E a questo sentimento di modestia Eleonora Duse deve la perseveranza nello studio, che, arrotondando e perfezionando la sua natura d’artista, la collocò sul piedistallo di gloria, in cui oggi si trova : natura d’artista che traspariva tutta, anche fuor di scena, ne’ gesti, nelle parole, negli scritti. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img102.jpg] I giudizi sulla grande artista di Rochefort, di Lemêtre, di Duquesnel, di Panzacchi, della Serao, di Boutet, di Piccini, di tutta la stampa italiana e forastiera, sono altrettanti cantici che non morranno forse : ma il monumento di gloria le venne certo da A.
A cui toccò la gloria di dissiparlo?
Ripensando il tempo della maggior gloria di Bellotti-Bon, che fu quello in cui egli aveva un’unica, e quale !
Una grande qualità del Novelli di allora, attenuatasi poi col sopravvenir della gloria, fu l’arte del trasformarsi.
Or questo salva il poeta dalla pedantesca censura del l’ineguaglianza di carattere d’Ifigenia, la quale alla prima piange e prega per sottrarsi alla morte, e poi si offre vittima volontaria del pubblico bene per acquistare, giusta la traduzione del Dolce, Ne’ secoli futuri onore e gloria. […] Oltre a molti altri tratti patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni, la qual cosa, come altrove accennammo, di rado si trascurò dai Greci tragici per mostrare l’antichità remota delle loro leggi ed origini e de’ loro costumi a gloria della nazione.. […] L’autore di tante belle tragedie, filosofo sì grande, conoscitore sì savio del cuore umano, e ragionatore così eloquente, dimorando in Macedonia per compiacere al re Archelao amatore delle lettere e di chi le coltivava, dopo di aver secolui cenato, nel ritornarsene a casa venne assalito e lacerato da mastini scatenatigli contro da Arideo Macedone e da Crateva Tessalo maligni invidiosi vesseggiatori che l’odiavano meno per la gloria poetica di cui era egli in possesso che pel favore onde il regnante l’onorava. […] Con questi due rari ingegni finì la gloria della poesia tragica de’ Greci.
L’odio giura, vede, teme; il furore si lascia disarmare; la virtù trema; l’ira chiama; l’ amicizia e la gloria arrossiscono. […] Ma senza tali nei Racine che studiava sì felicemente il cuore dell’uomo e la poesia originale de’ Greci, Racine che possedeva il rarissimo dono dello stile e della grazia, che avrebbe mai lasciato alla gloria della posterità?
La regolarità, il falso motteggiare, la naturalezza de’ ritratti ne costituiscono il merito, e gli procacciarono gloria ed encomj appo gl’ intelligenti e i volgari. […] Il Romano Antonio Canevari, architetto di Carlo III di memoria immortale, avendo veduto quest’edificio al di fuori, non voleva credere che fosse un teatro; e poicchè vi fu entrato, disse che questa sola opera bastava alla gloria del Vaccar o, avendo saputo rendere possibile l’ impossibile.
L’altro insigne tragico di cui può vantarsi la Francia nel nostro secolo, è il celebre Francesco Maria Arouet di Voltaire, la cui gloria niuno de’ suoi contemporanei sinora ha pareggiata, non che adombrata. […] Ditemi , aggiugne, ditemi almeno: mio figlio, Bruto non ti odìa; basterà questa parola a rendermi la gloria e la virtù; si dirà che Tito morendo ebbe un vostro sguardo per mezzo de’ suoi rimorsi, che voi l’amate ancora, che alla tomba egli portò la vostra stima. […] Riscuoteva da circa due lustri gli applausi concordi della più colta Europa la Merope del marchese Scipione Maffei, quando Voltaire s’invogliò di tesserne una francese degna di parteciparne la gloria. […] Ma perchè egli si arroga la gloria di essere stato il primo a recar sulla scena i fatti nazionali? […] L’autore che aspirava alla gloria di tragico, avea ben false idee dell’eroismo e della virtù.
esta misma vega Testigo fue de nuestro amor, testigo De mil hablas suaves, De mil tiernas promesas, y mil juegos, Que eran un tiempo gloria, Y ahora son dolor en la memoria.
Furon marcie trionfali a piena orchestra, inni di gloria, antonomasie nuove : la Tina Di Lorenzo diventò in Italia l’Angelicata, in America l’Encantadora.
Posero essi in quel clima la meta alla gloria tragica, che spirò pur con loro, ancor prima che la Grecia divenisse schiava. […] A cui toccò la gloria di dissiparlo?
E come, al pari di Paolo, ebbe la gloria di aver recato l’arte al sommo, per quanto si appartiene alla magnificenza e a un certo che di maraviglioso, così ancora, egualmente che Paolo, ebbe il destino di averla messa in fondo per conto degli allievi che crebbero sotto di lui.
Egli è vero che il Fiorentino Vespucci si approfittò del l’opportunità avuta risedendo in Siviglia col l’impiego di Piloto magiore per segnar le strade da tenersi, e col dare nelle carte a que’ nuovi paesi il proprio nome pervenne col tempo à farli da naviganti chiamare America, e tolse con fortunata impostura, come ben dice il giudizioso Robertson, al vero discopritore la gloria di dare il nome al Nuovo Mondo.
Danae ode da lui la serie de’ futuri suoi casi misti di gloria e di disgrazie vicine e lontane.
