Altri maestri di canto, di gramatica, di aritmetica e di tutte le sette arti liberali, vi chiamò dall’Italia ad insegnare, mosso probabilmente da Paolo Diacono e da Paolino II di Aquileja, due uomini de’ più dotti del suo tempo. […] L’Heregia dels Preyres è il titolo rimastoci di uno de’ dialoghi del Faidits, che si vuole che fosse una commedia da lui recitata in Italia stando al servigio del Marchese Bonifazio da Monferrato. I mentovati ministrieri erano compagni de’ trovatori, e per lo più giravano per li castelli de’ signori per divertirli nell’ora del desinare, cantando su proprii stromenti de’ versi accompagnati da musica da loro composta. […] Mal grado della universal barbarie era tutt’altra da quella che la dipinse l’apologista. […] La libertà data a’ servi nel dicembre di motteggiare e far da padroni, si concedeva in quella festa a’ giovani clerici, i quali officiavano in chiesa con mille buffonerie e schiamazzi vestiti da donne o mascherati in altre strane guise.
L’essere in poco tempo saliti da umili compagnie alle più reputate è prova certa dei loro pregi. […] Ecco una lettera che il Goldoni scrive da Parigi l’8 di novembre 1774 al marchese Francesco Albergati Capacelli, al proposito dell’Arlecchino Coralli, e che tolgo dai Fogli sparsi del Goldoni raccolti da A. […] Il signor Coralli mi ha recato il di Lei pregiatissimo foglio, e da quello, e dal precedente di cui V. […] Camilla giunge da un altro lato col suo vero figlio, che Pantalone le ha fatto restituire. […] Si conosceva che qualche scena era stata fatta da un autore, ma l’insieme dell’opera da uno scolaro…… Il suo errore principale, per esempio, era quello dell’inverisimiglianza : questa vi si ravvisa in tutti i punti.
Euripide e Sofocle senza il vantaggio dell’invenzione ripetevano gli argomenti trattati già da Eschilo, da Carcino, da Platina ecc., ed occupavano i primi onori del coturno. […] Quanto da Omero, da Teocrito e da Esiodo trasse Virgilio ; quanto da’ nove lirici Greci Orazio ; quanto da Callimaco e dagli altri Greci Catallo con gli altri poeti elegiaci Latini ! […] E da chi mai venne ? […] In una lettera scritta da Vienna nel 1759 a m. […] Or come rompersi questa folla impenetrabile da Chenier, da Arnaud, da Carion de Nisas, che apparve e sì ascose, e da Collin d’Harleville e Picard ?
Ma quante e quante volte ciò si é ripetuto a sazietà da tre o quattro secoli prima, che nascesse il signor D. […] Esaminate quelle con occhio sereno, non avrebbero presentata al rigido abate Du-Bos più d’un’altra commedia da mettere a lato della Mandragola, da lui sola fra le italiane degnata del titolo di buona? […] Cotestoro son della greggia degl’infarinati, motteggiati graziosamente in Madrid da D. […] E’ stato più volte detto, e parmi esser pur troppo vero, che il senso comune, e quel pensar savio e avveduto, sia molto raro in certi paesi, e specialmente in quelli, ne’ quali ognuno vuole, senza i debiti requisiti, trinciar da filosofo e da dottore. […] L’Aminta fu pur anche adornato di note musicali da Erasmo Marotta gesuita siciliano da Randazza, il quale morì in Palermo nel 1641, e con tale ornamento fu stampato, come accenna Antonio Mongitore Biblioth.
Interessantisima è la figura di questo comico ebreo da Verona, il quale, a somiglianza del celebre Sivello (V. Gabbrielli) rappresentava da solo un’intera commedia. […] Concediamo licenza in uirtù della presente a Simone Basilea, hebreo, che con la sua sola uoce suole rapresentar comedie di molti personaggi, di poter, a nostro bene placito, però andar et stare in qualsivoglia città et luoghi dei nostri Stati et recitar comedie senza portar segno alcuno al capello o in altri luoghi come fanno gli altri ebrei eccetto che in Mantoua doue uogliamo che porti il solito segno, comandando perciò espressamente a tutti li ministri ufficiali et Datiari nostri non gli debbano dar molestia alcuna per tal conto ne fargli pagar datii per li suoi panni da dosso ne per quelli che adopera nelle comedie. […] E il Bertolotti aggiunge : « Era del resto una conferma, avendo il Basilea già avuto consimile privilegio dal Duca Vincenzo I, raccomandato da D.
Sin da bambina mostrò forti attitudini all’arte, e a soli diciott’anni diventò la prima donna assoluta della Compagnia di suo padre, nel qual ruolo ebbe applausi e onori e guadagni, specialmente in Marsiglia, d’onde poi dovè rimpatriare allo scoppio della prima rivoluzione. […] Luca di Venezia, vi fanatizzò a segno da esser proclamata insuperabile. […] Da Venezia passò a Napoli scritturata dall’impresa de’Fiorentini, poi da quella del Fondo ; e il successo ivi ottenuto non le fece rimpianger quello di Venezia. Nel 1799, vedova da un anno con un figliuolo, dovè fuggirsene, ricacciata da’ moti rivoluzionari.
Moglie del precedente e figlia di Luigi Gritti, fu istruita da una zia paterna nell’arte del canto, in cui riuscì tanto da poter prender parte con successo negl’Intermezzi lirici, che soleansi fare nella Compagnia di suo padre che ella non abbandonò mai. Recitò alcun tempo da amorosa, applauditissima, specie nelle parti d’affetto, poi fu assunta al grado di prima donna assoluta. Riferisco da Fr.
Bendinelli Giacinto detto Valerio, nacque a Modena da Luca Bendinelli e da Francesca Sennasoni (o Scavasoni : la lettura di questo nome è alquanto incerta). Era a Roma il 1658, come da registro di forastieri (V. […] Onorato, recatosi il 5 aprile 1667 allo studio di Pietro Lemusnier, ha mosso querela contro Don Pietro Gazotti, prete modenese suo compatriotta, ch’egli conosceva da 6 anni, e in cui aveva riposta una illimitata fiducia per tutto quanto potea concernere le cose spirituali e temporali, perchè accolto in seno alla sua famiglia e ammesso alla sua tavola, ov’egli mangiava e beveva come se fosse stato di casa, spinse la sua brutalità a tal segno da fare a più riprese indegne proposizioni alla moglie del querelante Giovanna Maria Poulain ; la quale, visto come a nulla valessero nè la prudenza, nè il riserbo, nè le rampogne, nè le minaccie, si trovò costretta a narrargli il tutto.
Bartoli lo dice « Uomo di molto ingegno, che non solo in Teatro, ma al Tavolino ancora mostrar sapeva uno spiritoso talento. » Non ebbe alcuno mai in società, e cumulò denari quanti volle : ma proprio al momento, in cui credè la sua sorte assicurata per sempre cominciò a esser da essa perseguitato, e con siffatta costanza, che in capo a pochi anni fu ridotto in miseria. Aveva sposato la vedova Brigida Sgarri, da cui ebbe una femmina, monaca a Fano, e un maschio, Giovanni, marito della famosa Regina Cicuzzi (V.). […] Antonio Marchesini si ritirò poi in Venezia, ov'ebbe – dice il Bartoli – pietosi sussidi da Gerolamo Medebach, e dove morì del 1765. […] Questo nel nascer nostro don primiero da lui si riconosce per favore. […] Metto qui la patente accordatagli dal Duca di Modena, che tolgo da quell’Archivio di Stato, a testimonianza de' suoi meriti, e del conto in cui egli era tenuto : Antonio Marchesini dichiarato attuale Servitore di Sua Altezza Ser.
Nata a Mantova il 1827 da un Capitano polacco al servizio dell’Austria, fu una delle maggiori attrici italiane, fiorita dal’ 45 al '65, entrata in arte in quella famosa Compagnia di Gustavo Modena, fatta di elementi giovani, non viziati da eroi o eroine della scena. […] Ora accadde che, dati da lei allo stesso punto due baci la sera di poi, un bell’umore dalla platea si diede a sclamare : « Donna Fanny, so' ventiquattro ducati », con che successo di risa e di applausi ognuno può immaginare. […] Santorelli, formò due Compagnie, in una delle quali, diretta da Cesare Rossi, figuravan Ceresa, Leigheb, Giulio Rasi, la Campi, la Zerri, la Fumagalli ; nell’altra, diretta da Luigi Monti, Lollio, Bertini, Rodolfi, Adelina Marchi, la Boetti.
La melodia da per sé sarebbe un disegno capriccioso senza oggetto né regola. […] Per conseguenza sono estremamente assurde e ridicole le arie obbligate dove la voce imita uno stromento sia da fiato ossia da corda. […] Da qual sovrana decisione, da qual tribunale emanò un’autorità così destruttiva dei nostri più squisiti piaceri? […] [59] La riflessione ultimamente accennata potrebbe, se mal non m’appongo, sparger qualche lume sul quesito che ho udito farsi da molti onde tragga origin cioè la rapidità con cui si succedono i gusti nella musica, i quali si cambiano non solo da secolo a secolo, ma da lustro a lustro, e perché siffatti cangiamenti siano più visibili in essa che in qualunque altra delle arti rappresentative. […] Quindi non è da maravigliarsi se l’uditore, il quale prende i suoni per se stessi e non per quello che rappresentano, cerca appunto nella diversa combinazione di essi quel piacere, che non può ricavare da una poco intesa e mal conosciuta imitazione.
Levò fra l’altre gran fama l’Oronta di Girolamo Preti componimento in ottava rima messo in musica allo stesso tempo da quattro maestri. […] Scaduta dall’antico privilegio che godeva ai tempi de’ Caledoni, d’animare, cioè, i popoli ai trionfi e alla osservanza de’ riti nazionali, essa prese il carattere della scostumatezza e della licenza nelle canzoni chiamate da loro Drinking Catches, ovvero sia da cantarsi nei brindisi. […] Indi a non molto, non piacendo alla nazione la musica francese, si fecero venire musici e cantori da Milano e da Napoli a rappresentare il melodramma italiano. […] La Bidone del Metastasio modulata da lui incontrò l’aggradimento universale. […] [NdA] Chi fosse vago di sapere la serie di drammi italiani posti in musica da questo gran maestro la troverà nel libro intitolato: A catalogue of musick containing all the vocal and Instrumental musick.
In un discorso dell’Arte Comica, dato in luce nel 1750 da un certo Dottore, medico di professione, fu chiamato un altro Roscio de’ nostri tempi. […] Bartoli, da cui tolgo la notizia, aggiunge ch’egli fu un Pulcinella molto famoso ; e che seppe distinguersi fra quanti s’esercitarono in quel ridicolo Personaggio. Morì a Roma nel 1746, sostituito al Teatro Valle da Francesco Barese.
Novelli è venuto su…. da sè, come a un dipresso vengon su tutti i genj. […] Un artista indisposto era surrogato da lui sul momento : e quando ei non sapeva che dire, infilava un discorso a modo suo, magari estraneo alla commedia, e aveva sempre ragione lui. […] Da quelle del primo brillante, Bassi, era stato generosamente liberato, ma da quelle del secondo, Canevari, no. […] » Canevari capì la lezione, e se ne andò livido di rabbia ; e Novelli ottenne il suo intento : da quella sera non ebbe più parte nelle farse del secondo brillante. […] Fu in quei vincoli troppo stretti ch'egli avvertì il peso del giogo, e sentì il bisogno di scuoterlo : fu allora ch'egli risolse di formare una compagnia modesta da avviare, da manipolare, da rendere primaria, mercè la sua forza direttiva, mercè il suo ingegno artistico, mercè la sua tenacità di propositi.
Tal è la grande idea, ch’io non mi lusingo d’avere nemmen da lungo tratto adeguata, ma che bramerei pure di poter eseguire accingendomi a scrivere le Rivoluzioni del teatro musicale italiano. […] [11] Una ci ha nonostante, la quale quant’otterrà facile indulgenza da giudici illuminati e sinceri, altrettanto darà fastidio a certe persone pusillanimi che scambiano mai a proposito il rispetto colla debolezza. […] Quella noiosa nomenclatura vien preceduta da una definizione del dramma cavata unicamente dagli abusi, da parecchie osservazioni triviali, da pregiudizi stabiliti in regola frammischiati a qualche precetto sensato. […] Nel primo, derivando dagl’intimi fonti della filosofia la natura del melodramma, si cercherà di rintracciare independentemente da ogni autorità, e da ogni esempio le vere leggi di questo componimento, e i limiti inalterabili, onde vien separato dalle altre produzioni teatrali. […] Io mi terrò fortunato se da miei errori altri prenderà occasione d’illustrar con penna più maestrevole codesto bell’argomento, non men degno delle ricerche d’un filosofo che delle premure d’un uomo di gusto.
Samuele di Venezia in Compagnia di Giacomo Dorati, e parve da quel tempo un prodigio. Il 1807 fu scritturato da Salvatore Fabbrichesi per la Compagnia Reale del Principe Eugenio, Vicerè d’Italia, al 1827 ; anno in cui il Fabbrichesi morì quasi improvvisamente a Verona. […] Oreste, Orosmane, Cintio, Aristodemo e molte altre furono da lui declamate con immenso successo. […] Egli diceva come il celebre Zanerini : – L’artista vestito in carattere ha già fatto la metà della parte. – Era cosa poi assai sorprendente per gli stessi artisti che con lui recitavano, il vedere come si prevaleva delle più piccole cose, come una scatola da tabacco, una penna da scrivere, una sedia, un tavolino, per ricavarne un effetto certo in una scena o in altra della produzione. […] E in una nota, dopo di aver invocata da Milano al meno una pietra che ricordi il nome del grande artista, nato e cresciuto tra le sue mura, si domanda il perchè egli mettesse quel De al Marini che era il suo vero casato.
Còlto da apoplessia nella primavera del ’63 al Valle di Roma, poi nell’estate a Viterbo, e trovatosi inetto per mancanza di mezzi e di salute a continuar l’Impresa, si ritirò a Roma, ove morì nel ’67. […] Anzi da quel suo svisceramento di ogni frase, di ogni parola, di ogni sillaba, usciva naturalmente una dizione quasi direi faticosa, voluta, convenzionale, che fu detta al suo tempo antiquata, ma che probabilmente non era mai stata prima di lui. […] Non una commedia era da lui restituita senza che l’accompagnasser le più chiare e minute ragioni che ne avean determinata la restituzione. […] Il 5 gennaio 1830 scrive da Firenze : mi sono state date 10 commedie da leggere. […] E interessantissima è la lettera del 29 aprile 1830 che egli scrive da Roma, ragguagliando il Benci e dell’Itinerario dell’anno e della Censura teatrale ecclesiastica….
Agostino Dolce fece imprimere nel 1605 la sua Almida da me non veduta. Cataldo Morone da Taranto che poi si disse F. […] Contiene la miracolosa vittoria riportata da San Giorgio di un mostro che affliggeva la città di Silena. […] Non si vede ne’ componimenti del Ceba il coro fisso alla greca, ma quattro canzonette di trocaici dimetri da cantarsi da un coro per tramezzo degli atti. […] L’errore di questo tenero amico aumenta il patetico dell’estremo congedo che prende da lui Corradino.
VII dell’Origini Italiche, e sostenuto da altri nostri valentuomini di questo secolo. Che i Greci ricevuto avessero dagli Etruschi diverse cerimonie ed istituzioni religiose, apertamente è asserito da Platone nel lib. […] Ove stesse situata l’antichissima, e da molti secoli distrutta Rudia, si è in questa età disputato assai (Calogerà Raccolta d’Opuscoli T. […] II, c. 23.) leggiamo le commedie de’ nostri poeti prese e tradotte da quelle de’ Greci, di Menandro cioè, di Posidio, di Apollodoro, di Alessi, e di altri. […] Egli è certo, che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’ istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e che quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timor di qualche grave periculo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni delle favole teatrali, segno evidentissimo che non vennero compresi nel bando sotto il nome d’ istrioni i tragedi e comedi, cioè coloro che recitavano e cantavano drammi regolati.
Più noto sotto il nome di Beltrame, da Milano, si recò nel 1600 a Parigi con Flaminio Scala e Isabella Andreini, al servizio di Enrico IV. […] Molière soggiornò a Lione, dunque probabilmente il nome di Mascarillo prese da quello già esistente. […] Potrebber passare come tirate da dramma domenicale per solleticare l’amor proprio offeso della povera gente, e reclamarne, conclusione indispensabile, urli e applausi in segno di protesta. […] Dato l’incalzar delle frasi nell’ Inavvertito, è da crederlo. […] Cardinal Ubaldini può dir ancora per lettere scrittegli da Sua Maestà Cristianissima a mio favore, fin dove la benignità di quel gran Re si estese ad onorarmi.
Lampillas, da ciò dedurre? […] Ha creduto da poi a quegli aspidi fatti dal suo compagno? […] Or vi pare questa sì viva, sì naturale rappresentazione da partorire da se la illusione? […] Oh voi, Signor Napoli, la prendete ben da lontano. […] da M.
In questi due anni di assenza da Parigi, fu sostituito sulla scena da un nuovo comico italiano, valorosissimo, che fece di ben poco rimpiangere il celebre suo predecessore, come abbiamo da una lettera in versi del 21 aprile 1668 di Robinet. […] Come si vede, le due varie foggie di vestire del Capitano Spezzaferro non han che vedere colla terza prodotta da Maurizio Sand, la quale, per quante ricerche io abbia fatte, non mi fu dato trovare in nessuna antica incisione : nè mi fu dato rintracciar notizie de’ colori che il Sand assegna in modo assoluto alle sue figure. […] I del Teatro di Gherardi) fu rappresentato la prima volta dai comici italiani del Re all’ Hôtel de Bourgogne il 4 ottobre 1682 ; e nell’ Industrie, prologo alle due operette Zemine et Almanzor e Les Routes du Monde, rappresentato alla Foire Saint Laurent, il 1730 (Théâtre de la Foire, raccolto da Le Sage e D’Orneval. […] — rispose Arlecchino — proprio tu, che da vent’anni, non puoi custodire la moglie !!
Figlio del precedente, studiò da prima chirurgia in Firenze, poi si diede all’arte comica, nella quale riuscì di qualche pregio per quelle parti d’innamorato, ove non dominasse il sentimento. […] La pettinatura di quell’attore, era affettatamente imitata da quella del detto signore. […] Il Vitalba, andando o ritornando di notte dal teatro si era incontrato in un sicario, il quale gli aveva scagliato con una forza da atleta un ben grosso bottiglione pieno d’inchiostro per difformargli la faccia. Fortunatamente il bottiglione, che avrebbe potuto non che difformarlo, accopparlo, lo aveva colpito al collo difeso da un colletto a più doppi, sottraendolo alla morte. La notizia giunse a Venezia, e il carattere pacifico di quel pover uomo, ritirato, economo, che faceva il comico per guadagnarsi il pane, che obbediva ciecamente il capocomico, che non aveva nimici da dover temere d’essere accoppato, o difformato, suscitò in Venezia dé discorsi, e dé sospetti unanimi sopra il Gratarol.
Deificato da alcuni fu trattato da altri qual mostro e corruttore del teatro. […] Era questa la bella moralità da insegnarsi sulle scene? […] Egli si affretta ad obedire sol per liberarsi presto da quella noja. […] Se apprenderanno a ben ragionare, a sapere i doveri di ogni classe di uomini, a scemare i loro bisogni e per conseguenza i loro delitti, in vece di aumentarli, e si faranno istruire da’ filosofi veri, da i Leibnitz, da i Volfii, da i Lock, da i Montesquieu e da i Genovesi, applicandone le dottrine al maneggio degli affari, ed imitando i regnanti benefici e scienziati, essi riscuoteranno gli applausi universali e l’approvazione di se stessi. […] La donna altera vinta da quest’artificio è costretta a palesarsi col pianto.
Fioriva la prima in molte arti di lusso non che di necessità, ma non ebbe della drammatica se non que’ semi che sogliono produrla da per tutto, cioè travestimenti, ballo, musica e versi accompagnati da gesti. […] Un annuo sacrifizio e convito pubblico, colle medesime particolarità e accompagnato da strani travestimenti e mascherate ridicolose, troviamo in Cusco. […] Tutti portavano maschere spaventevoli, sonavano flauti e tamburri scordati, e facevano gesti e visacci da forsennatia. […] Ma avvegnachè in questo ed in altro si rassomigliassero Greci e Peruviani, non diremo però che questi sieno da quelli discesi, ragionando alla maniera di Laffiteau. […] Fabbricansi colà per eccellenza quadri e stoffe di penne, antichi lavori messicani non mai più da veruno imitati.
Fioriva la prima in molte arti di lusso non che di necessità, ma non ebbe della drammatica se non que’ semi che sogliono produrla da per tutto, cioè travestimenti, ballo, musica, e versi accompagnati da gesti. […] Un annuo sacrifizio e convito pubblico colle medesime particolarità, e accompagnato da strani travestimenti e mascherate ridicolose, troviamo in Cusco. […] Tutti portavano maschere spaventevoli, suonavano flauti e tamburi scordati, e facevano gesti e visacci da forsennati37. […] Ma avvegnachè in questo ed in altro si rassomigliassero Greci e Peruviani, non diremo però che questi sieno da quelli discesi, ragionando alla maniera di Laffiteau. […] Fabbricansi colà per eccellenza quadri e stoffe di penne antichi lavori Messicani non mai più da veruno imitati.
Decorava l’arte drammatica già da quattro anni con sicurezza di splendido avvenire. Savia e pia, sentendo di dover lasciare la vita, domandò da sè tutti i soccorsi della religione. […] Può dirsi anzi che per lei il nostro teatro comico siasi arricchito di un intero genere di componimenti da prima quasi ignorati. Chi l’ha vista nel Bicchier d’acqua e nella Madamigella di Belle Isle, non dimenticherà al certo quel superbo sorriso, quell’altero portamento di capo, quell’eleganza aristocratica che traspariva da ogni suo moto, da ogni più lieve girar d’occhi. […] Ella sin allora vezzeggiata, amata da tutti, trovò dal momento di quella sua risoluzione tal voltafaccia che le fu cagione poi di continua e profonda amarezza….
Leandro che da me hà riceuuto l’educatione, commosso da gli entusiasmi dell’ambizione, mi detrae la fama, e doue può mi conculca : tralascio i dispiaceri hauti dalle sue smarciassate, minacciamenti fondati, sù quello ch’io non uoglio scrivere. La pouera Leonora, ricercata da tutti i Comici, che non hà sofferto ? […] mo Signor Duca, e li mostri in uno l’estreme difficulta nostre mentr’io da chi può auguro à Vostra Ecc.ª il colmo d’ogni bene. […] mo il mio bisogno ; qual’è di sapere, s’io ho da seruirlo il Carnouale ; e non havendo l’Autunno Compagnia come mi hò da sostentar quattro e più mesi ; poi che essend’io pouer’huomo, non ho modo da sostentarmi senza il mio esercitio questo tempo, si che, hauendo da seruir cotest’ Altezza, la supplico d’alcun aiuto di costa, acciò ch’io mi possa intrattenere fin’al tempo del Carnouale ; e non uolendo seruirsi di me, darme, con sua buona gratia, licenza, acciò ch’io possa promettere à questa Compagnia ò altra la mia persona per l’Autunno, e Carnouale. ne hò scritto al Signor Toschi : ne di ciò ne hò mai hauto risposta. ricorro à Vostra Signoria Ill. […] da quanto ascolto Difficil cosa all’esser mio richiedi.
Scrisse molte opere teatrali, in cui la sciattezza della forma era compensata da una cotal vivacità di dialogo e fecondità d’intreccio. […] Se io mi facessi a scrivere la storia teatrale dell’ultimo cinquantennio, dovrei cominciare da Tommaso Salvini, artista possente, formidabile, colossale, classico nel significato puro della parola. […] E ho detto crede di dare, poichè oggi, a quattro mesi di distanza da quelle recite di addio, egli sta trattando per recarsi l’aprile e il maggio del 1904 nell’America del Nord. […] Nessuno della presente generazione può farsi un’idea del come egli sapesse trar partito da una parola, da un monosillabo, da una esclamazione, da un sospiro per suscitar l’entusiasmo della moltitudine. […] In Francesca da Rimini l’insuperato Paolo restò Paolo, Salvini si mutò rassegnatamente in Lanciotto : in Oreste l’insuperato Oreste restò protagonista, Salvini si mutò in Pilade.
È pure da riprendersi l’inverisimiglianza dell’ equivoco preso nella scena 8 da Rosmunda. […] Ella poi mostrasi sorpresa da un nuovo doloroso pensiero. […] Il resto dell’atto s’impiega a proporsi qualche mezzo da cacciar la fame. […] Huerta, ma da me non lette a cagione del mio passaggio in Italia. […] Si rileva da una lettera dell’autore al sig.
È citato da Maurice Sand fra i principali attori che sostennero in Italia la maschera dell’arlecchino. […] Nacque verso il 1733 da un suonatore d’orchestra della Commedia italiana a Parigi, e da una comica che recitava nel 1729, con qualche successo, le parti di amorosa. […] Sul proposito della Rosalia, togliamo da Giacomo Casanova, il famoso avventuriere, il seguente aneddoto, che concerne una serata la quale, secondo i manifesti, dava al teatro di Avignone una parte della compagnia di Parigi.
Toltasi dall’Emanuel, recitò coi dilettanti, or vagando pei teatrini della capitale, ora per quelli dei paesi e città circostanti, come ad esempio Prato, ov’ella furoreggiava nelle Eleonore da Toledo, nelle Francesche, ecc., ecc. La Compagnia N.° 2 della Sadowski diretta da Luigi Monti, sentito, dopo una disastrosa quaresima a Livorno, il bisogno di una prima attrice giovine che alternasse le parti con la prima attrice, che era l’Adelina Marchi, scritturò la Boetti, la quale raggiunta la Compagnia a Napoli, esordì nella Verità di Torelli, ottenendovi il più spontaneo e clamoroso successo. […] Attrice di larghe promesse, da principio, di voce pieghevole e forte, di eletta educazione, di intuizione non comune e di non comune slancio artistico, passò la seconda metà della sua vita artistica in mezzo alle avversità di ogni specie, nonostante i successi ottenuti specialmente colla Teodora e la Tosca di Sardou, ch’eran divenute una particolarità tutta sua. […] Esordì la sera del 19 febbraio, e piacque a segno da esser subito nel numero dei pensionarj della Comedia italiana.
Bartoli : « Recitò da prima donna con molta grazia, ed acqistossi il nome di bravissima attrice. […] O il nome di Fortunati ebbe la Lucrezia da suo marito ? […] R. il Gran Duca di Toscana, e pubblicò in Bologna un’opera tragicomica intitolata : Le bellicose gare tra Geremei e Lambertazzi superate da Tibaldello finto pazzo per impegno d’onore con la Pompa solenne del gioco della Porcellina. […] Come saggio del suo stile, riferisco io pure il sonetto recitato da Tibaldello, che è alla fine della tragicommedia : Compito, amici, ho alfin l’alto disegno, Che formava fedel le vostre glorie.
Nacque a Udine da Pietro Miani ed Anna Sella il 26 aprile del 1817. […] Abbandonò dopo qualche anno il ruolo di prima attrice per darsi a quello di madre e caratteristica ; e tale fu scritturata da Giorgio Duse, da Gaspare Pieri, da Tommaso Salvini, ammiratissima, in ogni tempo, e nelle parti comiche, fra cui la goldoniana Cate, e nelle tragiche, fra cui l’ alfieriana Clitennestra.
Veramente ella non ha che vedere col nome di Pieri, essendo nata a Napoli il 1840 da Demetrio Cristiani e da Angiola Cavalli. […] Ma l’amore dell’arte la ricondusse dopo un solo anno di matrimonio su la scena, prima donna della Compagnia Mazzola, poi della Lombarda ('56) diretta da Luigi Aliprandi, di quelle di Peracchi ('57) (l’elenco l’annunziava come socia onoraria dell’ Accademia Rozzo-Senese), di Gattinelli, di Bellotti-Bon, di Alessandro Salvini. Formò poscia ('61) compagnia ella stessa per un triennio, dopo il quale ('65) fu con la Compagnia Dante Alighieri, diretta da Riccardo Castelvecchio.
Balestri), e il 1594 a Firenze, come da una sua lettera in data dell’ 8 dicembre al cav. […] Andreini dice di lui nel citato Ragionamento : « Girolamo Salimbeni da Fiorenza, che faceva da vecchio fiorentino detto Zanobio, e da Piombino. » Fr.
Dopo ciò mostrasi sorpresa da un nuovo doloroso pensiero. […] Il resto dell’atto s’impiega a proporsi qualche mezzo da cacciar via la fame. […] bravata da farsa. […] Huerta, ma da me non lette a cagione del mio passaggio in Italia. […] Si rileva da una lettera dell’autore scritta al sig.
Questo pregiudizio rinfacciato da Saint-Evremond e da Montesquieu alla nazione francese, trovasi presso tutte le altre ancora, senza eccettuarne la greca e la romana; e soltanto alcuni pochi fra esse a forza di osservare e riflettere se ne sottraggono. […] Questa nazione guerriera che da 314 anni occupa il trono imperiale di Costantino, vanta molti principi illustri e abili nella pace e nella guerra. […] Differiscono tanto gli odierni spettacoli scenici di Costantinopoli dagli antichi e da’ nostri, quanto da Atene il borgo di Setines. […] Un padre parte da Costantinopoli per Aleppo, raccomandando al figliuolo una schiava georgiana, di cui é innamorato. […] Per un’udienza d’uomini vi son compagnie d’uomini senza veruna donna, nelle quali giovani di vago aspetto rappresentano le parti di donne; e per un’udienza femminile vi son compagnie composte di sole femmine, tralle quali alcune rappresentano da uomini.
Trascrivo da Francesco Bartoli : « Fu comico al servizio dell’Altezza Serenissima del Signor Duca Antonio Gonzaga di Guastalla, Sabionetta, e Principe di Bozolo, etc., a cui dedicò l’opera Teatrale scritta da altra penna, intitolata : La Costanza premiata nel Trionfo di Porsenna Re de Toscani. […] Il Libro fu stampato in essa città da Domenico Lovisa in forma di dodici, e senza data dell’anno.
Si rileva da una lettera dell’Archivio di Modena, scritta da Parma a quel Duca da Ranuccio Farnese il 1° aprile del 1678, come Auretta e Mezzettino, comici dei Farnesi, fossero stati accordati per un anno all’Abate Grimani, dietro istanze del Duca di Modena espresse con lettera del 24 marzo.
Di lui Corrado Ricci (Teatri di Bologna) riferisce una lettera del 1613, con la quale domanda privilegio particolare che nissun possa dispensare un secreto di un olio da lui chiamato il suo Balsamo. Tal segreto egli ha avuto da un dotto a Parigi, mentre forse vi esercitava l’arte comica. […] r Cardinal Paleoto Arcivescovo al’hora di questa Inclita Città, habitante da trentaquatro anni in qua in essa….
Una traduzione della Troade di Seneca fatta da D. […] Egli fu con debolezza fecondato da alcuni scrittori, i quali, perduta di mira la natura, correvano dietro a una luce efimera che faceva loro smarrire il buon sentiero. […] Ciò che da noi si chiama tragedia, é una mera mescolanza mostruosa$g di gonfiezze e bassezze buffonesche, ignorando i nostri autori le più comuni regole teatrali. […] La regina Sofia Carlotta tratteneva in Berlino l’opera italiana, il cui compositore era il celebre Bononcini, e da quel tempo abbiamo contati fra noi alcuni buoni musici. […] E siffatti mostri d’incoerenze, ne’ quali le laidi rappresentavano da Maria Vergine, e una mima elevando la sfera sacramentale, cantava il Tantum ergo, dodici anni addietro riempivano i teatri di Madrid, e si videro proibiti dall’avvedutezza del governo e criticati da pochi giudiziosi nazionali con un rincrescimento pressoché generale.
— [1.8ED] — Come — io risposi — potrò da qui avanti deridere chi ascolto sì ben ragionare? […] [5.223ED] Ma il canto, che pure t’imparadisa animato da quelle note, fuori di quelle non ti sconcerta se scoppia? […] Al seguito di Aldrovandi partì anche M., che risiedette a Parigi da giugno a dicembre 1713. […] creanza da Greci: ‘buona educazione alla Greca’, antifrastico. […] [commento_4.41ED] essametro… spondei: l’esametro è un metro della poesia greco-latina, formato da sei piedi; il dattilo è un piede costituito da tre sillabe di cui la prima lunga le altre brevi, mentre lo spondeo è formato da un piede di due sillabe lunghe.
In oltre quando da tal Popolo illuminato distinguiamo la Plebe, credete voi ch’esso totalmente da questa discordi circa la Poesia Rappresentativa? […] E quando vi divezzerete da codesto mal costume di trarre conseguenze universali da premesse particolari? […] Essi hanno un fondo ben differente da i cinquanta canovacci dello Scala. […] E’ dunque anch’egli ignaro de’ fatti da me sopraccennati? […] Ora un uomo, che non abbia perduto il senno per qualche impegno intrapreso, da tal Commediaccia, e da altre simili scritte da’ trapassati da non molto stravaganti Poetastri Ibañez e Sedano, conchiuderà contro il gusto generale della Nazione Spagnuola?
Giorgio Dandino viene da una novella del Boccaccio già dall’istesso Porta trattata in una commedia. […] Abbiamo veduto il gran Corneille succeduto da Racine, e da altri gran tragici del secolo seguente; ma Molière é ancor solo. […] Quelli furono i principi del teatro lirico francese, il quale da Surdéac passò a Giambatista Lulli Fiorentino, famoso maestro di musica, favorito da Luigi XIV. […] Uno ne fece nelle nozze del duca di Joyeuse e di madamigella di Vaudemont, aiutato nella musica da Beaulieu e da Salmon, e ne’ versi da Chesnaye, il quale li ballò nel 1582206. […] I difetti dei grandi esemplari sono sempre fatali alle belle arti, perché accompagnati da molte bellezze e da virtù incomparabili; quindi é che le critiche fatte da uomini di molto sapere e di squisito discernimento giovano assai nella repubblica letteraria, perché formano il gusto, raffinano il giudicio, e producono altri buoni effetti.
Andrea Calmo veneziano morto l’anno 1571 fu attore ed autore molto esperto, ed applaudito, come sappiamo da una lettera del Parabosco. […] Francesco Andreini pistojese marito della celebre attrice Isabella Andreini, ed attore anch’egli che rappresentava da innamorato, e dopo la morte della moglie da tagliacamtone col nome di Capitano Spavento da Vallinferna, volle ancora distinguersi come autore scrivendo più dialoghi, farse e commedie ove acciabattò quanto aveva in iscena recitato come attore, cioè le rodomontate. Generalmente i pubblici commedianti andavano per l’Italia rappresentando certe commedie chiamate dell’Arte per distinguerle dalle erudite recitate nelle accademie e case particolari da attori nobili civili istruiti per proprio diletto ed esercizio. […] Pantalone era per lo più un mercatante veneziano d’ordinario dedito alla spilorceria; il Dottore un curiale bolognese cicalone; Spaviento un millantatore poltrone; Coviello un furbo, Pascariello un vechio goffo che non conchiudeva un discorso incominciato con grande apparato, tutti e tre napoletani; Pulcinella un villano buffone dell’Acerra; Giangurgolo un goffo calabrese; Don-Gelsomino un lezioso insipido roma no o uno Zima fiorentino; Beltramo un o milanese semplice; Brighella un ferrarese raggiratore; Arlecchino uno sciocco malizioso da Bergamo. […] E riguardo segnatamente al Pulcinella, aggiunse: Silvio Fiorillo commediante che appelar si faceva il Capitano Matamoros, inventò il Pulcinella napoletano, e collo studio e colla grazia molto vi aggiunse Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, il quale fu sartore, e morì nella peste dell’anno 1656, imitando i villani dell’Acerra città antichissima dì Terra dì Lavoro poco distante da Napoli.
Testimoni indubitati della perizia di tali popoli nell’ architettura abbiamo non solo l’invenzione e il nome di un ordine diverso da quelli che ci tramandò la Grecia, ma le reliquie degli antichi edificii che in parte esistono ancora ne’ paesi Toscani. […] Fecesi da uno scultore Toscano in Roma la statua di Giove Capitolino sotto Tarquinio Prisco. […] Tale si giudicò il puttino di bronzo che Monsignor Carrara presentò al Pontefice Clemente XIV, da cui fu collocato nel Museo Vaticano. […] Giusta l’usanza religiosa da questa tenuta Roma nascente volle descrivere il circuito delle proprie mura per mezzo di un solco fatto coll’ aratro tirato da un toro e da una vacca13. […] Del Pomerio è da vedersi il Comentario di Onofrio Panvinio.
L’effetto che produce in una donna dimenticata una equivoca dichiarazione di amore, il passaggio che ella fa da una finta modestia ed un finto sdegno alle leziosaggini d’un simulato pudore, e ’l raccoglimento o sconcerto dello spirito, la ricomposizione o turbamento del volto, e la mutazione della voce che in lei succedono al disinganno, tutto questo ed altro ancora dipingevasi si vivo nella Colli, che la illusione toccava il massimo suo grado. Ajutata era in ciò da un volto in cui leggevasi come in nitidissimo specchio il transito d’ uno in altro pensiero, indizio d’una mente studiosa di quanto le accade intorno, indizio d’una fibra da cui riverbera la sensazione come raggio da superficie lucente. […] Carlino, preparò il suo debutto di caratterista nelle Funnachere, con pellegrinaggi continui ai quartieri di Porto e di Pendino ove imparò la lingua e il costume della nostra gente, diventandovi, pur dopo breve tempo, di tutte e due cose padrona in tale maniera da meravigliare quanti l’avevano udita, da prima, romaneggiare nell’antico repertorio semidrammatico. […] Morì il 6 di ottobre, sostituita da Serafina Zampa, l’unica, a detta del pubblico, veramente degna di accogliere la grande eredità da lei lasciata al celebre teatrino di Piazza Castello.
Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte. […] Pietro Monti, completamente illetterato, chè l’avventurosa sua adolescenza gli aveva chiusa ogni via da istruirsi, fu nondimeno un artista drammatico più ancora prodigioso che egregio. Egli non era stato fatto artista dallo studio, ma creato tale da Dio ; e però di quanto il genio soprasta gl’insegnamenti delle scuole, di tanto il Monti, nel signoreggiar gli animi dei suoi spettatori, superò gli altri artisti. […] Egli allora non fingeva più ; ma per uno sforzo di fantasia, di cui solo conosceva il segreto, s’immedesimava, si trasfigurava nel personaggio, che aveva preso a ritrarre, illudeva in somma sè stesso prima d’illudere gli altri ; e quindi, piangendo, tremando, rallegrandosi davvero, senza obliar mai quel bello ideale, che la mano stessa del Bello eterno gli aveva stampato nell’anima, costringeva gli spettatori a piangere, a tremare, ad allegrarsi con lui. – Era tanta la potenza del Monti nel trasfondere, dirò così, in sè stesso il soggetto da lui rappresentato, che spessissime volte, calato il sipario, egli rimaneva come stupito e fuori di sè, e visibile era il suo sforzo per passar da quella esistenza creatasi con la fantasia, nell’esistenza sua propria. […] Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti.
ECCELLENTISSIMO SIGNORE Una mammola un moncherino presentato con garbo e semplicità da un fanciulletto si accoglie di buon grado e con lieto viso da un Signore magnanimo e gentile più che dalla mano di un facoltoso un tributo di perle di Comorino, di diamanti di Golconda, di metalli del Potosi. […] Pagnini, dall’Allegranza, dal Zaccaria, dal Principe di Biscari, dal Sinesio, dal gran Torremuzza e da altri celebri Italiani? […] Mi discolpi eziandio l’unico intento che mi mosse, di appalesar per le stampe quanto io mi pregi della preziosa padronanza onde mi onorate da più anni, e quanto io ammiri le rare doti dell’animo vostro, la vostra dottrina e l’erudizione somma prima ancora che venga alla luce la Coltura delle Sicilie nel Regno di Ferdinando iv da me delineato appena in tre volumi vicini ad imprimersi, nella quale, o Signore, come Poeta, come Filologo, come Erudito di ogni maniera figurate vantaggiosamente ed ornate il mio patriotico racconto dell’Epoca Fernandiana.
Dopo avere fatto gli studi classici, e avere avuto lezioni da sua madre, dallo zio Riccoboni (Lelio), e dalla zia Elena Balletti (Flaminia), si diede all’arte il 1 febbraio del 1742, sostenendo di punto in bianco le parti di primo amoroso nelle commedie così francesi, come italiane, poichè parlava assai bene e l’una e l’altra lingua, delle quali possedeva tutte le finezze. […] L’anno 1759, la domenica 16 settembre, verso le otto del mattino, è comparso da noi, Michele Martino Grimperel, il signor Onorato Gabou, dottore in chirurgia, dimorante in via Mauconseil, parrocchia di St. Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.
Samuele le parti di prima donna con molto plauso l’anno drammatico 1736-37 nella Compagnia Imer diretta da Carlo Goldoni, il quale nella prefazione al Vol. […] Pasquali) così ne parla : Prima Donna Andriana Bastona Veneziana, detta la Bastona Vecchia, per distinguerla da Marta Foccheri sua figliuola, detta essa pur la Bastona. […] Ma se la Bastona era del carattere di Vitalba, tale da volger tutto al riso e da mostrarsi in veste di Rosmonda a ballar la Furlana, che quella sera fu certo più accetta al pubblico della tragedia stessa, fuor di scena pare fosse un vero grano di pepe. […] La Romana aveva già recitato il suo a Udine, scrittole a bella posta : si trattava di scriver l’altro per la Bastona ; ma essa che ne recitava uno da trent’anni, non voleva studiar cose nuove.
Ne abbiam notizia in una lettera del comico Zanotti del 14 agosto 1655 da Genova al Conte Marcello Cimicelli a Modena. Dopo di aver parlato dell’urgente necessità di mutare il Pantalone, attore insoffribile, scrive : « Tiberio Fortunati, che rapresenta cosi bene la parte di Pantalone, quello dico che da S. […] r Principe conclude esser servito da questo personaggio, mandi subito una lettera per l’ Ill. […] Rimasto vedovo, pensò da solo all’educazione dei figli (la maggiore, Anagilda, sposò un Francesco Arisi) alcuni dei quali seguiron l’arte dei parenti. […] Nato da padre comico, avanzandosi cogli anni e non molto crescendo nella statura, i suoi compagni per ischerzo lo chiamavano trotola, dal che derivogli in seguito il soprannome di Toto, sotto il quale è comunemente conosciuto.
Artista egregio per le parti amorose, nacque a Siena il primo maggio del 1812 da Vincenzo e da Teresa Benvenuti. […] Passò il '31, dalla Compagnia Pieri, in quella di Domenico Verzura, poi, nel '33, primo attore in quella di Lorenzo Cannelli, nel '34 di Corrado Vergnano, e nel '35 di Carlo Gol- doni diretta da Augusto Bon, in cui stette due anni. […] Aveva il Landozzi sposata del '34, mentr'era in Compagnia Vergnano, una Maria Chiavistelli, fiorentina, attrice mediocre, ma siffattamente pazza da avvelenar gli ultimi anni del pover uomo, dalla quale ebbe dodici figliuoli, e la quale morì nel Pio Albergo Trivulzio, il 20 ottobre del '91. […] E 'sta volta il fiero articolista ha ragioni da vendere, dacchè rimprovera al Landozzi di avere nella Clemenza di Tito distesa una sentenza su candida carta di Bath, con penna d’oca intinta in calamajo di carta pesta dorata ; e di avere assicurato nell’ annunzio della rappresentazione che « non vi sarebber mancate le proprie e devolute decorazioni, nè avrebber mancato di zelo li attori nel rappresentarle….
Donato, che è tra gli Uniti firmati nella supplica del 3 aprile 1584 da Ferrara al Principe di Mantova per andar colà a recitare, potrebb'essere Lombardo nostro. […] Donato Lombardo da Bitonto, detto il Bitontino. […] La licenza del prologo LIV (della Fatica), dice : Ogni cosa che giovamento apportar suole, da me fatica, procede, sicome vedrete in questa nuova Comedia, la quale con fatica è composta, e s’ hanno affaticati alcuni Accademici farvene un presente in questo giorno. Nè solo per Compagnie comiche, o per Accademie componeva i suoi prologhi, ma anche per Compagnie di canto, come abbiamo da quello de gl’inventori della musica, il ventiquattresimo della raccolta, che termina così : abbiamo proposto in questo luoco con la musica dei dolci concenti di cotanti amanti, ai cigni rassomigliati, e con le note di cotante Progne e Filomene, cantarvi dolcemente col suono delle vostre parole un’opera composta in Madrigale di dodeci voci. Fu anche autore di una commedia intitolata II fortunato amante e stampata in Messina da Fausto Buffalini, in-8, il 1589.
