Antigone conosciuta per moltissime traduzioni si aggira sugli onori della sepoltura che erano tanto a cuore del l’antichitàa prestati da Antigone al fratello Polinice mal grado del vigoroso divieto di Creonte. […] La fatalità, l’oracolo discolpava il poeta presso i Greci; ma avrebbe Sofocle indebolito il terrore tragico, se avesse rilevato meglio il contrasto delle voci della natura colla necessità di obedire ad Apollo, che dovea fuor di dubbio in tal caso lacerare il cuore di Oreste?
Non era al fine questo dramma se non una traduzione in parte corretta nella quale si cercava il ridicolo negli eventi immaginati con arte anzi che nel cuore umano che ne abbonda. […] La dimora che Moliere fece in corte contribuì all’aumento de’ lumi di lui intorno al cuore umano e a’ costumi nazionali, e disviluppò sempre più il suo discernimento e buon gusto, e ne migliorò lo stile.
Un’ idea del suo idioma abbiamo chiara in questa lettera ch’ei scrive alla sua Lampeggiante Stella È tanto l’ardore, che per amor vostro intorno alla pignatta del mio cuore s’è acceso, che dando negli eccessi, il borbottamento d’ogni mio sentimento, dubito che non crepi : mi sforzo però di dimenar il mescolo del mio affetto per disaccenderlo, ma non faccio nulla, dove che dubito che Buffetto biscottato in amore non vi comparisca avanti. Prima che facci questo strabalzo il trottolante mio cuore, vi supplico cum totam coradellam meam, di farmi avere il vostro ritratto, acciò possa a quello fissare gli occhi con attenzione sviscerata, senza batter palpebra, che ciò facendo (come ne son certo) precipiterà dalle pupille qualche lagrimetta, la quale rinfrescherà alquanto il mio ardore.
Osseviamo in Shakespear la mancanza dell’erudizione supplita dall’ingegno che lo menava a rifletter sull’uomo, ed a studiar i movimenti del proprio cuore, e a dipinger dal vero le passioni.
Un applauso fatto a una compagna le era una trafittura al cuore.
Il grido che questo musico avea levato fece parlar molto di lui, e del suo tentativo massimamente in Firenze in casa di Giovanni Bardi de’ Conti di Vernio, cavaliere virtuoso e liberale, di gran cuore, d’ottimo gusto, di gentilezza somma, di molta cognizione in ogni genere di lettere e conseguentemente stimatore giusto, e amante de’ letterati, a’ quali ogni aiuto e favore somministrava: qualità tutte che per la difficoltà di trovarsi riunite in una sola persona rendono egualmente stimabili ma forse più rari i veri mecenati che i veri geni. […] Che tristo e solo Sol’io piango il mio duolo, L’alma lo sente Sentilo il cuore, E lo consente L’ingiusto amore: Amor sel vede e tace, Ed ha pur arco e face.» […] E dal profondo cuore Con un sospir mortale, Sì spaventoso ohimè!
Strappa il boja il cuore per le spalle al primo, giusta il comando del re, e mostrandolo dice: Tal quiero yo el carnero, aunque no como El corazon del ave que si aturdo. Cava al secondo il cuore dal petto, e dice: Allà Pluton harà con tal conejo Èsta noche la fiesta à sus amigos. […] Molte sono le azioni: di undici interlocutori ne muojono nove: bassi e indecenti, sono i caratteri di Acoreo e di Alessandra: le atrocità si espongono alla vista dell’uditorio: le membra di Luperzio, il cuore, il sangue si presentano ad Alessandra, che è obbligata a lavarsi in quel sangue: i nomi stessi de’ personaggi sono in competenti: Luperzio, Remolo, Ostilio, Fabio non convengono ad Egiziani: lo stile s’inalza fuor di tempo in bocca del Nunzio, e si deprime in bocca di Alessandra e di Acoreo ecc. […] Ne aggiungo la mia traduzione italiana: Dolce violenza e lusinghevot laccio Rapisce e annoda l’anima cattiva, Che ne sospira e geme e plora oppressa Sotto il giogo crudel che scuoter tenta; Non può, non lice, e la sua furia cresce; Serpe il dolce velen nel petto acceso; Fugge gli uomini, il dì fugge ed abborre; Erra solingo, e seco sol favella; Castro ne’ labbri, Castro in cuore, Castro Vede per tutto, e la consorte sdegna. […] A coloro, che il proprio cuore condanna (ων η καρδια αυτων κατα γινωσκει) come diceva l’apostolo san Giovanni epist.
(Oh grandezza tu sforzi il labbro a parlar contro del cuore!)”. […] Nella favola Spagnuola Essex è un innamorato, tuttochè combatta nel di lui cuore l’ambizione e l’amore; ma eroicamente dà per Bianca la vita per non iscoprirla, e soggiace alla morte colla taccia di traditore. […] Ognuno vede che questo atroce misfatto è quell’istesso che commise un mostro Inglese in persona di una Garaiba, la quale oltre all’avergli dato il cuore e il possesso di se stessa, gli avea di più salvata la vita. […] Che delicato contrasto di un orgoglio nutrito sin dalla fanciullezza, e di un amor nascente nel cuore di Diana! […] Invano parimente si cerca nella copia la bellezza della scena della III giornata, in cui Carlo si finge preso di un’ altra e la chiede in isposa, così che la gelosia finisce di trionfare del cuore di Diana.
Mirabile effetto partorì il quinto su gli animi degli spettatori; ma a molti parve che l’orrore giugnesse a lacerare oltremodo il cuore, che dal compiangere uno sventurato è costretto a passare ad inorridire al furioso attentato di Beverlei che in considerare a quale stato di miseria ha egli ridotto il figlio, per liberarnelo, se gli avventa con un pugnale. […] Voltaire diceva di lui che conosceva tutte le vie del cuore, fuorchè la via reale, o maestra.
Veggiamo noi nell’ultime sette commedie singolarmente i quadri inimitabili de’costumi correnti, la verità espressiva de’caratteri, il cuore umano disviluppato con maestria. […] Ma Mercurio prima di ogni altro giudizio propone dì fare colla sua verga una finestrina nel cuore de’giudicandi onde apparisca l’intimo e la sorgente delle azioni. […] Ciuffini che ama la giovanetta e n’è amato, va tastando l’acqua per leggere nel suo cuore. […] Elvira di ciò si meraviglia, dubita, indi si tien ferma in celare il suo cuore. […] Di qual tempera sarà il cuore dell’Andres che pure ha si elegante la penna ?
