Lo vediamo il '75 secondo brillante, prima con Bozzo e Checchi, poi con De Ogna e Schiavoni.
Lo vediamo recitare il 1752 la doppia parte di Abenide, giovine selvaggio indiano, e di Un silfo nel Zoroastro di Rameau, tradotto da Giacomo Casanova, e messo in scena da Pietro Algeri (V.
Lo troviamo poi a Genova cogli Uniti il 1614.
Lo vediamo poi, l’autunno e carnovale ’95-’96, qual Pantalone della Compagnia di Carlo Battaglia (V.), sempre al S.
Lo chiamarono comunemente Felicino Sacchetto per distinguerlo da Antonio Sacchi, il celebre Truffaldino, da cui derivò atteggiamenti e arguzie e prontezza nella maschera dell’arlecchino, che sostenne con buon successo e per molti anni in Compagnia Medebach a fianco del brighella Giuseppe Marliani (V.), che gli fu largo di utili ammaestramenti.
Lo vediamo il triennio 1834-35-36 generico primario con Gaetano Bazzi, poi con Gaetano Nardelli, col quale assunse per la morte di Giovanni Boccomini il ruolo di Padre nobile e promiscuo.
Lo vediamo poi a Pavia il giugno del 1810, dove non avrebbe trovato modo di svincolar la condotta impegnata, se non gli fosse venuto in soccorso il proprietario dell’ Arena del Sole di Bologna che lo Zuccato andò a inaugurare il 5 di luglio con gran pompa di preavvisi-fervorini.
Lo vediam primo attore il '47 con Torello Chiari, e caratterista, il '57, con Giovanni Leigheb, e dal '59 al '64 con Francesco Sterni.
Lo troviamo fra i Cavalieri napoletani che l’ultimo sabato di Carnovale del 1629 recitarono la commedia di Alfonso Torello I figli ritrovati (Napoli, presso Egidio Longo, 1629).
Lo troviamo, il 1856, alunno della Scuola di Declamazione di Firenze diretta da Filippo Berti, già preconizzato ottimo attore, specialmente nelle parti d’effetto.
Lo vediamo poi il '60 e il '62 in tournée con la grande cognata Adelaide Ristori.
Lo troviamo, secondo una notizia di A.
Lo troviamo poi nel 1796 primo attore della gran Compagnia, sempre al S.
II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui
Lo vediamo assistere il 20 agosto 1739 al seppellimento di Tommaso Vicentini (Tommasino) il celebre Arlecchino, il 13 settembre 1745 a quello di una figlia dello stesso e il 7 dicembre 1753 a quello di Luigi Riccoboni.
Lo rammento sempre con affetto di sorella e con ammirazione di compagna.
Lo troviamo il ’38 generico primario con Gaetano Nardelli, il ’42 padre e tiranno con Romualdo Mascherpa e il ’43 collo stesso ruolo nella seconda Compagnia Domeniconi, nella quale si unì in matrimonio con Luigia Moretti, figlia di un suggeritore, e dalla quale passò poi in quella dei Fiorentini di Napoli, condotta prima da Alberti e Monti, poi da Alberti e Colomberti, poi dall’Alberti solo.
Lo vediamo il 1593 nella Compagnia degli Uniti, al fianco della Piissimi, la celebre Vittoria, e di Pellesini, il non men celebre Pedrolino, quando chiesero e ottennero licenza di recitare a Genova le loro honeste Comedie (V.
Lo vediamo poi al Nuovo il ’46, autor di libretti come il Bajazette e Giancocozza.
Lo vediam padre nobile e tiranno assoluto, il ’24, nella Reale Compagnia Sarda, nella quale restò poi anche il ’25 a vicenda col Boccomini.
Lo vediamo in capo a tre anni amoroso generico in Compagnia Rossi, poi cinque con Perotti, secondo e primo amoroso.
