Sinone racconta a Calcante e a Pirro, sortiti dal cavallo, come l’arti sue riuscirono quasi a vuoto per la opposizione di Enea; mostrando quanto sia necessario, innanzi ad ogni altra cosa, spegner costui, come il più forte guerriero che, dopo la morte di Ettore, vanti Troia.
Quindi ebbe a dire il signor di Saint-Evremond che nel commerzio de’ dotti «rarement on trouve des personnes de bon goût: ce qui fait que la connaissance des belles-lettres devient en plusieurs savants une érudition fort ennuyeuse».
Carlino, rifacendo di pianta il repertorio ; a cotesta riforma cooperò validamente Filippo Cammarano, il quale ebbe in Aldigonda Colli la più forte e valorosa interprete dell’opera sua varia e copiosa.
Tu ne le vis que sous le masque, et qu’avec son pourpoint de Basque ; il n’étoit ni bien, ni mal fait, grand ni petit, plus gras que maigre : il avoit le corps fort alaigre, le front haut, l’œil foible, mais vif.
A complemento di questi cenni, metto qui l’elenco della Compagnia per la quaresima del 1842, secondo la distribuzione dell’ originale, e il suo repertorio : Prima amorosa Matilde Chiari Servetta Amalia Colomberti Prima attrice Adelaide Ristori Madre nobile Adelaide Fabbri Attrici generiche Angela Buccinieri Rosa Rizzoli Maria Leigheb Maria Mascherpa Altra amorosa Argenide Dondini Caratteristica Teodora Dondini Primo attore assoluto Antonio Colomberti Primo amoroso Giovanni Leigheb Altro amoroso Agostino Buccinieri Generici Ettore Dondini Enrico Ristori Giuseppe Bignami Francesco Paolini Parti brillanti Cesare Dondini Parti d’aspetto Luigi Cardarelli Parti ingenue Augusta Ristori Cesare Ristori Suggeritore Astorre Rizzoli Poeta Iacopo Ferretti Caratterista e Promiscuo Luigi Gattinelli Tiranni e Padri Paolo Fabbri Primo generico di riguardo Achille Dondini Generici Giorgio Vismara Antonio Ristori Paolo Riva Macchinista — Trovarobe — Due Traduttori — Apparatore repertorio Torquato Tasso di Goldoni – La discordia di quindici anni – Il figlio assassino per la madre – La fedeltà alla prova – Il diadema di Nota – Ditta Scaff e Clerambeau di Scribe – Un fallo – La finta ammalata di Goldoni – Il mulatto – Un matrimonio in Francia sotto Luigi XV – Rifiuto e vendetta – Il custode della moglie altrui – Il galantuomo per transazione di Giraud – Un bicchier d’acqua – Il dominó nero – Pamela nubile di Goldoni – Una catena di Scribe – Gl’ innammorati di Goldoni – Il flagrante delitto – Eulalia Granger – La calunnia di Scribe – Maria Stuarda – Don Cesareo Persepoli – La lettrice – La Pia de' Tolomei – La fuga dal forte di Sant’Andrea di Venezia – Il testamento di una povera donna – La cognata – Don Marzio alla bottega del caffé di Goldoni – Il proscritto – Malvina – Felice come una principessa – Filippo – Papà Goriot – I due Sergenti – Marion de l’Orme.
Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti.
A questo punto lascio la parola a Luigi Pietracqua, che da proto della Gazzetta del Popolo, passò ad essere il più forte autore del Teatro piemontese, per sentimento di modernità, accoppiato alla più ardente passione (traduco dalla gazzetta dialettale 'l birichin del 5 settembre 1896) : Una figurina slanciata, sottile e dritta, e così naturalmente elegante, che si sarebbe detta modellata da Fidia o da Prassitele.
Atto terso – I Francesi all’assalto del forte l’Imperatore, gran combattimento ed assalto.
Ma dopo quattro anni di continui trionfi, morì in Verona, l’autunno del 1827, pianto non solo dalla famiglia artistica, che perdeva in lui il più onesto e forte dei capocomici, ma da quanti, conosciutolo, avean potuto ammirarne la onestà dell’animo, la generosità e la delicatezza a tutta prova.
si l’âge, si l’innocence, si la beauté, si la piété envers les dieux, envers vous-même, déesse, que j’adore en ces lieux et dont je crains les oracles… (Tandis qu’Agamemnon parle, on entend un bruit comme du tonnerre fort éloigné, qui augmente peu à peu.)
Baron (Michel Boyron) uno dei più forti, se non il più forte artista della Francia, nacque a Parigi l’ottobre del 1653, e vi morì il 22 dicembre del 1729.
Dal che é avvenuto che per una forte accensione di fantasia sondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo, ciascun di loro ha creduto di veder prima che altrove, nelle antichità predilette fenicie, egizie, greche, o etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione sviluppata ha mostrate a questi e a tanti altri popoli.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologicà, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose, che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli.
, 38) dice : E quando si rifletta che la verginità di Carlotta Marchionni non fu una maschera astuta per gabellare irresponsabilmente non dirò la scostumatezza, ma nemmeno le facili mondanità della vita del teatro, ma fu invece una castità immacolata e tersa, non appannata mai neppure dal soffio della maldicenza che, fra le quinte, è vipereo ; è da pensare piuttosto che quell’anima forte e quella vigorosa fantasia si piacessero del contrasto fra la severità del costume che s’era imposta, e le sfrenate amorose passioni che doveva rappresentare.
Né intralascierò di indicare i luoghi ove queste suppliscono in un modo vantaggioso e superiore ancora ad una delle maggiori bellezze della lingua greca, voglio dire all’onomatopea, di cui Quintiliano ne fa tanto conto, che si lagna forte perché la lingua latina non ne sia abbastanza doviziosa. […] Del resto s’io rivolgo il pensiero alla severità della musica antica, non perciò pretendo di ristabilirla; voglio bensì che il musico conduca un medesimo soggetto per diverse modulazioni, purché queste rendano più interessante e più forte l’espressione, e che innanzi ad ogni altra cosa abbia egli in vista d’afferrare quella giusta ed adeguata misura, fuor della quale fuggono, e a così dir, si dileguano tutte le bellezze di quest’arte. […] I filosofi gridarono forte contro tale abuso che se ne faceva: pure malgrado il loro zelo e l’eloquenza loro i piaceri della ragione furono sagrificati a que’ dell’orecchio, e d’allora in poi essi compiansero la perdita della musica antica. […] La sua espressione diviene in quel caso più viva, più forte, più vibrara, e più piena; ma questo è un merito che da essa non si esige e senza il quale può rendersi grata agli orecchi.