A queste delicate espressioni sugerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti.
A queste delicate espressioni suggerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti.
Il cuore mi batteva forte, forte : aveva posto l’anima ne’miei occhi.
Una larghissima vena di comicità, che gli zampilla su dal cuore, è entrata per modo nelle sue consuetudini, che non sappiam più se in iscena reciti, o se fuor della scena discorra, tanto si fondono e confondon l’uomo e l’artista.
Uomo di gran cuore, benchè d’umore atrabiliare, si raccomandava a Gueullette in una lettera del settembre 1739 (lunedì), perchè andasse con lui ad assistere il povero Thomassin, Visentini, morente ; e soprattutto per indurlo, prima della morte, a pensare alla sua famiglia.
Ma oltre a ciò io sento coprirmi il cuore d’un sacro orrore, se ella mi presenta un augusto tempio, o d’allegrezza, se una villa deliziosa. […] Il poeta si è talmente investito di quello stato, ch’egli ha cavato dal suo cuore quel medesimo parlare che questo gli suggerirebbe in tali circostanze. […] Ma, mi si permetta il vero, nelle arie propriamente dette egli non sempre è stato attento al linguaggio del cuore, e ‘l buon Omero alcuna volta sonneggia. […] E se fosse stato anche più parco nelle repliche delle parole e nell’uso dagli stromenti, avrebbe fatta una musica teatrale totalmente secondo il mio cuore. […] Ma se ci vengono innanzi d’una maniera aggradevole e interessante, esse scendono senza opposizione nell’imo della mente e del cuore.
Non è già che non iscappassero fuori tratto tratto certi lampi di vera Musica teatrale in molti felici squarci di Recitativi obbligati di più di un Maestro, ma singolarmente del divino Jommelli, ed in certa difficilissima facilità del Vinci, dello Scarlati, del Leo, i quali con quattro note seppero spesso giugnere al cuore. […] In essi recitativi l’Attore o l’Attrice interrompe le parole come sospesa dalla novità de’ pensieri che le sopravvengono, o dalla varietà delle passioni, o dall’orrore del proprio stato, o dalla confusione, e intanto la Musica secondandola ricerca le vie del cuore dello Spettatore. […] Eschilo l’ebbe sommamente a cuore, e cangiò gli alberi e l’ombre de’ Carri Tespiani, e il tavolato di Platina, in un teatro decente, e in una scena opportuna all’ azione.
Ecco quello che dee piacere in ogni tempo; ecco il linguaggio che giugne al cuore, perchè dal cuor parte.» […] Esige dunque che Prassitele ne scelga una parte sola, cioè o il cuore, o il cinto, ciò che fa una situazione poco decente.
Un cuore non indurito da’ pregiudizii verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina, ai di lui discorsi, alla compassionevole contesa con Erminia, ed al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba che trapassa, di Erminia che la sostiene e del figliuolo che bacia la madre, la quale inutilmente si sforza per vederlo l’ultima volta sul punto di spirare. […] Un cuore veramente Romano transparisce in quanto fa e dice Publio, ma quando è in procinto di perdere il valoroso Orazio, l’unico figliuolo che gli rimane, allora mostra tutto il padre, implorando la pietà del Popolo. […] Ma Rapin dovea dimostrare prima di ogni altra cosa, che ne’ tempi della cavalleria non potevano regnare nel cuore umano passioni grandi atte a destar terrore o compassione. […] Riflette poi che Imetra debba aver qualche secreto nel cuore contro al disegno delle sue nozze e di quelle di Dirce, e soggiugne. […] Semiramide all’intenderlo si accende si una rabbia tremenda, ed in conseguenza nel l’atto III minaccia di trarre a Dirce di propria mano il cuore.
Questa preghiera lacera il cuore di Bruto: oh Roma , egli esclama, oh patria! […] In fatti lo stato del cuore di Zaira vien dipinto nelle parole di Nerestano e di Fatima nell’ultima scena. […] Una folla di bastardi Volteriani scimieschi apportarono su quelle scene la decadenza, ed il gusto inglese ne accelerò la ruina, coprendole di mostruosità, di orrori, di ombre, di sepoleri e di claustrali disperati, che in vece di toccare il cuore spaventano e fanno inorridire. […] Tali sono: quella di Medea che propone di avvelenar Teseo ad Egeo che ignora di esser suo figlio; l’artificio di Medea per giugnere al suo scopo rendendosi vie più padrona del cuore di Egeo; quella di Teseo, Pallante e Medea, in cui Teseo con acuta ironia le dice vous fûtes mère , rimproverandole la strage de’ proprii figli; quella di Teseo riconosciuto dal padre alla presenza del popolo e de’ sacerdoti. […] Il cuore di Capello è lacerato da doveri contrarii di giudice imparziale, e di amante sventurato.
Ah in mezzo al cuore Impresse io porto le preghiere estreme Che per Gliceria Criside mi porse. […] Deh per questa destra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore, Per la tua fe, per questa istessa, Panfilo, Derelitta fanciulla, io ti scongiuro; Deh non l’abbandonar, se qual fratello Sempre io ti ami, s’ella te solo apprezza, Per te respira, a’ cenni tuoi s’acqueta. […] Mirabile nella seconda scena dell’atto primo è il ritratto della buona moglie che giugne a cancellare dal cuore di un marito l’amor di una cortigiana: . . . . . . […] Debbe nell’ Ecira ravvisarsi un ottimo modello della commedia tenera, la quale richiede un poeta di cuore assai sensibile e dilicato; genere che presso gli accennati oltramontani è degenerato in una poco plausibile e ben difettosa commedia larmoyante. […] E di un’ aria sì modesta e graziata che non si può dir cosanè più vaga nè più vezzosa; e perchè ella sembravami dolente sopra l’altre, e sopra l’altre nobile e signorile, mi feci a domandarne le femmine di seguito: ma in udire da loro essere una sorella della Fulvia, sì mi sentii subito un tocco al cuore: oh oh, dissi allora tra me, qui gli cadde l’ago; ecco la fonte di tante lagrime; ecco donde nasce quella sua tanta compassione.
