Ebbe non per tanto un ingegno pieno di vigoroso entusiasmo che lo solleva talvolta presso a’ più insigni tragici, e che giustifica il giudizio datone da’ suoi compatriotti, che egli abbondi di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili . […] Non è meraviglia che nella medesima brochure o scartabello che sia, cancelli con una mano quel che con l’altra dipigne; e nell’atto che dichiara gl’Italiani fanciulli in poesia , affermi che abbondino di eccellentissimi poeti lirici in ogni genere; non avendo ancora imparato che l’ entusiasmo, la mente più che divina, il sommo ingegno, la grandezza dello stile, doti da Orazio richieste nel vero poeta, convengono singolarmente alla poesia lirica. […] Quando vuole essere oratore (attento, signor Martino) diviene freddo e snervato; imperciocchè allora egli è grande quando si contiene nella natura… Esprime sovente di una maniera ingarbugliata un pensiere comune, e cela una picciola immagine in un verso pomposo… Quando vuole intenerire dipingendo la grandezza che ruina, o l’innocenza che pericola, più sensibilmente manifesta l’ineguaglianza del suo ingegno.
Però mentre un uomo di mente assai limitata può colla fatica e lo studio aggiugner qualche particella di più alla massa generale del sapere nelle scienze naturali, e distinguersi per questo mezzo dagli altri, nessun ingegno di bassa lega per quanta cura ei ponga nell’esercitare le facoltà che riguardano il bello otterrà giammai i suffragi del pubblico, perché non sarà trovato capace di poterle promuovere una sola pedata. […] [14] Carlo Innocenzo Frugoni, poeta fra i primi del suo tempo in Italia per la robustezza dello stile, per la forza dell’epitettare e per la fertilità e chiarezza delle imagini, compose alcuni drammi musicali da rappresentarsi con regia magnificenza nel teatro della corte di Parma, i quali pruovano quanto siano limitati i confini dell’umano ingegno, e come una spezie di talento suppone per lo più l’esclusione d’un altra. […] L’autore, il quale non manca certamente d’ingegno né di cognizioni, avrebbe dovuto riflettere che una composizione così uniforme e così tetrica come l’Alceste, era forse buona per il teatro di Atene, ma che dovendosi fra noi metter in musica da un uomo conseguente a se stesso e alla poesia qual’è il Cavalier Gluk, non poteva far di meno che non istancasse la pazienza degli uditori italiani dotati da una sensibilità meno pofonda, e avezzi a un’armonia più leggiera e più brillante. […] Senza però ch’io inclini per questo ad abbracciare i brillanti e poco solidi pensamenti che intorno alla convenienza del sistema drammatico degli Ateniesi col nostro ha l’autore con molto ingegno ed erudizione ma non con uguale giustezza proposti nella sua dissertazione intorno alla maniera d’interpretare i tragici greci.
Il Porta lo fece suo particolar retaggio maneggiandolo con piacevolezza, ingegno, novità e giudizio, senza infrangere le regole e senza ricorrere a’ soliti partiti di manti, nascondigli, evenimenti all’oscuro e case che si compenetrano. […] “Ella è fornita d’ ingegno e di ottimo gusto, capace di discernere la buona dalla cattiva musica, intendendola benissimo ed avendo anche composto alcuna cosa, ond’è che canta con fondamento e sicurezza. […] Laonde non ci tratterremo su tanti altri melodrammatici rammentati dal Mazzucchelli, dal Crescimbeni e dal Quadrio, nè sull’Achille in Sciro del marchese Ippolito Ferrarese rappresentato in Venezia nel 1663, nè sull’Attilio Regolo del Veneziano Matteo Noris impresso nel 1693 in Firenze, i quali illustri nomi attendevano un ingegno assai più sublime per trionfar sulle scene musicali. […] Similmente tradussero ed imitarono le commedie Spagnuole Ignazio Capaccio Napoletano, Pietro Capaccio Catanese, Tommaso Sassi Amalfitano, Giuseppe di Vito Napoletano, Andrea Perrucci traduttore ed imitatore nel 1678 del Convitato di pietra, ed Onofrio di Castro autore della commedia la Necessità aguzza l’ingegno, in cui si vede qualche regolarità unita a un’ immagine di comico di carattere e alla maniera, Spagnuola, con uno stile che spira tutta l’ affettazione di quel tempo di corruttela.
Giovanni Mairet nato in Besanzone nel gennajo del 1604, e quivi morto nel gennajo del 1686, studiando i tragici italiani, dotato d’ingegno e di sagacità, si attenne alle regole precritte dal verisimile quasi in tutto ciò che compose. […] Compose in prima i Figliuoli ingrati commedia, che poi intitolò la Scuola de’ Padri, nel 1728, che non ebbe quel felice successo, che prometteva il suo felice ingegno atto sommamente a rilevare il ridicolo de’ costumi correnti.
II, 177) lasciò scritto : « Egli mostrò a un tempo tanta naturalezza e tanta verità, una precisione così esatta, una recitazione così corretta, un ingegno così pieghevole, che se ne affrettò l’ammissione » ; infatti l’anno di poi fu ricevuto nella Compagnia, in cui non cessò di farsi applaudire e come attore arguto e vivace, e come elegante ballerino. […] In ogni modo, data l’indole dei nostri artisti, e date le condizioni del nostro paese, io credo si potrà sempre affermare, che se per rispetto di sè, dell’arte, del pubblico, le nostre Compagnie dovran cedere di fronte alle Compagnie forestiere, gli artisti forestieri debbono tutti per natural senso d’arte, per ingegno, per islancio, pel così detto fuoco sacro, insomma, cedere di fronte agli artisti nostri.
L’uomo d’ingegno e di gusto purgato condona di buon grado i difetti, ove le bellezze di ogni tempo e di ogni clima sovrabbondino.
Questo felice ingegno compose alcune ottime Ecloghe, ed una di esse intitolata Albanio sembra al Lampillas un bellissimo Dramma Pastorale.
Il disprezzo che aveva Beaumarchais per l’eccellente comico maneggiato da Moliere, congiunto alle minutezze su gli abiti, e all’affettata descrizione pantomimica de’ personaggi muti, poco danno indizio di un ingegno investigatore de’ grandi lineamenti della natura, e ricco di vero gusto.
Niccolini ne dettò una breve e forbita necrologia, della quale ecco il principio : Paolo Belli-Blanes, fiorentino, mancato di vita ne’ 15 ottobre 1823, ha delle sue virtù e del suo ingegno lasciato negli amici il desiderio, e nel mondo la fama.