Egli è vero che il Fiorentino Vespucci si approfittò dell’opportunità avuta risedendo in Siviglia coll’ impiego di Piloto maggiore per segnar le strade da tenersi, e col dare nelle Carte a que’ nuovi paesi il proprio nome pervenne col tempo a fargli da’ naviganti chiamare America, e tolse con fortunata impostura, come ben dice il giudizioso Robertson, al vero discopritore la gloria di dare il nome al Nuovo Mondo.
È troppo Grave recarsi fra le turbe cieche, Mobili, ingrate, e qualche volta infami, Questo cencio di gloria.
Signor, (dicea) colei, ch’è al vostro piede Implora alto favor : giammai non caggia Di Giuseppa la gloria.
Quando un artista a quasi sessant’anni affronta per la prima volta il personaggio di Coriolano, e a oltre sessanta quello di Jago, e a settanta infonde lo spirito a nuovi personaggi con la sua bocca forte, e a settantacinque pensa attraversar l’oceano per sostener le fatiche dell’artista in ben trenta rappresentazioni e nelle più importanti opere del suo repertorio, noi siamo certi di poter chiedere alla sua fibra titanica una nuova e gagliarda manifestazione del genio nel giorno primo di gennajo del 1909 : solennissimo giorno, nel quale il vecchio e il nuovo mondo si uniranno in un amplesso fraterno di arte a dargli gloria.
Si dovrà bensì maravigliare onde avvenga che in tanta luce di gloria, come abbiamo veduto balenare sinora, con numero sì grande di musici pregiatissimi e con tal fervore ed entusiasmo acceso per coltivare le scienze armoniche, pur tuttavia la musica non abbia in Italia prodotta la menoma particella degli stupendi prodigi che produceva in Grecia l’antica. […] Gli uffizi di poeta, di musico, di cantore, di legislatore e di filosofo si videro nella Grecia per molti secoli riuniti in una sola persona, e cotal riunione fu costantemente adoperata come il più possente e immediato strumento per imprimer negli animi degli uomini i sentimenti necessari alla gloria, ed alla sussistenza delle nazioni: ond’è che la persona del musico o poeta era tenuta dal popolo insomma venerazione, e riguardata come il Palladio, o conservatore della pubblica felicità. […] La sagacità di Temistocle cinse di mura la Città, la diligenza di Pericle l’abbellì, libera la mantenne Miltiade, Cimane sollevò la sua gloria sopra le altre repubbliche. Se parimenti la sapienza di Euripide, la facondia di Sofocle, e l’impetuosità di Eschilo ripararono qualche rovina, ovvero acquistarono novella gloria ed onore agli Ateniesi, ragion vuole che cotali rappresentazioni contendano coi trofei che il teatro s’agguagli alla reggia e che il maestro di siffatte invenzioni al capitano sia paragonato» 111.
La gloria di aver prodotta la prima tragedia debbesi al nominato Agostino de Montiano y Luyando. […] Un encomiatore di Scipione non se ne varrebbe degnamente a gloria del suo eroe? […] Ma nel francese fa un effetto più grande, perchè l’arcano si è conservato solo tra il principe e la consorte, e bisogna dire a gloria di Metastasio che è maggiore ancora nel Demofoonte, perchè la sola necessità lo strappa dalla bocca di Timante per salvar Dircea dal sacrifizio. […] Don Pedro Garcia de la Huerta non ha preso a tradurre o imitare favole straniere, ma pieno dello spirito del fratello volle recare al nostro idioma in versi sciolti la di lui Raquel, come egli dice, Per la gloria di dare all’un germano Dell’altro un segno di verace amore.
In quella nazione cioè dove per poco non s’innalzanda per tutto gli altari al sublime genio del poeta cesareo; dove i suoi versi sono oggimai divenuti proverbi, cantandosi nelle bocche di tutti, come già si faceva nella Grecia di quelli di Omero e di Euripide; dove tante penne di rinomati scrittori si sono per l’addietro stancate e si stancano tuttora nel celebrarlo; e dove così male è tornato a quei pochi meschini, che ardirono disturbare anche in menoma parte la sua luminosa e pacifica gloria? […] [35] Altri disputeranno se il Metastasio debba dirsi unico nel suo genere, o s’abbia trovato in Filippo di Quinaut un rivale degno di contrastargli la gloria. […] Così la posterità, la quale riporrà certamente Metastasio in un seggio di gloria vieppiù luminoso di quello dei Cini, dei Passavanti, dei Burchielli, dei Varchi, dei Salvini, dei Dati, e dei Salviati, o adotterà quelle formole mosse dall’autorità dell’inventore o gli perdonerà volentieri qualche neo di stile e di lingua in grazia degli affetti che sentirà strapparsi dal cuore. […] Se, come dice Boeleau, in un verso che vale un tesoro, «Rien n’est Beau que le Vrai, le Vrai seul est aimable» qual permanenza di gloria attendono quelle composizioni dove il vero non ha luogo, e dove le circostanze, distruggendosi vicendevolmente, palesano ad evidenza la falsità? […] Ma che tale distinzione non nuoca punto al merito del portentoso autore, come la critica sulle opere loro non sminuisce anzi maggiormente assicura la gloria di Virgilio, Omero, Cornelio, e Racine, co’ quali è paragonabile nel suo genere il Metastasio.
