Il di lui Avaro è una traduzione ampliata della commedia francese, in cui Shadwell non trovava azione sufficiente per le scene inglesi. […] Ma i lineamenti forti e grossolani del suo Goldingam accozzati colla finezza de’ tratti d’Arpagon formano veramente una dipintura assai men bella della francese, e men naturale di quella di Don Marcos Gil dello spagnuolo La-Hoz.
E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si congiungessero sul Tamigi alla robustezza e all’attività del britanico coturno, oggi che ha questo deposte le antiche buffonerie che lo deturpavano, sarebbe forse a suo favore decisa la lite di preferenza. […] Boyer l’anno stesso ne fece in Londra una traduzione pur francese in prosa. […] In francese compose m. […] Du Clairon autore di una tragedia di Cromwel si tradusse felicemente in prosa francese, e fu impressa in Parigi nel 1766. […] Smith ne tradusse la Fedra, ma vi congiunse anche l’intrigo del Bajazette del medesimo tragico francese.
Lo stesso Pietro Cornelio nel 1634 nella prefazione alla Vedova diceva di non volere nè totalmente seguirle, nè tutta usare la libertà del teatro francese.
Anche si dilettò il Bertini di poesia, e scrisse versi originali ispiratissimi, tra’quali un sonetto all’ Aleardi ; altri volgarizzò o imitò dal francese, tra’cui quelli del Bateaux Rose di Giovanni Richepin.
Nel 1697, appena dato l’ordine di chiusura del teatro italiano, egli si restituì a Verona, la patria di suo padre, ove potè render segnalati e disinteressati servigi ai generali dell’armata francese in sul cominciar della guerra del 1701.
Delle parti ch'ella sostenne, vanno citate più specialmente quelle di Cleri nel Disertor francese, e della protagonista nella Gabbriella di Vergy, in cui la Manzoni raggiunse il sommo dell’arte.
E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’ interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si vedessero congiunti alla robustezza e all’attività dell’ inglese oggi che questa ha deposte le antiche buffonerie che ne deturpavano il coturno, sarebbe forse a suo favore decisa la lite della preferenza. […] Boyer l’anno stesso ne fece in Londra una traduzione in prosa pur francese. […] Smith ne tradusse la Fedra, ma vi congiunse ancora l’intrigo del Bajazzette del medesimo tragico francese; ed il più bello si è che Smith si vantava di aver tutta la sua filastrocca tratta dall’Ippolito di Euripide62. […] Non disgusta la nostra musica, ma le donne specialmente (dicesi nel libro francese intitolato Londres) non possono assistere senza riso a uno spettacolo, in cui un Ati o un Eutropio de’ nostri giorni rappresenta seriamente Artaserse, Adriano, Enea; e quanto più questi cantanti malconci si sforzano di esprimere i loro affetti, tanto più crescono le risa femminili. […] Deschamps ha composto una tragedia francese di Catone più regolata nell’economia, ma non meno carica di parti accessorie che sopraffanno l’azione principale, e deturpata dal carattere di Cesare innamorato.
Del '48 compose in francese l’argomento della commedia italiana, Rosaura Imperatrice di Costantinopoli, recitata poi al Petit Bourbon soltanto nel '58.
Un po’ francese, un po’ italiana ; slancio italiano ed eleganza francese. […] A una rappresentazione del Chat noir di Parigi nel Casino-Théatre della Chaux-de-Fonds, entrai nel camerino di Grenet-Dancourt, il gentile poeta e amabile monologhista, che aveva recitato alcuni de’suoi versi più caldi ; e venuti a parlar della Duse, del suo legittimo trionfo di Parigi e della probabilità di un suo ritorno per recitarvi in francese, « ma non ne ha bisogno – rispose candidamente il Dancourt – ella si fa ben capire colla potenza dell’espressione. […] Nè il grande successo ella ottenne a Parigi soltanto dinnanzi al grande pubblico de’ teatri con lavoro francese, ma, e il più grande forse, dinnanzi a un pubblico tutto d’artisti e con lavoro italiano.
Dico solo di passagio quanto alla prima parte, che siccome i Napoletani, i Toscani, i Parmigiani, i Milanesi, i Corsi, per essere sottoposti al dominio spagnuolo, alemanno e francese, non si chiamarono mai spagnuoli, Alemanni, o Francesi; così i conti di Barcellona non faranno che i Provenzali chiaminsi spagnuoli.
Il vagabondo e la sua famiglia ha tutte le attrattive del dramma francese, senza nulla perdere delle fattezze della commedia italiana.
S'apre l’operetta con un sonetto francese di François de Beroalde au Seigneur Bartelemi Rossi Veronois sur sa Pastorale, e si chiude coi due seguenti d’incerto autore : AL SIGNOR BARTOLOMEO ROSSI comico dignissimo Rosso, vero Theatro e Tempio e Choro, doue canta, risplende, et doue siede quella virtù, quel valor, quella fede, con che andate facendo il secol d’oro.
Lettera d’un celebre letterato francese che contiene l’idea d’un’opera eccellente da farsi intorno alla musica. […] d’Arnaud, stimatissimo scrittore francese, che può chiamarsi un capo d’opera nel suo genere per l’eccellenti riflessioni e per le viste utilissime che racchiude concernenti la filosofia della musica e delle arti rappresentative. […] Io farò che tutto ciò comparisca più evidente per mezzo di esempi; e siccome non parlo a prima giunta che della sola melodia francese: così li traggo dalle opere de’ nostri più rinomati autori. […] Del resto, perché la poesia italiana è dotata d’un’arditezza maggiore, perché ha più di spirito e di brio che non la nostra, perché abbonda di tuoni più felici fa d’uopo perciò avvilire la poesia francese? […] Conchiudo alfine osservando i diversi stili de più celebri musici non meno della scuola francese, che dell’italiana.
