Non furono certamente commedie scritte unicamente per dilettar la plebaglia quelle degl’Intronati di Siena, i quali dopo che nel principio del secolo ebbero dal governo la permissione di tornare agli antichi esercizii, nel 1611 ne pubblicarono una collezione, dove si veggono caratteri ben condotti, costumi bellamente dipinti, economia regolata, il ridicolo destramente rilevato, ed una dizione propria del genere comico. […] Tre altri buoni scrittori Napolitani fin dal principio del secolo si segnalarono con ingegnose favole comiche regolari, l’Isa, lo Stellati, il Gaetano duca di Sermoneta. […] Intanto non posso dispensarmi dall’osservare che il chiarissimo abate esgesuita Giovanni Andres asserisce con una franchezza che fa meraviglia, che il Teatro Italiano regolare da principio ma languido e freddo (di che vedasi ciò che si è detto nel precedente volume della nostra Storia) sbandi poi nel passato secolo e nel principio del presente (parla del decimottavo) ogni legame di regolarità, e lasciate le tragedie e le castigate commedie altro non presentava che pasticci drammatici, come dice il Maffei .
Poteva (dice poi il medesimo apologista) nel principio del XVI secolo uno spagnuolo insegnare agl’ Italiani a scrivere commedie, tuttochè uscisse da un paese barbaro ancora nel XV. […] Io veggo però un altro possibile incomparabilmente più comune, e naturale, cioè, che il Nasarre ignorasse o dissimulasse la barbarie della Penisola verso il principio del XVI secolo (alla quale non mai derogheranno nè tre nè quattro scrittori che altri potesse citare), e spacciasse un fatto passato solo dentro del suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un autore spagnuolo che, usando nelle insipide sue commedié un latino barbaro e un pessimo italiano, calato fosse ad insegnare a scrivere commedie ai maestri de’ Nebrissensi e de’ Barbosi, agl’ Italiani, che, come bene osserva l’A. di questa eccellente Storia teatrale, già possedevano le comiche produzioni de’ Trissini, degli Ariosti, de’ Machiavelli, de’ Bentivogli.
Toccava dunque or all’una or all’altra recitare in principio di stagione il complimento d’uso.
Non aveva al principio della sua vita artistica portato maschera, e sosteneva in iscena il carattere dell’Abate.
Recitato prima co' filodrammatici senesi, poi con quelli di Firenze, ove s’era fissato dopo la morte del padre al principio del '29, esordì in Compagnia Villani, quale primo amoroso nell’ antico teatrino della Carconia, allora del Giglio, oggi Nazionale.
Mentre questi era a Milano, gentiluomo di Camera del Residente veneto (1733), arrivò, nel principio di quaresima, il Vitali.
Sono nel '78 a Firenze e al principio del '79 a Venezia. […] Tutti son d’accordo nel dare in sul principio alla maschera di Pantalone il calzone intero a coscia, o maglione, mutatosi poi in calzone alla spagnuola a mezza gamba con le calze…. […] Il Sand, riferendosi forse al costume degli antichi veneziani del Gran Consiglio, dice che il Pantalone da principio aveva la zimarra rossa, ma a me non fu dato rintracciarne esempio.
Fu da principio al servizio del Duca di Mantova, poi dopo il 1708, passato quel Ducato in potere dell’Imperatore Giuseppe, il Cattoli portossi a Venezia, dove ebbe sempre impiego ; così Fr.
Se per poco questo pur giovane artista avesse potuto persuadersi nel principio della sua carriera che l’arte va coltivata con maggior cura e serietà, con indagini perseveranti, con profonde meditazioni, affinchè renda frutti maturi e prelibati, non ne raccoglierebbe degli scialbi ed acerbi.
A dare un saggio dell’arte sua poetica, metto qui il principio e la fine dell’ode ch'ella dettò nel '64 per la malattia del fratello Luigi : Sorgi, suonò di Naim in su le porte l’Eterna voce onde l’inferno è vinto ; e tosto dal feral sonno di morte surse l’estinto.
Ebbe egli un altro fratello, Luigi, nato in Ferrara il 1814, che datosi all’arte, dopo di avere esordito qual generico giovane in Compagnia Tessari, morì al principio del ’ 38 in Napoli.
Dei primi anni di questa egregia artista, nata a Firenze al principio del 1871, e andata il '77 e '78 a sostener colla Ristori a Parigi e in Ispagna le parti di uno dei bimbi nella Medea e del Delfino nella Maria Antonietta, una delle più intellettuali tra le giovani prime donne del nostro teatro di prosa, così parla Gacc nel Resto del Carlino del 29 novembre 1897 : Scioltasi la Compagnia Ristori, le sventare domestiche cominciarono a sperimentare la tempra del cuore della piccola attrice, educandola alla scuola del dolore.
Il padre morto, la madre da sostentare, gli affari che volgeano sempre più al peggio, la costrinsero ad abbracciar definitivamente il ruolo di vecchia, scritturandosi con Ermete Novelli, e passando poi con Pasta, la Tessero e la Giagnoni, con Paladini, con Pasta, Garzes, Reinach, con Pasta e la Tina Di Lorenzo, con Leigheb e la Reiter, con Pasta e la Reiter, e con la Reiter sola, colla quale è tuttavia e sarà fino al principio del prossimo triennio '906-07-08, pel quale è scritturata colla Compagnia Talli, Re Riccardi : questo il lungo stato di servizio di Ermenegilda Zucchini, o, come la chiamano con affettuoso accorcimento i compagni tutti, della Gilda, che le ha procurato per la probità e la fedeltà e lo zelo con cui l’ ha disimpegnato il più ampio certificato del pubblico padrome. « Vi pare che basti ?
perchè poi un medesimo principio produsse in diversi paesi diversi effetti, facendo nascere in Italia un teatro ingegnoso e regolare, in Ispagna sregolato e vivace, in Francia basso, languido, stravagante ed osceno?
Scritturato da principio, si fece poi capocomico, interpretando acclamatissimo, in vario tempo, Don Cesare di Bazan, I Moschettieri, Cavalleria rusticana, Amleto, Romeo e Giulietta, Stormbeaten, La Causa celebre, Fromont e Risler, ecc. ecc.
Voci di poco galantuomismo co'suoi attori su Rossi, l’aver egli cessato affatto di scrivermi dopo mie ripetute lettere, e tante e tante altre cose m’hanno finalmente convinto che tutte le sue dimostrazioni d’amicizia per me in Torino erano interessate, e dirette al solo scopo d’abindolarmi, e far si che io sopportassi la sua concorrenza in Compagnia Reale ; per cui già garantisco fin d’ora, che fra me e lui non vi sarà più accordo, anzi urto continuo, disprezzando io per principio, chi si serve di gesuitico artificio per sorprendere l’altrui buona fede.