Le favole del Cañizares da me vedute ripetere in Madrid sono: el Honor dà entendimiento, el Montañès en la Corte, el Domine Lucas. […] Questo scioglimento interessante è accompagnato da una felice esecuzione. […] Vada (dice della figlia l’ irato Don Martino) vada da me lontana, viva infelice, sappia a quante disgrazie la soggetta il pessimo suo procedere. […] Un gran numero di tali sainetti, e forse la maggior parte si compongono da Don Ramòn la Cruz, di cui con privilegio esclusivo fidansi i commedianti di Madrid. […] Tali cose da me dette anche nella prima storia teatrale si tollerarono pazientemente dal La Cruz dal 1777 al 1783, mentre io pur dimorai in Madrid.
Artista drammatico e capocomico, rimasto omai celebre tra’ comici, e accettato omai da tutti come il prototipo del Guitto. […] I figli dei figli dei figli di coloro che lo videro affermano che Azampamber portava costantemente una pelliccia, due stivaloni alla Souvaroff e un cappello alla Bolivar ; e ch’egli non si separava mai, a nessun patto, da questi tre elementi che costituivano il suo abbigliamento con una esclusività così assorbente da scapitarne persino la camicia. […] E più avanti : L’ultima volta che lo videro fu sullo stradale da Castel S. […] Ma non potevo arrestarmi alla rievocazione del tipo immaginario ; mi bisognava assolutamente conoscere il professore, che, almeno da quel cartellone, m’aveva tutta l’aria di essere un natural discendente del gran Re. […] Della Compagnia del Perini e del suo repertorio parleremo a suo tempo ; intanto accenneremo di volo come dall’amalgama di drammi, commedie, pantomime, balli, onde si componevano le rappresentazioni, traspaia un non so che di guittume da non menomar punto la fama del leggendario Anzampamber.
A queste chiacchiere seguiron nuove scene tormentose, finite poi, al solito, con proteste di fiducia da un lato, di fedeltà dall’altro. […] Buffetto supplicò Isabella che gli lasciasse Menghino, il quale, perchè amavalo come padre, fu subito da tutti concesso. […] Tanta gioia doveva essere offuscata da nube improvvisa e dolorosa. […] Altre cagioni ben gravi le fecer prendere la risoluzione di scriver da Modena al suo amato Carlo, supplicandolo di non insistere oltre…. […] I passi da Milano in Piemonte per la guerra non sicuri, e per mare impossibile andare perchè troppo soffriva.
mo di Cell, pare, secondo lettera da Hannover del 5 gennajo 1693, che il Sacco si togliesse dal servizio del Duca di Modena senza dargliene alcun avviso ; per la qual cosa e' s’ebbe dal Marchese Decio Fontanelli sequestrate tutte le robbe. […] mo e da nuovo il Ser. […] Al qual Dragoni, anche quindici giorni dopo, il Mauro, pur da Hannover, scrive in nome del Ser. […] Questa commedia, ch'egli pubblicò mentre era da nove anni comico del Ser. […] Zatta), in cui Traccagnino vien travestito nella scena V dell’atto III da Capitan Coviello, e parla napolitano.
Ma la notizia chiara del suo valore, e soprattutto di ciò che tal valore formava, noi abbiamo da Fr. […] El ciel ve daga le tre cose, che non gh' avè unite alle cinque, che gh' avè : le cinque son queste : bellezza d’ammirar, grazia da incantar, salude da invidiar, zoventù da diletar, e modestia da insegnar. […] Agnelli) contiene una Lettera di ragguaglio dell’ arrivo in Torino da Madrid di S. […] Nella lettera al conte Giuseppe Alcaini che prelude ai Motti della prima edizione (Venezia, 1787) egli dice : « Nella mia vecchiezza, fatta più grave dalle disgrazie che l’accompagnano, ho il conforto di sentirmi per le vie commiserato, e di udire universalmente esagerato il dispiacere dello scioglimento della nostra Compagnia comica (quella del Sacco) un tempo tanto favorita da quest’ inclita Metropoli di concorso alla nostra Commedia improvvisa dell’Arte ». […] Giuseppe Angeleri, il più celebre di tutti, morì sulla scena, appena entrato fra le quinte, d’un colpo a Milano, l’estate del 1754 ; e il nostro Zannoni uscendo da una cena sontuosa a Venezia il 22 febbrajo del 1792, cadde in un canale profondo, e poco tempo dopo morì.
Michelino, si mostrò, da giovinetto, di spirito più che bizzarro, e fu eccitato a recitare da un Antonio Palagi, ciabattino, popolarissimo per singolarità di arguzia. […] Infatti, al proposito della pantomima, era detto : « verrà questa rappresentata da varj componenti la Comica Compagnia, che graziosamente si prestano. » I manifesti di beneficiata avevan, come per tutti gli Stenterelli, il solito invito al pubblico, ordinariamente in brutti versi martelliani. […] Il numero dell’Arte di Mercoldì 9 agosto 1855 recava in terza pagina queste poche parole listate a nero e sormontate da una croce : L'artista comico per eccellenza, il conscienzioso ed esperto agente teatrale, attaccato jeri dal cholera, spirava questa mattina a ore 4 antimeridiane, fra il pianto dei suoi più cari e il lamento di tutti quelli che apprezzavano il di lui talento e le sue rare virtù.
La sua maniera si distingue da quella dell’uno e dell’altro. […] Io discordo da questo erudito spagnuolo. […] Crebillon battè un sentiero ben differente da quello del Voltaire, il quale meglio si diffini da se stesso. […] Venne da una novella spagnuola la sua Zulime, i cui due ultimi atti deludono le speranze che sorgono da i precedenti. […] E da qual classe di Napoletani il tolse?
Quanto alla donna, pare ch’ella non fosse di troppo riserbo, se personaggi di rango e teste coronate profusero a favore di lei l’immensità de’ loro tesori, scialacquati poi da Silvio che sapeva estorcerglieli colle carezze più d’amante che di compagno. […] Perchè in sinciero efetto dona se per virtù, grazia e beltà da tegnir tuti i cori incatenà. […] E dir po al fin se puol da mi, e da gente che non porta in gropa che la Fenice se de tutta Europa. Questa donna, grande nell’arte, a segno da incantar gli spettatori, che aveva la dentiera posticcia, che aveva scorsa l’ Europa, conquistatrice di mille cuori, e che fu protetta da teste coronate, non potrebb’ essere quella Cecilia Rutti, la Romana, che recitava, separata dal marito, le prime amorose nel ’33, col nome teatrale di Diana, artista deliziosissima, nonostante i cinquant’anni che gli ornamenti e il belletto non potevan nascondere, recatasi a Vienna coi Sacco, e divenuta l’amante dell’ Imperator Giuseppe I, che morì nel 1711 ?
Dovè recarsi a Parigi verso il 1644, perchè il 9 gennaio dell’anno seguente fe'battezzare nella chiesa di Saint Germain-l’Auxerrois, un figlio per nome Carlo Francesco, ch'egli ebbe dalla moglie Luisa Gabrielli (comica anch'essa, sotto nome di Lucilla, che recitò molto applaudita nella Finta pazza di Giulio Strozzi), tenutogli a battesimo da Francesco di Bassompierre, maresciallo di Francia, e da Anna Dufay per conto dell’alta e potente principessa Carlotta-Mar- gherita di Montmorency, principessa di Condè. […] Ma del '51 e '52 lo vediamo in Italia, come appare dalla supplica del 10 agosto 1651 da Verona, di cui s’è parlato al nome di Fiala Giuseppe Antonio ; e da queste lettere che riferisco inedite dall’Archivio di Modena, in cui troviamo anche notizia della moglie Gabbrielli : Ser. […] S. è addirato contro di lui, e piu d’ogn’altro un Nobile venetiano, che si trouaua in modena che haueua seguito lucilla moglie di Triuellino nella quale è fieramente inamorato, parti la mattina subito da modena questo Nobile cum mali pensieri uerso Ottauio, Che è quanto e sucesso sin’hora e ui sia di nouo, e faccio hum.ª et oseq. […] S. e in conformità de suoi da me ambiti comandi ho recapitato subito la sua al S.
Nato a Zara il 17 aprile 1815 da Costantino Papadopolo, marinaro, poi caffettiere, e da Giovanna Foscari, si diede al teatro dopo due anni di ginnasio, e due d’impiegato all’ Uffizio di Sanità della Dogana, esordendo il '32 in Compagnia Bon Martini, prima come segretario, poi come attore nel Naufragio felice dello stesso Bon Martini, pel quale s’ebbe dal capocomico non pochi incoraggiamenti. […] Sulla fine di ottobre entrò in Compagnia Cavicchi e Bertotti diretta da Domenico Verzura, padre nobile, dal quale il Papadopoli si ebbe la sua prima e salda educazione artistica. […] Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole di Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni di tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e di una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua. […] , 164), come contrapposto alle tante accuse : « In questo lasso di tempo furono aggregati alla mia Compagnia la signora Santoni, la signora Baracani e Papadopoli, da tutti proclamato irrequieto, stravagante di carattere, sregolato negli interessi, e da me rinvenuto buono, compiacente, e persino economo e parco nel cibo, che è tutto dire…. »
Da Giovanni Zanon, veneziano, e da Giovanna Bava, bresciana e comica, figlia di Paolo, genovese, nacque la nostra Laura…. […] Papà mio, Giovanni Zanon, era di famiglia benestante, e pei moti politici (mi pare del '21) fuggi da Venezia, e si rifugiò in una compagnia drammatica – Refugium peccatorum – (che latesin !). […] Venne il Gallina e le parti m’aiutarono a vincere l’antipatia del dialetto ereditata da mio padre…. […] Le frasi degl’interlocutori sono accompagnate sempre da una sua occhiata, da un suo sogghigno, da una sua interiezione, da un suo atto qualsiasi di protesta, di assenso, di dubbio ; e quei rapidi cenni si sovrappongono a tutte le parole di quegl’interlocutori. […] … » No, cara artista ; il pubblico reclama ancora più di un godimento da Lei !
in ver non sei da te diverso. […] me l’empio Ciclope Divorerà di poi, o in mezzo a l’onde Mi scaglierà da la più eccelsa balza. […] Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”. […] E perchè egli parlando della rappresentazione che fecesi in Roma della Calandra del cardinal da Bibiena (assai più licenziosa della Mandragola) dice quasi scusandola, che “i papi, i cardinali e i prelati non si facevano scrupolo d’assistere a quelle licenziosità di gusto antico, perchè consecrate quasi da’ Greci e da’ Latini”? […] E lasciando da banda l’oscenità comune ad entrambe, pensa egli mai che il merito della Calandra sorpassasse quello della Mandragola?
Sotto tale aspetto questa pubblicazione non ha nulla da invidiare alle più belle stampe estere. […] Il materiale da adoprare era perciò già copioso, e a questo ha recato nuovo accrescimento il signor Rasi con proprie ricerche, specialmente d’archivio. Come egli se ne sia giovato, si vede già da queste prime 172 pagine dell’opera, dove si trovano, fra altre minori, le biografie di quattro comici antichi di gran fama : Francesco e Giambattista, Isabella e Virginia Andreini. […] Ora, da quanto già si può giudicare, questa pubblicazione è il compendio di ogni esigenza, sotto ogni rispetto. […] Poichè l’opera Sua, come si può già conchiudere dalle dispense pubblicate, è magnifica, è una vera miniera di materiale interessante e degno di fede, come può produrre soltanto la ricerca infaticabile conscia dello scopo e (come traspare da ogni linea), entusiastica.
Pier Maria Cecchini aveva proposto con lettera del 1612 da Venezia al Duca di Mantova di mandarlo a Parigi, ove poi non andò, pei raggiri di Tristano Martinelli che vi andò in sua vece il 1613. Vediam più tardi il Romagnesi, il 1616, nella Compagnia de' Confidenti, diretta dallo Scala e protetta da Giovanni De Medici, nella quale ebbe a Genova un alterco con Battista Austoni, l’amministratore della Compagnia. […] M. si ritrovò il giorno | 18 di gennajo 1634 | richiamando il Duca d’ Orléans | Suo fratello | tradotta dal francese | da Marcantonio Romagnesi. — Venetia, 1634.
Ne fu tolta ancor giovinetta, e in una permanenza di sei mesi a Firenze recitò per la prima volta nella Società Antologica, diretta da Giacomo Frascani ; quella recita segnò il primo suo passo nell’arte, poichè da allora continuò sempre a recitare co’Suoi, allargando a poco a poco il suo ruolo, e con esso procacciando a sè incoraggiamenti e lodi. […] Dell’Allori dunque, che pel suo ufficio non poteva esser da vero attore mediocre, nulla. […] r Conte Marcho Negri ottenuto da quelli Ecc. […] r Capitan Beretta sarà da me impiegato in quello conoscerò profitevole per il bon servitio di S. […] Le piazze destinate da S.
L’Edipo, la più pregiata tragedia di Sofocle, fu tradotto prima da Andrea Anguillara indi da Orfatto Giustiniano. […] Il Fontanini stimò inedita la tragedia del Leonico, ma ne fu ripreso da Apostolo Zeno. […] Questo fanciullo è allattato da una lupa, raccolto da un pastore e portato alla corte del re di Arabia, e per varie vicende egli stesso giunge ad impossessarsi di quel regno. […] Certo Nino della disgrazia da lui maggiormente temuta diviene un Oreste agitato da trasporti furiosi. […] Vedi la lettera 145 scritta da Nanci a’ 25 di maggio del 1591.
Vero è che in Plinio si vede che altri l’attribuisce a’ Greci, che da Corinto vennero in Italia con Demarato padre di Tarquinio Prisco. […] Anzi sostenne esservene state alcune da mettersi degnamente in confronto delle migliori de’ Greci. […] Laonde siamo noi inclinati a prestar tutta la fede a que’ Latini che ebbero sotto gli occhi le tragedie romane da essi esaltate, e che sapevano quel che si dicessero, ed assai poco crederemo al sig. […] Fu poscia reimpressa da Cummelino colle note del primo autore, del Rittersusio e del Grutero. […] Sappiamo poi che i Druidi furono proscritti da Tiberio e da Claudio; e m.
A queste delicate espressioni sugerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti. […] Pregevole nell’atto III è la scena in cui Telaira sorella di Filebo vuol renderlo avveduto della inverisimiglianza del racconto fattoli da Nerino. […] Tra esse può registrarsi la Finta Fiammetta uscita nel 1610 composta da Francesco Contarini che un’altra ne avea prodotta nel 1595. […] Questi equivaler possono ai cori Aristofaneschi, ed erano formati da uccellatori, mietitori. e pescatori. […] Viene questa favola mentovata dal Fontanini, ed esaltata da Gian Vincenzo Gravina nel libro secondo della Ragion Poetica.
Danae ode da lui la serie de’ futuri suoi casi misti di gloria e di disgrazie vicine e lontane. […] L’Edipo, la più bella tragedia di Sofocle, fu tradotto prima da Andrea Anguillara indi da Orsatto Giustiniano. […] Siamo oramai avvezzi a una maniera di sceneggiare diversa da quella del Torrismondo. […] Certo Nino della disgrazia da lui maggiormente tenuta diviene un Oreste agitato da trasporti furiosi. […] Vedi la lett. 145 scritta da Nancì a’ 25 di maggio del 1591.
Tutto ciò che non è Catone in essa è mediocre; e la sua mediocrità deriva da due sorgenti, cioè da una languida e inutile congiura di due furbi che si esprimono e pensano bassamente, e da un tessuto d’insipidi e freddi amori subalterni di sei personaggi de’ dieci che sono nella favola. […] No, dice Porzio, egli si è opposto a’ Numidi ed è caduto da forte. […] È ravvisata da Hidallàn seguace di Fingal, il cui amore ella avea disprezzato. […] Il dialogo non è trasportato parola per parola, ma imitato con libertà moderata e abbellito da qualche immagine. […] È un componimento di tre atti in prosa con sessantanove ariette da cantarsi.
Il mondo ideale che si contempla nelle proprie case e ne’ collegj, è lo stesso che ci si presenta quando da questi usciamo? […] E perchè egli potesse produrre un pieno effetto generale, dovrebbe esser publico, per insegnare a tutti, come da una scuola commune, sotto l’occhio del governo. […] Contento di aver quì accennato succintamente l’eccellenza e l’utilità della poesia rappresentativa, stimo inutile per chi ha da leggere l’opera il prevenirlo delle moltissime cose che la rendono del tutto nuova. […] Servano di esempio questi pechi tratti dal l’Entusiasmo: poco a poco da peu à peu in vece del l’italiano a poco a poco; formicolare da fourmiller; sentimento da sentiment; intravedere da entrevoir. […] E’ vero che la parola tromba fra noi significa tromba da sonare e da far salir l’acqua; ma il verbo trombare altro non ha espresso fra’ Toscani, che propriamente sonar la tromba e figuratamente pubblicare e dire a voce alta.
L’unica vera bellezza dell’orazione di Shakespear è appunto quella che è sfuggita alla diligenza del Sherlock che da venti anni la stà studiando. […] Hanno detto che i suoi Romani non erano vestiti del proprio costume; e che ai re da lui introdotti mancavano le dignità richieste nella loro classe. […] Mi vieta il mio argomento l’andar ricercando dietro ad ogni particolarità della scrittura di costui, nella quale trovansi sparse senza citarsi moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da questo e da quello suggerite in Italia le quali ha egli registrate senza esame e senza ben ricucirle col rimanente del suo libretto. […] Non si vuole però omettere di notare che sin da allora sulle scene di quell’ isole cominciò ad allignare un gusto più attivo e più energico che altrove. […] Ciò (dice Pietro Baile) viene riferito da Balsac sul testimonio di Camden in una lettera de’ 25 di giugno 1634 scritta al conte di Execester.
Belisario Luigi, comico rinomatissimo, nacque da famiglia di civil condizione in Napoli verso il 1800. Fu scritturato il’ 19 da Salvator Fabbrichesi come brillante assoluto, dopo pochi anni di esercizio tra’ dilettanti napoletani. […] Toltosi poi dopo vari anni da quell’accolta di valorosi artisti, volle egli stesso farsi capocomico, all’intento di percorrere il Regno di Napoli e la Sicilia. […] E più oltre, al Capitolo VIII, anno 1840 : con grave dolore perdemmo il bravo artista Luigi Belisario, il quale non volle rimanere con noi, dappoichè avendo per figlia una graziosa giovanetta che aveva grande disposizione per l’arte drammatica, preferì di fare una Compagnia drammatica da lui diretta e portarsi in Sicilia, dove la figlia esordi come prima attrice e fu molto applaudita, ed avrebbe fatta una bella carriera, se dopo pochi anni non si fosse ritirata dal teatro, facendo un vantaggioso matrimonio.
Passò da questi con Romualdo Mascherpa e collo stesso ruolo ancora per un triennio, dopo il quale abbandonò il teatro per andare a sposarsi con un signore di Padova, ove morì nel 1860. Fra le opere, in cui la Gherardi si palesò artista delle più pregiate, son da notarsi gl’Innamorati, le Zelinde e la Pamela di Goldoni, la Sposa senza saperlo di Genuino, la Malvina di Scribe, l’Oreste (Elettra) di Alfieri, la Zaira di Voltaire, e i Due Sergenti di Roti. Ghirlanda Giovanni, nato a Verona il 1790, fu attore di molto grido, specialmente per la forza con cui gridava tragedie e drammi da arena. […] Fece parte della Reale di Napoli, e dopo una società con Gaetano Nardelli, fe’ compagnia da solo.
La vediam difatti il '36 prima attrice giovine sotto la Marchionni nella Compagnia Reale di Torino col marito amoroso, fino al’39, sostituita da Adelaide Ristori. […] Staccatisi questi dopo alcuni anni, scritturati da Bellotti-Bon, i coniugi Robotti formaron nuova compagnia ('59), che intitolaron Nazionale subalpina, e di cui eran parte la magnifica Ferroni, Enrico Capelli e Salvator Rosa. […] L'aprile del '62 il marito Luigi scriveva da Ferrara all’amico Francesco Righetti : « Antonietta è sempre stata in condizione da non poterle parlare d’affari ; oggi che grazie a Dio, dopo 107 giorni d’infermità va meglio,… » e nel '64, ella moriva in Bologna.
Nato a Torino da famiglia agiata, passò dal collegio di San Francesco di Paola, ove compiè il corso ginnasiale, al ministero delle finanze, qual volontario. […] Accolto primo attor giovane da L. […] In brevissimo tempo il giovane e già forte artista passò dal repertorio regolare di compagnia, alle parti del grande repertorio, allettato, nel costante favore del pubblico, da speciali interpretazioni di Amleto e di Otello. […] Forse alle sue interpretazioni mancava .quello studio paziente, analitico, profondo che accoppiato alle naturali attitudini, innalza l’artista alle sfere più alte ; forse allo addentrarsi in esse profondità mancava in lui l’acume indispensabile ; forse…. ma lasciamo a tale proposito discorrer Tommaso Salvini, che il valoroso giovane seguì amorosamente a traverso le varie fasi : Andrea Maggi è uno dei più prestanti attori che abbiano calcate le scene nostre da mezzo secolo in qua. […] Sembrerebbe ei pensasse che l’arte non abbisogna di studio e che, apprese le parole, il resto venisse da sè.
Francesco Riccoboni, che il Grimm assicura essere stato attore freddo e pretenzioso, compose un trattato : L'Art du théatre (Paris, MDCCL), pubblicato poi in italiano a Venezia da Bartolommeo Occhi nel MDCCLXII, e molte commedie sia da solo, sia in collaborazione con Dominique e Romagnesi. […] Una delle opere da citarsi del Riccoboni è la parodia della Semiramide di Voltaire, della quale Crebillon diede un giudizio assai favorevole, sebbene il Collé, accanito contro gli italiani, lo ritenesse sospetto di parzialità. […] Il teatro francese ci guadagnerebbe qualche lavoro di Marivaux, ben recitato dai nostri artisti, e massacrato oggi da codesti buffoni d’ italiani. La freddezza del nostro artista accennata dal Grimm, pare non fosse che su la scena ; poichè il Campardon riferisce una querela di Giacomo Lavaux, macchinista della Comedia italiana, per esser stato insultato e aver ricevuto da lui un calcio nel ventre e uno schiaffo.
Fu amato e stimato da tutti, e da tutti compianto, allorchè, colpito sul principio del ’63 da male improvviso, lasciò la vita a soli 42 anni.
Di lui, attore in Compagnia Vestri e Venier, scrisse il Giornaletto ragionato dei teatri del 1821 : Partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stentarello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato. […] Era il 1824 in Compagnia Fabbrichesi, e nelle Varietà teatrali fu scritto ch’egli era decorato da più e più anni del pubblico aggradimento.
Sorella dei precedenti, nacque a Venezia nel 1741, e cominciò da bimba a mostrar grandi attitudini alla scena. Fu coi parenti nella Compagnia Sacco, e recatasi poi con essa a Lisbona assieme ai fratelli e ad altri fanciulli, recitò con gran maestria le parti di prima attrice, protetta e remunerata da quei Sovrani sino al dì del famoso terremoto del 1755, in cui fu costretta a tornarsene con la Compagnia in Italia. […] Sposò a ventidue anni Giuseppe Arena, il celebre inventor delle macchine, trasformazioni, voli, ecc., per le favole teatrali scritte da Carlo Gozzi pel capo-comico Sacco, ma, non compiuti i ventiquattr'anni, le si palesò tal grado di anemia che in pochissimo tempo la estinse in Venezia nel 1765, seguìta nel sepolcro a breve distanza dallo sposo accoratissimo.
Croce, Teatri di Napoli, 781) fatto uccidere da Vincenzo Capece, un de' primi proprietarj insieme a Ottavio Sgambato del Teatro de' Fiorentini. […] … Che finalmente si possa identificare in questo Testa l’Aurelio conosciuto fin qui col solo nome di teatro, che il Bartoli dice fiorito verso il 1630, che il Belgrano trova il 1610 a Genova direttore di una accolta di nobili dilettanti, che il Martinelli cita in una sua lettera da Milano del 1620, e di cui il Bertolotti riferisce una lettera del 7 luglio 1621 da Napoli al Duca di Mantova, firmata « Aurelio fedele comico » (V.
Molti pezzi di tal musica si composero dallo stesso Gian Giacomo, ed alcuni da m. […] Ascendono a più di ottanta le di lui favole; ma in alcune fu ajutato da qualche altro. […] Oltreacciò prega una buona donna venuta ad abitare presso di lei a compiacersi di conviver seco, e farle da madre. […] Giungono spesso ad occuparvisi ben cinque autori; di maniera che la lode o il biasimo si divide sovente fra molti, e ciascuno ha poco da insuperbirsi del buon successo e poco da contristarsi del sinistro. […] Havvi un portico nella platea, e tre ordini di logge continuate divisi in palchetti soltanto da balaustri che impediscono il passaggio da un palco all’altro, ma non la veduta.
….. essendo in Venetia gli anni a dietro mi fu da un gentil-homo Napolitano virtuosissimo spirto, donata questa comedia, la quale essendo da me vista, et in qualche parte imbellita, o fiorita, per quanto con la comica prattica sapevo, introducendoli il Capitano Coccodrillo con alcune sue Rodomontate, mi disposi con questa, dico, comparirle davanti. […] Onde riuscendomi il disegno per essere stata da V. […] La commedia dell’Angelica non è certamente delle più brutte ; e si sente subito che è scritta da un comico esperto. […] Quanto alla sua origine e al suo potere, il Capitan Coccodrillo non ha nulla da invidiare a’suoi predecessori e successori. […] A quali Rodomontate allude il Cataldo nella prefazione alla sua commedia Gli amorosi inganni, edita il 1609 a Parigi, là dove dice : T’auiso Candido Lettore, che molti mesi sono, son uenute in luce alcune rodomontate Spagnuole, non solo qui, ma quasi per tutta la Francia vendute poco accortamente da colui (perdonami Sua Signoria) che le diceua e recitaua sopra la scena, le quali hanno forse auuilite quelle che ’l vostro Cataldo vi fa leggere…… ?
Erano il novembre del '93 a Mantova, e il carnevale molto probabilmente a Ferrara, insieme a'Gelosi, come si ha da una lettera di Alessandro Botto al segretario ducale Laderchi, pubblicata dal Solerti (op. cit. […] con modestia et honestà et con esempj boni : ed erano il dicembre dello stesso anno a Cremona, come si rileva da una lettera dell’arlecchino Tristano Martinelli a un famigliare del Duca (D'Ancona, op. cit. […] O forse Desiosi e Confidenti avean comuni gl’interessi, e la Stella passava da una compagnia all’altra ? O forse, e questo è il più probabile, ella, sciolta da ogni vincolo, si andava scritturando a brevi scadenze or con questo or con quello ? […] , posta in luce da Flaminio Scala, Comico acceso (Lione, Giacomo Roussin, MDCI), che non mi fu dato ancor di trovare.
Stacchini Antonio, livornese, nacque il 1824 da Giuseppe, avvocato, e da Maria Costanza De-Ricci. […] Si laureò in farmacia, e continuò gli studj per uscirne dottore, quando nel '42 (egli aveva già mostrato chiare attitudini alla scena, recitando coi filodrammatici nel dramma e nella tragedia), invitato da un tal Pietrucci (forse il caratterista Petrucci (V.) ?) […] Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio. […] Monti, che io stesso gli sentii fare, quand’egli era fuor dell’ arte a Firenze, di cui serbo ancora il ricordo di un insieme ampolloso di esposizione. – Vittorio Cavalieri (Trieste, 1864) e Cesare Calvi (Firenze, 1872) dettarono di lui alcuni cenni biografici ; ma a quelli del Calvi non troppo, secondo il solito annotatore (Brunone Lanata) sarebbe da prestar fede, essendo essi una iperbolica apologia dell’artista e dell’uomo. […] Gli appunti sconnessi, telegrafici dettati a me dallo Sterni, son confermati e bene esposti da Giuseppe Mazzocca (V.
L’uomo da pertutto imitatore da pertutto osserva e contraffà i suoi simili per natural pendio e per proprio giocondo trattenimento. […] La poesia di Aristofane da non paragonarsi punto con chi maneggiò un’ altra specie di commediaa, e degna degli applausi di una libera fiorente democrazia appunto perchè osò intrepidamente d’innoltrarsi nel politico gabinetto, e convertir la scena comica in consiglio di stato, nulla ha di rassomigliante nè alla Nuova de’ Latini nè alla moderna commedia. […] Di buona fede siamo noi sicuri che a’ di di Aristofane sarebbero state accolte con pari effetto da que’ repubblicani baldanzosi e pieni sotanto della loro potenza e libertà finanche le greche favole, la Perintia, l’Andria, non che le straniere posteriori, l’Euclione, l’Eunuco, gli Adelfi, il Misantropo? […] Ciò non lasciamo di ripetere in ogni occorrenza, perchè osservo che cominciando da Plutarco e terminando in Champfort, fu egli comparato e posposto a Menandro, a Plauto, a Terenzio, a Moliere. Di grazia si ebbe presente in siffatte comparazioni la differenza della commedia greca Antica da quella de’ posteri di Aristofane?
Quanto ai componimenti nel nativo idioma, benchè in Olanda altro non sia stata la commedia che una farsa grossolana piena di stranezze e scurrilità indecenti, pur si trova qualche tragedia da mentovarsi. […] I signori Juncker e Lieubault nella dissertazione premessa al Teatro Alemanno uscito in Parigi nel 1772, affermarono parimente che Opitz imitò la sua Giuditta da un’ opera italiana. […] Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori; ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, essi corsero appresso ad uno splendore efimero che gli abbacinò e fè loro perdere le tracce del buon sentiero. […] Ciò che da noi chiamasi tragedia, era un misto mostruoso di gonfiezze insieme e di bassezze buffonesche ignorando i nostri autori le più comunali regole del teatro. […] La regina Sofia Carlotta tratteneva in Berlino l’opera italiana, il cui compositore era il celebre Bononcini; e da quel tempo cominciammo a contare qualche buon musico nazionale.
Quanto ai componimenti nel nativo idioma, benchè in Olanda altro non sia stata la commedia che una farsa grossolana piena di stranezze e scurrilità indecenti, pur si trova qualche tragedia da mentovarsi. […] Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori, ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, corsero appresso a uno splendore efimero che gli abbacinò. […] Ciò che da noi chiamasi tragedia, è un misto mostruoso di gonfiezze insieme e di bassezze buffonesche, ignorando i nostri autori le più comunali regole del teatro. […] La regina Sofia Carlotta tratteneva in Berlino l’opera italiana, il cui compositore era il celebre Bononcini; e da quel tempo cominciammo a contare qualche buon musico nazionale. […] Secondo che scrivesi da’ signori Juncker e Lieubault nella dissertazione premessa al Teatro Alemanno uscito in Parigi nel 1772, Opitz imitò la sua Giuditta da un’ opera italiana.
Sappiamo da un ordine di pagamento del 1689 che lo stipendio degli artisti era di lire quarantacinque mensili per ciascuno. Il 3 settembre dello stesso anno il Coppa scriveva al Duca da Sassuolo, avvertendolo che si sarebbe recato a Modena con la compagnia. […] S., non esigga da essi Piggione alcuna, il che sarà motiuo di pregare assiduamente l’ Altissimo, che doppo più Secoli di felicissima Vita, conceda all’ Altezza Vostra Serenissima una Reggia di Luce nell’ Empireo, e lo sperano. […] Il ritrouarsi in tale stato, e quel ch’ è più senza speme di miglioramento, stante l’improprietà della Stagione, doppo un Viaggio sì dispendioso da Genoua à questa parte, con un debito di Compagnia di gran consideratione per la Condotta, ci costringe a portar auanti l’ A. […] Innamoratosi a Venezia di una nipote di Antonio Sacco, fu accolto il 1772 nella Compagnia da lui condotta, nella quale stette due anni, ma con poca fortuna, sostituendolo talora nella maschera del Truffaldino.
Teatro Carlo Lodovico ; nel qual tempo le fu dedicato da A. […] Giagnoni Domenico, attore brillante de’ più vivaci e garbati, nato a Cecina (Pisa) il 27 giugno 1846, da Bartolomeo e da Pini Aurora, morì a Porta al Borgo, comune di Pistoia, di Émbolo, il 7 agosto 1883, compianto da quanti lo conobbero. […] Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla scena del mondo, potrebbero invidiare il senno e il cuore di questo attore brillante, di questo Commediarolo, come si chiamava modestamente da sè, quando sentiva gli applausi degli amici rapiti dalla sua parola colta e vivace. […] E a dar prova luminosa della vivacità e festività dell’indole sua e del suo ingegno, festività e vivacità che trasmetteva poi da la scena in tutto il pubblico, a lui prodigo sempre delle più affettuose dimostrazioni, riferisco parte della gaja lettera che scrisse da Napoli ad un amico, Antonio Fiacchi, il 20 aprile del….
Nato a Feltre il 27 marzo del 1854 da Giovanni e Rosa Milliacci, non comici, dopo di aver recitato fra i dilettanti, con buona riuscita, fu mandato alla scuola di declamazione di Firenze, d’onde uscì dopo due anni, per entrar poi nell’arte, per modo di dire, in una modesta compagnia, condotta, se ben ricordo, da un cotal Silvano. […] Ecco l’elenco delle produzioni da lui scritte, che traggo da una nota biografica di L. […] Non lo conoscevamo che da pochi mesi e ci pareva un vecchio amico. […] Recitava le parti d’Innamorato, e trovavasi il 1781 a Napoli nella Compagnia de' Lombardi, diretta da Tommaso Grandi, detto il Pettinaro. […] Augusto di Kotzebue nelle sue Osservazioni intorno a un viaggio da Liefland a Roma e Napoli (Colonia, Peter Hammer, 1805), dice del Pinotti, a pagina 63 della seconda parte (Teatro a Napoli) : La drammatica compagnia dei Fiorentini non è, a dir vero, eccellente, ma buona.
Il Neri propenderebbe a crederla figliuola del celebre Dottor Violone, Girolamo Chiesa, ma non saprei perchè, non essendosi mai trovato il suo nome preceduto da quel Della, che fa, pare a me, un diverso casato. […] Verso l’ '89 fu incaricato da Colbert di recarsi in Italia a scritturarvi nuovi attori per colmare i vuoti lasciati nella Compagnia. […] Il Romagnesi fu veramente lodato da chiari ingegni del suo tempo, e ha versi diretti all’Abati e a Salvator Rosa. […] Agostino fu educato alle armi, e sappiamo da un sonetto del padre ch'egli militò ancor giovine contro i turchi in Polonia. […] Aveva sposato, morta sua madre, Maria Anna Richard (da cui ebbe un unico figlio, Giovan Antonio) la quale, rimasta vedova, passò a seconde nozze col signor Duret tireur d’or di Lione, che poi si fece comico.
Mortogli il padre nel’700, e rimaritatasi la madre coll’avvocato Duret, egli ebbe da entrambi tali maltrattamenti, che, sebbene avesse già esordito a quindici anni con buon successo nella compagnia materna, si trovò costretto a prendere il servizio militare, arruolandosi con un tal Capitano, dal quale non ebbe trattamento migliore, nonostante il dono che gli fece d’un piccolo orologio, che era tutto quanto ei possedeva. […] Lo sciagurato giovane si rivolse a un piccolo albergo presso la Posta, e domandò da mangiare e da dormire : ma la pallidezza del volto e la povertà del vestire fecer pretendere alla padrona il pagamento anticipato. […] Ma il successo non essendo stato qual era da sperare, dopo non molte recite, egli fu ancora in Provincia, a Bordeaux, a Bruxelles, a Cambrai, donde restituitosi a Parigi, fu accolto nella Compagnia dei Nuovi Comici italiani. […] « Alto e ben fatto, – dice il Dizionario dei teatri, – egli aveva la voce un po' sorda, e sembrava patir gran pena, allorchè aveva da dire un brano un po' lungo. […] È una traduzione fatta da Romagnesi in versi francesi del Sansone italiano.
Preso poi da un capogirlo aggiunse che Merope era un argomento di tutti i paesi trattato già da Éuripide. […] da qual sottrarmi? […] Anche il Bruto del Voltaire si tradusse bellamente da una dama Lucchese. […] Vigoroso nell’atto I è il discorso tenuto da Sempronio al giovane Ebuzio da iniziarsi ne’ misteri de’ baccanti. […] Orazio è un osso troppo duro da rodere per simile gazzettiere.
Forse io solo tra gli Stranieri ho cercato con diligenza rinnovare di tali poche Tragedie la memoria: e questa cura, che non può al certo nascere da un animo avverso e invidioso delle glorie letterarie della Spagna, non mi ha salvato da’ morsi Lampigliani per quel poco di compassione da me mostrata. […] Gli amatori delle glorie letterarie della Spagna, lasciando da parte le inutili apologie, potrebbero togliere ogni pretesto agli Stranieri col formare delle loro Tragedie de’ due passati secoli una Raccolta. […] Mal fondatamente dunque il Signor Lampillas trasporta la ragione da me addotta per compatire gli Stranieri, alla nazione Italiana. […] E benchè gl’Italiani non potessero vantarsi che di due soli, ma eccellenti, con poco senno da ciò si argomenterebbe che essi non hanno conosciuta l’Epica Poesia. […] E’ da notarsi l’acutezza della vista del Signor Lampillas su gli altrui nei.
Secondo poi il Sand, Tabarino sarebbe stato lo Zanni della Compagnia che si recò in Francia il '70, condotta da Alberto Ganassa ; ma non ci dice, al solito, a qual fonte abbia attinta la notizia. […] E apparteneva a questa famiglia, o era lo stesso del '59, quel Tamborino o Tabarrino ciarlatano savojardo nel giornale manoscritto del Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre del '69 pubblicamente nel largo della Piazza di Castello a Napoli, fatta nel suo banco una scena, vi faceva recitar da dieci persone e a tutte sue spese comedie ; e pel concorso grande che vi era senza pagare, vendeva una conserva di ginepro, che era contravveleno ? […] Da Milano andò a Venezia, da Venezia a Napoli, da Napoli a Roma, a Firenze, a Torino, campando la vita col fare il comico e il saltimbanco. […] L'orgoglio lo tentò ; comperò una terra feudale, vi prese possesso e la fece da signore. […] Il colore di tutto il vestito era bianco, di tela greggia ; come si rileva da una delle tante fantasie tabarinesche, in cui gli si rimprovera di aver voluto rubare la tela per vestirsi all’ala di un mulino a vento del sobborgo di Sant’Antonio.
Fioriva la prima in molte arti di lusso, non che di necessità; ma non ebbe della drammatica se non que’ semi, i quali sogliono produrla da per tutto, cioé travestimenti, ballo, musica, e versi accompagnati da’ gesti. […] Un annuo sacrificio e convito pubblico colle medesime particolarità, e di più accompagnato da strani travestimenti e mascherate ridicolose, troviamo ancora in Cusco: or non vi poteva esso, come in Grecia, far nascere lo spettacolo scenico che pur vi si vede coltivato? […] Tutti portavano maschere orribili, sonavano flauti e tamburi scordati, e faceano gesti e vissacci da forsennati14. Seguiva il sacrificio sontuoso, e poi si mangiava da tutti la carne delle vittime, si bevea con certo ordine e con brindisi scambievoli, e si danzava cantando, e facendo uso ciascuno delle proprie insegne, maschere, ed invenzioni. […] Alcuni di loro sogliono permettersi di rappresentare certe feste teatrali, e spezialmente una tragedia della morte dell’ultimo Inca Atabalipa, accusato dall’indiano Filipetto divenuto cristiano, e condannato con formalità giuridiche da Pizarro.
Francesco Bartoli ha per l’Androux parole di encomio, da quando era col Lapy ; il giornale dei teatri di Venezia del ’96 ha di lui : « col Ruggero nelle Lagrime d’una vedova e col Saggio nella Lauretta di Gonzales, si assicurò sempre più la fama di buon comico. […] » E altrove ancora : « sublime nelle parti da padre, ha saputo mostrar non ordinario valore anche in caratteri disparati…. A questo eccellente comico non si può imputare altro difetto che quello che deriva in lui da natura, quello cioè della pronuncia.
Zanetti, pubblicato da F. […] Luca eran ottimi rappresentatori di commedie ; e specialmente l’Arlecchino, ch’era un uomo piccolo cognominato Catoli da Parma, si distingueva sopra gli altri. Dopo di aver fatto monaca una figlia e addottorato un figlio, si ritirò, dopo il carnevale del 1763, dalle scene, pensando di vivere gli ultimi suoi anni agiatamente e in pace col danaro lasciatogli dal padre, e con quello da lui guadagnato.
) crede di poter rilevare esser questa l’Angelica Alberigi o Alberghini, che nello stesso tempo circa (15 gennaio 1583) scriveva da Bologna al Duca : « Essendo desiderosa la nostra Compagnia far comedie questo carnevale in Mantova, la suplicamo resti servita di far che solo la nostra possa recitare comedie, poichè habbiamo da Filippo musico di S. […] ), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo nell’elenco della Compagnia di Lelio (Luigi Riccoboni) chiamata da Filippo d’Orléans nel 1716, nella quale le parti di Angelica furon sostenute dalla Foulquier, soprannominata Catinon. […] Passò poi l’Alberghini ne’Comici Confidenti : chè sotto ’l nome appunto di Angelica Alberghina, Comica Confidente fu commendata da Jeronimo Cassone fra le sue rime impresse nella Raccolta di Genova del 1591.
Di comicità irresistibile, e d’ingegno come abbiam detto vivacissimo, seppe trar grande partito da ogni situazione la più semplice ; una piccola scena recitata da lei, assumeva proporzioni gigantesche ! […] Fu pianta sinceramente da molti amici, dalla stampa e da ogni specie di pubblico che si vide rapir d’improvviso una delle sue più dilette artiste.
Considera dunque qual nome può ricevere l’arte da loro. […] Sappiamo da lui cosa fossero le doppie e le liquide, le aspre e le tenui, le mute e le medie. […] Gran problema accennato da molti, ma da niuno (ch’io sappia) sciolto finora. […] Noi non possiamo abbastanza comprendere cosa fossero i loro generi diatonico, cromatico, edenarmonico, parole che la moderna musica prende in significazione affatto diversa da quella che da essi ci vien tramandata. […] Ma qual è il numero di tempi che ponno esprimere le misure musicali accettate da noi?
Tutto ciò che non è Catone è in essa mediocre; e la sua mediocrità deriva da due sorgenti, cioè da una languida inutile congiura di due furbi che si esprimono e pensano bassamente, e da un tessuto d’insipidi e freddi amori subalterni di sei personaggi de’ dieci che entrano nella favola. […] È ravvisata da Hidallan seguace di Fingal, il cui amore avea ella disprezzato. […] Lillo era un uomo dolce, onesto, di costumi semplici, amato e stimato da quanti il conoscevano. […] Curiosa è la dipintura di coloro che aspirano ad entrare nel parlamento fatta da Constant nella propria persona. […] È un componimento di tre atti in prosa con sessantanove ariette da cantarsi.
Ma caro Signor Apologista, poteva io farmi mallevadore dell’analisi compiuta fatta da un Nazionale di quattro Tragedie da me non lette? […] Ma quale squarcio avete Voi estratto da quelle del Cueva per farvi dire altrettanto? […] Questo veramente è troppo pretendere da chi riferisce l’altrui Critica, da chi ha confessato di non aver potuto leggere le Tragedie del Cueva. […] Qual prò da giunte inutili non provate e improbabili? […] Come si scagionerà questa favola di certe apostrofi non brevi fatte da Isabella al fiume Ebro nella 2. scena dell’Atto I., e da Adulze alle piante nella 3. dell’Atto II.?
Si disse che nella Duse era da notarsi una particolare attitudine alla rappresentazione di quei lavori in cui dominasse il temperamento isterico…. […] Gli artisti nostri che recitano con verità si somigliano : la Duse è vera, ma fa razza da sè. […] Salvatelo e schivatelo da qualunque scossa violenta che potrebbe rallentarvi l’andare. […] Sono al lavoro da un mese e mezzo – e vi assicuro che il beato ozio – e benefico – di Bocca d’Arno – l’ho ben scontato. […] Qua tu la vedi fiorente di giovinezza e di salute, là, emaciata dal dolore, appare una donna di cinquant’anni, qui addirittura una monella da scapaccioni !!!!!