Andres ci parla di una traduzione francese di tal Virginia, di cui a me finora non è riuscito di trovar vestigio. […] Apresi con un dialogo di Garceran Manrique ed Hernan Garcia, dicendosi che Toledo è in festa, perchè compie quel dì il decennio da che Alfonso VIII tornò da Palestina dopo aver dalle forze del Saladino tolto il Sepolcro di Cristo perduto dal francese Lusignano. […] Or ciò essendo l’editore, ossia l’autore sotto il di lui nome, invano si millantò d’aver fatta una tragedia più artifiziosa di ogni altra francese, perchè per questa parte (e non è poco) essa nè migliora nè peggiora il metodo degli antichi e de’ moderni. […] Ma nel francese fa un effetto più grande, perchè l’arcano si è conservato solo tra il principe e la consorte, e bisogna dire a gloria di Metastasio che è maggiore ancora nel Demofoonte, perchè la sola necessità lo strappa dalla bocca di Timante per salvar Dircea dal sacrifizio. […] Nel dramma francese al racconto d’Inès il re si commuove, la perdona, la riconosce per moglie del principe e abbraccia i nipoti; ed il sig.
Si richiede dal tragico, che esprima le passioni, e i caratteri, ma che gli esprima cogli stromenti propri dell’arte sua, cioè col verso, e collo stile poetico; altrimenti s’avesse a dipignere veramente le cose quali furono, sarebbe costretto a far parlar Maometto, e Zaira in linguaggio arabo piuttosto che in francese, in prosa familiare, e non in versi alessandrini. […] [6] Egli è vero che negli autori anche più celebri si trovano spesso delle sentenze morali, che paiono scompagnate dall’uno e dall’altro, e già veggo alcuno farmisi incontro con alla mano il Saggio sopra l’uomo del Pope, e con qualche altra poesia inglese, o francese tutta di moralità e d’istruzione composta: ma esaminando bene cotai componimenti, si troverà, che le sentenze loro o si risolvono ultimamente in qualche movimento di passione, o in qualche immagine, o che altrimenti annoiano tosto. […] Merope nella tragedia francese che porta il suo nome, fa una lunga ed eloquente parlata chiedendo a Polifonte, che le venga restituito il proprio figliuolo. […] Tali sono a un dippresso le ragioni onde si sono mossi i Signori d’Alembert 6 e di Marmontel 7 a dar la preferenza all’opera francese, dove regna il maraviglioso, sull’italiana, dove regna il vero comunemente. […] Ma il voler bandire dal dramma musicale la verità per sostituirvi il piano adottato da Quinaut, avvilir l’opera italiana per innalzar la francese, è lo stesso, che voler imitare il costume di que’ popoli della Guinea, che dipingono neri gli Angioli, perché stimano, che il sommo grado della bruttezza consista nel color bianco.
, nata il 1732, morta il 10 gennaio 1800 a Dresda, vedova dal 16 febbraio 1787 di quell’organista di Corte Pietro Augusto ; Un figlio, di cui lo scrittore di memorie non ci dà il nome, nato dopo la morte del padre, morto povero a Roma, circa il 1783, prete e maestro di francese.
Non si aspetterebbe mai da un francese di vedere sopra il gallo pregiato l’attico coturno. Egli osserva in generale, che la tragedia francese é più complicata, più involta in vicende, in intrecci, in episodi, che la greca. […] L’amore d’Ippolito per Aricia vietato dal padre quanto non toglie al carattere del giovine eroe, virtuoso sempre, sempre degno di compassione in Euripide debole qualche volta, qualche volta ozioso nel poeta francese. […] Il poeta francese ha dovuto lusingare la debole delicatezza della sua nazione, ed Euripide nelle stesse circostanze non avrebbe fatto di meglio, ed avrebbe avuta sa stessa indulgenza per un popolo che dovea essere il suo giudice. […] Il discorso di Ion a Xuto nell’atto II é vaghissimo e molto naturale, ed é stato delicatamente imitato da Racine nell’Atalia, e da Metastasio nell’Oratorio del Gioas; dappoiché non v’ha bellezza in Euripide, che questi due gran maestri della poesia drammatica francese e italiana non abbiano saputo incastrare ne’ loro componimenti.
Rammenta bensì con giusto disdegno come un esempio di pazzia la goffa tragedia del Paolino alla moda francese uscita nel 1740 che Montiano stesso nomina coll’ultimo disprezzo. […] Andres afferma di esservi di questa Virginia una traduzione francese, di cui a me nè in Italia nè in Parigi è riuscito di trovar vestigio; e forse avrà egli chiamata traduzione la notizia datane in quel giornale. […] Apresi con un dialogo di Garceran Manrique, ed Hernan Garcia, dicendosi che Toledo è in festa, perchè compie quel dì il decennio da che Alfonso VIII tornò da Palestina dopo aver dalle forze del Saladino tolto il Sepolcro di Cristo perduto dal francese Lusignano. […] Nel dramma francese al racconto d’Inès il re si commuove e concede il perdono, la riconosce per moglie del principe ed abbraccia i nipoti; ed il Colomès si è bene approfittato di questa bella scena. Il veleno apprestato dalla regina ad Agnese, per cui diviene inutile il perdono ottenuto, e ne rimane estinta, è ritrovato dell’autor francese, e gli è stato rubato da diversi tragici dozzinali.
Il primo precettore in essa è stato Seit Hassan Choja Algerino perito nella nautica e nelle lingue araba, turca, inglese, francese e italiana, al quale è succeduto Seit Osman Efendi nativo di Costantinopoli abile geometra, che vi gode una pensione di quaranta piastre al mese, oltre a tutto il mantenimento necessario in casa.
A Trieste in Compagnia Coltellini tenne fronte mirabilmente alla Rachel, recitando al Filodrammatico la Fedra di Racine, mentre la gran tragica francese la recitava al Comunale.
Egli è vero che io usai ancora nella prima edizione e ritengo in questa, forse senza esempio, il termine tecnico della danza piroettare tratto del francese, che mi fu notato dal medesimo purissimo Bettinelli come vocabolo inusitato fra’ Toscani; ma io il seci senza pentirmene (peccatore ostinato!) […] Usò nel senso francese pomper la voce italiana trombare.