In un monologo pieno di un patetico che giugne al cuore, dice la pastorella nella scena prima del II: Ay!
E così in Fedora, mentre la protagonista agita nel cuore atroci propositi di vendetta, mentre si dibatte disperata fra la passione nascente ed il rancore, mentre prepara sapientemente la rovina dell’uomo che l’adora, ella non ci parve vivere intensamente la vita del personaggio rappresentato : laddove nel terzo e nel quarto atto fra lo spasimo per la rivelazione di Loris e le torture del rimorso per il male irreparabilmente compiuto, la vedemmo salire ad un grado di potenza drammatica degno veramente di una grande artista.
(Oh grandezza tu sforzi il labbro a parlar contro del cuore!) […] Nella favola spagnuola Essex è un innamorato, tuttochè combatta nel di lui cuore l’ambizione e l’amore; ma eroicamente dà per Bianca la vita per non iscoprirla, e soggiace alla morte colla taccia di traditore. […] Ognuno vede che questo atroce misfatto è lo stesso che commise un mostro Inglese in persona di una Caraiba, la quale oltre all’avergli dato il cuore e il possesso di se stessa, gli avea di più salvata la vita. […] Che delicato contrasto di un orgoglio nutrito sin dalla fanciullezza, e di un amor nascente nel cuore di Diana! […] Invano parimente si cerca nella copia la bellezza della scena della III giornata, in cui Carlo si finge preso di un’ altra e la chiede in isposa, così che la gelosia finisce di trionfare del cuore di Diana.
Aristodemo ne ode la notizia col contegno di un eroe che sebbene sensibile alla sventura di Arena, ha pure il pubblico bene nel cuore, e mostra che se mancasse Arena (giacchè Licisco protesta non esser del suo sangue) non ricuserebbe di dar per vittima la figlia. […] Quest’energia, questo tragico trasporto tratto destramente dal fondo del cuore umano desta l’utile terrore della tragedia, e non dovea esser negletto da chi cerca le bellezze tragiche ne’ componimenti de’ trapassati.
La gelosia invase il cuore del di lei marito, benchè ella fosse di condotta onestissima, e tanto lo predominò, che tentò di ucciderla ; e lo avrebbe fatto, se una combinazione non lo avesse impedito.
E con questo fo fine ricomandandomegli di tutto cuore.
Ma eccolo dal '56 al '60, i quattro anni che accrebbero e cementarono la sua riputazione di artista, con Cesare Dondini, di cui diventa socio più tardi, a fianco di Clementina Cazzola, che doveva poi essere la donna del suo cuore e la madre dei suoi figli.
Ah in mezzo al cuore Impresse io porto le preghiere estreme Che per Gliceria Criside mi porse. […] Deh per questa destra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore, Per la tua fe, per questa istessa, Panfilo, Derelitta fanciulla, io ti scongiuro; Deh non l’abbandonar, se qual fratello Sempre io ti amai, s’ella te solo apprezza, Per te respira, a’ cenni tuoi s’acqueta, Prendila, a te la dò, tu a lei sarai Amico, protettor, marito, e padre. […] Mirabile nella 2 scena dell’atto I è il ritratto della buona moglie che giugne a cancellare dal cuore di un marito l’amor di una cortigiana: Atque ea res multo maxume Disjunxit illum ab illa, postquam et ipse se, Et illam et hanc, quae domi erat, cognovit satis. […] Debbe nell’Ecira ravvisarsi un ottimo modello della commedia, tenera, la quale richiede un poeta di cuore assai sensibile e delicato; genere che presso gli accennati oltramontani è degenerato in una non plausibile e ben difettosa commedia larmoyante. […] E di un’aria sì modesta e graziata che non si può dir cosa nè più vaga nè più vezzosa; e perchè ella sembravami dolente sopra le altre, e sopra le altre nobile e signorile, mi feci a domandarne le femmine di seguito: ma in udire da loro essere una sorella della Fulvia, sì mi sentii subito un rocco al cuore: oh oh, dissi allora tra me, quì gli cadde l’ago; ecco là fonte di tante lagrime; ecco donde nasce quella sue tanta compassione.
Un cuore non indurito da’ pregiudizj verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina, a’ di lei discorsi, alla compassionevole contesa con Erminia, ed al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba che trapassa, di Erminia che la sostiene e del figliuolino che bacia la madre la quale inutilmente si sforza per vederlo l’ultima volta sul punto di spirare. […] Un cuore veramente Romano trasparisce in quanto fa e dice Publio; ma quando è in procinto di perdere il valoroso Orazio, l’unico figliuolo che gli rimane, allora fa vedere tutto il padre, implorando la pietà del popolo. […] Ma Rapin dovea dimostrare prima di ogni altra cosa, che ne’ tempi della cavalleria non potevano regnare nel cuore umano passioni grandi atte a destar terrore o compassione. […] Riflette poi che Imetra debbe aver qualche secreto nel cuore contro al disegno delle sue nozze e di quelle di Dirce, e soggiugne, faccia La sua fortuna, anzi la lor fortuna Ch’io non discopra in ciò cosa diversa, Non pur contraria al desiderio mio; Che a Dirce, a lei, a Nino istesso, a quanti Colpa n’avranno, io mostrerò che importi Il macchinar contro il voler di donna Che possa quanto vuol. […] Semiramide all’ intenderlo si accende di una rabbia tremenda, ed in conseguenza nell’ atto III minaccia di trarre a Dirce di propria mano il cuore.