Lo schiavo del demonio, ovvero ilD. […] Lo troviamo il 1647 a Roma, al servizio di Donna Olimpia Panfili, conduttor della Compagnia, insieme al Buffetto, Carlo Cantù (V.), nelle di cui lettere è riferita la storia dei subbugli, avvenuti in pubblico teatro, e la partenza per Napoli del Napolioni, che seco trasse buona parte di quei comici, da lui, come dice il Cantù, subornati.
Lo vediamo il '55 alla Comedia italiana di Parigi, nella quale esordisce il 1° di gennajo, come amoroso, insieme alla moglie amorosa, nel Double mariage d’Arlequin ; ma recitaron così freddamente, che dovetter tornarsene in Italia. […] Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario.
Lo troviamo agli ultimi del’700, conduttore di una Compagnia, nella quale egli sosteneva la maschera del Brighella.
Lo vediamo in tale ufficio a Modena il 1758, dove immaginò I fuochi teatrali, cioè : Due fontane versanti nella platea le composizioni presenti allusive alle suddette fonti, e ai componimenti suddetti, che pure alludono alle Medesime, siccome all’arme de la serenissima Casa d’Este alle stelle che la circondano, all’ecclissi del sole, ed ai segni del zodiaco, rappresentati dai fuochi sopraddetti, spieganti in generale le glorie della suddetta serenissima casa, alla quale umilmente li dona, dedica e consacra l’ossequiosissimo servidore.
Lo stesso Bellotti Bon non lo potè arrivare.
Lo vediam sempre nella Compagnia del Duca di Modena, insieme al Capitan Fiala (V.), e a sua moglie Marzia, della quale il Narici era parente ; probabilmente fratello (V.
Lo spirito di controversia che animava il Luteranismo, trasportò sulle scene le dispute teologiche, onde nacquero diversi drammi, il Postiglione Calvinista, il Novello asino Tedesco di Balaam, la Commedia di Gesù vero Messia, il Cavalier Cristiano di Eishenben, in cui trovasi la storia di Lutero e dei di lui gran nemici il Papa e Calvino. […] Lo scioglimento è che Prisciano uscito dalle mani de’ teologi scolastici quasi spirante è guarito dall’eleganza, purezza ed erudizione di Melantone e di Erasmo.
Lo vediam poi con Giuseppe Peracchi, col quale stette lungo tempo, poi, del '73, con la compagnia n. 2 di F.
Lo troviamo poi nel 1832 al Teatro Re di Milano, nella Compagnia Goldoni, di cui era capo F.
» Egli è quello stesso che a Torino, al Circo Sales, in compagnia Trivelli, sostenendo la parte di un pescatore nella caduta di Missolungi, dovendo dire : « nell’imperversare della bufera, mi abbandonai alla discrezione delle onde, » disse invece : « nell’imperversare della bufera, mi abbandonai alla descrizione di Londra…. » Lo troviamo padre nobile, nel 1842, della drammatica compagnia condotta e diretta da Angelo Lipparini, poi, nel 1844, in quella di Romualdo Mascherpa ; proprietario nel ’54-55 di una Compagnia discreta, della quale era prima attrice la Vedova-Ristori, e caratterista Luigi Bottazzi, artisti di merito non comune ; e finalmente, nel ’57-58, caratterista e promiscuo della Compagnia condotta e diretta da Valentino Bassi.
Lo dice il Bartoli uomo onorato, e ottimo marito.
Lo spirito di controversia che animava il Luteranismo, trasportò sulle scene le dispute teologiche, onde nacquero diversi drammi, il Postiglione Calvinista, il Novello asino tedesco di Balaam, la Commedia di Gesù vero Messia, il Cavalier Cristiano di Eishenhen, in cui trovasi la storia di Lutero e dei di lui gran nemici, il Papa, e Calvino. […] Lo scioglimento è che Prisciano uscito dalle mani de’ teologi scolastici quasi spirante, è guarito dall’eleganza purezza ed erudizione di Melantone ed Erasmo.
Lo sviluppo è semplice e naturale : le scene di amore caldissime mescolate a quelle della più spontanea comicità : commoventi le scene tra Florisbe e il Conte in prigione, ingegnosa quella in cui la Regina svela copertamente il suo amore al Conte.