Il Martelli partecipò felicemente di questa gloria, e con miglior senno de’ nostri cinquecentisti accomodò all’importanza e alla vaghezza de’ greci argomenti l’artifizio della moderna economia. […] Nocque anche alla gloria dell’Italia, perchè l’egregio autore avrebbe nella scuola del teatro apprese nuove delicatezze e perfezioni dell’arte. […] Giuseppe Biamonti, ripetendo gli antichi argomenti greci hanno saputo procacciarsi nuova e non volgar gloria. […] Timofane dopo avere scoperte tutte le occulte trame de’ cittadini oppressi, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno del virtuoso fratello, non per amor di regno o di gloria, ma di libertà. […] Ciò ben avrebbe potuto involare all’autore quella gloria che proviene dall’invenzione; ma potrebbe togliere a que’ drammi il merito intrinseco di una condotta naturale e di una felice esecuzione?
Solo una lagrimetta Che da magiche stille esca di fuore, Fassi un Egeo cruccioso, Che sommerge l’ardir, l’alma e il valore; E il vento d’un sospiro Esalato dai labbri ingannatori, Dai campi della gloria Spiantò le palme, e diseccò gli allori.» […] Questa osservazione non si stende ai geni superiori nelle belle lettere, o nelle arti, essendo verissimo che un Michelagnolo, un Raffaello, un Ariosto e un Tasso bastano ad illustrar un secolo e una nazione al paro de’ più gran filosofi: né la Francia per esempio va meno superba per aver prodotto Corneille, o Moliere di quello che vada per aver avuto Mallebranche o Cartesio, come più hanno contribuito a propagar presso ai posteri la gloria della Grecia i poemi d’Omero che i libri d’Aristotile o le oziose metafìsiche dispute fra i discepoli d’Epicuro, e quei di Zenone.
L’odio giura, vede, teme; il furore si lascia disarmare; la virtù trema, l’ira chiama; l’amicizia e la gloria arrossiscono. […] Ma senza tali nei nel Racine che studiava sì felicemente il cuore dell’uomo e la poesia originale de’ Greci, Racine che possedeva il rarissimo dono dello stile e della grazia, che avrebbe mai lasciato alla gloria della posterità?
Esta misma vega Testigo fue de nuestro amor, testigo De mil hablas suaves, De mil tiernas promesas, y mil juegos, Que eran un tiempo gloria, Y ahora son dolor en la memoria. […] Giovanni Un motto, un guardo tuo, qualche sospiro Era de’ voti miei gloria e misura.
Quand’io sentii questo, mi venne voglia di piantargli in mano vn tu hai ragione tanto lungo, se non che Marte imbizarrito senza esser chiamato si fece innanzi, e disse : Potta di Giuda, ch’io non vo bestemmiare ; è possibile, che voi siate tanto sfacciata canaglia, che mi vogliate leuar la gloria delle mie fatiche ?
Or questo salva il poeta dalla pedantesca opposizione dell’ineguaglianza del carattere d’Ifigenia, che alla prima piange e prega per esser sottratta alla morte, e di poi si offre vittima volontaria del pubblico bene per acquistare Ne’ secoli futuri onore e gloria. […] Oltre a molti tratti assai patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni; il che alle occasioni non lasciavano di fare i tragici greci per mostrare la nobiltà e antichità de’ loro costumi, leggi, e origini a gloria della nazione. […] Questo gran tragico, sì savio conoscitore del cuore umano, sì gran filosofo, e ragionatore sì eloquente dimorando in Macedonia, dopo di aver cenato col re Archelao, nel ritornarsene a casa, fu lacerato da’ cani forse scatenatigli addosso da Arideo Macedone, e da Crateva Tessalo, poeti invidiosi più che della gloria poetica, del di lui favore presso il regnante. […] Finì in questi due rari Ingegni la gloria della poesia tragica greca33.
La gloria di aver prodotta la prima tragedia debbesi al nominato Agostino de Montiano y Luyando. […] Un encomiatore di Scipione non se ne varrebbe degnamente a gloria del suo eroe? […] Nel francese però fa più grande effetto; perchè l’arcano si è conservato solo tra il principe e la consorte, e bisogna dire a gloria di Metastasio che è maggiore ancora nel Demofoonte, perchè la sola necessità lo strappa dalla bocca di Timante per salvar Dircea dal sacrifizio. […] Per la gloria di dare all’un germano Dell’altro un segno di verace amore.
Il Martelli partecipò felicemente di questa gloria della Francia, e con miglior senno de’ nostri cinquecentisti accomodò all’ importanza e alla vaghezza de’ greci argomenti l’artificio della moderna economia. […] Matteo Borsa noto per varii lavori eruditi, e l’abate Giuseppe Biamonti col ripetere due antichi argomenti greci seppero procacciarsi nuova e non volgar gloria. […] nò, dapoichè per ipotesi del dramma Egisto viene enunciato di gloria privo, D’oro, d’armi, di sudditi, d’amici. […] Timofane dopo di avere scoperte tutte le occulte trame de’ cittadini oppressi, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno del virtuoso fratello, non per amor di regno o di gloria, ma di libertà. […] Ciò far voll’io, tu’l compi, e a me ne involi La gloria eterna.
Omero, Virgilio, Tasso, Ariosto (e con passi ineguali ancor Milton e Camoens) senza valersi delle ali del l’analisi e senza maneggiare l’astrolabio di Urania, siedono nel tempio della gloria esposti al l’ammirazione concorde di tutti i secoli e di tutti i paesi.
Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo ch’abbia illustrato il teatro musicale, egli poi non ha torto quando afferma che l’opera merita di essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
A gloria però delle lettere vuolsi ne’ fasti scenici Inglesi registrare un nome assai sublime.