Quella di Adriano Politi intitolata gl’Ingannati si accolse con applauso in Italia, si tradusse in francese, e si pubblicò in Lione col titolo Les Abusez, secondo il Fontanini; secondo però Apostolo Zeno la commedia francese quì mentovata non si trasse da quella del Politi, ma da un’ altra degl’Intronati che portò il medesimo titolo.
Non può negarsi che il poeta francese non possegga per eccellenza il talento di parlar agli occhi sul teatro, ma non è questa, a dirne il vero, l’occasione dove lo manifesta. […] Il solo Racine può contrastargli la preferenza, né io dubito che non si trovino alcuni che la daranno più volentieri al francese, scorgendo forse nel suo poetare stile più lavorato, maggior verità nella espressione, caratteri più forti e più teatrali, piani orditi più destramante, sceneggiare più unito, e sviluppo di passione più continuato e meglio preparato. […] Egli accorda coll’armonia della greca lira i caratteri romani, l’urbanità francese e l’italiana sensibilità. […] [36] Chi gusta la lingua francese troverà questi versi d’un’armonia e pienezza mirabile. […] Una cosa che non dee tralasciarsi in favor suo, si è la preferenza che ha egli sul poeta francese nella parte più interessante di questo genere di poesia, qual è senza dubbio la composizione dell’aria.
Dalla sola noja inseparabil compagna di tali disperati uniformi pantomimi, la quale, intepidito che sarà il furore della moda capricciosa, dee guarir l’Italia dell’umore anticomico del Lillo e dell’anglomania comico-lugubre francese.
Atto quarto – L’armata francese sotto le mura d’Algeri.
Caduto il Regno francese, il Fabbrichesi passò colla fortunata compagnia, modificata in parte per la morte del Bettini e la partenza della Pellandi e del Blanes, a cui successero la Cavalletti-Tessari e Francesco Lombardi, ai Fiorentini di Napoli, al soldo di quella real Corte, con lo stipendio annuo di 12,000 ducati, e il diritto di rimaner capocomico unico in quella capitale.
Mairet, gentiluomo del Duca di Montmorenci, non solo fu tralle altre mentovate l’unica che si sostenne in teatro per lunga pezza, ma fu anche, al dir del Sig. di Voltaire, la prima tragedia francese, in cui ad imitazione del Trissino si videro osservate le regole delle tre unità, e che servì perciò di modello alla maggior parte delle tragedie francesi che vennero appresso. […] Il Negromante dell’Ariosto fu tradotto in prosa francese da Giovanni de la Taille, e stampato in Parigi senza nota di anno verso il 1562, e poi di nuovo fralle altre opere poetiche di lui in Parigi 1573 in ottavo.
Queste ed altre versioni francesi riuscirono poco felici, sia per debolezza delle penne che l’intrapresero, sia perchè la prosa francese che da i più si adoperò, è incapace di rendere competentemente la bella poesia italiana. […] La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.
Nè solo parlava, si vestiva, si profumava alla francese, in modo da nauseare chiunque l’accostasse ; ma anche nella recitazione aveva messo una cotale affettazione da riuscire sgradita a quello stesso pubblico che poco a dietro l’aveva coperta di tanti applausi !
Nella tragedia francese egli comparisce mattamente innammorato, e, come ben dice il conte Pietro di Calepio, muore più per disperazione che per grandezza d’animo. […] si dice a Chimene, ed ella presso il poeta francese risponde, Le pursuivre, le perdre, et mourir après luy. […] Di poi quel Moròn francese comparato col ben grazioso Polilla spagnuolo comparisce un freddo buffone. […] Nè anche la copia francese rappresenta in menoma parte le vaghe tinte originali di una scena della II giornata, in cui Carlo cade a palesarsi amante, e vien trattato da Diana coll’ultima fierezza e col disdegno più altiero. […] Anche l’altro valoroso comico francese Regnard rimase al di sotto di Moreto nell’imitare ne’ suoi Menecmi varie scene piacevoli della commedia di Moreto la Occasion hace el ladron.
Imperocché sdegnato di ciò il Cambert, musico francese che pretendeva al medesimo onore, lasciò il proprio paese e si ritirò a Londra, dove le feste musicali erano in uso come per tutto altrove da lungo tempo. […] Indi a non molto, non piacendo alla nazione la musica francese, si fecero venire musici e cantori da Milano e da Napoli a rappresentare il melodramma italiano.
Tale è per esempio nel teatro francese il ballo dei pastori che celebrano le nozze di Medoro e di Angelica, e fanno venire Orlando, che in essi si abbatte, in cognizione dell’estrema sua miseria.
«Egli (aggiugnesi nella collezione de’ di lui motti detta Menagiana) fu il più perfetto pantomimo de nostri tempi Moliere original francese non perdè mai una rappresentazione di quest’originale italiano.»
Ella rimarrà sulla breccia, a edificazione nostra, rinnovellando i trionfi di Virginia Déjazet, la più birichina e più francese di tutte le artiste francesi che a più che sessant’anni creò la parte di Figaro nelle Prime armi di Figaro, e a settantasette rappresentò ancora al Vaudeville di Parigi, La Vedova di Brienne e M.