Lo stile è facile, ricco di concetti giusti, puro e lontano dalle arditezze che nell’avanzarsi del secolo si posero in moda. […] Io so quel che vo’ dir; la cortesia Lo stringe teco, e meco il lega amore. […] Lo spettatore avrà certamente desiderato in quel punto l’arrivo di Annibale, ed egli in fatti sopravviene, e le donne vogliono che dichiari qual di esse egli ami. […] Lo stesso suo amore con Despina contribuisce ad accrescere la compassione della catastrofe, a differenza della galanteria che illanguidisce tante tragedie Francesi. […] Lo scioglimento prodotto dal racconto di due donne del cambio in culla di Selino si bramerebbe menato con più verisimiglianza.
Lo troviamo poi nel’39 a Bologna, dove, secondo una indicazione nel diario del Barilli (Ricci.
Lo stile è facile, ricco di concetti giusti, puro e lontano dalle arditezze, che nell’avvanzarsi del secolo si posero in moda. […] Io so quel che vo’ dir; la cortesia Lo stringe teco, e meco il lega amore. […] Lo spettatore avrà certamente desiderato in quel punto l’arrivo di Annibale, ed egli in fatti sopravviene, e le donne vogliono che dichiari qual di esse egli ami. […] Lo stesso suo amore con Despina contribuisce ad accrescere la compassione della catastrofe a differenza della galanteria che inlanguidisce tante tragedie francesi. […] Lo scioglimento prodotto dal racconto di due donne del cambio in culla di Selino si bramerebbe condotto con più verisimiglianza.
Lo stesso Ferdinando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sapere del Cotta o del Mena chi avesse composto quell’atto I.
Lo stesso assurdo si nota nel teatro spagnuolo, nel quale il Vejete ha una mascheretta, e si frammischia con gli altri attori non mascherati.
Lo stesso assurdo si nota nel teatro Spagnuolo, nel quale il Vejete ha una mascheretta e si frammischia con gli altri attori non mascherati.
Lo stesso Costetti, lodatore cordiale del Colomberti (I dimenticati vivi della Scena italiana) pur non accettando quel nomignolo, dice che certo, per non dare intero il torto al Bonazzi, si può convenire che nel temperamento artistico di Antonio Colomberti l’ elemento meditativo avesse sugli altri preponderanza.
Lo stesso Paolo Ferrari che me la pose in scena, mi fa i più lusinghieri complimenti.
Lo prego di scusare l’incomodo ; Mille è mille saluti alla gengissima Sig.
» Lo credo io !
Lo sono unicamente quelli che hanno inflessione chiara e sensibile cosicché la loro espressione porti seco un significato da per se che non si confonda con verun altro. […] Lo spettacolo altresì ha gran luogo ne’ suoi componimenti, ma si trae per il comune dai fonti della storia, e i costumi e i riti de’ popoli vengono osservati a dovere. […] Lo è per il primo mercè la gran copia che gli somministra di caratteri o sia di natura imitabile. Lo è per il secondo a motivo della più facile esecuzione sì perché i tratti dell’oggetto rappresentato sono più spiccati e decisivi, come perché ritrova ovunque originali da poter agiatamente studiare. Lo è per il terzo a motivo della ricchezza delle modulazioni che scaturisce dalle stesse sorgenti, e dal non vedersi obbligato ad alterar la natura almeno fino al grado che s’altera e si sfigura nell’opera seria.
Lo stipendio era pagato a quartali anticipati. […] Lo troviam poi nel 1699 a Vienna ; nel 1702 in Augsburgo, dove il 16 maggio ottenne il permesso di poter dare dovunque alcune rappresentazioni in lingua italiana, e nel 1703 ancora a Vienna, assistito dalla liberalità del Principe Elettorale, che si occupava con ogni larghezza delle spese di costumi ecc. ecc.
Lo stesso Pietro Cornelio nel 1634 nella prefazione alla Vedova diceva di non volere nè totalmente seguirle, nè tutta usare la libertà del teatro francese.