E che peggio mi potriano Far, se già m’han levato il cuore e l’anima? […] Ecco ciò che con filosofica franchezza disse quel Francese degl’ Italiani: Un popolo che per gran tempo ha posto il proprio onore nella fedeltà delle donne (io son pronto a mostrare ad un bisogno a quest’ enciclopedista, che tutta l’Europa, e singolarmente i Francesi, hanno in certo tempo posto il proprio onore nella fedeltà delle donne), e nella vendetta crudele de’ tradimenti amorosi (e pure dovrebbe sapere l’autore del Belisario che non sono stati Italiani quelli che hanno portato più d’una fiata sulla scena a’ giorni nostri i Fajeli che per gelosia strappano il cuore agli amanti delle Gabrieli di Vergy) per necessità dovè inventa e nelle commedie intrighi pericolosi per gli amanti, e capaci di esercitare la furberia de’ servi. […] Tu vedi che la tua immagine mi stà continuamente nel cuore. […] Chi non senta a questa lettura correr sugli occhi suoi copiosamente le dolci lagrime della più delicata tenerezza, dica di sicuro di avere il cuore formato di assai diversa tempera da quella che costituisce un’ anima nobile. Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’ analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento.
Aristodemo ne ode la notizia col contegno di un eroe che sebbene sensibile alla sventura di Arena, ha pure il pubblico bene nel cuore, e mostra che se mancasse Arena (giacchè Licisco protesta non essere del suo sangue) non ricuserebbe di dar per vittima la figlia. […] Quest’energia questo tragico trasporto tratto destramente dal fondo del cuore umano, desta l’utile terrore della tragedia, e non poteva esser negletto da chi cerca le bellezze tragiche ne’ componimenti de’ trapassati.
In un monologo pieno di un patetico che giugne al cuore, dice la pastorella nella scena prima del atto II : Ay! […] Piacevoli trovo tutte le scene del vecchio don Rocco col suo domestico Muñoz; eccellenti quelle d’Isabella col suo amante e specialmente la dodicesima dell’atto I, e l’undecima dell’atto II; delicatamente espressa l’angustia d’Isabella astretta dal vecchio a parlare all’amante, mentre egli da parte ascolta ed osserva, la quale scena, benchè non nuova, produce tutto l’effetto; commovente quanto comporta il genere comico è la scena in cui Isabella ode il tiro di leva del vascello nel quale è ito ad imbarcarsi l’amante; finalmente tira tutta l’attenzione l’ottima aringa d’Isabella, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’inganno del tutore, assegna le ragioni di non essersi ella spiegata liberamente, rifondendone la cagione all’educazione che si dà alle donne, onde si avvezzano alla dissimulazione.
A questo punto disastroso giugne un servo dabbene, e stando già presso alla soglia, senza veruna prevenzione dell’accaduto, ode i gemiti e le grida della meschinella in procinto d’infantare, e come uomo di buon cuore e pieno di affetto per la famiglia prende parte nella di lei sventura, teme, si adira, sospetta, compassiona e si attrista.
.), proprio al tempo in cui il Vestri era nella Compagnia Reale Sarda, accusandone piuttosto il pubblico che l’artista ; ma poi, dopo di aver detto che Vestri sa commovere il cuore quando la circostanza d'una scena patetica lo esige, conclude : nessun altro attore in Italia, al pari di lui ha saputo destare tanto diletto nelle parti ridicole, e cattivarsi l’aura popolare.
Non somministrando il cuore altri sentimenti che quelli che può infatti somministrare, fa di mestieri sostituire il linguaggio della immaginazione e dello spirito che signoreggiano ampiamente nel teatro moderno, dal che deriva la rovina della musica e della poesia; poichè siccome questa altro non fa sentire per il comune che l’“idolo”, il “nume”, il “rio destino”, le “stelle infauste”, gli “astri tiranni”, le “ritòrte”, le “catene”, la “prigionia d’amore” con siffatti riempitivi dell’affetto e del metro, così quella si riduce quasi tutta ad ariette inzuccherate e a rondò. […] Tutto ciò deriva dalla eterna providenza di colui che, reggendo con invariabil sistema le cose di quaggiù, mette un perfetto equilibrio fra gli esseri morali, amareggiando col sospetto, col rimorso, colle spinose e tacite cure la condizione de’ potenti schiavi sempre della fortuna e del pregiudizio nell’atto stesso che alleggerisce i disagi involontari del povero colla maggior apertura di cuore, indizio d’un’anima più ingenua, e colla non mentita allegrezza, indizio d’uno spirito più contento. […] L’eunucare un povero poeta che non ha fatto alcun male, è crudeltà che ripugna al buon cuore.
O fortuna inconstante, o corso variabile, o speranze di vetro, o sorte nemica a’ miei desiderj : qual cuore di durissima selce, saldo alle più dure lagrime non verserà per gli occhi duo vivi fonti d’amarissimo pianto ? […] Quegli occhi, che vibrano saette hanno pertuggiato, succhiato, bucato, perforato il cuore al cuore di tutti i cuori miei ; la bocca è un Fialone, ove fanno nido le Grazie ; e Amore fatto ape vola al Ozimo, o Basilico di frondi grandi per suggere il miele dall’alma del fiore di Zumpano (Casale di Cosenza), le tue narici son pezzi d’artiglieria, che sbarando, e colpendo in questo petto fanno un dirupo della Casa matta della Bravura del Mondo.
Perlochè avendo io divisato di far conoscere ne’ seguenti capitoli quanto questi abbiano contribuito alla totale rovina del melodramma, e incominciando presentemente dalla composizione, io dico che il primo e capitale difetto dell’odierna musica teatrale è quello di essere troppo raffinata e poco filosofica proponendosi solamente per fine di grattar l’orecchio e non di muovere il cuore, né di rendere il senso delle parole, come pur dovrebbe essere il principale ed unico uffizio della musica rappresentativa. […] E le circostanze particolari che danno sì gran mossa e vivacità alla eloquenza di Virgilio, come sarebbe a dire, le strane vicende per le quali è pervenuto quel ferro da i campi di Troia fino ai lidi di Cartago, il diverso fine cui serbavalo Enea, lo sfortunato e miserabil uso che ne fa Didone, l’eccesso di passione che la guida a troncare sì lagrimevolmente i suoi giorni, l’avvenenza, le grazie e le altre ragguardevoli doti che degna rendevano la bella regina d’assai più lieto destino, i benefizi renduti da essa al principe troiano, e l’ingratitudine imperdonabile di costui verso una principessa cotanto amabile, mille altri aggiunti insomma che feriscono, a così dire, il cuore a colpi raddoppiati, e dall’aggregato de’ quali risulta poi nello spirito quella sensazione complessa che ci intenerisce e ci attacca agli oggetti imitati; tutto ciò, io dico, è intieramente perduto per gli strumenti. […] ma l’orchestra dirà all’afflitta principessa in altro linguaggio che quella barbara sentenza «Sulle labbra gli sta, ma non sul cuore». […] [14] La seconda è quella ridondanza eccessiva di accordi, quel pleonasmo, a così dire, di sensazioni con cui si vorrebbe accompagnar le parole, onde invece di rinvigorir l’espressione, altro non sì fa che indebolire l’effetto, poiché, siccome s’accennò nell’antecedente capitolo, la simplicità che richiede la musica vocale ad ottener il suo intento, viene distrutta dall’apparato armonico che esige la strumentale, la quale, essendo imperfetta nella sua imitazione, debbe ricompensare cotal mancanza coll’artifizio dando all’orecchio tutto ciò che non può concedere al cuore.
