Andato il Colomberti a visitarla nella sua villa di Avesa, riferisce ne’ suoi scritti inediti, come, alludendo alle memorie artistiche che adornavano il suo salotto, ella dicesse : « Sono memorie di oltre tomba, e mi ricorderanno a mia figlia e a’ miei nipoti. » E domandatole perchè non avesse in sua figlia lasciata di lei una ricordanza sulla scena, rispose : « E perchè ?
E come se l’uditore non gli avesse intesi abbastanza, o si parlasse il linguaggio degli ottentoti, di cui la musica ne fosse il dizionario, bisogna che l’attore gliel’inculchi di nuovo ripigliando coll’ordin medesimo le parole. […] Senza l’abitudine che fa loro chiuder gli occhi su tante improprietà, gl’Italiani avrebber dovuto riflettere che niuna cosa fa tanto chiaramente vedere la poca filosofia colla quale vengono regolati di qua dai monti gli spettacoli quanta questa: che il carattere della passione non è mai quello di riandar se medesima metodicamente, né d’interrompere la sua impetuosità naturale per fermarsi a ripigliar con ordine la stessa serie di movimenti; che il distaccare dal tutto insieme d’un’azione uno squarcio per recitarlo di nuovo è dissonanza non minore di quella che sarebbe in un ambasciatore il ripeter due volte in presenza del sovrano l’esordio d’un’allocuzione; che il carattere della musica non può legitimare cotesto abuso, giacché si può variare benissimo e rinvigorir l’espressione senza ricantar di nuovo il motivo; e che uno spartito dove si vegga appiccato al margine un da capo è ugualmente difforme agli occhi della sana ragione che sarebbe agli occhi d’un naturalista un braccio con due mani, oppure un animale che avesse un paio di nasi sulla faccia. […] Ma gli ascoltanti non la chiederebbero con tanta smania, se il compositore avesse l’arte d’interessarli nel soggetto principale, e se l’andamento dell’azion musicale fosse così unito e concatenato che la curiosità dell’udienza venisse ognor più sollecitata a risaperne lo scioglimento, come si vede da ciò che giammai si domanda in una commedia di carattere, o in una tragedia la replica d’una scena per quanto sia ella sublime, forte, o patetica, e per quanto venga dagli attori maestrevolmente rappresentata. […] La sconcezza in questo genere è arrivata a segno che in un’opera veduta da me dovendo salir sopra un naviglio il primo uomo e cantar prima una cavatina, la nave, che veniva spinta dalle onde, ha dovuto fermarsi, come s’avesse udito e cognizione, attendendo che finissero que’ noiosi arzigogoli. […] Avrebbe ottenuta una lode senza eccezione se schivati ne avesse i lunghissimi e pressoché uniformi racconti, e se anteponendo il vantaggio di far pensare a quello di eccitar il riso avesse parlato meno alla immaginazione, e più allo spirito de’ suoi lettori.
E quante gemme avesse tratte da i di lui poemi l’impareggiabile Virgilio per lo più trascritte da verbo a verbo, può ricavarsi dal VI libro de’ Saturnali di Macrobio. […] Forse il giudizio che Ennio altrove manifesta, potrebbe indurci a credere che nell’Ecuba schivata avesse la duplicità dell’azione di quella di Euripide e delle Troadi di Seneca. […] Non so se Difilo avesse intitolata la sua favola προτονος che significa rudens, non avendone. […] Un uomo che avesse sì strano gusto, copiando alla peggio gli scarsi Dizionarii di tali lingue antipodiche, avrà l’immaginario diletto di lusingarsi di abbattere tutte le verità istoriche e tutte le nozioni del senso commune; e chi l’ascolterà avra quello di ridersi di lui. […] Sembra che a Plauto non bastasse tale argomento per una intera commedia, e che avesse voluto supplirvi colla languida e in niun conto interessante aggiunta della cena di Stico colla serva Stefania.
Non saprei dire se La Motte nel comporla avesse avuto presente qualche modello in tale argomento. […] Se egli avesse detto che suo padre si chiamava Narba, siccome ella sperava di sentire, avrebbe in lui riconosciuto il suo Egisto. […] La storia gli avrebbe sugerito qualche Bresciano, se l’avesse saputaa; ma egli lo scelse tra’ Napoletani. […] L’amor mio, replica Bianca; quando mio padre è venuto a prevenirmi di avermi destinata al maggiore degli eroi di Venezia, ho creduto ch’egli con ciò ti avesse voluto indicare, ed ho dato di buon grado il mio consenso! […] Capello prima di giudicarlo reo vorrebbe che su i suoi progetti egli avesse somministrate pruove, vorrebbe una convizione piena del delitto.
Che l’Italia avesse preceduto alla Spagna nel coltivare qualche genere letterario, o per contrario, quale aumento ne risulta alla massa generale del Sapere?
Replicai che ciò non appariva dalle Opere del nostro Poeta, e soggiunsi, che sebbene avesse egli succiato qualche mele dagli Antichi, da’ Francesi, e dagl’Italiani, nulla poteva aver tratto da Calderòn.
Del re Eduardo VI, delle cui cognizioni Cardano fa grandi elogi, si dice, che avesse composta una commedia elegantissima, intitolata la Puttana di Babilonia.
Lo stesso Fernando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sa pere tra il Cotta ed il Mena chi avesse composto quell’atto primo.
Al contrario chi avesse l’umore di codesto Francese, ben potrebbe con maggior fondamento dubitare che simile disgrazia avvenisse in Francia per lo stile serio e grave che può accreditare appo gl’ incauti le loro rappresentazioni liriche ripiene delle stesse mostruosità che alimentano l’ ignoranza e gli errori popolari.
[4] Il primo di rischiarare le tenebre ond’era avvolta la musica antica, la quale da Boezio e da Sant’Agostino fino a que’ tempi non ebbe alcuno scrittore che presa l’avesse ad illustrare; e di toccar principalmente que’ punti ne’ quali consistendo a giudizio degli uomini saggi la sua maravigliosa possanza, potevano trasferiti alla musica moderna contribuir a migliorarla, cioè la dottrina dei generi e dei modi. […] Per veder come riusciva in pratica il nuovo ritrovato fu dagli altri spinto Ottavio Rinuccini a comporre una qualche poesia drammatica, lo che egli fece colla Dafne, favola boscherecchia che si rappresentò in casa del Corsi l’anno 1594, e fu messa sotto le note dal Caccini e dal Peri sotto la direzione di esso Rinuccini, il quale comecché non avesse studiata la musica, era nondimeno dotato d’orecchio finissimo,e d’acuto discernimento, che gli aveano conciliato la stima e il rispetto de’ musici. […] Sospinse fuore, Che quasi avesse l’ale Giunse ogni Nifa al doloroso suono; Ed ella in abbandono Tutta lasciossi allor nelle altrui braccia.
