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21. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 945-946

– Oh come al giovanile desìo dài legge ed arbitra ti rendi dello spirto indomato ! 

22. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Or per moderare alquanto sì pericoloso concorso, si emanò una legge che niuno potesse sedervi, se non pagava un picciolo prezzo fisso a favore de’ fabbricatori del teatro, perchè si rimborsassero della spesa. I poveri per questa legge rimanevano esclusi e i ricchi pagando per gli poveri approfittavansi di tale occasione per comperarne i voti ed il favore. […] Laonde Eubulo cittadino potente e adulatore del popolo promulgò una strana legge, cioè che chiunque proponesse di trasportare ad uso di guerra il danajo teatrale, fosse reo di mortea Incredibili erano per conseguenza di tanto ardore e di tanta avidità per gli spettacoli, gli applausi le ricchezze, le corone e gli onori che a piena mano versavano gli Ateniesi sui poeti che n’erano l’anima e su gli attori che n’erano gli organi. […] Di questa legge parla Demostene nella III Filippica.

23. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 257-258

Ma, ahimè, l’amica la precedè nel sepolcro, e i parenti, impossessatisi per legge di tutto, cacciaron di casa la padrona vera, la quale andò da prima limosinando, poi fu ricoverata all’ Ospizio di mendicità, d’onde usciva una volta la settimana per andare a pranzo dalla poetessa improvvisatrice Rosa Taddei, sorella del celebre caratterista.

24. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 10-16

Nell’uno e nell’altro caso viene dalla vigilanza della legge corretto e richiamato al dovere. […] Imperciochè in cambio di trattenere il volo dell’immaginazione de’ poeti, la legge gli ha costretti ad uscire dall’uniformità, a spianarsi nuove strade, ed a rendere il teatro più vago, più vario, più delicato.

25. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 565-567

Ed or la stessa sua voce sovrana, all’ orecchio de' fisici eccellenti, Destatelo, suonò con legge arcana d’alti portenti : e ispirati di Cristo alla parola, sommessi a Lui che l’ Universo ha in pugno, obbedian gli educati all’alta scuola del gran Cotugno.

26. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Mediante però la legge del pontefice Innocenzo III riportata nel citato capitolo del Decretale, si conseguì finalmente nel principio del XIII secolo che si abolisse simile contaminazione de’ templi. […] Nella VII Partita per tutto il titolo 3 trattasi de los rieptos (delle disfide), e precisamente nella legge 4 si mostra in qual maniera debba eseguirsi la disfida. […] Ma il sig abate giudica della legislazione Italiana sulle pene del ladro di un cane e di uno sparviere ; nè ciò bastandogli attribuisce a’ Longobardi alcuna legge di altri popoli, cioè de’ Borgognoni. […] Lampillas, e chi gli ha accordato il suo autorevol patrocinio, che questo bel bacio era una legge non de’ Longobardi, ma de’ Borgognoni, e leggesi ne le addizioni ad Ll. […] I) perciocchè in essi si legge, che i canonici di quella chiesa doveano dare in anno quolibet dicte schole duos Clericos sufficientes pro Maria et Angelo, et bene instructos ad canendum in festo fiendo more solito in die Annunciationis ; e i castaldi della scuola erano tenuti pro videre dictis Clericis qui fuerint pro Maria et Angelo, de indumentis sibi emendis per dictos castaliones ; » e nelle parti della medesima scuo la si legge: cantores..

27. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni Teatro. » pp. 12-22

Nell’uno e nel l’altro caso viene dalla vigilanza della legge corretto e richiamato al dovere. […] Imperciocchè in cambio di trattenere il volo del l’immaginazione de’ poeti, la legge gli ha costretti ad uscire dal l’uniformità, a spianarsi nuove strade, ed a rendere il teatro più vago, più vario, più delicato.

28. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

Questa legge fra noi regna in Corinto. […] Un altro de’ più pregevoli frammenti di Menandro parmi quello recato da Plutarco nell’opuscolo de Consolatione ad Apollonium, che noi consultata la traduzione del Silandro così rechiamo in italiano: Se quando al dì la madre tua ti espose Con questa legge tu fra noi venisti, Che a tuo piacer girar dovesse il mondo: Se tal felicità propizio un nume A te promise, a gran ragion ti sdegni: Poichè la fe che ti giurò non serba. Ma se alla stessa legge, a cui soggetto Nasce ognun, tu nascesti; a parlar franco Ti lagni a torto, e tollerar dovresti, E più dritto pensare.

29. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VII. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 418-421

Sconosciuti quasi interamente dal resto dell’Europa i moscoviti, privi di libertà, e immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e ’l bisogno suggerisce.

30. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Abbiamo già osservato che la legge ora dirige ora aguzza gl’ingegni, e l’arte si perfeziona. Ciò però s’intende, quando la legge guidata dalla saviezza gastiga i delitti manifesti, non già quando un’arbitraria indomita passione gli crea, ed infierisce contro l’innocenza, e punisce ne’ deboli i proprii sogni e vaneggiamenti. […] Altro non vi si legge se non che qualche dialogo ma non teatrale, appartenente al secolo XIV e XV.

31. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Mediante però la legge del pontefice Innocenzo III riportata nel citato capitolo del decretale si conseguì finalmente nel principio del XIII secolo l’abolire questa contaminazione de’ templi. […] Nella VII Partita per tutto il titolo 3 trattasi de los rieptos (delle disfide), e precisamente nella legge 4 si mostra in qual maniera debba eseguirsi la disfida. […] Abate giudica della legislazione Italiana sulle pene del ladro di un cane e di uno sparviere; nè ciò bastandogli attribuisce a’ Longobardi alcuna legge di altri popoli, cioè de’ Borgognoni. […] Sappia il Lampillas e chi gli ha accordato il suo autorevol patrocinio, che questo bel bacio era una legge, non de’ Longobardi, ma de’ Borgognoni, e leggesi nelle Addizioni ad Ll. […] Verso la fine del XVI fu pubblicata una legge, per cui i menestrels erranti si considerarono nella classe de’ mendici, de’ vagabondi, delle persone senza mestiere.

32. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 642-645

Cinquanta carrozze borghesi seguivano il feretro, dietro a cui eran tutti i comici del Re della Compagnia italiana, presieduti dal loro decano Giovan Battista Dehesse ; e nel Necrologio del 1769 si legge : Si è detto con ragione che l’indole di Camilla era scolpita sulla sua faccia.

33. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VIII. Commedia turca. » pp. 422-425

In generale l’istituzione de’ collegi tende principalmente a formar le genti applicate alla legge; ma vi si apprende ancora l’aritmetica, l’astrologia, e la poesia, la quale é d’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore soverchio ardite.

34. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 492-494

Una volta, racconta la Borisi, la Compagnia, per non andare in prigione, dovè recitare dinanzi…. all’unico rappresentante della legge per la tutela dell’ordine, entrato, s’intende, a scapaccione.

35. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 283-285

Studiò legge, e senza aver appartenuto ad alcuna società filodrammatica, mostrò sin da piccolo amore grandissimo al teatro di prosa, nel quale esordì come autore, facendo rappresentar di giorno al Malibran per beneficiata del primo amoroso della Compagnia Zocchi e Bonivento un suo lavoro in cinque atti, intitolato Antonio Dal Ponte, fondatore del Ponte di Rialto, sotto il Doge Pasquale Cicogna, ch' ebbe l’ onore di due repliche.

36. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 574-575

Trasecolai nell’ udirla, e qui non la inserisco, perchè scrivo la mia, non quella delle altre ; ma dirò alcuni tratti particolari, che divertir potranno chi legge.

37. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CONCHIUSIONE. Dell’antica storia teatrale. » pp. 239-246

Tutti poi, senza che gli uni sapessero degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incaminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica, la coltivano colle medesime idee generali, favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni, e passano indi a ritrarre la vita civile, ad eccitar ne’ grandi delitti l’orrore e la compassione, a schernire e mordere i vizii de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’amarezza della satira; dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed istruire.

38. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO IV. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 257-261

Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà ed immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e il bisogno suggerisce.

39. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Il Ladislao occupa due mesi o poco più ; sia dunque la legge. […] Nel Ladislao non si estende il ridicolo all’oscenità, e se ne stabilisce la legge X. […] L’Avvocato legge gli articoli 28 in esso stabiliti. […] Il re duro risponde, questa è la legge. […] Edgardo dice, questa è la legge, ed ordina che le s’impedisca il passo.

40. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Osservammo nel tomo precedente, che la legge or dirige or aguzza gl’ingegni, e l’ arte ne acquista perfezione; ma ciò s’intende quando la legge, cioè la ragione, gastiga i delitti, non già quando un’ arbitraria indomita passione infierisce contro l’innocenza, e punisce in essa i proprii sogni e vaneggiamenti. […] Altro non vi si legge se non che qualche dialogo, ma non teatrale, appartenente al secolo XIV e XV. […] Tutti poi, senza gli uni saper degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incamminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica; la coltivano colle medesime idee generali; favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni; passano indi a dipignere la vita civile, ad eccitar ne’ gran delitti l’orrore o la compassione, a schernire e mordere i vizj de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’ amarezza della satira, dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed instruire.

41. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO III. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 38-46

Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà, immersi in una profonda ignoranza sostenuta da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio perse sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello che era sotto i loro occhi, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura ed il bisogno sugerisce.

42. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

La legge è stabilita. […] Arriva Pisani a dire, che un evento disgraziato chiama i tre Inquisitori al tribunale; Montcassin ha violata la legge terribile ai nobili che la trasgrediscono; egli passava le mura del palazzo di Bedmar. […] Contarini gli fa riflettere che l’accusato è condannato dalla legge, e che non dipende dall’arbitrio de’ giudici. […] Capello gli dice: grande interesse avrete avuto ad infrangere la legge. […] Loredano profferisce, che quando anche potesse discolparsi de’ suoi progetti, non sarebbe meno reo di aver contravvenuto alla legge.

43. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIII. Commedia Mezzana. » pp. 141-150

In questa specie di commedia per la legge divenuta più ingegnosa e dilettevole, il Coro, nel quale più che in altra parte soleva senza ritegni spaziare l’acerbità e l’acrimonia, fu tuttavia satirico e pungente.

44. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO IV. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 293-299

Il conte di Chesterfield pronunziò un eccellente discorso contro il bill, che però passò in legge.

45. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1064-1067

Quindi deserte, o mal calcate, ancora Le domestiche scene, un di palestra D’egregia gioventù ; si che la grande Del porger arte, che pur tanta un giorno Parte si fu de l’eloquenza, e tante A Demostene, a Tullio, a Eschine, a Gracco Cure costava, abbandonò ben’anco Accademie e Licei : se pur non vuolsi Arte nomar e gl’ incomposti accenti Ed i lezi e le fredde enfasi ingrate, O i noievoli modi onde un antico Purissimo scrittor legge il pedante, Di come e punti osservator solerte.

46. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO I. LIBRO I » pp. 12-33

Convien confessare che questo innocente, semplice, patetico congedo, desti in chi legge una tenera commozione; e pur si tratta di un congedo da un cavriuolo! […] Questa legge fra noi regna in Corinto.

47. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Fece la spesa l’Università degli scolari di legge. […] La rappresentò messer Ludovico Betti: fece la musica Alfonso Viola: fu l’architetto e dipintor della scena messer Rinaldo Costabili: fece la spesa l’ Università degli scolari di legge. […] Che mi rileva errar per gli ermi boschi che contiene cinque stanze colla rigorosa legge del metro regolare.

48. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622

Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire.

49. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Nel Ladislao il Pepoli si serve della prosa e del verso a norma delle circostanze e della natura, giusta la legge VI: e tutte le favole inglesi di Shakespear, Otwai, Dryden ecc. osservano la medesima legge. […] Il Ladislao per la legge XIV termina lietamente: e tutte le favole spagnuole e tante inglesi ed alemanne sono di lieto fine, e per questa parte ancora sono fisedie. […] Eggardo dice, questa è la legge, ed ordina che le s’impedisca il passo. […] Si sdegna Elfrida, e non a torto, al sentirsi proposto da un re, il quale sempre ha in bocca, questa è la legge, che ella diventi sposa di due mariti. […] Ella dice: Tu non ci sei (nel mondo), e va bene ciò; ma che luogo può avere in tali suoi pensieri quel che si legge ne’ seguenti sette versi?

50. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

Infine era il Signorelli persuaso, che, quando anche nelle Commedie dell’impareggiabile Poeta Ariosto vi fossero alcune cose non totalmente decenti, esse non potessero esser mai tante, quante se ne leggono nelle Commedie Latine, a cagione de’ caratteri che vi s’introducevano, e non pertanto da quasi diciotto secoli l’Europa Cristiana legge, studia, comenta, traduce, ammira Plauto e Terenzio, e se ne raccomanda la lettura alla gioventù. […] Un passo simile si legge nella Confusion de un Jardin del medesimo Moreto.

51. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Osserviamo che Prometeo è un personaggio totalmente buono e benefattore dell’umanità, e che il buono effetto che fè in teatro c’insegna, che sebbene Aristotile ci diede una bellissima pratica osservazione nel prescrivere che il protagonista debba essere di una bontà mediocre mista a debolezze ed errori, non debba però tenersi per legge generale inviolabile, altrimenti ne mormorerà il buon senno che ci porta ad ammirar giustamente il bellissimo carattere di Prometeo, quello di Ajace in Sofocle, ed altri ancora di ottime tragedie moderne. […] Sommo impeto di vigorosa eloquenza scopresi nel coro del medesimo atto primo, e la dipintura vivace del sacco di una città presa per assalto si legge con gran piacere nell’atto secondo.

52. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

E fatto di mano in mano ognora di se maggiore veggiamo ch’egli osa non solo di elevarsi fisicamente entro esile e leggier globo areostatico per le vie de’ venti co’ Mongolfieri e co’ Lunardi, ma che travalica calcolando oltre la terrestre atmosfera, spazia per l’immensità dell’universo, spia e rinviene co’ Galilei, con gli Ugenj, co’ Ticoni, con gli Erschel nuovi pianeti, ravvisa e distingue altre stelle un tempo confuse e impercettibili nel chiarore della detta Via Lattea, rivela de’ corpi celesti i volumi, le densità, le velocità, le distanze, le leggi, misura e previene il ritorno se l’immense ellissi delle comete; in una parola osserva e legge ne’ cieli co’ Cassini, co’ Manfredi, coi La-Lande, coi Toaldi e con gli Oriani, e si solleva quasi al di sopra della sua natura coi. […] Avea l’uomo pastore intento alla custodia del suo gregge il bisogno di occuparsi tutto solo e talora di conversar co’ suoi simili per ozio e per diletto; ed egli s’industriò d’incatenar le parole con certa misura e certa legge, e ne nacquero i versi.

53. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

[3] Posta la prima legge fondamentale del dramma, la filosofia propone a sciogliere il seguente problema : Data la intrinseca unione della poesia colla musica, quai mutazioni debbono sultare da sì fatto accoppiamento in un tutto drammatico. […] Commuove la musica ora imitando colla melodia vocale le interiezioni, i sospiri, gli accenti, l’esclamazioni, e le inflessioni della favella ordinaria, onde si risvegliano le idee, che delle passioni furono principio: ora raccogliendo cotali inflessioni, che si trovano sparse ordinariamente nella voce appassionata, e radunandole in un canto continuo, che è quello che soggetto s’appella: ora ricercando coi suoni armonici, colla misura, col movimento, e colla melodia que’ fisici riposti nervi, i quali con certa ma inesplicabil legge movendosi, all’odio, o all’amore, all’ira, al gaudio, o alla tristezza ci spingono. […] Sa che l’amore indipendente per lo più della riflessione, e della ragione non ha altro domicilio che il cuore, né altra legge che quella, che gli detta l’affetto. […] La prima legge dell’opera superiore ad ogni critica è quella d’incantare, e di sedurre. […] Quindi il suo gusto particolare divenne una legge prima per lo Stampiglia, indi per Apostolo Zeno, e ultimamente per Metastasio, tutti poeti della corte.

54. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVI. Dell’uso delle Antiche Maschere. » pp. 201-212

Anche allora che si mordevano gli estinti, la maschera rappresentava le persone nominate, come quando Aristofane pose in iscena Eschilo ed Euripide già morti, mal grado che vi fosse una antica legge di Solone che vietava di dir male de’ morti.

55. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 65-76

Fe la legge ciò che ormai era tempo che facesse il gusto.

56. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 3-12

Fe la legge ciò che ormai era tempo che facesse il gusto.

57. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Soggiaceva alla pena della legge Cornelia chi avesse castrato un uomo b. […] Ma una filza inutile di nomi di scrittori di opere in musica di tal secolo sarebbe una narrazione ugualmente nojosa per chi la legge e per chi la scrive.

58. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31

Vi si dipinge un sospettoso allevato in campagna, e menato ad un tratto a studiar legge senza l’accompagnamento di altre cognizioni sociali che sogliono ripulire la zotichezza scolaresca, e correggere lo spirito di sottigliezza, e di cautela facile a degenerare in diffidenza. […] L’arte stessa si scerne nel Davide, in cui si legge una robusta descrizione della peste.

59. (1715) Della tragedia antica e moderna

E pure nel teatro latino vi era insin il luogo per le vestali e nel teatro greco vi era una legge a posta perché le donne sedessero nel teatro a vista de’ forestieri, secondo le greche autorità che porta il Bulingero. […] [4.75ED] Né intende già di prescrivere Cicerone nell’Oratore una legge al discepolo per cui la prosa delle orazioni verso divegna. […] Gravina, Della tragedia libro uno era uscito a Napoli, per Nicolò Naso, nel 1715, con dedica ad Eugenio di Savoia (si legge ora in Id., Scritti critici e teorici, a cura di A.  […] [commento_1.4ED] Ovardi… Nortfolc: con ogni probabilità un discendente degli Howard duchi di Norfolk, che, come si legge nel diario di U.  […] Mosca, 1712, p. 8av: «benché la prisca libertate e spirito / le regole mi tolser d’Aristotile / date per legge da’ servili interpreti, / ch’alla ragion l’autorità prepongono, / e con più studio sempre più s’intricano».

60. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179

Altro non vi si legge senonché qualche dialogo, ma non teatrale, appartenente al secolo XIV e XV.

61. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749

E nel chiostro della chiesa di Ognissanti ov’egli è sepolto, si legge su di una parete il seguente epitaffio, fatto da lui stesso incidere in marmo fin dal 1826 : Luigi Del Buono fui – che da vivente destinavo questo marmo – per soprapporsi alla mia fredda salma – presso quest’ara sacra alla gran vergine – in carità prego di recitare – il De Profundis e la seguente giaculatoria – in lode della nostra avvocata – Maria Santissima – che ciò sarà di sollievo all’anima mia – e di merito a quel devoto che la suffragherà.

62. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 743-748

Lasciò tre figliuoli, tutti e tre soggetti di bell’ingenio, duoi dottori, uno di legge, l’altro di medicina, et un prete, ma ornati tutti di belle lettere sì in prosa che in versi !

63. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Il violare una legge vorrà significare al più rendere un Dramma in qualche parte inverisimile, atroce, straordinario, difetti troppo minori dell’esser freddo e noioso». […] E se egli confessa che il pubblico ha ricevuta con applauso, e si legge con piacere, quella di Voltaire dovea avvederli, che senza la Merope del Maffei, senza quella povertà italiana copiata da Voltaire, i Francesi fra tante di loro buone tragedie non conterebbero ancora una Merope degna di nominarsi. […] Vedasi come bene appropria a Tito l’auree parole del gran Teodosio quando quelli abolì una legge antica che dichiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro il principe216. […] La sua rima é discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto lo permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però facili d’adattarsi alla musica.

64. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133

E notabile nel l’atto secondo la scena delle due sorelle Antigone ed Ismene, che disprezzando a competenza la morte accusano se stesse di aver trasgredita la legge. […] Ma per non infastidire chi legge, accenniamo soltanto la memorabile patetica supplica di Priamo ad Achille nel 24 del l’Iliade per ricuperare e seppellire il corpo del lacerato Ettore.

65. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo V. Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI. » pp. 242-251

Fé la legge ciò ch’era ornai tempo che facesse il gusto.

66. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 506-512

No so, come se possa in bona legge Metter chi non offende in derision.

67. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

Le dissonanze, che doveano soltanto usarsi con sobrietà a tempo e luogo, furono prodigalizzate fuor di proposito; si moltiplicarono all’infinito le preparazioni, le risoluzioni, e i passaggi; s’inventarono mille sorta di fioretti e d’ornamenti posticci senz’altra legge che il desiderio strabocchevole di novità, e il capriccio dei musici. […] Così si legge nei titoli “le Vergini di Palestrina”, “il Trionfo dell’Amore dell’Asola” invece di dire “le Vergini del Petrarca poste in musica dal Palestrina”, “il Trionfo d’amore del medesimo modulato dall’Asola”. […] La qual licenza scusabile nel Rinuccini per esser il primo, e perché forse il suo argomento noi comportava altrimenti, pervenne in seguito fino all’eccesso negli altri, come dall’esito lieto che diè alla sua favola non per altro motivo se non perché «ciò gli parvi convenire in tempo di tanta allegrezza» 58 trassero innavvedutamente i suoi successori una legge che lieto esser dovesse il fine di tutti i drammi.

68. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

A tutti scioglierne i dubbi paratamente, e a metter chi legge in istato di giudicare della decadenza attuale del melodramma, d’uopo è fermarsi alquanto intorno alle cause generali di essa per discender poscia a delle particolarità più interessanti. […] Difatti qual diversità d’impiego non trovasi fra il Metastasio e lo Zeno costretti di servire ai capricci d’un popolo spensierato e voluttuoso con quello d’Orfeo e di Terpandro, i quali o richiamavano al suono della lira i selvaggi erranti per le campagne a fine di riunirli sotto una legge ed un culto, ovver guidavano alla testa delle armate un popolo di eroi animandalo colla poetica armonia ai trionfi ed alle conquiste? […] Sovente, al dire di Plutarco, l’armonia non aveva alcun riguardo alle inflessioni della voce, e queste sortivano dalla bocca del cantore senz’osservar la legge degl’intervalli. […] [12] Se non che i componimenti musicali degli antichi Greci benché soggiacessero anch’essi col tempo alla legge di tutte le cose umane, nondimeno conservarono lungamente il loro splendore a motivo della eccellente loro costituzione, e dell’intimo rapporto che avevano insieme tutte le parti che li componevano. […] [13] E incominciando dalla poesia quantunque libera errasse in sul principio e vagante senz’altra regola che l’orecchio, né altra misura che gli spazi di tempo impiegati nel proferir le parole, guari non andò che dall’istinto ammoniti i poeti la frenarono con severa legge e invariabile.

69. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »

Gl’Italiani adunque, attendendo procacciarsi diletto, fecero uso di queste in mancanza di buona musica, allorché essendo conducente il sistema del maraviglioso, e trovandolo di già stabilito a preferenza degli argomenti storici, fu maggiormente promosso nel melodramma, e vi si stabilì come legge propria di tai componimenti. […] Non parlo di quelli del Chiari, quali per la scipitezza loro non possono far né bene né male: nemmeno di quella folla di romanzi francesi, frutto della dissolutezza e dell’empietà, che fanno egualmente il vituperio di chi gli legge, e di chi gli scrive: parlo soltanto dei due più celebri, che abbia l’Europa moderna, cioè la Clarice, e la Novella Eloisa.

70. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

Se non che quivi ancora non osservano termine alcuno che convenga, E libito fan licito in lor legge.

71. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

La prima che propone, è questa che si legge alla p.

72. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 23-39

Convien confessare che questo innocente, semplice, patetico congedo, desti in chi legge una tenera commozione; e pur d’altro non si tratta che di prender commiato da un cavriuolo.

73. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Niuno meglio di lui ha saputo piegar la lingua italiana all’indole della musica ora rendendo vibrati i periodi nel recitativo; ora scartando quelle parole che per esser troppo lunghe o di suono malagevole e sostenuto non sono acconcie per il canto; ora adoperando spesso la sincope e le voci che finiscono in vocale accentuata, come “ardì”, “piegò”, “sarà”, lo che molto contribuisce a lisciar le dizioni; ora framischiando artifiziosamente gli ettasillabi cogli endecasillabi per dare al periodo la varietà combinabile coll’intervallo armonico e colla lena di chi dee cantarlo; ora smozzando i versi nella metà affinchè s’accorcino i periodi, e più soave si renda la posatura; ora usando discretamente ma senza legge fissa della rima servendo così al piacere dell’orecchio e a schivare la soverchia monotonia; ora finalmente adattando con singolar destrezza la diversità de’ metri alle varie passioni, facendo uso dei versi curti negli affetti che esprimono la languidezza, allorché l’anima, per così dire, sfinita non ha forza che basti a terminar il sentimento. […] Là senti le disperazioni d’un genitore, che lacerato da più crudeli rimorsi crede di vedersi ad ogni passo l’ombra insanguinata del figlio morto per cagion sua, che l’inacerbisce e l’incalza; qua vedi le smanie di una madre, la quale per comando di disumana legge condotta a morire, niun pensiero si prende del proprio destino, ma sollevando verso il cielo i non contaminati sguardi, chiede ai numi che accrescano al figlio ed allo sposo quegli anni di vita che a lei barbara sorte contende. […] L’uditore, che sa lo scambievole amore tra Farnaspe ed Emirena promessi sposi sotto gli auspizi del padre che sa gli ostacoli che frappone alla loro unione il conquistatore Adriano; che ha veduta la disgrazia di Farnaspe caduto in mano dei Romani e incatenato da loro per esser creduto l’autore di un incendio eccitato da Osroa nel palazzo imperiale a fine di bruciarvi dentro l’imperatore, che si è trovato presente al tenerissimo rincontro degli amanti in così lagrimevole occasione, e che legge nell’anima di Emirena lo smanioso dolore onde vien giustamente lacerata; non s’aspetterà, cred’io, di doverne ascoltare in mezzo ai sentimenti tragici che ispira una situazione cotanto feconda, delle lunghe dispute sull’accortezza, delle donne paragonata con quella dei cortigiani. […] Un Aristarco più severo di me risponderebbe forse che con siffatta logica potrebbono farsi passare per eccellenti le commedie del Chiari, e le tragedie del Ringhieri non che i componimenti di Metastasio, essendo certo che quei poeti altro non ebbero in vista che di riscuoter gli effimeri applausi di un volgo stolido di spettatori; che l’accomodarsi al gusto pervertito degli ignoranti non tornò mai in vantaggio di nessuno scrittore; che la superiorità di un uomo di talento si conosce appunto dal sollevarsi ch’ei fa sopra gli errori e i pregiudizi dell’arte sua; che l’irrevocabil giudizio della posterità non ha dato finora il titolo di genio se non se a quelli autori sublimi, i quali sprigionandosi dai ceppi delle opinioni e dei gusti volgari hanno imposto la legge alla loro nazione e al loro secolo invece di riceverla; che infinitamente più laude ne avrebbe acquistata il poeta cesareo, se lottando contro alle difficoltà che opponevano una imperiosa truppa d’ignoranti e l’invecchiata usanza di quasi due secoli, osato avesse d’intraprender una totale riforma nel sistema drammatico, invece di autorizzar maggiormente i vizi attuali coll’abbellirli; e che niuno poteva eseguir il proggetto meglio di lui non meno per l’ingegno mirabile concessogli dalla natura che pel favore dichiarato della nazione, per la protezione d’una corte imperiale, e pel gran numero di musici eccellenti che avrebbero dal canto loro contribuito a rovesciar l’antico edifizio per inalzarne un novello. […] [59] Saranno altrettanti requisiti del melodramma che le principesse si travestano sì spesso in pastorelle, e menin la vita loro fra le selve senza contrasto alcuno e senza sospetto; che tanti personaggi vivano sconosciuti, come pare e finché pare al poeta; che tutti si scoprano appunto nelle stesse circostanze, e quasi per gli stessi mezzi; che gl’intrecci siano ovunque e dappertutto i medesimi, cioè una dichiarazio ne d’amore, una gelosia, una riconciliazione ed uno sposalizio, talmentechè chi legge quattro o cinque drammi di Metastasio può quasi dire di averli scorsi tutti quanti che gli scioglimenti riescano non solo troppo uniformi, ma spesse fiate sforzati o troncati, come già il nodo gordiano colla spada di Alessandro.

74. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

Infatti nelle lettere di Casiodoro si legge, che Clodoveo conquistatore delle Gallie, desiderando d’avere appo se musici pregievoli, i quali «sollazzassero la gloria della possanza sua», come s’esprime l’originale, scrisse a Teodorico re d’Italia acciocché gli mandasse alcuno di que’ musici ch’erano alla sua orte. […] Messer Padre Eterno,35 Voi tu dunque salvare Di Belzebutte un germe, un mascalzone, Spilorcio, e crapulone, Che va per le cucine Le pentole fiutando, e del Profeta Se qualchedun gli parla, o della legge, La pancia Ei si tasteggia, e poi risponde: Che legge?

75. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Sommo impeto di vigorosa eloquenza scorgesi nel coro del medesimo atto primo, e la dipintura vivace del sacco di una città presa per assalto si legge con gran piacere nell’atto secondo. […] E’ notabile nell’atto II la scena delle due sorelle Antigone ed Ismene, che disprezzando a competenza la morte accusano se stesse di aver trasgredita la legge. […] Si legge nell’atto primo un breve dialogo di Elena e di Elettra sua nipote, le quali si motteggiano in una maniera poco conveniente al tragico decoro. […] Ecco quel che si legge nella tragedia di Euripide. […] Ma per non infastidire chi legge, accenniamo soltanto la memorabile patetica supplica di Priamo ad Achille nel XXIV dell’Iliade per ricuperare e seppellire il corpo del lacerato Ettore.

76. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Ma siffatti motteggi per la soverchia acrimonia e maldicenza personale abbisognarono col tempo di correzione, e furono dalla legge ridotti al solo oggetto d’instruire e dilettare. […] E la legge quì accennata era quella descritta nella settima Tavola de’ Decemviri: Si quis pipulo centasit, carmenve condisit, quod infamiam faxit, flagitiumve alteri, fuste ferito. […] Roma guerriera, ordinato lo stato della repubblica in libero popolare per la legge Petelia sin dal 419 della sua fondazione, avea successivamente disteso il proprio dominio oltre del Lazio, vinti i Sabini e i Lucani, trionfato più volte de’ Sanniti (vendicando l’onta delle Forche Caudine, cui soggiacquero per essersi fatti rinchiudere in un luogo di cui cercasi tuttavia il vero sito) e cacciato Pirro dall’Italia. […] Il Popolo Romano, anche dopo la legge del Dittatore Publilio Filone, esercitava la somma potestà or ne’ Comizii Tributi, or ne’ Centuriati, or per bocca dell intero Senato. […] L’ingordigia delle madri ruffiane delle figliuole, cui per una legge Imperatoria si dispose che si tagliasse il naso, come anche il costume delle donne prostituite, le quali combattono sovente coll’ amore e colla necessità di guadagnare, sono nella terza scena dell’atto primo e e nella prima del terzo delineate eccellentemente.

77. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Tizio fu contemporaneo di Lucilio, ed aringò al popolo a favore della legge proposta dal console Fannio contra i festini. […] Osserva però il Bayle che Lucilio mentova la legge Licinia stabilita l’anno 656; dunque egli visse cinque o sei anni di più. […] Egli dà ad Antifone il consiglio di farsi citare in giudizio, come se fosse prossimo parente della fanciulla Fannia rimasa povera, ad oggetto di essere in virtù di una legge astretto a sposarla; ed egli difende la pretesa parentela altercando con Demifone padre di Antifone. […] Senza dubbio foscamente avrebbero accennato quel che con più vantaggio si lascia all’abilità dell’attore e al discernimento di chi legge. […] Laonde l’Imperadore Adriano, contro la disposizione della legge decemvirale, trattandosi della legittimazione di un fanciullo nato da una donna d’ incorrotto costume e di non dubbia onestà undici mesi dopo la morte del marito, decretò che il parto si tenesse per legittimo, ascoltati prima molti filosofi; della qual cosa vedasi il III libro al capo sesto delle Notti Attiche.

78. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Non parlando ora dell’indecenza di tali scene, nei sono questi, durezze, negligenze da correggersi, se si vuol procacciáre un’ opportuna illusione in chi vede o legge. […] E’ una legge dell’inferno che il più eccellente in un’ arte occupi la sede di Plutone, pronto a cederla a un altro di maggior nome che sopravvenga: E perchè dunque (dice Santia) Eschilo è così adirato? […] Ogni cosa turpe fra voi vietata per legge, diviene lecita e innocente nelle nostre contrade. […] La legge lo condanna. […] In questa specie di commedia per la legge divenuta più ingegnosa e più dilettevole, il coro, nel quale più che in altra parte soleva senza ritegni spaziare l’acerbità e l’acrimonia, fu tuttavia satirico e pungente.

79. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — TOMO VI. LIBRO IX » pp. 145-160

Nella terza scena del III, in cui si parlano la prima volta dopo la lor divisione Basilio e Chiteria, la tenerezza disgraziata aumenta a maraviglia l’interesse, commuove, e ricerca l’intimo dell’animo di chi legge o ascolta.

80. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

Si vede che non ebbe vigore alcuno in Atene, almeno a’ tempi di Aristofane, quella savia legge di Solone, dalla quale veniva proibito il dir male de’ morti, a cagion che la religione porta a tenere i defunti per sagri, la giustizia a risparmiar coloro che non più esistono, e la politica a non sofferire che gli odj sieno eterni.

81. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

Non parlando ora dell’indecenza di tali scene, nei sono questi, durezzé, negligenze da correggersi, se si vuol procacciare un’opportuna illusione in chi vede o legge. […] È una legge dell’inferno che il più eccellente in un arte occupi la sede di Plutone, pronto a cederla a un altro di maggior nome che sopravvenga. […] In Grecia la vastità de’ teatri dava il comodo agli attori di agire in più luoghi contigui successivamente senza uscire dalla scena; se non si voglia dire che i Greci non si fecero una legge intorno al luogo, lasciando alla discretezza dello spettatore di supporre il passaggio eseguito. […] Ogni cosa turpe fra voi vietata per legge, diviene lecita e innocente nelle nostre contrade. […] La legge lo condanna.

82. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

Ma è da avvertire, che le parole susseguenti all’ imparate, vogliono hauer uniformità con le prime, acciò che il furto paja patrimonio, et non rapina ; onde per far ciò non mi pare auiso sprezzabile una frequente lettura di libri continuamente eleganti, poi che rimane a chi legge una tale impressione di amabilissima frase la quale ingannando chi ascolta, vien creduta figlia dell’ ingegno di chi fauella. Debbe insieme chi legge operar, che l’ intelletto comandi alla memoria che dispensa il Tesoro de’ premeditati concetti nello spacioso campo delle continue occasioni, che la Comedia porge, in quel modo, ch’ egli possa pretender di mieter applauso, et non di raccoglier odio, come fanno certi, che trattano con un servo sciocco, od una femina vile, con quelle forme di dottrine, che solo vanno adoperate con huomini saggi, et di eminente conditione.

83. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

E nel Baschet, a pag. 165, si legge come la Compagnia, che doveva recarsi a Parigi il 1607, avesse stabilito di partire il 30 novembre, ma fosse trattenuta a Torino per un ritardo nell’arrivo degli abiti di Cintio, e non giungesse alla gran Capitale che nei primi di febbraio del 1608.

84. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 484-498

E di tra le tante testimonianze di ammirazione e di gratitudine ch'egli ebbe da tutti i pubblici nostri e di fuori, scelgo il bel sonetto di Paolo Costa che la Direzione degli Spettacoli di Faenza gli offriva il 20 luglio 1861 : a TOMMASO SALVINI insigne attore italiano nel duplice aringo di melpomene e di talia a niuno secondo la direzione degli spettacoli in segno di altissima ammirazione Se avvien che l’uom per questa selva oscura de la vita mortale il guardo giri, e vegga con che legge iniqua e dura amore i servi suoi freda e martiri ; e quale avara ambizïosa cura faccia grame le genti, e i Re deliri, esser non può, se umana abbia natura, che al destin non si dolga e non s’adiri.

85. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Ma siffatti motteggi per la soverchia acrimonia e maldicenza personale abbisognarono col tempo di correzione, e furono dalla legge ridotti al solo oggetto d’istruire e dilettare. […] E la legge quì accennata era quella descritta nella settima tavola de’ Decemviri: Si quis pipulo centasit, carmenve condisit quod infamiam faxit, flagitiumve alteri, fuste ferito. […] Roma guerriera, ordinato lo stato della repubblica in libero popolare per la legge Petelia sin dal 419 della sua fondazione, aveva successivamente disteso il proprio dominio oltre del Lazio, vinti i Sabini e i Lucani, trionfato più volte de’ Sanniti (vendicando l’onta delle Forche Caudine, cui soggiacquero per essersi fatti rinchiudere in un luogo di cui dopo tante produzioni e riproduzioni bramasi tuttavia sapere il vero sito) e cacciato Pirro dall’Italia. […] Il popolo Romano anche dopo la legge del Dittatore Publilio Cilone esercitava la somma potestà or ne’ Comizii Tributi or ne’ Centuriati or per bocca dell’intero Senato. […] L’ingordigia delle madri ruffiane delle figliuole, cui per una legge imperatoria si dispose che si tagliasse il naso, come anche il costume delle donne prostitute, le quali combattono sovente coll’amore e colla necessità di guadagnare; sono nella 3 scena dell’atto I e nella 1 del III delineate eccellentemente, Con pratica e maestria si ritraggono le arti della civetteria nella I scena dell’atto IV: Neque illaec ulli suo pede pedem homini premat: Cum surgat, atque in lectum inscendat proximum, Neque cum descendat, inde det cuique manum: Spectandum ne cui anulum det, neque rogeta.

86. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Tizio fu contemporaneo di Lucio, ed aringo al popolo a favore della legge proposta dal Console Fannio contra i festini. […] Osserva però Pietro Bayle che Lucilio mentova la legge Licinia stabilita l’anno 656; dunque egli visse cinque o sei anni di più. […] Egli dà ad Antifone il consiglio di farsi citare in giudizio come se fosse prossimo parente della fanciulla Fannia rimasa povera, ad oggetto di essere in virtù di una legge astretto a sposarla; ed egli difende la pretesa parentela altercando con Demifone padre di Antifone. […] Senza dubbio foscamente avrebbero accennato quel che con più vantaggio si lascia all’abilità dell’attore, e al discernimento di chi legge. […] Laonde l’Imperadore Adriano, contro la disposizione della legge decemvirale, trattandosi della legittimazione di un fanciullo nato da una donna d’incorrotto costume, e di non dubbia onestà undici mesi dopo la morte del marito, decretò che il parto si tenesse per legittimo, ascoltati prima melti filosofi; della qual cosa vedasi il III libro al capo 6 delle Notti Attiche.

87. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Tullia non solo calpesta le più sacre leggi della natura ed aspira al regno paterno per immoderata ambizione, ma, peggiorandosi nella tragedia la storia stessa, ella spiega la più detestabile avversione contro de’ genitori rinfacciando loro de’ misfatti, ed eccita contro di se l’indignazione di chi legge. […] Sorda e cieca è la legge, dicono i Duumviri nell’atto IV; e bene, dice Publio, si punisca il mio figliuolo, Se la sorella ha de la vita spenta; io stesso, se ciò fusse, il punirei; e i Duumviri ripigliano, E che ha fatto il furioso dunque? […] Non per tanto esse, come ognun vede dal loro titolo, non sempre son tratte da argomenti maneggiati da’ tragici greci, ed apprestano più di una scena appassionata ed interessante; ma io non mi fermo su ciascuna, per non abusare della pazienza di chi legge con formare estratti e critiche di qualunque opera teatrale. […] Qual dio, qual legge è che consenta al figlio Farsi consorte de la madre, e nasca Di lor chi sia fratello e figlio al padre, Ed a la madre sia nipote e figlio? […] Ma quella legge che in diamante saldo Scrisse di propria man l’alma natura, Sola può dare e variar gl’ imperi.

88. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

In un altro dramma del Norris si legge un duetto dove due amanti dimandano, ricusano, ridomandano a vicenda e si danno dei baci. […] Trovasi per ciò di buon’ora stabilita cotal usanza, e celebri si resero in Mantova la Muranesi e la Martinelli, sul sepolcro della quale si legge tuttora una elegante e patetica iscrizione latina fatta scolpire dal duca Vincenzo suo protettore ed amante83.

89. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

Del di lei sale comico prenderà diletto il leggitore a misura che riuscirà negli sforzi che farà per dimenticar, mentre legge, le favole comiche de moderni, e s’internerà nello spirito dell’allegoria. […] In questa commedia per la legge divenuta più ingegnosa e più dilettevole, il coro, nel quale più che in altra parte solea senza ritegni spaziar l’acerbità, fu tuttavia satirico e pungente.

90. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168

Piano (dico io) ; non tanta furia ; nessuno parli senz’esser chiamato ; e perchè si legge (non mi ricordo doue, à carte non sò quante, che vbi non est ordinem, ibi est confusionem) cominciando da’ più degni, chiamo il primo Saturno, che venga à espormi la sua pretensione.

91. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Mentre tanto si deliziano nello spettacolo, mentre si vantano di essere quei fortunati coltivatori che l’hanno sollevato alla maggiore perfezione possibile, mentre si dimostrano pieni di entusiasmo per tutto ciò che ha riguardo alla musica, soffrono ciò nonostante che la parte poetica primo fonte della espressione nel canto e della ragionevolezza nel tutto, giaccia obbrobriosamente in uno stato peggiore di una prosa infelice e meschina, in uno stato dove né il teatro conserva i suoi diritti, nè la lingua i suoi privilegi, in uno stato dove la musica non ritrova immagini dà rendere né ritmo da seguitate, in uno stato dove la ragioni non vede alcuna connession fra le parti, né il buon senso alcun interesse fondato nelle passioni, in uno stato finalmente dove s’insulta ad ogni passo alla pazienza di chi assiste alla rappresentazione, e al gusto di chi la legge. […] E a dirne il vero, quantunque io non gusti nella caricatura dei buffi quel diletto intimo che pruovo nelle lacrime dolci e gentili che mi costrigne a versare una bella musica tragica, e benché per una non so quale disposizione del mio temperamento mi vegga sospinto ad amare nella letteratura tutto ciò che parla fortemente alla immaginazione e alla sensibilità senza curarmi gran fatto di ciò ch’eccita il riso; nulladimeno siccome la prima legge del critico filosofo esser debbe di non istabilire massime generali su casi particolari, e molto meno ritraendole da se medesimo, così, riflettendo ai pressoché incorreggibili abusi dell’opera seria e alla maggiore verità di natura e varietà di espressione che somministra l’opera buffa, concederò volontieri che non deve facciarsi di stravaganza o di cattivo gusto chiunque sopra di quella a questa dasse la preferenza. […] E siccome l’amore è il regno delle donne e l’anima del teatro, così v’avvisarete di fare che il primo uomo sia innamorato della prima donna, e il secondo della seconda; senza codesta legge non ci sarebbe verso di contentar le mie virtuose, le quali vogliono ad ogni modo smaniar un tantino in presenza del pubblico.

92. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

La famosa legge di continuità cui il famoso Boscovich applicò sì felicemente alla fisica, è non meno riferibile alle produzioni dell’arte che a quelle della natura. […] Il motivo si è perché essendo troppo difficile il comprendere in tante strofi un unico pensier musicale, ne verrebbe in conseguenza che non vi si potrebbe nemmeno accomodar un solo motivo; ciascun periodo formando classe a parte nel sentimento ne richiederebbe una particolar cantilena, onde non sussisterebbe più la legge fondamentale stabilita di sopra, cioè l’unità di soggetto e di melodia. […] Per mancanza di studio e di riflessione, per mantenere i pregiudizi che hanno ormai acquistato forza di legge, perché vogliono ridurre a due o tre dozzine di esempi tutte l’arie d’indole e di carattere affatto diverso, facendo come il celebre frate Gerundio 138,‌ il quale trovava nella storia di Taltoc, idolo ridicolo degli antichi Messicani, tutta l’applicazione per la predica dei Corpus Domini, pe’ i suoi parenti ed amici, e per la processione de’ flagellanti che si faceva in Campazas, sua patria. […] Pochi vi sanno dire il perché d’una legge musicale o rendervi la ragion filosofica di una usanza; pochissimi hanno i lumi sufficienti a conoscere i pregiudizi e gli abusi del loro mestiere, o conoscendoli, la buona fede di confessarli.

93. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

Qualunque opera da lui architettata doveva essere legge per tutti.

94. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

In Verona divennero celebri verso la metà del Cinquecento i Filarmonici istituiti o promossi da Alberto Lavezzola a fine di migliorar la musica, come si vede fra le altre cose dalla bizzarra legge che costrigneva gli accademici a sortir qualche volta in pubblico a cantar versi colla lira in mano. […] Il nome d’Alessandro il Grande si legge per confessione dello stesso Signor Abbate, in Rambaldo Vacheiras, in Anselmo Faidit, e in Elia Cairels. […] Nella Introduzione alla storia di Danimarca del Mallet si legge, che Ronvaldo, signore delle Orcadi, e Regner Lodbrog re di Danimarca s’applicarono seriamente a quest’arte. […] Nel primo tomo della storia filosofica e politica di Raynal, si legge, che nel codice antico delle leggi e della religione indiana conservato con tanta gelosia dai Brachmman, o bramini era un articolo, che prescriveva fra le altre prerogative del re anche quella d’avere al suo servigio varie truppe di cotai giullari, ovvero sia poeti , musici e commedianti.

95. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Tullia non solo calpesta le più sacre leggi della natura ed aspira al regno paterno per immoderata ambizione, ma peggiorandosi nella tragedia la storia stessa, ella spiega la più detestabile avversione contro de’ genitori rinfacciando loro de’ misfatti, ed eccita contro di se tutta l’indignazione di chi legge. […] Sorda e cieca è la legge , dicono i Duumviri nell’atto IV; e bene, dice Publio, si ponisca il mio figliuolo, Se la sorella ha de la vita spenta, Io stesso, se ciò fosse, il punirei; e i Duumviri ripigliano, E che ha fatto il furioso dunque? […] Qual Dio, qual legge è che consenta al figlio Farsi consorte de la madre, e nasca Di lor chi sia fratello e figlio al padre, Ed a la madre sia nipote e figlio? […] Ma quella legge che in diamante saldo Scrisse di propria man l’alma natura, Sola può dare e variar gl’imperi.

96. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Si legge nel l’atto primo un breve dialogo di Elena e di Elettra sua nipote, le quali si motteggiano in una maniera poco conveniente al tragico decoro. […] Questo moderno derisore degli antichi si mostra nauseato di quel l’Ippolito che Euripide ci dipinse, sembrandogli un Cavaliere fort peu galant ; e per maggior trastullo di chi ciò legge, dice (pag. 48) colla solita sua sicura lettura e martellata erudizione, che questa tragedia è di Sofocle. […] Ecco quello che vi si legge.

97. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Tito si vale delle parole del Gran Teodosio quando abolì la legge che dichiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro del Principe72. […] La sua rima è discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto lo permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però facili d’adattarsi alla musica.

98. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

Il discorso fu ammirato; ma il bill degli spettacoli passò in legge.

99. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

Dolc’ella sorridendo, mentre mi legge in viso l’alto desio che ardendo tien me da me diviso, rende all’alma il vigore che per dolcezza more.

100. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

Iniziato alle lettere nel liceo di Verona sotto le discipline di Ilario Casarotti, passò poi a studiar legge nell’ Università di Padova.

101. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Don Nicolas Antonio altro di lui non dice, se non che dimorò in Roma in tempo di Leone X, e vi scrisse alcune satire contra de’ cardinali (e nella Propaladia ancor se ne legge una) e dovette scapparne via e rifuggirli in Napoli in casa di Don Fabrizio Colonna.

102. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

[5] Io debbo qui avvertire, o Signore, che la legge della quantità, alla quale s’assoggettavano i musici, non li costrigneva talmente che non potessero allontanarsene un cotal poco. […] [NdA] Questa legge fu costantemente osservata fintantoché i poeti formarono eglino stessi la musica de’ loro versi, ma quando la poesia e la musica si separarono, i musici non ponendo più la medesima cura nell’espressione non ebbero nemmeno il dovuto riguardo alla quantità, e osarono di sminuire, spezzare, e moltiplicare il suono d’una stessa sillaba.

103. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Marmontel, autore di una Poetica che più non si legge in Francia, e s’ignora da per tutto, hanno trovato luogo in una per altro non dispregevole operetta intitolata Del Teatro, proscritta in Roma nel 1771; e ristampata in Venezia nel 1773 presso Giambatista Pasquali. […] Giustamente le ingiurie con altre ingiurie si reprimono: la legge del taglione rende offesa per offesa.

104. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Senza incolpar i lettori di malivolenza né d’ingiustizia (frase inventata dagli autori infelici per vendicarsi dal giusto disprezzo con cui sono stati ricevuti dal pubblico ) io veggo quante accuse mi si possono fare parte provenienti dalla ragione, parte dal pregiudizio di coloro che il proprio gusto vorrebbero a tutti far passare per legge, e parte ancora da quegli uomini incomodi, i quali veggendo le altrui fatiche esser un tacito rimprovero della loro dappocaggine, si sforzano di consolar il loro amor proprio dispregiandole essi stessi, e cercando che vengano dispregiate dagli altri: somiglianti appunto a que’ satiri che ci descrive Claudiano, i quali esclusi per la loro petulanza e schifezza dal soggiorno delle grazie, si fermavano dietro alle siepi sogghignando maliziosamente a quei felici mortali che venivano per man d’Amore introdotti ne’ dilettosi giardini.

105. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42

Adunque addio Eraclidi di Euripide, poichè l’argomento, il piano, il nodo, lo scioglimento, la morte di Macaria, la protezione di essi presa dagli Ateniesi contro di Euristeo, è una storia delle antichità Attiche, che si legge nel I.

106. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252

Vi si dipinge un sospettoso allevato in campagna e ad un tratto menato a studiar legge senza l’accompagnamento di altre cognizioni sociali che sogliono ripulirne la zotichezza scolaresca e correggerne lo spirito di sottigliezza e di cautela facile a degenerare in diffidenza67.

107. (1878) Della declamazione [posth.]

Sotto questo rapporto l’oratore più tranquillo e contento, l’istruttore più riflessivo e più semplice, il narratore di cose che men lo riguardano, non può fare a meno di essere soggetto a questa legge fisiologica. […] Per questa legge fisiologica l’uomo pronuncia, si muove e si atteggia analogamente agli oggetti che più lo feriscono per l’imperio di quell’azione, che gli obbietti esercitano su l’animo nostro, e l’animo nostro sui nostri organi interni ed esterni. […] Quindi legge e contempla beato nella fisonomia di quello i suoi doveri, il suo contegno, le sue speranze ed il suo destino; e le sue parole escono calde, insinuanti, dolcissime. […] Del resto combinate pure, modificate ed analizzate queste e quante altre passioni volete, tutte allo stesso modo e con la stessa legge si esprimono; e quell’analisi, che delle precedenti abbiam fatta, e l’applicazione della stessa teoria e degli stessi principî possiamo e dobbiam fare a tutte quelle altre loro specie o modificazioni, che abbiamo omesse. […] Lo stesso Alfieri, per quanto si fosse lusingato di osservar questa legge, si vide pur suo malgrado necessitato a violarla.

108. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Si legge ne’ nostri libri canonici che gli apostoli promulgassero la legge del Vangelo per mezzo di un’ode saffica, e ballando una qualche contraddanza? […] Il non aver dato al lettore l’importante notizia che i teorici davano due nomi diversi allo stesso intervallo; lo chè in altri termini equivale a condannare uno storico perché nominando Cicerone non s’è presa la cura d’avvertire chi legge, che altri lo chiamarono ancora Marco Tullio. […] Due proposizioni hanno dei rapporti alquanto lontani, ma conciliabili fra loro, non si scorge da chi legge il filo che le avvicina o per pochezza d’ingegno, o per precipitazione di giudizio, e tosto grida “contraddizione”.

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