Lo stesso Robinet in altra lettera dell’ 8 marzo 1670 ci fa sapere come, tornato Fiorilli d’Italia, e ripreso il suo posto in compagnia, l’attore che lo aveva in quei due anni sostituito, assumesse la maschera del Capitano : Depuis peu l’ancien Scaramouche, qui paroit une fine mouche, est dans sa troupe de retour, et divertit des mieux la Cour.
Lo troviamo il 1681 a Venezia, donde a un segretario del Duca, che voleva la Compagnia a Ferrara, manda la lettera seguente, che traggo inedita dalla mia raccolta : Ill.
Le forti membra assidera Dell’egra etade il gel, E gli occhi immoti fissano Lo scoperchiato avel !
Lo sciagurato vecchio è morto a Verona la mattina del 21 ottobre 1899.
Lo ricordo nel secondo, in cui, nonostante certi difetti di recitazione, emergeva l’antico pregio dell’originalità per alcune parti specialmente, come dell’ Oliviero di Jalin nel Demimonde, in cui non ho mai trovato chi per la eleganza e la verità, lo facesse dimenticare, o del Cavaliere d’ Industria, a proposito del quale, l’ Arte del 28 gennaio '55, in una lettera a Fanny Sadowski, dice : Vi ricordate di Peracchi nel Caralier d’Industria !
Lo vediamo il '79, Pantalone a Londra, non sappiam se solo o con la Compagnia, ma certo al servizio sempre di Don Alfonso,… come ci fa sapere la moglie Anastasia (probabilmente non comica), la quale, lontana dal marito, senza mezzi di sussistenza, e più con cinque creature da allevare, si raccomanda alla solita pietà e munificenza del Duca….
Lo spirito di apologia nemico della verità e del merito straniero imbratta in più di un luogo varie belle opere. […] Lo stesso Fernando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sa pere tra il Cotta ed il Mena chi avesse composto quell’atto primo.
Lo troviamo il 1584 nella Compagnia degli Uniti, come si rileva dalla seguente lettera da Ferrara al Principe Vincenzo in data del 3 aprile, sottoscritta da tutti i Comici Pedrolino, Magnifico, Gratiano, Lutio, Capitan Cardone, Flaminio, Batt.
Lo rimpiangerai…. ma io già non credo che tu voglia davvero voltargli le spalle : sospetto bensì che tu tiri il roccolo per farti esibir maggior paga da X e poi dire con tuono flebile a Domeniconi : Papà mio, mi piange il cuore, ma vedi, mi offrono 500 di più ; io sono pover’uomo, crescimi tu i 500 ed io resto con te fino alla morte.
[3.4] Lo sceneggiare che chiamasi muto è altresì una parte della recitazione, che dipende in tutto dalla propria intelligenza dell’attore; ed esso è, per l’illusione teatrale, tanto importante, quanto importa il non vedere una causa rimanersi inoperosa e senza effetto. […] Lo studio delle maggiori difficoltà della musica dee senza dubbio farsi anch’esso da’ giovani cantori, perché la voce divenga in ogni occasione ubbidiente, perché si dirompa a far quello che pare al di là di sua portata, che pare infattibile.
Lo stesso Erodiano libro V. […] Lo stesso biografo nella Vita di Vitellia c. 12.
Lo spettatore ad ogni finta particolarità corre di volo col pensiero sulle cose reali, e non trovandovi l’originale dell’immagine enunciata, rimane alla prima sospeso, incerto, non persuaso; e se avviene che a misura che l’azione avanza, vada crescendo la distanza del finto dal vero, passa alla indifferenza, indi alla noja e talora al disprezzo. […] Lo scioglimento avviene senza violenza per la volontà del Sultano spiegata in note egizie in quel cerchio medesimo che ha servito alla riconoscenza di Tirsi e Filli.
Lo spettatore ad ogni finta particolarità corre di volo col pensiero sulle cose reali, e non trovandovi l’originale dell’immagine enunciata, rimane alla prima sospeso, incerto, non persuaso; e se a misura che l’azione avanza, vada crescendo la distanza del finto dal vero, passa all’indifferenza, indi alla noja, e sovente al disprezzo. […] Lo scioglimento avviene senza violenza per la volontà del Sultano spiegata in note Egizie in quel cerchio medesimo che ha servito alla riconoscenza di Tirsi e Filli.