Egli era discendente dei duchi di Celsa piccola e del Marchese Forcella, ed esistono ancora presso il figlio Antonio, capocomico da venticinque anni, lettere colla data del 1849 del Vescovo di Caltagirone, Monsignor Benedetto Dente, con l’indirizzo : A S. […] Sposò Elisabetta Quintavalle figlia di comici, da cui ebbe molti figli ; l’Antonio, già detto, Michele che, sebben giovanissimo, lasciò nel ’60 la casa paterna per correre nelle schiere di Garibaldi, Pietro impiegato, molte figlie, spose tutte a comici, e Nunzio attore brillante di pregi non comuni. Pasquale Almirante, noto per la sue ottime qualità d’onest’uomo, morì compianto da tutti a Sant’Angelo di Sicilia nel 1863.
Al Gallo vi era Emilio Balduino, da Parma, comico, con spada. […] Apparteneva alla Compagnia degli Uniti, non so in che qualità, come si rileva da una Supplica al Senato di Genova, pubblicata da A.
Nato a Pirano il 1830 da poveri genitori, esordì nel settembre del ’45 a Palmanova in Compagnia di Gustavo Modena, dalla quale poi, scioltasi alla fine di quell’anno comico, si formò quella Lombarda, in cui il Kodermann entrò a una lira austriaca al giorno, e in cui stette fino al ’56. […] Nelle parti ov’era più da dire che da fare, avea ben pochi rivali.
È questi senza dubbio quel Battista da Rimino (V), Zanne dei Confidenti, citato dal Rossi nel discorso a' lettori che precede la Fiammella. […] Battista Vanino da Rimino, qual fa la persona del Zanni, qual’è principalissima et necessaria nella comedia…. » Essa ci avverte essere stati i Confidenti (V. Scala), in quell’anno 1574, a Cremona, a Pavia, a Milano ; nella qual magnifica città, supplica il Vannini sia transferito il suo processo ; generato dall’avere egli ajutato un ragazzo di XII anni a discendere da un solajo ov'erasi rifugiato alla vista degli sbirri, andati « al luoco di la comedia, per prendere alchuni sospecti d’esser latri, etc. » La supplica ha in calce : « Il Podestà di Cremona faccia giustizia. » Firmato Neyra.
Tale é la Celestina, uscita ne’ principi di questo secolo, incominciata da Rodrigo de Cota e terminata da Fernando de Roxas, che nell’impressione di Siviglia del 1539 porta il titolo di tragicommedia. […] L’istessa commedia fu meglio trasportata in castigliano da Fernan Perez de Oliva nel 1555. […] Gli argomenti sono di quelli che debbono bandirli da ogni teatro colto. […] Ma lasciate da banda le visioni del Nasarre, riconosciamo i primi avanzamenti del teatro spagnuolo nelle fatiche del mentovato Cervantes. […] Ma senza contrasto fu prevenuto da Lope che molti ancora ne compose, per quel che attesta Montalbàn nel di lui elogio intitolato Fama Postuma.
E perchè egli potesse produrre un pieno effetto generale, dovrebbe esser pubblico, per insegnare a tutti come da una scuola comune sotto l’occhio del governo. […] Chi la bramasse ancor più distesa, potrà attendere gl’ immensi volumi di storia teatrale preparati da una intera compagnia di letterati Francesi. […] (*) V. la di lui prefazione alla ristampa di tutte le sue opere, dove nel tempo stesso si abbassa a riprendere sette o otto voci da me usate nella Storia de’ teatri del 1777. […] (*) Servano di esempio questi pochi tratti dall’Entusiasmo: poco a poco da peu à peu invece dell’Italiano a poco a poco; formicolare da fourmiller per la nostra parola, benchè bassa, formicare; sentimento da sentiment; intravedere da entrevoir ecc. […] E’ vero che la parola tromba fra noi significa tromba da sonare e da far salir l’acqua; ma il verbo trombare altro non ha espresso fra’ Toscani che propriamente sonar la tromba e figuratamente pubblicare o dire a voce alta.
Ma ceda il Tebro al minor Ren gli onori : da Lavinia più bella or vuole il Fato, che incatenati sian d’un Mondo i cori. […] Anche fu lodata dal conte Claudio Canossa veronese, da Francesco Pina e da altri. […] , p. 58) dice di aver conosciuto nella sua gioventù una vecchia comica, detta in teatro Lavinia, amica dell’Agata Calderoni, che possedeva scenarj firmati da S. […] V’ è poi un terzo ordine che porta la data dell’ 11 marzo 1690, col quale il Zerbini doveva pagare alla Lavinia et a Lelio licenziati le loro prouisioni da gli otto di febbraio scorso a tutto marzo corrente in ragione di L. 45 il mese per ciascuno.
Nato a Napoli in Via Santa Brigida il 13 marzo 1854 da Domenico Scarpetta, ufficiale di prima classe agli affari ecclesiastici al ministero, e da Giulia Rendina, è il principe degli attori napoletani viventi, sotto il nome di Don Felice Sciosciamocca di cui ha creato il tipo, erede dell’alta fama di Antonio Petito, a niuno secondo degli artisti sì dialettali, sì italiani per la fecondità dell’ingegno, per l’abbondanza e spontaneità della vis comica. Fanciullo, non ebbe alcun amore agli studj, ma n’ebbe uno grandissimo al teatro, ch'egli si fabbricava da sè, e in cui faceva agire i pupi con commedie da lui stesso improvvisate. […] A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso !
mo Hauendo Pietro Paulo comico vna lite in Reggio, per la cui spedizione egli preme, come importante molto a suoi interessi, ha hauto ricorso da me, acciò che lo raccomandi a V. […] Nacque a Firenze il 24 marzo 1830 da Vincenzo Petrotti (e non Pietrotti come fu chiamato in arte il figlio Santi) e da Rosa Gentilini. […] Diceva il verso con molta efficacia non mai discompagnata da una grande sobrietà.
Attrice magnifica di bellezza, fiorì la prima metà del secolo xvii col nome di Rosalba, e abbiamo su di lei il seguente aneddoto, che riferisco intero dal Paglicci (Il Teatro a Milano nel secolo xvii ) : Nella primavera del 1636, un certo Niccolò Ala, sergente maggiore della milizia di Cremona, e che era perciò incaricato di custodire l’ordine morale e difendere la città da ogni inconveniente, fu preso in siffatto modo dall’ amore di lei, che in un eccesso di gelosia le sparò contro una terzetta da ruota. […] Appena infatti fu questi lungi dalla città, Lucilla, partitasi dalle Maddalene, si uni a far vita comune col Niccolò, ma non mantenendosi del tutto fedele neppure a costui, provocò la scena di gelosia della quale abbiam fatto parola, e che fini con un colpo d’arme da fuoco, senza però grave suo danno. […] Il Paglicci propenderebbe a credere che la Lucilla costante di Silvio Fiorillo, rappresentata a Milano il 1632 dai Comici Accesi, fosse scritta per la Trenta, e da lei rappresentata.
A queste delicate espressioni suggerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti. […] Vaga nell’atto I è la descrizione fatta dall’innamorato Filebo delle bellezze di Gelopea, e dei di lei graziosi trastulli col merlo imitati da quelli vaghissimi col passero di Catullo. […] Pregevole nell’atto III è la scena in cui Telaira sorella di Filebo vuol renderlo avveduto della inverisimiglianza del racconto fattogli da Nerino. […] Tra esse può registrarsi la Finta Fiammetta uscita nel 1610 composta da Francesco Contarini che un’ altra ne avea prodotta nel 1595. […] La prima intitolata Fontana vitale e mortale è di Don Andrea Gonzaga, da cui nacque Don Vincenzo conte di S.
Vuol poi sapere da Amelia l’estreme parole del suo diletto. […] Nel leggerla preso non fui da quel tragico terrore che vuolsi eccitare nella tragedia, ma si bene da orrore, da raccapriccio, da rincrescimento. […] Non anderemmo mai avanti a voler cercare gravità tragica in queste prime scene, tutto essendovi imbrattato da maniere liriche da pastorale. […] , e si aggiunga da capo ciò che segue. […] si aggiunga da capo.
“E perchè (ripiglia l’Apologista) non poteva il Metastasio ricavar questi tratti da Calderòn”? […] In questi non trovansi quei tratti patetici da voi accennati? […] Ecco gli ostacoli, che, ad onta de’ tratti patetici che io ammiro nel vostro Poeta, avrebbero impedito il nostro dal trarre mele da questi favi. […] Resta tuttavia un altro mal passo da travalicare, quello di Pier Jacopo Martelli citato dall’Apologista (p. […] Abate, che Metastasio impari da esse a ravviluppare, inviluppandosi nelle vostre spine?
Per fare da madre e da nonna v’ era la famosissima e celebratissima Ircana(cosi fu chiamata la Bresciani dopo l’interpretazione della Sposa Persiana), che fece tanto romore ne’ tempi andati. […] Da mi, da tutti nu s’ha procurà El mestier con modestia esercitar, E pur zente ghe xe (ne so dir come) Che i Attori strapazza, e stampa el nome. […] La corruzion d’un Popolo, ne par, Perchè un Cristian se scuota, ha da bastar. […] Quei versi Granelleschi ve assai ben, El Pubblico li ha cari, e el l’ha accettai, Ne a metterli lu basta in derision, El Pubblico trattando da cordon. […] Alle recite del carnevale 1760 preluse il Goldoni con altro Prologo recitato da madama Bresciani e riprodotto dal Malamani ne’ suoi Appunti Goldoniani (Venezia, tip. dell’Ancora, 1887).
Per tal motivo il Caraccio col cardinal Delfino e con pochi altri sobrii scrittori, si considerarono da un Gravina, da un Crescimbeni e da altri gran letterati, come i primi ristoratori del buon gusto in Italia. […] Ora il leggitor saggio sa ben distinguere un ornamento, che può essere straniero forse alla poesia scenica, da un concettuzzo falso e proprio della corruzione del secolo XVII. […] Dalla prima alla seconda giornata passano sedici anni, e l’azione consiste nell’esser Nino avvelenato, nel chiudersi tralle Vestali per ordine di Semiramide is figliuolo Ninia avuto da Nino, e nel coronarsi re Semiramide che per la somiglianza è creduta Ninia suo figliuolo. […] L’autore volle in Marcella rappresentare l’Isabella dell’Ariosto amata da Zerbino. […] Al Capo I pag. 130, lin. 8, da apporsi in nota alle parole, ed avea stile e nota sublime (1).
Dimenticate le leggi scritte, il diritto romano, i capitolari, sorsero da per tutto le costumanze. […] Per un flusso e riflusso costante avverato da’ fatti, corrono le nazioni, dalla barbarie alla coltura e poi da questa a quella, quando l’una e l’altra arriva al grado estremo. […] In tal guisa il governo feodale fu da per tutto ferito mortalmente. […] Ed ecco come in tal periodo da per tutto si videro i talenti posti in movimento, e sbucarono i versificatori volgari provenzali, piccardi, siciliani, e toscani. […] Anche il Bumaldi pretese, che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie.
ta Comp.ª, sopra della scena, che si auerebbe da esser fratelli, sono come nemici chi da un ochiata torta, chi ride dietro al altro, e tra l’altre ogn’un dice, scriverò al Sig. […] E pubblicò con nuove sue aggiunte a Vienna il 1699 da Gio. […] Dopo il qual tempo ritornò in Italia, e precisamente a Mantova, come abbiamo da una lettera dell’Elettore al Duca ; a cui raccomanda nel lor ritorno la coppia D’Orsi, e da una nota che ci fa sapere come « i loro abiti da commedianti furono spediti a Mantova in 29 casse. […] Li raccomando le botte e Tinazzi, acciò non patiscano, e non uadino da male, e già che la S. […] Sempre seguendo il Trautmann, vediam che il Calderoni più tardi fu chiamato anche una volata da Massimiliano Emanuele alla sua splendida Corte di Bruxelles.
Morto il Biancolelli, Angelo Costantini fu chiamato a sostituirlo ; e la sera del 1° settembre 1688, che fu la prima recita dopo la chiusura del teatro in segno di lutto pel perduto artista, egli in una scena preparata all’uopo ricevè da Colombina la maschera e l’abito di Arlecchino, non mutando però mai il suo nome di Mezzettino. […] Per tal circostanza, Luigi Riccoboni detto Lelio, il direttore della Compagnia, compose un prologo in azione, nel quale avevan parte Momo, Arlecchino e Mezzettino in costume da vecchio, Veramente in quel presque sexagénaire esiste una compatibile alterazione di cifra. […] Fu questa l’ultima commedia in cui egli ebbe parte : e l’enorme successo annunciato dal Mercure de France non parve confermato da chi assistette a quelle rappresentazioni, dicendolo anzi, a cagione specialmente della tarda età, successo assai mediocre. […] Nacquer da tal matrimonio due figli : una femina, morta monaca a Chaumont, e un maschio, Gabriele Costantini, artista di molto valore per le parti di Arlecchino. […] Nè di questa vanità ci sarebbe troppo da stupirsi, poichè con tutte le notizie raccolte sul conto del Costantini, non è difficile immaginare un siffatto tipo di ambizioso, che sapeva accoppiare un forte talento a una palese ciarlataneria.
Nè solo del recitare si occupò, che la musica e il ballo conobbe a segno da poter cantare e danzare in commedia con garbo, quando il bisogno lo richiedeva. […] Il Colomberti (le notizie gli furon date da vecchi attori, alcuni de' quali compagni d’arte dello Zanarini, come Nicola Vedova, Federico Lombardi e Lorenzo Pani) ci fa sapere la tragica fine di Don Pietro, prete intransigente, e della povera madre. […] Levato poi di buon mattino, lo fe' tosto atterrare da contadini al par di lui intolleranti, e lieto dell’opera sua se n’andò nella vicina chiesetta a celebrar la messa. […] Il tuo dolore da qual sorgente mai, dimmi, sen viene ? […] È un mar di bene, è una gioja, un piacere, un dolce ardore, prodotto non da frali aure terrene, ma dall’Eterno Iddio, dal mio Signore.
Si sposò ad un parrucchiere della città, Brangis, che da lei stimolato, abbandonò il suo negozio per darsi al teatro, in cui riuscì mediocremente, e per formare poi una Compagnia discreta, in cui potesse la moglie mostrare tutte le sue attitudini a quell’arte alla quale fu chiamata fin da giovinetta. […] Non essendole riuscito di porre un freno alle sregolatezze del marito, si separò da lui legalmente, scritturandosi prima con Lorenzo Pani, poi con Luigi Favre.
Nato in Ancona da un egregio caratterista e capocomico di second’ordine, fu ottimo generico primario. […] Costretto dal suo ruolo generico a rappresentare dei vecchi, aveva presa l’abitudine d’ingrossare la voce, per modo che non poteva più piegarsi alle parti da giovine : il che non impedì ch’egli fosse e meritamente applaudito. […] Quando colla Compagnia Coltellini fu al Teatro dell’ Aquila in Tolentino, s’ebbe nella sua beneficiata applausi e onori di epigrafi varie, tra cui la seguente : Antonio Feoli – Anconitano – Attore celebratissimo – pe’suoi modi cortesi caro ad ognuno – venne per la quarta volta – a dilettare i Tolentinati coll’arte sua – e da essi ottenne – onori e plausi – se non adeguati al suo merito – sinceri almeno – siccome quelli – che nascono dal cuore.
Nacque a Roma da quel Dottor Fisico Urbano, e da Maria Sensini, il 1780. […] Si condusse, per affari di commercio, in Pesaro, e colà addestrossi in filodrammatiche società assieme ai Conti Perticari, dei quali diventò l’amico ; e, sentito colà dalla Pellandi e dal Belli-Blanes, fu scritturato da essi pel 1813 come brillante assoluto.
Stanchi i bavaresi della Compagnia tedesca capitanata dal Treu, e desiderosa forse la stessa Adelaide di Savoia, riandando la sua giovinezza e i godimenti provati alla rappresentazione del Cid di Corneille, di riviver quell’ore di esaltazione dello spirito, risolse di chiamare a sè una buona Compagnia francese, che si recò a Monaco l’estate del 1671, condotta da Filippo Millots, e vi rimase fino alla morte della principessa elettorale. […] La fine e pur frivola società di Corte bavarese, e soprattutti il giovine Max Emanuel, si stancò presto di quelle rozze rappresentazioni : la riapparizione di Treu e compagni sul teatro di Corte a Monaco ebbe per resultato la chiamata di comici stranieri : e questa volta furono italiani, venuti da Venezia sullo scorcio del 1689, e capitanati da Giovanni Nanini, che rappresentava in commedia la maschera del Dottore.
Nato a Milano il 2 maggio 1867, cominciò a recitar da ragazzo coi dilettanti, ed entrò in arte il 5 ottobre dell’ '87 nella Compagnia dialettale di Caravati e Cavalli, recitando da vecchio e da giovine, cantando, ballando, e anche capriolando sul trapezio volante sotto gli ammaestramenti del vecchio Ettore Baraccani, primo ballerino e mimo, un tempo, di gran rinomanza.
Vero è che in Plinio si osserva che altri l’attribuisce a’ Greci, i quali da Corinto vennero in Italia con Demarato padre di Tarquinio Prisco. […] Fecesi da uno scultore Toscano in Roma la statua di Giove Capitolino sotto Tarquinio Prisco. […] Tale si giudicò il puttino di bronzo che monsignor Carrara presentò al pontefice Clemente XIV, da cui fu collocato nel Museo Vaticano. […] Di questo puttino Etrusco trovato nell’Agro Tarquiniese, ed illustrato da mons. […] Del Pomerio e da vedersi i l’Comentario di Onofrio Panvinio.
Passò l’Anna Job da quella di Taddei, nelle Compagnie di Raftopulo e Velli-Mascherpa ; poi prima amorosa dal ’24 al ’31 in quella de’Fiorentini di Napoli, al fianco della Tessari. […] Dei meriti di Anna Job, prima donna, possono far fede le compagnie primarie nelle quali essa fu : e fors’anco maggiore ne sarebbe stata la riputazione artistica, se vissuta in età più vicina alla nostra, e se non avesse avuto da lottare con attrici gloriosissime quali la Internari, la Marchionni, la Polvaro, la Bettini, la Robotti, la Rosa, la Pelzet. […] In una lettera da Bologna della Pelzet a Niccolini del 27 luglio 1843, sono queste parole : « Poi è venuta la Job, la quale dopo aver rovinato Verniano colla sua pros…… (prosopopea), cerca d’insinuarsi verso Coltellini per farmi onta e spauracchio. » E più oltre : « Anche la Job prima donna comica, vil…… (vilissima) creatura, ha scelto una tragedia per sua beneficiata. » Ma non è da prestar troppa fede ai pettegoli risentimenti di una artista che si trova tra compagni inesorabili e crudelmente accaniti contro la sua poca abilità ; sono sue parole. […] Frementi plausi Tratti da cor commossi entro il teatro Ei raccogliea ; ma i nobili sudori Quell’oro appena gli valean che altero Oggi rifiuta, o disdegnoso accetta Cantor mezzano : chè a cantor valente, Non che tesori, si tributan oggi Serti, trionfi e monumenti eterni. […] Nè men sete di canto ebber da poi Le minori cittadi, ove talvolta Su le scene evocato infin fu visto L’ardito Imprenditor, che cento e cento Trarre sperò da l’arche cittadine Auree monete o comperar le note D’una prode laringe.
Nata il 1826 a Fano da Benedetto, artista drammatico e conduttore di compagnie meschinissime, crebbe in ristrettezze senza nome, vagendo, si può dire, in fasce parti di prima donna, come la Cesira nell’Aristodemo del Monti che recitò bambina a Toscolano con dilettanti diretti dal padre, il quale riceveva in compenso fuoco ed alloggio per la famiglia : il vitto, allora, fu sempre per essa una specie d’incognita. […] Una sera ella mostrava con manifesti contorcimenti i dolori che la tormentavano ; un giovinotto della barcaccia di proscenio sussurrò a’ compagni, ma in modo da essere udito : « la prima donna ha i dolori perchè lascia il damo. » Ed ella di rimando, vòlta alquanto verso la barcaccia : « se tu avessi il mio male non parleresti così. » Il giovinotto, udita la frase, si abbandonò prima a una matta risata, poi lasciò il teatro ; quella recita fu l’ultima della Fusarini a Livorno. La malattia pigliò le più serie proporzioni, e si aspettava da un istante all’altro la catastrofe. […] Per riparare in qualche modo alla sua insufficienza, l’Attrice suddetta ha scelto un nuovissimo interessante e morale dramma mai esposto in questa Città, scritto da celebre Autore, tratto da un fatto vero successo in Francia l’anno 1832, e tradotto da dotta penna nel nostro idioma. […] Lebert » Luigi Bottazzi Enrico Debrì » Gaetano Benini Gustavo Chateni » Cesare Asti Deschamp » Luigi Zamarini Un servo » Cesare Angelini Indi avrà luogo la tanto graziosa Commedia d’un Atto tutta da ridere intitolata : AMORE E MISTERO nella quale agiranno la Signora Letizia Fusarini, i Sigg.
Venuta nel suo paesello una piccola compagnia di comici, egli, da essi istigato, si diede al teatro, passando di peripezia in peripezia, ma acquistandosi pur sempre una crescente fama di buon attore. […] Tale notizia venne confermata dallo stesso Mascherpa in uno scritto da lui presentato alla I. […] Fu socio di Calamai, poi scritturato da Sterni e Majeroni, poi da Morelli e dalla Tessero, coi quali s’ebbe, assieme al Mariotti, il diploma d’incoraggiamento del giurì drammatico milanese. […] Sostituì il Talli nel '96 con Sichel e Tovagliari, e fu il '97-'98 con Paladini e la Mariani, da cui si tolse, per entrarvi poi il '900, dopo di essere stato un anno in società con Sichel e Zoppetti. […] Giovane, che partita dalla sua Patria diedesi alla comica professione ; e che in alcune vaganti Compagnie da circa sei anni va ritrovando impiego.
Toscano, nato intorno al 1785 da civili parenti, si sentì, compiuti gli studi, attratto alla scena, ove riuscì in breve tempo un primo amoroso di grido. […] Dopo studiata la pittura con Matteo Borbone, partì da Bologna, ancor giovinetto, collocandosi in qualità di paggio presso un capitano di vascello ; il quale prese molto ad amarlo per averlo sentito improvvisar bizzarrie poetiche, e recitar maestrevolmente sotto la maschera del Dottore. […] Chiamato a Modena da quel Serenissimo, in piena estate, riscaldato dal viaggio, si diè a bere vino ghiaccio per modo, che in capo a pochi giorni dovè soccombere (1660 circa), toccati a pena i quarant’anni.
Nato a Padova il 1750 da civile famiglia, avea compiuti gli studj per darsi alla chirurgia, secondo il volere de'suoi. […] Morto improvvisamente il primo attore della Compagnia Battaglia (annegò nel Po con altri comici, mentre si recava da Pavia a Piacenza), il Patella andò a sostituirlo ; e, trovatosi in un campo adatto alle sue eccellenti qualità artistiche, potè ne'primi teatri d’Italia ottener successi clamorosi, confermati poi nel San Giovan Grisostomo di Venezia, dove, esordito col dramma di Monvel Clementina e Dorigny, tanto vi piacque, che la veneta aristocrazia disertò gli altri teatri per recarsi ogni sera a sentir lui, il quale, dopo alcune sere, nella creazione dell’Aristodemo di Monti e di Nerone nell’Agrippina di Pindemonte raggiunse il sommo del trionfo. Passò, acclamatissimo sempre, a Roma e a Napoli : ma quivi infermato, morì da tutti rimpianto il 1786, nell’ancor fresca età di trentasei anni.
Figlio dei precedenti, esordì secondo amoroso nella Compagnia Mascherpa, passando poi primo attor giovine in quella De-Rossi, col qual ruolo formò prima società con Achille Dondini, poi fu scritturato dal fratello di lui Cesare, da Adamo Alberti pei Fiorentini di Napoli (1858-59-60), da Luigi Domeniconi pel seguente triennio ; ma, sciolta il Domeniconi la Compagnia nell’ agosto dell’ ultim’anno a Viterbo, egli formò società per condurla al termine dell’anno comico ; continuandola poi col Colomberti fino a tutto il carnovale '65. […] Passato al ruolo di generico primario, fu prima in società con altri per varii anni, poi, scritturato da Tommaso Salvini, andò in Inghilterra con la figlia Amelia prima attrice giovine.
A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »
Nato a Zante il 22 novembre 1866 da parenti non comici, fu cresciuto a Milano, dove, fatti gli studi tecnici, ed esercitatosi tra quei filodrammatici, si scritturò con Emanuel ; passando poi, in vario tempo, con Tibaldi (Compagnia Nazionale), la Duse, Cesare Rossi, Pietriboni, Falconi, Bertini, Paladini. Dopo una società con Beltramo e Della Guardia, formò Compagnia da solo, recitandovi le parti di primo attore, e passando a quelle di prima attrice la moglie Gemma Braconey, sposata il 1 marzo 1891, una dilettante essa pure, che aveva esordito in arte con Ermete Novelli. […] Il '904 si unì con la Compagnia all’artista lirico Scarneo, che passava di punto in bianco alla scena di prosa ; ma, da esso distaccatosi prima dell’anno e solo, tornò a formare e a condur Compagnia con mediocre fortuna.
In essa un eremita vestito da frate monta di notte per una scala sulla finestra di una donna maritata, e vi ricomparisce dicendo, questo è per mortificar la carne. […] Nel suo Amasi regna una molle galanteria sconvenevole all’argomento della Merope da lui appropriata a’ personaggi della storia di Egitto. […] Essi non erano lontani dalla struttura e dalle decorazioni del teatro de’ ballerini da corda della fiera di san Germano. […] Al Capo V medesimo dalla pagina 116 (dopo le parole della pag. precedente spaventano e fanno inorridire) si tolgano le prime dieci linee da La Grange-Chancel nato &c. […] II, pag. 157, lin. 11, dopo le parole, pe’ caratteri bene espressi, si scriva da capo come segue.
Gli abitanti di essa (si riferisce da Cook 39) tra varj balli eseguirono una spezie di farsa drammatica mescolata di declamazione e di danza; benchè noi eravamo pochissimo versati nel loro idioma, e perciò incapaci di comprenderne l’argomento. Il giorno seguente alcuno del nostro equipaggio credette di veder rappresentar da essi una specie di dramma diviso in quattro parti. Non possiamo su tal racconto assicurarci di essersi da que’ popoli conosciuta la poesia rappresentativa. La scarsa cognizione della lingua toglieva all’equipaggio di Cook l’opportunità di distinguere per mezzo delle parole ciò che poteva essere un canto accompagnato dal ballo da ciò che avrebbe potuto chiamarsi spezie di dramma ancorchè informe.
Sposatosi a Marianna Torta, attrice della Compagnia Aliprandi, fu con lei scritturato da Alessandro Salvini ; e, sciolta poi la Compagnia, egli risolse, mosso a pietà di tanti sciagurati, di rilevarla, correndo da una città all’altra, in lotta aperta con la fame. […] E da quel momento fu un trionfo, un vero e grande trionfo, nè solamente veneziano, ma italiano. […] Le commedie La bozzetta dell’ ogio, Le barufe in famegia, El moroso della nona, I recini da festa, La famegia in rovina, Mia fia, I oci del cuor furon la fortuna di Moro-Lin ; ma quest’ ultima segnò anche la sua nuova e non più mutabile sciagura.
Botteghini), fu prima ufficial di marina al servizio di quella repubblica, caduta la quale si diede all’arte della scena, in cui, mercè di una figura maestosa, di una voce possente, di una memoria di ferro, riuscì in breve il più rinomato de' tiranni da teatro diurno. Attila Flagello di Dio, Ezzelino da Romano, Fazio nel Ratto delle Sabine, Talbot nella Giovanna d’Arco, e moltissime altre parti furon da lui interpetrate alla perfezione, e nessun attore potè vantarsi mai di avere nella sua beneficiata un incasso maggiore di quello che nella sua beneficiata aveva il Vedova ; il quale se sollevava all’entusiasmo il popolino delle recite diurne, era anche molto apprezzato in quelle serali, dal pubblico eletto, come padre nobile, non che come attor di tragedia. […] Secondo la leggenda del palcoscenico, il Vedova fu il più ignorante uomo del mondo ; e si vuole che un giorno (già da tempo era impensierito per la scelta della beneficiata) si recasse alla prova con un libro sotto al braccio, sclamando : l’ho trovada, l’ho trovada, un po'lungheta, ma tagiaremo.
Trascrivo da Francesco Bartoli : Bravo ed esperto commediante, che da molti anni recita in Fiorenza nel teatro della Via del Cocomero con la comica compagnia da Giovanni Roffi diretta. […] E dopo di aver pubblicato le due ottave per l’ Indigente (4 ottobre 1773) e per Le Trentatre disgrazie (6 gennaio 1774), continua : Iacopo Corsini, che sino ad una età avanzata non mai da Firenze partissi, nell’anno 1780 ha cominciato colla Compagnia del suddetto Roffi a farsi conoscere anche in altre città, come Milano, Torino, Genova e simili ; e per tutto ha riscossi de’sinceri applausi, ben dovuti alla sua abilità di Recitante e alla sua Musa naturalmente piacevole. […] Dei libretti pubblicati dal Cambiagi due soli potei vedere ; l’uno di mia proprietà, che contiene 47 ottave cantate dalla primavera dell’anno 1776 a tutto il carnevale 1777 ; e l’altro esistente nella Biblioteca Nazionale di Firenze, che contiene 56 ottave cantate dalla primavera dell’anno 1778 fino a tutto il carnevale 1779, colle quali abbiamo il repertorio della Compagnia Roffi che metto qui a titolo di curiosità : La bottega del caffè – L’ Amante militare – Il Feudatario – La Moglie gelosa – Le Donne curiose – La forza dell’amicizia – La Figlia obbediente – L’ Ipocrita – Il Raggiratore – La finta ammalata – Le astuzie di Trastullo e d’Arlecchino – Arlecchino principe per accid ente – La Scozzese in Londra – I Rustici – La guerra – Il Padre giudice del proprio Figlio – Il Tutore – Arlecchino, cavalier per forza – I Senatori romani – L’anello magico – Il Padre amoroso – Lo Zoroastro – La donna scientifica – L’Avventuriere onorato – La Tartana – L’Antiquario, o sia Suocera e Nuora – La casa nuova – Arlecchino marito alla moda – Il saggio amico – La bacchetta parlante – Arlecchino servitore di due padroni – Il Bugiardo – Gli amori di Damet – Arlecchino perseguitato da 4 elementi. […] 7 gennaio 1779 Più facile saria con l’acqua pura togliere il pel dal capo del Somaro, o lavando un Etiope figura tor dal volto il color del calamaro ; toglier dal foco la vorace arsura, toglier dal forte ghiaccio il freddo amaro, la durezza levar da una colonna che la curiosità dal cuor di donna.
Cominciò a recitar da prima donna il 1756 nel Teatro della Sala di Bologna, e vi piacque assai sì nelle commedie improvvise, come nelle scritte. […] Si tolse da esso l’anno dopo, fuor di tempo, « e dall’amicizia – dice Bartoli – di nobile cavaliere letterato ricavar seppe a vantaggio suo delle favorevoli disposizioni » ( ?). […] Fui accolta a braccia aperte da lei, che nelle parole e negli atti, non poteva essere più cortese e obbligante. […] Seppi la storia della prima donna, che da quì inuanzi io chiamerò col nome di Megera. […] Acconciavasi da sè non trovando un parrucchiere tanto paziente che potesse reggere alle sue stravaganze.
E però, non volendo Visentini uscire dal suo metodo di recitazione naturale, pensò Riccoboni di mettere al principio dell’heureuse surprise una delle tante scene di notte che vi sono, in cui Arlecchino, chiamato da Lelio, si finge talmente preso dal sonno che, senza profferir verbo, or scivola a terra, or gli cade fra le braccia. […] Quanto alle nostre commedie, io non ho troppo da invidiare la felicità de' nostri predecessori, che vi han pure attratto e divertito con le scene stesse, che oggi vi tediano, e di cui non potete nè meno sopportar la lettura. […] Parole che, dette da un attore amato e stimato s’ebbero il loro effetto, poichè a poco a poco il teatro italiano ripigliò l’antico vigore. […] Ammalatosi di tisi il martedì grasso del 1739, comparve raramente a teatro nell’ultimo tempo di sua vita, come si ha da questa quartina : Cher Visentini, le parterre ne te reproche qu’un défaut. […] Avuti l’ 11 di agosto dello stesso anno i Sacramenti, morì mercoledì 19 in via Nuova San Dionigi, e fu sepolto il domani a San Lorenzo, sua Parrocchia, assistito da trenta preti, e alla presenza di Vincenzo e Gioacchino Visentini suoi figli, di Giuseppe Balletti e di Bonaventura Benozzi.
La sua maniera si distingue da quella dell’uno e dell’altro. […] Di grazia che altro rappresentano i Cinesi da tanti secoli? […] Questa mina poi fu veramente una scelleratezza meditata da Avogadro? […] E da qual classe di Napolitani il tolse? […] Crebillon batteva un sentiero ben differente da quello del Voltaire; e questo valoroso scrittore si diffinì meglio da se stesso.
Zoppetti, diretta da Alamanno Morelli. […] Fu il ’73 nella seconda Compagnia della Sadowski, diretta da Luigi Monti, e il ’74 in quella di Luigi Bellotti-Bon (che il Bertini con sentimento di gratitudine profonda, chiama suo solo maestro), al fianco della Tessero e della Falconi, di Pasta, di Salvadori e di Bassi. […] Formò, l’anno dopo, società con la Boetti-Valvassura ; poi fu scritturato per l’ America del Sud, ove stette oltre due anni, da Adelaide Tessero, colla quale tornò in società, dopo aver passato tre anni in Compagnia di Vittorio Pieri. […] Una sera in cui egli rappresentava al Gerbino di Torino l’A’ basso porto di Cognetti, l’Emanuel che assisteva alla recita da una poltrona, con sentimento di schietta ammirazione pel fratello d’arte, gli mandò sulla scena un bellissimo anello con pietre preziose, accompagnato da queste parole : Giovanni Emanuel all’inzupperabile o’ Zi Pascale lu cantiniere.
Ma siccome la parte più essenziale del dramma viene comunemente riputata la musica, e che da lei prende sua maggior forza, e vaghezza la poesia, così le mutazioni da essa introdotte formano il principal carattere dell’opera. […] Sebbene codesto oggetto non forma un carattere distintivo della poesia se non in quanto è una conseguenza delle altre due: cosicché una istruzione scompagnata da ogni sentimento e da ogni immagine nulla affatto si converebbe alla poesia. […] La possanza dell’una e dell’altra a risvegliar idee grandi, sublimi, e fuori dell’ordinario si vede da ciò che spesso i sacri Profeti avanti di proferir i vaticini ispirati loro da Iddio, richiedevano il suonatore, che risvegliasse loro lo spirito. […] [36] Altrimenti se l’opera non badasse che a dilettar i sensi, in che si distinguerebbe da una prospettiva, o da un concerto? […] Ma siffatta usanza ebbe origine da tutt’altro che dalle leggi fondamentali del componimento.
Ma di ciò, come ancora delle cagioni morali, che contribuiscono ad alterar i linguaggi, si farà di proposito più ampiamente discorso in un saggio filosofico sull’origine della espressione poetica, e musicale, che da chi scrive si conserva inedito. […] Quali mutazioni diverse da quelle del parlar comune induce negli organi fisici della voce? […] E i passaggi da una parola in un’altra fansi con agevolezza grandissima, atteso che tutte le dizioni, siano nomi siano verbi, terminano in vocale, eccettuati alcuni monosillabi, come “sur, in, con”, o quando per accrescer forza al discorso, per ischivar le troppe elisioni, o per terminar più speditamente il periodo, in una cadenza si troncano infine alcune vocali, come “finor, fedel” da “finora fedele”. […] Cotal lingua confusa poi colla latina, e notabilmente alterata in seguito da gotiche, e longobardiche mischianze ha conservato nondimeno nella volgare favella l’originaria dolcezza di suono in gran parte orientale, onde molti di essi popoli traevano principio, per quella ragione avverata in tutti i secoli e da tutte le genti, che l’accento naturale è più durevole delle leggi e dei governi. Quindi il pregio di soavità e di mollezza sopra gli altri popoli dato al canto italiano da Giovanni Diacono fin dal secolo ottavo dell’era cristiana, e quindi parimenti l’accusa d’effemminatezza intentata contro ai cantori italiani da Gregorio Sarisberiense, che fioriva verso il 1170.
Sapeva la lingua francese e la tedesca, e fu esso l’introduttore dello spiritoso carattere di Francese Italianato, che fu poi da altri comici imitato. […] Ma il pubblico veneziano l’accolse a fischi e a risa, e non ne consentì la rappresentazione intera, consentì lì per lì da una commedia all’improvviso. […] Nelle notizie apparse a Stuttgart il 1750 sulle condizioni del teatro a Dresda, è detto che Camillo Canzachi è un uomo di piccola statura e grassoccio ; quantunque zoppichi da una gamba, è attore completo.
Le favole del Cañizares da me vedute ripetere in Madrid sono; El honor da entendimiento, el Montañes en la Corte, el Domine Lucas. […] Sono state tutte e quattro da me rendute italiane. […] Lungi da te cercherò climi ignoti. […] Questo scioglimento interessante è accompagnato da una felice esecuzione. […] Ecco quanto un degno poeta spagnuolo di questi tempi me ne scrisse da Madrid a’ 6 di ottobre del 1789.
Albergati Ercole, detto Zafarano, bolognese, e al servizio del Marchese di Mantova, fu molto pregiato come inventore e costruttore di meccanismi scenici, e fu nel 1487 « adoperato da Giovanni Bentivoglio nelle feste per le nozze del figliuol suo Annibale con Lucrezia d’Este, a costruire archi e trionfi, etc. etc. […] ). « Girolamo Stanga — dice il Bertolotti (Musici alla Corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al XVIII — Milano, Ricordi s. a.) — sul finire di ottobre 1490, scriveva al Marchese Francesco le difficoltà per la ripetizione a Marmirolo dell’ Orfeo, accennando Filippo Lapacino e Zafrano, che dovevano prendervi parte, oltre al Citaredo Atalante che si attendeva da Firenze. » E più giù : « Sotto il soprannome di Zafarano s’intende Ercole Albergati bolognese, che da oltre l’anno 1484 era già presso i Gonzaga e nel 1495 il Marchese gli donava terreni nel vicariato di Borgoforte, dono accresciutogli nel 1498. » Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il 25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F.
E la promessa fu tenuta largamente, quando sei anni più tardi nella terza Compagnia di Bellotti-Bon, capitanata da Cesare Rossi, l’Amalia Checchi si presentò prima attrice assoluta, piacendo sempre, talora fanatizzando come nel Vero Blasone di Gherardi del Testa, e nella Dora, ch’ella creò, e che fu una vera e propria rivelazione. […] Nessuno si sarebbe aspettato da lei giovane, da lei nuova, da lei inesperta, tanta perfezione di giuoco, tanto acume d’intelligenza, tanta padronanza di scena, tanta forza di passione, tanta verità e tanta furberia, tanta dignità e tanta grazia, tanta sobrietà e tanta forza, quanta ne sfoggiò per ritrarre con arte stupenda il personaggio di Dora.
Nato da famiglia civile, l’abbandonò giovanissimo, fuggendo, per un amore, dalla terra natale. […] Punto da tal fatto, volle far pubbliche le sue ragioni ; e stampò all’uopo un libricciuolo in Cremona colla data di Parma. […] Torinese, fu iniziata al teatro da Adelaide Tessero, che l’udiva e ammirava il 1885 a Torino in una recita di filodrammatici colla Celeste di Marenco, lei protagonista. Entrata l’ ’86 in arte come amorosa, fu scritturata l’ ’87 da Enrico Dominici come prima attrice giovine, per passar poi nello stesso ruolo con Giovanni Emanuel, col quale stette il triennio ’88-’89-’90, e al quale, maestro de’più egregi, deve gran parte del suo valore artistico.
Nacque a Gorizia da genitori non comici, nel 1801. […] La voce pubblica l’acclamava la più bella attrice della sua epoca, e per certo non s’ingannava. » Il 1826 recitò a Padova la Francesca da Rimini. Passò il '28 in società con Giacomo e Gustavo Modena fino al '31, poi col solo Giacomo, quando Gustavo partì da Bologna coi volontari per Rimini, fino a tutto il '32. […] Il '42 passò col ruolo di Madre tragica nella Compagnia di Luigi Domeniconi, e morì a Brescia il 1851 d’apoplessia fra le braccia del secondo marito, Luigi Pezzana, compianta da tutti i fratelli d’arte.
Sappiamo da esso Goldoni che il Veronese aveva un occhio di vetro. […] Nel Principe di Salerno, commedia tutta a macchinismi, data il 1746, era un volo pericoloso che si fu obbligati a sopprimere a scanso di sciagure : Arlecchino rapiva il Dottore dal teatro, e spariva con lui da un fóro nel soffitto della platea, fatto per dar aria alla sala. […] Bartoli – che accrebbe, andando in Francia, le di lui fortune, senza pagare – aggiunge il Loehner – i suoi debiti di Venezia, ebbe dal suo matrimonio con Lucia Pierina Sperotti cinque figliuoli, di cui tre, Pier Antonio, Cammilla e Anna seguiron l’arte del padre ; e morì a Parigi il 26 gennajo 1762 Officier du Roy et bourgeois de Paris, sostituito alla Comedia nel suo ruolo di Pantalone già dal 1760 da Antonio Matteucci detto Collalto (V.). Oltre al ritrattino a mezzo busto che tolgo da L'Opéra Comique, metto qui la riproduzione di due disegni a matita rossa, segnati nel catalogo Bouchot della Biblioteca Nazionale di Parigi coi numeri 527 e 535, e così descritti : « Scène de la Comédie italienne vers 1730, où l’acteur Alborgheti dit Veronese est représenté jouant du violon devant des enfants. – Portrait en pied d’un acteur de la Comédie italienne, Alborgheti dit Veronese, en costume de soldat. » Alborghetti Veronese ?
E siccome di arte s’intendeva assai, e siccome, essendo stato attore valente tanto da sostituire talvolta il Modena in alcuna delle sue parti e uno de’ più acuti e profondi critici, quando mena la sferza ha sempre ragione da vendere, dirò anch’io col Morandi : Dio gli benedica le mani e la lingua. […] E da molti ancora che lo conobbero sentii dire più volte : non ci si poteva vivere accanto ! […] Ecco, come saggio di quel suo stile eletto, le strofe di una poesia scritta nel ’66, tornato da Napoli a Perugia : …………. […] I grandi artisti hanno la proprietà d’innamorare il pubblico, avvezzo a sentirli, delle singole parti dell’arte ; talchè un attore che valga da un certo lato, è bene accolto da un pubblico erudito, che in grazia di quel pregio gli perdona i difetti. […] Ma per la mancanza di grandi successioni, mano a mano che crescevano le paghe da sette a dieci, a quindici e fino a venti mila lire all’anno, l’arte sempre più decadeva.
Trascrivo da Francesco Bartoli : « Graziosissimo comico fu costui, il quale fioriva intorno al 1590. […] ecc., dedicata al Conte Ercole Pepoli, che consta di 13 pagine di stampa, compreso il frontespizio, la lettera dedicatoria e una breve prefazione ai lettori, riportata da Francesco Bartoli nelle sue notizie. […] È vero (soggiunse allor Venere) che voi ò Marte faceste quella Città, ma la faceste di mia commissione ; e però io debbo esserne detta la fondatrice ; oltre che il nome lo prese da me, e non da voi (come falsamente andate dicendo). […] Pure assicurata dal mio mostaccio d’huomo da bene, fatto vn ghigno sott’occhio, fattamisi innanzi allargò il pensier suo con queste parole. […] Il che fatto viuo vocis oraculo, gli poneste quel bel nome Bononia in latino, per dimostrar, che Bona omnia in ea sunt, e Bologna in volgare, perchè la fama sua Boat longe, cioè rimbomba, e si fà sentire da lontano.