Fu in quei vincoli troppo stretti ch'egli avvertì il peso del giogo, e sentì il bisogno di scuoterlo : fu allora ch'egli risolse di formare una compagnia modesta da avviare, da manipolare, da rendere primaria, mercè la sua forza direttiva, mercè il suo ingegno artistico, mercè la sua tenacità di propositi.
La congegnazione e l’ornato dei palchetti fornirà all’architetto, non meno che il restante dello edifizio, materia da mostrare l’ingegno e la discrezion sua.
Orazio, giudiciosissimo poeta e precettore (scrive Anton Maria Salvini) rende ragione, perchè i Comici Latini non abbiano aggiunto all’ eccellenza de’ Greci, zoppicando in questa parte la commedia Latina, per usare in questo proposito la frase di Quintiliano, uomo di squisito giudicio, seguito in ciò dal Poliziano nell’erudita Selva de’ poeti, dice, che di questa infericrità n’è cagione, che i Latini non hanno amata la fatica della lima, e stati sono impazienti d’indugio, mandando fuori troppo frettolosamente i lor parti, ne’ quali più ingegno che studio si scorge.
Sonetto LV Ardo, e son fatta miserabil segno, E ben se l’vede Amor, d’ogni suo strale ; Nè schermo io trouo al mio martir fatale, (Lassa) e prego non valmi arte, od ingegno. […] Et pero quand’ io sono per elegerli, hauendo copia d’ huomini atti et che ubidienti esser uoglino, m’ ingegno di hauerli, prima di bona prouincia, et questo piu che altro importa, et poi cerco che siano di aspetto rappresentante quello stato, che hanno da imitare piu perfettamente che sia possibile come sarebbe, che uno inamorato sia bello un soldato membruto, un parasito grasso, un seruo suelto, et cosi tutti. pongo poi anco gran cura alle uoci di quelli, per ch’ io la trouo una de le grandi et principali importanze, che ui siano. ne darrei [potendo far di meno] la parte di un uecchio, ad uno che hauesse la uoce fanciullesca, ne una parte da donna [e da donzella maxime] ad uno che hauesse la uoce grossa. […] hora per tornar a parlar de recitanti in generale dico di nouo che bisogna hauerci dispositione da natura, altrimente non si può far cosa perfetta ma però chi intende ben la sua parte, et che abbia ingegno troua anco mouimenti et gesti assai apropriati, da farla comparire come cosa uera, Et a questo gioua molto [come anco in molte altre parti è utile] lo hauer per guida lo stesso autore de la fauola, il quale hà uirtu generalmente, de insegnar meglio alcuni ignoti suoi concetti, che fanno comparir il poema piu garbato, et i suoi recitanti per conseguenza paiono piu desti. […] Io mi ingegno poi quanto piu posso, di uestire i recitanti fra loro differentissimi. et questo aiuta assai, si allo accrescere uaghezza con la uarieta loro, et si anco a facilitare l’ inteligenza della fauola.
Allora vien subito « sollevata da terra con ingegno sotterraneo alquanto in alto » sostenuta dai lati da due Angioli : e nello stesso tempo la scena si muta in asprissimo deserto. […] Ma è da avvertire, che le parole susseguenti all’ imparate, vogliono hauer uniformità con le prime, acciò che il furto paja patrimonio, et non rapina ; onde per far ciò non mi pare auiso sprezzabile una frequente lettura di libri continuamente eleganti, poi che rimane a chi legge una tale impressione di amabilissima frase la quale ingannando chi ascolta, vien creduta figlia dell’ ingegno di chi fauella.
D’ingegno, di forze, di statura e d’idioma più che altrove dolce ed elegante, vince tutti gli altri Messicani.
D’ingegno, di forza, di statura e d’idioma più che altrove dolce ed elegante, vince tutti gli altri Messicani.
I Popoli ammirar l’arte, e l’ingegno, Che mille metamorfosi poteo Rappresentar, cangiando opre, e disegno.
Perciò nella Risposta a Giambattista Sacco disse ottimamente il Bonciario, che “non da’ rottami di Menandro, nè dalle intere favole di Aristofane, ma di loro invenzione ed ingegno fecero gl’Italiani delle loro Commedie gli argomenti, intrecciamenti, e scioglimenti”. […] Nelle Commedie Istoriche i fatti sono adulterati: in quelle d’invenzione si pensa solo a ingarbugliare: l’ingegno non conosce altro entusiasmo, che il cammino insegnato dagli Attori.
In fatto l’ingegno, il giuditio, il sale che sta riposto in questa guardarobba di scienze, in questo scrigno di dottrina, in questa zucca, in questa chirichiocca Spacchesca, è veduto da’ ciechi, sentito da’ sordi, conosciuto da’ matti, e celebrato da’ muti.
L’uomo d’ingegno e di gusto purgato condona di buon grado i difetti, ove le bellezze di ogni tempo e di ogni clima soprabbondino. […] Uno studio continuo di mostrare ingegno ad ogni parola fa sì che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a certo sublime talvolta falso, spesso affettato, sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’autore a portar la testa alta e a sostenersi sulle punte de’ piedi. […] Ma le sottigliezze, l’espressioni ampollose, i lampi d’ingegno ricercati con istudio, l’oricalco posto in opera in vece dell’oro di quella felice età, enunciano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe e si perdè ogni eloquenza, e si prese per entusiasmo vigoroso la foga di un energumeno.
Ma per sì bella impresa oltre di un raro ingegno affinato dal senno e dal gusto, vi bisognerebbe quel lieto nido, quell’esca dolce, quelle aure soavi che bramano i cigni per elevarsi al Parnaso, ed a me di ciò in vece sovrabbondarono lungo tempo solo cure mordaci che me ne respinsero, ed oggi è tempo che i ruscelli io chiuda, Poichè di bere omai son sazii i prati.
Il Porta lo fece suo particolar retaggio maneggiandolo con piacevolezza, ingegno, nobiltà e giudizio, senza infrangere le regole, e senza ricorrere a’ soliti partiti di manti, nascondigli, evenimenti all’oscuro e case che si compenetrano.
Lulli celebre violinista maestro di musica, e poi segretario del re, di cui ebbe in seguito tutto il favore sino alla sua morte, fece tosto sentire la superiorità del suo ingegno, e con alcune arie di balletti composti pel re, e colla musica posta ad alcuni versi di Quinault nella tragedia-balletto di Psychè.
Gli spettacoli come scuole di destrezza, di valore, e d’ingegno formavano una delle cure predilette de’ Greci, e tralle prime di queste cure erano i teatrali.