In quel tempo l’attore e capocomico Pisenti fu messo in prigione per debiti ; e la Ristori, che fu sempre delle miserie de'compagni soccorritrice pietosa, architettò tre rappresentazioni straordinarie, che furono avvenimento di vera gloria, e la salvazione del povero carcerato.
Non vi fu città, si può dire, nostra o forestiera, in cui l’estro poetico, non si risvergliasse a dir le sue lodi : tra i tanti versi (ve n’han già dell’83, quand’egli era al Pantera di Lucca, presagenti la gloria futura) scelgo questi di Achille Testoni, dettati l’ottobre del '95 quando al grande attore drammatico | vanto dell’arte italiana | il pubblico modenese | l’entusiasmo più alto e sincero | addimostrava.
A gloria però delle lettere vuolsi ne’ fasti scenici inglesi registrare un nome assai sublime. […] Arriva Amlet, l’osserva, va per ferirlo; pensa poi che se l’ammazza mentre stà orando, gli assicura la gloria eterna.
Non minor gloria gli recarono i sacri Oratorj musicali pieni di entusiasmo profetico e di sacra erudizione, tra’ quali si distinguono, Sisara, Daniele, Davide umiliato, Giuseppe, Ezechia &c. […] Udite per vostro meglio ed a gloria dell’ Italia, di cui Metastasio è il più caro ornamento, udite gli esteri, gli emuli stessi oltramontani, udite il vostro cuore, e coll’ Algarotti a piena man spargete Sopra lui fiori, e del vivace alloro Onorate l’altissimo poeta.
Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo che abbia illustrato il teatro musicale, non ha poi torto allorchè afferma, che l’opera merita d’essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
Omero, Virgilio, Tasso, Ariosto (e con passi disuguali ancor Milton e Camoens) senza valersi delle ali dell’analisi e senza maneggiare l’astrolabio d’Urania, siedono nel tempio della gloria esposti all’ ammirazione concorde di tutti i secoli e di tutti i paesi.
Dove siete andati, felici tempi, in cui ogni Principe, ogni Signore del bel paese, Ch’Appennin parte, e ’l mar circonda e l’ Alpe, si facea gloria di esser Mecenate delle lettere, e di conoscere, amare, onorar, premiare, incoraggiar e proteggere con grandezza d’animo e buon senno le arti tutte e gli artefici?
Fu allora che il Conte Carlo Gozzi, già forte estimatore dell’ingegno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera del 25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Melarance, « caricata parodia buffonesca sull’opere dei signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo ch'ella comparve. » Fu preceduta da un prologo in versi « Satiretta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso del Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della condotta e de'caratteri, palesemente con artifizio avviliti, l’autore pretese porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere del signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria !
DI GABRIELLO CHIABRERA Nel giorno, che sublime in bassi manti Isabella imitava alto furore ; e stolta con angelici sembianti ebbe dal senno altrui gloria maggiore ; Allor saggia tra ’l suon, saggia tra i canti, non mosse piè che non sorgesse Amore, nè voce apri, che non creasse amanti, nè riso fè, che non beasse un core. […] D’ogni gloria maggior scena fastosa, fatti giardin d’un sempiterno alloro, giardiniera bellissima Gelosa, o qual di ricca statua alto lauoro fa colonna poggiar ambizïosa, di’ : base fui d’ un simulacro d’oro. […] Dipinti Augei, che per le Tosche selue Di ramo in ramo saltellando andate, Dite nel vostro canto : La gloria d’Arno, e la sua pompa è morta.
Egli non pertanto non lascia di notare, parlando della serenata del marchese di Villena (di cui abbiamo ragionato nel capo III di quello Libro), che in vano Calderón si arrogava la gloria d’aver il primo introdotto in iscena personaggi allegorici; da che in quella serenata si veggono personificate la pace, la giustizia ec.
Giacean sepolte in un profondo oblìo le Muse, quando tu Flavio gentile le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil tuo desìo : per te godon le scene il lor natìo honor ; e già se 'n vola a Battro a Thile glorioso il tuo nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso fio : Godi dunque felice un tanto honore, che 'l mondo in premio delle tue fatiche lieto ti porge, e ne ringrazia il Cielo : Quindi avverrà ch'ogni or le Muse amiche avrai, e colmo d’amoroso zelo a le scene darai gloria e splendore.
Infatti nelle lettere di Casiodoro si legge, che Clodoveo conquistatore delle Gallie, desiderando d’avere appo se musici pregievoli, i quali «sollazzassero la gloria della possanza sua», come s’esprime l’originale, scrisse a Teodorico re d’Italia acciocché gli mandasse alcuno di que’ musici ch’erano alla sua orte. […] Non della gloria il lampo, Non la fortuna toglieran, che l’uomo Misero infine non divenga. i numi Turban le cose, negli umani eventi Confusion, disordine mischiando Perché dell’avvenir nulla sapendo Siamo costretti a venerarli…»30 [12] Al che s’aggiugne che, avendo il gentilesimo presi i suoi fondamenti nella storia greca, il rappresentar sul teatro le opinioni religiose era lo stesso che richiamar il popolo alla ricordanza e all’ammirazione de’ fatti patriotici, e conseguentemente risvegliar in esso l’amore della libertà, e della patria, virtù delle più utili per tutto altrove, ma necessarissime nella costituzione de’ Greci, i quali aveano scacciati i re per divenir repubblicani.
Se la filosofia le aggiugne giustezza e profondità, l’erudito anch’egli concorre con braccia poderose, e con incessante fatica: dal che avviene che se la gloria di quest’ultimo è meno luminosa e brillante, non è perciò men solida né meno sicura.