Tra le parti in cui poscia maggiormente emerse vanno annoverate quelle di Lusignano nella Zaira, di Gomez nel Filippo, di Abner nel Saul, di Guido nella Francesca da Rimini, di Egisto nell’ Oreste e altre moltissime. […] Apparve ancora nel ’63 al Teatro Re di Milano ; poi, venuto vecchio, e ormai vedovo da qualche tempo, con le due figlie ancor giovani, ebbe la fortuna di essere ricoverato da un’agiata famiglia milanese, in seno alla quale morì in tardissima età.
Trascinato all’arte da una forza invincibile, fu affidato agl’insegnamenti di Angelo Canova, artista di alta riputazione, e con lui stette parecchi anni. […] Fu il '38 nella Compagnia Goldoni diretta da F. […] Ebbe una figliuola, Teresina, da lui iniziata all’arte, che fu al suo fianco applaudita prima attrice, e si va oggi esercitando, direttrice di filodrammatici a Milano.
Sorella di Giuseppe Antonio Balletti, nacque a Ferrara nel 1686, ed esordì alla Commedia Italiana il 18 maggio 1716 nella Compagnia detta del Reggente, formata da suo marito Luigi Riccoboni detto Lelio, sostenendovi le prime amorose, le servette, e le parti a travestimenti, sotto il nome di Flaminia. […] Si volle da alcuno che tra il Maffei e la Flaminia fosse una corrente di simpatia, rafforzando l’opinione nel fatto che il Maffei seguitasse la Compagnia, intervenendo in molte città alle recite della sua Merope. […] So, e ne ho prove incontravertibili l’onestà sua, e l’onestà di Flaminia, nè una parzialità nata da vederla a meraviglia rappresentare, deve a mal costume imputarsi ; dichiarandomi io, che senza che altri dovesse pensar male nè di me, nè di Flaminia, parlando di cose mie, dal titolo istesso non mi sarei astenuto ; imperciocchè tre opere mie ha questa pudica e mirabil donna (per quel che ascolto) leggiadramente rappresentate…….. […] Per creder vero, io tengo ch’egli l’abbi presa dalla sua esperienza, e dallo spirito suo, che sopra i difetti altrui ha saputo conoscere il vero ; ma pure quand’anche fosse così, e non un suo complimento, non ha egli potuto vedere la natura del recitare de’ Comici Italiani che nella Commedia ; mentre le Tragicommedie di Sansone e della Vita è un sogno, non sono tragedie ; ed è ben diversa da quella la maniera nostra nel recitare Andromaca, Ifigenia, Mitridate, Semiramide, Oreste, ecc., e le altre francesi ed italiane tragedie che eravamo accostumati di recitare, e che ora lasciamo da parte. […] Per la Truppa Francese non lo dispero : la maniera da loro finora usata nella Tragedia tanto lontana dal vero e dall’immaginabile, accostandosi al vero di M.
Poteva nascere da sì molle e negletto padre l’eroico, il Romano Attilio Regolo Metastasiano? […] In una lettera scritta da Vienna nel 1759 a m. Arnaud lodavasi il ballo di Flora eseguito da madama Angiolini. […] Son pur essi medesimi gli ammiratori degli eccellenti musici teorici e pratici che in prodigiosa copia escono da Bologna, da Firenze, da Venezia, da Milano ed altronde, ma singolarmente da Napoli reggia e fonte perenne della scienza musica. […] V. la Lettera da lui scritta all’autore inserita nel Giorn.
Passò Scaramuccia da Firenze a Napoli. […] M. da Parigi a Firenze. […] – Anche Scaramuccia col suo figlio mi fanno ammattire ; trotto, galoppo, vengono da me, e nulla si conclude. […] Averei a charo che il signor Antonio menegli da sè la risposta. […] Anche il 22 novembre del ’60 prese parte al Louvre negli Intermezzi del Serse del Cavalli, musicati da G.
Sotto Filippo IV l’infante don Fernando di lui fratello formò due leghe distante da Madrid verso il settentrione in mezzo a un querceto una casa di campagna che denominò Zarzuela a. […] Il peso di comporne la poesia si addossô al La Cruz, il quale scrisse Briseida zarzuela heroica in due atti posta in musica da don Antonio Rodriquez de Hita maestro di musica spagnuolo. Essa però fu così mal ricevuta e derisa, specialmeate in alcune Lettere graziose e piene di sale scritte da don Miguèl Higueras sotto il nome di un Barbero de Foncarral, che Briseida fu la prima e l’ultima opera seria spagnuola. […] Disconviene però al carattere del magnanimo Achille quel gettar motti maligni e cavillosi contro di una verità notoria dell’elezione di Agamennone, con dirsi che forse sia stato eletto per capo dell’esercito da pocos hombres. […] La Nitteti del Cesareo poeta Romano, in cui il viluppo interessante, e le patetiche situazioni vengono arricchite da maravigliose decorazioni tutte ricavate dalla natura, su espressamente composta pel teatro ispano a richiesta del suo amico Farinelli.
Anzi da Ateneo vien biasimato di aver il primo introdotto con mal esempio le persone degli ubbriachi nella tragedia, e da Aristofane nelle Rane atto V, sc. 1, fu condannato di frase asaphis non intelligibile per bocca di Euripide. […] Ei segnalossi non pure col suo bell’ ingegno nelle Tragedie, ma col suo gran cuore da Capitano in compagnia di Pericle nella guerra, che gli Ateniesi fecero contro quelli di Samo nel terzo o quarto anno dell’olimpiade LXXXIV. […] Tullio, e più da ciò che il nostro Signorelli osserva nelle commedie di Aristofane, si scorge chiaramente che S. Agostino studiava con maggior cura e attenzione le materie della Grazia che l’antica letteratura; giacchè in un luogo della Città di Dio egli avanza, che la licenza del Teatro Greco non fu mai così sfrontata che giugnesse ad offender Pericle, il quale non che da Aristofane, venne pur da Ermippo posto in iscena. […] Insigni ancora sono le sentenze da codesto nuovo legislatore di Poetica pronunciate contro l’Italica nazione in fatto di poesia.
» Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concisione, nella sua modestia, non discompagnata da una certa alterezza, l’indole dell’uomo. […] E Otello da tanti anni al servizio della repubblica, capitano di ventura, nato da stirpe regia, gentile come una fanciulla, buono ed ingenuo come un bambino, dovrebbe dimostrare al pubblico un’indole selvaggia ? […] quanti di coloro che, appena mediocri, apparvero al suo fianco più che sufficienti, oggi tornati, lontano da lui, men che mediocri, dovran ricordarsi del loro grande maestro ! […] È dunque da desiderare che rimanga a capo di una compagnia, e che di questa compagnia faccia una scuola, come ora sta facendo. […] … » E la dolorosa sentenza ebbe origine da una velatura ch’egli recava nella voce dai primi anni ; velatura che andò poi coll’esercizio attenuandosi, fino a permettergli da un buon trentennio di sputar, non sangue, ma polmoni, rinnovantisi ogni sera, sotto le spoglie de’ molti e svariati personaggi del gran repertorio.
Ebbe grandi attitudini alla musica e cantò da baritono, e dettò alquante romanze ricche di melodìa. […] Fu poi il primo attore della Compagnia di Giovanni Internari, figlio della celebre Carolina, e ricordo di aver sentito da lui la prima volta I nostri buoni villici di Sardou, in cui con molta perizia sosteneva il personaggio del Conte. […] Nato il ’34, morì il 7 Gennaio del ’92 a Livorno, ove dirigeva da più anni con ogni sollecitudine quel Politeama.
Al gratioso suo girar dei lumi, languiscon l’alme e van le grazie ancelle, apprendendo da lei leggi e costumi ; A le mutanze sue leggiadre e belle sian palchi i cieli e spettatori i Numi e per lampade e faci ardan le stelle. […] Forse di quella stessa annunciata da Gio. […] O forse è un lieve error di data nel Quadrio, e dovrebbesi in questa Cintia riconoscer la Dorotea Cortigiana degl’Inganni, comica celeberrima, lodata da poeti e poetessa anch’ella ?
) : Nel 1662 era a Napoli, tra i comedianti lombardi, ano chiamato Zaccagnino, che recitava da Zanni, « qual godeva una donna chiamata Lavinia, similmente comediante e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’ è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza, e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, et altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono. Venuto frescamente Don Vincenzo Spinelli, Principe di Tarsia a Napoli dal suo stato, cominciò ancor iui a vagheggiar la Lavinia, che volle mascherarsi da Zaccagnino, non bastandolo quello che aveva speso in Calabria a buffoni, comedie, cacciatori, conviti, musica continua, cavalcatori, mastri di scrima, ecc. » In quel carnevale Don Vincenzo Spinelli fece una mascherata, in abito da Zanni, e distribuiva cartelli, fece la scritta : la moglie del Principe Zaccagnino.
Attore brillante di pregio per una sua singolar vena di comicità, nacque a Casaltone di Sorbolo, provincia di Parma il 4 ottobre del 1849 da Gaetano, e Maria Grimaldi, non comici, ed ebbe domicilio a Guastalla. […] La recitazione del Sichel a sbalzi, a strappi, con intonazioni aspre, rotte da una infinità di interiezioni, di eh interrogativi di distrazione, è inqualificabile e inimitabile : non certo, come si può credere, impeccabile, ma di irresistibile comicità. […] Colpita da grave anemia, dovè per alcun tempo allontanarsi dalle scene, alle quali è tornata l’autunno del '903.
.), d’ordine del Duca stesso, nel suo passaggio pel Po da Ferrara a Cremona ; e non ne è detto il motivo ; ma probabilmente per le solite defezioni di compagnia, o semplici disobbedienze agli ordini del Duca capocomico. Il Principe di Toscana con lettera 19 agosto 1698 da Pratolino, prega il Duca di Modena di rilasciarli il commediante Sondra ; il che starebbe ad attestare del valore artistico di lui. Il 5 maggio del’99 il Principe cugino annunzia al Duca da Firenze l’arrivo di Flaminio, e lo ringrazia di una lettera piena di cortesie ch'ei gli mandò per suo mezzo.
Amoroso il '43 con Angelo Lipparini, diventò socio e cassiere il '46 della Compagnia di Ernesto Rossi, poi conduttore e amministratore della famosa Lombarda che fu prima diretta da Alamanno Morelli, e ch'egli tenne più anni or sotto la direzione di Luigi Aliprandi, ora di Carlo Lollio, ed ora di Carlo Romagnoli. Il '64 lo vediam direttore di una Compagnia, di cui faceva parte il Meneghino Luigi Preda, e di cui erano prima attrice sua figlia Antonietta, distinta artista, e primo attore suo genero Achille Cottin : poi, finalmente, amministratore di quella di Luigi Bellotti-Bon, di cui fu più che scritturato, amico, e da cui si tolse sol quando per la vecchiezza e gli acciacchi fu costretto a ritirarsi a Firenze. Ma dopo varj anni, colpito da paralisi, fu per consiglio di medici trasportato a Barbania di Piemonte, in una villa dei Cottin, dove morì l’ 8 novembre 1886.
Fatto il liceo nella città nativa, fu da vicende domestiche condotto a Firenze, quand’era sul punto di darsi agli studj legali. […] Vi entrò qual segretario, e quale scrittor di commedie ; e come da ragazzo aveva talvolta recitato con la sorella (V. […] Egli il quale non aveva che un fine nella vita : lo studio ; e un fine nello studio : l’arte ;…. che, vittima di una modestia fuor di misura, il più bello e il più fatale degli ornamenti umani, avea l’animo delicato a segno da accoglier ogni dolorosa sensazione che la superbia e ignoranza e invidia gli venivan man mano generando, egli, dico, inconscio della sua forza, si ritrasse alla fine dalla battaglia, più rassegnato che sfiduciato. […] Non si sa per via di quali ragioni, fu stabilito che i comici, ignari della gran vita che si agita fuor da essi, e parte attiva di quella sola artificiale che metton loro davanti agli occhi autori dall’indole più svariata, non posson dare, divenendo autori alla lor volta, che raffazzonamenti di commedie o scene altrui. […] E oggi, lo sconosciuto Dominici, del quale i giovani autori d’Italia non sanno pur l’esistenza, in un paese di tristi ricordi e di dolci illusioni, oggi, dico, da un tedesco, il Duca di Meiningen, è invitato ad ornare di una copia delle opere sue la grande biblioteca del nobile artista, e ne riceve in premio la Croce di cavaliere dell’ordine Ernestino.
Moglie del precedente, nata il 23 maggio del 1793 a Livorno da Giovanni Tafani nobile veronese ed Anna Baldesi, comici, fu la più forte artista del suo tempo. […] Fu il ’30 a Parigi, e vi andò in scena il 29 giugno con la Rosmunda di Alfieri, sollevando il pubblico a tale entusiasmo, da ottener dalla Duchessa di Berry la solenne promessa di aver destinato un teatro alle recite della Compagnia italiana : promessa che non fu poi tenuta per la caduta del Borbone che obbligò i comici italiani a tornarsene in patria. […] Fu il ’50 con Coltellini a Trieste, e il ’52 si unì madre nobile con Adelaide Ristori, risolvendo il ’57 di abbandonare il teatro, e di cedere tutto il suo ricco patrimonio di scena al figliuolo Giovanni, capocomico e mediocre brillante (morì nel ’76 a Livorno), col quale recitò alla Stadera di Milano il 13 marzo di quell’anno il terzo atto della Medea del Ventignano, maravigliando per la potenza d’arte, e gagliardia di mezzi, tanto da far dire a un accreditato giornale, che al suo confronto le celebrità d’allora impicciolivano a vista d’occhio. […] Da una nota del figliuolo Giovanni sappiamo che mantenne per oltre dieci anni e fino alla morte di lei (’35 o ’36) una povera vecchierella per nome Annina, che le era stata raccomandata da persona di sua famiglia. Una lettera intima della celebre Pellandi scritta all’Internari da Verona il 1° novembre del ’39, comincia così : La sera che mandai al Bonsaver la mia per unire alla sua, ricevetti la scatola benedetta e sospirata, non posso esprimerti il contento.
Il signor D'Origny (non voglio discuter qui l’errore dell’affermazione sua sulla maggiore o minor riuscita di una scena d’amore recitata da due amanti), ha voluto alludere alla special condizione degli Scherli, i quali, non sappiam bene per colpa di chi, ma forse di entrambi, essendo l’uno tutto dedito agli studi e taciturno, e l’altra incline alle esaltazioni…. e ad altro, visser quasi sempre separati. […] Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario. Toltosi da quell’Ufficio, fu da altri incaricato di formar una compagnia per quella città ; e recatosi a Venezia, la formò difatti, e la condusse a Palermo ; ma essa era di sì mediocri elementi, che subito cadde, procurando allo Scherli rimproveri senza fine, e così fatti da essere forse principal causa della sua morte. […] Grisostomo di Venezia l’ultima sera del Carnevale MDCCLIX Della guerriera tromba ascolta il fuoco appena, E va il Guerriero in Campo dove la gloria il mena : Spirano appena i Zefiri, ed ecco in un momento Salpa il nocchiero, e scioglie tutte le vele al vento ; Ma se volando al Campo, se abbandonando il Lido, La Sposa, o il Genitore lascia nel patrio nido, Lascia su quelle sponde parte di sè il nocchiero, Parte di sè pur lascia nella Città il guerriero ; E nel partir da loro sente staccarsi il core, Sente passarsi l’anima dal più crudel dolore. […] E come il Sol benefico oscura nube indora Si, che del non suo lume splende nel Ciel tal ora ; Se di valore in noi spuntò qualche scintilla, Fu da quel lume accesa, che intorno a voi sfavilla.
Che altro fa la coregrafia se non prescrivere anch’essa al ballerino insieme col tempo i passi e i giri ch’egli ha da fare sopra le note dell’aria? […] A considerare il bene e il male che da ciò ne risulta, sembra che sia da preferirsi il costume dei Francesi, che non permettono a’ loro cantori quegli arbitri de’ quali troppo sovente sogliono abusare i nostri, riducendogli ad essere meri esecutori, e non più, de’ pensamenti altrui. […] Laddove gran torto noi avremmo, se mai credessimo di potere con un mezzo solo ottener quello che ha da esser il risultato di molti49. […] D’Alembert nello ingegnosissimo discorso da lui composto sopra la libertà della musica. Per questo solo, lo scrittore del presente saggio avrebbe creduto tal proposizione erronea; se non che da parecchi de’ più valenti nostri maestri di musica fu assicurato ch’ella cammina a dovere.
Il primo atto conteneva la partenza di Arione da Lesbo sua patria. […] Alle volte erano d’argomento differente, e ciascuno formava un azione da se, alle volte s’univano cori qualche rapporto generale e formavano uno spettacolo. […] [20] Siffatta mediocrità delle cose musicali proveniva da varie cagioni. […] [23] Nel principio delle drammatiche rappresentazioni in musica il carattere di soprano era per lo più eseguito da fanciulli. […] A eccezione di que’ pochi mentovati di sopra gli altri cantori si erano di già lasciati infettare da quel vizio che ha pressoché in ogni tempo sfigurata la musica italiana, cioè gli inutili e puerili raffinamenti.
L’oroscopo che tolgo da un codice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, per gentile comunicazione dell’egregio sig. […] Batta Andreini sotto nome di « Sior Cocalin De I Cocalin da Torzelo » Academico Vizilante detto el Dormioso. […] cxiv n.), come il marchese Ferdinando Cospi scrivesse al principe Mattias de Medici da Bologna il 5 agosto 1642 : « M’ onorò V. […] Allora vien subito « sollevata da terra con ingegno sotterraneo alquanto in alto » sostenuta dai lati da due Angioli : e nello stesso tempo la scena si muta in asprissimo deserto. […] macera e convertita, vuoi che da terra al ciel faccia salita.
Sembra che a toglier forza al falso argomento del conte Gozzi patrocinatore delle irregolarità e stravaganze, uscisse da Bologna una nuova luce per richiamare il popolo alla buona commedia. […] Le porte onde si entra in teatro, sono laterali e non dirimpetto alla scena, la qual cosa produce il doppio vantaggio di non indebolire la voce, e di non togliere il miglior luogo da godere la rappresentazione. […] Deriva da questa figura lo svantaggio di ristrignersi lo spazio della platea e d’ impedire a parecchi palchetti la veduta della scena. […] Vi sono cinque ordini ciascuno di 25 palchetti, oltre a un recinto intorno alla platea alto quattro scalini riparato da una balaustrata. […] Il teatro degli Aliberti in Roma costruito da Ferdinando Bibiena, e quello di Tordinona eretto da Carlo Fontana, appartengono allo scorso secolo, benchè quest’ultimo siasi restaurato sotto Clemente XII.
Ma da quì innanzi penserò alla Lampigliana, e quelle Commedie esalterò, ad onore della Drammatica Poesia, che tratte sieno da qualche Flos Sanctorum, senza attendere punto al merito profano intorno all’arte e al gusto, con cui le altre fossero scritte. […] Apra qualunque de’ loro Autori (appena salvandosi da tal contagio il solo Solis, se non m’inganno), e gli salterà agli occhi questa verità. […] Il sacro conservare digneris si converte da un Grazioso di Calderon in conservar los dineros. […] Chi ci assicura ancora, che le di lui lodi non rassomigliassero a quelle date da Cervantes alle Tragedie difettose dell’Argensola? […] E da questa del Varchi pretendete ricavare la Storia della Commedia Italiana del 500.?
L’opera così nobilitata per incantare i sensi, da Venezia di mano in mano si sparse di per tutto, e si rese celebre per la magnificenza delle decorazioni, per la delicatezza delle voci, per l’armonia de’ concerti, e per le belle composizioni del Monteverde, del Soriano’, del Giovannelli, ed altri chiari maestri di musica di quel tempo. […] La bella poesia che somministra alla buona musica il vero linguaggio delle passioni, col quale parlasi nel medesimo tempo al cuore e allo spirito, occupava l’ultimo luogo fra tante cose destinate unicamente a solleticare i sensi; e la fina rappresentazione che da essa ancor dipende, fin d’allora fu un oggetto o non veduto o disprezzato dagl’istrioni musici; Qual differenza, non dee immaginarti che si troverebbe da chi potesse paragonarle, tra la musica e la rappresentazione dell’opera moderna, in cui la verità é sì negletta dagli eutropi teatrali, e della tragedia ateniese, nella quale, secondo che ben si esprime ateneo, trasportato da un divino entusiasmo rappresentava e cantava l’istesso Euripide! […] Si possono a stento eccettuar da questi gran folla sommersa nell’obblio quelle del Moniglia, del Lemene, del Capece ed altre poche. […] Così i maestri musici si avvezzarono a trascurar il tutto per trarre partito unicamente da quelle strofe, nelle quali spessissimo (per una o due volte che vi si trovi fondato il punto interessante della passione) l’azione prende una spezie di riposo, e l’affetto é rimpiazzato da un sentimento espresso con eleganza intempestiva. […] I principi dell’Accademia Senese de’ Fisiocritici, al dir del sopraccitato abate Amaduzzi, furono fondati da Pirro Maria Gabrielli, lettore primario di medicina teorica e di botanica nell’Università di Siena, nel mese di marzo dell’anno 1691.
Eularia e Diamantina aprono la porta del giardino ; Ottavio si ritira da un lato per discorrere ad Eularia ; e Arlecchino, imitando il suo esempio, va dall’altro con la servetta. […] Ma alla fine, costrettovi da Pantalone e dal Capitano, acconsente, esclamando : « ho dunque preso moglie per il servizio del pubblico ! […] Al terzo atto Cintio e Trivelino che appaiono i favoriti rivali delle due donne, son pronti a partire per la Fiandra ; Eularia riceve i complimenti di Cintio, ed esce seguita da lui ; e Diamantina risponde assai affabilmente alle molte carezze fattele da Trivelino.
Mentr’ era il 1850 al Teatro Re di Milano con una compagnia di prim’ ordine, della quale prima attrice era la Carolina Santoni, i giornali del tempo lo disser caratterista eminente. « In lui – è scritto nella Moda del 1°febbraio ’50 – nessuna affettazione, nessuna ricercatezza : le scene da lui riprodotte son quali tuttogiorno succedono nel domestico focolare e d’ una naturalezza sorprendente. […] I Coltellini traevano origine da una famiglia nobile del quattrocento venuta di Piemonte. […] Paglicci Brozzi (Milano, Ricordi) : « Florinda Concevoli…. il 3 di ottobre 1606 innalzava a Sua Eccellenza Don Pedro Rodriguez conte de Acevedo, Governatore per Sua Maestà Cattolica in Milano, una sua domanda per ottener la grazia di poter fare esercire un lotto in Milano per mesi tre cominciando da Novembre fino alla fine di Febbraro. Il lotto poi doveva consistere in bacili di argento, sottocoppe, fruttiere ed altre cose di argento ; d’oro poi collane, anella con diamanti, rubini et altre gioje fine, bottoni d’oro, centurini d’oro da cappello et simili altre cose di tutta finezza.
Trascrivo le parole del Garzoni : non lascio da parte quella Lidia gentile della patria mia, che con si politi discorsi, e con si bella grazia, piangendo un di per Adriano, lasciò in un mar di pene l’affannato core di quel poeta, che perso nel suo amore, le mandò quel Sonetto, che comincia, Lidia mia, il di, che d’ Adrian per sorte ti strinse amor con mille nodi l’alma, io vidi il mar, che fu per lui si in calma, a me turbato minacciar la morte. […] Bartoli dice che la Lidia da Bagnacavallo fioriva nel '75 circa. A me parrebbe dunque molto più logica la deduzione che il Valerini dopo la perdita dell’Armani, traesse conforto dalle grazie della Lidia da Bagnacavallo. […] Naturalmente il Garzoni allora avrebbe parlato di lei, morta l’Armani, poichè, rimpiazzatala nel ruolo di prima donna in commedia, ebbe modo soltanto allora, sotto il nome di Lidia, di spiegare i suoi forti talenti artistici : assai diversi, veramente, da quelli dell’Armani, se stiamo ai due ritratti di virilità e di maestà nell’una, del Valerini, di gentilezza e di grazia nell’altra, del Garzoni.
De' primi anni dell’arte sua riferisce il Colomberti il seguente aneddoto : Il direttore Antonio Belloni che trova vasi con la Compagnia Paganini nel 1803 unitamente all’Elisabetta, da poco divenuta vedova, possedeva un piccolo cane, che, divenuto idrofobo, fuggi di casa, e si recò in quella della Marchionni, forse per non mordere i padroni. […] Benchè da tanti obblighi non ritraesse che un piccolo stipendio, pure non solo provvedeva alla propria sussistenza, ma siccome era studiosissimo, toglievasi spesso il pane dalla bocca, per comprare dei libri. […] La Moda di Napoli dice : « è difficile veder due volte il Marchionni con la stessa sembianza : diverso sempre da sè sotto le diverse forme che veste su le scene, ei non somiglia a sè stesso che in una sola cosa, cioè in esser sempre eccellente. » Di lui abbiamo tragedie : I Martiri, Olindo e Sofronia, Edea Zavella o La presa di Negroponte, La Vestale, che meritò gli elogi di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo ; spettacoli : Pirro, o i Venti Re all’assedio di Troja, La figlia della terra d’esilio ; drammi : Chiara di Rosenberg calunniata, Chiara innocente, L'Orfanello svizzera ; lavori questi scritti per la sorella Carlotta e da lei con molto successo recitati.
Nato da civili parenti, e rimasto, giovanetto, orfano del padre, si diede alla scena, in cui sognava di diventare egregio artista sotto la maschera di Truffaldino, per la quale avea potuto ispirarsi all’arte di Felice Sacchi (Sacchetto) prima, poi di Ferdinando Colombo, in Compagnia di Pietro Rossi. […] Divenuto un capocomico assai pregiato, gli venner da ogni parte contratti di grande importanza, potendo egli omai frequentare le principali Piazze del Regno. […] Francesco Bartoli che fu con lui cinque anni, e da lui si distaccò abbandonando le scene, lasciò, oltre alle molte parole di gratitudine, di lode e di augurio, il seguente ritratto, che ci dà chiara l’idea dell’artista e dell’uomo : È il Perelli un comico pronto nelle risposte, lepido ne'sali, arguto assieme e frizzante. È ben veduto in sulle scene, ed applaudito ; e da particolari nobili Personaggi favorito e protetto.
Ciarlatano e capocomico, più noto sotto il nome dell’Anonimo, che assunse la prima volta in Genova il 1714, nacque a Busseto nel Ducato di Parma, il 13 luglio 1686 (secondo Tipaldo, il 5 luglio) da Giuseppe, militare, e da Maria Carpi, cittadina di Parma ; e abbiam da Goldoni notizie particolareggiate dell’esser suo. […] Dopo alcuni anni passò a Venezia, poi a Verona, chiamatovi per una malattia epidemica mortale, ch'egli infallantemente guariva con mele appiole e vin di Cipro, dove morì di peripneumonia nello stesso anno (2 ottobre 1745) col titolo di Primo medico di Verona, compianto da tutti, fuorchè dai medici.
Oltracciò da qual necessità obbligata Semiramide entra nel Mausoleo? […] E prevede che nasceranno da questo matrimonio. […] Molti pezzi di musica furono composti dall’istesso Rousseau, e ’l rimanente da M. […] Questi nuovi attori da prima s’intitolarono Commedianti di S. […] Sedaine, furono tratti da un dramma di un autore inglese; e costui lo tolse, senza farne motto, da una commedia spagnuola di D.
Nè da Ferrara, nè da Rimini mi fu possibile rintracciar notizie sulla compagnia alla quale apparteneva il Bononcini. Si trovava il 1687 tra que’ comici che Francesco Calderoni (V.) condusse da Venezia a Monaco al servizio dell’Elettor di Baviera (Trautmann, op. cit.
« Modenese, nacque – dice il Bartoli – da onesta e civilissima famiglia, occupando il padre suo la carica di cassiere nell’ impresa dei pubblici lotti di tutto lo Stato del Serenissimo di Modena. » Dallo spoglio fatto nell’Archivio comunale di Modena, più Goldoni col nome di Antonio risultan quivi nati nella prima metà del secolo scorso, ma non si può dire qual sia il nostro di essi. […] Innamoratosi poi della Gaetana Andolfati, e ottenutala in moglie, si unì prima in società col padre di lei, poi condusse da solo una compagnia, colla quale percorse trionfalmente l’Italia, lasciando alla sua morte, che fu nel 1818, più di centomila franchi di eredità, e la fama di gran capocomico. Troviamo il nome di Goldoni anche tra’ comici del secolo xvii, secondo un cenno dello Scherillo (op. cit), il quale ci riferisce, nè sappiamo da qual fonte, essere stato lui lo Scaramuccia del Callot.
Era nato il 2 febbraio 1844 a Napoli da Giuseppe Majone e da Rosa Demiccolis. […] Assalito fieramente da febbre miliare, la mattina del 30 novembre 1872, rendeva l’anima al Signore.
Del '46, Enrico Montazio, non sospetto certo di tenerezza verso i comici, così scrisse di lui nella Rivista : Salvator Rosa ha sopra il Vergnano (recitava questi al Nuovo in Compagnia Pezzana) il vantaggio della voce, della persona, della età ; ambedue amano l’arte non da istrioni, ma da artisti ; ambedue pongono pari amore alle piccole parti, che a quella principale e di protagonista : e da ciò, a parer mio, si distingue sopratutto l’artista ragionevole e tenero, più che d’un trionfo a carico de'suoi compagni, della totale riuscita di un’azione drammatica.
Figlia dei precedenti, cresciuta sulle tavole del palcoscenico, entrò a far parte della prima Compagnia di Novelli dopo uscito dalla Compagnia Nazionale, per parti di giovine : ma da lui consigliata, poco oltre i vent’anni mise la parrucca della madre, per seguire la tradizione di famiglia, in cui nonno e padre s’eran fatti celebri colle parti caratteristiche. Recitò in dialetto veneziano sotto la direzione di Giacinto Gallina ; poscia in milanese ; e oggi (1904) trovasi da cinque anni con la Compagnia Gramatica, Talli e Calabresi. – La Vestri, vera faccia di caratterista, è un attrice modesta, la quale, per la serena semplicità del suo dire, meriterebbe maggior attenzione. […] Il 30 settembre '54 sposò a Milano la signorina Luisa Biagini, e passò in Compagnia Robotti, da cui si tolse, quando ne uscì la celebrata Antonietta.
Due anni dopo egli stesso introdusse in corte l’opera italiana chiamando da Firenze alcuni Cantanti che recitarono alla presenza del re l’Orfeo rappresentata in Venezia colla musica del riputato Zarlino. […] Vi si trova la solita varietà delle decorazioni mitologiche, ma accompagnata da alquanti colori patetici e vigorosi degni del tempo del gran Metastasio. […] Iside è la favola della figlia d’Inaco perseguitata da Giunone fatta tormentare dall’Erinni d’ogni maniera. […] L’istesso poeta scrisse poi Achille e Polissena; ma Lulli infermossi dopo aver fatta la musica dell’atto I, e l’apertura, ed il rimanente si pose in musica da Colasse. […] Lulli anche prima di ottenere il privilegio del Perrin aveva mostrata la rarità de’ suoi talenti ne’ balletti da lui stesso composti ed in quelli verseggiati dal Moliere.
Vi si trova la solita varietà delle decorazioni mitologiche, ma accompagnata da alquanti colori patetici e vigorosi degni del tempo di Metastasio. […] Iside è la favola della figlia d’Inaco perseguitata da Giunone, e fatta tormentare dall’Erinni d’ogni maniera. […] Questa osservazione è tenera e vera e da preferirsi al pensiero ricercato d’ Ovidio Xante retro propera &c. Il monologo e i lamenti di Jerace sono stati meritamente comendati da Marmontel21. […] Lulli anche prima di ottenere il privilegio del Perrin avea mostrata la rarità de’ suoi talenti ne’ balletti da lui stesso composti ed in quelli di Moliere.
Le parti serie sostenevansi da Pietro Sacchetti, Agnelo Popoleschi, Carlo Dati e dal Ricciardi. Il dottor Viviani fratello del riputato matematico Vincenzio faceva la parte di Pasquella, Luigi Ridolfi nella parte contadinesca di Schitirzi da lui inventata fu decantato come il miracolo delle scene. […] Michelangelo rappresentava estemporaneamente la parte di Pulcinella avendola studiata sin dalla fanciullezza da Andrea Calcese ammirato in tal carattere in Napoli ed in Romaa, e da Francesco Baldo, dal quale ricevè anche in dono la maschera stessa usata dal primo di lui maestro il nominato Calceseb. […] Non è men noto che il Moliere non isdegnò di apprendere da Scaramuccia i più fini misteri dell’arte di rappresentare, assistendo incessantemente ad ascoltarlo per copiarne l’espressiva grazia e naturalezza. […] Così narrasi nella Vita che se ne scrisse in Francia da un suo conoscente.
, il Duca volle che si recitasse una commedia dalle due compagnie riunite scegliendo da questa e da quella il meglio. […] Egli si trattenne ancora al seguito del Re, il quale in ottobre dello stesso anno gli fe’pagare cinquecento lire tornesi e XVII testoni, ecc. ecc., da repartirsi tra lui e i suoi compagni, sempre in considerazione del piacere che procuraron colle loro commedie a Sua Maestà. […] II, pag. 37) : Io aggiungo al detto del Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da un fiorentino, huomo di molto spirito e pratico della Spagna, ch’ egli circa l’anno 1610 stando in Siviglia, seppe da certi suoi amici, huomini vecchi e testimoni di vista, che Ganassa, comico italiano e molto faceto ne’detti, andò là con una compagnia di comici italiani, e cominciò a recitare all’ uso nostro ; e se bene egli, come anche ogni altro suo compagno, non era bene e perfettamente inteso, nondimeno con quel poco che s’intendeva, faceva ridere consolatamente la brigata ; onde guadagnò molto in quelle città, e dalla pratica sua impararono poi gli Spagnuoli a fare le commedie all’ uso hispano, che prima non facevano.
Laerte prende congedo da sua sorella Ofelia e da Polonio suo padre vecchio cicalone che con molte parole scagliando massime ad ogni occorrenza, lo spinge ad imbarcarsi. […] Torna la scena del muro della reggia, dove giugne Amlet accompagnato da i due soldati. […] Esce il Morto veduto da Amlet, e non dalla regina. […] Dopo due giorni di navigazione fummo inseguiti da un pirata assai bene armato. […] Gli stessi che ti hanno consegnata la lettera, ti condurranno da me.
Ma la magnificenza, la vastità, l’artificio onde è costrutto, per cui, mal grado di tante centinature, colonne isolate, agetti e risalti, parlando ancor sottovoce da una parte si sente distintamente dall’altra tutto ciò farà sempre ammirar questo teatro come uno de’ più gloriosi monumenti dell’amor del grande e della protezione delle arti che mostrarono i principi Farnesi. […] Il proscenio per ogni lato ha due pilastri con una nicchia nel mezzo di essi colle figure di Pallade, e nel mezzo vi è scritto Theatrum Fortunae, Si osserva da chi ha veduto questo teatro che non è sottoposto al difetto comune quasi a tutti gli altri, che la voce si perda ne’ buchi de’ palchetti, perchè tutti convengono che vi si sente egregiamente ogni parola. […] Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi. […] Nel Rosa, nel Bernini, nel Viviani, nell’Agli, nel Ridolfi, nel Dati si ebbero egregii attori accademici si mandò a Parigi il Fracanzano ed il Fiorillo o Scaramuccia da cui apprese Moliere, si costruì il gran teatro di Parma, e si sostituirono alle antiche scalinate i palchetti negli altri teatri di Fano, di Bologna, di Modena, di Roma, di Venezia. […] Tale fu il calcolo fattone da Giuseppe Notari citato dal cavalier Tiraboschi nel libro III del tomo VIII della Storia della Letteratura Italiana.
Bartoli chiama raro, stampato a Venezia da Gio. […] Ma ci basti sapere da Francesco Gabrielli, il celebre Scappino (V.), ch'ella fu di ingegno e di memoria prontissimi. La Celia — egli scrive da Ferrara, ov'egli si trovava con la Compagnia e con la stessa Malloni, ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, il 6 gennaio 1627 (pag. 964) — è la prima donna che reciti, poichè se la Compagnia od altri mettono fuori opere 0 comedie nove, lei subito le recita, che la Lavinia (l’ Antonazzoni) nè altra donna non lo farà, se prima di un messe, non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene. […] E ora, come saggio del suo stile, do anch'io il sonetto ch'ella dettò in risposta a uno di Paolo Fabbri, pubblicati entrambi da Fr. […] Dal quale anche appare, dopo un reciso richiamo all’ordine, come Celia si andasse ammansando, cosi da farsi chiamar dallo Scala stesso coppa d’oro, e chiedere in isposa da Iacopo Antonio Fidenzi detto Cintio ; matrimonio che non potè poi farsi per solenne divieto della madre infame, che vedea morto con esso ogni sorgente di lucro.
E questa, in risposta a uno di lui, dettò il sonetto seguente, già riferito da F. […] Tacciano ; e s’ han da dir dicano il vero, E non mutin color candido in nero. […] Felice Ancùro, Che potesti salvar da la nemica Voragine, benchè Mida si lagni La patria tua, benchè la moglie pianga. […] Era egli nella Compagnia degli Uniti, che il 3 aprile 1584 scrivevan da Ferrara al Principe a Mantova, desiderosi di recarsi colà a recitare ? […] Quel sopranome era da lei meritato, perchè ad una figura venerea univa un volto di bellissimi lineamenti.
Quando, traducendo le cose poeti che da un idioma in un altro non si è sicuro d’aver il polso d’un Cesarotti, o d’un Pope, si va a rischio di rinovellar la favola de’ Pigmei, allorché s’affannavano per alzar da terra la clava d’Ercole che dormiva. […] Il cangiamento accaduto poscia nella musica, rivolgendo verso i cantori l’attenzione del pubblico che si prestava da prima ai macchinisti, fu la cagione che i musici si tenessero in maggior conto, e che paghe strabocchevoli richiedessero per le fatiche loro, onde venne in seguito la necessità d’appigliarsi ad altri provvedimenti, che servissero a risparmiar da una parte ciò che si profondeva dall’altra. […] Il mostro descritto da Orazio, che aveva sembianza di donna su una cervice di cavallo, le piume sul dosso e il restante pesce, era il vero emblema del teatro musicale. Dopo averti mostrata la reggia d’Amore ti conducevan per mano a contemplare un mausoleo parcamente illuminato da lampadi sepolcrali. […] Le cose sacre principalmente furono da lui maneggiate con maestria, e decenza sconosciuta fino a suoi tempi, poiché gli oratori spirituali, genere di componimento inventato in Roma da San Filippo Neri e da Francesco Balducci illustrato, giacevano allora nell’avvilimento abbandonati alle penne triviali.
Ma non so come l’Alamanni poteva tradurre una Tragedia Greca per noi perduta forse da due mila anni. […] Quando anche ciò fosse, che perderebbe la scena da me lodata? […] Don Chisciotte nol farebbe per non trasgredire le regole Cavalleresche, dovesse anche farsi accoppare da qualche Biscaglino. […] venne da un suo zio chiamato in Roma, e vi dimorò tre anni. […] Chi si va lagnando abbattuto da gravi calamità fa di siffatte richieste?
Lampillas) la tanto da moderni Saputelli decantata Sensibilità? […] Egli è da indagarsi ne’ di lui giudizj. […] Saverio, che da queste parole traspare non solo scarsezza di sensibilità, ma certa zotica affettata ostentazione di buon gusto. […] Perchè dunque è quì abbandonato da Rapin che si protesta volerlo seguire costantemente? […] Ditemi, per vostra fe, avete voi fatto simili esami prima di trarre colpi da orbo?
La parte poi, tolta al Benedetti per raggiri del Sacchi, fu recitata da Giovanni Vitalba, che cedè al Benedetti la sua, quella di Don Alessandro gran Cancelliere del Duca ; essendo la quale di carattere d’un geloso furente, molto comica e teatrale, il Benedetti, attore di maggior fuoco del Vitalba, avrebbe, a detta del Sacchi, sostenuto quel carattere molto bene, e tenuta allegra una gran parte della Commedia (V. […] Bartoli – che portasse in Lombardia una commedia intitolata : I vari personaggi di Florindo ; l’esccuzione de’ quali vedevasi da lui fatta nell’ uscire da una portantina, situata a vista del popolo in mezzo alla scena.
Nato a Roma verso il 1805 da padre stagnino, seppe colla ferrea volontà formarsi un buon corredo di studi. […] Nella Clorinda della Gerusalemme Liberata, ossia Il Tasso, ridotto in quattro Sceniche Rappresentazioni da F. […] S’ebbe da varj poetiche lodi, tra le quali il seguente iperbolico sonetto del Dott.
Giudizio che troviam confermato in queste parole del Regli : Le parti passionate erano da lui preferite alle altre, e male non s’apponeva, poichè quando si ebbe in dono dal cielo un’anima non volgare e che sa infiammarsi ai più nobili affetti, d’uopo è lasciarle libero il campo e abbandonarla alle sue inspirazioni. […] Educato, gentile, senza albagia per il suo merito, era amato e stimato non solo da’ suoi fratelli d’arte, ma da tutti quelli che lo conoscevano. […] Venne curato affettuosamente ; eppure dopo pochissimi giorni, preso da polmonite acuta, spirò !
Instituitasi nella sua Ravenna una Società filodrammatica, egli vi mostrò subito attitudini chiare alla scena : e trasferitosi il '67 con la famiglia, a Firenze, dopo la morte del padre, entrò nell’ Accademia de'Fidenti, di dove uscì dopo breve tempo (1871), per entrar quale amoroso nella Compagnia della Sadowski, diretta da Cesare Rossi. […] Còlto da febbre tifoidea in Ferrara, vi morì, pianto da tutta l’arte, il 13 giugno 1878.
Ricci Orsola, sorella della precedente, entrò in arte e seguì sempre il padre e la sorella, recitando da Serva. Di questa dice il Bartoli : « il gentil personale adattato al carattere che sostiene, una prontezza vivace, ed i modi suoi graziosissimi fanno distinguerla per un’ attrice pregevole, e degna di quelle lodi, che liberalmente le vengono dagli spettatori concesse. » Ricci Emilia, pisana, nata dalla civile famiglia Gambacciani, venuta a povertà, ancor fanciulla, dopo la morte del padre, sposò Antonio Ricci, padovano, ballerino da corda, assai maggiore di lei. […] Delle cinque figliuole, Angiola recitò da bimba alcuni prologhi del Chiari, poi divenne ballerina egregia e sposò Gaetano Cesari, rinomatissimo grottesco : la seconda, Marianna, fu attrice e ballerina anch'essa col Medebach e sposò nel '79 Giovanbattista Rotti, Pantalone (V.) ; la terza, Teodora, fu moglie di Francesco Bartolì, e notissima attrice (V.
Imperiale da Antonio di Bolzano, loro interprete, fu pagato un fiorino perchè potessero partire. […] « Eccellente comico nella maschera da Pantalone, il quale fu impiegato per molti anni ne' Teatri di Napoli. Tornò in Lombardia da dove era partito, e ivi fece con molta lode nuovamente conoscere i suoi talenti.
Cominciò a recitare il caratterista, in cui riuscì egregiamente, cogli accademici della città, poi collo stesso ruolo in Compagnia di Nicodemo Manni, festeggiatissimo da ogni pubblico d’Italia. Passò da quella del Manni in altre compagnie vaganti, colle quali ebbe campo di farsi ammirare anche a Napoli, sapendo unire a sufficienza l’arte del canto a quella della commedia. […] Nato a Roma il 4 febbraio 1859 da parenti non comici, e datosi, giovanetto, al recitare in società filodrammatiche, si scritturò l’ '83 con Bellotti-Bon, per la cui morte non ebbe luogo il contratto, esordendo invece quello stesso anno come generico con Alessandro Salvini ed Ettore Paladini, e passando subito l’ '84 al ruolo di secondo e primo caratterista sotto il Salvini : ruolo che non abbandonò mai più, e che sostenne lodevolmente in compagnie egregie, quali dell’Emanuel, del Morelli, Maggi, Rossi, De Sanctis, Teatro d’Arte, Rasi, Della Guardia, Pieri-Severi, nella quale ultima si trova oggi (1904).