Lulli famoso violinista, maestro di musica e poi segretario del re di cui ebbe in seguito tutto il favore sino alla sua morte, fece tosto sentire la superiorità del suo ingegno e con alcune arie di balletti composti pel re e colla musica posta ad alcuni versi di Quinault nella tragedia balletto di Psychè.
Andronico però mostrò certamente sommo ingegno e gusto squisito pel tempo in cui fiorì, avendo trovati i Romani sforniti quasi di ogni letteratura e senza quasi di poesia rappresentativa. […] Claudio l’anno 569, quindici anni prima della morte di Ennio, mostra in diversi tratti vigorosi sparsi nelle sue commedie che era dotato d’ingegno al pari di Aristofane, ma non passò oltre i confini di una prudente moderazione. […] Or dunque, Libano amato, ricorro a te, trova queste venti mine, usa del tuo ingegno, ingannami, aggirami, inganna mia moglie e ’l fattore Saurea, fa di tutto; purchè mio figlio abbia questo danajo, mi chiamerò di ogni cosa contento”. […] Ma tale è per lo più l’ indole e l’ingegno fecondissimo di Plauto.
Ma la natura ha bisogno di riposo dopo aver prodotto un ingegno raro. […] Antonio Houdard La Motte nato nel 1672 e morto nel 1731 era veramente uomo d’ ingegno, erudito, e non indegno di essere ricordato con lode; sebbene al dire di M. […] Benchè privo egli si dimostri di certe qualità che enunciano l’uomo di gusto e d’ingegno, come altresì di ogni conoscenza dell’eroismo e del patetico vero, di naturalezza ed eleganza di stile e di armonia di versificazione, con tutto ciò il di lui Assedio di Calais e Gabriela di Vergy ebbero una riuscita invidiabile sul teatro, e non se ne scorsero tutti i difetti se non alla lettura.
Che diremo noi di sì raro e felice ingegno che corrisponda alla sua grandezza? […] Seguaci ebbe questo valorosissimo ingegno nell’opera istorica il Livornese sig.
Da quanto abbiamo in questo capo ragionato, si deduce che il principio del vuoto della storia teatrale si trova a’ tenpi de’ Tiberii, de’ Caligoli e degli altri imperiosi despoti, i quali fecero ammutolire i poeti, spaventandoli con diffidenze e crudeltà, e furono cagione che i teatri risonassero unicamente di buffonerie e laidezze, per le quali ci bisogna più impudenza che ingegno.
Ma per sì bella impresa, oltre di un raro ingegno affinato dal senno e dal gusto, vi bisognerebbe quel lieto nido, quell’ esca dolce, quelle aure soavi che bramano i cigni per elevarsi al Parnaso, ed a me di ciò invece sovrabbondano solo cure mordaci che me ne respingono.
Chi lauda la gratia d’una, chi estolle l’ingegno dell’altra : et cosi si passa il tempo a Mantova.
Qualunque produzione d’ingegno porta la divisa del proprio secolo, del costume e del gusto corrente, impressavi con caratteri indelebili. […] Viene fuori il servo di Agatone, il quale colle sue comiche espressioni si dimostra preso (come ordinariamente avviene a’ servi de’ letterati) dalla smania di far da bell’ ingegno ad imitazione del padrone: Osservate, o popoli, un silenzio religioso ora che il coro delle muse disceso nel gabinetto del mio padrone gli sta inspirando nuovi poemi: ritenete, o venti, i vostri fiati: sospendete, o flutti, il mormorio. […] Questo solo colpo di pennello manifesta subito lo spirito della casa; che se il servo o discepolo affetta tanto l’uomo d’ingegno e di conseguenza, che sarà il padrone o maestro? […] Io m’ingegno di comporne sempre delle nuove e spiritose con tal cura che l’una all’altra non rassomigli. […] Questo rigore raccolse come in un centro tutte le forze del loro ingegno, e ne ingrandì l’attività.
Questo bellissimo disviluppo degli affetti di Didone, questo tragico contrasto acconciamente approssimato della prima rassegnazione con quest’ impeto repentino, tutta manifestano l’anima trafitta di Didone, e l’ingegno dell’ autore. […] Alfonso Varano de’duchi di Camerino distinto per natali, per dottrina e per ingegno poetico morto in Ferrara carico di anni e di meriti letterarii a’23 di giugno del 1788(a). […] Aggiugne però il suo confratello : Ove troverassi un maggiore sforzo d’ingegno in tanta chiarezza, e profondità d’invenzione, d’intreccio, e di scioglimento ? […] Salvi (che dicesi di aver composte altre tragedie ancora) non avesse dimostrato nel Calto ingegno ben disposto a riuscire in questo genere, anche da tali osservazioni passeggiere mi sarei astenuto. […] Giovanni Greppi bolognese fervido e pronto d’ingegno produsse in Venezia nel 1787 due volumi di Capricci teatrali, ne’ quali trovansi tre tragedie, Gertruda Regina di Aragona, Giulio Sabino in Roma, e Odoardo.
Gli Spagnuoli di pronto e acuto ingegno, di vivace e fertile fantasia, arguti, facondi e ricchi di lingua, essendosi nel XVI secolo moltissimo distinti nelle lettere, coltivarono anche con qualche ardore, specialmente verso la fine di esso, la scenica poesia. […] Questo letterato infelice rimasto monco o storpiato nella battaglia navale di Lepanto contro i Turchi, che col valore e coll’ ingegno non potè trovare tra’ compatriotti possessori delle miniere Americane sufficiente sostentamento; questo rinomato Castigliano a’ suoi dì negletto, schernito e satireggiato da’ nazionali42, oltre alle altre sue opere scritte con gusto ed eleganza, compose intorno a trenta commedie ricevute, al suo dire, con sommo applauso, delle quali altro non si conserva che qualche titolo. […] Ma dotato di molto ingegno, di vasta fantasia e di eloquenza, per mezzo di una versificazione armonica e seducente, e della moltiplicità degli eventi e delle cose maravigliose, cercò impadronirsi de’ cuori, e secondare, com’ egli diceva, il gusto del volgo e delle donne, per la cui approvazione trionfava in Ispagna l’anarchia teatrale.
Io credeva che, per quanto si stimi un Autore, un ingegno libero non mai si obbliga a seguirlo ciecamente, quando la ragione nol consenta.
Egli compose senza farli inceppar da veruna regola prescritta dal verisimile; ma dotato d’ingegno, di fantasia, d’eloquenza, attese con una versificazione armonioso e seducente, e colla moltiplicità degli eventi e delle cose maravigliose, a signoreggiar sui cuori, e a secondar (com’egli dice nell’Arte Nuevo) il gusto del volgo e delle donne, per la cui approvazione trionfava in Ispagna l’anarchia teatrale.