Spiacemi intanto che di sì felice osservazione non vi si debba la gloria intera, e converrà che vi contentiate di dividerla col Signor Sedano, che ve l’ha suggerita.
Quanto più l’Eroe comparisce tutto pieno dell’amor della gloria, e virtuoso, e incapace di cedere alle insidie comunali donnesche, tanto più di arte manifesta il Poeta nel farne avvenire il cangiamento con verisimilitudine, per insegnarci a star sempre vigilanti; e le Grazie stesse par che gli abbiano porta la mano, e scelto il pennello per dipingere quel cumolo di piaceri col colorito di Tiziano, colla espressione di Raffaello, e colla grazia di Correggio.
Ma chi sa quando l’Italia si purgherà di tal macchia colla gloria di bandir dalle sue scene la nojosa uniformità recatavi dagl’invincibili pregiudizii di tali attori che per tanto tempo ne ha scemato il diletto?
Gio: Un motto, un guardo tuo, qualche sospiro Era de’ voti miei gloria e misura.
Perchè vanto al nemico e gloria fòra morir per bella man che alletta e piace, ed a par di begli occhi anco innamora.
Il Coro prende occasione di favellare degli spettacoli scenici di Atene, e di lodare il suo poeta, il quale (egli dice) è ottimo compositore di commedie e pieno di gloria . […] Noi di buon grado le notiamo, come proseguiremo in ogni occorrenza, perchè si avveggano una volta coloro, a’ quali incresce il nostro rispetto verso la dotta antichità, che noi in quest’opera collo spirito d’imparzialità che ne governa, e con giusto sforzo (non so se felice) intendiamo di cogliere dagli scrittori di ogni tempo il più bel fiore per inspirare il buon gusto, e di osservarne anche i difetti che potrebbero guastarlo: differenti in ciò totalmente da certi pedanti moderni che si fanno gloria di esagerare tutti i difetti degli antichi, e di negligentarne le bellezze. […] No , dice Socrate, sono Nuvole celesti, Dee sublimi, che agli uomini pacifici e studiosi, come noi siamo, danno forza per meditare e disputare, fecondano la mente, e somministrano gloria, sapere, ed eloquenza. […] Trovo questo squarcio anche tradotto bellamente dal Cesarotti: Quando gli Ambasciadori della Grecia Bramano di accappiarvi a qualche trappola, Vi chiamano violi-ghirlandiferi All’udir questa voce melatissima Di gioja vi traballano le natiche Che se poi vesseggiandovi vi aggiungano Mia grassa Atene, ogni domanda accordasi Sol per quel grasso, e il popolo ne gongola, Che di un majale riportò la gloria.
Pur sembra ch’essi ad altra gloria non aspirassero che a quella di traduttori ingegnosi; e nella commedia specialmente Quintiliano confessava lo svantaggio de’ latini a fronte de’ greci83. […] Voti nobili, degni d’un cuor magnanimo, d’un cuor che cercava la gloria nel procurar la pace alla terra, non già nel desolarla. […] Finì in Roma la gloria della poesia drammatica, quando v’incominciò a regnar la moda delle buffonerie e oscenità de’ mimi e pantomimi, spettacoli più propri a divertire un popolo che andava degenerando99.
Osmida resta a trattener lo spettatore con un monologo di trentasei versi, in cui non solo mostrasi bramoso di gloria e geloso di esercitar la clemenza, virtù sino a quel punto a lui ignota, ma diviene anche precettore di grandezza d’animo. […] Osmida resta privo della sperata gloria, e Gerbino si uccide. […] Elfrida dee esigere dal re, dal padre e dalle guardie tutto l’agio per cantare un’ aria di diciotto versi, la quale, benchè troppo verbosa e lontana dalla vibratezza e dal nerbo che Metastasio con tanta gloria ha usato, non ha sentimenti sconvenevoli ad Elfrida, ad eccezione di arrestar la rapidità che qui si richiedeva, e di far rimanere il re e tutti come ascoltatori oziosi in un’ accademia di musica. […] Calsabigi però nella seconda parte dell’aria perde la sua scorta, e cade in una specie di freddura: E se la sorte Nella contesa Questa vittoria M’involerà, Dell’alta impresa Almen la gloria M’illustrerà. Adallano in tutt’altro Moro orgoglioso e fiero qui diviene assai modesto, decantando come alta impresa quella di porsi a fronte di Ricimero, il quale non gode veruna rinomanza onde la sola gloria di attaccarlo abbia ad illustrare il vinto.
Granelli hanno avuto una gloria efimera, mal grado di tutti gli encomi, de’ quali le ha caricate il signor abate Bettinelli. […] Tacciano adunque una volta gli stici saccentuzzi, i meschini gazzettieri, i pretesi poeti petrarchisti, dantisti, e pindarici, e i pettoruti ammiratori delle regole di Aristotile che mai non lessero; tacciano ormai tanti invidiosi, i quali si collegano e si danno la mano per tutta l’Europa per far argine alla piena degli applausi universali che riscuote l’Euripide italiano dagli eruditi e da’ volgari, Metastasio é la gloria del teatro e del nome italiano225, che per lui risuona sulla maggior parte delle scene europee bisognose della nostra musica.