Passò a seconde nozze in Venezia il 1881 con Elvira Gorga, pur di Roma, e morì a Napoli, consumato da lentissima tabe intestinale, il 15 aprile del 1903. […] A proposito dell’interpretazione di Luigi XI, Parmenio Bettòli dettò un lungo articolo, da cui traggo il brano seguente : …… Nella grande scena del quarto atto col Solitario, ebbe moti, accenti e una espressione della maschera del volto da far correre brividi tra gli spettatori.
Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese. […] Adunque (in tal proposito può dirsi da taluno) bandiremo l’amore dalle tragedie? […] Nulla più lontano dal carattere del vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto il di lui Alessandro che sembra uno degli eroi da romanzo. La Tebaide, per valermi delle parole di Pietro da Calepio, scopre anche la gioventù del poeta. […] La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo valoroso esgesuita che per tanti altri pregi merita la nostra stima.
Chi poi ha sortito una tempra più fina, rapir si lascia da forza ignota a prender partito pel soggetto che rappresentasi, e gode di essere insensibilmente ingannato dalla verisimile finzione del dramma. […] Il render minuto conto de’ migliori componimenti drammatici sarebbe stata in vero cosa eccellente ed utilissima, ma da non potersi restringere in un piccolo volume. […] Si gira l’occhio da per tutto e nulla sfugge alla vista. […] E poi dimorando egli da parecchi anni in Madrid, é meraviglia come sfornito di molti comodi letterari, abbia potuto venire a capo di formare una così bella, dotta e sensatissima opera. […] Voi gli avete renduto il cortesissimo ufizio di Lucina, e io vivamente me e congratulo coll’autore, con voi, e coll’Italia tutta, cui da quest’opera non poco onore ridonderà.
« Quando la compagnia si fu tolta i suoi costumi di teatro, per indossar quelli di tutti i giorni, la laide Bassi, infilato il mio braccio, mi trascinò fuori, dicendo che io doveva recarmi a cena da lei. […] Era una immensa camera al pian terreno, che serviva a un tempo di cucina, di salotto da pranzo e di camera da letto. […] Nulla sappiamo degli attori, se non che di una servetta strasburghese e di un arlecchino, il suo amante, intorno ai quali i alla famiglia Bassi è nello stesso Casanova la descrizione di un’orgia schifosa al segno da far arrossire il più spregiudicato uomo del mondo.
A sedici anni era a Milano con Tommaso Zocchi, ingenua applauditissima ; a soli venti anni applauditissima prima attrice assoluta con Pisenti e Solmi. « Maravigliò – scrive il Regli – per la stupenda esecuzione da lei data a quelle parti, in cui più le violenti passioni campeggiano, come nel Ricco e Povero, nel Testamento d’una povera donna, nell’ Eulalia Granget, Era io » della signorina R. […] Lasciò l’arte per alcun tempo : vi tornò fiorente ancora, e ancor bene accolta dai pubblici, ma conducendo sempre vita travagliosa anche in mezzo alle dovizie che le piovver più volte in ogni modo e da ogni parte. […] Si recitò l’Oreste di Alfieri e le parti furon così distribuite : Elettra Adelaide Ristori Clitennestra Laura Bon Oreste Achille Majeroni Pilade Tommaso Salvini Egisto Angiolo Grossi (dilettante) E a compimento dell’opera seguì alla tragedia la farsa Un laccio amoroso, recitata da Maria Luigia Rubini e da L.
Nata da famiglia milanese, fu educata al Collegio delle Orsoline, da cui uscì nel 1859, per entrare in quello Coudert. […] Rovesci di fortuna obbligaron la giovinetta a calcar le scene, e la maestra si recò il 1867 a posta da Torino a Milano per assistere all’esordir della sua allieva, che andava a sostituire a metà d’anno la Guendalina Dominici Scalpellini in quella celebrata Compagnia di Bellotti-Bon, nella quale ella salì poi al più alto grado dell’arte, ove seppe mantenersi anche dopo, alternando il ruolo di prima attrice assoluta colle sue creazioni di bimba, quali la Carolina nel Codicillo dello Zio Venanzio di Ferrari, la Ivonne nella Serafina di Sardou, la Celeste nell’Idillio Campestre di Marenco, la Silvia nella Famiglia pur di Marenco, la Ida nella Vita Nuova di Gherardi Del Testa, l’Emma nei Mariti di Torelli, ed altre molte, in cui non ebbe chi la superasse, nè chi la uguagliasse. […] Questa figura così vaga, così gentile, intorno alla quale il poeta ha speso un largo tesoro di grazia e di bellezza, è stata incarnata da lei senza mende, senza incertezze e con una ispirazione felicissima, dalla prima all’ultima scena.
E la natura per così dire, in tumulto, e la violazione delle leggi dell’universo fatte da immaginarie intelligenze le furono più a grado che non il costante e regolar tenore delle cose create. […] Il legislatore deificato poi da’ suoi seguaci veniva onorato da essi col titolo di padre della strage, di nume delle battaglie, di struggitore e d’incendiario. […] E ciò non solo colle parole e col tatto, ma con misteriosi caratteri ancora, i quali aveano virtù d’allontanare ogni guai da chi li portava seco: onde trassero origine i talismani, gli amuleti, e tai cose. […] Dall’altra parte questa rinata come la lingua più per caso o per usanza, che per meditato disegno d’unirsi alla poesia, crebbe in principio e si formò separatamente da essa. […] Ma da ciò che ne è provenuto?
Dalle notiziole del Bartoli fornitegli da Agostino Fiorilli, sappiamo ch’egli « era un comico, che unir sapeva alla prontezza delle parole l’argutezza de’sali ; e giocava meravigliosamente delle scene insieme col Pulcinella. […] In alcune commedie ridicole, e dove la mensa avea luogo, voleva che fossero apparecchiati i maccheroni, che venivano da lui divorati, non che mangiati. […] lo conosco ; è un brav’uomo : faceva la parte di Don Giovanni nel Convitato di Pietra ; si pensò di mangiarsi i maccheroni d’Arlecchino, e da ciò gli diedero questo soprannome….. » La Compagnia di Florindo fu quella con cui viaggiò Carlo Goldoni il 1720 da Rimini a Chioggia. […] Ciascuna donna aveva il suo nicchio separato da coltrine.
Ed esordì infatti nella Compagnia Taddei, ov’ era già il padre, con tal successo di fischi da deporre per sempre il pensiero dell’arte. […] A queste, altre se n’aggiungon di minore importanza, una delle quali ricordo, rappresentata al Corea di Roma nel ’73 dalla Compagnia di Fanny Sadowski, diretta da Cesare Rossi, di cui faceva anch’io parte, e che non figura nell’ elenco di tutte le opere di lui, pubblicate in due volumi. […] ) dice di lui : …..egli seppe compensare collo studio indefesso certe manchevolezze ch’aveva da natura ; come a dire una voce ranca, una fisonomia accigliata e ribelle alla giocondità, così necessaria al ruolo di caratterista. Gli effetti di comicità che otteneva col solo aiuto dell’arte, non erano in nulla da meno di quelli spontaneamente conseguiti dagli attori privilegiati dalla natura ; e non è picciol vanto. […] Non lasciò mai travedere ciò che pensava ; fu stimato e riverito da molti : io pure lo stimai, ma non l’ebbi mai nel mio calendario.
Zoppino da Gazzolo. Il De Sommi lo cita col Montefalco, il Veratto, l’ Olivo, lo Zoppino da Mantova, tra i molti galanti homini che di recitare perfettamente si sono dilettati a' tempi nostri (poco oltre la metà del secolo xvi).
Quindi è che non sì tosto egli comincia a far prova delle forze del suo ingegno che ne dirige le primizie a quella Prima Cagione da cui sente interiormente di dipendere. […] Perciò s’incontra da per tutto la poesia coltivata prima della filosofia, e l’esercizio del verseggiare anteriore allo scrivere in prosaa. […] Gli anzinominati versi saliari Latini sono anteriori alla prosa usata la prima volta da Appio Cieco contro Pirro. […] Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri. […] Or da quanto si è ragionato scende per natural conseguenza, che la poesia rappresentativa non nasce nelle tribù de’ selvaggi, perchè essa richiede maggior complicazione d’idee per saper volgere l’imitazione in satira ed istruzione.
Recitavano l’uno da Pantalone e l’altra da Serva sotto nome di Rosetta, e furono condotti d’ Italia a Dresda il 1717 da Tomaso Ristori.
Nacque a Bologna il 31 dicembre del 1803, da Antonio Fabbri e Vincenza Barbieri. […] Lo troviamo il ’38 generico primario con Gaetano Nardelli, il ’42 padre e tiranno con Romualdo Mascherpa e il ’43 collo stesso ruolo nella seconda Compagnia Domeniconi, nella quale si unì in matrimonio con Luigia Moretti, figlia di un suggeritore, e dalla quale passò poi in quella dei Fiorentini di Napoli, condotta prima da Alberti e Monti, poi da Alberti e Colomberti, poi dall’Alberti solo.
Comica veneziana, la quale fiorì intorno al 1590, e della quale non sappiamo altro, fuorchè l’ 11 dicembre di quell’anno, di passaggio per Mantova, fu alloggiata con un suo ragazzo, Girardino, e cogli altri comici Messer Guido Nolfi da Fano e Messer Leandro de Pilastri (V.), presso M. Cesare Galassi da Fano.
Recitò da Brighella per molto tempo nella comica Compagnia diretta da Antonio Marchesini.
Questo padre e legislatore del teatro francese morto nel 1684 in Parigi merita di studiarsi da chi voglia coltivar la tragica poesia. […] Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese. […] Nulla più lontano dal carattere del vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto il di lui Alessandro che sembra uno degli eroi da romanzo. La Tebaide, per valermi delle parole di Pietro da Calepio, scopre anche la gioventù del poeta. […] Fu segno a’ morsi satirici di Boileau amico di Racine e degli antichi, e fu lodato da Perrault emulo di Boileau e adulatore de’ moderni.
Molti pezzi di questa musica furono composti dallo stesso Rousseau, e gli altri da M. […] Nel palazzo di Versailles si edificò nel 1770 da M. […] Nel 1756 si costrusse il teatro di Lione da M. […] Havvi un portico nella platea, e tre ordini di logge continuate divise a palchetti soltanto da alcuni balaustri che impediscono il passaggio da uno in un altro ma non la vista. Dicesi che in Bordò da pochi anni siasi cost uito un teatro magnifico sopra tutti gli altri della Francia.
Fu amante appassionato di Lidia da Bagnacavallo, poi dell’Armani, morta avvelenata in Cremona. […] Verona, Sebastiano e Giovanni dalle Donne fratelli, 1578, da cui è tolto il presente ritratto. […] Conte Marco Verità, con alcune annotazioni del signor Fulvio Vicomani da Camerino in alquanti dei Madrigali. […] Da quella conca avventurosa e bella che fuor dell’onde l’alma Dea di Gnido allor portò, che dal Mar nacque, al Lido, degna d’esser nel Ciel fatta una stella : tolse le perle rilucenti, e in quella bocca le pose di sua man Cupido, cagion che da me stesso io mi divido, qualor si dolce ride ovver favella. […] Annotazione Mandò il Valerini a donar alla sua Donna la Galeria di Minerua, libro da lui composto e dedicato al Serenissimo Sig.
Ma come dedurre da ciò che la lingua provenzale derivi dalla catalana? […] Esso consisteva in versi in lode della Vergine e de’ Santi, cantati a competenza da varii branchi di pellegrini venuti da’ Santuariia. Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, ed appresso montarono sudi un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento. […] Vedi la Dissertazione premessa al Teatro Alemanno compilato da Junker e Lieubaut.
Ma nella Compagnia recatasi in Francia nel 1639, mezzo cantante, mezzo improvvisatrice, chiamata da Luigi XIII, non figurava la Beatrice Adami. […] Recitava con somma abilità una commedia intitolata : La Pazzia ; talchè Andrea Baruzzi volle onorare i suoi meriti col seguente sonetto tolto alle rime di lui, stampate in Verona per il Rossi l’anno 1675 : Beato esser credea col suo bel volto, e poi mi diede un infernal dolore, poichè con finti vezzi a me rivolto, da dovero il crudel m’impiagò il core. […] Comunque sia, benchè fra questa Beatrice e l’altra non corrano che dieci anni, è da supporre, oserei dire è certo, che si tratti di due distinte persone, non combaciando troppo fra loro codesta parte drammatica di pazza col carattere spigliato e birichino della Diamantina (V. […] Apprendiamo da Corrado Ricci (I Teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII, pag. 49. […] Ecco il brano ch’egli riporta dalle memorie mss. del Ghiselli : È da sapersi che due sere prima che questi istrioni terminassero le loro comedie furono gettati sul Teatro sonetti in biasimo della Beatrice, una delle recitanti, dalli Cavalieri parziali dell’ Eularia altra comica.
Borisi Amalia, attrice oggi di molti pregi per le parti di madre e caratterista in dialetto veneto, nacque il 1844 da Francesco Ninfa Priuli di famiglia patrizia veneziana, caratterista, e da Annetta Maliani, figlia di un medico, pur di Venezia. […] E in tempo di fiera si facevano, all’americana, sin cinque rappresentazioni nella sola mattina, cominciando alle 9, e rimandando il pubblico a ogni fin d’atto della stessa commedia, per dar posto al pubblico nuovo, talvolta accalcantesi alla porta d’ingresso, talvolta, il più spesso forse, costituito da pochi monelli : ma la scarsezza del pubblico non fece conoscer mai a quegli ottimi sciagurati il significato della parola forno nel gergo teatrale ; nè col forno nel significato suo proprio ebber mai troppa dimestichezza. […] E nel Mondo illustrato del 14 settembre ’61, da cui tolgo il presente ritratto, è l’Amalia chiamata la gemma della compagnia, la quale alla franchezza, alla disinvoltura, alla naturalezza, alla vivacità accoppia una grazia ed una riservatezza che accrescono pregio e dan rilievo a tutte le altre doti. […] Ma nell’ ’85 dovè abbandonar l’arte, e poco tempo dopo, colpito da malattia insanabile, morì a Milano fra le braccia della moglie, nella casa di salute dei fratelli Dufour.
Con altra lettera in risposta alle ordinazioni del medico, avverte non poter prendere il latte sino a Bologna, per dove sarebbe partito pochi giorni dopo ; e domanda se debba prenderlo cotto o naturale, e s’abbia da mescolargli altro, e quanto n’avrà da prendere e per quanti giorni ; e quanto sangue stimerà bene si faccia levare, e cosa debba prendere prima della cavata di sangue. […] Dal '25 si passa a una lettera del '35, in cui dopo di avere accennato a un nuovo sputo di sangue avuto il '29 a Padova, racconta come la passata quaresima (1734) tornando da Roma fosse caduto con tutto il calesse in mezzo a un fiume, e avesse dovuto restar due giorni in una casa di contadini per asciugarsi, dalla quale partì a cavallo, essendo il calesse infranto, con vento e neve così terribili, che credette morirsi per via. Arrivato a Bologna stette bene due mesi, ma poi fu preso da vertigini e febbri acutissime, per le quali fu ordinata nuova emissione di sangue. […] La febbre non gli venne più così gagliarda, ma egli si trovava in tale stato di affiacchimento, da non potersi reggere in piedi, specie la sera, quando doveva recitare : e di ciò si duole col solito medico, al quale chiede ajuto di nuovi consigli.
Essi inviarono una supplica al Senato di Milano nel settembre del 1641, onde essere graziati di una condanna, per porto di armi da taglio e da fuoco, subìta nella città di Pavia.
È citato da Fr. […] Nell’Arlecchino perseguitato dai quattro elementi Giovanni Roffi rinnovò la comica trovata, seguito ancora dal Rossi suo cognato e da altri.
Tale fu pure il dialogo di Gherardo Richier con una pastorella, la quale, benchè da lui trovata a caso, si mostra intesa degli amori di lui colla sua Bel-de-port 1. […] Diciamo non di meno di passaggio che in Lanciano una tragica sacra rappresentazione si è eseguita da tempo immemorabile la sera del Venerdì Santo del Mortorio di Gesù Cristo dopo una solenne e pomposa processione, che usciva dalla chiesa di San Filippo Neri, a spese de’ confratelli della Compagnia della Morte. […] ADDIZIONE IV* Patria di Niccolò da Correggio. […] Al Capo I, pag. 23, lin. 28, dopo le parole, del marchese Bonifacio da Monferrato, si aggiunga quel che segue.
Da Venezia passò a Modena nella primavera del medesimo anno ; e da Modena nel regno di Napoli, in Sicilia e altrove. […] ) e suo nipote un Bartolommeo D’Afflisio che troviamo per le parti di padre nell’elenco della Compagnia diretta da Francesco Menichelli, della quale faceva parte il noto arlecchino Fortunati, l’anno 1795-96. […] Il solerte Conte Paglicci-Brozzi mi comunica con l’usata gentilezza il seguente documento, tratto dall’Archivio di Stato di Milano (Spettacoli pubblici — Teatri Comuni — Parma) : Elisabetta da Flisio (sic) detta la Passalacqua, supplica accordarli il teatro di Parma colla graziosa condizione accordata a Bartolo Ganascetti e Crosa (sic) Compagni. […] E. fa rimettere al Direttore Camerale di Parma l’annesso memoriale di Elisabetta da Flisio detta la Passalacqua e lo fa rendere ad un tempo inteso di aver accordato a favore della compagnia di detta Donna il teatro della suddetta città per il prossimo Carnevale, giusta il supplicato affinchè il mentovato Direttore dia le corrispondenti disposizioni.
Recitò il Fiorio in Verona nell’Accademia de’Dilettanti diretta da Marco di lui padre, e si diede a conoscere per un abile Attore. […] Ebbe l’incontro di dover recitare colla Maddalena Battaglia poco dopo comparsa in Venezia, e con essa fece maggiormente spiccare il di lui valore, sostenendo la parte d’Arsace nella Semiramide di Monsieur di Voltaire, e l’Amleto nella Tragedia di questo nome di Monsieur Ducis ; ambe tradotte da peritissimi Scrittori. […] Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo.
Spesso era preso da una cattiva sonnolenza e appariva come ebete. […] Sin dall’infanzia gli amici di Luigi solevano dire che suo figlio sarebbe divenuto o un grande ingegno, o un grande zuccone : frase ch'egli andava poi spesso ripetendo, ma pare che da giovine Gaetano desse molto filo da torcere al povero padre che non sapeva come porre un rimedio alle scelleratezze di lui (vedi al nome di Luigi la lettera autografa), nelle quali forse era il germe dell’esquilibrio mentale. […] Enrico De Amici annovera, fra le opere da lui meglio interpetrate : La Bottega del Caffè e Michele Perrin ; Giuseppe Mazzocca vi aggiunge Filippo Maria Visconti, Carlo Magno nei Poveri di Parigi, Zaccar, Il povero Giacomo, Papà Martin, Sior Todero Brontolon, il Padre nella Prosa, Carnioli nella Dalila.
Al governatore Claudio Ricci fu dato l’aprile del 1697 l’ordine ducale di arrestarlo, non è detto per qual motivo, in un con Giuseppe Sontra, Flaminio, quando fossero passati pel Po, diretti da Ferrara a Cremona ; ordine che il Ricci annunzia da Brescello in data del 21, di avere passato al Capitano del Brigantino.
Nell’Uomo singolare egli ne prende le tinte dalla propria fantasia, o da qualche originale particolare da non poter riuscire importante pel pubblico che nulla in esso impara per correggersi, nè prende diletto di un ridicolo non manifesto. […] Floricourt poetastro protetto da Madama è fischiato. […] Trasse l’Abate da ciò indizio che potesse essere figlio o parente prossimo di qualche magistrato. […] Si assicurò con ciò che era venuto da una delle principali città della Francia. […] Nella medesima compagnia si segnalò con qualche commedia Romagnesi, e Colato morto nel 1778 che rappresentava da pantalone, a cui appartengono il Mostro Marino, gl’Intrighi d’Arlecchino, i Tre Gemelli Veneziani, da me ascoltata nel dicembre del 1777 in Mompelier, e della celebre attrice Carolina, i quali da molti anni si erano ritirati dal teatro.
Primo amoroso nel 1829 della drammatica Compagnia Bergamaschi, e generico dignitoso e tiranno, a vicenda con Giuseppe Nolis, nel 1832, della Compagnia tragico-drammatica diretta da Giovanni Ghirlanda. […] Già la tromba propagatrice delle umane vicende gli dà il nome di terribile, e le opere sue singolari di beneficare i poveri, e perseguire i scellerati, sono ammirate da tutti ; ma ciò non basta a toglierli la taccia di scellerato che gli empi suoi delitti hanno scolpita a caratteri di sangue nel libro eterno delle Leggi. […] Ciò fu anche in vista che gli animi giornalmente da gravi cure oppressi, richiedono nei serali divertimenti una dolce ricreazione.
Era di una imperturbabilità glaciale in ogni evento : un po’ per elezione, un po’ fors’anco per incapacità, egli rappresentava il vero tipo del comico a spasso, guitteggiando in Venezia stoicamente e filosoficamente, e appostando i comici, ai quali soleva declamare in aria di eroe da teatro : nacqui in Vicenza ; fui allevato in Crema ; il gran Balda son io ; sappilo e trema. […] Apprese l’arte da Andrea Calcese (V.) detto Ciuccio, perfezionatore del Pulcinella dopo Silvio Fiorillo (V.), più noto sotto il nome di Capitan Matamoros, e l’insegnò poi a sua volta a Mattia Barra e Michele Fracanzano (V.). […] Ecco le sue parole : « Graziosissimo nelle sciocchezze facendo da Policinella, ho conosciuto un Francesco Baldi imitatore d’Andrea Calcese detto Ciuccio, che mi dicono essere stato impastato di grazia ; e pur costoro non sapeano che fusse rettorica, nè arte di facezie, nè sali per arte ; ma per natura. »
Si diede giovinetto alle scene, e fu per molti anni primo attore della primaria Compagnia, condotta da Giacomo Dorati. […] Fece, dopo la scrittura col Dorati, società con Giacomo Modena ; ma còlto da improvvisa infiammazione cerebrale in Venezia, vi morì in pochissimo tempo, a soli trentasette anni. […] VI), dopo aver parlato del Tonin Bonagrazia, pel quale egli poteva a ragione esser chiamato il Demarini faceto, conchiude : « da ciò si comprenderà facilmente che quando il Bellotti assume il carattere grave ed eroico, è ben difficile che gli riesca di sopprimere negli astanti quella giuliva impressione che la sua sola presenza ridesta. »
Trovandosi fermo a Firenze con la madre, a spasso, gli venne fatto di conoscere Giovanni Chiarini celebre conduttore di una compagnia di pantomimi, e fu da lui scritturato con due svanziche alla settimana per ogni specie di parti, dopo di avere esordito con ottimo successo in quella di vecchia mugnaia nei Mulinari. […] Dopo due anni di quella vita travagliosa, il fratello Gaetano lo volle con sè, e gli affidò le parti di amoroso, da cui per decisa inettitudine lo tolse subito per passarlo alle comiche mamo e secondo brillante ; e tanto Leopoldo in quelle si distinse, che dopo sei anni fu elevato al grado di primo brillante assoluto nella Compagnia di Zamarini e Carlo Romagnoli, in cui esordì con molto successo il 1860 al Paganini di Genova. […] Sposò a Piacenza nel 1863 la figlia di un avvocato, Ameli, da cui non ebbe figliuoli, ma, in compenso, grandissimo amore.
Sebbene terza donna della Compagnia diretta e condotta da Antonio Franceschini detto Argante, al S. Luca di Venezia, pure era tenuta da lui in gran conto, sapendo ai pregi dell’arte comica, unir quelli del canto. « Nel 1736 – dice il Bartoli – sostenne nella Tragicommedia intitolata La clemenza della vendetta le parti della Cingara Indovina, di Madama Do La Sol Re, Virtuosa di Camera della Regina, e d’ Eurilla figlia del maggior Sacerdote. »
Signore, io non ho l’onore di esser conosciuto da voi ; voi però dovete conoscere in Venezia mio padre e mio zio ; in una parola, sono il vostro servo umilissimo D’Arbes. […] La lettera con cui fu inviato il sonetto, ed il sonetto medesimo, li trascrivo da Francesco Bartoli. […] (Fu poi sostituito da Antonio Mattiuzzi vicentino, del quale discorreremo a suo tempo). […] Compiuto il lavoro fu accettato, e rappresentato il 7 febbraio 1752, probabilmente nel grande teatro dell’opera, sotto la direzione anche’ sta volta di Pietro Algeri, venuto a bella posta da Parigi, e con musica nuova del suonatore di viola da braccio, e compositore della musica pe’ balli, Johann Adam. – Della musica di Rameau furon serbati la sinfonia e il primo coro. […] Bartoli dice che egli « sapeva giocar di scherma, ed insegnavala a chi voleva da lui impararla.
Nacque a Mantova il 1811 da Teodoro e da Maria Cappello.
Lo vediamo il '64 in quella di Zocchi, e il '65 nella Dante Alighieri, diretta da Riccardo Castelvecchio, anno in cui si sposò. Il '69 era con la moglie prima donna in Compagnia Carbonin, diretta da Antonio Giardini, e il '76 in quella di Luciano Cuniberti.
Recitò da innamorato spiritosamente ne'Teatri della sua Patria, e riuscì un ottimo Commediante. Fu nella Compagnia diretta da Antonio Fiorilli, in cui ebbe campo di far spiccare la sua abilità, specialmente nelle Commedie all’improvviso.
E quantunque da alcuni si pretenda che dopo quel tempo Eupoli avesse altre favole composte, e che egli non morisse in mare ma in Egina; pure è sempre certo, che per un editto de’ Quattrocento sotto Alcibiadeb, o de’ Trenta Tiranni nell’olimpiade XCIII o XCIVc, non si potè più nominare in teatro verun personaggio vivente; e così cessò la commedia greca chiamata antica. […] I forestieri acclama, E i patriotti poi sprezza e i congiunti; Fasto e ricchezza in povertade ostenta: Con scarsa mano o con maligno oggetto, Spinto da vanità, non da virtude, I suoi doni dispensa. […] Sozione Alessandrino ne reca un altro pur trascritto da Ateneo della favola Ασωτιδασκαλος, ossia Magister Lussuriae, che può in certo modo equivalere al Mechant del Gresset e all’Homme dangereux del Palissot? […] Suida ci dice che questo comico portò la prima volta sulle scene le avventure amorose e le vergini deflorate, le qu ali cose si rappresentarono con frequenza nella commedia nuova da cui passarono alla latinaa. […] Nell’originale si parla dell’acida pozione abyrtaca accennata da Alesside, che si componeva di porro nasturzo ed acini di melogranato.
Da tal Cicalamento parrebbe accertato avere avuta il Biancolelli la prima educazione da Carlo Cantù, dal quale, espertissimo Zanni, molto probabilmente accolse l’idea fondamentale del teatro e del tipo che dovea poi, non molti anni dopo, farlo al sommo famoso. […] Dominique, stando sempre al Cicalmento (pag. 46) non si recò allora a Parigi per la prima volta : egli vi andò sul finire del’45, quando da quella Cristianissima Maestà vi fu chiamato Buffetto, il quale anche ci fa sapere come, presentate le commendatizie e ricevuti con ogni degnazione da’Sovrani e dall’eminentissimo Cardinal Mazzarini, fosser dati a Menghino e denari e un vestito bellissimo. […] Sposò il 2 aprile ’63 Orsola Cortesi (Eularia), da cui ebbe otto figliuoli, tre de’quali, due femmine e un maschio, seguiron l’arte de’parenti. […] Dominique, non meno eccellente ballerino che eccellente attore, si diede alcun tempo dopo ad imitare il ballo di Beauchamps, e vedendo quanto il Re prendesse diletto da quella parodia, maestrevolmente eseguita, la prolungò più che potè. […] lli Parfait, e Biblioteca de l’Opera di Parigi, che conserva lo Scenario intero trascritto da Gueullette) non ne è indizio certo ; e questo sembrò anche agli stessi Parfait.
Gili nata Carpanè l’ Esopo in Corte del Boursault, tradotto da Gaspare Gozzi. […] Nel '63, recandosi per mare da Genova a Livorno, fu sorpreso da tal burrasca, che si dovette gettar in mare tutto il carico della compagnia, lasciando nella nave la sola mercanzia di un ricco negoziante il quale, giunti in salvo nel porto di Livorno, risarcì pienamente il Paganini del danno sofferto. […] L'ho trovato in veste da camera, con una berretta bianca in testa, fatta a pane di zucchero. […] Sbrigati ch'ebbe alcuni operaj che attendevano soldi, mi chiese, con un’eloqueuza da scena, in che potesse avere la bella sorte e l’onor di servirmi. […] Sono Impresario, soggiunse, ma deggio, in molte cose, da essa dipendere.
Datosi poi al ruolo di primo attor giovine, fu in Compagnia di Bellotti-Bon con Virginia Marini negli anni ’79-’80-’81, durante i quali s’era acquistato buon nome specialmente per la parte di Morto da Feltre nella Cecilia di Pietro Cossa ch’egli recitò di tal modo da non aver mai chi lo superasse.
Il Muratori da tai parole pretende ricavare che l’organo fosse molto tempo avanti conosciuto in Italia 20, e il Cavalier Tiraboschi coll’Abate Bettinelli strascinato da sì gran nome pronunzia anch’egli la medesima cosa. […] In contraccambio di tanti pregi egli menò una vita infelice calunniato dalla ignoranza, perseguitato dalla invidia e costretto a fuggirsene altrove da quei monaci stessi ch’egli onorava colte sue virtù ed istruiva coi suoi rari talenti. […] Lo spettatore, che vede da lontano unirsi la terra col cielo, crede che colà siano posti i limiti del mondo, ma a misura ch’egli avanza il passo, l’illusione sparisce, e più non vi si trova il confine. […] Alcuni si vestivano da Pulcinella, altri da pantomimo, altri da donna, e parecchi si lordavano il viso con varie sozzure affine di movere il riso, o di far paura agli spettatori. […] Il progresso dei lumi ha finalmente da qualche tempo fatto andar in disuso simili divertimenti.
pag. 53 lin. 5 i Visionarj il Cortigiano solitario di Mairet, i Visionarj pag. 62 lin. 19 nodo i strinsi nodo io strinsi pag. 71 lin. 6 sulla scena Ericia ossia la Vestale sulla scena Artemira pag. 118 lin. 5 morto da non molti anni morto da molti anni pag. 171 lin. 19 Domenico Romagnesi Domenico, Romagnesi pag. 204 Il sig. […] I, pag. 205, lin. 16, dopo le parole, tutto si è perduto nel nulla, si aggiunga da capo.
La mancanza di una figura rispondente alle esigenze dell’estetica teatrale, fu in larga scala compensata da una voce potente e melodiosa. A Maria Barach mancò forse quella guida che altre artiste modificò e migliorò, togliendo loro tutte le angolosità che procedono più specialmente da esuberanza di mezzi e da soverchia libertà di azione…. ; ma non le mancarono certo nè applausi di pubblico, nè encomii di giornale.
Fu sempre in ottime compagnie, fra cui, nel ’53, in quella condotta e diretta da Antonio Feoli, finchè sposato il brillante Amilcare Ajudi (V.), si fece capocomica ella stessa. […] Apparve la Carolina attrice di molti pregi così nella commedia, come nella tragedia : ebbe onore di applausi e poesie da ogni pubblico. Nella sua beneficiata al Valle di Roma, recitando la Maria Stuarda di Schiller, fu una pioggia non interrotta di fiori e sonetti ed epigrafi, con dono agli spettatori del suo ritratto, disegnato da Carolina Grasselli Scröther.
Nato a Trapani il 24 ottobre del 1850 da Carlo, ufficiale di dogana, e Francesca Lombardo, fece il suo ingresso in arte, rappresentando per favore nei Mafiusi di Rizzotto (1864), che era amicissimo del padre di lui, una particina da ragazzo di poche parole ; particina che poi, mercè la svegliatezza e spontaneità del giovinetto, divenne a poco a poco la più importante dopo quella del protagonista, e diè forse l’idea del maggiore sviluppo del lavoro, allora in un solo atto. […] Gli fu data al Brasile la croce di cavalier della Rosa, in Portogallo quella dell’ordine di Cristo, e da noi, ministro Coppino, quella della Corona d’Italia.
Artista pregiatissima per le parti caratteristiche, nacque a Rimini da Guido Guidantoni e Colomba Masi, non comici. — Dopo di avere recitato, bambina, tra’ filodrammatici della città, dopo di avere studiato il ballo, preconizzata dalla celebre Mayvood una futura ballerina di cartello, dopo di avere studiato il canto a Firenze col maestro Romani e il suo alunno Vanuccini, e di aver cantato a quel teatro della Pergola e ne’ maggiori d’Italia, scritturata per un triennio dal celebre maestro Lanari, eccola finalmente entrare nella Compagnia formata allora da Giuseppe Peracchi, poi in quella di Ernesto Rossi (’63-’ 64), che la chiama nelle sue memorie servetta e seconda donna pregevolissima, e al quale ella tributa la più profonda riconoscenza di scolara. […] E se nella commedia assurse a grandezze toccate da poche, nelle tragedie non fu spregevole.
Colà, entrato nella Società filodrammatica, esordì colla parte di Paolo in Francesca da Rimini del Pellico, e tale ne fu il successo che tutti lo consigliarono a gettare i pennelli per darsi all’arte del comico. […] Dopo alcune recite al Teatro Partenope, fu scritturato da Adamo Alberti a' Fiorentini, quale amoroso a vicenda con Luigi Monti, assumendo alla sua partenza il ruolo di primo attor giovine a fianco della Sadowski, della Cazzola, della Monti, di Taddei, di Alberti, di Bozzo, di Majeroni, di Tommaso Salvini, di Angelo Vestri, di Marchionni e di Virginia Marini, con la quale passò poi in Compagnia di Alessandro Monti. […] Affetto da vizio cardiaco, e di fibra singolarmente sensibile, ammalò poco dopo ; e, trasportato a Viareggio, quivi morì il 6 febbraio del 1869.
L'autunno dell’ '86 era a Torino, raccomandato da Sua Altezza al signor Marchese di Dronero ; e 1' '88 a Milano, ove gli furon pagate lire 740 dal tesoriere Zerbini (V. l’elenco di quest’anno al nome di Torri Antonia). Il 25 febbrajo '90, trovandosi a Roma, e avuta notizia che il Duca privava la Compagnia del Dottore e del secondo Zanni, si volge con lettera a un segretario del Duca, per ottenere o lo scioglimento da ogni obbligo di servizio, o la sostituzione dei due personaggi. […] A. qualche soccorso, tanto più il Rechiari non l’ha voluta in Compagnia, non sa come sostentarsi. » Il 5 dicembre del’91 scrive da Arezzo di Toscana a un segretario del Duca, perchè gli ottenga raccomandazioni per Roma, ove i comici di Silvio, con lor mene, gli farebber guerra.
La primavera del 1766 si trovava a Bologna, e le fu diretto da Ignazio Casanova il seguente sonetto, comunicatomi gentilmente da G. […] Le scene violente ch'ella ebbe di continuo con lui per vedere la eredità paterna insidiata da ridicoli amori, resero incompatibile la sua dimora in Compagnia, sicchè, avanzando negli anni, determinò di togliersi col marito dalla professione.
Istruito da Lorenzo Bellotto, detto Tiziano, doventò buon Arlecchino, e fu a Venezia applaudito in Compagnia di Girolamo Medebach. […] Soliani), che comincia : Abbia Marte i suoi fuochi, e da tonanti guerrieri bronzi, e da le ferree canne vomiti incendi strepitoso, e morti sotto del Cielo Artoo col Prusso in lega pur anco resistente e col feroce non cedente German col Gallo invitto col numeroso Mosco e il prode Sveco abbia i suoi fuochi anco Talìa : Si costruì poi il Savi un teatrino di marionette, con cui tornato in Italia e stabilitosi a Torino, ov'era ancora il 1781, aggiunse nuove fortune alle già acquistate.
Al Casino dei Quattro Venti gli cadde a lato il fratello Giovanni colpito da una palla che gli trapassò la gola. […] Non è a dire però che la volontà di studiare, di fare, di togliersi col proprio ingegno da quelle angustie venisse meno in lui. […] Una farsa che mio padre non aveva studiato, che non aveva visto fare da nessuno, nella quale non aveva sgambetto, nessun lazzo, nessun trucco. […] Mio padre fu scritturato da lui, ma per di lui consiglio abbandonò il ruolo di brillante per prendere quello di promiscuo, ed accettò il posto di secondo promiscuo, dopo la scelta di Gattinelli. […] Quando al suo metodo di recitazione la giovane critica ebbe da contrapporre giovani forze, il cui metodo, fatto tutto di verità, era dal suo tanto discosto.
Entrando da mano dritta nella Chiesa dei frati conventuali a Bagnacavallo, in una cappella vi è la sua sepoltura ; e scolpita sul marmo questa quartina : col figlio suo fu tolta da cruda morte amara Teresa Baldigara sul fiore dell’età.
Malucelli Carlo, bolognese, nato il 1650, recitava le parti del Dottore ; e fu tra i comici che andaron da Venezia a Varsavia, scritturati a posta da Tommaso Ristori, l’anno 1714, per la Corte di Dresda.
Apparteneva il 1578 alla Compagnia del Re di Napoli, condotta da un Massimiano Milanino. Forse, congettura il Baschet, si trattava di una piccola compagnia secondaria, adattata al piccolo Stato, che aveva traversato i monti in cerca di fortuna, o forse anche, concordando le date, alcun componente la Compagnia de' Gelosi si era sciolto da essa per rispondere a un invito del Bearnese.
Recitò da innamorato in diverse vaganti Compagnie, e specialmente in quella di Onofrio Paganini. […] Fu impiegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con quella di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera del Dottore, ma poco ivi potè far valere il suo spirito e la sua lodevole abilità, poichè giunto a Modena, tocco da apoplessia, vi morì in quell’estate in età d’anni 38. » Così Fr.
Sconosciuti quasi interamente dal resto dell’Europa i moscoviti, privi di libertà, e immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e ’l bisogno suggerisce. […] Pietro il Grande, che dopo il suo viaggio rientrò ne’ suoi vastissimi domini, come dicesi che Ofiri entrò nell’Indie accompagnato da tutto il corteggio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione russa. […] Incoraggiare e perfezionare i poeti, i quali sono l’anima di tutto lo spettacolo, ed essi inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali rappresenteranno con tanta energia e sensibilità animati da questo spirito, con quanta freddezza e durezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri. […] Sin da quando cominciò in Russia l’opera italiana, cioé fin dal 1741, essa vi ha avuto la più magnifica orchestra dell’Europa, i maestri di cappella più celebri, e le cantatrici più rinomate.
Giovanni Ewald morto da non molto ha composto la Morte di Balder ed altre favole che gli fecero onore fra’ suoi. […] Incoraggita da’ proprj sovrani la Suezia con più ardore si è nella nostra età dedicata alla poesia scenica, ed ha eretto in Stokolm da non molti anni un teatro non inferiore agli altri dell’Alemagna. La regina Cristina si valse della penna del Messenio per far comporre favole suedesi comiche e tragiche per rappresentarsi da’ cavalieri e dalle dame di corte; ma furono primi tentativi superati in certo modo da Olao Dahlin nato nel 1708, che altre indi ne scrisse meno imperfette. […] In Polonia, oltre alle rappresentazioni musicali italiane eroiche e buffe, si è cominciato da alcuno a migliorare i drammi nazionali.
Ma un altro documento riferisce il Campardon di querela sporta da Evaristo Gherardi contro di Ottavio, il quale avrebbe per una recita secondo lui arbitraria, convocata un’assemblea de’ comici subito dopo la rappresentazione del 17 agosto 1692, e assalito e percosso del bastone sulla testa e sul viso il querelante ; contro il quale i fratelli Costantini inveirono già un anno prima dopo la lettura del Don Chisciotte, e altre volte ancora, colle spade alla mano. E la querela del Gherardi è accompagnata dalle testimonianze dei colleghi Fracanzani, Romagnesi, Lolli, Geratoni e Tortoriti, che conferman pienamente il fatto da lui riferito. […] Battista Constantini detto Cintio comico, fu assalito da questi sbiri per catturarlo à causa della Caccia, ma il medesimo Cintio si ritirò in una bottega di speciaria di questa Piazza, et ivi contro i medesimi essecutori pose mano et evaginò la spada, tirandoli delle stocate per essimersi dalle loro mani, come depongono li Testimoni. Lui stesso confessa che li sbiri l’assalirono per pigliarlo in Piazza, e che nel correre in detta speciaria, vedendosi seguire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi lo volevano pigliare, sì che poi loro li dissero essere per ordine di Vostra Altezza Serenissima, onde si rese a detti Esecutori, che condussero prigione, che sono le formali della di lui confessione.
Fu generico il ’28 nella Compagnia Mazzeranghi e Mariani, diretta da Lorenzo Pani, poi successivamente, assieme alla madre, in quella di Colapaoli, Ghirlanda e Nardelli. […] I personaggi boriosi e stangati del Marchese di Forlimpopoli nella Locandiera e del Conte nel Ventaglio, erano, incarnati da lui, altrettanti poemi. […] Forse aveva un difetto : la sua natura emergeva troppo nei caratteri da lui rappresentati ; ma era una natura così simpatica, omogenea, che dal critico poteva esser perdonato il vederla spesso riprodotta. […] E nel Michele Perrin, che io aveva veduto rappresentare a Parigi da Buffet ?
Una delle più forti e delle più vere attrici italiane, se non forse la più vera, che illustrasser col ruolo di madre e caratterista le scene di questi ultimi quarant’anni, nacque a Napoli da Raffaele Negri artista popolarissimo e da Rosalinda Cammarano, sorella di Salvatore, il ben noto librettista. […] Ancor giovinetta passò a far qualche particina di amorosa in quella Domeniconi, diretta da Carlo Roti ; poi, sviluppatasi alquanto intellettualmente e fisicamente, entrò qual prima attrice giovine al Teatro La Fenice di Napoli in Compagnia di Tommaso Zampa, il Salvini della giacca, salendo a tal grido, che il De Lise, commediografo di buon nome, allora dettò per lei la Cieca di Sorrento, la Civetta punita, l’Orfanella di Parigi ed altro. […] L’altra metà faceva con una spontaneità siffatta di dizione da far strabiliare.
E la troviam serva nella tragedia de'Quattro pazzi, un de' nuovi Scenarj pubblicati da A. […] Olivetta mariola deh, no m’abbandonar, che una menestra sola me puol resuscitar ; e un baso de to bocca mentre, che 'l scocca da quei laurin, puol dar la vita a un servo de'più car, ne l’amor sì costante, e nel magnar. Ma gramo in van me sbatto, ma con rabbia, e desgust, e fin che no te catto no posso aver più gust, che l’appetito adesso in far progresso me vuol per mort ; e sbolzonado da Cupido ogn’or, ho la fame in la gola, amor nel cor. […] Olivetta E mi grama meschina priva del mio ben car, tutto el dì in la cusina me posso smanizar, che niente mai concludo, e tutta sudo quando me mett a far l’ajada, e co son in tel bon, da debolezza me casca il piston.
Lo troviam nel 1858-59 caratterista in Compagnia genovese diretta da Antonio Stacchini, con la Laura Bon prima attrice. […] Sposò una giovine di Fivizzano, da cui si divise dopo un solo anno di matrimonio, e di cui verremo ora discorrendo.
Scrisse cose teatrali non ispregievoli, e ne fa fede la Penelope, tragedia tratta dall’originale latino dell’ abate Andrea Friz, tragedia stampata a Gorizia da Valerio Valeri il 1780 in cui sono versi di non comune bellezza. Sposò l’Anna in Piacenza il 1768, giovinetta quindicenne di quella città, la quale da lui educata all’arte, riusci artista di molto pregio per le parti di seconda donna, e talvolta anche di prima.
Roncagli Silvia, bergamasca, recitava nella famosa Compagnia dei Gelosi, magnificata da Francesco Andreini (V.) nel Rag. […] ) ella si traveste da Mercurio ; nel Ritratto fra i personaggi è Lesbino paggio, poi Silvia milanese ; nel resto ella è quasi sempre serva, talvolta ostessa, o moglie di burattino.
Giovanni Parenti, gli scrive in data 6 marzo del 1655 da Venetia, che ha « trattato col medesimo (Ventura) facendoli conoscere la gratia che vuol farli S. A. col agregarlo nella Compagnia delli di lei Comici, e veramente da questo con ogni prontezza ne ha riportata la parola, et assenso.