Tolto a le insidie del paterno tetto Per me tu fosti, e vigoroso e forte Fuor ti mandai, polve or quì torni ed ombra!
Ed appunto nella prima parte del la favola del Virues accade a Marcella l’avventura d’Isabella che condotta da tre seguaci del suo amante resta in potere di uno di essi preso di cieco amore per lei, che allontanato con un pretesto il più forte degli altri due, ferisce l’altro.
Trovavasi il teatro Ateniese nel colmo della gloria nell’olimpiade LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino poeta di stile austero, mordace e forte ne’ motteggi, dal quale si dee riconoscere il lustro di quel genere di commedia caustica e insolente chiamata Satirica e Antica.
A dodici anni entrò nell’Accademia di Belle Arti, sotto gl’insegnamenti del rinomato attore Morrocchesi, e a quindici a pena si recò a Palermo prima attrice giovine della Compagnia Zannoni e Pinotti, ove sposò il suo condiscepolo e concittadino Ferdinando Pelzet, giovane di eletti studi e di forte intelligenza, salito poi a bella rinomanza più tosto come istruttore drammatico, che come attore.
L’autore volle ricondurre nelle tragedie i cori nella fine degli atti per riunire alla rappresentazione tragica quella forte di musica che le conviene; ma i commedianti schivano le spese, e non le rappresentano. […] Essi che per clima ebbero in forte gli organi più ben disposti, più armonici, sensibili e vivaci? […] Molto migliore é la ragione che contro il sentimento di M. de la Mothe oppose il signor di Voltaire con quella breve e ingegnosa comparazione del celebre Montagne: «Comme la voix contrainte dans l’étroit canal d’une trompette fort plus aigue et plus forte, ainsi la sentence pressée aux piés nombreux de la poësie s’élance plus brusquement, et frappe d’une plus vive sécousse».
Ma il rimanente contiene un tratto forte e patetico insieme ed opportuno a disviluppare il carattere veramente romano dì Catone. […] No , dice Porzio; egli si è opposto a’ Numidi, ed è caduto da forte. […] L’argomento della sua Messene è appunto l’Aristodemo di Carlo Dottori; ma il Walker esalta quella del compatriotta, come più ricco di poetiche bellezze, e di più forte interesse . […] Patu traduttore delle opere di Gay e di altri inglesi, ci fa sapere che Polly è fort inferieure à son prèmier ouvrage .
Lo Spirito forte in cinque atti, e gli Ebrei e ’l Tesoro in uno, son le commedie più pregiate. […] Nello Spirito forte vi é ben dipinta la malvagità ridotta a sistema dagli uomini dissoluti; e nella commediola, il Tesoro, havvi al certo maggior interesse, minor prolissità, e un vero comico. […] «Ne pourrions-nous pas (scrisse poi con molta saviezza il bravo drammatico tedesco Weiss) emprunter des Anglais les situations terribles et vraiment tragiques, les grands traits et les vigoureux contrastes de leurs caractères, leur expression forte et sublime, et le language des passions; prendre chez les Français la décence des mœurs, la juste proportion des parties, l’ensemble, la correction, le style épuré, la régularité et l’ordonnance?
Fiorilli Tiberio, il più forte, il più completo, il più celebre artista italiano del secolo xvii, che tenne per circa cinquant’anni sotto il nome di Scaramuccia lo scettro dell’arte comica in Francia, nacque a Napoli il 9 novembre del 1608. […] Or comme j’aimois iceluy, Sa mort me donnant de l’ennuy, Il faut qu’au fort de ma détresse Un Epitaphe je luy dresse. […] t pour le contenter et non pas que cela fut veritable, il dict havoir ancora ses comptes ; il est fort facile de voir en…. ce quil a despence pour les proces.
Ma ve n’ha un altro più forte ancora, quello che determina la grandezza vera della Duse ; dietro a cui si affannarono invano, partite da un falso cammino, gran parte delle attrici d’Italia. […] Certo la febbre è forte – e non mi sento impotente a lottare.
Abate per trovare ragioni da rimovere dal giudizio I due Pellegrini del Tansillo, e l’Ecloga del Caro; e intanto si lascia dietro un nemico non meno forte del Cefalo, e dell’Orfeo, cioè l’Egle del Giraldi pubblicata nove anni prima del sacrifizio del Beccari.
On s’est fort trompé, quand on a prétendu que Molière donnait à Isabelle plus d’esprit que n’en peut avoir une fille élevée dans la retraite, et qui n’a nul usage du monde. […] Dans la première espèce, c’est un fort beau dialogue, mais sans action ; et dans la seconde, ce sont des choses étrangères, et tout à fait épisodiques que l’on joint à l’action, mais qui ne font qu’embarrasser sa marche, et que ralentir son mouvement. […] Mais comme ils ont pensé aussi que les plus fortes passions pouvaient être traitées d’une façon générale, et sans blesser personne en particulier, ils ont imaginé des comédies de caractères, telles que nous les voyons sur nos théâtres. […] Le vice qu’il s’est proposé de combattre, c’est l’avarice ; dans ce dessein il a employé les traits les plus forts, soit pour en préserver le spectateur, soit pour l’en corriger. […] Ibam forte via Sacra.
Così procede quest’atto sino a una parte della scena quarta, di cui il rimanente contiene un tratto forte e patetico insieme, ed opportuno a disviluppare il carattere veramente Romano di Catone. […] No, dice Porzio, egli si è opposto a’ Numidi ed è caduto da forte. […] Patu traduttore delle opere di Gay e di altri ci fa sapere che Polly è fort inferieure à son premier ouvrage.