La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico, e fanno desiderare che si producano. […] Il pentimento de’ figli più inconsiderati che colpevoli di tradimento, lacera il cuore di si gran padre sensibile al pari di ogni altro ove non si tratti della patria. […] Il più rigido filosofo non prescriverebbe rimedj più attivi di quelli che a se Mirra stessa impone per seppellire nel fondo più cupo del cuore la sua passione fatale e per trionfarne. […] Non ci voleva che l’Alfieri sagace investigatore del cuore umano a trattar quest’argomento scabroso e detestabile colla più dilicata decenza. […] Elvira si maraviglia di ciò che ascolta, entra in qualche dubbio, e pur dovrebbe fidarsene, e si tien ferma in celare il suo cuore.
Dipigne benissimo le delicatezze e i piccioli nulla degl’innamorati, tirando fuori dal fondo del cuore umano certi tratti così naturali e proprii dell’affetto, che riescono inimitabili.
Cantavansi i drammi greci, e i filosofi e i grand’uomini di allora, i Socrati e i Pericli che vi assistevano, non mai dissero con cuore di ghiaccio, come ora dicono i filosofastri, che improprietà!
Nell’atto terzo ne mantiene l’interesse la scena in cui Ati divenuto Gran Sacrificatore si dimostra poco sensibile a’ favori della fortuna, e nel sentire che Sangaride piange pel suo imminente imeneo e pensa a palesare il proprio amore, Ati con poche voci mostra lo stato del suo cuore, Je souhaite, je crains, je veux, je me rèpens.
Io sarò intrepido, sarò forte contro all’invidia e alla tua inimicizia, e mi lagnerò sol quando mi farai vedere che questa sia cessata ; sono avvezzo a vedermi trattar male, e sconoscere gli affetti del mio cuore, ma ho tanta superbia, tanto orgoglio, e forza per calpestare la serpe che mi morde.
Come avrebbe potuto, egli, così ricco d’intuito artistico, riproduttor della vita sulla scena fin da giovinetto, staccarsi per sentimento d’imitazione da quella sua espressione d’arte, che amava profondamente, perchè espressione del suo cuore e del suo pensiero ?
[5] C’è non per tanto l’eloquenza de’ gesti, come c’è l’eloquenza de’ suoni, e la maniera di render efficace quanto si può la pantomima (della quale sola e non delle altre spezie di ballo si farà discorso nel presente capitolo) sarebbe quella d’applicarla all’esercizio delle passioni utili alla società, o ai motivi che interessano generalmente il cuore umano; posciachè i mezzi in apparenza più triviali possono fra le mani d’un legislatore filosofo divenire molle possenti di rinforzo nel governo degli stati, e nella politica. […] Ogni sentimento del cuore umano, ogni slancio di passione ha, come dice Cicerone, i suoi tratti corrispondenti nel volto, nella voce, e nell’atteggiamento167. […] E se sarebbe deriso uno storico, che sul più bello d’un racconto fatto in volgare mi saltasse in campo con un paragrafo tedesco che da Firenze portasse il lettore fino a Sarmacanda, e dall’epoca dei Medici perfino a quella di Tamberlano, perché il sorriso del buon senso non dovrà parimenti confondere la strana fantasia di coloro che, mentre io porgo attenzione al linguaggio della musica, mi saltano all’improviso fuori col linguaggio dei muti, e togliendomi per forza dal luogo dove sono, mi trasportano in un altro mondo dove non ho per ora genio d’andare e dove cercano di rapirmi il piacere del cuore per darmi in contraccambio quello degli occhi? […] La musica strumentale dee non per tanto seguitar a parlare nel silenzio degl’interatti mantenendo nel cuore degli spettatori le disposizioni che vi lasciò l’ultima scena, preparandoli a gustare i sentimenti che verranno dopo, e mettendo in tal modo una connessione, un vincolo fra tutte le parti dello spettacolo.
Questa preghiera lacera il cuore di Bruto. […] In fatti lo stato del cuore di Zaira vien dipinto nelle parole di Nerestano e di Fatima nell’ultima scena. […] Una folla di bastardi Volteriani scimieschi apportarono su quelle scene la decadenza, ed il gusto inglese ne accelerò la ruina, coprendole di mostruosità, di orrori, di ombre, di sepolcri e di claustrali disperati, che in vece di toccare il cuore spaventano e fanno inorridire.
L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri.
Cantavansi i drammi greci, e i filosofi e i grand’uomini di allora, i Socrati e i Pericli che vi assistevano, non mai dissero con cuore di ghiaccio, come ora dicono i filosofastri, che improprietà!
Questi sono piccioli scrupoli per le anime grandi che compongono Apologie, e i discepoli de’ Lampillas debbono avvezzarsi a superarli con un cuore di ferro.
Secondo lei gli attori mi sarebbero grati di tutto cuore se mi mettessi all’opera ed elaborassi una teoria dell’azione mimica100. […] Tali sono l’impallidire del viso, l’infiammarsi degli occhi, il tremore di certi membri, il rabbrividire, il palpitare del cuore, che a certi incontri soffriamo nostro malgrado. […] Per tal ragione noi dobbiamo primamente distinguere l’espressione della percezione o della mente, e quella della sensazione o del cuore. […] Le stesse narici pendono verso la bocca, e gli angoli di questa verso il mento; la testa dechina dalla parte del cuore, e la mano si sforza appena di sostenerla. […] Questo fenomeno maraviglioso suppone tale disposizione nel cervello, nel cuore e negli organi esterni che ne dipendono, che appena il cervello concepisce l’evidenza del tipo, il cuore lo dimostra siffattamente, che tutto, quale e quanto è, dagli organi esterni si esprime.