Giorgio Lillo, onorato gioielliere di Londra, morto nel 1739, quantunque posseduto avesse un carattere dolce, e costumi semplici, é autore di due atroci tragedie cittadinesche, l’una intitolata Barnwell 247, o il Mercante di Londra, e l’altra la Fatale Curiosità, fatali veramente e contagiose composizioni che hanno comunicata alle scene francesi e alemane la propria tristizia le dipinture delle scelleraggini più esecrande e vergognose per l’umanità. […] Parve nonpertanto a qualche nazionale, che Gottsched con poco avvedimento avesse tolti ad imitar i francesi, i quali molto poco si confanno al gusto tedesco. […] Schlegel che sarebbe stato il Corneille della Germania, se la morte non l’avesse arrestato nel più bello della carriera, il barone di Cronegk che ne sarebbe stato il Racine, ma che cessò di vivere nell’anno suo ventesimosesto253, il robusto signor Weiss autore di Giulia e Romeo 254, e i signori de Brave, Krüger255, Gaertner, Bodmer, Wieland, e ’l valoroso maggiore Kleist morto in guerra nel 1758 in servizio di S.
Dicesi appena del re Edoardo VI, grandemente esaltato da Cardano, che avesse composta una commedia elegantissima intitolata la Puttana di Babilonia esaltata dagli antiquarii ma sfuggita all’esame de’ moderni per essersi perduta. […] Chi sa se essendo sì poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina! […] Tutte queste incoerenze, io dico, delle quali si compone il bel Consiglio a un giovane del Sherlock, potrebbero recarci stupore, se fossero profferite da un altro che non ci avesse puerilmente ed à propos des bottes fatto sapere di aver molto studiato la matematica , e di credere d’avere della precisione nelle idee .
Licone presso Suida attribuiva ad Epicarmo trentacinque favole; ma Giovanni Meursio ne raccolse quaranta titoli, anzi dal racconto del medesimo Suida deduce che ne avesse prodotte intorno a cinquantadue. […] Si trovano citate dagli antichi venti delle favole di Anassandride, benchè ne avesse composte intorno a sessantacinque, per le quali solo dieci volte riportò la corona teatrale. […] Di essa pare che avesse gettati i fondamenti il medesimo Aristofane col Pluto, dove abbiamo, sì, trovato un coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità. […] E sì gran caso faceva di simil pratica, che quando avea ordita la traccia dell’azione, tutto che non ne avesse composto un solo verso, diceva di aver terminata la commedia. […] Forse sarà così; ma gli avremmo saputo grado, se di un fatto così degno di sapersi avesse addotte autorità o almeno congetture ben fondate.
La lettera pare non avesse risposta, poichè il Vergnano tornò alla carica, rivolgendosi alla madre, pel desiderio vivissimo di avvicinarsi alla « odierna celebrità drammatica. […] Dal primo suo apparire sulla scena, sino alla fine, fu il vero, il reale personaggio con tanto amore, con tanta forza descritto dal Pellico ; anzi si può dire, che lo stesso autore avrebbe provato una nuova compiacenza per la sua creazione ove l’avesse veduta rivivere per opera della egregia attrice.
In Tebe di Egitto vuolsi che fosse un teatro, e che di là avesse Pilade tratte alcune novità che introdusse nell’arte pantomimica.
Inedita conservasi parimente nella biblioteca dell’Università di Torino l’Alvida pastorale del conte Ludovico San Martino d’ Agliè, cui par che avesse fornito l’argomento e il piano lo stesso duca di Savoja Carlo Emmanuele I a cui si dedicòa.
Questa favola discende dal Vero Amico dell’italiano, il quale mal grado di varii difetti, vale assai più del Figlio naturale, benchè Diderot nel tempo che si valeva della favola italiana, volle chiamarla farsa senza che ne avesse veruna caratteristica.
Inedita conservasi parimente nella biblioteca dell’università di Torino l’ Alvida pastorale del conte Lodovico San Martino d’ Agliè, cui par che avesse fornito l’argomento e il piano lo stesso duca di Savoja Carlo Emanuele I a cui si dedicò70.
E se egli avesse continuato in quella via, il pubblico avrebbe visto, come la cosa più naturale di questo mondo, la parabola ascendente dell’artista generico per eccellenza, assistendo con soddisfazione al tramutarsi di Marecat in Shylock, di Francesco I in Amleto, di Mario Amari in Otello.
Di lui allora si conosceva il poeta traduttor di Catullo, l’attore, l’artista colto e coscienzioso ; ma non ancora egli si era rivelato autore di quei monologhi che trovarono sulle scene maggiori e su quelle dei filodrammatici tanta e così invidiata fortuna ; non ancora gli si era sviluppato così nocchiuto il bernoccolo dell’ erudito e del feroce raccoglitore di qualunque cosa avesse attinenza con la storia del nostro Teatro.
4° Se alcuno de'Comici avesse la sciagura di non incontrare il favor della Corte e della Città, sia data alla Compagnia facoltà di rimandarlo con un regalo, e di farne venire altro al suo posto.
E se il nostro dottissimo Gravina avesse da questo punto riguardata la commedia Italiana del cinquecento, certamente non avrebbe senza veruna riserba avanzato nella lettera scritta al Maffei, che i nostri Comici son di gran lunga inferiori a’ Latini. […] Egli scrisse alcune commedie in prosa nel suo grazioso dialetto nativo mescolato talvolta col Bergamasco, col Greco moderno, e coll’ idioma Schiavone italianizzato; ed è probabile che a simili farse istrioniche avesse la mira il prelodato Marmontel. […] Castilhon avesse avuta più pratica della storia letteraria, avrebbe evitato questo ed altri simili errori, i quali per se stessi leggeri diventano poi spropositi rilevanti in chi presume filosofare sulle nazioni, perchè da’ falsi dati non possono dedursi che conseguenze false, le quali non mai daranno principj e risultati veri. […] Fu strana cosa che l’ enciclopedista Francese Marmontel avesse ciò pronunziato senza pensare e senza leggere. Ma stranissima poi che un Italiano avesse pappagallescamente copiate e ripetute le di lui parole stesse, senza, citarlo, nell’opera intitolata.