[Nota d’autore n. 18] «Itaque ex his indagationibus, mathematicis rationibus fiunt vasa aerea pro ratione magnitudinis theatri… Dicet aliquis forte multa theatra Romae quotannis facta esse, neque ullam rationem earum rerum in his fuisse; sed erravit in eo, quod omnia publica lignea theatra tabulationes habent complures, quas necesse est sonare … Cum autem ex solidis rebus theatra constituuntur, idest ex structura caementorum, lapide, marmore, quae sonare non possunt, tunc ex his hac ratione sunt explicanda», Vitruv.
Comunque sia, tornando all’Andreini, senza tener troppo dal Maroncelli che alza iperbolicamente al cielo la forte creazione dell’ Adamo, senza tener troppo dal D’Ancona che lo stile dell’ Adamo chiama noioso documento di secentismo, a me pare che cose veramente belle e buone in questo vasto dramma non manchino. […] Il ciel che che si sia, saper non voglio ; che che si sia quest’ uom saper non curo : troppo ostinato e duro È il mio forte pensiero in mostrarmi implacabile e severo contra’l ciel, contra l’uom, l’angelo e Dio !
A iniziativa del Conte Giorgio Roma di Zante, giovane di forte ingegno, che si trovava allora in Mantova, attratto dalle grazie di una delle più avvenenti e colte signore di quella aristocrazia, fu costituita una vera e propria compagnia, la quale doveva dare due o tre rappresentazioni la settimana, al celebre teatro dei Gonzaga, illustrato dagli affreschi del Mantegna.
Poltroni recever pugni così eccelsi, e bravi correr così forte ?
Virtù piacciavi sempre, che alfin s’oltre la morte Siam qualche cosa, il premio ne avrà l’anima forte. […] Giunio Bruto recitata molte volte di seguito in Venezia con gran concorso nel teatro di San Samuele, oltre a i pregi generali dello stile, del costume e del metro, si rende notabile per la forte aringa di Bruto animata da sobria eloquenza e bellezza poetica propria della scena. […] O Enea che mi abbandoni, o mie speranze, O sacra del mio sposo ombra tradita, O mio onore, o dovere, o forte amore, Sì, troppo forte che al dover contrasti, Qual vincerà di voi? […] Ei presenta in un medesimo quadro Carlo magnanimo e sensibile che nel gran passaggio dal soglio al patibolo trafitto dalla tenerezza de’ figli conserva il decoro reale e muore da forte: Cromuel che si ravvisa alla vastità de’ suoi disegni e alla naturale spietatezza vestita di empia politica: Farfè che rappresenta tutto l’entusiasmo Inglese per la libertà, la quale gli occulta l’atrocità del mezzo di stabilirla: Federiga e Dacri che dipingono la virtuosa debolezza compassionevole de’ pochi in pro del principe sacrificato. […] Odasi co me vi parla il forte Icilio: Taci: qual nome Osi tu proferir?
Tanto più nella passione amorosa, la quale come chè sia la forte e la più intensa della natura, è tuttavia la meno estesa, uno solo essendo l’oggetto che la determina e semplicissimi i mezzi. […] Se v’ha qualche carattere o qualche situazione che possa dirsi appasssionata, come per lo più lo sono gli avvenimenti d’Ipermestra e di Linceo, quelle sono ricopiate dal romano originale; del suo non ha egli messo fuorché una serie di quadri dove si vede essersi il poeta abbandonato alla falsa massima attribuita a Voltaire «frappez plutôt fort que juste». […] «Ho sentito dire altresì che il ridicolo comico dev’essere cavato dalla esperienza non tratto dalla fantasia, che si devono studiare profondamente gli uomini prima d’esporli sul teatro, che le debolezze di temperamento non i vizi di riflessione, i difetti nati da una stranezza di pensare innocente non i delitti odiosi e nocivi sono la materia propria della scena comica, che questa materia dee rappresentarsi abbellita da un colore alquanto caricato e forte ma non esagerato, con cert’altre filastrocche che voi altri autori dite esservi state prescritte dal buon senso.
Badile Mi so quel si famos Badil, Gloria e splendor de Voltolina, che mang’, e beu’ ogn’hor di nott’ e dì, e sol a tend a fam fort la schina, mi vag a betolà co i nos fachì, doue se mangia formai e poina, e quand’ ho fam, per satià ol ventrò, mang’un Vedel, e un Porch’in vn bocò. […] Trema, si crolla, s’ange, e si tormenta il Mondo tutto al mover le mie piante, da me fuggon le belve e si spaventa il fier Leone, il Drago, e l’Elefante ; geme la Terra e forte si sgomenta, cadono i monti e seccansi le piante, fa il Mar tempesta, e mena gran fortuna, e per non mi veder fugge la Luna. […] E tutto questo in virtù dell’ opinione di quel filosofo, che tiene che l’anime vadino passando da un corpo nell’altro, laonde l’istessa anima, che informò prima Ercole, e poi gli altri suddetti, è passata finalmente in questo mio corpo, e però coloro ed io siamo gl’istessi, anzi con la medema dottrina io ti potrei giurare di tenermi nel corpo non solo l’anima di quei bravacci, ma quella ancora del più forte Leone, della più spietata Tigre, dell’Orso più arrabbiato, e del più fiero Drago, che nodrissero giammai le selvose montagne dell’Asia, o le arenose campagne della Libia.