Gli spettacoli come scuole di destrezza, di valore e d’ingegno formavano una delle cure predilette de’ Greci, e tralle prime di queste cure erano i teatrali.
Andronico però mostrò certamente molto ingegno e gusto non volgare pel tempo in cui fiorì, avendo trovato i Romani sforniti quasi di ogni letteratura, e quasi senza veruna poesia rappresentativa. […] Claudio l’anno 569, quindici anni prima della morte di Ennio, mostra in diversi tratti vigorosi sparsi nelle sue commedie che era dotato d’ingegno al pari di Aristofane, ma non passò oltre i confini di una prudente moderazione. […] «Or dunque, Libano amato, ricorro a te, trova queste venti mine, usa del tuo ingegno, ingannami, aggirami; inganna mia moglie ed il fattore Saurea; fà di tutto, purchè mio figlio abbia questo danajo, mi chiamerò di ogni cosa contento.» […] Ma tale per lo più è l’indole e l’ingegno fecondissimo di Plauto.
Quindi è che la esercitavano persone scelte, le quali congiugnevano con un sommo ingegno una perfetta cognizione degli affari politici, e delle opinioni che conveniva istillare negli animi del popolo. […] Il fecondissimo, e pressoché subitaneo ingegno del Vega ne compose fino a quattrocento.
Quella tragedia é degna dell’ingegno del gran Torquato, e non già un «parto debole e imperfetto d’un ingegno stravolto» come senza punto leggerla volle bestemmiare un non so qual Carlencas, meschino compilatore d’un saggio stomachevole sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti. […] Giambatista Manso, marchese della villa, nella vita di Torquato Tasso suo amico dice, che questo grande ingegno «in Ferrara nel verno dell’anno 1573 compose e fé rappresentare la sua Aminta, ch’egli cognominò favola boscareccia, con general lode e maraviglia di ciascheduno che allora l’udì, e che l’ha poscia letto, così per l’eccellenza del componimento, giudicato per ogni sua parte perfettissimo in se medesimo, come per l’invenzione del poeta eziandio ec.»
Il dramma in musica all’opposto, come parto ancora recente nato sotto il cielo dell’Italia, giacciuto lunga stagione nell’avvilimento, ne rivestito dal suo splendore se non al nostro secolo, non ha avuto per anco di qua dai monti un grande ingegno, il quale prendendolo a disaminare nella interna sua costituzione ne abbia indicati i veri principi, fissate le regole, stabilito il sistema, e dataci, a così dire, l’arte poetica.
.: “Ma dove trovare ne’ moderni censori del nostro Teatro quelle qualità necessarie a giudicar dritto delle opere d’ingegno che noi ammiriamo in un Brumoy e in un Rapin?”
Qualunque produzione d’ingegno porta la divisa del proprio secolo, del costume, del gusto corrente impressovi con caracteri indelebili. […] Viene fuori il servo di Agatone, il quale colle sue comiche espressioni si manifesta preso (come d’ordinario avviene a’ servi de’ letterati) dalla smania di mostrarsi bell’ ingegno ad imitazione del padrone. […] Questo solo colpo di pennello manifesta subito lo spirito della casa; che se il servo o discepolo affetta tanto l’uomo d’ingegno e di conseguenza, che sarà il padrone o maestro? […] Io m’ingegno di comporne sempre delle nuove e spiritose con tal cura che l’una all’altra non rassomigli e se una volta ho battuto Cleone, non torno a saltargli addosso mentre che giace in terra.
Gli abitatori delle felici contrade di quella penisola dotati per natura d’ingegno acre, vivo, pespicace ed atto ad ogni impresa, e possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere, tosto che ne’ buoni esemplari fosse loro additata quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Questo monarca che guerreggiò con varia fortuna, specialmente con Anna di Austria sua sorella come regina di Francia e madre di Luigi XIV, che espulse un popolo di Mori Spagnuoli, e che nutrì ne’ vassalli senza trarne vantaggio l’indole bellica ed il germe della decadenza nazionale, fu poeta e bell’ ingegno egli stesso102 e nel proteggere le lettere moltiplicò i begl’ ingegni senza migliorare il gusto. […] Reca però maraviglia che un ingegno così esercitato, e che di più pregiavasi di aver per cinque anni frequentato ed ascoltato in Italia Torquato Tasso, avesse scritta una tragedia sì cattiva, seguendo il sistema erroneo de’ compatriotti anzi che l’esempio degli antichi e di Torquato. […] Garcia de la Huerta, per giustificar l’ anacronismo di Galderon di aver fatto usar l’artiglieria in tempo dell’imperadore Eraclio, citò Milton che l’ introdusse nel combattimento degli Angeli; ed aggiunse che l’uno e l’altro sublime ingegno pospose con uguale ardire e felicità lo proprio à lo sublime y marabilloso.
Alla soavità e dilicatezza che spiccano nelle composizioni italiane, si è saputo innestare la novità de’ passaggi e lo stile agiato e torrente che proprio sembra di alcune scuole tedesche, fra le quali campeggia quella del celebre Giovanni Stamitz, boemo di nazione, scrittore fecondo e rapido di fantasia inventrice, di prontissimo ingegno, e che tra i suonatori ottiene il medesimo luogo che Rubens tra i pittori. […] Non s’insegna loro la rettorica dell’arte, quella cioè che sollevando l’ingegno sopra la meccanica disposizion delle note analizza, comprende ed abbraccia tutto l’argomento d’un’azion musicale, dando le regole opportune per lavorare l’apertura, dirigendo la fantasia nella invenzione del motivo principale, il quale dee corrispondere al tuono che domina nella poesia, additando i mezzi per ben disporne i motivi subalterni che si scelgono secondo l’indole di ciascuna scena in particolare, indicando i diversi stili che sono nella musica corrispondenti a quelli della prosa e del verso, mostrando quali figure o tropi servano a lumeggiar l’idioma dell’armonia, quando si debbono tralasciare e in quali occasioni debbano adoperarsi. […] Infatti bisognerebbe aver aprodato or ora da qualche isola boreale scoperta dal celebre viaggiatore Cook per ignorar i talenti e la scienza del sempre bello e qualche volta sublime Traetta; d’un Ciccio di Majo scrittore pieno di melodia e di naturalezza, il quale in pochi anni che visse ebbe la stessa sorte del Pergolesi, cui non restò inferiore nell’invenzione e nella novità; d’un Anfossi ritrovatore facile e fecondo massimamente nel buffo, e che forse ottiene fra i compositori lo stesso luogo che Goldoni fra i poeticomici; d’un Paisello tornato poco tempo fa in Italia dopo essere stato ai servigi della imperatrice delle Russie, dotato d’estro singolare e d’una maravigliosa ricchezza nelle idee musicali, e che risplende per ornatissimo stile e per nuovo genere di vaghezza; d’un Piccini maestoso insieme e venusto, di gran fuoco, di vivo ingegno, di stile brillante e florido; d’un Sacchini celebre per la sua maniera di scrivere dolce, affettuosa, e sommamente cantabile; d’un Sarti degno di essere annoverato fra i più gran compositori del suo tempo pel colorito forte e robusto, per la ragione che spicca nelle sue composizioni, e per la verità della espressione; d’un Bertoni scrittor naturale, pieno di gusto, e di scelta felice negli accompagnamenti; d’un Caffaro, d’un Millico, e per tacere molti altri, d’un Cristoforo Gluck, il quale benché tedesco di nazione ha forse più d’ogni altro contribuito a ricondurre nel buon sentiero la musica teatrale italiana spogliandola delle palpabili inverosimiglianze che la sfiguravano, studiando con accuratezza somma il rapporto delle parole colla modulazione, e dando alle sue composizioni un carattere tragico e profondo dove l’espressione che anima i sentimenti va del paro colla filosofia che regola la disposizione dei tuoni139.