Ma oltrachè una falsità è il dire che il sistema musicale dei Greci non avesse se non quindici suoni, essendo chiaro che le pretese aggiunte del monaco italiano altro non avrebber fatto che restituire il diagramma alla sua antica estensione o piuttosto non giunsero neppure ad uguagliarlo, come dimostra evidentemente il Meibomio 24, certo è che siffatta restituzione o ritrovamento non è di Guido, ma d’un altro autore anteriore a lui di più secoli, le parole espresse del quale si rapportano dall’eruditissimo Isaacco Vossio 25. […] Però il Pontefice Marcello Secondo avrebbe scacciata vergognosamente dai templi la musica come cosa profana, se il celebre Luigi Palestrini trattenuta non avesse l’imminente proscrizione, componendo la sua Messa, ove si vede adombrata la decenza e maestà che conviensi ad una musica sacra. […] Egli è chiaro che un bravo compositore se ne dovrebbe trovar imbarazzato per adattarvi sopra un Motivo, che avesse quella unità musicale senza cui non produrebbe il suo effetto.
Non più si collocarono alla rinfusa gli strumenti, né si credette che il numero e la scelta di essi nulla avesse che fare colla espressione, ma si pensò bensì che l’una e l’altra di queste cose contribuissero assai a produrne il total affetto. Partendo dal principio della unità accennata di sopra, conobbero essi che essendo fatto non il canto per gli strumenti, ma piuttosto gli strumenti pel canto, non doveano quelli primeggiar sulla voce del cantore, ma regolarla soltanto, sostenerla, e rinvigorirla; che essendo ciascuno stromento necessario in parte al fine propostosi, non dovea l’uno impedir l’azione dell’altro cosicché il basso, per esempio, affogasse la voce di tutta l’orchestra, o gli stromenti da fiato signoreggiassero su quelli da corda, o questi all’incontro su quelli; che non convenendo mischiare fra loro suoni di diversa natura, faceva di mestieri collocar insieme gli strumenti della medesima spezie, acciò si accordassero meglio e con maggior esattezza suonassero; che i bassi però si dovessero interpolare or qua or là per tutta l’orchestra, giacché da essi dipende la movenza, e l’andamento d’ogni buon’armonia; che non essendo a proposito qualunque sgomento per produrre qualunque suono, bisognava studiar bene la natura di ciascuno per meglio combinarli fra loro, e farli muovere a luogo e tempo; che i subalterni dovevano esser intieramente subordinati al maestro, e posti in maniera che potessero esser tutti insieme veduti e veder anch’essi scambievolmente chi suona il clavicembalo; che bisognava avvezzar di buon ora i sonatori alla giustezza del tempo, e a regolar il loro movimento colla mossa generale degli altri, affinchè l’aggregato de’ suoni avesse quell’unità, senza cui non havvi senso o significato alcun nella musica. […] Antesignano di essa divenne il celebre Antonio Bernacchi, il quale, comechè avesse fievole voce e disadorna, tanto ei seppe fare a forza di studio, che attissima la rese pel canto, nel quale maravigliosamente poi si distinse pel facile spianamento, per l’arte di graduar il fiato, per la leggiadria degli ornamenti, e per la esatta maniera di eseguir le cadenze.
Se il dotto Gravina avesse mirato da questo punto di vista la commedia italiana del cinquecento, non avrebbe senza veruna riserba avanzato nella lettera al Maffei, che i nostri comici son di gran lunga inferiori ai latini. […] Castilhon avesse avuta più pratica della storia letteraria drammatica, avrebbe evitato quest’errore, il quale, per se stesso leggiero, diviene sproposito grave in chi mettendosi a filosofar sulle nazioni, da falsi dati non può dedurre se non falso conseguenze e fondarvi sopra principi non meno falsi. […] E se ne avesse letta pur una l’inesorabile autor del Belisario, avrebbe mai caratterizzata la commedia italiana da non so qual mescolanza di dialetti, gesti di scimia, e gelosia e vendetta italiana?
Ma celebre singolarmente si rendè per trenta libri di satire, nelle quali, allontanandosi da Ennio e da Pacuvio, usò l’esametro senza mescolanza di altri versi nel medesimo componimento, benchè altri ne avesse scritti in versi ora giambici ora trocaici. […] è improbabile che il giovane Cartaginese senza credito avesse bisogno di raccomandarsi a più di uno prima di venire a capo del suo intento? […] Ah s’egli avesse Lasciato mai qualche migliar di scudi. […] Ma chi leggerà attentamente le sei da lui con tanta eleganza e delicatezza composte in Roma, crederà con somma difficoltà che avesse potuto scrivere commedie a centinaja, senza supporre che vissuto fosse sino all’ultima vecchiaja in Grecia, e che avesse trascurato di tornare in Roma dove le sue fatiche erano così bene premiate ed onorate.
Ed il Piccolomini così interpreta sopra la Particella 30: Dal pubblico e dal comune su ordinato un magistrato, il quale avesse cura di quello che ai Poeti Tragici facesse per la recitazione delle loro tragedie bisogno.
E senza lo studio, la natura gli avesse concesso il più felice e completo e insuperabile tra’ doni, l’artista è una canna vuota.
In Tebe di Egitto vuolsi che fosse un teatro, e che di là avesse Pilade tratte alcune novità che introdusse nell’arte pantomimica. […] Non è adunque maraviglia che anche in tempi sì luminosi la drammatica avesse avuti così pochi coltivatori.
Quindi a ragione disse de i di lui talenti drammatici e dello stile Pier Jacopo Martelli: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e si fosse alquanto astenuto da certe figure solamente a lirico convenienti, avrebbe dato che fare a’ Franzesi; ma usando un libero verso senza rima pensò che languito avria senza frase; per sollevarlo dalla viltà lo sviò dalla naturalezza, e diede in nojosa lunghezza, fiaccando il vigor degli affetti per altro vivissimi. […] Sarebbe non per tanto a desiderare che il Caraccio non avesse deturpato quest’importante argomento con un intrigo immaginario amoroso, che minora l’odiosità dell’Angioino in più di un punto dell’azione.
La gelosia invase il cuore del di lei marito, benchè ella fosse di condotta onestissima, e tanto lo predominò, che tentò di ucciderla ; e lo avrebbe fatto, se una combinazione non lo avesse impedito.