Queste bellezze parziali, alloppiando in particolar modo gli orecchi dell’uditore, hanno fatto sì ch’ei cerca di gustarle separatamente dalle altre, e che non ritrova nella melodia vocale un compiuto diletto se non gli perviene ai sensi accompagnata dal colorito forte degli strumenti. […] Ma gli ascoltanti non la chiederebbero con tanta smania, se il compositore avesse l’arte d’interessarli nel soggetto principale, e se l’andamento dell’azion musicale fosse così unito e concatenato che la curiosità dell’udienza venisse ognor più sollecitata a risaperne lo scioglimento, come si vede da ciò che giammai si domanda in una commedia di carattere, o in una tragedia la replica d’una scena per quanto sia ella sublime, forte, o patetica, e per quanto venga dagli attori maestrevolmente rappresentata. […] Infatti bisognerebbe aver aprodato or ora da qualche isola boreale scoperta dal celebre viaggiatore Cook per ignorar i talenti e la scienza del sempre bello e qualche volta sublime Traetta; d’un Ciccio di Majo scrittore pieno di melodia e di naturalezza, il quale in pochi anni che visse ebbe la stessa sorte del Pergolesi, cui non restò inferiore nell’invenzione e nella novità; d’un Anfossi ritrovatore facile e fecondo massimamente nel buffo, e che forse ottiene fra i compositori lo stesso luogo che Goldoni fra i poeticomici; d’un Paisello tornato poco tempo fa in Italia dopo essere stato ai servigi della imperatrice delle Russie, dotato d’estro singolare e d’una maravigliosa ricchezza nelle idee musicali, e che risplende per ornatissimo stile e per nuovo genere di vaghezza; d’un Piccini maestoso insieme e venusto, di gran fuoco, di vivo ingegno, di stile brillante e florido; d’un Sacchini celebre per la sua maniera di scrivere dolce, affettuosa, e sommamente cantabile; d’un Sarti degno di essere annoverato fra i più gran compositori del suo tempo pel colorito forte e robusto, per la ragione che spicca nelle sue composizioni, e per la verità della espressione; d’un Bertoni scrittor naturale, pieno di gusto, e di scelta felice negli accompagnamenti; d’un Caffaro, d’un Millico, e per tacere molti altri, d’un Cristoforo Gluck, il quale benché tedesco di nazione ha forse più d’ogni altro contribuito a ricondurre nel buon sentiero la musica teatrale italiana spogliandola delle palpabili inverosimiglianze che la sfiguravano, studiando con accuratezza somma il rapporto delle parole colla modulazione, e dando alle sue composizioni un carattere tragico e profondo dove l’espressione che anima i sentimenti va del paro colla filosofia che regola la disposizione dei tuoni139. [53] Parimenti tra i moltissimi maestri di musica strumentale, o morti da poco tempo o viventi ancora, l’Europa tutta si riunisce per rendere la dovuta giustizia ai due famosi eredi dello spirito di Tartini cioè Pagin e Nardini, il primo dei quali si creò un suo particolare stile mirabile per la bella e forte cavata dello stromento, mentre il secondo felicissimo nell’imitare il suo maestro divenne eccellente nella esecuzione non meno che nella patetica e dolce gravità de’ suoi adagi.
» ……………… Hos vultus meus Habebat Hector; talis incessu fuit, Habituque talis: sic tulit fortes manus etc. […] Cresce l’interesse e ’l lutto nell’atto IV, vedendosi condotta con inganno Polissena al sacrifizio e annunziandosi alle prigioniere i padroni che sono loro caduti in forte. […] A chi vive in lieta forte E’ sollecito il morir. […] Questo spettacolo campano salfo e grazioso, quanto decente e degno dell’italica severità di que’ tempi91, piacque di tal forte, che la gioventù romana volle riserbarsi il diritto privativo di rappresentarlo ad esclusione de’ comici di professione, i quali erano schiavi e perciò disprezzati.
Il merito del Shakespear in tale argomento consiste singolarmente nell’essersi approfittato delle notizie istoriche di tal fatto, e nell’aver renduta capace di rappresentarsi in teatro l’aringa fatta da Antonio al Popolo Romano riferitaci dagli scrittori20, spiegandovi un patetico risentito e forte che accompagna lo spettacolo alle parole; e per questo merito, ad onta delle false espressioni accennate, si manifesta un esperto poeta drammatico.
[3] Ma poiché alla oscura e solitaria filosofia poco forte in se stessa per resistere alla tirannia delle opinioni altro partito non resta fuorché quello di piangere su tali crudeltà, detestarle e passar di lungo, mi restringerò al mio solo uffizio ch’è di additare gli abusi da costoro introdotti nell’opera. […] Come nelle arie ancora che si chiamano di mezzo carattere; perché non esprimendosi in esse veruno slancio di passione forte né alcun rapido affollamento d’immagini, la melodia naturale deve allora supplire con graziosi modi e con gruppetti vivaci alla scarsezza di melodia imitativa. […] Il tempo esprime la velocità o la tardezza, il muovimento imita l’acutezza o la gravità, il piano e il forte rappresenta il diverso ricalcar che si fa sulle vocali. […] I labbri di detta apertura erano lavorati ora di legno duro, ora d’un osso, ora d’una pietra detta da Plinio calcophonos, e tutta la maschera al di dentro era foderata di lame sottili di bronzo o d’altra materia consistente affinchè la voce nel sortir della gola diventasse più forte e più intensa ripercuotendosi in quei corpi elastici, e tutta pelle angustie della fessura ripercotendosi.
E’ forte in collera. […] Purchè il possa tu far, non v’ha di questa Nè più gloriosa, nè più forte impresa. Ma pensa ben, che se cominci, e cessi A mezza strada, se da lei lontano Dimostri che la vita ti rincresca, E senza esser chiamato, e nel più forte Del cruccio, da te stesso ti presenti Alla sua soglia, e l’amor tuo palesi, E quanto in odio a lei, te stesso abborri, Tu sei perduto. […] Grande, forte, difficile ad esser raffrenata o a soggiogarsi è la passione di Fedria; ma infocata, vivida, impetuosa è quella del giovinetto Cherea.
Crebillon non eleva gli animi quanto Cornelio, non gl’ intenerisce quanto Racine; ma gli spaventa con certo terrore tragico assai più vero e con un forte colorito tutto suo. […] Quel tetro e forte che hanno saputo dare alle tragiche passioni il Crebillon e il Voltaire, dice il chiar. ab. […] Ci si permetta dirgli rispettosamente che il tetro e forte non è il carattere dell’autore dell’Alzira, della Merope e della Zaira.