Uno studio continuato di mostrare ingegno ad ogni parola fa sì che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a un sublime talvolta falso, spesso affettato e sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’ autore a portar la testa altà e a sostenersi sulle punte de’ piedi. […] Ma le sottigliezze, l’espressioni ampollose, i lampi d’ ingegno ricercati con istudio, l’ oricalco posto in opera in vece dell’oro di quella felice età, enunciano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe e si perdè ogni eloquenza e si prese per entusiasmo vigoroso la foga di un energumeno.
Questo maraviglioso ingegno scrisse anch’egli due tragedie, la Dalìda e l’Adriana; ma esse colle altre di lui produzioni drammatiche non sono le migliori di quel tempo, specialmente per lo stile talvolta troppo ricercato e più proprio di certi anni del seguente secolo che del cinquecentoa. […] Tali cose veramente nuocer non possono alle bellezze essenziali di questo componimento; perchè presso i veri intelligenti la modificazione delle maniere esteriori ed alquanti nei di poca conseguenza nulla pregiudicano alla sostanza ed al merito intrinseco che vi si scorge; ma vero è però che spogliato di tali frondi spiccherebbe meglio la vaghezza di un frutto raro di un ingegno in ogni incontro sublimea. […] Pongo tra questi l’oscuro provinciale Juvenel de Carlencas compilatore di un infelice Saggio sulla storia delle belle lettere, da cui fu il Torrismondo chiamato parto debole di un ingegno stravolto.
Ma la natura ha bisogno di riposo dopo di aver prodotto un ingegno raro. […] Antonio Hudard La-Motte nato nel 1672, e morto nel 1731 era veramente uomo d’ingegno, erudito, e non indegno di ricordarsi con lode; sebbene, al dir del Palissot, egli volle contraffare Omero, Anacreonte, Virgilio, La-Fontaine e Quinault, come la scimia contraffà l’uomo, e sostitui al naturale e al dilicato e al grazioso l’arte ed il bello-spirito, ed il parlar gergone. […] Benchè privo egli si dimostri di certe qualità che enunciano l’uomo di gusto e d’ingegno, come altresì di ogni conoscenza dell’eroismo e del patetico vero, di naturalezza ed eleganza di stile e di armonia di versificazione; con tutto ciò il di lui Assedio di Calais, e Gabriela di Vergy ebbero una riuscita invidiabile sul teatro, ed i loro difetti non si manifestarono tutti se non nella lettura.
E ciò ne dimostra che certo sublime idropico e romanzesco, e che io chiamo di convenzione teatrale, perderebbe affatto il credito anche sulle moderne scene a fronte delle patetiche situazioni naturali, purchè vi fossero introdotte con garbo da un ingegno sagace che sapesse renderle, sulle vestigia di Sofocle, tragiche e grandi.
L’amante, che prostrato a’ piedi della sua bella, chiede la sospirata mercede de’ suoi lunghi sospiri, sa benissimo ch’egli non è debitore né al suo ingegno, né alla sua dottrina della fortuna d’essere riamato. […] Altri rapporti ne trova il citato gesuita, appoggiato ai quali stabilì il suo famoso clavicembalo oculare, dove i colori doveano fare lo stesso effetto che i suoni, e la musica dovea essere di luce, ma il progetto svanì, perché nella esecuzione mostrò più ingegno che giudizio.
Tavole delle Leggi Decemvirali; bensì volle scansare la doppia cavillosa eloquenza di Carneade, che, aringando ora a favore, ora contro della Giustizia, mostrava ingegno, e non sapienza, esempio stimato saviamente da Catone pernicioso pel Popolo Romano.
Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso.
Se la sua cattiva sorte il fa inciampare in alcuna dei primi, per quanto ingegno abbia egli sortito dalla natura, per quant’arte ne adoperi nell’abbellir l’edifizio sempre si scorgeranno nella esecuzione i vizi dell’esemplare. […] E prenderà maggior diletto gustando la mollezza, la vivacità e la chiarezza di espressione che spiccano nei componimenti drammatici del poeta cesareo, che nella insignificante purità del Dicta mundi di Fazzio degli Uberti, del Tesoro di Ser Brunetto, del Malmantile di Messer Pirlone Zippoli, dei Capricci del Botaio, o di tali altri libri canonici per quella classe di persone, le quali povere d’ingegno e sterili di fantasia credono esaurita dal Vocabolario di un’Accademia tutta la fecondità dell’umano spirito, e per cui non istà che le lingue e il sapere degli uomini non rimangono perpetuamente in una barbara infanzia. […] Un Aristarco più severo di me risponderebbe forse che con siffatta logica potrebbono farsi passare per eccellenti le commedie del Chiari, e le tragedie del Ringhieri non che i componimenti di Metastasio, essendo certo che quei poeti altro non ebbero in vista che di riscuoter gli effimeri applausi di un volgo stolido di spettatori; che l’accomodarsi al gusto pervertito degli ignoranti non tornò mai in vantaggio di nessuno scrittore; che la superiorità di un uomo di talento si conosce appunto dal sollevarsi ch’ei fa sopra gli errori e i pregiudizi dell’arte sua; che l’irrevocabil giudizio della posterità non ha dato finora il titolo di genio se non se a quelli autori sublimi, i quali sprigionandosi dai ceppi delle opinioni e dei gusti volgari hanno imposto la legge alla loro nazione e al loro secolo invece di riceverla; che infinitamente più laude ne avrebbe acquistata il poeta cesareo, se lottando contro alle difficoltà che opponevano una imperiosa truppa d’ignoranti e l’invecchiata usanza di quasi due secoli, osato avesse d’intraprender una totale riforma nel sistema drammatico, invece di autorizzar maggiormente i vizi attuali coll’abbellirli; e che niuno poteva eseguir il proggetto meglio di lui non meno per l’ingegno mirabile concessogli dalla natura che pel favore dichiarato della nazione, per la protezione d’una corte imperiale, e pel gran numero di musici eccellenti che avrebbero dal canto loro contribuito a rovesciar l’antico edifizio per inalzarne un novello.