[20] È quistione fra i critici illuminati se possano degnamente trattarsi in poesia gli argomenti metafìsici, attesa la difficoltà che si ritrova nel combinare la precisione colla chiarezza, la catena delle idee cogli ornamenti dello stile, e la severità della ragione colle licenze del colorito poetico. né vi mancò un rinomato scrittor francese, che ha sentito molto avanti nella filosofia delle arti immaginative96, il quale condannasse Alessandro Pope per aver trascelto a soggetto delle sue lettere sopra l’uomo una materia cotanto specolativa ed astratta, parendo a lui che più gran senno avrebbe fatto il poeta inglese e meglio assai provveduto alla propria fama se mai non avesse gettata la falce a coglier tal messe97. […] Ma io non avrei che per metà eseguito il disegno di quest’opera se dopo averne additate ai giovani le virtù che possono imitare nel nostro amabil poeta, non avesse anche il coraggio d’indicar loro i difetti, dai quali debbono tenersi lontani. […] Ma qual interesse ho a prendere per gli affettati sospiri di Amenofi, di Barsene, di Cleofile, di Selene, di Megabise, di Tamiri e di tanti e tante che s’amano puramente per formalità e per usanza teatrale, non altrimenti che Don Chisciotte amava Dulcinea da lui non mai veduta né conosciuta, soltanto per non contravenir alle leggi della errante cavalleria, le quali volevano che ogni cavaliere avesse la sua bella? […] Un Aristarco più severo di me risponderebbe forse che con siffatta logica potrebbono farsi passare per eccellenti le commedie del Chiari, e le tragedie del Ringhieri non che i componimenti di Metastasio, essendo certo che quei poeti altro non ebbero in vista che di riscuoter gli effimeri applausi di un volgo stolido di spettatori; che l’accomodarsi al gusto pervertito degli ignoranti non tornò mai in vantaggio di nessuno scrittore; che la superiorità di un uomo di talento si conosce appunto dal sollevarsi ch’ei fa sopra gli errori e i pregiudizi dell’arte sua; che l’irrevocabil giudizio della posterità non ha dato finora il titolo di genio se non se a quelli autori sublimi, i quali sprigionandosi dai ceppi delle opinioni e dei gusti volgari hanno imposto la legge alla loro nazione e al loro secolo invece di riceverla; che infinitamente più laude ne avrebbe acquistata il poeta cesareo, se lottando contro alle difficoltà che opponevano una imperiosa truppa d’ignoranti e l’invecchiata usanza di quasi due secoli, osato avesse d’intraprender una totale riforma nel sistema drammatico, invece di autorizzar maggiormente i vizi attuali coll’abbellirli; e che niuno poteva eseguir il proggetto meglio di lui non meno per l’ingegno mirabile concessogli dalla natura che pel favore dichiarato della nazione, per la protezione d’una corte imperiale, e pel gran numero di musici eccellenti che avrebbero dal canto loro contribuito a rovesciar l’antico edifizio per inalzarne un novello. […] [63] Potrebbono rispondersi più aggiustatamente se ciascuno avesse la parte in iscritto?
Ma celebre singolarmente si rendè per trenta libri di Satire, nelle quali, allontanandosi da Ennio e da Pacuvio, usò l’esametro senza mescolanza di altri versi nel medesimo componimento, benchè altre ne avesse scritte in versi ora giambici ora trocaici. […] È improbabile che il giovane Cartaginese senza credito avesse bisogno di raccomandarsi a più d’uno prima di venire a capo del suo intento? […] Ah s’egli avesse Lasciato mai qualche migliar di scudi. […] Ma chi leggerà attentamente le sei da lui con tanta eleganza e delicatezza composte in Roma, crederà con somma difficoltà che avesse potuto scriver commedie a centinaja senza supporre che vivuto fosse sino all’ultima vecchiaja fra’ Greci, è che avesse trascurato di tornare in Roma, dove le sue fatiche erano così bene premiate ed onorate, ed a qual altro oggetto avrebbe egli recate nella latina lingua tante greche ricchezze?
E se il nostro dottissimo Gian Vincenzo Gravina riguardata avesse da questo punto la commedia Italiana del Cinquecento, certamente non avrebbe senza riserba veruna avanzato nella lettera scritta a Scipione Maffei che i nostri Comici son di gran lunga inferiori a’ Latini. […] Se Castilhon avesse avuta più pratica della storia letteraria, avrebbe evitato questo ed altri simili propositi, i quali per se stessi leggeri diventano poi spropositi notabili in chi presume filosofare sulle nazioni, perchè da’ falsi dati non si deducono se non false conseguenze, le quali non mai daranno risultati veri e principii sicuri. […] Nè il Geloso del Bentivoglio avrebbe dovuto essere da lui ignorato, per poco che avesse l’uso di fornirsi di dati certi prima di fondar principii filosofici: mentre le poesie e le commedie di questo nostro illustre scrittore s’impressero in Parigi dal Furnier l’anno 1719, e si dedicarono da Giuseppe di Capua a monsignor Cornelio Bentivoglio d’Aragona Nunzio di Clemente XI al re Cristianissimo. […] Fu strana cosa che l’Enciclopedista Marmontel avesse ciò pronunziato senza pensare e senza leggere. Ma stranissimo poi che un Italiano avesse pappigallescamente copiate e ripetute le inconsiderate parole di colui senza citarlo nell’opera detta del Teatro proscritta in Roma nel 1771 e ristampata in Venezia nel 1773.
É mai naturale che egli avesse due volte valicato in tempo sì corto uno stretto di sessanta miglia italiane interposte da Ceneo a Trachinia? […] Altre favole conseguirono la corona teatrale ne’ giuochi Olimpici o in Atene, e niuna si vede che ne avesse tratto il nome di coronata. […] In fatti questa città marittima della Tracia era popolata da gente stupida e grossolana per testimonianza di Cicerone, Giovenale e Marziale, sebbene di tempo in tempo avesse prodotti non pochi uomini illustri, come Protagora, Democrito, Anassagora, Ecateo lo storico, Niceneto il poeta, ed altri, de’ quali vedasi Stefano Bizantino alla voce Ἅβδηρα, e il Dizionario Critico di Pietro Bayle. […] Acheo Siracusano fu un altro poeta tragico, che compose dieci tragedie, e si vuole che dal di lui Etone satirico avesse Euripide imitato il suo verso Saturis Venus adest, non iis quos premit fames. […] Se fossero stati semplici individui accresciuti uno per volta, ne seguirebbe che Eschilo non avesse introdotti nelle sue tragedie che due soli attori, oltre il coro, la qual cosa come si è detto sarebbe smentita dalle di lui favole; perocchè nel solo Prometeo alla prima scena intervergono la Forza, la Violenza, Vulcano e Prometeo, cioè quattro personaggi.