Carlo Duse, attore accurato, coscienzioso oltre ogni dire, reciti parti comiche o drammatiche, da giovane o da vecchio, in dialetto veneto o in italiano, sa coprir sempre il suo posto con la massima delle dignità.
Nata a Bologna da una egregia attrice della filodrammatica Albergati, recitò sin da bambina, ed entrò scritturata il 1889 con Eleonora Duse quale seconda donna.
Fu poi, nello stesso ruolo, un anno con Eleonora Duse (da cui si tolse per non avere voluto seguirla all’estero), e tre anni con Francesco Pasta ; compiuti i quali fu scritturata prima donna assoluta da Ermete Novelli, con cui si trova tuttavia.
È questi il famoso Gabriele da Bologna, che sosteneva le parti di Zanni nella Compagnia de' Comici Gelosi sotto il nome di Francatrippe, lodato da Francesco Andreini (V.) nel Ragionamento XIV delle sue citate Bravure.
Simone da Bologna. […] Di lui dice il Porcacchi (Le attioni d’Arrigo III Re di Francia e di Polonia, ecc.), che era « rarissimo in rappresentare la persona di un facchino bergamasco, ma più raro nelle argutie e nelle inventioni spiritose : » il Rossi, nella Fiammella, lo loda insieme a Battista da Rimino, perchè « osservano il vero dicoro de la Bergamasca lingua ; » e Francesco Andreini (Bravure, XIV) lo cita insieme a' comici di quella famosa Compagnia, « che pose termine alla dramatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna Compagnia di Comici. »
Il 1821 era nella Compagnia Mascherpa e Velli, e le Varietà teatrali di Venezia così ne scrivono : « Datosi alle parti di tiranno, tanto seppe accoppiare il buon volere a que' naturali doni che in sè riunisce, che giunse a rendersi ben accetto anche nell’odioso carattere d’ordinario da lui sostenuto. Migliori progressi da esso ci aspettiamo, ed anzi s’egli vi porrà un maggiore studio nel ben pronunziare, noi lo assicuriamo di una maggiore e più luminosa teatrale fortuna ».
, che si recò a Dresda nel 1740, a far parte della Compagnia di Corte, formata e diretta da Andrea Bertoldi, la quale cominciò il corso delle sue rappresentazioni la sera del 12 maggio 1738, in occasione delle nozze per procura della Principessa Maria Amalia di Polonia e Sassonia, col Re Don Carlos di Napoli, a Pillnitz. […] Stavano molti giorni in viaggio, accompagnati dalle loro famiglie, e dovean provvedere da sè al loro mantenimento : la Corte pensava alle spese di trasporto. […] Questo star lungamente in viaggio a proprie spese con le famiglie faceva sì che i poveri comici non avesser troppo da scialare.
Nacque il 1765 in Cortona da onesta ed agiata famiglia. […] Frattanto la moglie andava ognor più progredendo, tanto da sostener le parti di prima donna, acclamatissima. […] Compiuto il triennio, andò a stabilirsi a Napoli dove stette sino al ’51, ora scritturato al teatro de’ Fiorentini, pel quale ebbe più volte incarico da quella Corte di formar compagnia, ed ora libero.
Abbiam di lui una ricevuta di prestito del 28 aprile 1677 da Alfonso D' Este per doppie sette d’ Italia, e una lettera dell’ '84 che riferisco intera : Seren. […] S. riverentemente gl’espone ritrouarsi la Compagnia in stato da non poter così tosto andar fuori a proccacciarsi il uiuere, anzi douer star mesi, essendo, come è noto, inferma malamente la Corallina in Verona, e la figlia non poter lasciar la madre pericolante ; al che prima pendeua e pende il non uedersi comparire la Diana, ne sapersi, quando mai sia per uenire, perilche Cintio il Marito si protesta non uolere uscire fuori senza la moglie, essendosi già portato a Verona, doue è la Madre inferma ; oltre che partendo anche questa senza gl’anzidetti per le piazze prescritte, gli riuscirebbe di poco proffitto, essendo sempre auuezze a uedere, e sentire le più fiorite, e scielte Compagnie di Principi. […] Alfonso da parte di V.
Egli fu dotato di sì eccellente natura, che soleva alle volte un’intera commedia far da sè solo, rappresentando varj personaggi ; e quando soleva rappresentar qualche Donna, non usciva già adornato d’abiti femminili ; ma faceva dentro la scena la voce femminile agli spettatori sentire, con ammirazione, e diletto non ordinario. Però nel 1633, quarantesimo quinto dell’età sua, ne fu stampato a suo onore il ritratto, che fu inciso da Agostino Caracci ; e sotto all’immagine vi furono impresse queste parole : Solus instar omnium ; volendo dire ch’egli valeva per un’intera compagnia di comici. […] Dopo recar faceva da un suo domestico un gran Valigione, dicendo di tenere ivi riposti due vasi : uno maggiore, e l’altro minore. […] Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita. In tal modo Sivello dava trattenimento al popolo, appagandolo con argute facezie, e co’ diversi Personaggi da lui figurati, cangiando d’abito, trasfigurandosi il volto, ed alterando la voce, secondo l’occasione, e come tornavagli più a proposito a norma di quelle scene, che nella sua testa s’aveva divisato di voler eseguire.
L’Alfieri soleva dire del nostro attore : « voglio che le mie tragedie sieno fatte da Blanes ; » e G. […] Belli-Blanes Enrico, nacque a Foligno il 1°aprile del 1844 da Anna Miani e da Francesco Belli-Blanes, nipote del precedente. […] Figlio d’Arte dunque, il nostro Enrico fece le sue prime prove nei Due Sergenti, nell’Andromaca o Pirro e in altri lavoroni di simil genere che formavan la delizia de’pubblici d’allora, recitando or da maschio, or da femmina conforme se ne offeriva l’occasione. […] Gualtieri, passò a quelle di generico primario : da queste poi, a quelle di caratterista e promiscuo, ultimo grado della sua vita artistica, sul quale egli si trova tuttavia a fianco di Claudio Leigheb e di Flavio Andò, molte volte applaudito, sempre rispettato da ogni pubblico. Enrico Belli-Blanes non fu mai ciarlatano ; aborrì da ogni mezzo che non fosse legittimamente artistico per ottenere un successo.
Traggo dall’Archivio di Modena la lettera seguente ricca d’interesse per gli scrupoli religiosi da cui fu preso, poco più che ventenne : Ser. […] E questo mi par provi in quale stima fosse tenuto da S. […] Ognuno doveva pensare al proprio vestiario, eccettuato Fabio Sticotti, marito di Orsola Astori, la cantatrice, al quale eran forniti gli abiti dalla Compagnia, e da essa poi conservati insieme agli altri che le appartenevano, come di comparse, ecc. […] Due grossi volumi in-8°, adorni di 18 illustrazioni in rame di maschere incise da Joulain. […] Una curiosa lettera a Pier Iacopo Martello, da Verona 6 settembre 1714 (Lettere inedite d’illustri italiani.
Clavignano Sebastiano da Montefalco. […] Il Giraldi poi scrive che non si vide mai uomo che avesse ugualmente i risi e i pianti in mano a sua voglia, e la voce e i gesti acconci a questi e a quelli, come egli ha, e fa avere a tutti coloro che sono ammaestrati da lui, tal ch’egli solo si può dire l’Esopo e il Roscio de’nostri tempi.
Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie. […] Eccone l’atto di matrimonio, già pubblicato da G. […] La moglie Teodora, tornata da Parigi, continuò a recitare, divisa dal buon marito, il quale, pover’uomo, nell’articolo che la concerne, le ricordava con semplicità non mai intesa, « che l’onestà è un pregio stimabile, che il marito non deve trascurarsi, che le vanità del mondo sono fugaci, e che la moglie onorata ama il Consorte, nelle disgrazie il solleva, e nol rende avvilito tra le dicerie del volgo, potendo colla di lui cooperazione esser anch’egli d’efficace sostegno alla propria famiglia. […] Ha inserito nelle notizie che lo riguardano, un poemetto in decima rima, metro non usato, per grazia di Dio, da altri in componimenti lunghi. […] Ivi è la Foggi ancor Donna prestante per far da serva ; e in lei piaccionmi gli occhi.
Nato a San Casciano in Val di Pesa il 15 maggio del 1768 da agiati parenti, Francesco Morrocchesi e Marianna Zaccagnini, fu condotto dal natìo paesello a Firenze, e raccomandato per l’educazione ai Padri Scolopi. […] che, feritosi gravemente, cadde alienato di sensi, e quando rinvenne, si trovò nel suo letto, circondato dagli amici, tra i quali si potè contar da quel punto il grande astigiano. […] Sfogliando le sue lezioni di declamazione, guardando a quelle odiose figurine che le illustrano, pensando a quelle repliche immediate di narrazioni, e il tutto comparando al giudizio che ne dà il Righetti nel secondo volume del suo Teatro Italiano, e che qui riferisco, c’ è da credere che il Morrocchesi fosse un grandissimo artista di maniera. Fra tutti gli attori italiani da me veduti, e che meritarono una particolare considerazione, nessuno ha presentato alla mia mente un contrasto più bizzarro quanto il nostro Morrocchesi, celebre attore tragico. […] Fu acclamato nelle principali, e più colte città d’Italia, e stette gigante in mezzo a' suoi rivali che pur volevano atterrarlo, assalendolo da ogni lato.
Nacque il 20 febbraio del 1847 a Lucca da Gaetano Bonfiglioli, tiranno allora della Compagnia Giardini, poi padre nobile e caratterista, e da Maria Cocchi di S.
L’abbiam visto per le parti di Pantalone in Compagnia del Capitan Fiala, col quale e col Dottor Milanta, col Marchi e col Narici, firmò da Lodi una supplica al Duca di Modena per recarsi a Pavia, dove avevan preso impegno di recitare l’inverno del 1687, piuttostochè a Vicenza. Il 20 luglio 1691, col mezzo di Dario Fontanelli, il Gabrielli si rivolge al Duca, a disposizion del quale era stato fermato, per avere un qualche solieuo in souuenimento di sua persona, che si ritroua in bisogno grande ; nella supplica è chiamato da esso Fontanelli famoso Pantalone.
Par che talvolta le cose non camminasser troppo bene ; e si sa che a Venezia gli fu venduta all’asta pubblica tutta la roba con quella del capocomico : grave infortunio, compensatogli da una vincita al lotto fatta dalla moglie in quell’istesso tempo di quattrocento Bavare. Recitò coi celebri Francesco Lombardi e Amalia Vidari ; e il Regli dice che erano tanti gli applausi ch’ egli coglieva da farne geloso il Lombardi stesso ; e aggiunge in fine del suo breve cenno : anch’ esso è uno di quegli attori, di cui si è perduto lo stampo. […] Egli si riputerà abbastanza fortunato se la sua offerta sarà compensata da quel gentile accoglimento che è innato in questa cortese ed Inclita Popolazione. […] Adalgisa moglie ad Alessandro Meschini, reputato generico primario, ritirata da alcun tempo dall’arte, fu una egregia servetta ; Linda, moglie di Enrico Belli-Blanes, fu assai pregiata per le parti di prima attrice giovine, e si dovette a lei la buona riuscita di alcune commedie.
Cenzo (De) Gaspare, nato a Napoli il 1800 da gente di piccola borghesia, recitò sotto la maschera di Pulcinella, esordendo a diciott’anni nel Teatrino di Donna Marianna. « Al 1820 – trascrivo dal Di Giacomo – Gaspare de Cenzo fu chiamato al San Carlino da Silvio Maria Luzi. […] Passato dalla Compagnia Pezzana qual primo attore assoluto in quella della Sadowski, diretta da Cesare Rossi con la Campi prima attrice, potè sviluppar maggiormente il suo genio artistico, e mostrar quanto alto egli avrebbe potuto salire. […] Era nella voce del Ceresa e nella dizione un fascino potente : forse nella rappresentazione della commedia moderna si sarebbe potuto notare, a rigor di termini, una tal quale volgarità di persona e di volto ;… ma qualsiasi menda rimaneva assorbita da quella dizione limpida e pura, soave nel sentimento, gagliarda nella passione, ma sempre vera, incomparabilmente vera.
) come si presentasse a San Beneto in ca da Pesaro tra un atto e l’altro del Miles gloriosus di Plauto (16 febbrajo 1515), recitato dagli Accademici Immortali, con una « comedia nova, fenzando esser negromante, et stato all’Inferno, e fe' venir un Inferno con fogi e diavoli : fense pur farsi Dio d’Amor : e fo porta a l’inferno : trovò Domenico tajacalze cazava castroni, el qual con li castroni vene fora ; fe' un ballo essi castroni ; poi venne una musica di Nimphe, in un carro trionfai, quali cantavano una canzon, batendo marteli, cadauna sopra una incudine a tempo, et fenzando bater un cuor ». […] Interessantissima a tale proposito è la spropositata lettera di lei al suo compare Carlo Gozzi scritta da Verona il 22 luglio di quell’anno, e pubblicata da Cesare Musatti col titolo : Una lettera d’una comica ignorante (Feltre, 1900). […] Oltre ai documenti che riguardano l’accettazione di Zanuzzi in Compagnia a tre quarti di parte e a parte intiera, Campardon pubblica in data 2 febbrajo 1767 la querela di una portinaja contro di lui, certa Anna Angelica Guerrier, perchè, avendo risposto allo Zanuzzi che certa Joinville avea dormito in casa la sera precedente, mentre non era vero, s’ebbe da lui una sequèla d’ingiurie le più atroci e volgari, e l’iterata minaccia di uno schiaffo, al cospetto della gente che s’era andata adunando.
Fu in società, o solo, sempre alla testa di compagnie di second’ordine, che sfasciava e rimetteva assieme da un momento all’altro, senza preoccupazioni di sorta. […] A teatro pieno rimandava la gente, perchè non si sentiva la voglia di recitare : talora da una parola all’altra metteva una pausa eterna, tanto da destar qualche mormorio nel pubblico.
Benini Gaetano, bolognese, nato da famiglia agiata, si diede agli studi legali, poi, dopo le noie venutegli dall’avere appartenuto a’carbonari del’ 31, abbracciò l’arte drammatica, nella quale riuscì ottimo primo amoroso e primo attor giovane. Fu il triennio 1840-41-42 con Giardini, Voller e Bellati ; e a quel tempo, dal poeta della Compagnia Paolo Giacometti molte parti di rilievo furono scritte pel Benini, e da lui valentemente eseguite.
Fu sei anni con Virginia Marini, e oggi si trova da quattro anni con Ermete Zacconi, e da tre brillante assoluto.
Per un goffo Sonetto presentato da un tale alla Signora Eularia Comica Celebre. […] Dell’Orsola, non mai da alcuno citata, abbiamo le seguenti lettere inedite che pubblico per gentile comunicazione del cav. […] ma Altezza, Ho havuto haviso da Flaminio che à otenuto dal S. […] A. e facilmente ne haverà havute le nuove da Firenze l’A. […] ia quanto prima acciò non sij di pregiuditio la sua tardanza, ne al guadagno ne alla riputatione, da Firenze scrissi al A.
Luigi Duse, del quale imprendo a parlare, nato a Chioggia il 15 gennaio 1792 da Natale e da Teresa Sambo in Parrocchia di S. […] Cosa comàndeli da mi ? […] Cosa vorli da mi ? […] Za che son quà vogio confidarghe un affar che me dà molto da pensar, e che me fa star de mal umor. […] Cosa gogio da dir !
Troviam prima un Bartolomeo citato dall’Andreini nella sua lettera del 1609 al Duca di Mantova da Torino (V. le lettere di comici italiani, pubblicate per le nozze Martini-Benzoni dal D’Ancona), che altri non dovrebb’essere che il Bongiovanni stesso, forse non ancora scritturato per le parti di Graziano ; forse Graziano a vicenda (un per le parti italiane, un per quelle dialettali) con Messer Aniello Soldano facente parte di quella compagnia, noto col nome teatrale di Dottor Spaccastrummolo napoletano. […] Vi fu chi erroneamente credè vedere in questo Bongiovanni (V.Carletta [Valeri] Un palcoscenico del’600) quel Giovanni Buono (V.), mantovano, nato il 1568 da Giovanni e Buona De’ Bonomi, al quale Gio.
Brancaccio Flaminio, napoletano. « Nel 1636 scrisse e recitò un Prologo nella commedia intitolata : La Flaminia, composta da Ottavio d’Isa di Capua, e pubblicata in Napoli insieme con esso Prologo nell’anno suddetto. » Così il Bartoli. […] Comunque sia, il Prologo è una scipita cosa, degno di far da avanguardia alla Flaminia più scipita che mai.
Dice di lei Francesco Bartoli : « Sosteneva con molta abilità il carattere di prima donna in varie Compagnie, e specialmente in quella condotta e diretta da Onofrio Paganini. La primavera dell’anno 1750 recitò in Genova ; e si produsse con un Prologo scritto in versi sciolti dal medesimo Paganini, che trovasi fra le di lui rime manoscritte, il quale incomincia : Qual timor, o compagni,e qual ribrezzo sì vi sorprende, il vostro passo arresta, e vi rende da voi tanto diversi ?
Dagli spogli fatti da Adolfo Bartoli sulle notizie dell’omonimo Francesco, abbiamo che appartennero alla lodata Compagnia del Ferrari, Camillo Friderici, detto da lui il più virtuoso comico che avesse allora l’arte comica, Nicola Menichelli, Serafino Valeriani, Bonifazio Valenfeld, Antonio Bazzigotti, Anna Garelli e Giulia Pizzamiglio.
Si vede che egli vuol piacere : lavora abbastanza bene : fa il suo carattere in modo da non si poter meglio. (Che cosa non può la consuetudine). » Nel 1754, andando un po’ in là con gli anni, dovette assoggettarsi a far da suggeritore nell’operetta, a vicenda con Bernardo Vulcani.
Il Campardon riferisce una querela, sottoscritta appunto De Frécansal, contro il capocomico Cristoforo Selle e sua moglie, i quali, a conferma di molti testimoni, tra cui un Cristiano Briot, saltatore di corda, avevano deliberato e ad essi proposto di assassinare il Fracanzani, che assalito una sera da tre sconosciuti, e riuscito a ricoverarsi a casa, n’ebbe tal febbre e vomito da metterlo molto in pensiero per la sua salute.
Era la prima donna della Compagnia di tal bellezza maravigliosa, che il Laurenziis se ne invaghì, corrisposto : e provò, pare, tutti i tormenti della gelosia pel pittore napolitano Domenico Brandi, il quale, affascinato dalle rare doti di lei, riuscì a entrar, con donativi da pazzo, nelle sue grazie. […] È veramente strano che di tal meravigliosa bellezza, prima donna rinomata, a detta di Bernardo de'Dominici (Vite de'Pittori napoletani), da cui il Bartoli riferisce la notizia, non sia giunto alcun cenno sino a noi.
Pubblicò il '14 da Giulio Rossi a Bologna una traduzione in prosa dell’ Irene Imperatrice dell’ Oriente, dramma in versi per musica dell’abate Silvani, e dedicolla al Marchese Antonio Ghisilieri, col titolo : La Virtù trionfante del Tradimento negli accidenti d’ Irene augusta vedova di Leone Imperatore de' Greci. Ristampolla il '15, dovendosi recitare al Teatro Rangoni di Modena, da quello stampatore Bartolommeo Soliani, intitolandola solo La Virtù trionfante del Tradimento, e dedicandola Al Merito sempre grande dell’ Ill.mo Sig.
Del '46 la vediamo madre e direttrice della Compagnia di Balduini, suo nipote, assieme ai figli Giovannina e Salvatore ; del '47 madre della Compagnia dalmata, diretta da Luigi Capodaglio, con la figlia ed il genero ; e del '57, vecchia, a Ivrea con la Santoni. Del '59 ella scriveva da Ancona a Righetti a Torino, di aver trovato un onorato asilo in Ascoli, direttrice d’una Società filodrammatica, ma che sarebbe stata troppa fortuna per lei : e infatti la Società si sciolse….
Fu avuto in gran pregio da pubblico e da colleghi, e militò nelle compagnie di primissimo ordine.
Non v’ha dubbio che dopò l’incoraggiamento del sovrano di Parma si é veduta coltivar in Italia con fervore la tragedia da Magnocavallo, Calini, Perabò, Campi, e la commedia, oltre del Goldoni, si vanta di Albergati. […] Nel cinquecento imitammo i greci, e fu ben fatto: imitiamo oggi i francesi, e si fa senno: aspettiamo però il tempo, in cui avremo acquistata la destrezza di saper da noi stessi imitar la natura, e allora sorgeranno tra noi gl’ingegni creatori, e si perfezionerà al sommo la drammatica. Egli é vero che possiam gloriarci di un Metastasio, nel quale abbiamo, non che un Racine e un Corneille, ma un Euripide: i di lui trionfi però non sono stati seguiti da altri, e l’opera, che tanto si appressa alla greca tragedia, par che declini. […] Io aspetto e invito un qualche altero ed elevato ingegno che imitando nobilmente, e non da servo, il nostro gran poeta imperiale, e migliorando, ove ne bisogni, il giudizioso sistema dell’opera italiana, dissipi questo nembo apportatore di manifesta decadenza. […] Linguet nei suoi Dottori moderni, e da molti altri bravi scrittori.
Madame, le scrisse da St. […] R. di significargliene il motivo, considerando che non potrei da parte mia differir di partecipar con Lei le sue angustie, et invero hauendo io da tanti anni inuincibil notitia delle infinite prerogative con le quali V.
Ricordo di aver visto quasi bambino la famosa Romagnoli già un po’ in là cogli anni, recitar la Serva amorosa di Goldoni col Boccomini ; e confesso che allora ne fui così dolcemente colpito da non sognar per un pezzo che la Romagnoli con quelle inflessioni di voce così simpatiche, con quelle grazie tanto naturali e tanto care. […] Se aveva da ridere, lo faceva di gran cuore, e la sua risata argentina si comunicava subito negli spettatori ; se aveva da piangere, senza punto preoccuparsi, piangeva liberamente, apertamente, sinceramente, sul serio, e a quelle di lei mescolava il pubblico le sue lagrime ch’era un gusto a vederle.
A questo comico è accennato nella seguente lettera interessantissima al Duca di Modena che traggo da quell’ Archivio di Stato. […] Fu poi scritturato pel ’22 e ’23 dai soci Assunta Perotti e Luigi Fini ; pel ’24, qual primo attore assoluto dal Fini stesso, rimasto solo a capo della compagnia, e dal ’25 al ’29 da Romualdo Mascherpa. […] Trovandosi il ’56 a Sebenico in non so qual compagnia, fu colpito da malattia che in pochi dì lo condusse al sepolcro.
Moglie del precedente, nacque a Fivizzano da Francesco Rappì-Venturelli e da Natalina Salvatori il 18 agosto del 1816, come appare dai registri parrocchiali della chiesa prepositurale di Fivizzano. […] Esordì con Pisenti e Solmi in parti di poco o niun conto, ma ch’ella sostenne così lodevolmente da essere scritturata dopo un anno qual prima donna giovine.
Nel volume quarto di una miscellanea manoscritta di Firenze del 1761, gentilmente comunicatami dal signor Silvio Gonnelli, libraio antiquario, che ha per titolo : Suite de Recueil des Pieces Italiennes, Françoises, Angloises, Latines, Espagnoles, etc. tant en prose qu’en vers, trovo le seguenti Ottave di Gaetano Ciarli comico recitate da esso nel Teatro di via del Cocomero nella Commedia intitolata La Reginella, e nella Vedova scaltra, nelle quali faceva da Madre. […] (L’amante della Reginella è una donna che fa da uomo).
E attore di grido dovette esser veramente, poichè lo vediam richiesto in più contingenze or dal Duca di Modena a quel di Mantova, or da Luigi XIV al Duca di Modena, di cui lo troviamo nel 1675 provvisoriamente e dal ’76 definitivamente, al servizio, assieme ai Fiala, ai Costantini, agli Areliari, al vecchio Riccoboni, all’Orlandi, al Narici e al Parrino. […] Forse il Riccoboni si è ingannato colla dimanda dell’artista per parte del Re di Francia, ma, quella volta almeno, Cimadori non potè muoversi assolutamente da Modena, per una malattia incurabile qualificata dal Dottor Francesco Tonani per passione asmatica con scirio nelle visere naturali et propensione alla idropisia, che se non l’obbligava al letto, non gli permetteva in alcun modo di intraprender viaggio alcuno senza rischio della vita. […] Fra i documenti che concernono il Cimadori abbiamo anche una sua polizza di debito in data 28 aprile 1677 verso Don Alfonso d’Este per doppie n.° sei da restituirgli a suo beneplacito : ed è firmata io Gio.
Onde il riso, e la facezia gareggiano tra loro a chi prima toccasse l’impossessarsi degli uomini ; e da questa gradita controversia nasceva il contento. […] A. d’argomento ch’ambitiosissimo uiuo mi uenghino da lei somministrati mezi proportionati per comprouare con la corrispondenza l’affettuosissimo mio ossequio. […] Pare che il Fiorillo non fosse uno stinco di santo se s’ha a credere al Toschi che in una lettera del ’50 da S.
Moglie del precedente, nota in arte col diminutivo di Sandrina, nacque a Torino da parenti napoletani, e fu accolta giovanissima, insieme al marito, in Compagnia di Pietro Ferrari. « Ella è — scrive Fr. […] Ella è molto vivace, ed è inclinata a que' caratteri dimostranti tenerezza ed umiliazione, o abbattimento di forze con rammarico, ed afflittivi, appassionati contrasti. » E più oltre : « Merita questa attrice le più sincere lodi pel suo valor teatrale, e più per i di lei irreprensibili costumi, spiegando a sua gloria il candido vessillo d’una incorrotta onestà. » La brutta commedia del Cerlone, Le avventure di Donna Irene, sollevava, rappresentata da lei, all’entusiasmo. […] Donna di sì gentili illustri pregi da voi s’oltraggia, e dite poi d’amarla, se a una man le imprimete e doglie e sfregi ?
Nè è da credere che a questi soli spettacoli egli fosse dedito : nel suo repertorio avean posto d’ onore Goldoni, Alfieri, Nota, Pindemonte, Giraud, e la sua Compagnia era composta dei migliori elementi. […] L' istanza fu respinta con data del 25 marzo, stesso anno, dietro informazioni del Presidente del Buon Governo, il quale oltre ad aver trovato che i comici del Rafstopulo erano scarsi di merito, mostrava come, aderendo a tal domanda, si sarebbe danneggiato un disegno emesso da tre o quattro anni di una vera e propria Compagnia Toscana, autorizzata e sovvenzionata dallo Stato, quantunque tal disegno avesse poca probabilità di essere nonchè approvato, solamente discusso. […] Addestratosi da fanciullo nell’ arte, riuscì egregio Innamorato per le commedie scritte e all’improvviso.
Camelli Antonio da Pistoja p. […] Correggio (Niccolò da) p. […] Dovizio da Bibbiena Cardinal Bernardo p. […] 297. n. da G. […] Farse sacre buffonesche proibite da un Concilio di Toledo 207.
Eccone l’elenco : SIGNORE ATTRICI Albina Pasqualini,Prima donna Maria Barlaffa, Madre nobile Ferdinanda Baroncini, Prima amorosa Laura Martini, Servetta Marianna Donati Caterina Mazzeranghi Beatrice Barzaga SIGNORI ATTORI Luigi Romagnoli, Primo attore Francesco Barlaffa, Padre nobile Giuseppe Monti, Primo amoroso Antonio Soardi, Secondo amoroso Alessandro Donati, Tiranno Lodovico Vellenfelt, Caratterista Angelo Venier Eugenio Venier Lodovico Zanchi Giuseppe Barzaga Francesco Mazzeranghi Battista Martini Aveva ancora la stessa Compagnia col Romagnoli nel ’35, col mutamento di vari attori : uscirono il Monti, il Mazzeranghi, il Barzaga, la Baroncini, la Mazzeranghi e la Barzaga, sostituiti da Giuseppina Miedi, da Modesta e Luigi Braccini, Luigi e Pellegrina Dusi, Lorenzo e Maria Zavagna, Leonardo e Catterina Raftopulo, Vittorio Parigi e Attilio Petracchi.
Sappiam di lui che il maggio del 1655 si trovava a recitare in Milano, com’ebbe a scriver da Mantova Ottavio Gonzaga al Duca di Modena che glie ne fece richiesta : « Non è stata servita V. A. per non ritrovarsi Capellino Comico in Mantua essendo a recitare a Milano…. » e che apparteneva alla Compagnia del Farnese di Parma, di cui era principale ornamento, come abbiam dal seguente brano di lettera tuttavia inedita scritta da Bartolommeo Manzoli al Duca di Modena il 4 giugno 1655 : « Non è stato possibile di conseguire in alcun modo che il sig.
Nata il 1764 in Ancona da un garzone di sarto e da una rivendugliola di abiti vecchi, s’innamorò a vent’anni di un giovane della sua condizione, dal quale, abbandonata, fu per morirne.
Ebbe una figlia ballerina, e andò con lei a Palermo, dove le fu rapita da un Personaggio di qualità. […] Mio marito da me poco gustò, ch'io sola vissi, ed ei lontan morì.
Lo vediamo recitare il 1752 la doppia parte di Abenide, giovine selvaggio indiano, e di Un silfo nel Zoroastro di Rameau, tradotto da Giacomo Casanova, e messo in scena da Pietro Algeri (V.
Fin da giovinetto mostrò inclinazione grandissima all’arte, non solo come attore, ma come autore ; e una volta che il maestro gli strappò di mano e lacerò una sua commediola, egli, furibondo, gli scaraventò in faccia il calamaio. […] Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione. […] Così, definita che avremo l’indole di questo suo porgere, ne parrà di aver fatto tutto quello che da noi si può meglio in limiti si angusti. […] Io l’ho sentito negli ultimi anni della sua impresa ai Fiorentini, in quella Compagnia, nella quale faceva le sue prime armi Andrea Maggi al fianco di Don Michele Bozzo ; e si poteva benissimo da quegli splendidi resti arguire di quale inesauribile vena di comicità fosse dotato ne’più begli anni della begli anni della sua vita artistica.
Dopo di essere stato nel collegio de’ Gesuiti, determinò di darsi all’arte, esordendo in provincia, prima del 700, in una Compagnia diretta da Giuseppe Tortoriti, Pascariello, di cui sposò più tardi una delle figlie, Maria Angelica, nata a Parigi il 18 agosto 1696. […] Entrò poi all’Opéra Comique quale Pierrot ; e nel 1717 alla Comedia Italiana, in quella Compagnia formata l’anno prima da Luigi Andrea Riccoboni, nella quale fu accolto per espresso volere del Duca d’Orléans, il Reggente, che amava molto Dominique. […] Egli esordì alla Comedia italiana il 12 ottobre colla parte di Pierrot nella Force du Naturel, scenario italiano in tre atti di Freret, tratto da una commedia spagnuola di Agostino Moretto. […] Rappresentò con egual successo diversi caratteri, e sopra gli altri un tipo di ragazza (fille d’opéra), con grazia e finezza tali da richiamar gran folla al teatro per lungo tempo.
A questo viaggio di Londra si riferisce l’altra sua lettera da Lione al comico Francesco Delli Angioli (V.). Con lettera del 3 marzo 1683, il Duca di Mantova scriveva al Duca di Modena, per chiedergli insieme ad altri comici il Dottor Brentino, da aggregare alla propria compagnia. […] E lo troviamo del '92 sempre al servizio del Duca, a cui scrive da Ferrara Luigi Bentivoglio, pregandolo di concedere la permissione al Dottor Brentino di trasferirsi a recitar colà nella compagnia da lui protetta.
Crebbero poi fra noi con tutta prestezza gli studi scenici, e vi si coltivarono giusta la forma regolare degli antichi da quelli stessi gran letterati, a’ quali dee l’Europa il rinascimento del gusto della lingua latina e dell’erudizione, al dotto Muffato, dico, e al non mai pienamente lodato Petrarca. Il primo ci lasciò due tragedie latine, fatte a imitazione di quelle di Seneca, una intitolata Eccerinis dal famoso Ezzelino da Romano, tiranno di Padova, che ne é l’argomento, l’altra Achilleis da Achille. […] Troviamo ancora nell’opere del Petrarca fatta onorata menzione di un celebre attore de’ suoi giorni, sommante erudito, nominato Tommaso Bambasio da Ferrara, della cui amistà si gloriava questo principe de’ nostri lirici, come il principe degli oratori latini di quella di Roscio, a cui lo comparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentare127. […] Da principio fermavansi a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e appresso montarono su di un rustico palco in una casa fissa comprata espressamente da alcuni cittadini per trar profitto della folla che concorreva a quello nuovo e devoto divertimento.
Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofare a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri. […] Colui pretese da un giudizio incerto ricavare effetti che altrove riconoscono una sorgente sicura. […] Essi non erano lontani dalla struttura e dalle decorazioni del teatro de’ ballerini da corda della Fiera di san-Germano. […] La Sofonisba di Cornelio (disse ottimamente il Conte Pietro da Calepio) per essere feroce e non sentire alcuno affetto pel marito abbandonato, si rende meno atta a farsi compatire. La Sofonisba di Mairet piacque in Francia molto più, perciocchè da lui le fu imposto un costume più naturale e più dolce.
Andrea Calmo nacque a Venezia ne’ primi anni del secolo xvi (1509, o 1510) da povera famiglia di pescatori. […] Nullameno, dopo tanti allori mietuti, dopo di aver dato l’anima all’arte sua, egli, che trovandosi al cospetto del pubblico, sentiva il sangue fluirgli vivo nelle vene e una ricreazione immediata e nuova dello spirito ; dopo di avere impegnata assieme al Burchiella una lotta gagliarda e pur troppo infruttuosa contro l’avversione o apatia del pubblico, dovette piegarsi, e abbandonar la scena a cinquant’anni circa, per godersi il danaro che s’era guadagnato, in mezzo alle attestazioni di stima e di affetto che gli venivan certo da ogni parte, ma che non gl’impediron mai forse di menare una vita di rimpianto. […] Comunque sia, tolto il valore storico-autobiografico, riman sempre un valore storico relativameute alla generalità delle descrizioni di persone e di cose, descrizioni fatte con sicurezza di tinte, con pennellate da vero maestro, talora di una soavità ineffabile, talora, il più sovente, di una sensualità nuda e cruda. […] Che vuoi da me ? […] Intendimi, nè più sopra di me tua mente fermisi : Che più possibil fia gli monti altissimi veloci andar, che mai io mi dissepari da l’onesto pensier casto e immutabile.
Voi dar potete al vostro nome, eguali loro il merto, la fama e lo splendore, sol che accolte da voi, traggon l’onore d’ir coll’aquile vostre alzando l’ali. […] E pur da Scite saette mi sento l’alma piagata. […] Impresa da Titani, ma perigliosa. […] Tale già si confessa vinto da tua beltà questo mio core. […] Vinto già in guerra, chiede pace ottener da tua pietade il core.
Ivi si rapportavano tre Tragedie e due Commedie atte a dimostrare, che sin da allora gl’Italiani attesero a far risorgere la Scenica Poesia. […] Finalmente si lusingò l’Apologista di potere col suo savio silenzio coprire l’altra Commedia di quel tempo da me rammentata del dotto Pier Paolo Vergerio il Vecchio nato circa il 1349., intitolata PAULUS COMŒDIA ad juvenum mores corrigendos, che si conserva MS. in un Codice dell’Ambrosiana di Milano. […] Ma mi dica il Signor Quadrio, o il Signor Lampillas per lui, le composizioni di Livio Andronico, di Ennio, di Nevio, di Pacuvio, di Accio, erano meno Drammi scritti ad imitazione de’ Greci, per non essere esenti da difetti? […] Ma era una rozza sacra rappresentazione la Progne Tragedia Latina di Gregorio Corraro pregiata secondo il Giraldi, da moltissimi letterati, e dal Maffei, e da quanti amano la regolarità e l’eleganza? […] Erano sacre e rozze rappresentazioni le Commedie Latine del medesimo secolo, la Polissena del dottissimo Leonardo Bruni, il Philodoxeos del celebre Leon Batista Alberti, la Philogenia di Ugolino da Parma, il Joseph di Pandolfo Collenuccio?
Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori (V. il P. […] Quel che vi si avanza, specialmente dell’ignoranza provata de’ Sacerdoti Spagnuoli sino al XV secolo, è fondato, come ognun vede, sulle cure presene per distruggerla da tutto un Concilio Matritense, e sul testimonio del celebre Storico Mariana. […] Poteva (dice poi il medesimo apologista) nel principio del XVI secolo uno spagnuolo insegnare agl’ Italiani a scrivere commedie, tuttochè uscisse da un paese barbaro ancora nel XV. […] Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) da Giambatista della Porta fertile ed elevato ingegno, pregio delle scienze e delle arti, onore dell’Italia non che del Regno, pure fassene quì menzione, perchè parecchi individui di essa col loro capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei instituita in Roma l’ anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca di Acquasparta, il quale con raro immortale esempio (secondo l’eruditissimo ab. […] I principj dell’Accademia Senese de’ Fisiocritici, al dir del prelodato Amaduzzi, furono fondati da Pirro Maria Gabrielli Lettore primario di Medicina Teorica e di Botanica nell’Università di Siena nel mese di marzo dell’anno 1691.
Non è questo un dramma da gareggiar punto colla grande e vera tragedia reale da Platone tenuta per più malagevole della stessa epopea, e fatta per ammaestrare ugualmente i principi e i privati. […] E allorchè il Commendatore vuole atterrirlo, dicendo che se il Padre l’abbandona, gli rimarranno appena per vivere 1500 lire di entrata, l’innamorato vivacemente ne deduce una conseguenza contraria e non attesa da suo zio: J’ ai quinze cents livres de rente? […] Il disprezzo che avea Beaumarchais per l’eccellente comico maneggiato da Moliere, congiunto alle minutezze su gli abiti e all’affettata descrizione pantomimica de’ personaggi muti, poco danno indizio di un ingegno investigatore de’ grandi lineamenti della natura e ricco di vero gusto. […] Confesso che egli dovea meglio contenersi nel recinto prescritto alla commedia nel toccare le passioni tenere: che vi si scorge qualche difetto di verisimiglianza nel piano: che i colpi teatrali di tutto l’atto IV prodotti dalla vendetta meditata da madama Murer, sembrano più proprj di un’ opera musicale eroica che di una commedia. […] Voltaire pubblicò di aver tradotto questa favola da una di M.
Ecco come il preteso antispagnuolo Napoli-Signorelli a proprie spese avendosene fatto rimettere, come della precedente, un esemplare da Madrid, ne dà contezza in Italia, e provvede così all’indolenza degli apologisti sempre ingrati e declamatori. […] Tre di esse appartengono a don Leandro de Moratin di Madrid figliuolo del prelodato don Nicolàs da cui ha ereditato l’indole poetica, la grazia dello stile, la purezza del linguaggio, e la dolcezza della versificazione. […] La seconda non si è rappresentata nè impressa, ma è a me ben nota per averne ottenuta una copia rimessami da Madrid dal gentile autore. […] Se ne trova però fatta menzione in una delle commedie di Francesco Roxas scrittore comico del passato secolo da noi già mentovato in quest’opera. […] Moratin, venuto in Napoli, comunicata una traduzione spagnuola dell’Hamlet di Shakespear tuttavia inedita, perchè intrapresa da lui ultimamente in Londra, e terminata in Italia, stimo di avanzarne quì al pubblico la notizia.
Viveva ancora al tempo del Bartoli (1782), il quale ci fa sapere com’ egli a Malta scrivesse un Prologo in versi martelliani, « dove finse che i comici agitati da una burrasca si trovassero vicini a naufragare ; e che poi assistiti da Netunno (il quale lasciavali con questi due versi : restate dunque amici al puro aer sereno, che a riposar men torno ad anfitrite in seno), potessero felicemente in quell’ Isola approdare, e far servitù a quella Nazione, come di fatto poi fecero. »
Meraviglia Ferdinando, nato da onesti parenti a Brescia nel 1786, si diede il 1808 alle scene, esordendo quale amoroso generico in Compagnia di Antonio Goldoni, dal quale fu poi riconfermato ma col ruolo di primo attore assoluto. Fece parte della società formata il 1811 da Belloni, Calamari, Domeniconi, con Carlotta Marchionni prima donna, e ne fu per tutto il tempo applaudito primo amoroso e primo attore.
Nata in Roma il 1839 da onesti negozianti, fu ammessa nell’agosto del '53 nella Filodrammatica Romana qual socia esercente, ed il 4 marzo del '59 vi dava la serata d’addio, scritturata prima attrice giovine in Compagnia Domeniconi, ove stette un anno con Virginia Marini servetta e Silvia Fantechi generica giovane. […] La Patti ebbe momenti di buon successo, ma più, dicon taluni che la conobber da vicino, al cospetto dei pubblici dozzinali che degl’intelligenti, abbandonandosi essa a ogni sorta di artifizio pur di aver quegli applausi, che, per vero dire, non le mancarono mai.
Invitato un giorno a lauto banchetto da nobile personaggio, insieme ad altri comici, disordinò alquanto ; e recatosi in fretta al teatro per la rappresentazione, fu côlto, pel grande riscaldo, da febbre sì violenta che in capo a pochi giorni lo condusse a morte a soli cinquant’anni nel 1774.
Desumo queste notizie dal Bartoli, dal quale anche si apprende come il Brandi scrivesse alcuni sonetti faceti intorno ad una burrasca sofferta da un Comico rinomato nel mar d’amore. […] – Passaporto al comico Giuseppe Bresciani detto il Ferrarese, che colla sua compagnia, loro armi etc. di misura, robbe ed arnesi passa da questa Città all’ Imperiale di Vienna ed altre di Germania per distribuirne de’ suoi medicamenti.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Battista da Treviso), poi con tutte due nella lettera dei Comici Costanti, senza data, ma diretta da Ferrara al Duca di Modena, reclamando la partizione di trenta zecchini dal Pantalone Scarpetta (V.) il quale non solo vuol tenerli per sè, ma neanche vuol seguire la compagnia, adducendo la ragione del caldo soffocante.
Per la Signora Ippolita Comica in a bito da Uomo Feme de grazia, Ipolita, el favor de avvisarme co sè per recitar, e che in Omo v’ avè da stramuar che vegnir vojo a rallegrarme el cuor.
Libanti Giovanni, nato a Verona da onesti parenti nel 1756, entrò, compiuti gli studi di latino, nella Cavalleria de'Cappeletti al servizio della Repubblica Veneta. […] Passò da quella del Perelli nelle Compagnie di Marta Coleoni e di Maddalena Battaglia, colla quale, al S.
Ai primi tempi della sua vita artistica, egli recitò nelle commedie all’improvviso con le maschere, riuscendo attore di gran pregio : e ciò gli fu di gran soccorso più tardi nella recitazione del Bugiardo, il quale rappresentava in modo vario, ogni sera, sì da esser reputato in quella parte superiore al gran De Marini. […] L'ultima notizia sua si ha in una lettera del 16 gennaio 1832, ch'egli scrive da Messina all’attore Stefano Riolo, incaricandolo di formargli una compagnia per l’Arena ch'egli ebbe il superiore permesso d’innalzare in quella città, alla Marina.
Bartoli lo dice un eccellente comico, e aggiunge ch' egli aveva una presenza veramente marziale, e che i suoi discorsi erano tutti sostenuti da frasi alte ed ampollose, dimostranti un coraggio d’invincibile guerriero. […] Ma venne il momento, in cui si trovò assediato da creditori di ogni specie.
Fu detto Goldoncino per essere stato alcun tempo copista di Carlo Goldoni il quale con lettera del 17 marzo 1759 da Roma (V. […] Di lui non fu detto troppo bene allo stesso Vendramin, che alle preghiere del Goldoni faceva orecchi da mercante. « Questo giovane – insisteva Goldoni – non è mio parente, ma ho preso impegno di assicurarlo, e deggio farlo. » E più innanzi : « Per cattivo ch'ei fosse, avrebbe mai rovinata la compagnia in un posto di terzo amoroso ?