Lo stile delle commedie turche é sommamente osceno; ma abbiam veduto, che non son più decenti alcune commedie di Aristofane, le inglesi, e ’l teatro francese prima di Corneille.
Lo stesso Fiorilli, il famoso Scaramuccia, è ricordato negli annali del teatro, con parole di alta ammirazione e di alto stupore ancor più per lo schiaffo ch’egli sapea dare col piede a ottantatrè anni, che per la prontezza e sottigliezza delle risposte.
Lo ricordo nei Borghesi di Pontarcy di Sardou !
Lo stesso suo amante, il nido della tolleranza umana, la bontà personificata, un uomo di miele, fu costretto più volte a batterla come un tappeto, ed erano poche sere che prendendo seco il fresco di notte vicino alla Porta orientale, le aveva scossa la polvere dell’ andrienne co' colpi della sua canna.
Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori; ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, essi corsero appresso ad uno splendore efimero che gli abbacinò e fè loro perdere le tracce del buon sentiero.
Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori, ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, corsero appresso a uno splendore efimero che gli abbacinò.
Lo sciocco lo pronunzia interrotto da singhiozzi, e l’ipocrita lo assevera coll’unzione mendace della dissimulazione.
Lo stesso fervore di una prima rappresentazione noi troviamo in lui alla cinquantesima replica : rade volte, al momento di andare in scena, egli non rilegge all’ uscio d’ entrata o non ripete a memoria la sua parte per addentrarsi nel personaggio.
Lo rivediamo l’estate del '63, del '66 e del '74 in Milano, e al suo partirne, gli furon volta per volta rinnovate le Patenti del Duca.
Lo ammirai prima come autore che come attore : dopo averlo inteso recitare, lo cercai ; non appena lo conobbi, gli volli bene.
Lo sciagurato giovane si rivolse a un piccolo albergo presso la Posta, e domandò da mangiare e da dormire : ma la pallidezza del volto e la povertà del vestire fecer pretendere alla padrona il pagamento anticipato.
Lo stesso Alberti chiama teatro ancor l’edificio che in Fidene rovinando schiacciò intorno a ventimila spettatori, stando Tiberio in Capri; ma Suetonio da lui citato lo chiama espressamente anfiteatro: Apud Fidenas supra XX hominum millia gladiatorio munere amphitheatri ruina perierant. […] Lo stesso in V. […] Lo stesso in V. […] Lo stesso lib.
Lo stesso è delle comparse, che non si vorrebbon mai far andare colà dove i capitelli delle colonne giugnessero loro alle spalle o alla cintola, dove venissero a toglier via l’illusione della scena. […] [Nota d’autore n. 14] Lo scrittore del presente saggio possiede un grosso volume di disegni di questo autore, il quale mostra assai meglio quanto egli valesse, che non fanno tutte le invenzioni che vanno attorno di lui intagliate dal Buffagnotti e dall’Abbati.
Lo stesso Pietro Corneille nel 1634 nella prefazione alla Vedova diceva di non volere nè totalmente seguirle, nè tutta usare la libertà del teatro francese.
Lo seguì il napoletano Cimarosa che vi fu applaudito ugualmente.
Lo vediamo in quest’ anno citato nella sentenza del tribunale statario di Modena, dove si afferma che Carlo Zucchi imputato « assistette alla recezione…. dei comici Velli e Vismara nella setta massonica, non che al conferimento del grado di maestro all’altro comico Mascherpa, sottoscrivendone le relative patenti. » (V.
Lo vediamo, assieme alla matrigna, la Scalabrini, ma non sappiam dire in quale anno, in Compagnia di Pietro Rosa.
Lo posero in una carrozza, avviandosi per quella via, ma poi lo condussero all’ospedale dei pazzi, detto de' Ponti Rossi, mentre lo sciagurato andava ognor ripetendo di voler discorrere al Re.
