua patria. […] Il conte della Torre Cesare Gaetani nato nel 1718, s’egli pur vive, in Siracusa sua patria conterà oggi anni 95 di sua età, e nel 1794 non avea tolto congedo dalle muse sceniche, e pubblicò le Nozze di Ruth cantata, e nel 1795 il Giudizio di Salomone, entrambe per l’anniversario di Santa-Lucia. […] Ripetizioni di pensieri, di situazioni, espressioni liriche a sovvalle, stile non preciso, molle e smaccato, niuna moralità, non rilevandosi nè amor di patria, nè magnanimità, nè virtù veruna contrastata, al contrario esponendosi un’ azione di cattivo esempio di una fuga da commedia triviale, consigliata, eseguita e premiata con tutto il buon successo. […] Glorioso singolarmente è per la patria il testimone per ogni riguardo onorevole del gran Cittadino di Cinevra : « Giovane artista, vuoi tu sapere, se qualche scintilla di questo fuoco divoratore serbi nell’anima ?

173. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

Non della gloria il lampo, Non la fortuna toglieran, che l’uomo Misero infine non divenga. i numi Turban le cose, negli umani eventi Confusion, disordine mischiando Perché dell’avvenir nulla sapendo Siamo costretti a venerarli…»30 [12] Al che s’aggiugne che, avendo il gentilesimo presi i suoi fondamenti nella storia greca, il rappresentar sul teatro le opinioni religiose era lo stesso che richiamar il popolo alla ricordanza e all’ammirazione de’ fatti patriotici, e conseguentemente risvegliar in esso l’amore della libertà, e della patria, virtù delle più utili per tutto altrove, ma necessarissime nella costituzione de’ Greci, i quali aveano scacciati i re per divenir repubblicani.

174. (1772) Dell’opera in musica 1772

Degno perciò della comun riconoscenza è quel savissimo magistrato, in cui risiede la suprema ispezione de’ teatri di questa mia patria, come quegli che veglia diligentemente sulla direzion del costume, direzione in cui consiste il più sacro e il più augusto dritto della sovranità, e allontana da’ teatri qualunque rappresentazione che contaminar possa l’animo de’ cittadini, siccome recentissimi esempi lo han dimostrato. […] Lentamente ravvolga I suoi giorni la Parca e resti a lui Quella pace ch’io perdo, Che non spero trovar fino a quel giorno, Che alla patria, all’amico io non ritorno. […] E sarà mai verisimile, che un uomo agitato da un tumulto di tanti e sì diversi affetti, nel procinto d’abbandonar la patria e quanto ha di più caro al mondo, si perda in quegli ultimi momenti a simmetrizzare spensieratamente una lunga similitudine? […] Con un canto accompagnato dall’accordo d’un musico stromento furono loro insegnati i doveri verso l’essere supremo, promulgate le leggi d’una patria nascente, istillate le massime della giustizia, dell’amistà, dell’amor coniugale, l’urbanità, la beneficenza, la compassione verse i loro simili, il coraggio militare56. […] Ora questo valentuomo prima del Rinuccini insegnò la maniera di rappresentare i mentovati drammi, e pieno d’anni, e di gloria se ne morì in patria l’anno 1605» (L.

175. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Ma se il mio pianto a intenerirti è vano Per quel che sono, a quel che fui deh pensa Nacqui di nobil padre, il sai, da lui Amata mi vedesti, e rispettata Nella patria da nobili e volgari. Ti ascoltai, ti credei ; patria ed onore O memoria crudel !)

176. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Nacqui di nobil padre, il sai, da lui Amata mi vedesti, e rispettata Nella patria da nobili e volgari. Ti ascoltai, ti credei, patria ed onore (O memoria crudel!

177. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Giacomo Torelli ed altri cinque cavalieri Fanesi vollero supplire alla spesa di un teatro nella patria, e su i disegni dello stesso Torelli verso il 1670 fecero costruire il bel teatro di Fano.

178. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Bel tipo di ciarlatano, salvator della patria, amico dei Principi.

179. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Tralle commedie si contano ancora quelle che trasse o dalla Sacra Scrittura, come la Creacion del Mundo y primer culpa del hombre, in cui discende sino a’ fatti di Caino e alle invenzioni di Tubalcain, o alle Vite di Santi, come El Animal Profeta, in cui San Giuliano fugge dalla patria, come fece Edipo, per non ammazzare i genitori, secondo la predizione di una cerva che parla, e va in una terra lontanissima ove appunto per errore gli uccide.

180. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

[28] So che i fautori della moderna musica, alla testa de’ quali fa d’uopo metter il Signor Don Saverio Mattei napoletano (nome caro alle lettere ed alla sua patria)126 mostrano di far poco conto del vantaggio che avevano gli antichi nel regolamento del tempo, quasi che simili finezze non siano necessarie atteso l’attuale sistema della lingua e della poesia italiana.

181. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

Per mancanza di studio e di riflessione, per mantenere i pregiudizi che hanno ormai acquistato forza di legge, perché vogliono ridurre a due o tre dozzine di esempi tutte l’arie d’indole e di carattere affatto diverso, facendo come il celebre frate Gerundio 138,‌ il quale trovava nella storia di Taltoc, idolo ridicolo degli antichi Messicani, tutta l’applicazione per la predica dei Corpus Domini, pe’ i suoi parenti ed amici, e per la processione de’ flagellanti che si faceva in Campazas, sua patria.

182. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

La prima scena dell’atto IV, benché breve, presenta un rapido vivace dialogo di Agamennone allegro per vedersi nella patria, e di Cassandra che predice la prossima di lui morte senza esser creduta: ………………… Suscita sensus tuos; Optatus ille portus aerumnis ad est.

183. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Sventuratamente Panfilo distratto negli amori di Bacchide, punto non le si appressa, comechè pel di lei bel costume prenda ad amarla; indi per impossessarsi di una eredità parte dalla patria, e dimora lontano dalla moglie sino al giorno in cui Filomena partorisce.

184. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Sventuratamente Pamfilo distratto negli amori di Bacchide, punto non le si appressa, comecchè pel di lei bel costume prenda ad amarla; indi per impossessarsi di una eredità parte dalla patria, e dimora lontano dalla moglie sino al giorno in cui Filomena partorisce.

185. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Stesicoro fu stimato dagli Imeresi, popoli della Magna Grecia, come il Franklin e il Wasington della loro patria.

186. (1878) Della declamazione [posth.]

Ma come dare o sviluppare quella forza di carattere, che tutta nobilita la persona, che la possiede, e che dovrebbe essere quella di ogni uomo vero, se le opinioni, i costumi, l’educazione e la patria tendono ordinariamente a distruggerlo in chi l’avesse della natura sortito?

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