Ho messo dopo il nome di Orsola, al principio dell’articolo, un punto interrogativo, non osando io di affermare che Orsola ed Eularia sieno qui la stessa persona. […] In Ancona non fanno niente, così sono venute le nuove, il principio è molto brutto.
Ma essendo privi d’ogni principio di sana critica, senza cui non può farsi alcun progresso nella carriera del buon gusto, e stimando che il piacere del volgo fosse l’unica misura del bello, fecero invece di composizioni regolate un caos enorme, un guazzabuglio di sacro e di profano, di storico e di favoloso, di mitologia antica e di mitologia moderna, di vero e d’allegorico, di naturale e di fantastico tutto insieme raccolto a perpetua infamia dell’arte. […] Nella invenzione del dramma siccome i ritrovatori pretesero d’imitar i Greci, presso a’ quali le rappresentazioni non erano mai interrotte dal principio sino alla fine, così non introdussero né intermezzi, né balli, e riempirono gli intervalli coi soli cori; ma tosto degenerando fra le mani degli altri compositori, né sapendo questi come fare per sostener l’attenzione degli spettatori cori azioni prive di verosimiglianza e d’interesse, cominciarono a tagliar i componimenti in più parti frammezzandovi tra atto ed atto intermezzi di più sorta. […] Sul principio i poeti e i direttori cercarono d’accomodar in qualche riiodo i suddetti intermedi alla natura del dramma, e frapposero quelli di genere boschereccio alle pastorali in musica, i seri al melodramma tragico, e i comici all’opera buffa. […] [23] Nel principio delle drammatiche rappresentazioni in musica il carattere di soprano era per lo più eseguito da fanciulli. […] L’esempio degli antichi Greci e Romani, che escluse le vollero costantemente; il rischio, cui si espone la loro virtù esercitando una professione, ove per un orribile ma universal pregiudizio, non ha alcun vantaggio il pudore, ove tanti ne ha la licenza; l’ascendente che prendono esse sugli animi dello spettatore non meno contrario al fine del teatro, che pericoloso al buon ordine della società; la mollezza degli affetti, che ispirano coi loro atteggiamenti espressivi di già troppo avvalorata colla seduzione naturale della bellezza e del sesso; lo spirito di dissipamento che spargono fra giovani scapoli, i cattivi effetti del quale si risentono in tutti gli ordini dello stato politico, sembrano legittimar il divieto ad esse pur fatto sul principio delle drammatiche rappresentazioni in Italia di comparir sul teatro.
Dal che si vede che gli uomini si dilettano del maraviglioso mossi dal medesimo principio, che gli spinge a crearsi in mente quegl’idoli imaginari chiamati fortuna e destino, per fare, cioè, maggiormente illusione a se stessi. […] E gli alberi dell’Esperidi, onde poma d’oro pendevano, e gli eterni zeffiri che leggiermente scherzavano tra le fiondi dei mirti nelle campagne di Cipro, e i rivi di latte e miele che scorrevano nelle Isole fortunate, e i dilettosi boschetti d’Adoni nell’Arabia, e gli orti d’Alcinoo, e i tempi di Tessaglia, e i giardini d’Armida, e il voluttuoso cinto di Venere, e l’immortali donzelle che il sagace Maometto destinò ai piaceri de’ suoi fedeli musulmani dopo la morte loro, non altronde ebbero principio se non se dai voli dell’inquieta imaginazione avvivata dal desiderio di godere di tutte le delizie possibili. […] Dall’altra parte questa rinata come la lingua più per caso o per usanza, che per meditato disegno d’unirsi alla poesia, crebbe in principio e si formò separatamente da essa. […] Ed ecco il perché fin dal principio di rado o non mai venne sola la musica, ma quasi sempre accompagnossi colla pompa, colla decorazione e collo spettacolo ne’ canti carnascialeschi, nelle pubbliche feste e ne’ tornei: benché tristo compenso dovea riputarsi questo nella mancanza d’espressione e di vera melodia.
Egli é vero che quelle voci potrebbero far sospettare alquanto, che la tragedia fosse stata tutta, come ora l’opera drammatica, dal principio fino al fine posta in musica; ma potriano con interpretazione forse più fondata aver due altri significati, in ciascun de’ quali sparisce ogn’idea di opera. […] Coteste sacre rappresentazioni, quasi tutte per l’addietro incondite, indecenti e sconnesse, risvegliando nuovamente ad alcuni dotti e ingegnosi italiani l’idea dell’antica drammatica da moltissimi secoli già estinta, dieder loro probabilmente la prima spinta a trattar anche sulla scena argomenti profani e in latino e nella natìa favella con più eleganza e sfoggio e con qualche regolarità e principio di buon gusto, secondo che que’ tempi lo potevano in tal genere di composizione permettere, nella stessa guisa che i rozzi cori pastorali ed i semplici inni dionisiaci della primitiva tragedia greca mossero l’ingegno di Epigene, di Tespide, e di Frinico a darle nuova forma e nuovo lustro. […] Il celebre Leonardo Bruni, che da Arezzo sua patria é comunemente detto Leonardo Aretino, nato nel 1369, e morto nel 1444, fece una comedia latina, intitolata Polissena, stampata più volte in Lipsia nel principio del XVI secolo.
Vi entrai di punto in bianco primo attor giovine ; e ricordo che in una recita di prova al Valle di Roma, del Suicidio di Ferrari, Novelli, col quale ci legammo da bel principio di forte amicizia sin qui immutata, mi dettava, dirò così, di tra le quinte, la controscena dell’ultimo atto avanti il riconoscimento del padre. […] I più continueranno a dare al Novelli il loro aiuto morale e materiale ; e dagli esempi di pertinacia ch'egli ci ha dato più volte, si può concludere che egli dal modesto principio saprà pervenire a una magnifica fine.
Primieramente per maggiore esattezza il principio della Lettera scritta al Signor Lampillas leggasi come segue: “Un pubblico Professore di disciplina Ecclesiastica di Liturgia e di Riti ne’ Regj Studj di San Isidro già chiamati Collegio”.
E però, non volendo Visentini uscire dal suo metodo di recitazione naturale, pensò Riccoboni di mettere al principio dell’heureuse surprise una delle tante scene di notte che vi sono, in cui Arlecchino, chiamato da Lelio, si finge talmente preso dal sonno che, senza profferir verbo, or scivola a terra, or gli cade fra le braccia.