Trovavasi il teatro Ateniese nel colmo della gloria nell’olimpiade LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino poeta di stile austero, mordace e assai forte ne’ motteggi, dal quale si dee riconoscere il lustro di quel genere di commedia caustica e insolente chiamata Satirica e Antica. […] Il coro prende occasione di favellare degli spettacoli scenici di Atene, e di lodare il suo poeta, il quale (ei dice) è ottimo compositore di commedie e pieno di gloria. […] Noi di buon grado le notiamo, come faremo in seguito in ogni occorrenza, perchè si avveggano una volta coloro, cui incresce il nostro rispetto verso la dotta antichità, che noi in quest’opera collo spirito d’imparzialità che ne governa e con giusto sforzo (non so se felice) intendiamo di cogliere dagli scrittori di ogni tempo il più bel fiore per ispirare il buon gusto, e di osservarne anche i difetti che potrebbero guastarlo: differenti in ciò totalmente da certi moderni pedanti che si fanno gloria di esagerare tutti i difetti degli antichi e di negligentarne le bellezze. […] No, dice Socrate, sono Nuvole celesti, dee sublimi, che agli uomini pacifici e studiosi come noi siamo danno forza per meditare e disputare, fecondano la mente, e somministrano gloria, sapere, eloquenza. […] Che se poi vezzeggiandovi vi aggiungono, Mia grassa Atene, ogni domanda accordasi Sol per quel grasso, e il popolo ne gongola, Che di un majale riportò la gloria.
[1] Abbiamo finora osservati i fondamenti del brillante edifizio che potrebbero le belle arti inalzare al piacere non meno che alla gloria d’una nazione. […] Ciò nonostante gl’Italiani non devono escludersi dalla gloria che giustamente ad essi appartiene. […] La gloria di condurla a tal segno era riserbata ad una nazione tenuta fin allora comunemente più abile nel promuovere l’erudizione e le scienze che nel coltivare l’arti di leggiadria e di gusto.
E come mai la incisione qui riprodotta rappresenta il Brighella accanto al Trivellino, che a lui fa tanto di cappello, come se l’uno e l’altro avesser avuto comune la gloria ?
Or questo salva il poeta dalla pedantesca censura dell’ineguaglianza del carattere d’Ifigenia, che alla prima piange e prega per sottrarsi alla morte, e poi si offre vittima volontaria del pubblico bene, per acquistare, giusta la traduzione del Dolce, Ne’ secoli futuri onore e gloria. […] Oltre a molti altri tratti assai patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni; il che, come altrove accennammo non lasciavano di fare i tragici Greci per mostrare la nobiltà remota delle loro leggi ed origini, e de’ loro costumi a gloria della nazione. […] L’autore di tante belle tragedie, sì gran filosofo, conoscitore sì savio del cuor dell’uomo, e ragionatore sì eloquente, dimorando in Macedonia per compiacere al re Archelao assai amante delle lettere e degli uomini dotti, dopo di aver cenato con esso lui, nel ritornarsene a casa fu lacerato da’ cani fattigli scatenare addosso da Arideo Macedone e da Crateva Tessalo poeti invidiosi, più che della gloria poetica, del di lui favore presso il regnante. […] Con questi due rari ingegni finì la gloria della poesia tragica de’ Greci82.
» La recitazione di Corinto alternava con la musica, « suonando varii e diversi stromenti da fiato, composti di molti flauti, cantandovi sopra versi boscarecci e sdruccioli ad imitatione del Sannazaro, detto Atio Sincero pastor Napolitano. » – Parlando alla sua boscareccia zampogna, nel discorso citato, dice : « rimanti per sempre appesa a questa verde et onorata pianta, e teco rimangano per sempre appesi a questi verdi e onorati tronchi tutti gli altri miei pastorali strumenti solo inuertiti a gloria e onor della mia cara Fillide. […] Godi dunque felice un tanto onore, che’l mondo in premio de le tue fatiche lieto ti porge, e ne ringrazia il cielo ; quindi avverrà che ognor le muse amiche avrai, e colmo d’amoroso zelo a le scene darai gloria e splendore.
[1.3ED] Navigava io lungo la frequentata e vaga riviera di Genova verso Savona, nella più allegra e nobile compagnia che mai potesse per viandante desiderarsi, godendo io la gloria di servire nell’importantissima sua pontificia spedizione per le due corti di Francia e di Spagna monsignor Pompeo Aldrovandi, cavaliere di cui la mia patria si pregia come di uno de’ suoi più insigni cittadini per chiarezza antica e non mai interrotta di sangue illustre e patrizio; uomo non men letterato che protettore de’ letterati; prelato insomma a cui, siccome la corte di Roma ha confidate le più gelose delle sue cariche, così comparte i primi luoghi ne’ primi gradi del merito e dell’onore. […] [1.40ED] Ci sono certi invidiosi della felicità del loro secolo che attribuiscono tutto a’ passati e massimamente a quelli ne’ quali fiorivano i Greci; non vogliono che si possa più conseguire altra gloria che quella del somigliarli come ombra corporea. [1.41ED] Io mantengo che costoro sono pazzamente invidiosi della moderna gloria e sono evidentemente ingiusti al nostro confronto, non invidiando noi agli antichi l’onore di primi inventori. [1.42ED] Vogliamo ancora liberalmente attribuire a’ tuoi Greci qualche parzialità della provvidenza divina che abbia meglio organizati e disposti que’ primi ingegni destinati per essa ad inventare, con simmetria che potesse accreditarsi fra gli uomini, quelle cose che dovean servir d’esemplare e procacciar de’ seguaci; laonde si sono propagate tutte le arti nella posterità. [1.43ED] Vogliono di più i vostri Greci? […] [2.76ED] Ricorri al tuo Vitruvio e vi troverai che tre cangiamenti di scena si congegnavano sui nostri palchi: tragica, comica e satirica. [2.77ED] La tragica era composta di colonne, di palazzi e di altri segni d’abitazioni reali. [2.78ED] La comica conteneva privati edifici. [2.79ED] La satirica selve, spelonche, fontane ed altre apparenze villerecce e selvagge, e benché paia che a tre sorte diverse di rappresentazioni ciascuna fussero destinate, come la tragica alla tragedia, la comica alla commedia e la satirica alla boschereccia, certa cosa è che favole boscherecce non furono mai poste in scena né da’ Greci né da’ Latini, benché gli uni e gli altri materie bucoliche largamente cantassero, e tu sai tutta la gloria di questa sorta di dramma comunemente esser data al vostro Torquato Tasso, mercé del suo leggiadrissimo Aminta. […] [4.9ED] Ivi monsignor Bentivoglio nunzio apostolico e che, eguagliando l’altezza del suo nascimento con quella de’ suoi talenti e del suo gran ministero, reca non poca gloria alle due sue patrie Ferrara e Bologna, unito d’animo, di sangue e di presenza con monsignor Aldrovandi, mostravami il fiume da quattordici smisurate rote in sé ritenuto; ma col pinger dell’onda arrestata, aggirandole, vien poi da esse per successive trombe assorbito e con meraviglia della natura astretto ad ascendere sino alla cima di un colle di dove, come da fonte, seguitando il corso declive sugli archi di un maestoso acquidotto, discende contra sua voglia ad ubbidire alla regia magnificenza nel favorito Marlì. […] — [4.131ED] — Io non intendo di scemar la gloria a costoro — ripigliò quegli —.