Conti valendosi delle parole dello stesso Zeno) o maturità di consiglio ne’ dubbj affari, o magnanimità di perdono nelle offese sofferte, o moderazione ne’ tempi prosperi, o fortezza ne’ casi avversi, costanza di amicizia e di amor conjugale, man forte a sollievo degl’ innocenti, cuor generoso a ristoro de’ miserabili, atti di beneficenza, di giustizia, di temperanza ed altre virtù, tutti n’espose, n’ ingrandì, e illustrò gli esempj in teatro. […] Chi non ravvisa nel Metastasio il gran maestro allorchè (nel tempo stesso che si presta al duro impero dell’uso e del canto introducendo amori subalterni come pur fecero i migliori tragici francesi) c’interessa pel solo protagonista mostrandolo in preda d’un amore forte, imperante, disperato qual si richiede nella severa tragedia?
Io vorrei che i giovani potessero, per forza di miracolo, tornare a dietro di quarant’anni, e seguir sera per sera, anno per anno, l’opera varia, forte, grandiosa di Cesare Rossi !
Fu allora che il Conte Carlo Gozzi, già forte estimatore dell’ingegno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera del 25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Melarance, « caricata parodia buffonesca sull’opere dei signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo ch'ella comparve. » Fu preceduta da un prologo in versi « Satiretta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso del Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della condotta e de'caratteri, palesemente con artifizio avviliti, l’autore pretese porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere del signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria !
Il bergamasco procede quindi all’analisi dei trattati sulla tragedia e sul poema eroico composti tra Sei e Settecento in area francese e condanna la pratica dell’ibridazione che avevano avallato, oltre a Corneille, i vari Le Bossu e Terrasson, e che in Italia aveva sostenuto anche il Crescimbeni della Bellezza della volgar poesia; in questa sua concezione fortemente distintiva dei generi e degli stili letterari Calepio mostra un forte distacco dalla poetica seicentesca e si protende verso un esercizio critico già profondamente razionalista. […] [2.2.3] I combattimenti delle passioni che sono nel decorso delle favole e vengono sopra tutto approvati da Cornelio lasciano languido il fine che dovrebbe essere il più forte, perocché gli affetti mossi dalla pugna del dovere contro l’inclinazione della natura, o di questa contro le passioni, ove s’opera tra persone note, invece di crescere vanno scemando, perché non si possono per tanto tempo sostenere. […] [5.5.5] Indecente per inequalità trovo anche il costume dell’Oreste del Rucellai, il quale, come che forte in tutto si dia a conoscere, chiede poscia soccorso alle donne del coro per la commozione che gli reca la memoria della sorella già gran tempo estinta in apparato simile al suo. […] La prima non ha veruna scusa della sua crudeltà: perciocché il pregiudizio del popolo atto a concepire la sua ambizione per testimonianza d’un cuor forte non è punto valevole a moderare l’irritamento degli animi, come suppone questo scrittore. […] Proprio la volontà di rispondere al d’Aubignac sembra dare nuova linfa ai progetti apologetici di Corneille, il quale, nell’agosto del 1660, confessa per lettera all’abate Michel de Pure, erudito, traduttore e drammaturgo: «Je suis à la fin d’un travail fort pénible sur une matière fort délicate.
Quindi lo veggiamo forte e potente per affrontare, distruggere o soggiogar gli animali e sagace per conservare e proteggere le famiglie e per raccorle in villaggi elementi di città d’imperi e di nazioni grandi.
È forte in collera. […] Purchè il possa tu far, non v’ha di questa Nè più gloriosa, nè più forte impresa: Ma pensa ben, che se cominei e cessi A mezza strada, se da lei lontano E senza esser chiamato, e nel più forte Del cruccio, da te stesso ti presenti Alla sua soglia, e l’amor tuo palesi, E quanto in odio a lei, te stesso abberri, Tu sei perduto. […] Grande, forte, difficile ad esser raffrenata o a soggiogarsi è la passione di Fedria; ma infocata, vivida, impetuosa è quella del giovinetto Cherea.
E ’l famoso favolator M. de la Fontaine nella favola del topo e dell’elefante: Se croire un personnage, est fort commun en France; On y fait l’homme d’importance, Et l’on n’est souvent qu’un bourgeois C’est proprement le mal français. […] colui che poc’anzi avea con gallica burbanza, maligna indiscretezza, e orgogliosa ignoranza, tanto goffamente e barbaramente sparlato dell’Italia, ha osato poi fare sull’addotta francesata di Regnard questa riflessione: «On peut juger que ce langage, qui était fort commun alors, n’aurait pas contribué à nous faire aimer des autres Nations, si l’on n’eût pas remarqué d’ailleurs que le Français étoit porté plus qu’aucun autre peuple à rendre justice aux étrangers».
Destouches, né à Tours en 1680, mort en 1754 (scrive il citato signor Palissot), n’a eu ni la vigueur de style, ni la raison profonde, ni le sel de Molière, ni même la gaîté de Regnard; mais il était fort supérieur à Boissy son contemporain. […] Ce scélérat abominable dont le caractère si bien exposé, aurait dû faire frémir sur eux-mêmes tous ceux qui ont le malheur de lui ressembler, parut un caractère tout à fait manqué, et ses noirceurs passérent pour des gentillesses, parce que tel qui se croyait un fort honnête homme, s’y reconnaissait trait pour trait».
Del resto pur troppo vero si scorge in non pochi Spagnuoli ciò che di essi generalmente afferma il Baillet: Si l’on en croyoit ceux du pais, il ne s’en trouveroit point parmi ceux des autres nations qui les auroient surpassès, et fort peu même qui les auroient ègalès, mais il faut considerer cette opinion plutôt comme un veritable sentiment de tendresse pour leurs patrie, que comme un jugement fort sain ou fort sincere.
E con ciò la musica vocale era quale ha da essere secondo la vera instituzione sua: una espressione più forte, più viva, più calda dei concetti e degli affetti dell’animo.
Ciò che più converrebbe gustare, vale a dire la dilicatezza, il sentimento, l’immaginazione, la pittura forte de’ caratteri, il linguaggio fine delle passioni, tutto è per loro come se non esistesse.
Forte, odioso, detestabile è il carattere dell’empia Marwood, e rassomiglia a quello di Milvoud del Barnwelt Inglese; ma perchè lasciarla impunita nel fine?