Seppe dunque il Marchese rilevare il pregio maggiore della Cristiana religione di perdonare e amare il nemico, prima che Voltaire avesse composta l’Alzira. […] E quando pure la storia gli avesse suggerito questa spezie d’inavvertenza, egli ben sapeva che la tragedia non ripete esattamente la storia, ma la corregge e rettifica nelle circostanze che possono nuocere ad eccitare il terrore e la compassione. […] Salvi (che dicesi che abbia composte altre tragedie ancora) non avesse dimostrato nel Calto ingegno atto a riescire in questo genere, anche da queste osservazioni passeggiere mi sarei astenuto. […] Oreste declama, minaccia, va in furie, fulmina col guardo ardente il tiranno, gli rimprovera il tradimento e la viltà, quasi altro disegno non avesse che d’irritarlo e morire invendicato. […] Monti che è stata una provvidenza che l’ Aristodemo avesse le sue secrezioni perchè non morissero tanti vermi.
Di costui non si è conservata cosa veruna teatrale; ma si vuole che ne avesse scritte a migliaja rappresentate verso il 1579.; di maniera che al Malara più giustamente converrebbe lo stupore de’ Posteri tributato alla fecondità di Lope. […] E quindi tutto asperso di nobile sudore, come se avesse posti alla vista del Pubblico i più bei squarci della Poesia Castigliana, dice trionfando: “Crede il Signorelli che sieno moltissime le Tragedie di quel secolo che possano pregiarsi di altrettanto?”
Quindi a ragione disse Pier Jacopo Martelli de i talenti drammatici e dello stile del Testi: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e si fosse alquanto astenuto da certe figure solamente a lirico convenienti, avrebbe dato che fare a’ Franzesi; ma usando un libero verso senza rima pensò che languito avria senza frase; per sollevarlo dalla viltà lo sviò dalla naturalezza, e diede in nojosa lunghezza, fiaccando il vigor degli affetti per altro vivissimi. […] Sarebbe non pertanto a desiderare che il Caraccio non avesse deturpato quest’importante argomento con un intrigo immaginario amoroso, che minora l’odiosità per l’Angioino in più di un punto dell’azione.
Io converrei secoloro per la seconda accomodandomi alle circostanze del paese, sino a che l’autore non vi avesse sfumate certe tinte risentite d’ipocrisia onde, per altro, ben s’imita l’abuso che fanno i falsi divoti delle pratiche ed espressioni religiose. […] Se egli avesse posseduta fantasia atta ad inventare e disporre acconciamente favole compiute in tanti anni, non l’ha certamente manifestato.
A torto contro di questo genere si sarebbero scagliati Chassiron, Palissot e Sabatier des Castres, confondendolo col larmoyant e colla tragedia cittadina, se la Chaussée avesse con pari felicità proseguito. […] Il Vanaglorioso tradotta in toscano dal Crudeli e lodata con distinzione dal Voltaire è l’altra commedia del Des Touches universalmente approvata; non per tanto forse il Palissot non a torto desiderava che il protagonista avesse un tuono più proprio della gente nobile.
Lo che essi non avrebbero mai eseguito se il desiderio di celebrar la sua Laura nel primo, e di far leggere il suo Decamerone dalle femminette nel secondo, non avesse lor fatto nascere il pensiero di divenire scrittori. […] Una lingua, che avesse come la spagnuola, una opportuna mischianza di vocali, e di consonanti dolci, e sonore sarebbe forse la più armoniosa di tutte le lingue viventi e moderne.»
Seppe dunque il Marchese rilevare il pregio maggiore della cristiana religione di perdonare ed amare il nemico, prima che il sig. di Voltaire avesse composta l’Alzira. […] Un altro critico non meno scorto oppone che lo scopo morale richiedeva che il giusto avesse esito più felice del malvagio. […] Oreste declama, minaccia, va in furie, fulmina col guardo ardente il tiranno, gli rimprovera il tradimento e la viltà, quasi altro disegno non avesse che d’irritarlo, e morire invendicato. […] Ansare si meraviglia che avesse un ferro. […] Se ella allora con impeto da forsennata gettata si fosse avanti del padre, confessato avesse l’iniquo suo ardore, e punito in se stessa l’eccesso decretato dal fato, chi non l’avrebbe compianta ?
Concina si maraviglia di ciò che asserì Cornelio, non parendogli probabile che Plutarco nel parlare degl’ Instituti Laconici avesse tralasciata tale particolarità, se fosse stata vera.
E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che la rendessero in varie cose differente dalla tragedia, dalla pastorale e dalla commedia.
[21] Nondimeno bisogna dir chel’Italia non avesse a que’ tempi presso alle altre nazioni acquistata quella celebrità nella musica, che ha poi nel passato secolo e nel presente ottenuta, poichè le corti straniere, anzi i principi italiani stessi ricercavano con gran premura e con grosse paghe musici e cantori oltramontani. […] [25] Fu dunque l’eccedente amor della patria (il più lodevole fra gli eccessi quando non vien disgiunto dalla giustizia) che mosse il Cavaglier Tiraboschi a dire, parlando della musica, che «agli Italiani del secolo decimosesto dovette il giugnere ch’ella fece a perfezione maggiore assai, che mai non avesse in addietro» 49. […] Consistevano per lo più in cavalcate di convenzione, in fuochi accesi nelle pubbliche piazze o innanzi alle case dei particolari, in anfiteatri o monumenti inalzati con cose mangiative, in fontane di vino che zampillavano nelle strade, in mascherate romorose e grotesche, in musica di tamburi e in tali altri divertimenti fatti più per la plebagia che per uomini cui la coltura avesse ringentilito lo spirito. […] Chi avesse la brillante imaginazione dell’autor della Enrriade paragonerebbe codesti facitori d’ipotesi istoriche agli astronomi che abbracciarono il sistema dei cieli solidi, i quali ad ogni arrivo d’una nuova cometa si vedeano astretti a spezzarne i globi di cristallo per crearne degli altri diversi.
Non saprei dire se La Motte nel comporla avesse avuto presente qualche modello in tale argomento; so però che oltre al poema di Camoens si maneggiò in Lisbona dal Ferreira, ed in Castiglia dal Bermudez e da Mexia de la Cerda, benchè al cospetto della Inès francese spariscano tutte le altre. […] Se egli avesse detto che suo padre si chiamava Narba, siccome ella sperava di sentire, avrebbe in lui riconosciuto il suo Egisto. […] La storia gli avrebbe suggerito qualche Bresciano, se l’avesse saputa46; ma egli lo scelse tra’ Napolitani.
L’autore stesso ha data la più giusta idea di tali sacri componimenti: In essi (ei dice) studiai di far ragionar le persone, e in particolare i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli collo stile delle Scritture, e co’ sentimenti de’ Padri e de’ Dottori della Chiesa, stimando, che quanto meno fossevi frapposto del mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse a destarsi negli animi degli uditori. […] Cornelio e Metastasio hanno soddisfatto compiutamente al loro intento; ma se quest’ ultimo avesse seguite l’orme del primo nella condotta della favola, avrebbe fatta un’ opera fredda di una buona tragedia75.