Che se alcun m’opponesse che i vantaggi di sopra indicati nella lingua italiana appartengono all’accento prosodiaco e non all’accento naturale, o per dir meglio, patetico, assai diverso da quello, e che in questo è riposto il principio ascoso della melodia, io rispondo che l’accento prosodiaco il naturale necessariamente conseguita, poiché le regole della pronunzia nel proferire le sillabe non si sono altronde ricavate, che dalla continua osservazione di ciò che succede in natura, e dai diversi alzamenti, o abbassamenti di voce, dalla diversa rapidità, o lentezza, con cui nell’uomo le passioni si esprimono: e l’asserire che tali regole niente hanno di comune coll’accento naturale, o patetico, sarebbe ugualmente assurdo, e ridicolo, che il dire che la musica strumentale ha fondamenti contrari o diversi della vocale. […] Io lontano dall’acconsentire al suo parere porto anzi opinione che ciò sia un pregio grandissimo, e maggiore ancor lo sarebbe se la declamazione poetica potesse nel canto intieramente trasfondersi cosicché la poesia fosse dalla musica inseparabile, come avvenne alla lingua greca nel suo principio. […] A conoscere quanta grazia aggiunga allo stile la sola inversione, quando si fa secondo i movimenti dell’armonia, basta osservare i periodi di Cicerone, l’inesprimibile bellezza de’ quali diverrà un suono rozzo e insignificante, un cadavero senz’anima soltantochè si cangino dall’ordine loro le parole, mettendo sul principio quelle, che sono al fine, ovvero sul fine quelle, ch’erano in principio. né avviene altrimenti nella lingua italiana. […] Cotal lingua confusa poi colla latina, e notabilmente alterata in seguito da gotiche, e longobardiche mischianze ha conservato nondimeno nella volgare favella l’originaria dolcezza di suono in gran parte orientale, onde molti di essi popoli traevano principio, per quella ragione avverata in tutti i secoli e da tutte le genti, che l’accento naturale è più durevole delle leggi e dei governi.
Dal quale principio si ricavano alcune conseguenze, che possono a mio giudizio servire a spiegar lo scadimento presso di noi delle belle arti in generale, e più immediatamente di quelle che contribuiscono a formar il melodramma. […] [13] E incominciando dalla poesia quantunque libera errasse in sul principio e vagante senz’altra regola che l’orecchio, né altra misura che gli spazi di tempo impiegati nel proferir le parole, guari non andò che dall’istinto ammoniti i poeti la frenarono con severa legge e invariabile. […] Come la musica risorse fra noi ne’ più barbari secoli, nei quali gli spiriti non ancor digrossati erano incapaci d’abbracciare l’ampiezza d’un sistema, o di conoscere la fecondità d’un principio, così non facevano distinzione alcuna tra le arti di bisogno e quelle di puro diletto. […] Posto questo principio incontrastabile, facciasi la supsizione che il compositore debba esprimere un sentimento di allegrezza, e che gli intervalli più a proposito per rappresentare siffatto sentimento siano le due terze. […] [32] Il grande svantaggio della nostra musica è non per tanto quello che qualunque principio di conmozione venga eccitato da essa verso un tale oggetto è per sua natura indeterminato e generico, non individuale e preciso.
Fiorì sul fine dell’undecimo secolo, e sul principio del duodecimo. […] Da principio si cantavano le loro canzonette a orecchio senza la composizion musicale. […] Quest’intermezzi sul principio erano madrigali cantati a più voci ora allusivi all’argomento della favola, ora di sentimento diverso. […] Gli spettacoli fatti per parlare agli occhi nelle pubbliche feste portavano sul principio il carattere dei loro tempi. […] Da simili giostre armoniche ebbe principio la corruttela della musica greca.
E mentre si trattennero fra cotai cancelli le cose tutte andarono in miglior sesto, come avvenne sul principio del dramma musicale sotto la direzione del Corsi e del Rinuccini. […] Ecco la necessità di abbellir la natura ricavata dal principio stesso della imitazione. […] Non deve infiorar il principio di un’aria per la stessa cagione che non s’infiora l’esordio di una orazione, cioè perché ivi è più che altrove necessaria la semplicità ad intender bene ciò che vuol dire il motivo, il quale mal si capirebbe travvisato dall’arte, e perché supponendosi gli uditori attenti abbastanza in principio, fa d’uopo riserbar i fiori per quel tempo ove la loro attenzione comincia ad illanguidire. […] [53] Giudice non per tanto del bello solo è chi ad un tatto dell’anima squisito e pronto accoppia una robusta facoltà pensatrice, chi comprende ad un tratto la finezza non meno che la moltiplicità delle relazioni fra gli oggetti del gusto, chi sa dedurre da un principio sicuro una rapida serie di legittime conseguenze, in una parola chi porta in teatro o sui libri una mente illuminata non disgiunta da un cuor sensibile. […] [60] Dirò soltanto che la varietà delle opinioni e il rapido loro cangiamento nasce dal principio medesimo che fece degenerar il teatro italiano nel secolo scorso.
Fu uomo piissimo ; e dice Francesco Bartoli che a’compagni suoi inculcava con tutto il zelo d’essere modesti negli atti e nelle parole, e se talvolta sentiva alcuno oltrepassar anche di poco i termini della modestia, dolcemente da principio lo ammoniva, ma non giovando l’ammonizione, sgridavalo poi acremente ; e trovandolo incorreggibile, cacciavalo finalmente dalla sua Società. […] In sul principio L’Inavvertito fu uno scenario, e Beltrame dovette veramente all’ingegno de’suoi comici, in gran parte, il successo di esso ; ma le libertà che si pigliaron poi le nuove compagnie, tali da ridurlo pressochè irriconoscibile, fecer prendere all’autore la risoluzione di spiegarlo per iscritto, seguendo in tutto le traccie lasciate dai comici egregi che lo recitaron prima.
Debbesi al medesimo poeta la cura di descrivere i poeti drammatici cronologicamente sin dal loro principio.
Oltre a Gaetano e Giovanni Bazzi, abbiamo la Caterina che recitava la parte di Donna Luisa nell’Innamorato al tormento del Giraud ; Paolo, detto il gobbo, conduttore al principio del secolo di una mediocre compagnia, e morto a Torino, sovvenuto dai fratelli ; Elisabetta (la madre ?)
Al principio del 1789 egli era tuttavia unito alla Commedia italiana.
Nemico per principio, o per consuetudine, del soggettare, egli ripete il suo testo con una fedeltà scrupolosa.
Da principio fermavansi a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e appresso montarono su di un rustico palco in una casa fissa comprata espressamente da alcuni cittadini per trar profitto della folla che concorreva a quello nuovo e devoto divertimento.