Chi ha sentito eseguire i. celebri mottetti del Carissimi e del Cesti da qualche bravo cantore, vi ravvisa per entro la sorgente onde ricavò Lulli il suo recitativo, se non in quanto lo svantaggio che ebbero quelli lavorando su parole sconnesse e mezzo barbare d’una lingua morta, non lo ebbe già il musico fiorentino cui toccò in sorte un poeta francese inimitabile. […] S’aggiunse a questa più giusta cadenza secondo il gusto lulliano, furono risecati i soverchi artifizi, si fecer camminare con maggior precisione e calore il movimento e la misura, e le aperture di molte opere italiane si lavorarono alla francese, il qual costume durò per più di vent’anni di qua dai monti fino al principio del secolo presente, checché ne dicano in contrario gli Italiani facili ad essere smentiti colla pruova delle carte musicali di que’ tempi. […] La superiorità nell’arte sua e la facilità di piegarsi a’ diversi gusti di entrambe nazioni italiana e francese procacciò al Corelli un nome immortale in tutta Europa, quantunque un numero assai discretto di produzioni ci abbia egli lasciate memore della massima di Zeussi: «Dipingo adagio perché dipingo per tutti i secoli». […] Quantunque ciò non meriti ogni credenza, egli è tuttavia certo che Pergolesi fu il bersaglio della invidia, e che sembra essersi avverata nella sua persona quella severa e incomprensibil sentenza, che la natura, in creando gli uomini singolari ha, come dice un poeta francese, pronunziata contro di loro: «Sois grand homme, et sois malheureux.»
Scrisse tragedie e commedie, altre ne tradusse dal francese e dallo spagnuolo ; altre ancora, del Goldoni, ridusse malauguratamente in prosa dall’originale in versi.
«Rien de plus rare chez les Français et chez les Germains (afferma un celebre scrittor francese), que de savoir écrire jusqu’au treizième et quatorzième siècles: presque tous les actes n’étaient attestés que par témoins.
Ma venuti Enrico e il Principe di Savoja alle armi pe 'l Marchesato di Saluzzo, i comici italiani furon messi in disparte sino alla vittoria del Re francese, il quale, dopo la presa di Montmélian, si recò trionfante a incontrar la sposa in Lione, ove, il 17 dicembre, fu celebrato il real matrimonio, e ove si trattennero un mese e mezzo circa.
Ella esordi il giorno 14 maggio (1840) col dramma tradotto dal francese intitolato Sedici anni or sono.
Parla italiano, balbetta il francese, mastica l’inglese e non scortica alcuno ».
Honore contro Amore, tragedia ricavata da soggetto spagnuolo vestita alla francese e tradotta in italiano per G.
[5] Cade non per tanto da se medesima l’asserzione della massima parte degli scrittori francesi, i quali dicono che l’epoca delle prime poesie composte nella loro lingua volgare (comprendendo sotto questo nome anche la provenzale quantunque fosse differente dalla francese) debba fissarsi sul fine del secolo duodecimo. […] In una canzone composta dall’antico menestriero Colino Musetto nell’idioma provenzale e ridotta al moderno francese da un colto letterato vien lodato quel poeta per aver saputo suonare un gran numero di stromenti. […] [11] Ritornando ai menestrieri, quei che si sparsero per l’Italia venivano conosciuti dal volgo sotto il nome ora d’“uomini di corte”, ora di “ciarlatani”, denominazione che presero non dalla parola “circulus” né da “carola”, ma, come ben osserva il Muratori, dalla parola “ciarle”, maniera italiana di pronunziare il vocabolo “charles” francese, a motivo che i trovatori cantavano spesso le azioni di Carlo Magno. […] «Egli mostra chiaramente non avere osservata che la poesia francese era distinta dalla provenzale.» […] [NdA] Al Tiraboschi sempre intento ad esaltar i suoi nazionali con discapito degli esteri si potrebbero appropriare quei versi del Catilina tragedia d’un celebre moderno francese.
Sotto la denominazione di Misteri vengono parimente le Vite de’ Santi poste sul teatro francese in questo secolo.
Forse nel ’74 fu ancora in Italia, e andò una terza volta a Parigi, dove si trovava il 21 dic. ’78, testimonio a un battesimo, e dove fattosi naturalizzar francese il giugno ’83, morì nel 1702 ?
A. uscirà for di stufa e potrà viaggiare, voltando faccia il mal francese, e se questo Carnovale stando in Mantova la d.
La tematica trattata offre la suggestione per introdurre la differenza tra il sistema tragico tedesco e quello francese. […] Se è giusto allontanarsi dall’ampollosità propria della recitazione francese, prima dell’avvento della scuola di Baron, allo stesso modo bisogna condannare il vizio opposto dei tedeschi di trasformare il tragico in drammatico. […] La tragedia francese, se alcuna volta non tocca il sublime delle inglesi, non mai scende sì basso, e sempre si tiene sulla stessa linea alquanto uniforme di decoro e di nobiltà. […] Fra gli europei è certamente il francese quello che più si accosta all’italiano; ma spesso l’arte e l’eleganza dell’uno non superano il naturale e la forza esente di sforzo, dell’altro. […] E si crede che a questo eccesso dia per l’ordinario la declamazione francese, siccome quella che prima e più delle altre ha conosciuta e sentita la natura e la necessità del carattere tragico.
Queste cose fanno riuscire il melodramma italiano diversissimo dalla tragedia francese per la ricchezza e l’ economia dell’azione76. […] Tratti più nobili e grandi, più rilevati ed energici, sentenze più sublimi e giuste, più chiare e precise, pezzi più teneri e toccanti, espressioni più piene di sentimento e d’ affetto, non si troveranno facilmente nel Cornelio, nel Racine, nel Voltaire, nè in alcun altro; e il solo Metastasio potrà in queste parti drammatiche far fronte a tutto il più bello e grande del teatro francese &c. […] tu nol sentiresti: và, componi musica francese”.
Al che aggiugnendosi la vincitrice influenza del nome francese e i brillanti sofismi di alcuni loro filosofi altrove da me confutati154 gli Italiani cominciano a rinunziare alle bellezze del proprio paese per adottar le foggie straniere, modellando cotesta singolar produzione del cielo italico sul gusto degli abitatori della Senna. […] La prima di coloro che dopo il miglioramento del melodramma hanno tentato di richiamar sul teatro il sistema francese. […] Avrebbe ancora dovuto badare a non cadere in contraddizione con se medesimo; poiché dopo avere nella sua dissertazione sopra Metastasio inalzato fino alle stelle il merito del poeta cesareo, e poste nel più chiaro lume le stranezze e le irregolarità del sistema melodrammatico francese, s’avvicina poi altrettanto nella esecuzione a questo quanto si disparte dal retto sentiero indicato da quello ai poeti italiani. […] [NdA] Degli elogi italiani ridotti a sonetti dice con molta grazia il celebre francese Signor Thomas nella sua storia degli elogi cap. 39 «Sono in materia di lodi la moneta corrente del paese.