Non è adunque meraviglia che anche in tempi luminosi la drammatica contati avesse così pochi coltivatori.
E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che in varie cose la rendessero differente dalla tragedia e dalla commedia.
Giacobi Segretario dell’Accademia delle Scienze di Coppenhaghen, e da altri, si trova (checchè ne avesse detto in contrario Olao Wormio nell’appendice al suo trattato de Litteratura Runica) impiegata la rima; il che prova che questa non è affatto, siccome l’hanno asserito il Crescimbeni ed altri, una invenzione de’ monaci del IV o del V secolo.
Aveva del virile nel volto e nei portamenti, onde se talora in abito di giovanetto si mostrava in scena, non era alcuno che donna l’avesse giudicata.
Guarito, pareva che egli avesse perduto la gioventù ed il buon umore.
Concina si maraviglia di ciò che asserì Cornelio, non parendogli probabile che Plutarco nel parlare degl’Istituti Laconici avesse tralasciata tale particolarità se fosse stata vera.
Vincenzo avesse detto ciò nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato facilmente che s’ingannava anche in questo, e che la voce Chamberga potè forse usarsi in proposito di detta Guardia; ma il cappello slacciato, rotondo, e non à tres picos, era stato adoperato dagli Spagnuoli ancor prima dell’epoca di Carlo II.
È poco credibile che Martello, che era giunto a Parigi il 29 maggio29, nel primo mese del soggiorno sulla Senna avesse avuto il tempo di ideare e distendere le prime tre sessioni; tanto più inverosimile l’ipotesi che abbia potuto dialogare con la cultura francese e travasare gli stimoli di quelle conversazioni nelle prime tre ‘giornate’ dell’Impostore. […] Della natura di questa seconda revisione non è possibile, allo stato attuale, dire molto se non ipotizzare che Martello avesse già integrato il passo di Bulinger (III.[90]-[97]) sulla presenza delle donne nel teatro latino in risposta alle critiche giuntegli dai ‘lettori’ parigini37. […] [4.7ED] Le botteghe, che sono in numero quattro volte maggior delle case, fanno di sé medesime una scena assai vaga, che ad ogni passo si cangia e nella quale gli attori sono donne e donzelle leggiadramente abbigliate; e qui conobbi la sterminata possanza di questo gran regno, che se altra città non avesse come ne ha tante potrebbe da questa sola cavare a suo talento gli eserciti e, dopo trenta sconfitte, sostituirne de’ nuovi non meno formidabili e numerosi. […] [4.52ED] Tu rideresti adunque, ma non riderebbe già un cortigiano che mai letti versi non avesse, ma d’esquisita prosa espertissimo fosse, purché la donzella leggesse col punteggiamento dovuto alla distinzione de’ sentimenti; e solamente giudicheria delle frasi un po’ baldanzose e rilevate che quella prosa (e pur saria verso) non fosse candida e moderata di stile. […] Francesco di Assisi, se il Crescimbeni con malizia poetica non l’avesse scoperto per verso e pubblicato ne’ suoi Comentari. [4.54ED] Sai perché?
E se egli avesse potuto debitamente osservarle, avrebbe rettificato in più luoghi le sue teoriche. […] Né giova il dire che i personaggi veri che s’imitano o rappresentano avessero di tali imperfezioni; e che tali quali erano gli avesse rappresentati Shaskepeare, il quale introdusse Riccardo zoppo su la scena. […] Ma come dare o sviluppare quella forza di carattere, che tutta nobilita la persona, che la possiede, e che dovrebbe essere quella di ogni uomo vero, se le opinioni, i costumi, l’educazione e la patria tendono ordinariamente a distruggerlo in chi l’avesse della natura sortito? […] Si dice che Le Kain avesse risposto in tuono tragico all’inchiesta che gli si fece su la salute di non so chi. […] I confidenti, che sembrano i più remoti della sfera dei personaggi principali, si suppongono pur sempre degni di comunicare con questi: e sarebbe grave sconcio se il poeta non gli avesse come tali concepiti; e più sconcio ancora, se come tali non sapesse l’attore rappresentarli.
I nostri artisti se ne prevalgono ognora ne’ canti bellicosi, e il Signor Rameau, benché non avesse posto giammai attenzione al passo di Valerio Massimo, pure m’ha confessato egli stesso che fa toccar di continuo l’anapesto in quelle sinfonie dove cerca di esprimere, imitandolo, il canto sublime e vigoroso di Tirteo. […] E sebbene siffatta ripugnanza altro fondamento non avesse nella maggior parte fuorché un pregiudizio favorevole alla presente maniera di poetare, ella tuttavia era appoggiata sulla ragione e sull’indole stessa della lingua italiana, la quale avendo da lungo rempo acquistate regole di costruzione e sintassi alla sua maniera, non poteva sì agevolmente piegarsi alle leggi dell’antica prosodia senza essere da capo a fondo rovesciata.
Questo famoso Oratore in aringando avea presso di se uno Schiavo con un flauto chiamato Tonorion, per mezzo di cui si rimetteva nel giusto tono, se mai la veemenza del dire l’avesse fatto troppo alzare, o abbassare. […] La vasta erudizione, di cui vi suppongo adornato, non vi farà ignorare, che nel XV. secolo la Pittura, tutto che nelle mani del Masolini, del Masacci, e del Ghirlandai, avesse fatti alquanti progressi e nelle fogge degli abbigliamenti, e nel disegno; tuttavolta deturpava le invenzioni, di tali Artisti una moda meschina d’introdurre nelle antiche Istorie personaggi moderni vestiti alla Fiorenna.
Andres, non trattandosi in essa di pezzenti, ma di ladroni facinorosi; e l’autore non la chiamò del Mendico se non perchè nell’introduzione finse che un poeta mendico l’avesse composta e presentata a’ commedianti. […] I motti di Gay, di Swift, di Dennis, fecero bandir dall’Inghilterra la musica italiana, pretendendosi che ne avesse corrotto il gusto, e cagionato nocumento agli spettacoli nazionali.
Egli fu solo dell’uso: e una favola, che più o meno avesse di cinque atti, può essere egualmente bella che una che seguisse quell’antica divisione. […] Se l’antica tragedia avesse ammesso un minor numero d’atti, non avrebbe rotto sì spesso in quello scoglio. […] Guai a chi avesse ardito in quelle circostanze di chiamare ad esame questa musica novità! […] Meno soffrirei impresari, qualora il teatro avesse molta dote, molta rendita certa. […] Sarebbe sommamente commendabile, che ciascuna nazione avesse de’ drammi composti espressamente per sé.