Egli in somma é sì vario e sì vasto, che non fa un tutto se non all’occhio fino della storia che lo contempla tranquillamente, dall’alto d’una collina; e quei viaggiatori e criticastri di corta vista, scempi o impazienti, i quali si sono occupati sol di una parte di esso, e dalle loro scarse osservazioni han di poi tratto vanamente certi aforismi generali, che tengon per principio incontrastabili, in ogni tempo faranno pietà a chi ragiona.
perchè poi un medesimo principio produsse in diversi paesi diversi effetti, facendo nascere in Italia un teatro ingegnoso e regolare, in Ispagna sregolato e vivace, in Francia basso, languido, stravagante ed osceno?
Nullameno tali difetti saranno stati attenuati da una recitazione vivace, spiritosa, intonata, italiana ; e pare che Giovanna Casanova non amasse di seguire il consiglio di darsi alle parti di vecchia cattiva, poichè sino alla fine della sua vita artistica rappresentò le Rosaure, fedele al principio dominante dei ruoli stabili.
I soliti giocherelli di battute a principio determinato, come : Ersilia.
E la ragione di tale impossibilità è così descritta dal Gherardi stesso nel principio della premessa all’opera sua : Non si creda di trovare in questa raccolta delle intere comedie, poichè la comedia dell’ arte non potrebbe essere pubblicata distesamente.
« Egli non potè aver maggiore fortuna – ho detto in principio – per la cerchia ristretta in cui visse. » E questa ristrettezza derivò un poco da tutto un insieme di dizione e di pronunzia e di atteggiamenti, nella lor grande spontaneità prettamente romagnoli, da farlo parer talvolta più tosto un attor dialettale ; e un poco per la numerosa famiglia che gl’impedì, proprio quando più ce n’era il bisogno, di prendere il largo, e di emanciparsi collo studio speciale da quei difetti d’origine che lo facevano apparire anima gentile in corpo rozzo.
Non per tanto questo padre e legislatore del teatro francese, che morì, nel 1684, ha pur troppo pagato il tributo al gusto delle arguzie viziose, dominante sotto il regno di Luigi XIII, e nel principio di quello di Luigi XIV, siccome hanno osservato gl’italiani187 non meno che i medesimi francesi. […] Così in Francia pose il suo seggio una tragedia forse inferiore alla greca per economia, semplicità, naturalezza e apparato, ma certamente da ella assai diversa, e forse più nobile per i costumi, e fondata su di un principio novello. […] Quella dunque oggidì, benché ammetta argomenti più complicati de’ tragici, azioni più rapide, eventi più vari, e decorazioni più pompose, tutta volta cerca di approssimarsi, per quanto può, alla tragedia, né mai si sottrae dall’imitazione della natura, principio universale d’ogni buona poesia. […] Questi balletti furono migliorati nel principio del secolo, di cui stiamo parlando, dal Rinuccini che seguì Maria de’ Medici.
Al principio del 1824 seguì con la madre il Fabbrichesi che lasciava Napoli per condurre la Compagnia nell’Italia centrale. […] Infatti nel 19 giugno 1840 il Domeniconi stesso scrive da Napoli per sentire se sarebbe disposta ad aprire trattative con lui per l’anno successivo e poi parlando di cabale e intrighi soggiunge : Fra i nuovi attori per Napoli, io sono stato quello che da principio ho trovato più opposizione degli altri, come è vero altresì che più presto degli altri mi è riuscito di vincerla. […] E Gaetano Gattinelli scrive da Roma il 26 ottobre del 1841 : Carissima Amalia, Parecchi signori di Roma sarebbero intenzionati di formare una Compagnia Drammatica che facesse onore alla nostra bella Italia : codesta Compagnia avrebbe principio coll’anno comico 1843 ; agirebbe nello Autunno e Carnevale in Roma ; nelle provincie dello Stato Pontificio in Primavera ed Estate e negli Stati vicini la Quaresima e l’Avvento.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettare l’ udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi agli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva, ad oggetto di formare un tutto e un’ azione bene ordinata, e cantata dal principio sino al fine, e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’ uomo del più squisito gusto che abbia a’ nostri dì ragionato dell’opera in musica, cioè del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio. […] Egli dei drammi del Rinuccini dice, che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica; e come noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella festa del Botta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’opera.
E finalmente : Ella reciterebbe solo cinque volte alla settimana, in una sola produzione per sera in principio della serata con diritto di rifiutare quelle parti immorali sulle quali molte revisioni passano sopra, come Il Fallo, Dopo sedici anni, Dieci anni di vita di una donna, Stifelius, Clarissa Harlowe, ecc. : quelle parti insomma con le quali, per quanto sieno eseguite con dignità, è d’uopo sostenere una posizione imbarazzante verso il pubblico, e le quali il signor Righetti potrebbe far eseguire da chi meglio credesse. Rimarrebber pure escluse tutte quelle parti nelle quali fosse obbligata a vestirsi da uomo ; le beneficiate farebbe a sua scelta in principio, o fine delle Piazze, come credesse meglio pel suo interesse : dovrebbe conoscer l’elenco degli attori che componessero la Compagnia, prima di sottoscrivere il contratto ; e prima della riconferma, non dovrebber in esso farsi innovazioni, a sua insaputa.
Il giornalista “non intende di criticar il mio libro”, ma il suo estratto non è che una critica continuata dal principio sino al fine. […] Evanzio, grammatico, riferisce il principio della tragedia alle cose divine, alle quali applicavansi gli antichi ringraziando gli dei dopo la raccolta dei frutti. […] Ho risposto su tal proposito nel principio dell’estratto. […] Legga il terzo libro della Repubblica di Platone, e i Trattenimenti sullo stato della musica greca intorno al quarto secolo dell’era cristiana di Monsieur Barthelemy, e troverà verificato il mio principio anche nella musica. […] In luogo di ciò pianta fin da principio una proposizione in tutto differente, cioè che l’«abbondanza de’ teatri e la frequenta degli spettacoli provano l’avanzamento delle virtù politiche in un paese».