Graziosa è la di lui determinazione di non voler suscitare una guerra civile contraddetta dall’ aria tutta minaccevole, nella quale paragona se stesso al mar tempestoso e medita vendette, e nella seconda parte di essa, che non ha che fare col primo pensiere, si dice, sin tus perfecciones serà à mis passiones dificil la calma, quando à mi alma la quietud faltò; ciò in castigliano potrebbe dirsi una pura quisicosa, ed in francese un galimathias. […] Per antico costume compariva in siffatta scena con cortinas un sonatore di chitarra per accompagnar le donne che cantavano, raddoppiandosene la sconvenevolezza, perchè tra’ personaggi caratterizzati secondo la favola e vestiti p. e. da Turchi, da Mori, da Selvaggi Americani, si vedeva dondolar quel sonatore alla francese.
Nessun francese si vide in teatro ieri sera (1803, 2 Aprile).
Per altro l’illustre tragico francese score più rapido e con maggior nerbo, nè si ferma come fa Euripide a far dire da Fedra alla Nutrice, sai tu che mai sia una certa cosa che si chiama amore? […] Egli osserva in generale che la tragedia francese è più complicata, più involta in vicende, in intrecci, in episodii, che la greca. […] Per quest’originale de’ Marchesini della scena francese le ode di Orazio Flacco sono più oscure della notte, cattive, insoffribili, le di lui satire e l’arte poetica un ammasso di nojosità, mostruosità e disordini. […] Casthilon moderno scrittore francese in un libro, nel quale si propose d’investigare le cagioni fisiche e morali della diversità del genio delle nazioni, oltre di ostentare certo barbaro disprezzo per le lingue, le lettere e le maniere aliene dalle francesi, asseri magistralmente che nelle mani di Sofocle e di Euripide la tragedia était à son berceau .
Ciò in castigliano si direbbe una pura quisicosa, ed in francese un galimathias.
Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
Questo tipo, più moderno del Brighella, non aveva nella Compagnia de’Gelosi altro carattere che quello di un furbo e astuto compare ; ma, come il Mezzettino, e più tardi lo Sgannarello francese, egli rappresentava tutte le parti di marito, fingendo di prestar fede talvolta alle frottole che gli si contavano.
Perchè di lei, si può dire appunto quel che un critico francese dice dell’opera dei poeti simbolisti : il faut qu’elle soit nouvelle, et on la reconnait nouvelle tout simplement à ceci qu’elle vous donne une sensation non encore prouvée.
Dalle ville d’Inghilterra ne è sbandita la simmetria francese, i più bei siti paiono naturali, il culto è misto col negletto, e il disordine che vi regna è l’effetto dell’arte la meglio ordinata56.
Antonio Mureto, benchè per nascita all’Italia non appartenga, avendo non pertanto quì composta la sua tragedia Julius Caesar, stimiamo più opportuno registrarla fralle molte latine degl’Italiani, che lasciarla isolata nel teatro francese di questo secolo.
Quando il Direttore Salvoni risolse di formare una Compagnia stabile pel Teatro Ducale di Parma, chiamò a sè i coniugi Fineschi, ma l’impresa ebbe poca durata, ed essi tornarono a Firenze, ove, al Teatro della Piazza Vecchia e del Cocomero, ella recitò alcuni anni acquistandosi buon nome in ogni genere di lavori, e specialmente nella tragedia francese Giulietta e Romeo, tradotta dall’abate Bonucci.
Per la qual cosa possiamo fare osservare che il gesuita Rapin diede al Moliere una lode immaginaria, allorchè affermò che fu questo celebre autore comico francese il primo a far ridere con ritratti di nobili, uscendo da servi, parassiti, raggiratori e trasoni. […] Essa, parimente si tradusse in prosa francese, e s’impresse in Parigi nel medesimo secolo, cioè assai prima che vi si conoscesse il teatro spagnuoloa. […] Essa fu tradotta in francese dal celebre Giambatista Rousseau, encomiata per l’intreccio e per lo vero comico dal signor di Voltaire, e ammirata da m. […] Il Vignali contemporaneo dell’Aretino, del Franco e del francese Rabelais e di un genio conforme, compose la Floria commedia in prosa, secondo Apostolo Zeno, licenziosa anzi che no, che si pubblicò nel 1560. […] L’autore della traduzione francese del Negromante fu Giovanni de la Taille, e si stampò in Parigi senza nota di anno verso il 1562, indi fralle altre opere poetiche del medesimo Francese anche in Parigi nel 1573 in ottavo.
Una commedia italiana o francese dopo dieci anni con difficoltà si riproduce sulle Scene nazionali senza notabili cangiamenti. […] In generale l’originale greco vince di gran lunga in vivacità la copia francese.
Il Falsirone rappresentava parlando – scrive egli stesso nel XIV ragionamento delle Bravure – diverse lingue, « come la francese, la spagnuola, la schiava, la greca, e la turchesca. […] Ho letto infine tutte le sue Brauure, e trouo, che in qualche luogo io m’ho apposto, ma con vn altra testura, come tu potrai vedere nell’opera sua ch’a mala pena gionta in Francia, gli hanno dato di becco, e tradottala in lingua francese, cioè francese e italiana ; ma non più che sei ragionamenti.
