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139. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

Diceva a tal proposito assai piacevolmente il Salvini che quella recitazione che per essere intesa ha bisogno di esser letta, è simile a quelle pitture sotto le quali faceva di mestieri scrivere, questo è un cane, questo è un cavallo; e quadrerebbe a noi assai meglio che non fece ai Francesi una caricatura che fu fatta in Parigi di un’opera senza parole, come se le parole nell’opera fossero veramente un soprappiù47.

140. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Il padre Rivet 2 fa risalire il Querolus almeno al cominciamento del V secolo fondandosi sulla dedicatoria fatta a Rutilio.

141. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

Ammetto intanto la correzione già da me stesso fatta anticipatamente nel mio Libro dell’enorme equivoco di aver chiamati Colloqui Pastorali tutte le Favole del Lope, quando tra essi vi sono anche delle Commedie.

142. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 23-39

Non solo ha fatto parte del dramma cinese, ma essendo negli ultimi tempi caduta in disistimab (siasi ciò avvenuto per l’introduzione della musica europea fatta in que’ paesi dal l’imperadore Kamhi per mezzo del portoghese Pereira e del p.

143. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Ciò che ce ne rimane consiste in una introduzione fatta da Mosè, e in un dialogo pieno di dignità fra questo legislatore e capo degli Ebrei e la Divinità nel roveto ardente, e finalmente in un racconto fatto da un Messo della fuga di quel popolo e dell’evento del Mar Rosso.

144. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291

Vaga nell’atto I è la descrizione fatta dall’innamorato Filebo delle bellezze di Gelopea, e de i di lei graziosi trastulli col merlo imitati da quelli vaghissimi col passero di Catullo.

145. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO II. Tragedia Cittadina, e Commedia Lagrimante. » pp. 112-127

Non è questo un dramma da gareggiar punto colla grande e vera tragedia reale da Platone tenuta per più malagevole della stessa epopea, e fatta per ammaestrare ugualmente i principi e i privati.

146. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO II. Pastorali Italiane. » pp. 131-143

Vaga nell’atto I è la descrizione fatta dall’innamorato Filebo delle bellezze di Gelopea, e dei di lei graziosi trastulli col merlo imitati da quelli vaghissimi col passero di Catullo.

147. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 349-355

Il Principe Antonio di Parma inviò al Duca Reggente il Regolamento della Compagnia già approvato, senza che nè in esso, nè in quello del Duca d’Orléans fosse più fatta menzione della Compagnia Costantini, alla quale il Riccoboni, essendo la sua scrittura una semplice aggiunta a quella della moglie, aveva accennato : e forse la ragione di quell’accenno, sta in ciò, che trovandosi il Costantini a Parigi, ove s’era fatto impresario nel 1712 di spettacoli alle fiere di San Germano e di San Lorenzo, il Riccoboni ne temeva l’ingerenza nella nuova compagnia.

148. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Il signor Riccoboni nella seconda parte dell’Istoria del Teatro Italiano diede il piano e la critica di quella tragedia del Trissino, della quale i francesi hanno due antiche traduzioni, l’una in prosa, e i cori in verso, fatta da Mellin de Saint Gelais, e stampata in Parigi nel 1560; l’altra in versi fatta da Claudio Mermet, e impressa in Lione nel 1585. […] Della Sofonisba del Trissino havvi anche una moderna traduzione francese fatta, cinque o sei anni sono, da M. 

149. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

In prima è questa una risposta particolare ad una censura generale fatta agli amori subalterni, non di Marzia e Giuba soltanto, ma di sei personaggi. […] É curiosa la dipintura di coloro che aspirano ad entrare nel Parlamento fatta da Constant nella propria persona. […] La musica italiana (diceva lodandolo Swift) è pochissimo fatta pel nostro clima settentrionale e pel genio della nazione.

150. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »

Non è questo il luogo per una così fatta decorazione.

151. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — TOMO VI. LIBRO IX » pp. 145-160

Se ne trova però fatta menzione in una delle commedie di Francesco Roxas scrittore comico del passato secolo da noi già mentovato in quest’opera.

152. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 266-272

 » La Commedia, a parte il gusto del tempo, è ben fatta, e tale, forse, da poter essere riprodotta anche oggi con lievi modificazioni ; e si capisce come restasse viva sulla scena oltre un secolo.

153. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 765-771

Quel bagagliume non la riguarda ; lei sente che il momento umano, della situazione e del carattere, non deve essere alterato da impeti vanitosi che non hanno nè la ragione nè il sentimento dell’arte ; lei sente che i prontuari, le tradizioni, le pratiche di quel mondo artificiale non hanno il potente alito di vita della creatura fatta ad imagine e similitudine ; lei sente che l’applauso del pubblico, dal mormorio di approvazione al grido entusiastico, deve prorompere spontaneo, non deve essere strappato con le tenaglie arroventate del mestiere ; e per quanto non abbia dato finora delle interpretazioni complete, nel tono generale della recitazione della Tina Di Lorenzo si vede questo che è la pura bellezza dell’arte della scena ; vivere una creatura, non fare una parte con tutti gli annessi e connessi del macchinario, e si scorge nella dizione, dalla piana a quella che si eleva nel vario erompere di una passione, nel vario avvicendarsi di una situazione ; e si scorge nel modo di concludere la frase, senza finali di maniera ; e si scorge nello sprezzo, costante, tenace, di quelle note stridenti, le quali anche a volte, rarissime, innocenti, riuscirebbero all’effetto dell’applauso plateale …… Dal terzo articolo : « quello che non c’è.

154. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

In tutti que’ luoghi ce ne serviamo soltanto come di cose indifferenti e semplici passatempi, e siamo ben lontani dal riguardare come oggetti di somma importanza o come un affare di stato la musica fatta, per esempio, dal Gluk sull’Alceste del Calsabigi, o le sinfonie per accademia o per camera composte dall’Hayden. […] Ora un “si dice” in un luogo, ed un dubbio così decisivo in un’altro fanno chiaramente vedere ch’io sono ben lontano dal voler pigliare partito in così fatta questione. […] Nel luogo citato dal giornalista ho provato a lungo siffatta proposizione, ho fatta l’applicazione alla musica, ho esaminata la forza de’ suoni considerata nel loro carattere fisico e morale, l’ho confermato scorrendo la storia della musica, e coll’esempio della cinese, dell’araba, e delle nostre antiche cantilene di chiesa, ho speso in tali ricerche sedici pagine, cioè dalla 184 fino alla 201 del secondo tomo, delle quali l’estrattista non fa neppure un sol cenno. […] L’anima nostra è fatta per pensare, cioè per percepire e combinare l’idee. […] L’armi con cui finora ha guerreggiato l’illustre avversario, consistono in letterine scritte in una latinità fatta per le dame, in dialoghetti che patiscono d’infreddattura, e in serraoncini poetici che sentono dell’oraziano come le attrici in guardinfante, e in gran conciatura rassomigliano sulle scene a Semiramide e a Zenobia.

155. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

impara che questa era una dipintura capricciosa fatta sulle navi. […] Se è cosa abominevole e scellerata fra gli uomini il battere il padre, appresso gli uccelli è cosa utile e ben fatta. […] Diceopoli felicemente dalla molestia che gli dava il Coro per la pace fatta, ne va godendo i frutti. […] Alcibiade, richiamato dalla Sicilia per assistere alla decisione della accusa a lui fatta d’empietà, in vece di tornare in Atene si raca a Sparta e persuade ai Lacedemoni di edificar Decelia per fronteggiare Atene, e tenerla soggetta e priva di commercio. […] Eravi in Atene una razza di umane arpie che sulle accuse e le denunzie si era fatta una rendita certa.

156. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

In prima è da avvertirsi esser questa una risposta particolare ad una censura generale fatta per gli amori subalterni, non di Marzia e Giuba soltanto, ma di sei personaggi. […] Curiosa è la dipintura di coloro che aspirano ad entrare nel parlamento fatta da Constant nella propria persona. […] La musica italiana (dice lodandolo Swift) è pochissimo fatta pel nostro clima settentrionale e pel genio della nazione.

157. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Giuseppe Rocco Volpi, e del teatro di Brescia mentovato nelle Memorie Bresciane del Rossi, de’ quali tutti ha fatta menzione il chiar. […] Ciò che ce ne rimane consiste in una introduzione fatta da Mosè, e in un dialogo pieno di dignità fra questo legislatore e capo degli Ebrei e la Divinità nel roveto ardente, e finalmente in un racconto fatto da un messo della fuga di quel popolo e dell’ evento del mar rosso.

158. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

Parla indi Annibale della promessa fatta ad entrambe di condurle seco, aggiugnendo: Ma l’attener sarà che dall’opposta Parte, per altre scale e per altr’uscio, Io mi condurrò fuor di queste mura. […] Vedasi la di lui dedicatoria della tragedia fatta a monsignore Spinola governador di Roma.

159. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

I Brevi discor si intorno alle comedie, comedianti et spettatori, dove si comprende quali rappresentationi si possino ascoltare et permettere (Venetia, Pinelli, m dc xxi), sono una difesa delle Comedie oneste contro i lor detrattori fatta con molta chiarezza e molta vivacità, in cui troviamo qualche notizia interessante pel teatro e pei costumi. […] L’operetta consta di una introduzione, della breve raccolta in latino de’Sette preclarissimi Dottori, fatta da S.

160. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 227-235

I, pag. 180) con la coccia intera di cuojo raffigurante un cranio spelacchiato, e lasciante gli occhi scoperti, come quella del Dottore, e una più nuova ancora un anonimo miniaturista in un piccolo interessantissimo album fiorentino di ricordi, del secolo xvi, rappresentante, a quanto pare, una serenata di maschere, e che traggo dal Museo civico di Basilea (V. pag. 233) ; ma qui trattasi forse di una semplice chiassata carnevalesca, come nel frontespizio al Triompho e Comedia fatta nelle nozze di Lipotoppo, con Madonna Lasagna, che trovo nell’Università di Bologna (V. pag. 231), nella quale il costume non è osservato a tutto rigore.

161. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Spicca parimente il di lui gusto nella scelta fatta nel voler tradurre l’ Elettra. […] Colla stessa signoril maniera è cangiato in latino il Prometeo al Caucaso di Eschilo, benchè con più libera imitazione, specialmente nel descriver che fa la situazione di Tifeo atterrato dal fulmine di Giove e sepolto sotto l’Etna, nella narrazione fatta da Prometeo de’ beneficj da lui procurati agli uomini, e nelle veramente tragiche querele d’Io. […] Fontanini nell’Eloquenza Italiana l’edizione della Merope e del Tancredi fatta in Parma nel 1598, e poi quella di tutte le cinque tragedie del 1605, cioè tre anni prima della morte dell’autore. Ma la Merope s’impresse prima del 1591, per quel che ne scrisse il prelodato Manfredi a’ 18 di gennajo di quest’anno: Ora (egli disse) che il Signor Conte Pomponio Torelli vi ha fatta la strada collo stampare la Merope; la qual cosa confermò nelle seguenti 19 e 20. […] Per l’altra parte ha per avventura oggi il Signor Andres fatta di alcuni di essi qualche esperienza per affermare senza sospetto di leggerezza che ne sarebbe intollerabile la rappresentazione?

162. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Coll’ argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio instruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali nella presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varj casi, senza che l’uno sappia dell’ altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perchè io mi sarò fatta nemica la vostra donna, e il vostro figliuolo, e tutti gli altri di casa. […] La prima fu una comica imitazione in versi fatta dal celebre Vicentino Trissino de’ Menecmi di Plauto, ove però, come afferma egli stesso, volle servare il modo di Aristofane, e v’introdusse il coro. […] Giovammaria Cecchi, cui si confessano i Fiorentini assai tenuti per aver fatta la loro patria uguale a Roma e ad Atene, oltre ad alcune pastorali, pubblicò nel 1550 e nel 1561 varie commedie in prosa ed in versi, intitolate i Dissimili, l’Assiuolo, la Moglie, gl’ Incantesimi, la Dote, la Stiava, il Donzello, il Corredo, lo Spirito, e il Servigiale; e per quel che ne dice il Quadrio molte altre ne rimasero inedite. […] Vedi la giunta fatta alla p. 111 del t. 

163. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Ciò che diffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio di questo secolo, è appunto la saggia imitazione fatta dal Martelli dell’Ifigenia in Tauri e dell’Alceste di Euripide. […] Pregevole è parimente la traduzione della Fedra fatta dall’ab. […] In tal favola, che ha un coro mobile nel I, II e IV atto, e non nel terzo, è notabile la franca dipintura d’ un impostore vendicativo e fraudolento fatta in Dunstano. […] Timofane dopo avere scoperte tutte le occulte trame de’ cittadini oppressi, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno del virtuoso fratello, non per amor di regno o di gloria, ma di libertà. […] Com’ è mai fatta la retina di cotal cianciatore che tutto gli dipinge a rovescio?

164. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

Giova vedere la Comparazione di Menandro e di Aristofane fatta da Plutarco, ed anche il X libro capo I delle Istituzioni Oratorie di Quintiliano.

165. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Eccoci all’atto III, in cui Olvia torna con Aluro a soddisfare alla promessa fatta nell’atto I e rimasta sospesa senza perchè sino a questo punto. […] Se tali garbugli notturni, tali languidi amori ed equivoci mal fondati, e così fatta mascherata senza oggetto, convengano col genere tragico, e colla distruzione di Numanzia, ne giudichi il leggitore. […] Or ciò essendo l’editore (cioè l’autore sotto il di lui nome) invano si millantò di aver fatta una tragedia più artificiosa di ogni altra, perchè per questa parte (e non è poco) in essa nè si migliora nè si peggiora il metodo degli antichi e de’ moderni. […] Se per unirsi in maggior numero e deliberare, dunque nell’intervallo degli atti si è fatta qualche altra cosa che non si vede in iscena a dispetto della jattanzia dell’autore che si arrogava un merito esclusivo.

166. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Così terminò il secolo XVI glorioso in tante guise per l’Italia: cioè per aver fatta risorgere felicemente in aureo stile la greca tragedia, il teatro materiale degli antichi e la commedia de’ Latini; per l’invenzione di tanti nuovi tragici argomenti nazionali e tante nuove favole comiche ignote a’ Latini; per aver somministrati a’ Francesi tanti buoni componimenti scenici prima che conoscessero Lope de Vega e Guillèn de Castro; pel dramma pastorale ad un tempo stesso inventato e ridotto ad una superiorità inimitabile; finalmente per l’origine data al moderno melodramma comico ed eroico.

167. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 705-716

Sarebbe lo stesso come dire lo Zacconi scolaro di tutti gli ammalati e i moribondi che osservò negli ospedali per raccogliere sinteticamente in una semplice linea tutta l’analisi fatta su quelle contrazioni facciali lente e spasmodiche, che generaron poi una polemica su pei giornali a proposito dello spegnersi di Corrado nella Morte civile di Giacometti : polemica di cui forse una parte del pubblico avrebbe fatto a meno volentieri, tanto più ch'essa era aperta fra il glorioso decano de'nostri artisti, Tommaso Salvini, che fu per quarant’anni il rappresentante del classicismo a teatro, e lui, rappresentante da un decennio del verismo : l’arte vecchia, non mai interamente scomparsa, e che va rifacendo capolino oggi nel rinnovamento del dramma storico, e l’arte nuova, che va già cennando a modificarsi.

168. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Due cose secondo me l’hanno fatta conservare in teatro ad onta di tante stravaganze, cioè il carattere vendicativo di questa dama che parla nel proprio dialetto galiziano, e spira certa non usitata bizzarria e fierezza raccomandata dalla beltà; e la bellezza selvaggia di Linda vestita di pelli e cresciuta senza saper parlare, che si va disviluppando a poco a poco per mezzo di una tenera simpatia che le ispira la veduta di un giovane principe. […] Ma egli a dispetto del pugnale che l’ha trafitto, vuole tutto ciò riferire in settantacinque versi ripieni di concettuzzi e di circostanze inutili, entrandovi il bucentoro di Cleopatra lavorato di avorio e di coralli , il mare divenuto Nembrot de’ venti che pone monti sopra monti e città sopra città , la tavola su di cui si salva Tolomeo fatta delfino impietosito , il ferro che l’ha trafitto divenuto cometa errante, che corre la sfera dell’aria contro l’umano vascello del di lui corpo . […] Moliere la tradusse intitolandola la Princesse d’Elide; ma questa copia, fatta per altro frettolosamente, sembra assai fredda a fronte dell’originale. […] Più grave ancora è l’accusa fatta a’ loro compatriotti per l’oscenità de’ loro drammi negata invano col solito capriccio dal nominato apologista Catalano, e ripresa con forti espressioni dal Canariese Giovanni Ceverio de Vera, morto in concetto di santità nel 1600, con un dialogo contro le commedie spagnuole; indi dal p. f. […] Forse dopo l’Elisa Dido del Virues non possiamo contare altre tragedie del XVII secolo, che la traduzione delle Troadi di Seneca fatta da Giuseppe Antonio Gonzalez de Salas che s’impresse nel 1633, ma in essa quasi sempre egli superò l’originale in gonfiezza, come pure l’Hercules Furente y Oeteo di Francesco Lopez de Zarate pubblicata con altre opere nel 1651, nella quale si nota qualche squarcio sublime.

169. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Due cose secondo me l’hanno fatta conservare sul teatro ad onta di tante stravaganze, cioè il carattere vendicativo di questa dama che parla nel proprio dialetto Galiziano, e spira certa non usitata bizzarria e fierezza raccomandata dalla beltà; e la bellezza selvaggia di Linda vestita di pelli e cresciuta senza saper parlare e che si va sviluppando a poco a poco per mezzo di una tenera simpatia che le inspira la veduta di un giovane principe. […] Ma egli a dispetto di un pugnale che l’ha trafitto vuol ciò riferire in settantacinque versi ripieni di concettuzzi e di circostanze inutili, entrandovi il bucentoro di Cleopatra lavorato di avorio e coralli, il mare divenuto Nembrot de’ venti che pone monti sopra monti e città sopra città, la tavola su di cui si salva Tolomeo fatta delfino impietosito, il ferro che l’ha trafitto divenuto cometa errante, che corre la sfera dell’ aria contro l’umano vascello del di lui corpo. […] Moliere la tradusse intitolandola la Princesse d’Elide, ma questa copia fatta per altro frettolosamente sembra assai fredda a fronte dell’originale. […] Più grave ancora è l’accusa fatta a’ loro compatriotti per l’oscenità de’ loro drammi negata in vano colla solita stranezza dal nominato apologista, e ripresa con forti espressioni dal Canariese Giovanni Ceverio de Vera morto in concetto di santità nel 1600 con un Dialogo contro le commedie Spagnuole, indi dal P. […] Forse dopo l’Elisa Dido del Virues non possiamo contare altre tragedie del XVII secolo che la traduzione delle Troadi di Seneca fatta da Giuseppe Antonio Gonzalez de Salas che s’impresse nel 1633, in cui quasi sempre superò in gonfiezza l’originale; e l’Hercules Furente y Oeteo di Francesco Lopez de Zarate pubblicata con altre opere nel 1651, nella quale si nota qualche squarcio sublime.

170. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

[8] Chiunque vorrà prendersi il pensiero d’esaminare la poesia provenzale troverà ch’essa non era affatto priva d’una certa mollezza, né di certi piccoli vezzi propri di quella lingua, ma troverà nel tempo stesso che il suo gran difetto era quello d’essere troppo uniforme, e di sembrar fatta dai poeti sopra un unico getto. […] Però se un qualche Pindaro si fosse presentato nella piazza di Firenze col disegno di voler conciliare fra loro con un’oda i guelfi e i ghibellini, o se un Orfeo fosse venuto colla lira in mano in mezzo agli abitatori della moderna Roma per richiamare al loro spirito le spente idee di libertà e di gloria, il primo avrebbe fatta la figura di cantambanco o di giullare da piazza, e il secondo avrebbe corso rischio d’esser di nuovo messo a morte, ma non dalle baccanti. […] In una serie cronologica de’ drammi rappresentati sui pubblici teatri di Bologna dall’anno 1600 fino al 1737 fatta per opera de’ Soci filopatri si pretende sulla fede d’un manoscritto del celebre Ulisse Aldrobrandi, che fin dall’anno 1564 si cantasse nel palazzo della nobilissima Casa Bentivoglio un dramma intitolato l’Incostanza della fortuna. […] Nei monumenti Celtici del Mallet, nella raccolta di poesie scandinave fatta da Monsù Giacobi Segretario dell’Accademia delle Scienze di Copenhagen, nella Collezione di Biorner intitolata Nordisea Kempeater, in quella di Anders Wedel pubblicata nel 1591, e ristampata nel 1695 colle aggiunte di Peder Sys, nel tomo secondo del Saggio sopra la musica antica e moderna dato in luce a Parigi nel 1780.

171. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Tarquinio, il quale invece di rispondere all’ambasciatore de’ Gabini, lo mena nel proprio giardino, e alla sua presenza recide senza profferir parola la sommità de’ papaveri, che grandeggiavano sopra gli altri; Dario re dei Persi, che essendosi inoltrato nella Scizia con intenzione di muover la guerra a que’ popoli, si vede comparir avanti da parte loro un araldo che gli appresenta una rana, un topo, un uccello e cinque freccie, e poi si diparte senza pronunziar un sol motto; il famoso Levita di Efraimo, il quale volendo vendicar la morte della sua sposa barbaramente trucidata da certi Israeliti della tribù di Beniamino, taglia l’amato cadavero in dodici parti, ed una ne manda in regalo a ciascuna delle dodici tribù per eccitarle con sì feroce eloquenza alla comune vendetta; l’Indiana descritta da un poeta orientale, che interrogata dall’amante chi sia il fortunato oggetto de’ suoi frequenti sospiri, e obbligandola il pudore a tacere mentre l’ardenza de’ suoi desideri la sprona a manifestarlo, prende senza dir parola un lucidissimo specchio, e l’affaccia innanzi a chi le avea fatta la dimanda; l’altrettanto bella quanto incontinente Frine, che vedendo i giudici dell’Areopago non essere in suo favore dall’aringa d’Iperide abbastanza commossi, s’inginocchia avanti loro, si straccia i veli che le ricoprivano il seno, offre ai loro sguardi una candidezza abbagliante, e per la muta facondia di due persuasive oratrici si vede assoluta dal delitto d’irreligione nel più rigido tribunale della Grecia; i Salams ovvero sia specie di muta comunicazione inventata nei serragli dell’oriente, la quale consiste nel mandarsi a vicenda in regalo un nastro, un pannizuolo, o qualche altra cosa triviale, ma che avendo nella sua piegatura e configurazione diversi pattuiti significati, serve a trasportare da un luogo all’altro tutti gli arcani della galanteria, senza temer la gelosa vigilanza dei mariti; mille altri esempi di questa natura, de’ quali abbonda non meno la sacra161 che la profana storia, pruovano che certa classe di sentimenti e di passioni ponno dipignersi alla fantasia con più vivaci colori per mezzo della vista che per mezzo dell’udito. […] Lodati furono e da tutti concordemente ammirati la morte d’Ercole, l’uccisione de’ propri figli fatta da Medea, ed altri balli da lui ritrovati e felicemente eseguiti sul teatro di Stougard sotto la protezione del Duca di Vitembergh Mecenate dichiarato delle arti drammatiche e musicali. […] [31] Dopo avere in succinto narrate le rivoluzioni del ballo pantomimico siami lecito in mezzo al plauso generale e le grida d’approvazione che dappertutto si sentono per così fatta scoperta, fare due richieste al rispettabile pubblico italiano. […] [37] Adoperando l’inventore dei balli uno strumento così difettoso come lo è una tragedia od una commedia fatta coi soli gesti non è da maravigliarsi che non possa mantener le promesse fatte allo spettatore.

172. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Nell’edizione delle di lui opere fatta in Venezia da Stefano Monti nel 1735 questo abbozzo vien chiamato tragedia non finita , e contiene un atto primo senza coro di quattro scene, e due altre di un secondo atto, le quali tutte si distribuirono poi nel primo e secondo atto della tragedia compiuta. […] Per l’altra parte ha per avventura oggi il gesuita Andres fatta di alcuni di essi qualche esperienza, onde senza taccia di leggerezza potesse affermare che ne sarebbe intollerabile la rappresentazione ? […] Cita monsignor Giusto Fontanini nell’Eloquenza Italiana l’edizione della Merope e del Tancredi fatta in Parma nel 1597, e poi quella di tutte le cinque tragedie del 1605, cioè tre anni prima della morte dell’autore. […] Ora (egli dice) che il signor conte Pomponio Torelli vi ha fatta la strada collo stampare la Merope; la qual cosa confermò nelle lettere seguenti 19. e 20.

173. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Vedesi in questa favola un altro ruffiano aggirato e truffato, e tanto più graziosamente, quanto che n’è prima avvertito da un vecchio, il quale per una scommessa fatta con Pseudolo suo servo, e interessato a rendere il ruffiano attento perchè non rimanga col danno e colla beffa perdendo certa sua schiava. […] Il più volte lodato Cavaliere della Porta prese ad imitare questa favola Plautina nella poc’anzi mentovata Trappolaria, ma ne nobilitò l’argomento, e ne rendè più interessanti i caratteri, oltre all’avere alla trappola accresciuto movimento e vivacità con una promessa fatta dal servo per soprappiù di avvisare il ruffiano nel tempo stesso che l’ ingannava; la qual cosa eseguisce con graziosissimi colori comici, de’ quali gode estremamente lo spettatore inteso dell’ingegnosa astuzia. […] Corre allo scioglimento, e talvolta accenna soltanto quel che conduce alla catastrofe; e pure in così fatta semplicità di argomento e di condotta versa in tal copia i vezzi e le facezie che l’erudito Dousa ne rimaneva attonito. […] Contiene una beffe fatta a quel vanaglorioso da un fervo per torgli di mano una fanciulla amata da un giovane Ateniese.

174. (1772) Dell’opera in musica 1772

Per soddisfare adeguatamente a così fatta dimanda, si vuol riflettere che la parte predominante di questo spettacolo è quella della poesia. […] Questa opera, che senza così fatta attenzione sarebbe riuscita patetica, considerata con tal ricordo non sarà più capace di muoverci. […] Non si è fatta particolar parola de’ versi tronchi, perché sieguono le medesime regole de’ piani a cui appartengono. […] La critica, quando sia rispettosa e imparziale, va fatta su’ gran modelli. […] E se fosse stato anche più parco nelle repliche delle parole e nell’uso dagli stromenti, avrebbe fatta una musica teatrale totalmente secondo il mio cuore.

175. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VI. Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo. » pp. 389-417

Spagnuolo Sino alla metà del secolo non comparisce veruna tragedia spagnuola a riserba di una traduzione del Cinna fatta nel 1713 da D. […] Una buona traduzione del Pregiudizio alla Moda, fatta dal giudizioso Don Ignazio Luzan, fu pubblicata in Madrid nel 1751 sotto il nome del Pellegrino.

176. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Rivetb fa risalire il Querolus almeno al cominciamento del V secolo fondandosi sulla dedicatoria fatta a Rutilio.

177. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Così terminò il secolo XVI glorioso in tante guise per l’Italia; cioè per aver fatta risorgere felicemente in aureo stile la greca tragedia, il teatro materiale degli antichi, e la commedia de’ Latini; per l’invenzione di tanti nuovi tragici argomenti nazionali, e tante nuove favole comiche ignote a’ Latini; per aver somministrati a’ Francesi tanti buoni componimenti scenici prima che conoscessero Lope de Vega, e Guillèn de Castro; pel dramma pastorale ad un tempo stesso inventato, e ridotto ad una superiorità inimitabile; finalmente per L’origine data al moderno melodramma comico ed eroico.

178. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

Si unì poi a varie compagnie, colle quali dava or qui or là poche recite, maturando il disegno di formare e condurre una Compagnia propria di giovani forze da avviare, da ammaestrare, da guidare : e la Compagnia fu fatta, e alcuno de' nuovi accolti riuscirono attori splendidi.

179. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442

Mio padre prese parte alla difesa di Vicenza ; e dopo l’eroico e sventurato assedio, fatta l’onorevole capitolazione, ritornò coi suoi compagni in patria.

180. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

A lui è dovuta la costruzione dell’arco 627, sotto il quale è scritto : Antonio sacco | e compagni comici | con la recita fatta | nel teatro formaliari | li x luglio mdcclix.

181. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Ma a ciò Eschilo risponde: O ignorantissimo, impara che questa era una dipintura capricciosa fatta sulle navi. […] Se è cosa abominevole e scellerata fra gli uomini il battere il padre, appresso gli uccelli è cosa utile e ben fatta. […] Disbrigatosi Diceopoli felicemente della molestia che gli dava il coro per la pace fatta, ne va godendo i frutti. […] Eravi in Atene una razza di umane arpie, che sulle accuse e le denunzie si era fatta una rendita certa. […] Vedasi la Comparazione di Menandro e di Aristofane fatta da Plutarco, ed anche il X libro, cap. 

182. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

La tragedia de’ Sette a Tebe reca diletto ed invita a leggere anche a’ giorni nostri, essendo ripiena di bei tratti, di movimenti militari, di sospensioni maravigliose, fatta in somma per presentare uno spettacolo degno di ogni attenzione. […] Si vuol notare nella prima scena la pittura terribile dell’Eumenidi fatta dalla sacerdotessa, l’inno magico infernale pieno del fuoco di Eschilo cantato dal coro dell’atto III per aver trovato Oreste, ed il giudizio del di lui delitto fatto nel V coll’ intervento di Minerva che presiede agli Areopagiti, di Apollo avvocato del reo, e delle Furie accusatrici. […] In questi versi si vede egregiamente espresso quell’αῖμ’ εμφύλιον, sanguinem cognatum, che il dottissimo Brumoy desiderava nella per altro elegante traduzione di questo passo fatta da Niccolò Boileau. […] Nell’atto secondo però Teseo risolve di portar la guerra a Tebe, e appena incominciato l’atto terzo la guerra è fatta e Teseo ritorna vincitore. […] Se ne rallegra Alcmena; ma è da notarsi che ella verun motto non fa sul destino di Macaria degna di tutto il suo dolore e per esser figlia del suo figliuolo e per l’azione eroica fatta in pro di tutta la famiglia.

183. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

In prima, Signor Abate, pare a voi la stessa cosa una privata asserzione di un semplice Scrittore, e forse anche di qualche altro, e la confessione de’ difetti del Teatro Spagnuolo fatta dal Cervantes, dal Lope, dall’istessa Accademia Spagnuola, dal Lopez, dal Cascales, e in seguito da’ più gran Letterati Spagnuoli?

184. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Si è pure nella nostra citata opera della Coltura delle Sicilie fatta parola del teatro di Venosa sacro ad Imeneo secondo l’Antonini, di quello de’ Marsi in Alba Fucense, e di quelli di Baja, di Alife e di Sessa.

185. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

L’uomo avea bisogno di comunicar co’ suoi simili i proprj concetti per mezzo delle lingue, e senza presidio alcuno di tinte e di altre materie reali, e corse col pensiero a un artificio più ingegnoso, e inventò la grande arte di svolger la serie delle proprie idee colle sole parole ma in sì fatta guisa e con tale aggiustatezza ed eleganza connesse, che giugnesse a dominar su gli animi ed a commuoverne o racchettarne gli affetti; ed è questa l’arte imperiosa, onde tuonava Demostene nella Grecia, Tullio nel Lazio, e Parini nella Cisalpina.

186. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236

Se ne trova per altro fatta menzione in una delle commedie di Francesco Roxas scrittore comico del XVII secolo da noi già mentovato.

187. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Vedesi in questa favola un altro ruffiano aggirato e truffato, e tanto più graziosamente, quanto che n’è prima avvertito da un vecchio, il quale per una scommessa fatta con Pseudolo suo servo, è interessato a rendere il ruffiano attento perchè non vi rimanga rimanga col danno e colla beffa perdendo certa sua schiava. […] Il più volte lodato Cavaliere della Porta prese ad imitare questa favola Plautina nella poc’anzi mentovata Trappolaria; ma ne nobilitò l’argomento e ne rendette più interessanti i caratteri, oltre all’avere alla trappola accresciuto movimento e vivacità con una promessa fatta dal servo per sovrappiù di avvisare il ruffiano nel tempo stesso che l’ingannava; la qual cosa eseguisce con graziosissimi colori comici, de’ quali gode sommamente lo spettatore inteso dell’ingegnosa astuzia. […] Corre allo scioglimento, e talvolta accenna soltanto quello che mena alla catastrofe; e pure in cosi fatta semplicità di argomento e di condotta versa in tal copia le facezie e i vezzi che l’erudito Dousa ne rimaneva attonito. […] Contiene una beffa fatta a quel vanaglorioso da un servo per torgli di mano una fanciulla amata da un giovane Ateniese.

188. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

O che dunque il valor delle note sia stato ritrovato dal Francone, o che riconoscasi per inventore Guglielmo Mascardio, o che debbasi, come io fortemente sospetto, risalir ancora a’ tempi più antichi, certo è che il Muris non ebbe parte in così fatta scoperta. né fu altrimenti, come si pretende, una sua invenzione la misura musicale, ch’era stata per secoli intieri trascurata, ma senza la quale non può trovarsi né canto regolare né melodia, siccome quella che serve a dividere i tempi esattamente, a far valere le intonazioni, a dar un significato, un ordine a1 tutto, come fa la fintassi grammaticale nel discorso, e che dal valor delle note principalmente deriva. […] 32 [17] Ma venendo ai ludi propriamente detti, la prima rappresentazione di cotal genere che sappiamo esser stata fatta in Germania, intitolata Ludo Pascale della venuta, e morte dell’Anticristo altro non era, se crediamo all’elegante e dotto Cavalier Tiraboschi, se non se un drammatico guazzabuglio, ove «veggonsi apparire nella scena il papa e l’Imperadore con più altri sovrani d’Europa e d’Asia, e l’Anticristo accompagnato dall’Eresia, e dalla Ipocrisia, e persino la Sinagoga col gentilesimo, che anche essi ragionano» 33.

189. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Né quella critica fatta già contro all’opera in musica, che le persone se ne vanno alla morte e cantano, non ha origine da altro, se non se dal non ci essere tra le parole ed il canto quell’armonia che si richiede.

190. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

[7] In quale degli accennati aspetti deggia fissare lo sguardo chiunque la storia d’un teatrale spettacolo imprende a narrare può da ogni lettore avveduto dopo qualche riflessione fatta su cotali materie non difficilmente conoscersi.

191. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42

E se il Signor Lampillas volesse saperne anche la sorgente, rifletta e alla traduzione fatta dal Trissino del Libro di Dante De Vulgari Eloquentia scoperto dal Corbinelli, la quale amareggiò non poco col Varchi tutti i Fiorentini, e all’avere sempre il Trissino sostenuto che il Dialetto Fiorentino non dovea considerarsi come lingua generale Italiana.

192. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133

In questi versi si vede egregiamente espresso quell’ἀίμʹ εμφύλιον, sanguinem cognatum , che il dottissimo Brumoy desiderava nella per altro elegante traduzione di questo passo fatta da Niccolò Boileau.

193. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

A. la ueda et lo fatta copiare in bona forma e qui umilmente inchinandomi con tutti di mia casa con Profonda riuerenza bacciamo la sacra porpora al Sere.

194. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

La seconda è che la poesia fatta per accoppiarsi colla musica, debbe rivestirsi delle qualità, che questa richiede, e rigettarne tutte le altre: circostanza che tanto più divien necessaria quanto la lingua è men musicale, poiché qual cosa imiterebbe la musica in un linguaggio privo d’accento, se la poesia non le somministrasse né sentimenti, né immagini? [10] La breve analisi fatta finora ci ha, se mal non m’appongo, appianata la via alla soluzione del problema proposto.

195. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Wien, 1884) da cui resulta che : il 16 dicembre 1568 « Franncischco Ysabella Camediannte » ricevette venti Talleri, dice : « ma qui è lecito credere che di due persone si sia fatta una, e che si tratti de’ conjugi Andreini ; » e forse perchè, essendovi altre spese pagate a Giovanni Tabarrino e a Flaminio, si volle dedurne, e a Carlo Trautmann stesso (Italienische Schauspieler am bayrischen Hofe. […] Antonio : e oltre ai capitani, troviam Lavinie e Lucie e Pantaloni e Mattaccini d’ogni specie nelle stupende incisioni della Guerra d’Amore, Festa del Serenissimo Gran Duca di Toscana fatta l’anno 1615.

196. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

settizonio: facciata monumentale di un Ninfeo che sorgeva sul Palatino, fatta a più piani di colonne.

197. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Un cortigiano adulatore viene a manifestare la scommessa fatta dal re a favore di Amlet di sei cavalli barbari contro sei spade francesi co’ pugnali corrispondenti.

198. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

Racine nato in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, lasciò tralle sue carte il piano del primo atto di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che questo gran tragico moderno, prima di mettere in versi qualche favola, formatone il piano, la scriveva in prosa; e poichè ne avea disposte tutte le scene, diceva di aver fatta la tragedia, tuttochè non ne avesse composto verso veruno; ed egli avea ragione.

199. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Si conosceva che qualche scena era stata fatta da un autore, ma l’insieme dell’opera da uno scolaro…… Il suo errore principale, per esempio, era quello dell’inverisimiglianza : questa vi si ravvisa in tutti i punti.

200. (1878) Della declamazione [posth.]

Il testo è per lo più orientato a rintracciare lo sviluppo del genere drammatico e le sue caratteristiche, fatta eccezione per la terza sezione, in cui si parla dell’arte della declamazione, nella quale è possibile riscontrare una vicinanza con il testo di Salfi. […] I misteri eleusini, le orgie di ogni fatta e di ogni tempo, il culto liturgico di ogni religione sono in tutto rappresentazioni più o meno esatte di quegli avvenimenti solenni, che massimamente interessano quelle genti, che ne conservano la ricordanza. […] E si può ciò pur facilmente eseguire, ove si conosca l’artificio del verso, e si notino gli accenti e le pause conforme l’artificiosa disposizione, che l’autore ne ha fatta. […] [8.4] Ma questa medesima osservazione deve esser fatta con giudizio e con metodo. […] Se tutto il magistero della declamazione consiste nella illusione, come mai potrai ottener questo effetto, se ella non è fatta per conciliarsi la tua credenza?

201. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Niuno ha saputo meglio di lui adattare sulla lira italiana le corde della greca investendosi di tutta l’anima dei greci poeti più felicemente di quanti il precedettero in Italia finora senza eccettuar il Chiabrera, uomo grande al certo, ma cui mancò nell’imitazione il vero spirito filosofico; I quali si credevano di essere novelli Pindari divenuti allorché fatta avevano una sregolata canzone divisa in strofe, antistrofe ed epodon piena d’“auro-crinito”, “chiom-acquose”, “ombri-lucente”, ed altre parole sesquipedali, ma vuota di vero genio pindarico, senza costume né carattere greco, e soprattutto non cantabile, quando si sà che le greche non mai si scompagnavano dal canto e dal suono. […] Nientedimeno Metastasio ha fatta vedere che niun oggetto è inferiore alla fecondità della imitazione poetica. […] La tragedia è fatta per appagar la ragione e il cuore.

202. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Coll’argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio istruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali dalla presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varii casi, senza che l’uno sappia dell’altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perchè io mi sarò fatta nemica la vostra donna e il vostro figliuolo e tutti gli altri di casa. […] Vedi la giunta fatta alla P. 

203. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

La dichiarazione di amore fatta da Varo nella scena quarta dell’atto II con tanta poca grazia e fuor di tempo, cioè mentre la reina è in procinto di tutta abbandonarsi alla di lui fede, fa torto al carattere enunciato dell’uno e dell’altra. […] Rochefort ha fatta un’ Elettra diversa da quella del Crebillon e dall’Oreste del Voltaire, seguendo Sofocle.

204. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Nuoce intanto all’ illusione la giunta fatta dal Fuga ne’ lati della bocca della scena di alcuni palchettini, da’ quali comincia a rubarsi una parte delle voci prima di spandersi pel teatro.

205. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Vivace la dipintura della loro empietà fatta nell’ atto II da Fecenia spaventata dal vedere ascritto il caro amante a quella nefanda adunanza. […] In tal favola che ha un coro mobile nel primo e nel secondo, e nel quarto atto, e non nel terzo, è notabile la franca dipintura di un impostore vendicativo e fraudolento fatta in Dunstano. […] Timofane dopo di avere scoperte tutte le occulte trame de’ cittadini oppressi, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno del virtuoso fratello, non per amor di regno o di gloria, ma di libertà. […] Quindi è che lo stesso sagacissimo autore pronunziò su questa tragedia che i personaggi principali sono deboli e nulli, e che per ciò la reputa la più cattiva di quante ne ha fatte o fosse per farne, e la sola forse che egli vorrebbe non aver fatta. […] Come è mai fatta la retina di cotal cianciatore che tutto gli dipinge a rovescio ?

206. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Ma non posso tralasciare le proprie parole, con cui dichiara il motivo delle sue esposizioni, sentendo la forza che in cotal guisa viene fatta a’ testi. […] Però di leggieri non si può scorgere che l’antica favola di Fedra nella riforma fatta dal Racine ha vantaggiato, come per altro, così pure per esse. […] [6.6.2] La descrizione d’Alessandro fatta da Tasillo re dell’India sarebbe bellissima in un poema epico, ma in di lui bocca, mentre che parla quivi del maggior suo interesse, riesce troppo affettata. […] Osservò già Paolo Beni132 che quella di Virgilio fatta dal nostro Caro, ancorché questi procurasse di non frapporvi giunte, supera il poema latino di cinque milla e più versi, il numero de’ quali si trova anche maggiore nella rimata del Dolce. […] Ma qual ricreazione può mai compararsi a quella di una Commedia, e Tragedia ben fatta?

207. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

Dovrà tutto il cielo essere stellato, e ’n mezo alle stelle esser dovrà la Luna in plenilunio situata ; e ’n così fatta congiuntura apparirà il Favor Divino in Prologo, sovra carro luminoso in eccesso, e tutto a stelle ornato ; retto il carro da nubi e d’oro e d’argento ; e le nubi parimente sostenute saranno da duo angioli ; e qualora il Prologo, tra questi tre musicalmente al fine sarà per ridursi, così a poco a poco spariranno le stelle, e dal mar sorta l’aurora, e poi dopo l’aurora il Sole, partito il Prologo all’usanza di sinfonie melodiose, l’apparato che marittimo tutto era, rappresenterassi dalle parti in Palazzi sublimi, e nel mezzo poi la residenza di Maddalena, superbissima al possibile.

208. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Ma quanto siasi fra loro cambiata questa influenza dacché s’introdusse un maggior artifizio ne’ suoni apparisce fra l’altre pruove dalla dichiarazione fatta dall’imperatore Ngaiti, che sali sul trono l’anno 364 dell’era cristiana, nella quale, lagnandosi che le musiche tenere, artifìziose, ed effemminate ispirino il libertinaggio, ne commanda severamente la riforma, e proibisce ogni sorta di musica a riserva di quella che serve per la guerra e per la cerimonia Tiao 115. […] E diversamente cantavansi i poemi d’Omero e di Esiodo che gl’idili di Teocrito, o di Bione; altra era la composizion musicale fatta sull’elegie di Callimaco, e di Mimnermo, altra quella sulle odi d’Alceo e di Saffo; differente il canto dei ditirambi da quello dei giambi di Archiloco, la musica de’ Nomi da quella di teatro, e così via discorrendo.

209. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Apresi la tragedia con una scena di confidenza sugli evenimenti passati fatta da Erbele a Zelinda in quel momento, benchè dimorino sempre insieme. […] Quindi è che lo stesso sagace autore ha pronunziato su questa sua tragedia, che i personaggi principali son deboli e nulli, che il tutto riesca languido e freddo, e che per ciò la reputa la più cattiva di quante ne ha fatte, o fosse per farne, e la sola che egli non vorrebbe forse aver fatta. […] Abbiamo ancora una bella versione inedita dell’Epidico fatta dal più volte lodato sign. ab. […] Adelvolto è una figura di tinte sfumate e smorte; pure esige morendo qualche compassione, d’altro in fine non essendo reo che di superchiería fatta al re per troppo amore. […] Ora tal correzione fatta all’originale giovava anzi che noceva alla condotta del dramma; là dove l’aver l’autore nell’edizione a sue spese rimessi senza ragione que’ sette versi, lo soggetta ad una giusta critica, perchè contengono pensieri alieni dalle circostanze di Elvira.

210. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Io non voglio che crediate alla mia nuova Storia teatrale quando si produrrà: ma su quello che io riferisco, pregovi a fermarvi, e a dubitar, sì, com’è giusto, ma a cercare di sciogliere i vostri dubbj, confrontando da voi stesso i Drammi; e son certo, che se amate la verità, vi ravviserete quello che mai non pensavate, e stupirete di aver finora fatta la guerra alle ombre infantate dalla vostra fantasia.

211. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

Io assicuro al Signor Lampillas, che tal Colombo non potrà mai eccedere in istravaganza le stomachevoli pazzie, di cui è composta la mentovata Commedia della Conquista del Perù fatta da Pizarro da me veduta rappresentare dopo il mio ritorno dall’Italia nel Teatro de la Cruz.

212. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Il celebre critico e satirico francese Niccola Boileau, quantunque non potette troppo lodarsi di Gian-Francesco Regnard per avergli questi fatta una satira piena di tratti neri e maligni, intitolata le Tombeau de M. 

213. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

Parla indi Annibale della promessa fatta ad entrambe di condurle seco, aggiungendo: Ma l’attener sarà che dall’opposta Parte, per altre scale e per altr’uscio Io mi condurrò fuor di queste mura.

214. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Nel maneggiare l’argomento degli Orazii prese Corneille scorta migliore, o che ne dovesse a dirittura la via all’Orazia di Pietro Aretino, o che vi s’incaminasse sull’imitazione che di questa tragedia italiana fatta ne avea venticinque anni dopo Pietro de Laudun Degaliers.

215. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Nè Andres, nè Lampillas, nè Huerta esageratori sur parole del merito comico delle favole di Naharro e della Celestina (che battezzano per componimento teatrale), mostruose produzioni che mal conobbero, hanno procurato d’informarsi, se in mezzo alle stravaganze anche a’ nostri dì esposte sulle scene spagnuole siesi recitata una commedia pastorale in cinque atti con cori, e con prologo eziandio composta, ed impressa in Madrid l’anno stesso 1784 per la pace fatta coll’ Inghilterra, e per la nascita stessa de’ reali gemelli?

216. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

Ciò è a un dipresso lo stesso che dire che la natura è fatta per ubbidire alla musica, non la musica per imitar la natura. […] Queste due cose hanno una così stretta relazione fra loro che la musica fatta sulle parole d’un’aria non potrebbe senza guastarsi essere trasferita alle parole d’un’aria diversa; come il ritratto che rappresenta con esattezza una fisonomia, non può servire a rappresentare una fisonomia differente da quella.

217. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Come se avessero in qualche scrittura fatta per mano di notaio rinunziato solennemente al buon senso, così gli vedrete sovvertire e capo volgere ogni parte del melodramma. […] [58] Quindi si può render ragione della osservazione fatta prima in Inghilterra dal Gregory 147 poi di nuovo in Italia dal più volte lodato Borsa 148, cioè che prendendo a legger Metastasio, a fatica si può lasciar dalle mani per l’impazienza in cui siamo di vedere il fine di qualunque sua tragedia tanto ci intenerisce, attacca, e sospende la sua lettura, ma sentitolo cantare in teatro dai virtuosi restiamo indifferenti, né ci sentiamo punto rapire dall’interesse o dalla curiosità.

218. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

La dichiarazione di amore fatta da Varo nella scena quarta dell’atto II con tanta poca grazia e fuor di tempo, cioè mentre la reina è in procinto di tutta abbandonarsi alla di lui fede, fa torto al carattere enunciato dell’uno e dell’altra. […] Bianca nettamente dice, che questa obedienza la fa tremare, e rivela di aver fatta un’ altra scelta.

219. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Cornelio e Metastasio hanno soddisfatto compiutamente al loro intento; ma se quest’ ultimo avesse seguite l’orme del primo nella condotta della favola, avrebbe fatta un’ opera fredda di una buona tragedia75.

220. (1715) Della tragedia antica e moderna

[2.99] Tu ben conosci che la prima comparsa di Edipo è nelle vicinanze di Atene, il rimanente è poi in Atene, perché Teseo rimprovera Creonte: Imperocché non hai fatta cosa degna di me, né de’ tuoi maggiori, né della tua patria, tu che entrato in una città che, constituita secondo le leggi senza legge nulla fa, non considerata la giuridizione del luogo, porti via quel che vuoi, ed operi violentemente, e pensasti, che io possedessi una città serva, e vuota d’uomini, e me credesti uomo da niente. […] — [3.94ED] — Franchezza ci vuole — ripigliò l’Impostore — nell’impostura: almeno con questa il tuo avversario ha fatta tacere la disputa; ma non avrebbe già convinto Aristotile, che ha visto il teatro greco ed il teatro latino folti di donne non meno di quello che sien oggi il franzese, l’italiano, lo spagnuolo, il tedesco e l’inglese. [3.95ED] Nel teatro latino intervenivano infin le vestali e v’era il luogo per esse medesime destinato. [3.96ED] Ma, perché si parla del greco, non vo’ che tu creda alla mia parola, perché ritorceresti contro di me che ti parlo la mia sentenza; diresti almen fra te stesso che all’impostura ci vuoi franchezza nell’asserire, e che io già sono impostore. […] — [4.90ED] Sorrise nuovamente Aristotile, e replicò: [4.91ED] — Se ben tu mi chiami a palesar con franchezza il mio sentimento, ti dorrebbe però (lo conosco) che fosse contrario a cotesto tuo; ma fatti pur animo, oh figlio, e sta di buon cuore che non è; e non è non per adulazione, ma per ragione. [4.92ED] Tu dei sapere che la tragedia è fatta per esser udita, io parlo de’ versi, perché rispetto allo spettacol, egli è fatto per esser veduto. [4.93ED] L’epopeia ha conseguito il suo fine letta che sia; non l’ha conseguito già la tragedia quando non venga rappresentata, cioè, rispetto a’ versi ascoltata, e rispetto all’apparato veduta. […] [4.118ED] Perché con l’imaginazione facendosi presente quel caso, si astrae nel medesimo e si figura che la vera Ifigenia parlasse con que’ sentimenti e si smaniasse in quella maniera in cui appunto si esprime e smaniasi la Flaminia, e che il poeta non abbia fatt’altro che mettere in versi il discorso della principessa d’Argo; e così la vera Ifigenia rammemorata, i di lei sentimenti vivamente al popolo ricordàti ed espressi nel loro maggior lume, gli atti della vera Ifigenia ad esso sì spiritosamente rappresentati, muovono il popolo ad ira, a misericordia, ad amore; e fin qui può arrivar l’impostura; imperocché, se altrimenti avvenisse e che non la vera, ma la finta Ifigenia lo movesse, ne avverrebbe infallibilmente che l’ira, la misericordia e l’amore ancora dopo l’azione durerebbero negli ascoltanti verso l’attrice; siccome quando noi per qualche azion fatta di nostro piacere o scontento, amando o pur odiando un obbietto, ancora fuori di quell’azione seguiamo ad odiarlo o ad amarlo; così, finita la rappresentazione, avremmo gli stesse movimenti verso la finta Ifigenia; e pure (quand’altro fine non muovaci) non gli abbiamo, là dove verso la vera Ifigenia, anche fuori della rappresentazione, li conserviamo. [4.119ED] Ed eccoti il vero arcano della mozione del popolo assiso allo spettacolo della tragedia. […] [6.80ED] Ne fanno ben una peggiore: volgon talora le spalle all’uditorio, quasi vagheggiando i colonnati dell’orizzonte; fanno anche peggio, le volgono spesso a chi seco parla, ed ho veduto far l’uno e l’altro frequentemente al gran Baubour. [6.81ED] Egli è vero che questo famoso attore lo pratica in occasione di mostrare d’udire mal volentieri o una correzione o un rimprovero; ma, o l’oda da’ maggiori o da eguali, sempre quella positura di corpo è incivile e plebea, e vi sono ben altri modi di palesare il dispetto. [6.82ED] Appena lo ammetterei in una donna che udisse tentarsi impropriamente d’amore in circostanze dove il suo onore la volesse crucciosa di così fatta dichiarazione. [6.83ED] La verginità, la modestia ha talvolta un non so che d’incivile, che ben s’accorda con la custodia della virtù. [6.84ED] E per terminare quel tanto che ho impreso impensatamente a dir dell’azione, ella è veramente smaniosa nelle passioni più della nostra, ma lo è ancora fuori delle passioni.

221. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Questa increscevol pompa di armonica perizia, questa gotica usanza d’indovinelli e di logogrifi musicali: questa musica gradita agli occhi e crudel per gli orecchi, piena d’armonia e di romore, e vuota di gusto e di melodia, fatta secondo le regole, seppur le regole hanno l’atrocità di permettere di far cose spiacevoli, fredde, imbrogliate, senz’espressione, senza canto, senza leggiadria, qual altro pregio veramente aver può che quel di abbagliar gli eruditi, e di uccider per la fatica il compositore, e êr la noia i dormigliosi ascoltanti?»

222. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

L’analisi di tal celeste Pittura fu fatta egregiamente nel 1754.

223. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Sauvigny, e vari altri verseggiatori di simil fatta, hanno veduto spirare sotto gli occhi loro stessi le proprie tragedie.

224. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Ma il marito per abbattere l’ostinazione della moglie, cava di tasca un manoscritto delle poesie di Floricourt, fralle quali si legge una satira fatta contro della stessa Madama Armand, la quale convinta della pessima sua scelta, fa scacciare il poetastro, e permette che Dami sposi la figliuola.

225. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Una bella versione inedita abbiano dell’Epidico di Plauto fatta dal già lodato Placido Bordoni, ed a me cortesemente da lui rimessa nel 1796(a). […] Secondo me nuoce all’illusione la giunta fatta dall’architetto Fuga ne’lati della bocca della scena di alcuni palchettini, da’ quali comincia a rubarsi una parte delle voci prima di spandersi pel teatro. […] E pure questo è il quarto cambiamento che l’autore rimise nella edizione fatta a proprie spese.

226. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Nel l’atto II però Teseo risolve di portar la guerra a Tebe, ed appena incominciato l’atto III la guerra è fatta, e Teseo torna vincitore.

227. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Sonetto LV Ardo, e son fatta miserabil segno, E ben se l’vede Amor, d’ogni suo strale ; Nè schermo io trouo al mio martir fatale, (Lassa) e prego non valmi arte, od ingegno.

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