Forte, odioso, detestabile è il carattere dell’empia Marwood, e rassomiglia a quello di Milvoud del Barnwelt Inglese; ma perchè lasciarla impunita nel fine?
Crebillon non eleva gli animi quanto Corneille, non gl’intenerisce quanto Racine; ma gli spaventa con certo terrore tragico assai più vero e con un forte colorito tutto suo. […] Quel tetro e forte che hanno saputo dare alle tragiche passioni il Crebillon e il Voltaire , disse il chiarissimo Giovanni Andres. […] Il tetro e il forte non è il carattere dell’autore dell’Alzira, della Merope e della Zaira.
Più forte è la scena con Agamennone.
A un dato punto Colombina doveva dirgli alcune parole sottovoce, ed egli : Parlate pur forte – le disse – nessuno ci sente.
Il Niccolini le dice : la natura vi ha privilegiata di mente arguta, d’animo forte e gentile : e non conosco chi abbia più dottrina e sentimento di quello ch’è bello.
All’opposto chiunque abbia un pò d’anima e di gusto non pedantesco riconoscerà immantinente la vera indole greca in quest’aureo inno di Metastasio: «Del forte Licida Nome maggior D’Alfeo sul margine Mai non suonò. […] E pazienza se quest’amore fosse sempre la passione primaria, sulla quale poggiasse tutto il nodo della favola, e da cui ne dipendesse lo scioglimento, se fosse una passione abbastanza forte, seria, e terribile per rendersi teatrale. […] Chi ha la serenità d’animo che basta per descriverci così alla minuta gli oggetti esterni, muove un forte sospetto d’ipocrisia nel suo dolore.
Questo moderno derisore degli antichi si mostra nauseato di quel l’Ippolito che Euripide ci dipinse, sembrandogli un Cavaliere fort peu galant ; e per maggior trastullo di chi ciò legge, dice (pag. 48) colla solita sua sicura lettura e martellata erudizione, che questa tragedia è di Sofocle. […] Ah se veder v’è caro Le native contrade, ite, abbattete, Cada il forte Ilione… Il dolce letto Lascio allor sbigottita in lieve avvolta Semplice gonna: di Diana al l’ara Mi prostro e piango, oh vani prieghi e pianti!
L’amore (è stato detto mille volte) perchè sia tragico vuol esser forte, impetuoso, disperato, dominante; e se è mediocre ed episodico, qual è quello d’ Ippolito, di Antioco, di Sifare e di Farace presso Racine, di Teseo, di Eraclio e di altri personaggi in Cornelio, della maggior parte de’ personaggi di Quinault, di Filottete in Voltaire, di Porzia e Marzia e Marco e Porzio e Sempronio e Giuba in Addisson, allora un amor simile è semplice galanterìa famigliare da bandirsi dalla vera tragedia.
Và pur honor de l’Amorosa scola Che ciascun t’ oda, è ’l tuo ualor ti sia Contr’ à colpi del tempo vsbergo forte.
Virtù piacciavi sempre, che alfin s’oltre la morte Siam qualche cosa, il premio ne avrà l’anima forte. […] Giunio Bruto recitata molte volte di seguito in Venezia con gran concorso nel teatro di San-Samuele, oltre a i pregi generali dello stile, del costume e del metro, si rende notabile per la forte aringa di Bruto animata da solida eloquenza e bellezza poetica propria della scena. […] O Enea che mi abbandoni, o mie speranze, O sacra del moi sposo ombra gradita, O mio onore, o decoro, o forte amore, Si, troppo forte che al dover contrasti, Qual vincerà di voi ? […] Egli presenta in un medesimo quadro Carlo magnanimo e sensibile, che nel gran passaggio dal soglio al patibolo trafitto dalla tenerezza de’ figli conserva il decoro reale, e muore da forte : Cromwel pieno della vastità de’ suoi disegni, e della naturale sua spietatezza vestita di empia politica : Farfè che rappresenta tutto l’entusiasmo inglese per la libertà, per cui si occulta a’ suoi sguardi l’atrocità enorme del mezzo di stabilirla : Federiga e Dacri che dimostrano in buon colorito la virtuosa debolezza compassionevole de’ pochi in pro del principe sacrificato. […] Particolare attenzione richiede la scena seconda dell’atto III, in cui il forte Icilio freme al nome di patria che gli par che disconvenga usare sotto il Decemviro Appio.
Questo fa pensare che non solo da quanto si evince dalle indicazioni didascaliche, ma anche nella concreta prassi scenica, l’effetto sul pubblico dovesse essere forte. […] Da qui la critica mossa all’Alfieri, che spesso ha portato in scena caratteri piuttosto monotoni, dominati da un’unica, forte passione, come nel caso dei suoi tiranni. […] Ad esso è riserbato principalmente la minaccia della vendetta: Mostrarti o minacciar forte col dito. […] L’espressione può esser dunque più o meno forte, vivace e significante ogni qual volta abbia relazione più o men necessaria, evidente e diretta con l’idea o sentimento da cui procede. […] Così accade alcuna volta su la tastiera del piano forte alla mano del sonatore, che non è abbastanza esercitata e sicura.
Sommario Di che qualita si dee elegere la comedia da recitarsi — Cauar le parti — Informar tutti del soggetto — Elettione de recitanti — Pronuncia de recitanti — Dispositione — Bona uoce nel recitare — Delle preferenze de recitanti — Documenti de recitanti — Dir forte — Dir adagio — Che il recitare non sia spezzato — Efficaci affetti de recitanti — Il recitante suegliato — Delle comedie mute — Mouimenti de’ recitanti — Modo del uestire — Vestir nobilmente — Variare gli habiti de recitanti — Colori de gli habiti — Habiti barbari piu uaghi in scena — Habiti delle tragedie — Habiti pastorali — Habiti de le Nimphe — Auertimento prima che si mandi fuori il prologo — Ordine o norma per mandar fuori i recitanti — Prima che si mandi giù la tela — Qualita de prologhi — Voltar sempre la faccia a lo spettatore — Non caminar parlando — Con chi ragiona il prologo — Delli intermedij ordinarij. […] Ma per farui solo intendere, parte di quello che faccio io intorno a Recitanti, dico, che è da auertirli prima generalmente, a dir forte, senza però alzar la uoce in modo de gridare, ma alzarla tanto temperatamente, quanto basti a farsi udire comodamente a tutti gli spettatori, accio che non cagionino di quei tumulti, che fanno souente coloro, li quali, per esser più lontani, non ponno udire, onde ha poi disturbo tutto lo spettacolo, et a questo puo seruir solo, lo hauer il recitante bona uoce per natura, come dissi che dopo la bona pronuncia principalmente le bisognarebbe.