Contuttociò le bellezze della greca tragedia sorpassano di molto quelle dell’Ippolito latino, il quale non pertanto per varie pennellate maestre che vi si ammirano, ha contribuito non poco ad arricchire la Fedra del gran tragico francese. […] Terenzio neppure di tal gregge fece uso; ond’é che né anche da ciò poté derivare il farfallone di quel letterato francese, il quale, per quanto rapporta madama Dacier, estatico lodava i cori delle commedie di Terenzio90. […] Ma gli errori di tal sofista francese sui pantomimi e altre cose teatrali e non teatrali, sono molti e grandi. […] Un altro letterato francese di tal fatta in un cerchio d’uomini e di donne gravemente affermò, aver letto con sommo piacere l’Euripide di Sofocle.
Vero è, che all’ istesso Calepio sembra di trovare nella Polissena francese maggior bellezza nelle sentenze, più vivacità negli affetti, ed energia nella locuziòne. […] Volle poi quest’anonimo far pompa di erudizione, ed affermò che l’Italiano avea saccheggiato e sfigurato l’Amasi di m. la Grange, e che Voltaire rivendicando il furto avea restituito alla nazione francese ciò che era suo. […] Parlo solo delle non moltissime versioni eccellenti, e di altre fatte da’letterati a richiesta dell’editore della Biblioteca teatrale francese pubblicata son molti anni in Venezia. […] Se ne trova una simile in francese fralle opere dell’ab. […] L’Alfieri ideò il suo Filippo sulla relazione francese del San-Reale.
Io ne ho voluto accennare soltanto quel che riguarda la drammatica, non curandomi di mettere al vaglio tante mal digerite opinioni spacciate sulla poesia italiana e francese, ove pesta non iscorgesi nè di gusto nè di giudizio, nè di quella precisione d’idee, di cui crede piamente potersi pregiare.
Oltradicchè diventa oggimai tanto più necessario il parlarne quanto che la possente influenza della imitazione francese ha reso il ballo a giorni nostri quasi parte essenziale del melodramma italiano. […] Sotto la direzione del primo il canto s’intrecciò più felicemente col ballo in varie feste teatrali rappresentate alla corte, in qualcheduna delle quali, cioè pel Trionfo d’Amore ballò il medesimo re Luigi decimoquarto accompagnato dalla reale famiglia, e dal fiore della nobiltà francese. […] I Tedeschi svegliandosi ad un tratto nella carriera delle belle lettere, e di tutte quante l’arti d’imaginazione, aveano fatto vedere all’Europa col mezzo di Klopstock, di Haller, di Gessner, di Zaccaria, di Gleim e d’altri poeti stimabili non meno che cogli Hendel, gli Stamitz, i Bach, i Nauman, i Gluck, gli Hayden, i Graun e tanti altri rispettabili professori di musica quanto fosse stato indecente e ridicolo il quesito proposto dal Bouhours, gesuita francese, «se un Tedesco poteva aver dello spirito». […] I Francesi disposti ognora a perfezionare l’invenzioni altrui, e adatti per educazione e per istudio alla scienza del ballo, si prevalsero tosto della scoperta rendendola in tal guisa propria di loro che parve affatto francese all’altre nazioni.
Accordiamo di buon grado quel che egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo che egli stesso con altri suoi compatriotti troverebbe poco glorioso per la testa e per la lingua francese): e che Lope de Vega, il Castro e il Calderòn siensi più facilmente prestati alla loro imitazione. […] L’altra cosa che non seppe veder questo critico francese, è che i costumi del l’età in cui s’immagina che abbia dominato nella Gozia questo Torrismondo, riescono pe’ moderni più verisimili di quelli degli antichi. […] ; per resistere in somma alle potenti perturbazioni che risvegliano, bisogna avere l’anima preoccupata o poco sensibile di Rapin e di la Sante, o l’ignoranza de’ Carlencas, o la stupidità de’ nostri scioli che affettano nausea per tutto ciò che non è francese o inglese. […] Di tante traduzioni ed imitazioni francesi della Sofonisba, quella di Mairet fu l’unica che si sostenne lunga pezza in teatro, ed, al dir di Voltaire, fu la prima tragedia francese, in cui ad imitazione del Trissino si videro osservate le regole delle tre unità, e che servì per ciò di modello alla maggior parte delle tragedie francesi che vennero dopo.
Così Baron, il degno discepolo di Molière, si rendé celebre imitando questo Roscio francese. […] Così ancora un dramma inglese potrebbe essere sedizioso in Francia, e un dramma francese tenderebbe a rovinare la costituzione del governo britannico. […] Al suo nome si lega l’adattamento del verso alessandrino francese in forma di doppio settenario (detto appunto martelliano), molto fortunato nel teatro settecentesco. […] Formey tradotta dal francese, e corredata di note, e di appendici. […] Alceste fu poi ripreso da Gluck a Parigi nel 1776, con nuovo libretto francese scritto da Le Bailly du Roullet.
Il protagonista era Gustavo Modena, Comandante la flotta francese il padre Giacomo, e la Scimia Welenfeldt.
Per antico costume compariva in siffatta scena con cortinas un sonatore di chitarra per accompagnare le donne che cantavano, raddoppiandosene la sconvenevolezza, perchè tra’ personaggi caratterizzati giusta la favola, e vestiti p. e. da’ Turchi, Mori, o da selvaggi Americani, si vedeva dondolar quel sonatore abbigliato alla francese.
Ciò che Martello fece, certamente, è confrontarsi con la scena parigina, con la recitazione degli attori e la specificità della danza francese, per tradurre tutto ciò nella quarta ed ultima sessione del dialogo. […] Il confronto con le discussioni romane, e con Gravina in particolare35, dovette rendere impellente in Martello un ampliamento del testo originario, che rispondesse alle critiche del fronte bolognese, graviniano e francese (filtrato da Conti). […] Ferrari, Le traduzioni italiane del teatro tragico francese nei secoli XVIIº e XVIIIº. […] [commento_4.20ED] Invalidi: l’Hôtel des Invalides (1677) fu costruito per ordine di Luigi XIV, come ospizio dei reduci e invalidi di guerra dell’esercito francese. […] verso: l’alessandrino francese, distici di quattordici sillabe a rima baciata.