Arriva Amlet, l’osserva, va per ferirlo; pensa poi che se l’ammazza mentre stà orando, gli assicura la gloria eterna.
Al capo medesimo, pag. 29, lin. 8, dopo le parole, alla gloria della posterità, si ponga in nota ciò che siegue.
Ciò bene avrebbe potuto involare all’autore quella gloria che deriva dall’invenzione ; ma potrebbe togliere a que’drammi l’intrinseco merito di una condotta naturale e di una esecuzione felice ? […] Son chiamati Saturnisco e Lunatina, ed esposti alla pruova della finestrina, si vede nel gigantone vanità somma ed un impaziente brama di gloria e di luce, ma non del pubblico bene ; in oltre che gli argani onde servissi formati erano di budella de’popoli soggetti per mezzo di un ministro mago, e quindi sbudello i sudditi a migliaja. […] Non minor gloria gli recarono i sacri Oratorii musicali pieni di entusiasmo profetico e di sacra erudizione, tra’quali si distinguono : Sisara, Davide amiliato, Daniele, Giuseppe, Erechia. […] Udite per vostro meglio e per gloria dell’ Italia, di cui oggi ancora Metastasio è il più caro ornamento poetico, udite gli esteri, gli emuli stessi oltramontani ; udite soprattutto il vostro cuore, e coll’Algarotti a piena man spargete Sopra lui fiori, e del vivace alloro Onorate l’altissimo poeta. […] In prima qui nella contesa è pura borra ; di poi Adallano in tutt’altro Moro orgoglioso e fiero quì diviene modesto, e decanta per alta impresa quella di porsi a fronte di Ricimero, il quale privo di ogni rinomanza non può recare a chi osa affrontarlo gloria tale do illustrarlo, quando ancor vincesse.
Lei nova meraviglia il mondo appella, Talia fra mille a dito la dimostra, per Lei l’ausonia scena or si rabbella, per Lei, Muse, va al ciel la gloria vostra.
Trovavasi il teatro ateniese nel colmo della gloria nell’Olimpiade.
Vi si disviluppa bellamente il carattere delle madri che vedono con gelosia il merito nascente delle figliuole, e si studiano di tenerle lontane dalla conversazione temendo che ne rimanga la propria gloria ecclissata.
Ma forse per non avere essi ad altra gloria aspirato che a quella di traduttori ingegnosi, si rimasero indietro mostrando nell’ordinar le cose tolte a’ Greci una immaginazione più testo temperata e giudiziosa che originale ed atta ad inventare. […] Università di Pisa, dove dimora a gloria della nazione.
I Pittori, Amico mio, lavorano per beni fisici e morali, per la gloria e per le ricchezze.
La gloria della commedia Inglese dopo del Wycherley è cresciuta per le favole piacevoli e regolari del sig.
Ma in tal caso avrebbe preferita la gloria d’esser cortese e gentile alla meschina e miserabile compiacenza di criticare un francesismo nel libro d’un’oltramontano, compiacenza a cui difficilmente resiste quella genia di persone che vive delle secrezioni dei talenti come i corvi e gli avoltoi si pascono della carne infracidata dei cadaveri. […] E siccome i Cherili, gli Iperboli, e i Carcini non tolsero al secolo d’Alessandro la gloria d’essere uno dei più illustri nella storia della greca letteratura, come i Bavi, i Mevi, e i Batilli non impedirono che l’età di Cicerone, di Virgilio, e d’Orazio non venisse chiamata il secol d’oro delle lettere romane, come i Chapelain, i Cottini, i Padroni non annebbiarono per niente il letterario splendore del felicissimo regno di Luigi XIV, così uno scarso numero di buoni autori, quando la maggior parte è cattiva, non basta a caratterizzar il buon gusto d’un’epoca intiera; altrimenti il Seicento, ch’ebbe in Italia il Cardinal Bentivoglio, il Pallavicini, il Sarpi, il Bartoli, e il Chiabrera anderebbe dal paro col secolo avventuroso di Leon X; e Cornelio Celso e Pomponio Mela, scrittori puri ed eleganti, basterebbono per mettere a livello i tempi di Seneca con quelli d’Augusto; e Teocrito e Callimaco potrebbono essi soli eguagliar l’epoca di Tolomeo Filadelfo a quella di Pericle e di Filippo.