Tale è il discorso del finto Atlante nell’atto III, Dunque con forte destra, tale la confusione di Ruggiero, In qual antro mi celo; ma non è tale una spezie di molle elegia recitata da Alcina coll’ intercalare, Se Ruggiero è partito, Alcina è morta 64.
Forte e conveniente al carattere del marchese Giulio, è il colpo di scena che mena una situazione interessante. […] Dovunque incontrò (disse il Conti valendosi delle parole dello stesso Zeno) o matuturità di consiglio ne’dubbii affari, o magnanimità di perdono nelle offese sofferte, o moderazione ne’tempi prosperi, o fortezza ne’casi avversi, costanza di amicizia e di amor conjugale, man forte a sollievo degl’innocenti, cuor generoso a ristoro de’miserabili, atti di beneficenza, di giustizia, di temperanza ed altre virtù, tutti n’espose, n’ingrandì e illustrò gli esempii in teatro. […] Si vuole esser dotato di gusto fine, di acuto aguardo per ravvisare nel Metastasio il gran maestro, allorchè (nel tempo stesso che prestasi al duro impero dell’uso e del canto introducendo amori subalterni) c’interessa pel solo protagonista agitato di un amor forte imperante disperato, qual si richiede nella severa tragedia. […] Veramente quel festeggia nelle ricerche è un poco strano, quel sogna vaneggia un poco forte ; ma si passi alla guerriera Elvira, tuttochè nulla di cio sia tragico e grave. […] Ma sia pure ciò una vera tirannia, udendolo da un traditore a lei noto, se ne dovea spaventare una donna forte ?
Più forte è la scena con Agamennone. […] Questo moderno derisore degli antichi si mostra nauseato di quell’Ippolito che Euripide ci dipinse, sembrandogli un Cavaliere fort peu galunt; e per maggior trastullo di chi ciò legge dice (pag. 48) colla solita sua sicura lettura e martellata erudizione, che questa tragedia è di Sofocle. […] Ah se veder vi è caro Le native contrade, ite, abbattete, Cada il forte Ilione . . .
LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino, poeta di stile austero, mordace, e assai forte ne’ motteggi, da cui si riconosce quel genere di Commedia caustica e insolente, chiamata satirica e antica.
Tal mi sembra il discorso del finto Atlante nell’atto III, Dunque con forte destra ; tale la confusione di Rugiero In qual antro mi celo ; ma non è tale una specie di molle elegia recitata da Alcina coll’intercalare, Se Rugiero è partito, Alcina è morta a.
L’amore (si è ben detto mille volte) perchè sia tragico vuol esser forte, impetuoso, disperato, dominante; e se è mediocre ed episodico, qual è quello d’Ippolito, di Antioco, di Siface e di Farace presso Racine, di Teseo e di Eraclio e di altri nel Corneille, della maggior parte de’ personaggi di Quinault, di Filottete in Voltaire, di Porzia e Marzia e Marco e Porzio e Sempronio e Giuba in Adisson; allora un amor simile è semplice galanteria famigliare da bandirsi dalla vera tragedia.
In Viviers, secondo un vecchio rituale manoscritto, divisi i clerici e diaconi in due cori davano voci a più non potere per superarsi a vicenda, cantando e clamando e fort cridar fino a che una delle parti rimanesse vincitrice.
Ne’ versi fatti per musica cercasi non tsnto la forza determini quanto la relazione che hanno essi col canto: per lo che voglionsi parole composte di vocali chiare ed aperte, vuolsi un tal collocamento d’accenti, che affretti o rallenti in proporzione il movimento senza che abbia a inceppare in articolazioni troppo difficili, o in suoni confusi, dal che ne risulti sintassi più facile, e, a così dir, più scorrevole, che metta ne’ suoni una opportuna distanza tra il piano, e il forte, e tra le variazioni, e le pause della voce.
Come di mura essa è munita e forte! […] Se cittadini avrà ben costumati, A meraviglia fia munita e forte.
La novità dell’invenzione, che gli animi de’ fiorentini di forte maraviglia comprese; la fama dei compositori, dell’adunanza tenuta a ragione il fiore della toscana letteratura; l’occasione in cui fu rappresentata, cioè nello sposalizio di Maria Medici col re di Francia Arrigo Quarto; la scelta udienza, di cui fu decorata non meno di tanti principi e signori nazionali e francesi oltre la presenza del Gran Duca e del Legato del papa, che de’ più virtuosi uomini d’Italia chiamati a bella posta dal Sovrano in Firenze, tra quali assistettero Giambattista Jaccomelli, Luca Dati, Pietro Strozzi, Francesco Cini, Orazio Vecchi, e il Marchese Fontanella tutti o pratici eccellenti, o peritissimi nell’arte; l’esattezza nella esecuzione, essendo da bravissimi e coltissimi personaggi rappresentata sotto la dipendenza del poeta, ch’era l’anima e il regolatore dello spettacolo; finalmente il merito poetico del dramma il quale benché non vada esente d’ogni difetto è tuttavia e per naturalezza musicale, e per istile patetico il migliore scritto in Italia fino a’ tempi del Metastasio.
In Viviers, secondo un vecchio rituale manoscritto, divisi i clerici e diaconi in due cori gridavano a più non potere per superarsi a vicenda cantando e clamando e fort cridar sino a che una delle parti rimanesse vincitrice.