[21] In una rappresentazione francese intitolatala Resurrezione s’introduceva il Padre Eterno dormendo, e un angelo che viene a destarlo con queste parole: «Ang.: Eterno Padre, voi avete il torto, e dovete vergognavene. […] [NdA] L’originale francese dice: «Quoi!
Tra gl’interlocutori chiamati figuras de comedia sono, un eremita, un ruffiano, un paggio francese ed una comitiva di pinzochere con Fausta madre del traviato giovinetto. […] Non minori assurdità e incoerenze si rinvengono nella Tinellaria, oltre di trovarvisi l’indicata mescolanza di linguaggi, altri parlando italiano, altri francese, altri portoghese. […] Du Perron de Castera nel 1738 volendo pubblicare in francese un teatro spagnuolo cominciò male dalla Celestina, e dall’Eufrosina credendole tragedie.
Una volta il padre eterno si contentava di dire al suo unigenito figliuolo «sede a dexteris meis», in tuono grave e posato i ora glielo canta a rondò, e gli ardenti cherubini si cuoprono rispettosamente il viso colle ali mentre il creatore dell’universo va ripetendo cento volte alla francese «sede, sede, sede, sede, a dextris, a dextris, sede a dextris, sede a dextris». […] Per rendere più chiara e più palpabile la demostrazione, io voglio aggiugnere alla poetica parodia testé arreccata una strofetta in lingua francese, che nulla ha di comune né coi senso dell’aria di Metastasio, né con quello della mia. […] poste tutte tre sotto le stesse note la musica va egualmente bene, come il lettore può chiarirsene da sé dando una occhiata alla carta musicale che si trova infine di questo volume, dove osserverà la sinfonia preliminare che non ha verun carattere decisivo, il motivo che rende la malinconia dal paro che il giubbilo, il «Vicina al termine De suoi contenti» espresso nella stessa guisa che il “già presso al termine de’ suoi martiri”, il “piange” come il “fugge”, il sentimento francese “un dieu puissant en ces lieux l’amene” non altrimenti che il “quest’anima sciolta in sospiri”, l’epiteto “inesorabile” colla melodia medesima che l’“amabile”, e il “caro bene” convertito in un “fiero destino”.
Eccedente non per tanto fu la severità di quell’altro francese autore d’un bel Trattato sul melodramma allorché volle sbandirà dalla musica drammatica tutto ciò che serve a dipignere e a far valere la possanza intrinseca dell’arte. […] Ora se l’oggetto primario d’ogni musica imitativa è quello di piacere e di commuovere, se un tale oggetto s’ottiene assai meglio permettendo ad essa una discreta licenza negli abbellimenti, se la musica, cui lo scrittore francese chiama di concerto, mi rapisce, mi commuove, m’incanta, mi strappa dagli occhi le lagrime e mi sveglia appunto quelle stesse passioni che vorrebbe svegliarmi la poesia senza recar onta ai diritti di questa, e senza distruggere l’illusione propria del canto, perché dovrò sbandirla dalla scena? […] Che sì che l’aveva quel francese autore d’un poema sulla musica allorché disse parlando della Italia: «Orgueilleuse Ausonie, il le faut déclarer À la honte d’un art que l’on doit révérer Mille insectes maudits dont tes villes abondent De leurs sons venimeux de toutes parts t’inondent: Par un nombre d’auteurs de nos jours redoublé Je vois sous leurs fureurs ton pays accablé.»
Egli è vero che all’istesso Calepio sembra di trovare nella Polissena francese maggior bellezza nelle sentenze, più vivacità negli affetti ed energia nella locuzione: vero è altresì ch’ei riprende nelle nutrici introdotte dal Marchese la perizia che mostrano della mitologia. […] Volle poi quest’anonimo far pompa di erudizione, ed affermò che l’Italiano avea saccheggiato e sfigurato l’Amasi del la Grange, e che il Voltaire rivendicando il furto avea restituito alla nazione francese ciò che era suo. […] La Sante in una orazione impressa in Parigi nel 1728, in cui volea pur mostrare la superiorità della letteratura francese) dent sæpe tragædias, qualis illa est Merope, cujus pater est Maffejus, Minerva mater, nutrix Melpomene; famæ plausui adjungemus plausum, eximiamque prolem vel cupiemus natam in Gallia, vel quasi nostram libenter cooptabimus. […] Oltre agli storici nazionali delle di lui gesta, e ad una descrizione spagnuola da me letta manoscritta della morte di Don Carlo, apparisce il simulato procedere del geloso Filippo nella Relazione tragica si, ma veridica di Don Carlo sacrificato &c. stampata in Colonia presso Friderico Barbo 1680, la quale poi si trova impressa in francese fralle opere dell’ab.
Quella di Adriano Politi intitolata gl’ Ingannati si accolse con applauso in Italia, si tradusse in francese e si pubblicò in Lione col titolo les Abusez, secondo il Fontanini; secondo però Apostolo Zeno la commedia francese quì mentovata non fu tratta da quella del Politi, ma da un’ altra degl’ Intronati che ebbe il medesimo titolo.
Non minori assurdità e incoerenze si rinvengono nella Tinellaria, oltre di trovarvisi l’indicata mescolanza di linguaggi, altri parlando in italiano, altri in francese, altri in portoghese.
— Traduzione dal francese della Dichiaratione del Re Christianissimo pubblicata nel Parlamento nel qual S.