Difatti se tutto ciò che distrugge il fine principale d’uno spettacolo è da condannarsi; se il fine principale del melodramma, come d’ogni altro componimento è di produr l’interesse; se niuna cosa contribuisce tanto a produr questo quanto l’illusione; se non è possibile ottener l’illusione ove manchi l’unità; se l’unità non può conservarsi qualora l’azione primaria non continui dal principio sino alla fine senza interrompimento, e se la pantomima è appunto quella che interrompe il progresso dell’azione, ne seguita dunque che la sua introduzione come intermezzo è condannabile perché viziosa e contraria al fine dello spettacolo. […] Le loro azioni drammatiche formavano un tutto non mai interrotto dal principio sino alla fine, e persino ignota fu a loro la divisione delle tragedie in iscene oin atti, nomi che noi abbiamo appresi soltanto dai latini autori. […] [23] Il Durandi, italiano anch’egli dimorante in Londra, verso il principio del passato secolo divenne celebre presso agl’Inglesi a motivo d’una singolare rappresentazione in ballo inventata e condotta da lui in occasione delle nozze di Federigo V. […] [35] Non negherò già che la mimica, considerata in quanto è un linguaggio muto d’azione, non abbia in se stessa, come l’osservai sul principio del presente capitolo, una grande energia per generare l’interesse e l’illusione. […] Costume che riesce quivi assai meglio adattato e più naturale che nella tragedia o nella commedia recitata, perocché nel dramma si mantiene così facendo l’ipotesi ammessa fin dal principio, ma negli altri componimenti, essendovi soltanto ammessa la convenzione di parlare e non quella di suonare, il sentir poi gli strumenti che fanno in certo modo da interlocutori, non va disgiunto dal sospetto di piccola eresia in materia di gusto.
Aggiungasi ancora il frequente uso delle pause introdotte da loro, per cui molte volte avveniva che mentre l’una di esse parti cantava la metà o il fine d’un versetto scritturale o d’un ritmo poetico, l’altra le prendeva la mano, o restava indietro cantando il principio del medesimo verso, e talvolta anche il fine d’un altro. […] Così si spiega il Peri nella prefazione, e così almeno in gran parte (giacché non è possibile che nel principio della scoperta alla perfezion dell’arte giugnessero) fecero quei valenti compositori. […] [27] Più grossolano e meno scusabile è lo sbaglio del Crescimbeni, il quale scrivendo nel principio del nostro secolo si spiega in questi termini: «Intanto dobbiamo avvertire che nei drammi per lo passato non hanno mai avuto luogo i cori, invece de’ quali sono stati inventati intermedi d’ogni maniera»64. […] Veggasi ancora la citata dissertazione del prelodato Abbate Roussier data in luce nel 1770, nella quale si pruova ad evidenza, che tutti quanti i teorici c’hanno scritto finora sù cotali materie non hanno spacciato che paradossi, falsità e pregiudizi per avere ignorato il vero ed unico principio che serve di base ad ogni sistema musicale, e che servì a quello degli Egiziani, dei Chinesi, dei Greci, e di noi.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettar l’udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi, e gli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva , ad oggetto di formare un tutto e un’azione bene ordinata e cantata dal principio sino al fine , e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’uomo di gusto più squisito che abbia a’ nostri giorni ragionato dell’opera in musica, dico del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio . […] Egli de i drammi del Rinuccini dice che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica ; ed al pari di noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella Festa del Betta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’Opera .
I Giullari, che in abito proprio e buffonesco anzi che no andavano girando colle arpe, e le viuole, e con altri strumenti per le case e per le mense de’ Grandi (come fecero da principio nella Grecia i primi antichissimi Cantori e Poeti, e poi i Rapsodi dopo Omero, ed anche nel Settentrione i Bardi e gli Scaldi), soleano per interesse cantar gli altrui componimenti, sfidandosi scambievolmente a poetiche e musicali tenzoni, e vantandosi ciascuno di superar il suo rivale non meno nella gentilezza e lealtà dell’amore, che nella prontezza dell’ingegno; e quando alcun Principe e gran Signore celebrar volea solenne festa di nozze, di corte bandita, di torneamenti ecc., non mancavano di venirvi in folla per dar saggio del loro valore, e farsi gran nome. […] Al principio del secolo XVI le lingue nazionali giacevano ancor neglette, e sola l’Italia poteva vantare ne’ suoi volgari scrittori esemplari da paragonare in qualche modo agli antichi, e da proporre all’imitazione de’ moderni.
Io ardisco per saggio recare in italiano il principio di esse per coloro che non amano le latine traduzioni letterali e soffrono di vederne qualche squarcio comunque da me espresso: O spazii immensi ove ogni cosa nuota, O voi venti leggeri o fonti o fiumi, E voi del mare interminabili onde, O madre o Terra, o Sol che a tutti splendia. […] La condotta n’è così giudiziosa che il leggitore dal principio alla fine vi prende parte al pari di chi nacque in Grecia; tale essendo l’arte incantatrice degli antichi posseduta da ben pochi moderni, che la più semplice azione viene animata dalle più importanti circostanze con tanta destrezza, che il movimento e l’interesse va crescendo a misura che l’azione si appressa al fine.
Le prime, qualora siasi trovato il vero metodo di studiarle, e si seguiti a mantenerlo, acquistano maggiori progressi a misura che maggiore è il numero degli studiosi che le coltivano; imperocché dipendendo l’avvanzamento di esse o dalla moltiplicità e verificazioni e de’ fatti replicati, o dalle deduzioni che si cavano da un principio riconosciuto come incontrastabile, tutti sono in istato di rilevare l’esattezza di quelli, e d’aggiugnere loro maggior lume colle proprie scoperte, come molti possono ancora far una convenevole applicazione di questo. […] Posto questo principio chiaramente si scorge che il canto è il dominante oggidì nel melodramma, che su questo perno si raggira tutta l’azione, che 1a poesia ubbidiente allo stabilito sistema non è altro che una causa occasionale, un accessorio che dà motivo alla musica ma che dipende affatto da essa, e che per conseguenza, rinunziando ai propri diritti per modellarsi su quelli della padrona, ha dovuto metter in non cale la condotta, lo sceneggiar, l’orditura, trasandar lo stile e la lingua, perder mille situazioni vive e appassionate e accorciar i recitativi divenuti ormai fastidiosi e languidi, in una parola strozzar i componimenti per badar solo al pattuito cerimoniale di mezza dozzina d’arie cantabili, d’un duetto, d’un trio, o d’un finale tratto, come suol dirsi, pe’ capegli. […] Siffatto principio avrà delle pericolose influenze su tutto il sistema. […] Per tali devono riputarsi nell’Antigono la scena muta dei due fratelli Eteocle e Polinice, che compariscono sul teatro nella prima scena unicamente col fine di ammazzarsi senza profferir una parola: combattimento introdotto dal poeta per cagione della comparsa, ma che troppo funesta fin dal principio l’immaginazione dello spettatore non preparato ad un simile orrore. […] In primo luogo perché non da principio riflesso di virtù si suppone ivi che fosse spinto Alessandro, ma da macchinale furore eccitato in lui dai prestigi d’un musico e dalle istigazioni d’una cortigiana.