Pare che per ogni ragione se ne avesse a scemare il numero.
Un giudice che avesse sensibilità e gusto pari alla dottrina, nel leggere il Poema del Tasso, deciderebbe così: “Riguardo all’Iliade domandi a se stesso ogni lettore che penserebbe nel leggere la prima volta l’Iliade e la Gerusalemme, senza sapere i nomi de’ loro Autori nè i tempi, e senza pigliare altro giudice, che il proprio piacere.
In prima egli non istimò composizione di Lessing l’Emilia Gallotti che egli non senza ragione disprezza per le bassezze e le assurdità; ma io credo piuttosto all’alemanno Federigo II il grande, il quale diceva che egli avrebbe stimato più questo scrittore, se non avesse composta Emilia Gallotti.
Federigo II il Grande diceva di Lessing: io lo stimerei, se non avesse composto Emilia Gallotti.
Uno spagnuolo pretendeva che ne avesse prese alcune invenzioni; ma quali? […] Corneille e Metastasio han soddisfatto compiutamente al loro intento ma se quell’ultimo avesse, seguite l’orme del primo nella condotta della Favola, avrebbe fatta un’opera fredda d’una buona tragedia.
A torto contro di questo genere si sarebbero scagliati Chassiron, Palissot e Sabatier des Castres, confondendolo col larmoyant e colla tragedia cittadina, se la Chaussèe avesse con pari felicità proseguito. […] Non pertanto non a torto forse il Palissot desiderava che il protagonista avesse un tono più proprio della gente nobile.
E è l’uomo di buon senso che non deva fremere nel veder per esempio Radamisto che, ferito in un braccio da Tiridate, continua ancora a gestire per tutta l’azione col braccio ferito, come l’avesse pur sano? […] «In ultimo luogo (dice egli parlando d’una comitiva) veniva un gran numero di eunuchi col volto di fanciulli benché fossero vecchi, di colore gialliccio, di fiosonomia disuguale e deforme; attalché, ovunque il popolo si scontrava in codeste truppe di uomini mutilati, malediva la memoria dell’antica regina Semiramide per essere stata la prima a recidere in cotal guisa le membra dei teneri garzonetti, come avesse voluto sforzar la natura distraendola dalle vie istituite da lei che sin dalla prima origine della vita va con tacita legge preparando i fonti della fecondità, onde propagare la spezie.» […] Rispetto ai cori pare bensì che la loro melopea avesse i caratteri del vero canto: I.
In essa prese ad imitare l’Ecuba di Euripide; e par che avesse voluto renderne lo stile più magnifico della Sofonisba. […] Vedesi veramente negli Orazii più artifizio nella condotta, e più forza e delicatezza e vivacità ne’ caratteri e nelle passioni; ma ben si scorge ancora nell’Orazia più giudizio nel tener sempre l’occhio allo scopo principale della tragedia di commuovere sino al fine pel timore e per la compassione; e si comprende che se il Corneille l’avesse anche in ciò imitato, avrebbe fatto corrispondere agli ultimi atti della sua tragedia che riescono freddi ed inutili, a i primi pieni di calore, d’interesse e di passionea. […] E ciò avremmo desiderato che Pietro da Calepio avesse allegato per uno degli ottimi esempi delle tragedie italiane, dopo di avere in alcune di esse ripresa la poca congiunzione dell’atto II col I, e il vedervisi li trattati d’una scena non di rado diversissimi da quelli dell’altra a.
Basta il nome del padre, per capir bene come la povera mamma non gli avesse mai dato scarsella.
Chi crederebbe che Tommaso Cornelio avesse voluto procacciare ad Achille la compassione che dovevasi alla sua morte, mentre in tutta quella favola ad altro pare che non attenda se non a renderlo odioso con dare risalto ora alla sua perfidia verso Briseida, ora alla sua violenza contro Polissena. […] Il simile vedremmo essere avvenuto della Merope, la quale fu delle migliori di quel greco poeta se l’antichità l’avesse lasciata giugnere a nostri tempi. […] Quando egli non avesse peccato come poeta in teologia ha peccato in poesia, perocché le circostanze della divina scrittura si suppongono note e non soggette a quella varietà d’opinioni che s’incontra nella storia umana. […] Si mosse poscia ad usare un numero a quelli somigliante, perciocché, ritrovando generalmente della deformità nelle tragedie italiane degli andati secoli, giudicò che avesse in ciò gran parte l’improprietà de’ lor versi. […] Quando si concedesse che la presunzion giovanile di Romolo avesse potuto appassionare la gente a suo favore (il che come appresso vedrassi è falso) non per questo l’autore «omne tulit punctum».
Si richiede dal tragico, che esprima le passioni, e i caratteri, ma che gli esprima cogli stromenti propri dell’arte sua, cioè col verso, e collo stile poetico; altrimenti s’avesse a dipignere veramente le cose quali furono, sarebbe costretto a far parlar Maometto, e Zaira in linguaggio arabo piuttosto che in francese, in prosa familiare, e non in versi alessandrini. […] Supponghiamo che Carlo VI avesse avuto genio contrario, que’ poeti per secondarlo avrebbero fatto andare tutti i loro componimenti a tristo fine, e dall’esempio loro si sarebbe cavata una regola inviolabile pei suoi successori.
S’egli avesse parlato nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato facilmente che s’ ingannava anche in questo, e che la voce chambergo potè nascere dalla detta Guardia, ma non già il cappello slacciato, perchè prima di tal Guardia il cappello degli Spagnuoli non fu miga à tres picos, come quello introdotto in Ispagna colla venuta di Filippo V &c.
In essi (ei dice) studiai di far ragionare le persone e in particolare i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli collo stile delle scritture e co’sentimenti de’ Padri e de’ Dottori della Chiesa ; stimando che quanto meno fossevi frapposto del mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse a destarsi negli animi degli uditori. […] L’azione naturalmente richiedeva che Elfrida dopo il suo attentato avesse atteso senza indugio a ritirarsi altrove con lui, non già che si fermasse nelle sue stanze. […] Elvira innocente nega di esser suo colla franchezza della verità che basterebbe a dissipare ogni dubbio nel padre, put chè non avesse cattivo concetto della figlia, e non la credesse raffinata nella furberia. […] Comunque sia commendiamo l’imitazione di Calsabigi ; quella al certo, se avesse avuto più tempo, era la maniera di formarsi lo stile dolce e preciso, seguir le vestigia de’ grandi ; ma bisognava adorarle nel tempo stesso nel calcarle, in vece di mordere il piede che le stampa. […] E quando ancora non avesse giovato il sopprimerla, non poteva nuocere e pregiudicare il dramma come esclamò l’autore propositi tenax.