Il merito del Shakespear in tale argomento consiste singolarmente nell’essersi approfittato delle notizie istoriche sull’ammazzamento di Cesare, e nell’aver renduta capace dì rappresentarsi in teatro l’aringa fatta da Antonio al Popolo Romano riferitaci dagli scrittoria; spiegandovi un patetico risentito e forte che accompagna lo spettacolo alle parole; e per questo merito, ad onta delle false espressioni accennate, si manifesta un esperto poeta drammatico.
Forte di queste convinzioni, Planelli propone una sorta di nuovo galateo teatral-musicale. […] Ma mentre già commosso da quel nobile recitativo io mi preparava a un’impressione anche più forte, mi sento improvvisamente gelare il cuore da un’ aria, colla quale terminando Arbace quella sì passionata scena, si diverte in assomigliar sé medesimo all’«Onda dal mar divisa» che «Bagna la valle, e ‘l monte. | Va passaggiera in fiume, | Va prigioniera in fonte» ecc. […] Qui però non di costoro, ma degli attori dell’opera in musica va a noi talento di ragionare; e forte ne chiameremmo per contenti, se loro giugnessimo a persuadere l’importanza della pronunziazione. […] Quod praedatorem Siculum si forte lacessis Increpitans; vel si Catilinam extrudere Roma Est labor; aut contra Pisonem censor acerbus Bellua nonne vides? […] Nondimeno questa distribuzione va eseguita in maniera che il pantomimo sia tanto men forte e men carico, quanto è meno la parte che ha il ballante nella favola.
Come di mura essa è munita e forte! […] Se cittadini avrà ben constumati, A meraviglia fia munita e forte.
Il liquore della saviezza è troppo forte, noi siamo dei vasi troppo gracili per contenerlo, e però fa di mestieri dar un pò d’aria a cotesto vino a fine di scemarne il vigore, perché non si renda nuocevole, come fanno i cantinieri nelle cantine.»
V’ha di quegli che l’accusano di soverchia parsimonia negli accompagnamenti, e certamente se si paragonano in codesto articolo i suoi componimenti a quelli degli altri, la differenza è troppo visibile, ma il difetto si dilegua ben tosto qualora si voglia riflettere, che lo stile tartiniano colorito di tinta finissima perderebbe forse ogni sua grazia, se gli si aggiugnessero in troppa copia, oppur caricati di soverchio gli accordi, come se alla linda venustà de’ puttini dell’Albano volesse un pittore accoppiare l’atteggiamento animoso di Giulio o la schietta nitidezza dell’Aminta del Tasso s’esprimesse collo stile lumeggiato e forte d’un Alessandro Guidi o d’un Frugoni.
Hos vultus meus Habebat Hector, talis incessu fuit, Habituque talis; sic tulit fortes manus &c.
A mascherare maggiormente l’errore contribuisce la musica strumentale, la quale accoppiatasi colla vocale rende più forte, e più durevole la sorpresa, e trattenendo l’uditore della sua dolcezza, fa sì ch’ei non si avvegga della sua illusione, come il cinto misterioso d’Armida impediva Rinaldo dal conoscere ch’era incantato.
La visione del consorte apporta con molta naturalezza la comparazione del padre col figlio somministrata da Virgilio, sic oculos, sic ille manus, sic ora ferebat : …………………………… Hos vultus meus Habebat Hector, talis incessu fuit, Habituque talis; sic tulit fortes manus ecc.
Ah se veder v’é caro Le native contrade, ite, abbattete, Cada il forte Ilion… il dolce letto Lascio allor sbigottita in lieve avvolta Semplice gonna: di Diana all’Ara Mi prostro e piango, oh vani prieghi e pianti!
In questa prima redazione la tentazione di scrivere un ‘commento dialogato’ alla Poetica, in risposta alle letture del corrente classicismo, dovette essere forte, per quanto smontata dall’intelligenza martelliana in una serie di affondi mirati sulla ‘favola’ e le pseudo unità aristoteliche, cui segue una sezione più moderna e movimentata che sfrutta le disparità nazionali (Italia e Francia) e storiche (gli antichi e i moderni) per relativizzare il modello classico e avvalorare le scelte drammaturgiche degli Italiani (il soliloquio degli Italiani vs il confidente dei Francesi; la tragedia amorosa dei Francesi; la correzione del concetto aristotelico di ‘catarsi’; il necessario aggiornamento di modelli classici inattuali in una realtà politica profondamente diversa da quella dell’Atene del V secolo). […] Ils disent fort mal. […] [4.147ED] Io ho ultimamente letto le dotte Considerazioni intorno alla poesia degli Ebrei fatte dal vostro Biagio Garofalo ed un sua erudita e forte difesa contra l’Antilogia di un tal Fabio Carselini, ne’ quali due libri vedrai chiaramente la verità di quanto ti espongo. [4.148ED] Di questa natura per lo più sono tutti i linguaggi orientali, tutti capaci di rima ed incapaci di quantità, secondo l’opinione dello Scaligero, che pronuncia: «Hebraismus, Syriasmus, et Arabismus nullo modo ad metrorum Graecorum, et Latinorum regulam revocari possunt, etiam si coelum mari misceatur, quia id natura sermonis non patitur.» […] [5.176] Gli altri sono indifferenti e in ogni sorta di passione men forte del furore sono usuali. [5.177ED] Negli sdruccioli non t’impegnare alle rime senza assicurarti di averle felici e basterà rimar le cadenze. [5.178ED] Ma nell’altre, lascia pur gracchiare a’ liberi poetastri: vorrei una corrispondenza ben regolata di rime, perché questa non può che piacere al compositore, a’ musici, al popolo, mentre dove si tratta di rilevare la musica, tutto quello che è consonanza e armonia, vi contribuisce notevolmente.
Il primo di temperare la troppo forte impressione di mestizia che lasciata avesser nell’animo dello spettatore i tuoni imitativi della musica.
[22] «Una cagion forte della decadenza della nostra opera dipende secondo il Sig.
Ed appunto nella prima parte Virues mostra il caso d’Isabella condotta da tre seguaci del suo amante e restata in potere di uno di essi preso per lei d’amore, il quale allontanato con un pretesto il più forte de i due, ferisce l’altro.