Non furono certamente commedie scritte unicamente per dilettar la plebaglia quelle degl’ Intronati di Siena, i quali, dopo che nel principio del secolo ebbero la permissione dal governo di tornare agli antichi loro esercizj, nel 1611 ne pubblicarono una collezione, dove si veggono caratteri ben condotti, costumi ben dipinti, economia regolata, il ridicolo destramente rilevato e una dizione propria del genere comico. […] Tre altri buoni scrittori Napoletani sin dal principio del secolo si segnalarono con ingegnose e regolari favole comiche, l’Isa, lo Stellati, il Gaetano duca di Sermoneta. […] Sin dal principio del secolo si ammirarono singolarmente la Romana Caterina Martinella morta in Mantova nel 1608, la Caccini, le Lulle Giulia e Vittoria, la Moretti, l’ Adriana ecc. […] Andres asserisce che il teatro Italiano regolare da principio ma languido e freddo (di che è da vedersi però il precedente volume di quest’opera) shandì poi nel passato secolo e nel principio del presente ogni legame di regolarità, e lasciate le tragedie e le castigate commedie altro non presentava che pasticci drammatici, come dice il Maffei.
Or se l’uomo per natura si occupa continuamente a ritrarre le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio d’ogni imitazione, ch’é il gran perno, su cui volgesi la poesia; e perciò Aristotile nella poetica chiamò l’uomo animale attissimo ad imitare, e che impara per rassomiglianza.
Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo ad imitare che impara per rassomiglianza.
Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo a imitare che impara per rassomiglianza.
., scelgo il principio e la fine del sermone di Giuseppe Barbieri, Il Teatro, a lei dedicato, che è men facile a trovarsi : …………… Pochi nel genial comico ludo surgono ad alta meta insigni attori ; e Tu forse nel tragico lamento unica sei, che l’anime distempri d’ineffabil dolcezza ; e ben Tu fosti a miracol mostrar, di Ciel venuta, soavissima Venere del pianto.
Imperocché ove la musica non mi farà sentire che intervalli, consonanze, proporzioni, accordi, e rapporti, ove tutta la sua possanza si ridurrà a titillare unicamente i nervi auditori con certe vibrazioni metodiche e insignificanti, io applaudirò bensì alla scienza del musico, ammirerò quell’algebra sonora, come ammiro i calcoli di Ricatti e d’Eulero, goderò tinche dello stesso materiale diletto che mi arrecano i gorgheggi d’una lecora o d’un canario, ma rassembrerò altresì a que’ vecchi descritti da Omero, che formavano il consiglio di Priamo, i quali ammiravano la bellezza di Elena senza sentirsi commossi, perché non vi ravviserò punto quel principio d’imitazione, che di tutte le belle arti ne è il fondamento, non troverò alcun segno di convenienza tra gli accordi armonici e le mie proprie affezioni, né sentirò ricercarmi l’anima e il cuore da quei movimenti improvvisi e forti, che dalle arti di genio ha ogni uomo sensibile diritto di esigere. […] S’aggiunse a questa più giusta cadenza secondo il gusto lulliano, furono risecati i soverchi artifizi, si fecer camminare con maggior precisione e calore il movimento e la misura, e le aperture di molte opere italiane si lavorarono alla francese, il qual costume durò per più di vent’anni di qua dai monti fino al principio del secolo presente, checché ne dicano in contrario gli Italiani facili ad essere smentiti colla pruova delle carte musicali di que’ tempi. […] [11] Come al rattiepidirsi della stagione nella primavera, il calore, che penetra nel centro della terra, va dilatandosi a poco a poco per tutti gli oggetti finché comprende e vivifica la intiera natura, così il buon gusto comunicato sul principio ad un genere si propagò ben tosto agli altri, che concorrono alla perfezione del melodramma. […] Partendo dal principio della unità accennata di sopra, conobbero essi che essendo fatto non il canto per gli strumenti, ma piuttosto gli strumenti pel canto, non doveano quelli primeggiar sulla voce del cantore, ma regolarla soltanto, sostenerla, e rinvigorirla; che essendo ciascuno stromento necessario in parte al fine propostosi, non dovea l’uno impedir l’azione dell’altro cosicché il basso, per esempio, affogasse la voce di tutta l’orchestra, o gli stromenti da fiato signoreggiassero su quelli da corda, o questi all’incontro su quelli; che non convenendo mischiare fra loro suoni di diversa natura, faceva di mestieri collocar insieme gli strumenti della medesima spezie, acciò si accordassero meglio e con maggior esattezza suonassero; che i bassi però si dovessero interpolare or qua or là per tutta l’orchestra, giacché da essi dipende la movenza, e l’andamento d’ogni buon’armonia; che non essendo a proposito qualunque sgomento per produrre qualunque suono, bisognava studiar bene la natura di ciascuno per meglio combinarli fra loro, e farli muovere a luogo e tempo; che i subalterni dovevano esser intieramente subordinati al maestro, e posti in maniera che potessero esser tutti insieme veduti e veder anch’essi scambievolmente chi suona il clavicembalo; che bisognava avvezzar di buon ora i sonatori alla giustezza del tempo, e a regolar il loro movimento colla mossa generale degli altri, affinchè l’aggregato de’ suoni avesse quell’unità, senza cui non havvi senso o significato alcun nella musica.
Ciò ne sugerisce un fondato raziocinio sostenuto da antichissime tradizioni, e dalla storia; che che ne abbiano pensato in contrario Ludovico Castelvetro nelle sue Esposizioni alla Poetica di Aristotile, le Battaux nella sua opera le Belle Arti ridotte ad un principio, e l’autore del l’articole Prose nel Dizionario dell’Enciclopedia.
Un poco di feccia alterò da principio il volto dell’attore.
Un poco di feccia alterò da principio il volto dels’ attore.
Mai abbastanza non si ripete a costoro, che il tuono decisivo e inconsiderato é quello della fatuità, e che debbono apprendere; e sovvenirsene allorché son tentati di decidere, che questo Aristofane era un atenieso, il quale fioriva sul principio del IV secolo di Roma, tempo in cui i romani niuna cognizione aveano, non che dell’altre belle arti, della poesia teatrale, la quale pure da gran pezza coltivavasi in Italia dagli osci, e dagli etruschi, ed anche con più felice successo da i popoli della magna Grecia, e della Sicilia, che, come dice e mostra il dottissimo Tiraboschi, «in quasi tutte le parti della letteratura furon maestri ed esemplari agli altri greci» 35. […] Da principio la rappresentazione e la danza furono indivise dalla musica e dalla poesia. […] Uno de’ sintomi dello scadimento delle lettere in Francia é stata la pertinace e boriosa disputa insortavi nei secolo trapassato, e rinnovellata in sul principio del presente sulla preminenza fra gli antichi e i moderni sintomo alla quale così scriveva l’anno 1715 il signor di Brossette a Giambatista Rousseau: «Monsieur de la Monnoye me mande que toute la jeunesse est déclarée contre le divin poète Homère et que si l’Académie Française prenait quel quelque parti, la pluralité serait certainement pour M. de la Motte contre Madame Dacier».