La lettura di Platone formava l’occupazione e le delizie de’ sapienti di quel secolo, e le inquietudini del filosofo ateniese dovettero fare vie maggior impressione nel cuore de’ magistrati avendo l’agio di osservare in Plutarco, in Dione, e in Massimo di Tiro, che la decadenza della musica de’ Greci seco trasse anche quella de’ loro costumi. […] Onde può rilevarsi a qual segno monti a nostri compositori il fare uno studio serio e profondo non solo delle differenti proprietà de movimenti e de’ modi, ma ancora di quelli de’ suoni; studio che gli antichi aveano molto a cuore, e che caldamente raccomandavano ai principianti, come la parte della musica la più utile all’eloquenza e in cui mostrerò a qual grado di perfezione essi salirono.
Vediamo intanto ciò che soprammodo nella storia teatrale contribuisce ai progressi del gusto nella gioventù, cioè le bellezze più che i difetti de’ componimenti, che è la parte nobile della critica inaccessibile ai freddi ragionatori privi di cuore. […] Ma bada bene; non v’è cosa più mostruosa che in certe circostanze il cuore umano non possa esser tentato ad approvare”.
Appena s’incominciò a capire che il vero, il grande, il patetico, il semplice erano le sole strade per giugnere al cuore, che immantinente sparì tutto quell’apparato di favole e tutto il viluppo di avvenimenti e di meraviglie inventate unicamente per sorprender l’immaginazione in mancanza della natura.
E se il Signor Lampillas si prendesse il travaglio di leggere questa parte di quel Dramma, presumendolo dotato di cuore sensibile, son certo che in questo ci accorderemmo; nè mi condannerebbe per aver io dubitato che qualche Oltramontano avvezzo alla gonfiezza sdegnerebbe forse quella naturale, viva, patetica dipintura.
Uno di essi, il dottore Niccolò Schiattini di Genova, rispose bizzarramente : « morì Lavinia e duolmene ; tormento già di questo cuore grandissimo, e della borsa.
Or vediamo ciò che soprammodo nella storia teatrale contribuisce ai progressi del gusto nella gioventù, cioè le bellezze più che i difetti de’ componimenti, che è la parte nobile della critica inaccessibile a i freddi ragionatori privi di cuore. […] Ma bada bene; non v’è cosa più mostruosa che in certe circostanze il cuore umano non possa esser tentato ad approvare.
[1.111ED] Se tu vorrai che il popolo (e quando dico popolo intendo un’adunanza di dotti, d’indotti e di misti) giudichi saviamente della bellezza di un sonetto, di una canzone, perché si ricerca un intelletto purificato dalla notizia ed esperienza del buono, per esser la minor parte del popolo i dotti, la parte maggior può ingannarsi e seppellire ne’ suoi applausi la disapprovazion de’ pochi, e così il maggior numero strascinerà seco il migliore. [1.112ED] Ma quanto alle azioni sceniche, la maggior parte e la più degna del popolo ha cuore che fisicamente si lascia muover gli affetti, e quando lo spettatore già mosso entra nell’interesse degli attori, non vi è chi meglio giudichi dell’economia dell’azione e della proprietà de’ caratteri, e tanto vede addentro la condotta del fatto rappresentato quanto vi vedrebbero i veri personaggi che in scena sono imitati se, non finta, ma realmente operassero. […] [5.161] Ma ti sia ben a cuore che in ciaschedun’aria vi sia l’intercalare. [5.162ED] Intercalare chiamano i professori la prima parte dell’aria, che poi ripetesi dal cantore, essendo che in questa facendo il compositore brillar l’artificio delle sue note ha piacere ch’ella si replichi. [5.163ED] Ne gode altresì il musico e ne gode egualmente il popolo; e perciò debbesi aver riguardo che la prima parte, quando ella sia di ottosillabi, non ecceda i tre versi e si contenti di quattro quando saran quadrisillabi; e questa regola si osservi inviolabilmente nelle altre canzonette, secondo la lunghezza e brevità de’ versi che le compongono. […] [commento_1.111ED] e… misti: Non si tratta di una mera ripresa del magistero di Camillo Ettorri (Il buon gusto ne’ componimenti rettorici, Bologna, Eredi del Sarti alla Rosa, 1696, p. 3: «[popolo] è un aggregato di tutte le classi delle quali è composta la comunità in cui si vive»), ma di una puntuale divaricazione tra generi letterari: la poesia, destinata ai dotti e dunque sottoposta al loro giudizio, e il teatro, destinato al popolo, unico foro competente; intelletto: giudicatrice della poesia è infatti la facoltà razionale, mentre nell’opera teatrale è il cuore, cioè la sfera passionale (cfr. […] Rigoni, Una finestra aperta sul cuore (note sulla metafora della “sinceritas” nella tradizione occidentale), in «Lettere italiane», IV, 1974, pp. 434-458, e L. Bolzoni, «La finestra aperta sul cuore», in Ead., La stanza della memoria.
Le donne, presso alle quali l’elogio fatto alla bellezza fu sempre l’omaggio più caro, e la più spedita via di guadagnarsi il lor cuore; le donne che riguardano la costanza dell’uomo come il mezzo più sicuro di mantenere ed accrescere la loro influenza sul nostro sesso; le donne finalmente in cui la vanità è la passione per eccellenza fomentata dagli usi politici per nasconder agli occhi loro il sentimento della propria dipendenza, non poteano far a meno di non compiacersi del volontario tributo che pagavano ad esse i poeti . […] Ecco i primi versi d’una sua canzone pubblicata dall’Allacci: «Poiché ti piace, Amore, Ch’eo deggia trovare Faronde mia possanza Ch’eo vegna a compimento, Dato haggio lo mio cuore In voi, Madonna, amare. […] La fama m’ha fatto intendere l’avventurosa unione di due amanti così degni di vivere l’uno per e altro, e il mio cuore, rammentandosi le sue passate gioie, ha per la prima volta sentito un movimento di piacere.