Il 1572 era capo di una Compagnia italiana in Francia, e Carlo IX, messosi a un regime per venti giorni, ordinò a' comici italiani di recarsi da Parigi a Blois ov'era la Corte, per divertire Sua Maestà durante il suo periodo di dieta ; e per rimborso di spese di viaggio e per onorario delle rappresentazioni (Comédies et plaisants jeux) ordinò in data 2 marzo 1572 a Claudio Marcello, proposto de' mercanti della città di Parigi, di pagare a esso Soldino e agli altri comici italiani lire tornesi 135, da dividersi tra loro in parti eguali, e di cui non doveva esser fatto cenno ne' registri delle spese (V.
Esso appartiene ad una immensa famiglia sparsa per la terra conosciuta e dilatata in tanti rami, la quale l’ha posseduto successivamente e guasto ed acconcio a suo modo secondo il genio di ciascun possessore, che vi ha lasciato il marco del proprio gusto or semplice or pomposo or bizzarro or saggio: specioso dove per bei pezzi Corintj e per sodi fondamenti Toscani, dove maestoso ancora per certa ruvida splendidezza di colonnati ed archi Gotici: diviso in grandi appartamenti altri nobilitati da greche pitture o da latine pompe, altri ricchi di bizzarri ornati di tritoni, egipani, sfingi e sirene a dispetto della natura: delizioso in mille guise ne’ boschetti, nè romitaggi, nè compartimenti diversi de’ giardini, là vaghi per naturali ricchezze di olenti rose, garofani, gelsomini e mamolette, là ricchi di fiori olandesi, di cocco, ananas ed altri frutti oltramarini, là pomposi per verdi viali coperti, giuochi d’acque, fonti idraulici, laberinti e meandri. Tale da Pekin a Parigi è il prospetto vario e vago della drammatica. […] Alla storia ed alla sola storia scortata da una sana filosofia chiaroveggente e sgombra di parzialità, al cui sguardo solo fa un tutto quel sì mirabile edifizio, ch’essa contempla tranquillamente come dall’alto d’una collina: a questa sola storia, dico, appartiene il giudicar di tanti grand’uomini che vi hanno lavorato per tanti secoli; ed il suo giudizio schietto e imparziale additerà agli artisti nascenti il sentiero che mena senza tortuosi giri alla possibile perfezzione drammatica.
Il Maldicente, Il Burbero benefico, Il Sindaco babbeo, Il Barbiere di Gheldria, L' Ajo nell’imbarazzo, Don Desiderio, il Marchese della Locandiera, il Conte del Ventaglio, il Fabrizio degli Innamorati, e altri, e altri moltissimi, ebbero da lui una interpretazione magnifica. Nè men sommo fu nelle parti promiscue come nel Benefattore e l’Orfana, nel Chirurgo e il Vicerè, nel Filippo, nella Malvina, nella Leggitrice, e soprattutto nel Papà Goriot, lottando col difetto della voce aspra e chioccia, e vincendo gloriosamente, sì da farsi dire l’emulo e il successore degno del grande Vestri. […] Ma la diffidenza e indifferenza del pubblico non tardaron molto a dissiparsi, chè nell’ Euticchio della Castagna prima, poi negli Osti o non Osti, il Taddei ebbe tale successo da lasciarsi a dietro il gran predecessore. […] Se con lui sempre starete nuovi scherzi apprenderete, nuove grazie, nuovi sali, e facezie naturali, ch'ei succhiato ha dalla balia per conforto dell’ Italia, chè se l’ode su la scena la dolente si serena, e dimentica gli affanni ch'ella soffre da tanti anni !
Molto probabilmente l’Aurelia qui lodata, e che destava stupore in Firenze, è quell’Aurelia, ignota sin qui, desiderosa nel 1593 di far parte della Compagnia degli Uniti, come rilevasi da questa lettera di un Giusto Giusti al Duca di Mantova colla data del 27 marzo, e riportata dal D’Ancona (II, 511) : Aurelia comica desidera sommamente di haver luogo et unirsi con la Compagnia di Vittoria (la celebre Piissimi) sperando con la scorta di si gran donna di poter avanzarsi nella professione. […] Di che, non pur l’istessa Compagnia di Vittoria può ricevere accrescimento, ma particolarmente la nostra città, ove sperano di far lor comedie, sentirà grandissimo gusto, essendo Aurelia da ciascuno generalmente ben vista. […] È strano bensì che di una attrice, la quale, prima, è da ciascuno generalmente ben vista, poi, riempie di stupor la nobil Flora, non si abbsian notizie di sorta.
Quanto valesse Vincenzo Cammarano nella maschera del Pulcinella e come sapesse afferrare il suo pubblico e farlo ridere apertamente, sanamente, di quel riso che rifà il sangue, sappiamo da Cesare Malpica, del quale il Di Giacomo (op. cit. […] I sostitutori erano accolti a fischiate, il pubblico s’andava assottigliando, e il teatrino di Piazza del Castello dovè, per la morte di Giancola, cedere il primato a un bugigattolo sotterraneo, da quello non discosto, che s’intitolò la Fenice, e che accolse le ornai sparse reliquie della Compagnia, vedovata del suo sostegno, afforzandola con nuovi elementi. […] La morte di Vincenzo Cammarano fu cantata in uno scherzo poetico da Giulio Genoino che il Di Giacomo reputandolo inedito, pubblica per intero : L’invidia piena il cor di rabbia muove reclami a Giove contro il Cammarano che non era un uomo semplice ma un Demonio in forma umana (che giammai non fu possibile arte tanto singolare cui la forza dell’ Invidia non è giunta a denigrare !)
Siccome narra il Sansovino nella descrizione di Venezia pag. 168, fu favorito da Papa Leone Decimo in Roma, dove tenne il primo luogo fra’ Recitanti in iscena : onde per ciò fece acquisto del cognome del Terenziano Cherea. […] Canziano, e poco dopo nell’Asinaria : il 14 giugno 1512 in una Tragedia e Pastorale per le nozze di un Contarini ; e nel carnevale seguente in un’ecloga, in casa di Fracasso da Sanseverino alla Giudecca. […] Dal Conte Malaguzzi dell’Archivio di Stato di Modena mi vien comunicato il seguente brano di lettera, indirizzata da Alfonso Paolucci Alo Ill.
Non è questo un dramma da gareggiar punto colla grande e vera tragedia reale da Platone tenuta per più malagevole della stessa epopea, e fatta per ammaestrare ugualmente i principi e i privati. […] Questi ed altri simili drammi sono discesi dalla tragedia cittadina, la quale, ove si preservi da colori comici, e si contenti di cedere i primi onori al sublime continuato della tragedia grande, potrebbe tollerarsi anche in un teatro che non ignori il buon sentiero. […] Sedaine, Falbaire, Mercier (diverso da Lemercier) coltivarono questo genere comico lugubre con felicità in alcuni componimenti, cioè il primo nel Disertore che si è ripetuto in Francia ed altrove. […] Altri drammi piangolosi si erano presentali sulle scene francesi alcuni anni indietro non molto riusciti nella rappresentazione e meno nella lettura, riprovati da chi non ama la confusione de’ generi. […] Voltaire pubblicò di aver tradotto questa favola da una di m.
Ma pare che ignorino costoro, come il restitutore dell’Inghilterra, l’amico del gran Federigo, sa ancora munire il suo ozio co’ presidi delle lettere, e come quella sua vittoriosa eloquenza colla quale egli tuona in senato, non è meno l’effetto della elevatezza del suo animo, che dello studio da lui posto nei Tulli e nei Demosteni, antecessori suoi. Possa solamente questo mio scritto esser da tanto, che trovi anch’esso un luogo nell’ozio erudito di un tal uomo, e giunga ad ottenere il suffragio di colui che ne’ più alti uffizi dello stato ha meritato l’ammirazione e l’applauso di tutta Europa.
Pare che la Fravoletta o Fragoletta (nomignolo che le venne da un neo che sembrava una fragola) non seguisse i suoi a Parigi, ove furon chiamati nel 1711 per la Compagnia del Reggente, trattenuta in Italia da un amoretto con Gaetano Giuseppe Casanova, il futuro marito della Zanetta.
È molto lodato da Bartolommeo Cavalieri nella Scena Illustrata. […] Nato il 1773 a Venezia da poveri parenti, si diede all’arte, dopo la lor morte, riuscendo in breve, artista di grido per le parti di brighella nelle commedie all’improvviso, e di tiranno nelle tragedie e ne' drammi scritti.
Quindi è che non sì tosto egli comincia a far pruova delle forze del suo ingegno che ne dirige le primizie a quella Prima Cagione da cui sente interiormente di dipendere. […] Perciò s’incontra da per tutto la poesia coltivata prima della filosofia, e l’esercizio di verseggiare anteriore allo scrivere in prosa. […] Gli anzinomati versi saliari Latini sono anteriori alla prosa usata la prima volta da Appio Cieco contra Pirro. […] Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la cultura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri. […] Or da quanto si è ragionato scende per natural conseguenza che la poesia rappresentativa non nasce nelle tribù de’ selvaggi, perchè essa richiede maggior complicazione d’idee per saper volgere l’imitazione in satira ed istruzione.
Parlando il Goldoni in una lettera da Bologna a S. […] Francesco Vendramin (21 agosto 1759) di alcune modificazioni da introdursi nella distribuzion delle parti degli Amori di Alessandro, dice : La parte della Majani è di una giovinetta alquanto innocente ; la Catroli non pare fatta per questo.
Fra le opere del Cuccetti son da annoverarsi il Mitridate che fu dato con gran successo dalla Compagnia Raftopulo, e l’Alunna della giumenta che ebbe otto repliche consecutive. […] Secondo l’antico sistema del Teatro applaudito, della Biblioteca teatrale e di altre collezioni di simil genere, l’opera del Cuccetti contiene una raccolta di componimenti teatrali in prosa e in versi, preceduta a ogni volume da notizie concernenti attori e attrici dalle origini della scena italiana.
Andò a sostituire il 1826, nella Compagnia Reale di Torino, l’amoroso Giacomo Borgo, al fianco della Marchionni e di Luigi Vestri ; e quivi lo vediamo nel’29 primo attore a vicenda or col Boccomini, or col Perini : ruolo che sostenne con crescente favore sino al’35 ; nel qual anno uscì dalla Reale, sostituitovi da Giovanni Battista Gottardi, per divenir conduttore di Compagnie or buone, or mediocri, delle quali egli era l’anima. […] ) che, affidatogli il Paolo nella Francesca da Rimini del Pellico, la bella sua voce che era tanto unisona a quella della Marchionni, vi produceva un mirabile effetto.
Non ancor vecchia, lasciò il ruolo di prima donna per darsi a quello di madre nobile e caratteristica, facendo fremere sotto le spoglie di Giocasta e Clitennestra, e sbellicar da le risa la sera dopo sotto quelle di Donna Petronilla nella Sposa Sagace di Carlo Goldoni. Nel carnovale del 1825 al Teatro Nuovo di Firenze in Compagnia di Luigi Fini, rappresentò per cinque sere l’Ino e Temisto del Niccolini, ottenendovi un successo clamoroso ; tale da far dimenticare l’Assunta Perotti che aveva allo stesso teatro creata la parte di Temisto l’anno prima.
Ma essi furon sempre inferiori alle ingenti spese ch’egli faceva, tali che determinaron la moglie a separarsi da lui per non finir miseramente all’ospedale. […] Si soleva dir nell’arte ch’egli possedeva lo scatolino delle voci : passava di continuo dalle note di basso profondissimo a quelle di soprano acuto, e da queste a quelle, talune proferendo col naso, altre con la gola, e tutte poi accompagnando con gesti inqualificabili, inguistificabili, ma, forse perchè spontanei e originali, ridicolissimi.
Lo chiamarono comunemente Felicino Sacchetto per distinguerlo da Antonio Sacchi, il celebre Truffaldino, da cui derivò atteggiamenti e arguzie e prontezza nella maschera dell’arlecchino, che sostenne con buon successo e per molti anni in Compagnia Medebach a fianco del brighella Giuseppe Marliani (V.), che gli fu largo di utili ammaestramenti.
Fu il '93 prima attrice giovine con Andrea Maggi, poi con Leigheb-Andò ; passò quindi, prima attrice, con Ermete Zacconi, e con Cesare Rossi, dal quale ultimo si allontanò per diventar la prima attrice assoluta della Compagnia formata da suo padre in società prima con Achille Vitti (1899), poscia con altri sotto la direzione del Garavaglia (1901). A mezz'anno ella si ritirò dall’arte, per andare sposa al marchese Giulio Ricci-Riccardi, morto or son tre mesi (1904) a soli venticinque anni ; e v' è da credere, che spirato il termine del lutto, ella si riaccinga a calcar le seduttrici tavole del palcoscenico.
Attore egregio e celebre capocomico, nacque a Venezia il 1776, e fin da giovinetto mostrò la più grande inclinazione al teatro. […] L'estate del 1800 lo vediamo al San Giovan Grisostomo di Venezia, dove si salva da un probabile disastro colla nuova tragedia di A.
Ma come dedurre da ciò, che la lingua Provenzale derivi dalla Catalana? […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e di poi montarono su d’un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a questo nuovo devoto divertimento. […] V. la Dissert. premessa al Teatro Alemanne compilato da Junker e Lieubault.
Ciotti Francesco, nato a Firenze il 1835 da un impiegato di dogana, fu per trentasette anni il più aristocratico, è la vera parola, tra gli attori del suo tempo : aristocratico nella dizione, nei modi, nel vestire, nella persona, nella voce, in tutto. […] Si ricordano ancora a Milano gli entusiasmi quando Ciotti appariva nel Falconiere di Pietr’Ardena a far da sirena dicendo i versi melodiosi del Marenco. […] Egli appartenne a quella falange gloriosa di artisti, e ne fu principale ornamento, capitanata da Luigi Bellotti-Bon. Nello studio critico di Luigi Capuana sui Mariti di Torelli, si leggon queste parole : Il Ciotti (Fabio Regoli) non rappresentava un personaggio a forti risalti, tale da dargli campo d’adoperare una grande varietà di colorito.
. | raccolte da francesco antonaz | zoni, comico confidente detto | ortensio. | dedicate all’illustriss. […] Ond’or che vive in ciel da me disgiunta provo il gel nell’ardor, l’ardor nel gelo ; e mia vita direi fosse al fin giunta. […] Ma come ciò concorderebbe col bel candore decantato da Francesco Andreini in questo suo sonetto : Or che Delia è sparita, e 'l suo splendore inargenta altre selve ed altri colli, che fia di noi ? […] ……… Ch' Ella fosse congiunta a Cesare Nobili, come inclinerebbe a credere il Belgrano, non si può dire : tuttavia non è assai fuor del probabile, potendosi forse ritenere ch' ella fosse davvero Nobili di nascita da un sonetto di Enriço Sottovello (pag. 68), là dove dice : mentre Camilla Rocca, onor, contento del secol nostro…..
Carlino ; ed essendogli stata strappata da Antonio Petito, il celebre Pulcinella, la parrucca, colla quale celava la testa calva, fu obbligato da quella sera a lasciarla.
Il D’Ancona in Giulia Bolico vedrebbe quella Giulia Brolo degli Uniti che firmò il 3 aprile 1584 da Ferrara una lettera collettiva al Principe per recarsi a recitare a Mantova. […] Battista da Treviso).
La bibliografia pratese lo dice da Spoleto. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img167.jpg] Suonava ancora con assai maestria la chitarra, il che sappiamo da questi quattro versi che son sotto al ritratto di Bonnart che riproduco : Avec sa guittare touchée, plus en maître qu’en écolier, il semble qu’il tienne cachée une flute dans son gosier.
Prima attrice del Teatro Milanese, nacque a Milano il 15 dicembre del 1850 da Alessandro Allis pittore e Stefania Michon. […] Cominciò col far da comparsa ; ebbe molto a lottar colle esigenze del dialetto, parlando essa prettamente toscano, e più ancora colla invidia delle compagne.
Nè men celebre divenne la moglie per essersi gettata in mare a Livorno, come racconta il Piazza nel suo Teatro : Eravi un’altra donna in quella Compagnia, che si rese poi celebre nella Comica Storia, per un salto da grottesca che fece dal molo di Livorno, con intenzione di non farne altri mai più. […] Ella è una comica da poter farsi onore, e se nelle Tragedie imparasse meglio a gestire, assai più sarebbe stimabile.
Tratti fiamme da scherzo, e vivi ardori spiran dal volto tuo gli occhi stellanti. […] E in un rogo d’amor da sè diviso, teco brama cader, ch' Angelammira, che può dar fra gl’ incendj un Paradiso.
Ma le scene del teatrino privato eran troppo anguste a soddisfar le vanità e mostrar le qualità del Roscio futuro, il quale, scritturatosi in Compagnia Dreoni per le parti comiche che non abbandonò più, passò poi in quelle di Sterni, e, nel 1874, di Emanuel e la Pasquali, dove colla farsa Il Casino di campagna, da lui raffazzonata, toccò addirittura la celebrità. […] Ma con la fama crebbero in lui le pretese e la baldanza, sì che l’artista celebre, creando ad essi ognor nuovi fastidi, fu da essi abbandonato.
Ribellatosi fieramente, e minacciatele entrambe, esse deliberaron di sbarazzarsene, e ricorsero allo strattagemma di proporre la rappresentazione degli « infelici amori della Regina d’ Inghilterra », pei quali occorreva l’uso d’armi da fuoco : e far sì che il Raparelli portasse dette armi, e, avvisatone poi il Bargello, fosse da esso e dagli sbirri sorpreso e carcerato.
Adolescente, ogni qualvolta gli veniva fatto di raccapezzar qualche soldo coll’arte sua (dopo tante e diverse prove, s’era dato definitivamente all’oreficeria), si recava co’suoi al teatro della commedia, alla quale si sentiva inconsciamente attratto, sin da quando, bambino, sentì recitare al teatro della Piazza Vecchia, ora distrutto, il rinomato stenterello Amato Ricci. […] Giunto a una certa età, accettò di far parte di una accolta di dilettanti, esordendo a Rovezzano, villaggio a due miglia da Firenze fuor di Porta alla Croce colla parte di Sbirro nella Ginevra degli Amieri. […] Il’48 troncò d’un colpo quei primi passi della sua carriera artistica ; ma tornato di Roma, e recitata in Montedomini la parte di Egherton nell’Orfanella della Svizzera con successo di applausi, determinò di darsi intero all’arte, scritturandosi con Lorenzo Cannelli, stenterello, e da questo passando con Raffaello Landini, stenterello anch’esso, col quale stette a recitare, prima a intervalli, poi (quaresima del’61 al ’63) stabilmente con sua moglie Cesira.
Moglie del precedente, nacque a Bologna il 1829 da un medico reputatissimo. […] È questo un Prologo fatto da lui in occasione d’incominciare le sue recite in Bologna l’estate dell’anno 1624. […] il lavoro sul Kurz di Ferdinando Raab, pubblicato a Francoforte da Rütten e Loening il 1899).
Mostrò da bambina un particolare amore agli studj, che potè coltivare al fianco dello zio Emanuele Taddei, uomo per dottrina chiarissimo ; e, dotata di una memoria prodigiosa e di una mente eletta, si trovò, ancor giovine, ricca di una vastissima coltura storica e letteraria. […] Parve a' più una celia ; ma la giovane artista, che assisteva da un palco di proscenio, si levò incontanente ; e recatasi alla ribalta, improvvisò una sestina-fervorino, che le acquistò subito la benevolenza del pubblico, andatasi poi grado a grado mutando in entusiasmo, onde, a tenzone finita, ella fu accompagnata a casa con torce, in mezzo alle più pazze acclamazioni. Da quella sera fu improvvisatrice famosa, e giunta a Roma, accolta e festeggiata da Iacopo Ferretti, tal fanatismo vi suscitò con le frequenti accademie, che fu ascritta col nome di Licori Partenopea tra gli Arcadi di Roma.
La Dafne rappresentata nel 1597 avanti la Granduchessa di Toscana in casa del nominato Corsi grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, furono poste in musica da Giacomo Peri, e s’impressero in Firenze nel 1600. L’Arianna posta in musica da Claudio Monteverde si cantò nel matrimonio del principe di Mantova colla Infanta di Savoja, e nel 1608 uscì alla luce anche in Firenze. […] Ne incresce che tra’ nominati critici dell’opera vada a mettersi da se stesso anche il chiar. […] è non per tanto uscito da un uomo di gusto e dal settentrione dove videro il giorno il Leibnitz, il Volfio ed il gran Federigo II) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognanda questo sentimento, che è una massima fredda. […] Oh quanti affetti vigorosi da imitare trova un bravo artista là dove un critico gelato non vede che fredde massime!
Andolfati Pietro, milanese, e figlio de’ precedenti, studiò da avvocato per desiderio dello zio prete, citato più su, ma poi volle seguire la professione de’ suoi genitori. […] ciò intanto, di cui accerto il mio rispettabilissimo pubblico fiorentino che da dodici anni pazientemente mi soffre, si è, che più mi sta a cuore la di lui cara grazia, che qualunque oggetto di vanità, e d’ interesse. […] Germano, commedia spagnuola di Zavara e Zamora da lui tradotta, egli dice : « Questa commedia ha sortito un esito felicissimo ; e fu appunto questo esito che indusse un vivace talento a carpirla a memoria, e darla contemporaneamente ad altra Compagnia, per il che fui da una incauta violenza di temperamento, che arrossendo condanno, trasportato a…. un denso velo sopra il passato. […] E come l’ottomano ardir si affrene da Enrico e l’empia rabbia di que’ mostri fai scorger chiaro, e come il sangue inostri le navi, l’onde e le gloriose arene. […] » E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Bollini Antonio, nato a Bologna da una modesta famiglia di operai, esordì il 1861 in Compagnia Fabbri e Codignola, come generico giovane e segretario, errando poi sino a tutto il ’63 in Compagnie di 3° ordine quali di Napoleone Berzacola, Saverio Petracchi ed Enrico Verardini. […] Passò brillante il ’66 con Gaetano Gattinelli, e il ’67 con la Sadowski e Majeroni ; e il ’69 fu scritturato brillante assoluto da Tommaso Salvini.
« Il crociato – a lui scrive Gustavo da Genova il 5 dicembre del ’58 – è tornato galoppando alla Mecca, e per adattarlo al caminetto della nostra camera da letto, il falegname ha tagliato una fetta de’ soldati.
Carloni-Talli Ida, nata a Roma da Gioachimo Carloni, romano, e da Emilia Marovich, slava, maestra di ballo, si diede all’arte nel 1887, dopo di aver fatto ottima prova sotto la direzione dell’ex-comico Alessandro Meschini nella Filodrammatica romana, esordendo a Verona, qual prima attrice giovane, nella Compagnia di Giuseppe Pietriboni col quale restò tre anni. « Al Teatro Manzoni di Milano – scrive il Traversi (Natura e Arte, gennaio del ’93) – si ebbe, in quell’anno stesso, il più splendido battesimo…..
Di alcune parti da lei create, come della Grimani nella Cecilia del Cossa, non si è tuttavia cancellato il ricordo. […] Scioltasi da Zaccone, e unitasi in società con l’attore Lotti, piena di fede e di coraggio, superbamente bella, esuberante di vita, vòlto l’animo e il pensiero a orizzonti migliori, salpò per l’America, il sogno dorato de’comici, dove, giunta a Pernambuco, cadde fulminata dalla febbre gialla che la strappò in brev’ora all’adorazione de’ suoi.
Egli proviene da una famiglia chioggiotta di lupi di mare. Esiste ancora a Chioggia un Calle Duse, benchè la famiglia fosse un tempo assai più nota col nomignolo di Griguolo, che le fu dato un po’ per antica consuetudine del sito di chiamar ciascheduna famiglia con un soprannome che riman poi per secoli, un po’per distinguerla da altra famiglia Duse, tuttavia esistente.
Ebbe da tal matrimonio molti figliuoli, e ne vediam due suiteatro : Benedetto, prima ballerino nella Compagnia del Sacco, rimasto in tal carica sul teatro a Lisbona per undici anni al servizio di quella Corte, poi, tornato in Italia e già maturo, Arlecchino di molto pregio, morto a Torino nel carnovale del 1795 ; e Rosa, graziosa e pregevole donnina, che sposò Francesco Arena, il figliastro del Pantalone d’Arbes, e morì giovanissima. […] Nel 1749, sceso all’osteria della Croce Bianca in Parma, ove dovea far la stagione d’estate coi Parenti, fu colpito da sì repente e terribile male, che dovette, in capo a pochi dì, soccombere nella pienezza della virilità.
Il 9 aprile 1691, avendo Leandro (Rechiari) e Coviello (Sacchi) già ricevuto ordine di recarsi dopo Pasqua a recitare a Vicenza, poi a Verona, lo Zanetti, nulla sapendo di sè, da Bologna si raccomandava alla clemenza e generosità di S. […] A un famigliare del Duca, il conte Maresciano, scrisse da Orvieto il 2 ottobre 1694 al fine di ottenere il passaporto per sè e uno per tutta la sua Compagnia : il che fa credere esserne stato lui il conduttore.
In tanta varietà del regno animale scorgesi l’Uomo, essere spoglio d’ogni natural difesa, sprovveduto di scaglie, di squame, di cuojo, d’irsuta pelle e di crostaceo tegumento, non armato di branche, di artigli, di zanne, di becco, di corna, di proboscide, nudo di più me da librarsi in alto e scansar gli urti e le offese. […] Ma lo spirito indagatore irrequieto che lo predomina, scorrendo rapido e curioso per tanti oggetti sensibili che lo circondano, fa germogliare in lui con incredibile fecondità nuovi desiderj, gli presenta nuovi bisogni da soddisfare, e gliene addita le guise. […] La Grecia che dal picciolo recinto del suo angusto territorio seppe dettar leggi d’umanità, di coltura e di dottrina a’ popoli più remoti, trafficando e rendendo altrui con usura i semi delle arti e delle scienze ricevute da Egizj, Caldei e Fenici, e da essa accresciute di numero, di estensione e d’intensità; la Grecia, dico, bisognosa di una bell’arte più confacente al dilicato e fine suo gusto, poteva arrestarsi all’invenzione de’ nudi versi? […] E così le antiche nazioni da prima altro savio non ebbero che il solo Poeta, il quale era nel tempo stesso teologo, istorico, legislatore, fisico, astronomo, e filosofo morale. […] Voi studierete eziandio il florido Teatro Francese: esso è ricco de’ capi d’opera di Corneille, Racine e Voltaire, di Moliere e di Regnard (benchè oggi sien seguiti ben da lontano e senza probabilità d’esser raggiunti); esso è vicino alla perfezione nella declamazione specialmente comica in forza delle doti inarrivabili della celebre Contat e del valoroso Molè.
Egli è da notarsi ancora che tal calzolajo si valse di molti argomenti tratti da’ Greci e Latini, ch’egli non poteva leggere originali e che a suo tempo non erano stati recati nell’idioma tedesco. […] Egli tradusse in latino cinque commedie di Aristofane da me non vedute. […] S’impressero in un volume da Bernardo Jobin nel 1592, e furono dedicate prima a Cristiano IV destinato re di Danimarca con una elegia che porta la data di Brunswich 1589, indi al figliuolo Federigo. […] Aurelio Giorgi Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, quando nel discorso premesso alla traduzione degl’ Idilj di Gesner promise un Saggio Storico critico sulla poesia Alemanna, che dovea abbracciare il tempo scorso da Opitz sino a’ nostri giorni.
Eccone l’elenco al suo costituirsi nel 1807 coi relativi stipendj e le altre spese occorrenti, secondo il progetto presentato al Vicerè d’Italia da Salvatore Fabbrichesi, con le variazioni subite nel personale per l’anno 1809, che traggo dall’Archivio di Milano, per gentile comunicazione del cav. […] Il Fabbrichesi fu il primo a stabilire che i comici pensasser da sè a tutte le spese di vestiario (prima d’allora non dovevan provvedersi per gli abiti in costume che del così detto basso vestiario, cioè scarpe, calze, parrucche, spade, ecc.) e a quelle di viaggio ; ma tale aggravio fu compensato dalle nuove paghe salite a cifre non più sognate : mentre il gran Zenerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non aveva potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne aveva 601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400. […] Ma dopo quattro anni di continui trionfi, morì in Verona, l’autunno del 1827, pianto non solo dalla famiglia artistica, che perdeva in lui il più onesto e forte dei capocomici, ma da quanti, conosciutolo, avean potuto ammirarne la onestà dell’animo, la generosità e la delicatezza a tutta prova. […] eppure mi fu narrato da un antico cuscinario di platea che ne ebbe il danno, essendo tre gli addetti a portare i cuscini in platea. […] Allorchè intervenivano al teatro i sovrani, s’incollava un cartellino rosso, con la scritta a caratteri cubitali « Per ordine » e sull’angolo che da via Toledo conduce al teatro, s’impiantava una specie di fiaccola alimentata con brandelli di legno ; la si accendeva in prima sera e la si toglieva finito lo spettacolo.
Se ne servì il Goldoni per far eseguire una sua canzone musicata da Francesco Brusa, quando non era ancora moglie dell’armeno Amurat […] » La troviamo poi nel ’35 fra gli attori che rappresentarono l’operetta comica in tre atti del Goldoni stesso, musicata da Giacomo Maccari, romano, La fondazione di Venezia (V.
Ammalatosi gravemente il marito, ella dovette abbandonar di punto in bianco la Compagnia, e restar fuor dell’arte un anno, per tornarvi poi coll’antico amore e coll’antico favore, vuoi scritturata da Luigi Monti, vuoi da Francesco Pasta, col quale ultimo andò a sostituir di bel nuovo la Tessero, gravemente ammalata, poi la Giagnoni, morta d’improvviso.
Colto, dopo un anno, dall’ardente febbre dell’arte, si diede alle scene, nonostante il formale divieto de’parenti, recitando di punto in bianco parti di primo attor giovine in una compagnia, in cui si trovò spesso a lottar colla fame, e da cui uscì pien di debiti e col solo abito che aveva in dosso per chiedere un rifugio alla famiglia. […] Fu il ’91 con Drago, il ’92 con Pietriboni, e ’l 93 con Angelo Diligenti, col quale cominciò ad assumere il ruolo di primo attore assoluto che conservò poi degnamente sino a oggi, passando da una Società con Belli-Blanes e Parrini, nelle compagnie Boetti Valvassura prima e Marchi e soci dopo, per passar poi in quella di Emanuel.
Con questa data, a un dipresso, concorderebbe la Ippolita, prima donna, rimasta fin qui sconosciuta, di cui è parola nella lettera del Buffetto Cantù (V.) e del Dottore Nelli (V.) e in altra di Giovanni Parenti del 1655 da Venezia al Duca, in cui dà notizie de’teatri di Venezia, e ne promette sulla Ippolita, richiesta, pare, dal Duca, per aggregarsi a’ suoi comici. […] Gabriello da Bologna.
Talora lascia da un canto il teatro per la pittura, in cui si mostra tuttavia egregio ; e ne ha dato frequenti prove anche in quest’opera. […] A Rio Janeiro rifiutò il posto di direttore in un grande stabilimento litografico offertogli dal noto banchiere Matteo Consalve ; a Washington quello di caricaturista in un giornale quotidiano de’ più rinomati, con un forte onorario, offertogli da un deputato di quel parlamento.
Lasciata il ’79 la Battaglia, si recò a Napoli e vi fu acclamatissimo, ed ebbe l’onore di riprodurre il Pigmalione nella villa Reale di Caserta, chiamatovi da S. […] Egli fu anche espertissimo del canto e del ballo ; e il Bartoli ci fa sapere come « alla stessa Maestà napolitana abbia pur egli fatto vedere un ballo spagnolo, che chiamasi il fandangh, eseguito da lui ad occhi bendati in mezzo a un numero d’ova, che movendosi ancora restavano illese, e non schiacciate da’piedi. » Fu anche autore di due azioni spettacolose, che non diede alle stampe : Il Naufragio felice, e I Prodigi d’amore ; e pubblicò un dramma per musica tratto dal Feudatario del Goldoni, e intitolato Le Gelosie villane.
Il di lei spirito, le grazie, la civetteria decente e gastigata, una profonda conoscenza del carattere della sua parte, e tutto ciò unito ad una figura non alta ma proporzionata perfettamente, congiunta ad un bel volto adorno da due occhi nerissimi pieni di malizia, e ad una voce, benchè un poco nasale, gratissima all’orecchio : tutte queste belle doti la rendevano la favorita del Pubblico. […] Artista di molto pregio per le parti di primo attore così in commedia come in tragedia, poi di brillante, nacque a Pisa il 1790 da civili parenti.
Altre due lettere (entrambe dell’archivio Rasi) si hanno di lui : una da Venezia del 2 dicembre 1673, non sappiam bene a chi diretta, nella quale sono i ringraziamenti per l’avuta parte intera, e le assicurazioni della concordia completa della compagnia ; e l’altra da Bologna del 4 aprile 1679 appena decifrabile, nella quale domanda una lettera di raccomandazione pel Cavaliere Bartolomeo Longhi a Genova, a favore di sua moglie, comare della persona sconosciuta, a cui è indirizzata la lettera.
Fu con essa più anni nella Compagnia di Corrado Verniano, passando il 1853-54 in quella di Luigi Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti.
Passò da questa a Napoli nella Compagnia di Achille Majeroni, fino al '65, anno in cui assunse il ruolo di prima attrice assoluta in Compagnia di Achille Dondini. Attrice coscienziosa, ricca di sentimento e d’intelligenza, ottime doti non mai discompagnate da una gentile modestia, percorse i principali teatri d’ Italia e dell’ estero, al fianco de' più famosi artisti, quali la Fumagalli, la Cazzola, la Sadowski, i fratelli Salvini, Taddei, i due Rossi, ecc.
Recitava col padre nella Compagnia del Meneghino De Velo, a Pisa, quando, sentito dall’artista Gaspare Lavaggi, fu da lui scritturato primo attor giovine. […] Al punto in cui scrivo, egli è additato come uno de' più forti sostenitori, se non il più forte dopo la Duse, della nuova tragedia d’annunziana Francesca da Rimini, nella quale incarna con molta efficacia e molta sobrietà il carattere di Gianciotto.
La natura non lo dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta : Egli aveva un’arte di fare frettolosamente un ragionamento (non inteso nè da lui, nè dall’uditorio) promettendo assistenza al Padrone o ad altri ; e questo con parole spessissime, e vibrate con forza fra le labbra in sì fatto modo, che il popolo movevasi a fargli un grande applauso, battendo palma a palma, ond’ egli restava soddisfatto, e l’udienza godendo moveva a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che lo Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di mani, ch'egli ne riscuoteva.
Fratello del precedente, nacque in Aquila da Antonio Tessero il 1797. In un articolo del Fanfulla della Domenica del 1° gennajo 1888, Giuseppe Costetti lo dice non figlio d’arte, mentre il Colomberti lo fa nascer da genitori oriundi napoletani che esercitavan l’arte drammatica.
.), metto qui l’aneddoto, che l’Ottonelli riferisce nel libro primo, pagina 101, della sua Cristiana Moderazione del Teatro, inteso da Violone stesso, come testimonio oculare, e già riferito dal Beltrame nella sua supplica. Il caso occorse a Capo d’Orlando, ove da una fortuna di mare sequestrata una Compagnia, trovò che l’albergo era occupato per rispetto dell’arrivo di Monsig. in visita, col quale erano quattro venerabili Religiosi.
Recitò poi nell’Arlequin Protée, nella Gageure d’Arlequin et de Scapin, e nelle Métamorphoses d’Arlequin, commedia messa in scena da lui stesso ; ma non ebbe alcun successo, e dovè ritirarsi. […] Perchè colla maschera non potrei mostrare sul mio volto gli sforzi che un bleso fa inutilmente per parlare e la tensione dei muscoli prodotta da quegli sforzi. […] Il Goldoni pregato dal Conte di Grosberg di scrivere qualcosa per l’arlecchino da lui protetto, ricostruì per le scene italiane una commedia sull’Arlequin empereur dans la lune, vecchia farsa di Nolant di Fatonville, recitata nel 1684 davanti a Luigi XIV.
Appassionato per gli studj, s’andò formando da sè una sana istruzione. […] Innamoratosi poi d’ Isabella Belloni, prima donna della compagnia, figlia del rinomato artista Antonio, che da attore era passato al grado di direttore, assenziente il Salvini, l’ebbe in isposa, e con lei si recò in Compagnia di Romualdo Mascherpa, prima, poi in quella del caratterista Belisario Viti. […] Negli ultimi anni dell’ arte sua, a’ Fiorentini di Napoli, i compagni suoi, mossi forse da alcuna bizzarria del caso, gli dieder fama di jettatore, o apportator di sventura.
Venuto a conoscere la Gavardina, e offertole un posto nella compagnia, ch’ella subito accettò, la fece esordire colla piccola parte di Madama Giuseppina nel Medico olandese di Carlo Goldoni, da lei recitata con molta grazia – dice il Bartoli – e spirito non ordinario. […] Doveva recarsi la primavera del ’66 a Barcellona con altro impresario, ma la paura del mare le fe’ sciogliere il contratto, e formar là per là una compagnia, che condusse l’estate a Mantova, dove s’ebbe tal successo da essere scritturata nella Compagnia di Gerolamo Medebach, colla quale esordì nella commedia a soggetto Di peggio in peggio. […] Figlio di Antonio Gazzaniga, orefice in Mantova, e della Lucidalba, guaritrice empirica nella stessa città, è citato da Fr.
A un colpo di tosse, a una frase, a un saluto da lui appena accennato di tra le quinte, avanti d’ entrare in scena, si propagava in un attimo per tutto il teatro la più festosa allegria. […] A detta de' contemporanei nessuno toccò nel Colombi la perfezione di lui, e quanto al Goldoni egli scriveva a Francesco Righetti il 18 agosto' 54 da Venezia : Qui la mia Compagnia piace immensamente, qualunque altra in vece della mia non farebbe le spese serali, tanti sono i passatempi gratis, che offre in questo mese Venezia ; pure ò 116 abbonati e nove palchi a stagione. […] La feci studiare e provare per 14 giorni, per cui t’ assicuro che è affiatata in modo da farsi a memoria ; infatti la prima parte del terzo atto la recitiamo senza rammentatore, lo che fa un bellissimo effetto.
» Dopo le peripezie toccate al suo povero padre nel '59, si scritturò come generico giovine, secondi brillanti e mami, in varie compagnie, ultima quella di Sterni, Rosaspina e Bonivento, in cui, animato da suo padre che gli fu primo maestro, finì coll’ assumere il ruolo di primo brillante, mantenuto poi nella Compagnia di Raffaele Lambertini, della quale faceva parte Enrico Capelli e Giuseppina Ferroni, sua moglie, e nella quale stette fino a tutto il carnovale del '67. […] Entrò il '71, brillante e primo attor comico, nella Compagnia di Fanny Sadowski diretta da Cesare Rossi ; compagnia nuova, piena di entusiasmi, di giovinezza, di forza. […] Fu dal '74 al '76 nella Compagnia N.° 3 di Bellotti-Bon, diretta da Cesare Rossi ; dal '77 all’ '81 in quella della Città di Torino, l’'82 con la Marini, dall’ '83 all’ '87 con la Compagnia Nazionale di Roma, dall’'88 al '90 con la Marini, dal '91 al '93 in Società con Novelli, dal '94 al’96 con Andò, dal '97 al '99 con la Reiter. […] Avverso all’applauso o alla risata prodotti da una inconsulta scurrilità, egli sopprime le soverchie arditezze, a scapito non sol dell’ effetto, ma dell’ interesse.
La Dafne rappresentata nel 1567 alla presenza della gran duchessa di Toscana in casa del nominato Corsi grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, furono poste in musica da Giacomo Peri, e s’impressero in Firenze nel 1600. L’Arianna posta in musica da Claudio Monteverde si cantò nel matrimonio del principe di Mantova colla infanta di Savoja e nel 1608 uscì alla luce anche in Firenze. […] è non pertanto uscito da un uomo di gusto e dal settentrione dove videro il giorno Leibnitz e Wolfio e Federigo II il Grande) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognando questo sentimento, che è una massima fredda . […] Oh quanti affetti vigorosi da Imitare trova un bravo artista là dove un critico gelato non vede che fredde massime! Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, potrebbe dirci il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senso, non dico in teatro, ma fuori ancora.
Cominciò col recitar le parti di secondo amoroso nella Compagnia condotta in Francia da Luigi Andrea Riccoboni il 1716 per incarico del Duca d’Orléans ; nel 1757 si diede a sostener parti di maggiore importanza con piena soddisfazione del pubblico, il quale vedeva in lui non solamente un artista coscienzioso, ma un uomo di onestà a tutta prova, come è dimostrato dalla seguente quartina : Mario (era il suo nome teatrale) que chacun renomme Pour un acteur ingénieux, Le rôle que tu fais le mieux, C’est le rôle d’un galant homme. […] L’usciere fu accolto da Silvia con invettive, e il Balletti, uscito ipso facto, tornò con certo Domenico Morin, tappezziere, il quale dichiarò formalmente esser lui il proprietario assoluto de’ mobili e delle suppellettili ivi esistenti, pei quali egli riceveva un prezzo di nolo in lire 400 annue.
Paolo Fabbri, di Cividal del Friuli Flaminio Hippolito Agnella, ferrarese Portinaro Jacomo Filippo detto Savoncino Portinaro anche egli Giovanni Salina, bolognese Servitore da palco Gio. […] Giovanni Salina bolognese, servitore da palco, era probabilmente la maschera incaricata alla porta del palcoscenico di non lasciar passare le persone estranee alla Compagnia, com’ è in uso anche oggi.
. – Verrà questa seguita da una graziosa Farsa tutta da ridere intitolata : – Amori gelosie disperazione e felicità – d’una vecc hia di 70 anni. – Gli umili offerenti hanno riposte le loro speranze nella comprovata magnanimità di un Pubblico tanto indulgente, e nella generosità della Nobile Guarnigione, e sperando di essere nei loro voti favoriti vi tributano in concambio stima, ris petto, ed una viva indelebile riconoscenza.
– Giuseppe Campioni : uno dei capi della compagnia de’ comici veneziani venuti mesi sono da Venezia a divertire colle loro applaudite fatiche la nobiltà di questa Metropoli e che ora ritornano a Venezia, colle loro famiglie, servitori, attrezzi teatrali e robbe di uso proprio. […] e Teatro, e che or ripassano da Pavia per il Pò alla Patria, con loro servitù, armi, bagaglio, vestiti, ed arnesi teatrali.
tà per le ragioni da me già significatele, ho procurato che venga Cola, personaggio che non le sarà forse di poco gusto, ma la supplico ad haver di lui particolare protetione con sicurezza che le gratie ch’egli riceverà da lei obbligheranno me ; e qui con debita riverenza della M.
Artista di molto pregio per le parti di primo attore e generico primario, nacque a Cento dalla nobile famiglia de’ Savii, alla quale venne poi il moderno casato da un capo di essa chiamato Dondino. […] La vegnente quaresima, scritturati da Antonio Raftopulo, furon tutti e tre condotti su di una sdruscita nave a Palermo, dove furon piantati, dopo cinque mesi di vita tribolatissima.
Morì improvvisamente a Chioggia nel ’61, colpito da apoplessia in teatro. […] La sera si rappresentava il Nuovo Caino ; e Cecilia Duse, la moglie di Eugenio, prima attrice giovane della Compagnia, doveva trascinarsi in scena, svenuta, sorretta da Giorgio.
In una lettera del Coccino al Duca del 18 febbraio '50 da Venezia, e nella sottoscrizione della Compagnia, in data 15 aprile 1651 da Bologna (V.
Scritturato da Bellotti-Bon (V.), quando questi si suicidò, formò compagnia con alcuni superstiti della catastrofe. Si recò all’Argentina con Emanuel (V.), e di qui cominciò la sua fortuna ; chè, avuto un grande e schietto successo, trovò modo di formar da solo una compagnia che condusse poi in ogni parte dell’America del Sud con ottima riuscita artistica e finanziaria.
Zegler, ridotto da Filippo Casari, che s’ebbe l’onore di sei repliche non interrotte. […] Fra le lodi prodigate al valor suo, ve n’ha una anche all’artista lirica, la quale si mostrava, accompagnata da piena orchestra, specialmente nella farsa La Commediante, in cui sosteneva sette diversi personaggi, e cantava sette pezzi scelti tra i più riputati maestri.
Non poche parti, nullameno, le diedero buon nome, cominciando da quelle dei Diritti dell’anima e di Anime solitarie ch'ella interpetrò lodevolmente all’inizio della sua vita artistica, e terminando col Malatestino in Francesca da Rimini di D'Annunzio, che seppe esprimere con colorito vigoroso.