Sino a tanto che le arti sono rozze per ancora, l’amore della novità è vita di quelle; ond’hanno incremento, maturità e perfezione: ma giunte al sommo, quel principio medesimo che diede loro la vita è anche quello che dà loro la morte. […] Di somma semplicità rispetto a quello che sono al dì d’oggi si può affermare che fossero da principio.
Prendendo io a narrare l’origine, i progressi e lo stato attuale del melodramma in Italia, ove più che altrove si è coltivato, e si coltiva pur ora, mi s’affacciò in sul principio una difficolta, che quasi mi fece venir manco il coraggio. […] Tuttavia finché qualche cosa di meglio non ci si appresenta, emmi paruto necessario, non che opportuno, il premettere due Ragionamenti sì per ovviare alla mancanza degli scrittori su questo punto, come per aver qualche principio fisso, onde partire nell’esame de’ poeti drammatici.
Una cognizione più intima del teatro gli fece avvertire che l’aria, essendo quasi l’epifonema o l’epilogo della passione, non dovea collocarsi sul principio, o tra mezzo ad una scena, giacché non procedendo la natura per salti, ma bensì colla opportuna graduazione ne’ suoi movimenti, non è verosimile che sull’incominciare d’un dialogo si vedesse di già il personaggio nel colmo della passione per rientrar poi immediatamente nello stile pacato che esige il recitativo. Lo che era incorrere nello stesso errore in cui incorrerebbe un retorico, il quale dasse principio ad un discorso colla perorazione, facendo in seguito succeder l’esordio.
Da principio questa farsa limitavasi a rappresentare gli artificii e le imposture de’ maghi, e de’ salsi medici. […] Erano da prima attaccati alla commedia, e si recitavano o nel principio formando una introduzione, o’ nel mezzo come per tramezzo, o nel fine come conchiusione dello spettacolo; ma a poco a poco vennero a separarsene.
Da principio questa farsa limitavasi a rappresentare gli artificj e le imposture de’ maghi e de’ medici. […] Erano da prima attaccati alla commedia, e si recitavano o nel principio formandone una specie d’introduzione, o nel mezzo come tramezzo, o nel fine come conchiusione dello spettacolo; ma a poco a poco vennero a separarsene.
Ma fino al principio del secolo XIII non troviamo fra tante poesie piccarde, provenzali, siciliane, e toscane, veruna cosa che veramente si appartenga al teatro.
Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Algertino Mussato celle sue storie, e colle sue poesie latine.
Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Albertino Mussato colle sue storie e colle sue poesie latine.
Ma queste tragedie e commedie hanno certamente la data più indietro del 1520, e per conseguenza la prima epoca gloriosa della drammatica può mettersi al principio del secolo. […] Marmontel come principio universale di tutti gl’ intrighi delle nostre commedie? […] Osserviamo solo che questo principio è fabbricato sulla rena. […] E con tal conoscenza de’ costumi Italiani ha fondato il suo filosofico principio della nostra commedia il Signor di Marmontel? […] Continuando la ricerca di alcune bellezze e dell’artificio del Negromante, osserviamo che il carattere di Mastro Giachelino furbo vagabondo viene sin dal principio dell’atto II enunciato da Nibio.
Giovambatista Altoviti, che il Verzone pubblica per la prima volta (Firenze, Sansoni, 1882) e di cui riproduco il principio, ci dice chiaro essere stato il Cantinella il capo della Compagnia, se ben per arte inferiore allo Zanni…. […] Cantù Carlo, tra’ comici Buffetto, al servizio del Principe di Parma, nacque il 1609 e si diede all’arte nel 1632, come vediam narrato al principio del Cicalamento di cui abbiam già discorso ampiamente al nome della Biancolelli.
prologo da ragazzo Io anderò, poi che voi tutti quanti uniti insieme me lo imponete, ma se da principio ero avvisato di questa straordinaria fatica, affè, affè che non mi ci coglievi. […] Ed ecco ch’ io mi movo, e do principio a l’alta impresa in questi bassi sdrucioli. […] Potrà servir adunque a chi volesse dar principio (caso però che il parer d’altri non li piacesse più del mio). […] Giacean sepolte in un profondo oblio le Muse, quando tu, Flavio gentile, le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil tuo desìo.
Potrebbero, è vero, tali voci indicare che la tragedia tutta si fosse cantata, a somiglianza delle moderne opere in musica dal principio sino al fine. […] Leonardo Bruni che da Arezzo sua patria portò il nome di Aretino, nato nel 1369, e morto nel 1444, avea composta una commedia intitolata Polixena stampata più volte in Lipsia nel principio del secolo XVI.
Potrebbero, è vero, tali voci indicare che la tragedia tutta si fosse cantata, a somiglianza delle moderne opere in musica dal principio sino al fine. […] Leonardo Bruni che da Arezzo sua patria si disse Aretino, nato nel 1369 e morto nel 1444, avea composta una commedia intitolata Polixena stampata più volte in Lipsia nel principio del secolo XVI.
Certa cosa si è almeno che, rimessa la musica nel primiero suo stato, con grandissima attenzione e non meno di diletto verrebbe da noi ascoltata l’opera dal principio sino alla fine; ed ella imporrebbe agli spettatori uno imperioso silenzio.
Sin dal principio dell’atto II desta curiosità il ben colorito amor fanciullesco di costei e del suo Tirsi in Tracia, e nel racconto che se ne fa, niun belletto, niuna arditezza di figure si scorge, ma bensì una verità di espressione che diletta e invita a leggere.
Sin dal principio dell’ atto II desta curiosità il ben colorito amor fanciullesco di costei e del suo Tirsi in Tracia; e nel racconto che se ne fa niun belletto nè arditezza si scorge, ma sì bene una verità d’espressione che diletta e invita a leggere.
Niccolini ne dettò una breve e forbita necrologia, della quale ecco il principio : Paolo Belli-Blanes, fiorentino, mancato di vita ne’ 15 ottobre 1823, ha delle sue virtù e del suo ingegno lasciato negli amici il desiderio, e nel mondo la fama.
Il legno appena ondeggiava per la mancanza di vento, per cui, accesi i lumi, diedero principio alla danza, al suono di un pianoforte che era nella sala grande da pranzo, e che venne suonato dal tenente del vapore.
Sicchè l’Italica severità di Valerio si riferisce agli Osci festivi, si, ma non osceni da principio. […] tu fingi a meraviglia bene; il principio non può esser migliore. […] O che savio principio! […] O che savio principio! […] Il prologo col principio della prima scena affermò il Lascari di averlo trovato in Messina, e da alcuni si attribuisce a Francesco Petrarcaa Dipingonsi in tal commedia i costumi meretricii di due sorelle cosi chiamate.