Ma la sua gloria comica si assicurò colla Metromania.
La gloria della commedia inglese dopo del Wycherley è cresciuta per le favole piacevoli e regolari del sign.
L’Imperatore Carlo VI cui l’Italia è debitrice in gran parte della sua gloria drammatica, era uno di que’ Signori a’ quali non aggradavano gli spettacoli sanguinari, non volendo che il popolo tornasse a casa scontento dal teatro10.
Ma chi sa quando l’Italia si purgherà da tal macchia colla gloria di bandir dalle sue scene la nojosa uniformità recatavi dagl’ invincibili pregiudizj di tali attori che oggidì ne scema il diletto?
Qualcuno ha censurato Racine, perocché Baiazetto rifiuta il trono e la vita per lo solo eccesso d’amore, ma tale censura è di niun valore, perché si suppone che l’eroe tragico debba essere perfetto esemplare di virtù, né possa perciò sagrificare la gloria d’un impero ad una molle passione. […] Che dirò di certi modi di dire che disconverrebbono ad ogni poeta, come insanguinar99 la gloria a’ nemici, ed avere100 una novella sanguinosa, ed intenerir la vittoria101? […] [6.5.10] Trasmodato, per non dir ridicolo, è pur nel Coreso 105 quel detto d’Agenore, in cui s’appella dai rigori della sorte alla gloria. […] ahi macchiareste della gloria il chiaror, se stimol d’onta v’animasse all’impresa. […] Che riserbarmi ad una ria vittoria, ove l’alto apparato d’una gloria pomposa m’offra fumanti ancor di sangue caro gli allori d’un fratello, o d’un marito?
Planelli traccia con mano sicura una piccola storia dell’illusionismo scenografico, gloria quasi tutta italiana, di Ferdinando Galli Bibiena, dei suoi discendenti e della sua scuola; e dispensa le solite raccomandazioni: «una galleria va caratterizzata in modo che non sia presa per un tempio, né una carcere senta di cantina. […] Deh non si abbiano a male, che uno ch’è sommamente affezionato alla loro professione, e che prenda un sincero interesse nella lor gloria, sì francamente per loro vantaggio ragioni. […] Per questa via giunse il Tribolo94 all’immortalità, felicissimo, come dice il Vasari, nelle invenzioni delle vesti, de’ calzari, delle acconciature di capo, e di altri abbigliamenti; e per questa vi giunsero ancora il Frigeri, i due Canziani, e il Boquet, il quale de’ nostri dì si ha tanta gloria acquistata oltremonti colla sua fertile e graziose fantasia. […] • riportata dal Muratori: benché Muratori fosse avverso al genere dell’opera in musica, manifestò un orgoglio municipale nei confronti del lontano compatriota modenese, da lui considerato impropriamente inventore del genere e quindi da anteporre ai toscani della Camerata: «Ma, poiché si tratta di gloria, siami lecito il dire, che una tale invenzione, almen per quello che s’aspetta alla musica de gli strumenti, si dee piuttosto attribuire ad Orazio Vecchi cittadin modenese. […] Ora questo valentuomo prima del Rinuccini insegnò la maniera di rappresentare i mentovati drammi, e pieno d’anni, e di gloria se ne morì in patria l’anno 1605» (L.
La somma gloria di lei consiste anzi nel farla trionfare e nascondersi.
Mancava alla gloria di Roma vincitrice quella coltura dell’ingegno che dalle nazioni allontana la barbarie e ingentilisce i costumi, e toccò a questa prima vinta Grecia il vanto di erudirla e abbellirla colle lettere.
Ma forse per non avere essi ad altra gloria aspirato che a quella di traduttori ingegnosi, si rimasero indietro, mostrando nell’ordinar le cose tolte a’ Greci una immaginazione più tosto temperata e giudiziosa che originale ed atta ad inventare.
Mancava alla gloria di Roma vincitrice quella coltura dell’ingegno che dalle nazioni allontana la barbarie e ingentilisce i costumi; e toccò a questa prima vinta Grecia il vanto di erudirla e abbellirla colle lettere.
Di fatti la gloria principale dell’Ariosto e di molti altri comici Italiani, de’ quali dovrem ragionare, è questa appunto di aver migliorati gli argomenti degli antichi, e di averne poi tratti tanti e tanti altri dalla propria fantasia; la qual cosa gli rende superiori a’ Latini per invenzione, ed in conseguenza per vivacità.
In fatti la gloria principale dell’Ariosto e di tanti altri comici Italiani, de’ quali ragioneremo, è questa appunto di aver migliorati gli argomenti degli antichi, e di averne poi tratti tanti e tanti altri dalla propria fantasia; la qual cosa gli rende superiori a’ Latini per invenzione, ed in conseguenza per vivacità.
Qual gloria alla nazione numero sì grande di talenti abbandonati al trasporto di una immaginazione calda e disordinata, ed innamorati di un parlar gergone metaforico enimmatico gigantesco?
qual gloria alla nazione sì gran numero di talenti abbandonati al trasporto d’una immaginazione calda e disordinata e innamorati di un parlar gergone metaforico, enimmatico, gigantesco?