L’accolse Parigi nel 1761, e quivi ebbe agio di ritornare alla commedia di carattere, e col Burbero benefico (le Bouru bienfaisant) scritto in francese che gli produsse oro ed onore, col Curioso accidente, e col Matrimonio per condorso, mostrò a quella colta nazione quanto erasi essa dipartita dalla vera commedia colle sue rappresentazioni lugubri. […] Cornelio e Metastasio soddisfecero al loro intento, e vi avrebbero mancato se il primo serviva più ai colpi di scena ed alle situazioni che al dialogo, ed il secondo più a questo che a quelli, ed avrebbe fatto il Francese un’ azione propria per la scena musicale, e l’ Italiano avrebbe di una buona tragedia fatto un’opera fredda e nojosa(a) Profuse perciò Metastasio nel suo argomento maggior ricchezza d’invenzione che si scorge ne’ nuovi colpi teatrali e ne’ bei quadri prodotti da’ contrasti di situazione ; ricchezza che non potè trovare nella tragedia francese che non ne abbisognava. […] Queste angustie teatrali fanno riescire il melodramma italiano diversissimo dalla tragedia francese per la ricchezza e l’economia dell’azione(a). […] Tratti più nobili e grandi, più rilevati ed energici, sentenze più sublimi e giuste, più chiare e precise, pezzi più teneri e toccanti, espressioni più piene di sentimenti ed affetti, non si troveranno facilmente nel Cornelio, nel Racine, nel Voltaire… e il solo Metastasio potrà… far fronte a tutto il più bello e grande del teatro francese ec.. […] Tu nol sentiresti ; và, componi musica francese(a).
Queste ed altre versioni francesi riuscirono poco felici, sia per debolezza delle penne che l’intrapresero, sia perchè la prosa francese che da i più vi si adoperò, è incapace di rendere competentemente la poesia Italiana.
Allor questa s’ascolta con un profondo silenzio, poi con istrepitose e fanatiche esclamazioni di “bravo evviva” accompagnate di battimenti di mano replicate cento volte; indi si torna all’antico dissipamento che ti par quasi di sentire come si lagnava Orazio dei teatri di Roma, il vento che rimuggia per entro alle boscaglie del Gargano o i fremiti del mar di Toscana109, Gian Jacopo Rousseau nella sua celebre lettera sulla musica francese vorrebbe far l’onore agl’Italiani di non credere che così avvenga ne’ loro teatri, ed attribuisce simili effetti che si veggono costantemente in Parigi, all’indole soporifera e monotona della musica francese.
Io ne ho voluto accennare soltante quel che riguarda la drammatica, non curandomi di mettere al vaglio tante mal digerite opinioni spacciate sulla poesia italiana e francese, ove pesta non iscorgesi nè di gusto, nè di giudizio, nè di quella precisione d’idee, di cui crede piamente potersi pregiare.
L’Edizione Pepoliana della Biblioteca teatrale francese in ventisette tomi compiuta ha presentato all’Italia varie buone traduzioni di tragedie francesi. […] Vogliono altresì rammemorarsi varie buone versioni dal francese inserite nella Biblioteca teatrale della stamperia Pepoliana. […] Tale è certamente in prima il Cappello parlante, ossia l’Elvira di Vitrì, in cui misti a situazioni lugubri e tragiche leggonsi motteggi comici; 2 tale il Ciabattino consolatore de’ disperati, la quale prende il titolo da un personaggio episodico, ed ha caratteri comici insieme con varj eccessi di disperazione che oltrepassano i confini della commedia, e presenta in Carlo Sundler un ritratto di quel padre che nella favola francese dell’Umanità si trasporta ad assalire un uomo di notte in una piazza pubblica per procacciar soccorso alla propria famiglia; tale 3 il Giudice del proprio delitto fatto per niun conto comico; tale 4 Totila o i Visigoti, in cui si osserva ancora con rincrescimento una deflorazione violenta. […] Appena nella scena prima del 1 taluno oserebbe notare come espressione francese quel mi tarda di rivederla.
Egli trovò in Roma che dopo la comparsa di Andronico e l’introduzione de’ drammi simili a’ Greci, si erano ad essi cominciate a soggiugnere le farsette satiresche recitate dagli Atellani col nome di Epodi che poi rimase al teatro, che i moderni hanno ritenuti nomandoli all’italiana tramezzi, alla spagnuola saynetes e fin de fiesta ed entremeses, e alla francese petites pièces. […] Nel moderno teatro francese si trasportò questa favola, ed ebbe per titolo le Retour imprevû.
L’abate Arnaud eccellente letterato francese nella Gazzetta Letteraria di Europe nel mese di Luglio del 1765 ricorre a un Edile nomato Acilio, al quale pretende che Terenzio andasse a leggere l’Andria, e non a Cecilio; insinuando che il passo di Donato o Suetonio sia guasto e vi si debba leggere Acilio per Cecilio. […] Trascriverei di buon grado l’intera prima scena originale; ma per compiacere qualche volta a chi si conforma più volentieri all’uso francese di addurre delle lingue morte i frammenti tradotti in volgar lingua, ne recherò una mia versione qualunque essa siesi, sempre inculcando di leggersi i versi stessi di Terenzio: Fed.
Ma che mai trovò egli di rassomigliante nella condotta della tragedia francese e della favola Spagnuola, in cui si vedono le additate tinte comiche miste alle tragiche, le irregolarità, que’ ritratti adorati dal poco grave Ottaviano, quelle avventure notturne, il passaggio replicato de’ personaggi da Gerusalemme a Menfi e da Menfi a Gerusalemme, la cura puerile del poeta di accreditar l’errore volgare dell’influsso? […] L’ostentazione dell’erudizione greca e latina di Beatrice c’induce a sospettare che Moliere ne avesse tolta l’idea delle sue Donne Letterate; ma ciò è incerto, ed è sicuro dall’altra parte che il vivacissimo colorito della favola francese ha un impasto originale.
Doppiamente apparisce poco giusta l’osservazione dell’illustre autore francese, se si considera che quest’atroce argomento, che per suo avviso non produce interesse per veruno, si è conservato per tanti secoli, e nelle nazioni più colte ha eccitato l’entusiasmo di tanti Tragici.
Du Perron de Castera nel 1738 volendo pubblicare in francese un teatro Spagnuolo cominciò male dalla Celestina e dell’Eufrosina credendole tragedie.
Se quel francese avesse posseduti i talenti superiori del nostro enciclopedico baccalare le avrebbe tosto ritrovate nel Micrologo di Guido Aretino, o nel Dodecachordon d’Arrigo Glareano.