Questo maraviglioso ingegno scrisse anch’egli due tragedie la Dalida e l’Adriana; ma esse colle altre di lui produzioni drammatiche non sono le migliori di quel tempo, specialmente per lo stile talvolta troppo ricercato e più proprio di certi anni del seguente secolo che del cinquecento. […] Tali cose veramente non possono nuocere alle bellezze essenziali di questo componimento; perchè presso i veri intelligenti la modificazione delle maniere esteriori ed alquanti nei di poca conseguenza nulla pregiudicano alla sostanza ed al merito intrinseco che vi si scorge; ma vero è però che spogliato di tali frondi spiccherebbe meglio la vaghezza del frutto d’un ingegno in ogni incontro sublime97. […] Tra questi è da riporsi l’oscuro provinciale Francese Juvenel de Carlencas, compilatore d’ un infelice Saggio sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti da cui fu il Torrismondo chiamato parto debole di un ingegno stravolto.
Imitinsi questi venerabili maestri nella grande arte che ebbero di ritrarre quasi sempre al vivo la natura; sieguansi con critica e sagacità ne’ generi da essi maneggiati, ma non si escluda tutto ciò che dopo di essi può l’umano ingegno inventare con la scorta degli eterni principii della poetica ragione superiori sempre alla pedanteria scrupolosa.
Diderot allorchè declamò contro l’assurdità del teatro lirico francese, e deplorò l’ingegno di Quinault occupato in un genere cattivo.
Imitiamo questi nostri maestri nella grande arte ch’essi ebbero di ritrarre al vivo la natura; seguiamoli con critica e giudizio ne i generi da essi maneggiati: ma non escludiamo tutto ciò che dopo di essi può l’ingegno umano inventare colla scorta degli eterni principj della poetica superiori alla scrupolosa pedanteria.
Da prima questo letterato pieno d’ingegno quasi scherzando prese a combattere i due competitori, e si contentò di provar col fatto che il concorso del popolo non era argomento sicuro della bontà de’ loro drammi.
Gli abitanti di quella penisola per natura d’ingegno acre, vivo, perspicace ed atto ad ogni impresa, possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa, e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere tosto che ne’ buoni esemplari additata lor si fosse quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Garcia de la Huerta per giustificar l’anacronismo di Calderòn di aver fatto usar l’artiglieria in tempo dell’imperadore Eraclio, citò Milton che pur l’introdusse nel combattimento degli Angeli, ed aggiunse che l’uno e l’altro sublime ingegno pospose con uguale ardire e felicità lo proprio à lo sublime y maravilloso . […] Reca però maraviglia che un ingegno così esercitato, e che oltreacciò pregiavasi di avere per ben cinque anni frequentato, ed ascoltato in Italia Torquato Tasso, avesse scritta una tragedia sì cattiva, seguendo il sistema erroneo de’ compatriotti, anzi che l’esempio degli antichi e di Torquato.
Da quanto abbiamo in questo capo osservato, si deduce che il principio del vuoto della storia teatrale si trova a’ tempi de’ Tiberii, de’ Caligoli e degli altri imperiosi despoti, i quali fecero ammutolire i poeti, spaventandoli colle diffidenze e crudeltà, e furono cagione che i teatri risonassero unicamente di buffonerie e laidezze, per le quali ci vuole più impudenza che ingegno.
Il conte Fulvio Testi, nato in Ferrara l’anno 1593 e trasportato a Modena nel 1598, indi morto nella cittadella di tai città a’ 28 di Agosto del 1646, il quale ad onta del suo stile per lo più manierato manifestò ingegno grande nelle sue poesie e specialmente in alcune pregevoli canzoni Oraziane, lasciò anche qualche componimento rappresentativo, cioè l’Isola d’ Alcina, e l’Arsinda non terminata.
Tal’Jo ch’umile a riverir or vegno Heroe celeste, in picciol carte accolto Vostra pompa, è ’l mio cor mostrar m’ingegno.
Gli Spagnuoli di pronto e acuto ingegno, di vivace e fertile fantasia, arguti, facondi, e ricchi di lingua, essendosi nel XVI secolo moltissimo distinti nelle lettere, specialmente verso la fine di esso coltivarono con qualche ardore la scenica poesia. […] Ma dotato di molto ingegno, di vasta fantasia e di eloquenza, per mezzo di una versificazione armonica e seducente, e della multiplicità degli eventi e delle cose più che maravigliose, cercò d’impadronirsi de’ cuori, e secondare, com’egli diceva, il gusto del volgo e delle donne, per la cui approvazione trionfava in Ispagna l’anarchia teatrale.
Se i compositori che vennero dopo il Rinuccini avesser tenuto dietro alle pedate di quel grande ingegno, e con pari filosofia disaminato la relazione che ha il maraviglioso col melodramma, avrebbono facilmente potuto, dando la convenevol regolarità ed aggiustatezza alle lor favolose invenzioni, crear un nuovo sistema di poesia drammatica che aggradasse alla immaginazione senza dispiacer al buon senso, come fece dappoi in Francia il Quinaut, il solo tra tutti i poeti drammatici che abbia saputo maneggiar bene il maraviglioso.
Anche a un Poeta dozzinale (non che al celebre Virues) scappano tal volta certi lampi d’ingegno degni di ogni lode; ma il punto stà a sostenersi sulle ali, e a ideare un Poema non freddo, non debole, non capriccioso, non maltessuto, non pieno di manifeste inverisimiglianze.