In essa prese ad imitare l’Ecuba di Euripide; e par che avesse voluto renderne lo stile più magnifico della Sofonisba. […] Vedesi veramente negli Orazj più artifizio nella condotta, e più forza; delicatezza e vivacità ne’ caratteri e nelle passioni; ma ben si scorge ancora nell’Orazia più giudizio nell’aver sempre l’ occhio allo scopo principale della tragedia di commuovere sino al fine pel timore e per la compassione; e si comprende che se il Cornelio l’ avesse anche in ciò imitato, avrebbe fatto corrispondere gli ultimi atti della sua tragedia che riescono freddi ed inutili, ai primi pieni di calore, d’interesse e di passione91. […] E ciò avremmo desiderato che il Signor di Calepio avesse allegato per uno degli ottimi esempj delle tragedie Italiane, dopo di avere in alcune di esse ripresa la poca congiunzione dell’atto II col I, e il vedervisi li trattati d’una scena non di rado diversissimi da quelli dell’ altra 98.
Altre favole conseguirono la corona teatrale ne’ giuochi Olimpici o in Atene, e niuna si vede che ne avesse tratto il nome di coronata. […] In fatti quella città marittima della Tracia era popolata di gente stupida e grossolana per testimonianza di Cicerone, Giovenale e Marziale, sebbene di tempo in tempo non avesse mancato di produrre diversi uomini illustri, quali senza dubbio furono Protagora, Democrito, Anassagora, Ecateo storico, Niceneto poeta ed altri mentovati da Stefano Bizantino alla voce Άβδηρα e da Pietro Bayle nel Dizionario Critico.
Pietro Chiari già morto da più anni avesse, come gli conveniva, secondato le sagge vedute del Goldoni migliorandolo soltanto nella lingua, nella versificazione e nella vivacità dell’azione; il teatro istrionico non sarebbe ritornato agli antichi abusi e le maschere inverisimili si sarebbero convertite in comici caratteri umani graziosi e piacevoli.
Credono i Cinesi che l’antica musica del loro paese avesse fatto scender dal cielo l’intelligenze superiori, e cavati dall’abisso gli spiriti. […] Ora come poteva Ovidio temere d’esser deriso alterando la quantità nel nome di Tuticano, se il popolo per una general convenzione non avesse ad ogni sillaba assegnato il suo rispettivo valore?
Se non ne avesse disotterrata alcuna il Quadrio, io non so donde abbiate potuto estrarre sì bella notizia!
Immaginatevi, che, secondando i voti della parte illuminata della Nazione, avesse impreso a introdurre sul Teatro di Madrid Favole quanto vivaci, e ben verseggiate, altrettanto giudiziose, e verisimili.
Noi adunque che sappiamo quel che seppe il Lampillas, e quel che non seppe ancora (e cel perdonino i Lampigliani), gli facciamo avvertire che quì non si questiona se la Spagna col resto dell’Europa avesse avuto alcun codice di leggi, no; ma sì bene, se queste fossero state per più secoli in vigore, della qual cosa non si fa motto nel Saggio Apologetico.
É naturale ch’egli avesse passato in tempo sì corto uno stretto considerabile interposto da un luogo all’altro? […] Ben avrebbe questa contato certamente fra suoi coltivatori più insigni un altro ingegno capace di fecondarlo di nuove maraviglie; se avesse continuato a esercitarvisi il divino Platone, il quale, secondo Eliano, prima di dedicarsi totalmente alla filosofia, fece tre tragedie e una satira, delle quali si componea la Tetralogia necessaria per concorrere nel Certame Olimpico.
Ma coloro che leggeranno con riflessione quelle sei, ch’é compose in Roma sì delicatamente, stenteranno a credere che avesse potuto scrivere commedie a centinaia, senza supporre che fosse vissuto fino all’ultima vecchiaia in grecia, e che non si fosse curato di tornare in Roma, ove le sue fatiche erano sì ben premiate ed onorate. […] Che se poi non avesse finora fatto abbastanza per meritarlo, egli congiungerà Peloro all’Italia, «cacciando in fuga i mari che si frappongono, egli muterà tutto l’Orbe, darà nuovo corso all’Isiro e al Tanai ec.»
Noi dunque che sappiamo quel che seppe il Lampillas, e quel che non seppe ancora (e cel perdonino i Lampigliani) gli facciamo avvertire che quì non si questiona se la Spagna col resto dell’Europa avesse avuto alcun codice di leggi, no; ma sì bene, se queste fossero state per più secoli in vigore, della qual cosa non si fa motto dall’esgesuita Lampillas net Saggio Apologetico.
Ansare si maraviglia che avesse un ferro; Agesistrata ripiglia, due ne recai, e s’uccide. […] L’azione naturalmente richiedeva che Elfrida dopo il suo attentato avesse atteso senza dimora a ritirarsi altrove con lui, non già che si trattenesse nelle sue stanze. […] Elvira innocente nega di esser suo colla franchezza della verità che basterebbe a dissipare ogni dubbio nel padre, purchè egli non avesse sinistro concetto della propria figlia e non la credesse raffinata nella furberia. […] E quando ancora il supprimerla non avesse giovato, neppure potè nuocere, come si querela l’autore propositi tenax, e pregiudicare il dramma nella condotta.
Ciò per altro potrebbe essere giustificato dalle circostanze de’ pensieri e dell’espressioni, sempre che si avesse cura, senza inoltrarla, di non far patire chi ascolta.
L’autore la chiamò opera del Mendico, perchè nell’introduzione finse che un poeta mendico l’avesse composta, e presentata a’ commedianti.
Che se poi non avesse finora fatto abbastanza per meritarlo, egli farà di più, congiungerà Peloro all’Italia, cacciando in fuga i mari che si frappongono, muterà tutto l’orbe, darà nuovo corso all’ Istro e al Tanai &c.
Che se poi non avesse finora fatto abbastanza per meritarlo, egli farà di più, congiungerà Peloro all’Italia, caciando in fuga i mari che si frappongono, muterà tutto l’orbe, darà nuovo corso all’Istro e al Tanai ecc.
Anche Adolfo Bartoli che trovò, come dissi, esagerata la Fama della medaglia, conchiude che l’Andreini non è sicuramente de’rimatori più scadenti che avesse l’Italia nel secolo xvii(?)