Così almeno la intendeva il gran Metastasio, il quale in una lettera diretta al Signor Mattei napoletano si lagna vivamente di cotale abuso: «Qualunque sia, ei dice, cotesto mio povero dramma non crescerà certamente di merito fra le mani de’ presenti cantori ridotti per colpa loro a servir d’intermezzo ai ballerini, che avendo usurpata l’arte di rappresentare gli affetti e le azioni umane meritamente hanno acquistata l’attenzione del popolo, che hanno gli altri meritamente perduta; perché contenti di aver grattato le orecchie con una sonatina di gola nelle loro arte, il più delle volte noiose, lasciano il peso a chi balla d’impegnar la mente e il cuore degli spettatori.» […] Come sperarle da un udienza che va alle rappresentazioni drammatiche collo spirito medesimo che anderebbe ad una bottega da caffè, ad una conversazione o ad un ridotto, cioè per ispendervi quattr’ore in tutt’altro esercizio che in quello di arricchire la sua testa d’idee e il suo cuore di sentimenti? […] Questi insensati discepoli di Aristippo mostrano d’ignorare che i diletti meccanici dell’amore si riducono pressocchè al nulla qualora manchino loro l’influenza della immaginazione, o l’energia del cuore, o l’entusiasmo generato dalle qualità morali.
Introduzione [commento_Introduzione.1] ad allettare… mente: ed. 1755: «a incantare i sensi, a sedurre il cuore, e a fare illusione allo spirito».
Amante sempre dell’ordine, avrebbe dovuto formarsi una onesta fortuna : ma la bontà del suo cuore gli procurò sciagure da parte di coloro cui diede intera la sua fiducia.
Ecco ciò che con filosofica baldanza disse quel Francese erudito degl’Italiani: Un popolo che per gran tempo ha posto il proprio onore nella fedeltà delle donne (io son pronto a mostrare ad un bisogno a codesto Enciclopedista che tutta l’Europa, e singolarmente i Francesi, hanno in certo tempo posto il proprio onore nella fedeltà delle donne) e nella vendetta crudele de’ tradimenti amorosi (e pure dovea sapere l’autore del Belisario che non sono stati gl’Italiani che hanno più di una fiata portato sulla scena a’ giorni nostri i Fajeli che per gelosia strappano il cuore agli amanti delle Gabrieli di Vergy) per necessità dovè inventare nelle commedie intrighi pericolosi per gli amanti e capaci di esercitare la furberia de’ servi. […] Chi non senta a questa lettera correr su gli occhi suoi copiosamente le dolci lagrime della più delicata tenerezza, dica di sicuro di avere il cuore formato di assai diversa tempera da quella che costituisce un’ anima nobile. Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento.
Ma senza tali nei Racine che studiava sì felicemente il cuore dell’uomo e la poesia originale de’ Greci, Racine che possedeva il rarissimo dono dello stile e della grazia, che avrebbe mai lasciato alla gloria della posterità?
Lasciamo alla rigorosa critica di notare le lunghe aringhe morali de’ Pantaloni, i motti talvolta scenici, qualche deferenza agli attori, la non buona versificazione, le mutazioni di scena in mezzo agli atti ec. e veggiamo noi in queste i quadri inimitabili de’ costumi correnti, la verità espressiva de’ caratteri, il cuore umano disviluppato.
Dove tali atleti coglievano sì ricche palme, si presenta Euripide, ed occupa il raro l’intatto pregio di meglio parlare al cuore, avvivando col più vigoroso colorito tutti gli affetti che s’appartengono alla compassione.
A ogni modo vi si trovan concetti o meglio chiariti o nuovi di zecca, i quali mostran come al Cecchini stesse a cuore l’estetica in ogni sua parte, e i quali potrebber senza togliere e aggiunger loro un ette, attagliarsi a’comici dell’età presente.
Nell’Elio Pertinace dell’Avverara havvi un personaggio che si spiega pei seguenti termini: «Orologio rassembra il mio cuore Di quel sole, ch’è l’anima mia Serve d’ombra crudel gelosia, E di stilo spietato rigore.
Al fine il Re fu sorpreso dalla vivacità della Marchesana di Montespan, e la Valiere, senza lasciar di amare il suo Sovrano, sofferse la perdita del di lui cuore, finchè si determinò a non dargli altro successore nel suo animo, che l’istesso Creatore, e si fe Carmelitana a Parigi col nome di Suora Luisa della Misericordia, e perseverò sino alla morte avvenuta nel 1710.
L’istesso Platone proccurava di formar la propria maniera di scrivere sullo stile elegante, polito, dolce e armonioso di questo poeta, e se n’era talmente invaghito che, onorò un sì eccellente comico con un distico del tenor seguente: Avendo le Grazie cercato da per tutto un luogo per farvisi un tempio eterno, elessero il cuore di Aristofane, e mai più non l’abbandonarono 46.
La gioventù, e spezialmente le donne, parlando in generale, intendono poco, e non prendono parte gran fatto nelle vedute politiche d’un tiranno, nell’ambizione d’un conquistatore, nel patriotismo d’un eroe romano; ma favelleranno con conoscimento e passione di ciò che rassomiglia a quel che sentono nel proprio cuore.
Ma senza tali nei nel Racine che studiava sì felicemente il cuore dell’uomo e la poesia originale de’ Greci, Racine che possedeva il rarissimo dono dello stile e della grazia, che avrebbe mai lasciato alla gloria della posterità?
Quì l’apologista Lampillas abbraccia con alacrità di cuore la medesima comune opinione dietro la scorta del Denina, facendo uso al solito di commode asserzioni gratuite in vece di monumenti storici per distruggere le verità sì ben sostenute dal Tiraboschi.
I temi in comune con Algarotti sono molteplici; inoltre la Dissertazione di Calzabigi dà alla questione un ulteriore respiro europeo e approfondisce l’approccio già sperimentato da Algarotti: la poesia è considerata il cuore della drammaturgia operistica, responsabile dell’organicità del tutto, ma è anche vista come parte di un prodotto dal funzionamento complesso, al successo del quale concorrono tutte le componenti del dramma per musica.
Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia.
Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi ascoltando i consigli suggeriti dal buongusto. […] Il poeta acconciamente la mette in vista per insegnare a detestarla, e per rendere più accetta al popolo la beffa che poscia ne riceve quell’indegno che la tiene in bocca e nel cuore.
Essi tennero nella città di Aix capitale della Provenza e in Avignone la famosa Corte o Parlamento d’Amore, e poscia in Tolosa l’Accademia de’ Giuochi Florali, ove ognuno sceglievasi un’ Amica e la stabiliva sovrana dominatrice delle sue azioni e de’ suoi pensieri, e ne portava la divisa, ed a lei dedicava tutti i frutti poetici della propria fantasia, o le propensioni ed il pendio del proprio cuore.
Questo volentieri lascerebbe il padre che facesse e disfacesse del suo tutto quello che volesse, se li desse il denaro per ricondursi a Firenze ; il vecchio non vuol dar nulla, se non li fa un foglio nelle buone forme conforme questo che li mando qui segnato A ; il figlio ha fatta la risposta segnata B e poi li scrisse la lettera segnata C ; li lessi il tutto, ma il vecchio è più duro che il cuore di Faraone, maledice chi gli ha fatto levare la sua donna, che quello che diede al suo figlio fu un poltrone che non lo seppe finire, che lo metterà a S.
Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi, ascoltando i consigli del buon gusto. […] Il poeta acconciamente la mette in vista per insegnare a detestarla, e per rendere più accetta al popolo la beffa che ne riceve poscia quell’indegno che la tiene in bocca e nel cuore.
La rinunzia a tutti i piaceri del secolo, l’annientamento di se medesimo, il timore d’un Dio, che ovunque è presente per esaminare le più ascose rivolte dei cuore, la perpetua ricordanza della morte, e del suo futuro destino, in una parola la sublime, e salutare tristezza di questa vita per guidare all’altra ad un’allegrezza interminabile; ecco il vero spirito del cristianesimo.
Un giovane studioso ne osserverà i riferiti pochi tratti naturali e felici, e fuggirà d’imitar l’autore nel carattere d’un padre di famiglia, che piange a tutte le ore, e filosofa vanamente: d’un padre, cui non manca buon cuore e tenerezza per gli figli, ma si bene una prudenza attiva nelle circostanze scabrose: d’un padre ricco, che invece di far la figura principale in ciò che maggiormente importa, si riduce a rappresentare il secondo personaggio dopo il commendatore, che colle sue maniere, co’ suoi pregiudizi, colle sue stravaganze mette la casa in iscompiglio, e ridusse alla disperazione il nipote243.
[4] Ma io ho quella cognizione del cuore umano che basta per non ignorare che la malignità sa talvolta dispensar delle lodi. […] [37] «E se anche adesso l’uomo di cuore più duro e indifferente purché abbia l’orecchio disposto alle impressioni della melodia, non può resistere al di lei incanto quand’è veramente della più perfetta, e perfettamente eseguita?»
Ne’ suoi personaggi si ravvisano i grand’uomini della storia, benché migliorati alla maniera di Sofocle nelle passioni ch’ei dipinge, ognuno riconosce i movimenti del proprio cuore.
Dipigne benissimo le delicatezze e i piccioli nulla degl’ innamorati, tirando fuori dal fondo del cuore umano certi tratti così naturali e proprii dell’affetto che riescono inimitabili.
Lo stesso Platone studiavasi di formare la propria maniera di scrivere sullo stile elegante, polito, dolce, e armonioso di questo poeta, e se n’era talmente invaghito, che onorò un sì eccellente comico con un distico del tenor seguente: Avendo le grazie cercato da per tutto un luogo per farvisi un tempio eterno, elessero il cuore di Aristofane, e mai più non l’abbandonarono (Nota XXII). […] A questo punto disastroso giugne un servo dabbene, e stando già presso la soglia, senza veruna prevenzione dell’accaduto, ode i gemiti e le grida della meschinella in procinto d’infantare, e come uomo di buon cuore e pieno di affetto per la famiglia, prende parte nella di lei sventura, teme, si adira, sospetta, compassiona e si attrista.
Svanendo adunque la rassomiglianza tra la maniera d’imitare e l’oggetto imitato, qual maraviglia è se il cuore, che non ne sente il rapporto, rimane freddo e indifferente in mezzo alle tanto applaudite armoniose ricchezze?
Tito dice a Sesto; Odimi, Sesto, Siam soli; il tuo sovrano Non è presente; apri il tuo cuore a Tito Confidati all’amico; io ti prometto Che Augusto nol saprà.
Laonde sembra ch’egli pretenda ch’offendasi piuttosto con esse la nostra fantasia che non s’interessi il nostre cuore. […] Nella scena 3 dice Deiopeia alla cameriera: Ben puoi sicuramente spaziare a tua voglia per entro a miei segreti tu la cui fede ha seco ambe le chiavi, onde si serra, ed apre l’arbitrio del mio cuore. […] Un tal pensiere parve sì bello a Tomaso Cornelio che volle imitarlo nel suo Achille ove Polissena dice che il suo amante convien che taccia nel suo cuore quando ha parlato Priamo. […] In origine la traduzione del passo offerta dal Robortello («per misericordiam vero atque terrorem perturbationem huiusmodi purgans», Francesco Robortello , In librum Aristotelis de Arte Poetica explicationes [1548], rist. anast., München, Fink, 1968, p. 52) attestava la capacità della tragedia di purificare gli spettatori dai sentimenti di pietà e terrore: la consuetudine con la rappresentazione di eventi tragici avrebbe permesso di corroborare il cuore degli ateniesi, rendendoli più forti nell’affrontare le calamità che nel corso della vita si sarebbero loro presentate. Vincenzo Maggi, riproducendo la medesima traduzione del passaggio nel 1550, offriva un’interpretazione affatto diversa; a suo parere Aristotele non avrebbe potuto prescrivere che la tragedia estirpasse la pietà dal cuore degli spettatori, in quanto così facendo avrebbe imposto agli ateniesi di proscrivere moltissimi atti lodevoli che procedono dalla carità e dalla misericordia: le passioni da purgare erano piuttosto tutte le altre.