Il conte Fulvio Testi, nato in Ferrara l’anno 1593, e trasportato a Modena nel 1598, indi morto nella cittadella di quella città a’ 28 di agosto del 1646, il quale, ad onta del suo stile per lo più manierato, manifestò ingegno grande nelle sue poesie, e specialmente in alcune pregevoli canzoni Oraziane, lasciò anche qualche componimento rappresentativo, cioè l’Isola d’Alcina, e l’Arsinda non terminata.
Sessione prima [1.1] Sempre fu pieno il mondo e sempre lo sarà d’impostori, e questa è una certa razza di spiriti o torbidi o disperati, che quantunque sieno detestabili per la lor professione, non sono però affatto disprezzevoli per qualche ardir di talento che gli fa spiccare fra gli uomini e senza il quale mai non può regger l’impostura. [1.2ED] Quindi è che avvenutomi a’ giorni miei con un di costoro, mostrai di pendere interamente da’ suoi bizzarri ragionamenti, imperocché, se bene questi mi movevano a tali risa che io stentava molto a sopprimerle, nondimeno dalle materie poi delle quali meco trattò, lo conobbi per un ingegno da non deridersi e tale insomma da raccontarne i discorsi, siccome intraprendo con quelle curiose circostanze che dalla mia qualsiasi memoria mi saranno suggerite e dalla mia poca eloquenza permesse. […] [1.93ED] Dal ritratto che sta intagliato in fronte dell’opere tue ti ravvisai, ti conobbi nell’alma città di Roma e in una certa conversazione di giovani derisori che, oh lor fortunati se tanto di moderazione avessero quanto hanno d’ingegno! […] — [1.156ED] — Godo — replicò l’Impostore — che tu abbia amici e compagni sì qualificati di costume, d’ingegno e di nascimento, ma o non udirai più Aristotile o fa’ di tacere per ora ad essi il mio nome e di contentarti che a quattr’occhi fra noi due soli segua, con reciproco nostro diletto, questa che chiami impostura. […] [4.182ED] Ti farò bene un modello dell’Impostore in cui potrai tu raffigurare qualche originale che lo somiglia; ma io non lo somiglierò forse tanto quanto per avventura tu speri. [4.183ED] Primieramente, per ingannar bene altrui, egli è forza l’ingannar prima se stesso. [4.184ED] Questo inganno ha l’origine da una falsa opinion dell’onore. [4.185ED] L’onore consiste nelle azioni intrinseche buone, cioè nella professione delle morali virtudi, potendosi essere onestissimo uomo, ancorché pessimo letterato. [4.186ED] Ma dato ancora che in linea di letteratura vi sia qualche specie di onore, consisterà questo nella sostanzial virtù di ben pensare, di ben ragionare, di ben esprimersi, non già nell’essere riputato da un partito di uomini inetti a giudicar rettamente un uomo di lettere, essendosi notabile differenza fra la riputazione e l’onore; perché l’onore intrinsecamente da noi medesimi, la riputazione dall’altrui giudicio estrinsecamente dipende. [4.187ED] Quindi è che l’impostore, apprendendo per vero onore la sola riputazione e credendo che l’essere riputato valente letterato non sia disgiunto dall’esserlo, mette in tutta la luce il suo qualunque talento per abbagliar i corrivi, facendo altrui credere di essere quel che non è. [4.188ED] Per conseguire il suo fine, parla co’ meri poeti di matematica, co’ matematici meri di poesia; co’ periti della lingua volgare italiana discorrerà della greca e così parlerà sempre di ciò che appena sa con quelli che o nulla o meno ne sanno; e cosi pianta in altri un concetto di perito, di esimio e di dotto, quando per verità intrinsecamente non lo è. [4.189ED] Tu vedrai l’impostore di vasto ingegno, ma di altrettanta imprudenza. [4.190ED] Vi vuole un vasto ingegno perché sia capace di risoluti e temerari pensieri, ricercandosi nulla meno in chi pretende mascherare di verità la menzogna. [4.191ED] Vi vuole ancora una corrispondente imprudenza nell’operare mentre si sa di operare contro della giustizia, come anche per un caritatevol contrassegno che la provvidenza dà agli occhi nostri dell’impostura. […] — [6.61ED] — Io rimango pago — qui ripigliai — delle ragioni e delle testimonianze che tu mi adduci, per condurmi nel sentimento che l’armonia della voce dee in qualche maniera secondare il numero ancora del verso, e che nelle gran passioni sta bene un po’ di gemito e di querela; ma in questi Franzesi osservo piuttosto un poeta il quale recita le sue poesie che un attore il quale esagera le sue passioni, mentre non solamente essi alzano in armonioso tuono le voci ne’ grandi affari, ma ne’ bei passi e nelle enfasi de’ gran sentimenti; di modo ché par che non solo essi vogliano rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno del tragico.
Così dopo d’avere lusingata per qualche tempo la vanità di coloro che si contentavano di far pompa d’ingegno colà dove abbisognavano di far mostra di buon senso, sparì il gusto dei balli allegorici insieme con quello degli acrostici, degli anagrammi, delle paranomasie, degli equivoci, delle antitesi, e dell’altre argute putidezze ch’ebbero tanta voga nel secolo passato180. […] Contribuì non poco a rinforzare la comun opinione il celebre Noverre pubblicando le sue lettere intorno alla danza, dove partendo dall’esempio degli antichi si cerca con molto ingegno e con eguale spirito di ristabilirla nelle forme e col metodo usato da Ila, Pilade, e Batillo.
Da prima quest’uomo di lettere pieno d’ingegno quasi scherzando prese a combattere i due competitori ; e si contentò di provar col fatto, che il concorso del popolo non era argomento sicuro del merito de’loro drammi. […] Commediante infelice a cagione (dicesi) della sua figura, per riparare a i torti di questa con l’ingegno, prese a scrivere commedie di più specie per l’ottima compagnia lombarda di Giuseppe Pelandi, delle quali ancora oggi si vede una parte ripetersi in qualche paese. […] Che diremo noi di si raro e felice ingegno che corrisponda alla sua grandezza ? […] Una manifesta decadenza osservava sono alquanti lustri nel teatro di Londra il dotto abate Arnaud. » Non vi si rappresentano (diceva) che le antiche favole, alcune insipide imitazioni delle commedie e novelle francesi scritte senza ingegno e senza spirito, ed un gran numero di farse satiriche ».
Ma da una banda il maggior numero di coloro che hanno professata quest’arte l’han considerata non altramenti che s’ella fosse una cosa di puro istinto e d’abitudine, ned hanno rivolto l’ingegno loro se non se a considerare la sua parte grammaticale, di cui ci esposero soltanto gli elementi; dall’altra poi i filosofi a niente badarono fuorché alle varie combinazioni de’ suoni fra loro, cioè a dire alla sua parte scientifica.