Ma queste tragedie e commedie hanno certamente la data più indietro del 1520, e per conseguenza la prima epoca in Italia gloriosa della drammatica vuol collocarsi al principio del secolo. […] Or dove è mai quella gelosia, e quella vendetta Italiana tanto esagerata nella Poetica Francese del moderno filosofante Marmontel come principio universale di tutti gl’intrighi delle nostre commedie? […] Osserviamo solo che questo principio è fabbricato sulla rena. […] E con tal conoscenza de’ costumi italiani ha stabilito il suo filosofico principio della nostra commedia il signor Marmontel? […] Continuando la ricerca di alcune bellezze e dell’artificio della favola del Negromante, osserviamo che il carattere di Mastro Giachelino furbo vagabondo viene sin dal principio dell’atto II enunciato da Nibio.
Lo compiango coloro che ne giudicano con questo entimema: le nostre principesse non fanno così, dunque gli antichi offendono il decoro . l’azione di questa tragedia acquista dal principio del l’atto quarto gran calore e movimento per l’avviso dato dallo schiavo a Clitennestra e ad Achille. […] Una sola azione incominciata dal punto che può interessare si estende dal principio al fine, si avanza, s’imbarazza, scoppia finalmente, diremo così, pel fermento di certe cagioni interne, dalle quali gli effetti si disviluppano con diverse scosse sino alla catastrofe. […] «In Racine l’interesse dominante si divide tra Fedra, Ippolito e Teseo: in Euripide è tutto per Ippolito dal principio al fine.» […] Questo esame degno della dottrina, del discernimento e del gusto del l’autore riputato delle Belle arti ridotte a un principio, compensa solo tutte le fanfaluche affastellate lungo la Senna contro gli antichi dal Perrault, La-Mothe, Terrasson, e dal marchese d’Argens, il quale colla solita sua superficialità e baldanza asseriva che i poeti tragici francesi tanto sovrastano agli antichi, quanto la Repubblica Romana del tempo di Giulio Cesare superava in potenza quella che era sotto il consolato di Papirio Cursore.
Ma perchè la gioventù non creda che tutto nel di lui stile sia oro puro, vuolsi avvertire ch’egli pur troppo pagò il tributo al mal gusto delle arguzie viziose che dominava sotto il regno di Luigi XIII e nel principio di quello di Luigi XIV. […] In simil guisa declinando il passato secolo pose in Francia il suo seggio una specie di tragedia inferiore alla greca per energica semplicità, per naturalezza e per apparato, ma certamente da essa diversa per disegno e per ordigni, forse più nobile per li costumi, e fondata su di un principio novello.
Sicchè l’Italica severità di Valerio si riferisce agli Osci festivi sì, ma non osceni da principio. […] Fuor di ogni dubbio i privilegii dati agli attori ingenui Atellanarii riguardarono la salsa giocondità delle loro favole da principio esenti da ogni oscenità. […] Bravissimo (ripiglia allegro Milfione): tu fingi a maraviglia bene: il principio non può esser migliore. […] O che savio principio! […] Il prologo col principio della prima scena affermò il Lascari di averlo trovato in Messina, e da alcuni si attribuisce a Francesco Petrarca68.
Ovidio nel principio del libro I de arte amandi dice, siccome traduce l’Ab.
Prima io mi sforzarei d’ hauer comedia che mi satisfacesse, con di quelle osseruationi, che dissi principalmente conuenirsi a tali poemi, e sopra tutto di bella prosa contesta, et che non fosse noiosa per molti soliloquij, o lunghi episodij, o dicerie impertinenti. per ciò ch’ io concorro nel parere di coloro, che hanno detto quella comedia esser perfetta, che leuandone una poca parte resti imperfetta. ma noua la comedia uorrei, se fosse possibile, o almeno poco nota, fuggendo più ch’ io potessi le stampate, quantunque piu belle. si per che ogni cosa noua piu piace ; et si per esser parer quasi comune, che le comedie, delle quali lo spettatore, hà notitia ; rieschino poco grate, per di molte cagioni, tra le quali, principale cred’io che sia questa : che douendo l’histrione ingegnarsi, et sforzarsi quanto piu può [come diremo] d’ingannar lo spettatore in tanto, che li paiano ueri i successi, che se gli rappresentano, sapendo l’ascoltante prima, quello che hà a dire et a fare il recitante, li par poi troppo aperta et sciocca menzogna, et la fauola perde di quel suo naturale, con che ella ha sempre da esser accompagnata, onde l’ uditore quasi schernito non solo uilipende lo spettacolo, ma disprezza anco se medesmo, che come fanciullo si sia lasciato condure, a udir, come si dice in prouerbio, la nouella de l’ oca. il che non auiene cosi delle comedie noue, per che quantunque l’huomo sappia da principio, hauer da udir cose non uere ; stando però atento alla nouita de i casi, par che ei si lasci ingannar da se medesimo a poco a poco, tanto che gl’ assembra di ueder in effetto, quei successi che se gl’ appresentano. se pero gl’ histrioni saranno bene essercitati, come gli si richiede. […] Questo mi par piano principio Veniamo dunque alla particolar elettione de recitanti, e destribuittione delle parti, che mi par cosa importantissima. […] Oltra di questa, io me ne soglio fare un’ altra molto utile, et necessaria ; doue noto tutte le scene per ordine, co i nomi de suoi personaggi, et con il segno della casa, o della strada, di onde hanno ad uscire, et a qual desinenza, co ’l principio anco de le lor parole ; accio che con questa norma, possi chi n’ haurà cura, porre tutti i recitanti sempre a tempo al lor loco. […] Prima che quella cada, lodo il far suonar alquanto, ad imitatione dei primi comici, o trombe, o piffari, ouero qualche altro istromento strepitoso, che habbia forza di destare gli animi, quasi adormentati per la lunga dimora che ordinariamente fan la maggior parte de gli spettatori, prima che si uenghi al desiderato principio : et questo Gioua anco per risuegliare i cori de i recitanti.
Si congettura essere stata scritta intorno al principio del sesto secolo sotto Teodosio II. […] Da quanto abbiamo in questo capo osservato, si deduce che il principio del vuoto della storia teatrale si trova a’ tempi de’ Tiberii, de’ Caligoli e degli altri imperiosi despoti, i quali fecero ammutolire i poeti, spaventandoli colle diffidenze e crudeltà, e furono cagione che i teatri risonassero unicamente di buffonerie e laidezze, per le quali ci vuole più impudenza che ingegno.