Lo stile della Ines generalmente è migliore di quello del Romolo; ma essa non ha nè la versificazione nè l’eleganza nè la poesia nè l’abbondanza nè la grandezza nè la delicatezza de’ sentimenti di Giovanni Racine. […] Lo spettatore fu indulgentissimo verso questi argomenti domestici, ne’ quali a tutto andare si piaggia la nazione. […] Lo stile è ineguale e trascurato sovente, e mostra la giovanezza dell’autore. […] Lo comprese Bonaparte sentendola leggere. […] Lo stile nulla presenta che tiri l’attenzione.
Lo stesso Virgilio lo studiò, e ne imitò diverse frasi e invenzioni41. […] Lo riceve poi Argirippo, il quale con questa chiave riapre quell’uscio che l’era stato chiuso in sul viso. […] Lo fa trattenere in disparte, avvertendogli di comparire poichè avrà egli parlato a Dordalo. […] Lo faccia il cielo. […] Lo rapporta il citato Gellio nel lib.
Lo stile delle commedie turchesche è sommamente osceno; ma abbiamo osservato che non sono più decenti le commedie di Aristofane, le inglesi, alcune francesi di Hardi ecc., la Celestina, il dottor Carlino ecc. della Spagna, e la Calandra dell’Italia.
Lo stesso dico della maggior parte delle chiamantisi Anacreontiche, le quali sono tanto lavorate sul gusto di quell’autore quanto sono conformi alla natura i ridevoli sistemi dei filosofi. […] Ma inaspettata sorte Lo estinse in un momento, E come nebbia al vento Tanto furor sparì. […] È dunque vano Lo sperar di vederlo. […] L’empio dimanda amor: Lo sposo fedeltà, Soccorso il figlio.» […] Lo concedo.
Lo riceve poi Argirippo, il quale con questa chiave riapre quell’uscio che gli era stato chiuso in sul viso. […] Lo fa trattenere in disparte avvertendogli di comparire poichè avrà egli parlato a Dordalo. […] Lo faccia il cielo. […] Lo faccia il cielo. […] Lo scioglimento avviene colla riconoscenza del bambino supposto preso da una giovane amata da Dinarco uno degli amatori di Fronesia.
Lo stile delle commedie turchesche è sommamente osceno; ma abbiamo osservato che non sono più decenti le commedie di Aristofane, le inglesi, alcune francesi di Hardi, la Celestina dialogo drammatico spagnuolo, ed il dottor Carlino della medesima nazione, e la Calandra dell’Italia.
Lo abbordai…. « Siete toscano, eh ?
Lo stesso anno (1777), la moglie Teodora partì per Parigi con una figliuoletta di cinque anni.
Lo vediamo alla fine del '58 all’ Apollo di Genova, ove diede il mercoledì 22 dicembre un’ultima rappresentazione compresa nell’ abbonamento del carnevale col dramma di Delavigne, Luigi XI. […] Lo son tutti.
Recitando egli a Pistoia l’estate del ’33 in società con Ferdinando Pelzet, fu pubblicato un opuscoletto di versi e prose, da cui trascelgo la seguente epigrafe, un po’ duretta se vogliamo, in onore di lui : i circhi, i ludi, i teatri in età feroci l’abbondanza della forza esaurivano in tempi codardi il sibaritico ozio molcevano in secoli emergenti dall’orror delle tenebre vita di contradizione mostravano oggi sono riepilogo di tutti gli errori dei tempi allora, ed ora a quei che si porgeano spettacolo del popolo plausi secondo natura de’tempi sinceri ma come noi, l’età future non danneranno dell’età volte la manifestazione di falsa vita, quando sapranno che prorompevamo in solenni encomii per te O LUIGI DOMENICONI che coll’eloquente gesto, colla parola informata da tutte gradazioni del sentimento incomparabilmente a mostrarci l’uomo emulo de’ più celebri scrittori svolgevi l’idee eterne del vero Lo spirito analitico, la coscienza ch’egli metteva in una parte, sapeva mettere anche nelle cose del capocomicato.