Il celebre Addisson morto d’anni quarantasette nel 1719, il cui senno, ingegno e sapere l’elevarono fra’ suoi alla carica di segretario di stato, e gli diedero nella repubblica letteraria il nome di poeta de’ savj, aprì agl’ Inglesi il sentiero della buona tragedia l’anno 1713 col suo Catone.
La provvida natura dispose con tale accorgimento le umane cose che sebbene l’uomo sia inchinevole a lagnarsi di tutto, non si trova neppur un solo che non viva persuaso e contento del proprio ingegno, e ciò che oltremodo fa meravigliare si è che quanto più si scarseggia di talento, tanto di se medesimo più vantaggiosamente si pensa.» […] Due proposizioni hanno dei rapporti alquanto lontani, ma conciliabili fra loro, non si scorge da chi legge il filo che le avvicina o per pochezza d’ingegno, o per precipitazione di giudizio, e tosto grida “contraddizione”.
Il celebre Adisson morto d’anni quarantasette nel 1719, il cui ingegno, senno e sapere l’elevarono fra’ suoi alla carica di segretario di stato, e gli diedero nella repubblica letteraria il nome di poeta de’ savii, aprì agl’Inglesi il sentiero della buona tragedia l’anno 1713 col suo Catone.
Anche in questo punto il Metastasio si è lasciato sorprendere alla fecondità del suo ingegno. […] [Sez.III.1.4.3] Non è già che i moderni compositori non riescano talvolta nel patetico, ma costa loro un continuo sforzo d’ingegno, e spesso inutile, ciò che i Greci otteneano con una semplice osservanza delle regole di quella parte della musica. […] Pensa oramai per te s’hai fior d’ingegno se queste ripetizioni, che tanto vanno a verso a’ nostri compositori, possono dar sostegno ed anche, se a Dio piace, aggiugner posto alle parole. […] Questo fondo ha bisogno di tutto l’ingegno d’un sagace artefice, che gli dia risalto e bellezza. […] La qual cosa invero era meravigliosa, e dimostrava l’ingegno e l’industria di chi ne fu inventore: perciò che si vedeva in alto un cielo pieno di figure vive moversi, et una infinità di lumi, quasi in un baleno scoprirsi e ricoprirsi» (G.
Il sonetto, la canzon petrarchesca, la pindarica, l’anacreontica, l’elegia, la satira, l’ode, l’epigramma, l’idilio, l’egloga, la sestina, gli sciolti, le terze rime, l’ottava rima, la pastorale, la commedia, la tragedia, e soprattutto il poema epico, capo d’opera dell’umano ingegno, vengono trattati da noi come generi puramente poetici che mai non debbono accoppiarsi alla musica.
Distingue egli con molto ingegno due sorta di musica una semplice e un’altra composta, una che canta e un’altra che dipinge, una che chiama di concerto e un’altra di teatro.
Egli studiossi ancora d’imitar l’oratore e tragico soprallodato Cajo Tizio; e Cicerone che ce ne istruisce, esalta l’ingegno, l’argutezza e l’eleganza di Afranio108.
[Intro.11] Siccome dunque da una parte giovò quest’uso a sviluppare e addestrare l’ingegno e l’arte del commediante italiano, così dall’altro canto nocque non poco all’introduzione e al gusto della vera drammatica e della buona declamazione. […] Essa vanta la Champmeslé, allieva di Racine, e qualche volta sua consigliera, la Couvreur e le Kain, che pur tanto concorsero a fare ammirare le tragedie di Voltaire, e così pure la Clairon, la Dumenils, e tutti quegli altri che si mostrano tuttavia capaci e solleciti di emularne l’ingegno e lo studio. […] Ardito umano cor, nobil fierezza, Sublime ingegno, e in avvenenti spoglie Bellissim’alma; ah! […] Le troppo minute osservazioni riescono per l’ordinario piuttosto a confondere che a schiarire; e l’ingegno creatore dietro certi modelli generali ed archetipi, ama più di creare, che di ripetere in qualunque arte. […] Pareva a Pier Jacopo Martelli di osservar nei francesi piuttosto un poeta il quale recita le sue poesie che un attore…; dimodoché par che non solo essi vogliono rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno del tragico.
Egli studiossi ancora d’imitar l’oratore e tragico soprallodato Cajo Tizio; e Cicerone che ce ne istruisce, esalta l’ingegno, l’argutezza e l’eleganza di Afranioa.
Terenzio, poco o molto che il facesse, piegava il proprio ingegno a seguire le greche guide; e l’attenzione che dava a spiegare le idee altrui, gli toglieva quel portamento originale, libero, franco, vivace, che l’Ariosto inventore manifesta ad ogni trattoa.
Terenzio, poco o molto che il facesse, piegava il proprio ingegno a seguire le greche guide; e l’attenzione che dava a spiegare le idee altrui, gli toglieva quel portamento originale, libero, franco, vivace, che l’Ariosto inventore manifesta ad ogni tratto112.
[3.2.1] Non può negarsi che le digressioni usate da Francesi in alcune favole con moderazione e con ingegno non diano loro molta Grazia ed ornamento senza punto scemare di quella forza che ha l’azione primaria. […] Laonde si scorge ancora qualche maggior destrezza d’ingegno nel ritrovare i mezzi di farle venire in acconcio alle vicende ed alla proprietà del costume, e d’animarle colle circostanze dell’azione, in che fra l’altre è mirabile la narrazione d’Eudossa nell’atto secondo dell’Eraclio di Pietro Cornelio. […] Ma li vani acumi d’ingegno, massimamente nelle passioni, fanno un effetto assai opposto: conciossiaché in luogo di perfezionar la natura ne distruggono ogni sembianza, però comeché in Lucano non sieno disdicevoli molti pensieri, perché dove parla un poeta conviene uscire da confini umani, offendono essi nelle tragedie di Cornelio suo imitatore, che in pari maniere fa ragionare le sue tragiche persone. […] [6.5.4] Qualche fiata gli autori di queste tragedie, per far maggior pompa d’ingegno, fanno per così dire passare a rassegna in un sol passo più d’una di queste bizzarrie. […] [Giunta.24] Circa l’Edippo vuolsi fare giustizia a monsieur de la Motte con dire che, nella proprietà degli episodi, egli ha superato sì Cornelio che monsieur de Voltaire, ed ha con ingegno corretto un inescusabile errore della favola greca rispetto all’ignoranza inverisimile che ivi mostra Edippo intorno le circostanze della morte di Laio.