Egli è da notarsi ancora che tal calzolajo si valse di molti argomenti tratti da’ Greci e Latini, i quali scrittori legger non poteva originali, e che a suo tempo non erano stati tradotti nell’idioma tedesco. […] Egli tradusse in latino cinque commedie di Aristofane da me non vedute. […] S’impressero in un volume da Bernardo Jobin ncl 1592, e furono dedicate prima a Cristiano IV destinato re di Danimarca con una elegia che porta la data di Brunswich nel 1589, indi al figliuolo Federigo. […] Aurelio Giorgi-Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, allorchè nel Discorso premesso alla tradizione degl’Idilii di Gesner promise un Saggio storico critico sul la poesia alemanna, il quale dovea abbracciare il tempo scorso da Opiz sino a’ nostri giorni .
Adunque quest’ultima specie di commedia presenta tutti i vantaggi della sensibilità posta in tumulto nelle favole lagrimanti, ma ne sfugge gli eccessi lugubri, l’espressioni da coturno, il tuono di disperazione, i gran pericoli. […] Si scorge da questo passo che il Palissot e il Collé compresero la differenza che passa tralla commedia tenera e la lagrimante. […] Nell’Uomo singolare egli copia dalla propria fantasia, o da qualche originale particolare da non poter riuscire importante pel pubblico che nulla v’impara per correggersi, nè prende diletto di un ridicolo non manifesto. […] Egli scrisse anche l’Agnese, i Nipoti ed altre commedie d’ intrigo, ed il Tamburro notturno che viene da una favola Inglese. […] Tra gli altri valorosi attori di tal compagnia si ammirava il famoso Carlino nella parte d’arlecchino, il quale cominciò a rappresentare nel 1742, e la celebre attrice Carolina da alcuni anni ritirati dal teatro.
Il fratello di Madama Baccherini essendo ancora a Venezia, viene da me ; lo veggo addolorato, e senza poter pronunziare parola, mi dà da leggere una lettera venuta da Genova, e sua sorella era morta.
Passò da quella del Rossi nella Compagnia di Onofrio Paganini, in cui progredì rapidamente, facendosi molto applaudire e come attrice e come cantante. […] II), il quale, accennando al fatto che la Manzoni, da lui scritturata pel Sacchi, si sciolse poi dall’impegno, vinta dalle supplicazioni e dalle lagrime de' suoi compagni e delle sue compagne, che vedeansi alla rovina, abbandonati da lei, conchiude : Ella ha abbandonata in età giovanile la comica professione in cui si distingueva dalle altre attrici, per abilità, e per educazione, pochi anni dopo l’accennato accidente, e s’è ben meritata la fortuna che la pose in istato di poter fare un tal passo, per dedicarsi, com’ella fa con tutto lo spirito, a istillare in due suoi figliuoletti, le massime più austere della virtù sociale e spirituale.
« Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
Si recò dal Barsanti, e gli disse in tutta segretezza che aveva saputo da buona fonte, come il Sacco fosse risoluto di licenziarlo. Però lo esortava per decoro a chiedere volontariamente di sciogliersi da ogni impegno pel venturo anno.
Fu poi la prima donna e prima donna giovine della Compagnia formata da Carolina Internari in società con Francesco Paladini per recarsi a Parigi. Recatasi colla stessa Compagnia a Livorno, e colà sgravatasi d’un bambino, fu colta da febbre d’infezione della quale morì, non ancor tocco il trentesimo anno dell’ età sua.
Il Costetti ne lo fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè lo vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto della Compagnia Giardini, Woller e Belatti, dalla quale passò poi nello stesso ruolo in quelle di Corrado Vergnano, e di Angelo Rosa con cui stette lungo tempo. Dopo il movimento politico del 1848 aveva emigrato a Torino, dove trasse la vita colla più modesta laboriosità, amato e stimato da quanti ebbero la fortuna di conoscerlo personalmente, e dove finalmente, il 1852, dopo di aver anche provato le noje del capocomicato, si ritirò dalle scene.
Pure l’Apologista, scortato da Nasarre e fidato nelle forze del proprio ingegno, vorrebbe in ogni conto trovarla fra loro; nel che parmi che corra dietro alla pietra Filosofale o alla Elitropia di Calandrino. […] Prende l’Apologista un altro argomento da ciò che scrisse il Signorelli d’intorno a’ trovatori della Drammatica, cioè doversi attribuire alla maggior parte delle nazioni. […] Molti componimenti Greci e Latini sono periti: ma tanti ne sono rimasti da provarci il loro studio in questo genere. […] Un esempio più recente poteva vederne il Signor Lampillas ne’ Drammi di Cervantes, e di Andres Prey, che non esistono da quasi due Secoli, e pure se ne favella in tanti libri, sì che non si possa giustamente dubitare, che abbiano una volta esistito.
Conchiusione Mirandosi la prospettiva degli spettacoli scenici di tante nazioni, vi si scerne l’immagine di un antico giardino costrutto e piantato da tempo immemorabile e passato per le mani di famiglie differenti che vi han lasciato il marco del proprio gusto. […] Quelli adunque son da prenderli per esemplari. […] Potrebbero da ciò gl’inesperti dedurre una falsa conseguenza, e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scriver componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perché non furono quelli la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori. […] All’incontro moltissimi fra’ dotti, come son coloro i quali calcolano il corso de’ pianeti, o Fan triangoli, tondi, e forme quadre; coloro i quali vagando pe’ voti spazi della loro immaginazione, voglion dar corpo all’ombre e vendere per dimostrazioni alcune infelici congetture su di soggetti tenebrosi, inintelligibili, e rimoti dal senso e dalla cognizione dell’uomo; coloro i quali con ammirabile franchezza favellano de’ corpuscoli elementari e de’ loro vari moti e accozzamenti nella primitiva formazion delle cose, come se stati fosseri assistenti alla madre natura allorché disciogliendo il caos, partorì il mondo; coloro i quali vogliono farla da riformatori con immaginari sistemi politici; coloro i quali visitando le cave delle piramidi d’Egitto, si arrogano la facoltà di battezzar le mummie, e sputan sulle medaglie per diradarne l’antica ruggine e farci vedere quel che non é; coloro i quali son dottoroni pel solo capitale della memoria, o che per l’enorme lettura hanno l’immaginativa languente; tutti costoro sogliono per lo più avere, spezialmente nelle materie poetiche, non sano palato, guaste sensazioni e gusti così depravati come quelli delle donne pregnanti.
Moglie del precedente, e figlia di Gasparo e Lucia Raffi, conduttori di una Compagnia di ballerini da corda, nacque il 1723 circa a Lucca, di dove fu portata via a tredici giorni. […] In questi ultimi casi bastava a propor di dare una bella parte da rappresentarsi ad un attrice subalterna, che l’ammalata tosto guariva. Mi presi la libertà di farla rappresentar sulla scena da sè medesima. […] Sposò, il 6 dicembre 1786, Clemente Giovanna, figlia di Bartolommeo Paltrinieri del Finale di Modena, di cui si conserva nell’ Archivio di Stato di Modena l’ elenco de' mobili e oggetti da lei recati in dote.
Il conte Alessandro Pepoli che n’ebbe contezza, chiese da Venezia all’autore suo amico questi ultimi notamenti per inserirli nella nomata Storia de’ Teatri in una nuova edizione; e l’autor cortese gli rimise quelli de’ primi due tomi della patria edizione. […] Nacque da ciò il mio pensiere di pubblicare in Napoli con tali notamenti un volume settimo in continuazione de’ sei dell’edizione napolitana, e l’autore si compiacque, annuendo al mio disegno, accordarmi il manoscritto domandato di tutte le addizioni che oggi chiudonsi in questo volume.
Figlia di Filippo Civili, artista mediocre per le parti di tiranno, cominciò da bambina a esercitar l’arte del padre, e la precocità dell’intelligenza diede segni manifesti dell’alto grado a cui sarebbe salita adulta. […] ) dice : « Una Virginia Clarini detta Rotalinda trovo pure da alcuni rimatori lodata, come eccellente nel rappresentare con maestà le alte matrone.
Tornò all’ordine de'cappuccini, e da una sua lettera a un Facchini di Ferrara, in data del 2 febbraio 1771, firmata Fra Gian Fedele d’Alessandria, studente cappuccino indegno, e pubblicata per intero da Fr.
Salvadori Enrico, nato a Pisa il 16 luglio 1848 da Francesco e da Enrichetta Donati, fu uno dei più forti primi attori giovani del nostro tempo.
Gustavo Modena che s’era aggregato alla sua Compagnia, scrive a Calloud da Parma il 20 novembre del '42 : « La Compagnia Vergnano non piacque ; e con essa, te lo dico schietto, i Parmigiani sono ingiusti. […] La Pelzet in una lettera a Niccolini del 27 luglio 1843 da Bologna accenna alla rovina di Verniano (sic), per opera della prosopopea della Iob, la sua prima attrice.
Vestri-Michelli Annetta, moglie del precedente, nata nel villaggio di Ajello presso Palmanova l’8 marzo 1840 da Nicolò Michelli e Anna Lamerz, e cresciuta, si può dire, in un ambiente drammatico (il patrigno nobile Carlo del Torso udinese era presidente del Teatro di Palmanova), ebbe fin da giovinetta il più grande trasporto alla scena, in cui fece non dubbie prove di buona riuscita coi dilettanti del paese.
Padovano e non figlio d’arte (il nome di Parpagiola gli venne da una prossima parente, Dama di Corte di Maria Luisa di Parma, che gli aveva lasciato parte delle sue fortune) era il 1824 primo amoroso in Compagnia Duse ; e il n. […] Della sua vita privata un piccol cenno si ha in un epigramma del tempo, che ho in una raccolta manoscritta, diretto alla moglie di lui, chiedendole come mai egli divenisse tanto birba da consumar la sovvenzione teatrale con la Ciabetti, e fare poi scandali con la moglie di parole e percosse.
Nel ’72, richiamato un giorno da un’inquilina del piano superiore mentre scendeva le scale, si volse a risponderle : ma, sciaguratamente, messo un piede in fallo, cadde, e morì in capo a tre o quattro giorni per commozione addominale e cerebrale. […] Cancaro à ghe, n’aì bu ’na stretta da can. […] » Ma notevole è la schietta semplicità del monologo con cui egli apre la Moschetta, e in cui si lamenta con sè stesso, per essersi innamorato come mai non avrebbe dovuto della comare : « Putana mo del viver, mo a son pur desgratiò, a crego ch’a foesse inzenderò, quando Satanasso se pettenava la coa : a dir ch’ a n’ habbi me arposo, ne quieto, pi tromento, pi rabiore, pi rosegore, pi cancari, c’haesse me Christian del roesso mondo ; mo l’è pur an vera, Menato, cancar’ è ch’ a l’ è vera, ma a dire an la verité, a no m’ he gnian da lumentare lome de mè, perquè a no me diea mè inamorare in tuna mia comare con hè fatto, ne cercar de far becco un me compare : che maletto sea l’amore, e chi l’ ha impolò, e so pare, e so mare, e la puttana on l’ è vegnù ancuò.
Mio padre, povero nobiluccio romano, discendente da una famiglia di quei signorotti dei Castelli Romani, entrò nell’arte drammatica non troppo giovane, con una buona dote d’istruzione, che non gli servì punto per diventare un buon artista ; fu anzi mediocre attore, ma onestissimo uomo. […] Fui attore studioso, ma mediocre ; l’esecuzione tradiva spesso il concetto, quantunque all’estero e particolarmente a Parigi e a Londra, abbia avuto encomj esagerati dal pubblico e da tutta la stampa. […] Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio.
Ma i versi migliori le vennero da F. […] Questi, che donò all’attrice il marchesato di Silly, di cui dicesi ch'ella portasse talvolta il titolo, s’ebbe da lei un figliuolo diventato cavaliere di Malta, e noto sotto il nome di Vauréal. Corallina, morta nell’aprile del 1782, istituì per testamento suo legatario universale il Principe di Conti, il quale accettò l’eredità, portando da 600 a 1000 lire annue la pensione che Corallina passava dal 1763 a sua madre Lucia Pierina Sperotti.
Primieramente qual difetto di gusto risulta dall’essere questi Teatri diversi da quelli, che si costruiscono in Italia? […] E dove si è mai sostenuto, da qual moderno Aristotele si è prescritto, da qual Vitruvio insegnato, che il modello archetipo della buona costruzione de’ Teatri debba torsi dagl’Italiani di oggidi? […] Sappiate, Signor mio (che io ben mi avveggo, che i vostri gravi studj vi avranno tenuto lontano da molte cose, che sono fuori di voi), che los Chisperos, los Arrieros, e simile gentame, trovandosi al coperto in quelle tenebre, specialmente prima d’incominciare la rappresentazione, per la loro naturale rozzezza, e non curanza per la decenza, soleano bere del vino, fumare, mangiar degli agrumi, delle frutta, delle nocciuole, e gettarne via le bucce sull’altra gente. […] Tutte queste cose nemiche della decenza propria degli spettacoli delle nazioni culte, mostravano in tal volgo la male intesa libertà da me accennata per esserne in parte stato testimonio di vista.
Serbo una vaga, pallida idea di quegli artisti, tranne più quà, più là, di Cesare Rossi, grandissimo nella parte di Cesare ; ma una assai chiara ne serbo di Luigi Bellotti-Bon, del quale una intera scena mi si confisse nel cervello, e colla scena l’impressione profonda che n’ebbe il pubblico : ….. la scena VIII dell’ atto I, in cui il Conte Carlo insegna al figlio Paolo il modo di salutar da cavallo una signora. […] A questo punto l’entusiasmo del pubblico era al colmo, e scoppi continuati di ilarità accoglievano poi per tutta la sera le parole di quel personaggio incarnato da Bellotti con tanta finezza, con tanta intelligenza…. e con tanta verità…. […] Trascrivo da Francesco Bartoli, non avendo trovato di lui altre notizie. […] Gran genio aveva il Bellotto per esercitarsi nella maschera da Pantalone ; però, travestito in quella foggia, andava in tempo di carnevale per le vie e ne’ pubblici ridotti, parlando come un personaggio da commedia, e facendo anche delle scene graziose insieme con altri suoi amici mascherati in diversa guisa.
Laerte prende congedo da sua sorella Ofelia e da Polonio suo padre, vecchio cicalone che con molte parole scagliando massime ad ogni tratto, lo spinge ad imbarcarsi. […] Esce il Morto veduto da Amlet, e non dalla regina. […] A lui, a lui; vedetelo . . . . qual pallida luce esce da lui! […] Dopo due giorni di navigazione fummo inseguiti da un pirata assai bene armato. […] Gli stessi che ti hanno consegnata la lettera, ti condurranno da me.
Già saprete che i miei primi passi io spesi nel Foro Napoletano; ora io ne ritrassi non solo certo fuoco non isconvenevole nell’atto della disputa, ma dopo di essa certa nobile serena giovialità verso l’avversario, che fa quivi distinguere la persona costumata da chi non è tale. […] Inoltre facciamo, se vuole, da Cavalieri erranti, ma senza perdere di mira la cortesia. […] quando nego che in uno stesso Dramma nostrale i personaggi vanno da Roma a Madrid, e da Madrid a Roma? […] Sono però sicuro di mostrare ad un bisogno l’enorme differenza di un’ Ecloga da uno spettacolo scenico per disegno, per azione, e per dialogo, e singolarmente quella della II. di Garcilasso da qualunque Dramma rappresentativo.
Recitava le parti di amoroso il luglio del 1659 a Livorno nella Compagnia del Principe Alessandro di Parma, come si ha da una sua lettera al Card. […] te solievo, tutta uolta quando potrò ottener licenza da Mantoua facendo ogni tentatiuo, (è che lo farò presentialmente, uolendomi portar colà fra tre o quattro giorni) in tal caso mi confermerò diuoto alla generosità di V.
Di bella figura, se bene alquanto esile, di voce armoniosissima, d’ingegno pronto, di coltura non comune venutasi acquistando da sè con l’assidue letture, di maniere dolcissime, fu amato da quanti lo conobbero.
Rappresentava per lo più un uomo del ceto mercantile vestito di nero in abito da collare, detto altrimenti da città, con calze bianche, e due liste di color rosso nelle estremità laterali del suo tabarro.
Crebbe la giovine artista in bravura a tal segno da decidere il marito a farsi conduttore egli stesso di una buona Compagnia, innalzando lei al grado di prima attrice assoluta. […] Negli ultimi sette od otto anni di vita, fu colpito da insonnia, a vincer la quale si diede all’uso dell’oppio, che lo condusse lentamente al sepolcro.
Sono le sue lodi, come quelle de'suoi compagni, nell’introvato libretto della Scena illustrata, che ho trascritto al nome dei singoli artisti da Fr. […] Il Richiedei ne'suoi Fiati d’Euterpe (Venezia, Sarzina, 1635) ha in lode di lei, rappresentante Arlanda condotta in trionfo da Papiro, questo SONETTO Spiega sul gran Teatro i suoi martiri questa del mio martir ministra atroce, nè spira accento pur, nè forma voce che amor non formi, e crudeltà non spiri.
Dopo di aver recitato la primavera del 1779 in Genova, recavasi col marito a Verona, scritturati da Maddalena Battaglia, quando, presso Voghera, datisi i cavalli del legno alla fuga, ella vinta dalla paura, balzò a terra, fratturandosi una gamba, e lasciando quivi dopo alcuni giorni la vita. […] In una lettera del 1764 da Parigi a Stefano Sciugliaga, il Goldoni, alludendo alla distribuzione delle tre Zelinde, e precisamente a Tognina, la cameriera di Barbara, dice che se la Catrolli non volesse fare la seconda serva che è nella seconda e nella terza commedia, « si potrebbe far supplire ad una ballerina, o alla figlia della signora Rosa. »
Quindi é, che non sì tosto egli comincia a far pruova delle forze del proprio ingegno, che ne dirige le primizie a quella prima cagione, da cui sente interiormente di dipendere. […] Perciò s’incontra da per tutto la poesia coltivata prima della filososia, e l’esercizio di verseggiare anteriore allo scrivere in prosa. […] I versi saliari latini sono anteriori alla prosa usata per la prima volta da Appio Cieco contra Pirro. […] E’ vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea, da lui comporta nella vecchiaia; ma egli é ancor vero, che le sue sole e i suoi fogni (come dice bene Longino de sublim.
La Compagnia era sociale, come appare dal manifesto che ha : Impresari : Carlo Battaglia e Compagni ATTORI ATTRICI Antonio Belloni a vicenda Luigia Belloni Angelo Venier Angelo Roberti Francesco Cavalletti Maddalena Corticelli Teresa Zappi Gaetana Cavalletti Gaetano Fiorio Giacomo Modena, per le parti da padre Giambattista Pavoni, caratterista Maddalena Battaglia, per le parti da madre Maddalena Gallina, servetta MASCHERE Alberto Ferro, Pantalone Gaspare Marzocchi, Anselmo Innocente De Cesaris, Brighella Felice Villani, Arlecchino.
Essa apparteneva a quella gloriosa falange di artisti, scelti da Gustavo Modena per quella Compagnia che doveva segnar la riforma della recitazione in Italia. […] Fu poi nella Compagnia Peracchi e Trivelli il ’58-’59, e in quella di Rossi e Trivelli dal ’63-’64 a tutto il ’67-’68, acclamata e festeggiata sempre da ogni specie di pubblico.
Chi aveva da fare la serva ? […] Con alcuni avanzi – aggiunge il Bartoli – da lei fatti nel mestiere, e con l’assistenza del fratel suo (Francesco Catroli, comico anch’esso) potè circa dieci anni sono (1772) abbandonare del tutto il teatro, e vivere a sè stessa ritirata in un angolo della città di Venezia segregata sino al dì d’oggi dal commercio, non solo de’ comici, ma quasi interamente del mondo.
Attrice rinomata, ma più rinomata capocomica, nacque a Venezia il 1760 da un impiegato alla Quarantìa Criminale, di cui non giunse il nome sino a noi. […] Divenuta moglie di Colleoni, la Marta cominciò a manifestar viva inclinazione all’arte ; e provatasi in particine di niun conto, con tanto garbo le sostenne da invogliare il capocomico Zanerini a occuparsi seriamente di lei.
Cardinale che i negotiati della Compagnia passavano in tale stato che se mi risolvessi di recitare oltre il pregiudicio delle due parti, di dovermi contentare di recitare da serva a vicenda con la Flaminia, ciò che è pregiudicio totale alla mia reputatione, e quello che più importa è che il negotio delle parti si renderebbe usitario per ogni anno si che si renderebbe impossibile l’haverle mai più ; si che genuflessa a’piedi di V. […] Nell’Indice Universale della Libraria, o Studio del Celebratissimo Arcidottore Gratian Furbson da Franculin del Croce (V.
A te dell’Adria sol nobil reina M'avanza l’amirar da tal Fenice L'arte con la virtù sorger…. […] L'ombra e il splendore Son pur nemici ancor sin da le fasce ? […] In una lettera a un Segretario, non so bene di qual Duca, se di Mantova o di Modena, inviata di suo pugno da Livorno il 26 giugno 1660, e sottoscritta anche dal Pantalone Giovanni Gaggi (V.
Il 1° luglio 1747 la giovane ballerina esordì come attrice nella commedia, scritta a posta per lei da suo padre, intitolata Le due sorelle rivali, trascinando poi il 18 settembre il pubblico all’entusiasmo come attrice e come ballerina nella commedia francese in un atto e in versi, Le tableaux, di Panard, il quale dettò allora questo grazioso madrigale : Objet de nos désirs dans l’âge le plus tendre, Camille, ne peut-on vous voir ou vous entendre sans éprouver les maux que l’amour fait souffrir ? […] Cammilla Veronese morì il 20 luglio 1768 tra le braccia di Cromot, che amava da più anni la cara artista, per la quale ordinò magnifici funerali. […] III delle sue Memorie, dice : Prendemmo una carrozza, ed andammo da Madamigella Camilla Veronese, ove eravamo aspettati a pranzo.
Venutogli a morte il padre nel 1830, il Gallina risolse di lasciar le scene per attender da sè all’amministrazione dei beni ereditati. […] E mentre a’ suoi tempi facean chiasso i drammi a colpi di scena e combattimenti, egli s’acquistò fama di eletto artista col Cavalier di spirito, col Cavaliere di buon gusto, col Bugiardo, con L’Avventuriere onorato, con L’Avvocato veneziano, col Medico olandese, col Tasso, e più altre commedie del Goldoni ; nè minore successo egli aveva con l’Atrabiliare e il Filosofo celibe del Nota, con il Filippo e il Bruto primo dell’Alfieri, ne’ quali si trasformava a segno da parer veramente il personaggio ch’egli rappresentava.
Elle veniva in linea diretta da quella splendida pleiade di artisti che ora non son molti anni lasciò credere un momento avverata la superba speranza di giorni di gloria per il teatro italiano, e della quale solo pochi superstiti dispersi, affannosamente cercanti uno dopo l’altro meno ingrato cielo, restano ad attestare che la speranza non era nè temeraria nè vana. […] Tale fu la tua arte, o povera gentile Pierina, su questa l’arte che sentivi, che non indarno, con tutti gli entusiasmi della giovinezza adorasti, perchè di lei, e della tua vita, non ti fosse ignota nessuna delle gioie, delle soddisfazioni, delle ebbrezze, delle vertigini, mal giudicabili da coloro che l’arte non ebbe baciati in fronte del suo bacio infiammato, consumatore, divoratore.
Giraud Edoardo, la più bella macia del teatro milanese, nato a Milano da un negoziante di seta, entrò giovinetto nel collegio di Gorla minore, compagno ai Dal Verme e ai Borromeo, passando poi al liceo Longoni, poi al politecnico di Zurigo, dov’ebbe a professore l’ex-ministro De Sanctis, e dove compiè i suoi studi. […] Fu viaggiatore di filati nella Ditta Donatelli e Rognoni, impiegato dal Sonzogno, impiegato alle ferrovie, e finalmente comico, prima in Compagnia Bissi, poi in quelle di Santecchi, Stacchini e Papadopoli, sino al’ 70 in cui entrò a far parte di quella dialettale milanese creata da Cletto Arrighi, di cui fu per alcun tempo l’anima.
Attore brillante rinomatissimo, nacque il 1812 a Venezia da famiglia non d’artisti. […] I rovesci politici lo avevano ridotto, come me, a chiedere un rifugio ed un pane alla Compagnia Moncalvo, nella quale, come già ti dissi, la paga veniva come la febbre terzana, se le cose andavano per il loro verso ; se poi malandavano un pochino, allora era una quartana, una quintana, e della settimana non restava che la domenica. – Miseria per miseria, dicemmo, facciamo da noi !
Il Pezzoli e il Colomberti la dicono napolitana ; il Regli nata a Vicenza : certo ella nacque figlia dell’arte (forse a Vicenza da parenti napolitani), e dopo di aver recitato in compagnie d’ultimo ordine, fu sposata ancor giovinetta a Giuseppe Vidari, attore della primaria Compagnia. […] Ella rivaleggiò con le maggiori artiste del suo tempo : a niuna seconda in nessun genere di parte, le superò tutte nella commedia, in cui, dice il Regli, era una potenza ; e aggiunge che : « Pamela nubile, Zelinda e Lindoro non ebbero più mai un’interpetre così fedele e così perfetta. » Ritiratasi dall’arte, andò a recitar co' filodrammatici a Vicenza, dove, a soli cinquantun’ anni trovò la più tragica fine. « Afflitta da molte sventure di famiglia, angosciata di cuore e alterata di mente, uscì di casa una mattina senza dire ove andasse, nè mai più fu veduta….
Vide ancora la famosa città di Venezia eretti nel medesimo secolo teatri semicircolari ideati su gli antichi modelli, e costruiti da più chiari ingegneri, il Sansovino ed il Palladio, i quali perchè furono formati di legno già più non esistono. […] Nella corte di Ferrara, dove fin dal secolo precedente fiorirono gli spettacoli scenici, il duca Alfonso da Este fece innalzare un teatro stabile secondo il disegno che ne diede l’immortale Ludovico Ariosto.
Nato a Roma nel ’48 da modesto impiegato, lasciò a’ quindici anni la scuola (distruggendo i sogni del padre che volea fare di lui un gran dignitario della chiesa), per chiedere asilo al palcoscenico del Valletto, ove faceva gli annunzi e le comparse. […] Tra le parti da lui create cito quella dello Chamillac di A.
Con l’ammaestramento di Nicola Cioffo, riuscì poi egregio nella maschera del Tartaglia a segno da esser disputato dalle migliori compagnie. […] E a proposito dell’ arte sua, lo stesso Bartoli aggiunge : Il Fiorilli è sulla scena un gran Comico, e per tale fu adottato da tutta l’Italia.
Nella prefazione alle sue Rime, scritta da Arpalo Argivo (Firenze, Pietro Allegrini alla Croce Rossa, 1782, in-8°, vol. II), da cui tolgo il presente ritratto, è detto che « anche il palcoscenico servì al medesimo (Somigli) per isviluppare e render palesi i suoi naturali talenti.
.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser. […] Venuto frescamente Don Vincenzo Spinelli, Principe di Tarsia a Napoli dal suo Stato, cominciò ancor lui a vagheggiar la Lavinia, che volle mascherarsi da Zaccagnino, non bastandolo quello che aveva speso in Calabria a buffoni, comedie, cacciatori, conviti, musica continua, cavalcatori, maestri di scrima, ecc.
Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove s’innalzò questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti, non potendo contenere che ventiduemila spettatoria. […] Più sopra sedeva la plebe, e gli scaglioni da essa occupati chiamavansi popolari. […] Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in un luogo popolare, e suddivideremo questo in equestre e popolare.
Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove era questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti non potendo contenere che ventiduemila spettatori151. […] Più sopra sedea la plebe, e gli scaglioni da essa occupati chiamavansi popolari. […] Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in luogo popolare, e questo suddivideremo in equestre e popolare.
Tornò il ’25 a’ Fiorentini, a Napoli, colla società stessa, e quivi rimase fino al ’40, stipendiata da quella real Corte. […] Parecchie dame adottavano le mode francesi dopo averle viste in teatro da lei, e la mandavano a interrogare dalle loro sarte, per non esserle inferiori almeno da questo lato.
Verso il 1754 sposò in Venezia Lucia Rosalia, figlia di Vincenzo Cinigoto, da cui ebbe una figlia, battezzata a Santa-Marina. […] Lorenzo sua parrocchia, assistito da 44 preti, in presenza d’Innocente Collalto suo fratello e di suo genero che firmarono Innocente Collalto e Felix Gaillard. […] Egli ha sentito tutte le lor cure, e l’ultime parole da lui proferite sono state di riconoscenza.
Egli si fe' portare il letto a una osteria, e di là non si partì che dopo speso fin l’ultimo quattrino in pranzi e cene da pazzo. […] Egli recitava solo, per via, intere commedie…. ma lasciam la parola all’attore Colomberti che di quelle recite singolari ci lasciò la seguente descrizione : Nella primavera del 1824 io mi trovavo a recitare al Teatro San Benedetto di Venezia colla Compagnia di Luigi Fini ; e una mattina, trovandomi a passeggiare sulla riva degli Schiavoni, vidi giungere un vecchio, seguito da un ragazzo che gli portava una sedia, che pose in mezzo al vacuo fra le colonne di Marco e Todero, ed il vicino canale che dalla Laguna va al Ponte dei Sospiri. […] A poco, a poco, e dalle vicine gondole, e da quegli che passavano si formò un semicircolo intorno alla sedia, sulla quale era seduto il suddetto, che tutti salutava, e sorrideva a tutti.
Figlia del precedente e di Elisa Duse, nacque a Torino (tolgo la seguente cronologia artistica da un album in onore di lei – Roma, Voghera, 1900) il 20 agosto del 1866. […] Passò quindi nella Compagnia Bellotti-Bon e Marini, diretta da suo zio Cesare, in qualità di seconda amorosa ; fu successivamente nella stessa compagnia prima attrice giovine, in sostituzione di Linda Belli-Blanes ammalatasi. […] Ella, consapevole del suo valore, irrigidita nello sforzo costante di una meta prefissa, e di cui, per molti anni, ha forse creduto di avere smarrito la limpida visione, assorta perennemente nella ricerca di una perfettibilità, che è il tormento e la forza dei grandi artisti, Italia Vitaliani non sa trovare quelle parole ambigue che dicono e non dicono, quelle frasi rivolute entro cui il pensiero guizza e si smarrisce con agilità serpentina : no, quando una persona, sia pure un personaggio, la secca, essa lo dimostra ; quando un lavoro, sottoposto al suo giudizio, le spiace, essa lo dice, senza perifrasi nè pietose tergiversazioni ; quando è di cattivo umore non sa trovare una maschera di giocondità da collocarsi sul viso ; che se poi ella, o per la naturale bontà dell’animo o per altre considerazioni, cerca di nascondere il suo pensiero o velare le sue impressioni, esiste allora una tale antitesi fra il suono della parola forzatamente benigna e l’impaziente lampeggiare degl’ immensi occhi grigi, che si comprende subito come la più lieve finzione le riesca fastidiosa.
V.Soldino), e, all’occorrenza, si fondevano assieme, come argomenta il Baschet da un ordine di pagamento dato contemporaneamente ai due capocomici : « A Soldini florentin et Anthoine Marie venitien, commediens du païs d’Italie, la somme de deux cent cinquante livres tournois en testons à XII sols par livre dont le dict seigneur a faict don tant à euls que seize autres personnes de leur bande aussy commediens, etc., etc….. le unziesme jour d’avril mil cinqsoixante douze. […] Le due Compagnie partirono da Blois per far ritorno a Parigi, quando Enrico il bearnese, figlio della Albret, si promise sposo a Margherita, la figlia di Caterina De Medici.
» Egli è quello stesso che a Torino, al Circo Sales, in compagnia Trivelli, sostenendo la parte di un pescatore nella caduta di Missolungi, dovendo dire : « nell’imperversare della bufera, mi abbandonai alla discrezione delle onde, » disse invece : « nell’imperversare della bufera, mi abbandonai alla descrizione di Londra…. » Lo troviamo padre nobile, nel 1842, della drammatica compagnia condotta e diretta da Angelo Lipparini, poi, nel 1844, in quella di Romualdo Mascherpa ; proprietario nel ’54-55 di una Compagnia discreta, della quale era prima attrice la Vedova-Ristori, e caratterista Luigi Bottazzi, artisti di merito non comune ; e finalmente, nel ’57-58, caratterista e promiscuo della Compagnia condotta e diretta da Valentino Bassi.
Nativo di Palermo, fu scritturato da Adamo Alberti a’ Fiorentini di Napoli per la quaresima del 1848, al fianco di Luigi Taddei, della Zuanetti, di Aliprandi. […] Giammai mi accadde, nè più mai forse mi accadrà, di sentire il Brindisi di Girella del Giusti, più semplicemente e finamente detto, e più profondamente sviscerato, che da Michele Bozzo.
L’ultima caratterista della scena napoletana, attrice di grandissimo pregio, nacque da Giuseppe e Francesca Checcherini, autore di libretti per musica il primo, cantante comica riputatissima la seconda. Morta la moglie di Salvatore Petito, la famosa Donna Peppa, Marianna Checcherini amante sentimentale e fedele di lui da lungo tempo, potè finalmente sposarlo, facendo così tacer, com’ ella diceva, le male lingue.
mo Duca da Firenze il 19 maggio 1625 : Seren. […] me Tutrici et da me, che possa venire, con la sua Compagnia à recitare in Siena come ha desiderato.
Le spese da lui fatte furon chiamate pazze : forse. […] Su di lui dettò Luigi Suner, nelle Serate Italiane, un affettuoso articolo, dal quale traggo le seguenti parole : Si era formato da sè ; aveva una cultura generale non comune ; parlava e conosceva le letterature drammatiche di cinque lingue ; era scrittore applaudito, e generoso verso i suoi colleghi ; attore piacevolissimo.
.), colla quale Carlo Goldoni fe’ il viaggio in barca da Rimini a Chioggia l’anno 1721. […] te il benigniss.º placet da S.
Noi sottoscritti Comici facciamo fede come sono uenute da Padoua tre lettere dirette a fichetto nostro compagno, scritte da Cauaglieri di colà, con le quali ci persuadono a non andare a recitare in quella Città, altrimenti scoreremo graui pericoli per essersi diuisa la Città nel prethendere, chi la nostra Compagnia, e chi quella della Sig.
Salvini Giuseppe, nato da onesti parenti a Livorno sul cadere del secolo decimottavo, fu maestro di calligrafia egregio. […] Pur troppo, recitando la compagnia a Palmanova, fu còlto da malattia mortale ; e quivi morì nel 1844.
Dramma giocoso da rappresentarsi nel Teatro Giustiniani di S. […] Ristampate sull’ edizione originale, e corredate con annotazioni da Ermanno Von Loehner. […] — Osservazioni intorno a un viaggio da Liefland a Roma e Napoli. […] Fulvio Viromani da Camerino in alquanti dei Madrigali. […] Nova Tragedia di Adriano Valerini da Verona.
Tradusse dal francese, compose, fe da altri comporre diversi drammi comici da sostituirsi alle antiche buffonerie, i quali dalla compagnia della Neuber si rappresentarono in Lipsia ed in Brunswich. […] È da osservarsi ancora l’effetto che fa in lei l’immagine del corpo di Edoardo grondante di sangue. […] La Battaglia di Arminio scritta parte in prosa e parte in versi per cantarsi contiene la sconfitta di Varo ricevuta da Germani condotti da Arminio. […] Nell’istante ch’io mi volgo verso dove veniva la voce, il piè mi manca, vacillo, son presso a precipitare nel fondo dell’abisso, ma mi sento trattenere da uno che pareva che mi rassomigliasse. […] Il re quasi appena asceso al trono tra i travagli e le spese della guerra volle dedicare questo monumento al gusto della musica e delle arti, e vi chiamò con molta spesa gli attori musici dall’Italia, e la compagnia de’ balli da Parigi.
Quando cadde dalla grazia di Luigi XII il marescial di Gié perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa, fu egli motteggiato in una di tali farse. […] Sembra che una delle più famose di esse sia stato l’Avvocato Patelin, la quale ebbe tanta voga che Patelin da nome proprio divenne appellativo, e restò per significare adulatore, e produsse patelinage, e pateliner. […] Io ne ho veduta, pochi anni fa, sul teatro spagnuolo in un Intermezzo l’azione principale e la difesa del Pecoraio fatta da Patelin, e la contesa dell’avvocato e del cliente che lì vale delle di lui istruzioni per non pagarlo. […] Molti squarci felici, tratti dalla sacra scrittura, notansi nella tragedia de’ Giudei e alcuni versi dell’Ippolito meritarono di essere inseriti da M. […] Il componimento che in questo secolo merita più attenzione per una certa regolarità ed eleganza, si é la Casta Susanna, dramma spirituale in cinque atti composto da Paolo Rebhun, curato d’Oelsnitz, impresso in Ziwckau nel 1536 e reimpresso nel 1544.
[Intro.2] E però non sarebbe maraviglia se cotesto ingegnoso ordigno, fatto di tanti pezzi com’egli è, non sempre rispondesse al fin suo, ancorché a ben unire e a congegnare insieme ogni suo pezzo, venisse posta da coloro che il governano tutta la diligenza e tutto lo studio. […] Colpa dello sconcerto che viene a mettersi tra le differenti parti di essa, d’imitazione non resta più ombra, svanisce in tutto la illusione che può nascer solamente dall’accordo perfetto di quelle; e l’opera in musica, una delle più artifiziose congegnazioni dello spirito umano, torna una composizione languida, sconnessa, inverisimile, mostruosa, grottesca, degna delle male voci che le vengon date e della censura di coloro che trattano il piacere da quella importante e seria cosa ch’egli è40. […] Qual cosa in somma si può egli aspettare che riesca di buono da una banda di persone dove niuno vuole stare nel luogo che gli si appartiene, dove tante soperchierie vengon fatte al maestro di musica, e molto più al poeta, che dovrebbe a tutti presiedere e timoneggiare ogni cosa, dove tra’ cantanti insorgono tutto dì mille pretensioni e dispute sul numero delle ariette, sull’altezza del cimiero, sulla lunghezza del manto, assai più mal agevoli ad esser diffinite, che non è in un congresso il cerimoniale, o la mano tra ambasciadori di varie corone?
[2] Ma a chi non può inalzare da pianta un novello edifizio rimane pur anco il non isteril compenso d’osservare, ed illeggiadrire i già fabbricati. […] [3] Incoraggiato da tai riflessi oso offrirvi, o Signore, insiem colla storia del più brillante spettacolo di Europa alcune mie osservazioni sulla maniera di perfezionar le varie e moltiplici parti, che lo compongono.
Moglie del precedente, nacque in Pisa da non volgari parenti. […] (Ven., 1796) che la Battaglia creò nella stagione di autunno e carnevale ’95-’96 la parte di Agata nell’Elena e Gerardo di Luigi Millo, uno dei poeti della Compagnia, che fu l’unica parte da lei recitata nel corso di quell’anno, lasciando in ogni spettatore un sommo desiderio di udirla altre volte.
Staccatosi Niccolò – continua il Bartoli – da Fabrizio, a motivo d’una sua indisposizione ; e ritirandosi in casa d’un suo amico in luogo eremo e solitario, si diede a scrivere un Romanzo, che voleva diviso in sei libri ; ma compiuto solamente il terzo, cambiò pensiero e si pose a scrivere un’opera tragica in prosa intitolata : Il carnefice di sè stesso. […] Ben trovato il soggetto, il quale va a poco a poco intrecciandosi e arruffandosi per modo da destare il più vivo interesse.
Nata in Livorno il 16 marzo 1835 da genitori commercianti, si diede per tempissimo all’arte dopo alcune ottime prove fra’ dilettanti della sua città. […] La Daria Cutini-Mancini, già da un po’ fuor delle scene, si presentò appunto colla Cameriera astuta al pubblico dell’ Accademia Fiorentina de’ Fidenti.
Il ritratto che do qui, alcun po'ridotto, fu pubblicato a Roma del 1806 da Luigi Perego Salvioni, con in fronte il seguente sonetto : al merito sublime della signora ASSUNTA PEROTTI che con plauso universale ha sostenuto in roma nel teatro valle e nell’altro di apollo per più stagioni il carattere di prima attrice tanto nelle comiche quanto nelle tragiche rappresentazioni SONETTO Là su le piaggie apriche d’ Elicona avea Talia di propria man contesta nobil ghirlanda, e dicea lieta : or questa della PEROTTI io reco al crin corona ; Ma Melpomene allor : men chiaro suona forse il nome di Lei, se in regal vesta calza il coturno, e se feroce, o mesta, a terrore o a pietà gli animi sprona ? […] Ma, ahimè, l’amica la precedè nel sepolcro, e i parenti, impossessatisi per legge di tutto, cacciaron di casa la padrona vera, la quale andò da prima limosinando, poi fu ricoverata all’ Ospizio di mendicità, d’onde usciva una volta la settimana per andare a pranzo dalla poetessa improvvisatrice Rosa Taddei, sorella del celebre caratterista.
Battista da Treviso).
Lodovico da Bologna.
Zoppino da Mantova.
Bolico Giulia e Battista da Treviso).
Battista da Treviso).
Alloggiò il 10 Dicembre da Domenico Torni.
.), e nulla ebbe nell’arte da invidiare al maestro.
Faceva in Compagnia Fabbrichesi nel 1826 le parti da traditore, al fianco di De Marini, Vestri, la Fabbrichesi e la Bettini.
Armano (D’) Pietro, ricordato da Marino Negri nel prologo della pace (1561) in compagnia del Molino e del Calmo, come ingenioso et gentile.
È l’attore che partì da Roma per Venezia il 1738 con Girolamo Medebach, e recitò per alcun tempo applauditissimo nella maschera di Pulcinella.
Attore milanese, che secondo le notizie di archivio date da Schlager e riportate dal Trautmann, si trovava a Vienna al servizio di S.
Bravo tiranno, era il 1827-28 in Compagnia di Luigi Bergamaschi colla moglie Giuseppina, mediocre servetta, poi il ’28-’ 29 in quella di Pisenti e Solmi, diretta da Albina Pasqualini.
Apparteneva il 1687 colla moglie Angela alla Compagnia che Francesco Calderoni (V.) condusse da Venezia a Monaco al servizio dell’Elettor di Baviera.
Fu artista del San Salvatore di Venezia, tartassato con Medebac, Falchi e la Marliani da Carlo Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi, e in un sonetto burchiellesco.
Foggi Rosa, fiorentina, è citata da Francesco Bartoli, come attrice di qualche pregio per le parti di serva che sostenne in Firenze al Cocomero e ne’teatri di Lombardia e di Liguria nella Compagnia di Giovanni Roffi.
Egli era bolognese, e il 12 settembre giunse in casa di Cesare Gonzaga assieme a Lodovico Albergina da Venezia.
È citato da Francesco Bartoli come giovane di buone attitudini all’arte.
Luigi Pezzana era nato il 1814 a Verona da Giuseppe Pezzana, ultimo rampollo d’una nobile famiglia di Venezia, che per rovesci di fortuna aveva ottenuto un impiego giudiziario a Verona. […] Costetti ne' Dimenticati vivi ci fa sapere che nel palazzo del Conte di Montecristo (il Pezzana ricorreva, costretto, alla risorsa della famosa quadrilogia), tutto il lusso orientale di lui consisteva in due moretti di stucco, che reggevano ciascuno un candelabro, e in un braciere di coccio dorato da cui usciva un fumo, poco voluttuoso, di mirra e di incenso, tal quale nelle chiese al momento della benedizione del Santissimo.
È citato da Francesco Bartoli come un egregio Pantalone del secolo scorso.
Di lui non abbiam trovato alcun cenno fuorchè nel Quadrio che dice soltanto essere stato anch’egli di singolari talenti dalla natura dotato, e molto favorito da Principi.
La vediamo coi Comici Costanti tra gli attori che firmaron la lettera da Ferrara al Duca di Modena per reclamo contro il Pantalone Scarpetta (V. e Degli Amorevoli Vittoria).
Sappiamo dall’aggiunta del Bartoli all’articolo di Flaminia, che il famoso brighella Atanasio Zanoni possedeva di lui un manoscritto del 1625, intitolato : Discorsi da Commedia di me Benedetto Maffei detto il Furioso, allievo della signora Flaminia Comica detta Orsola Cecchini.
Sorella della precedente, recitò in sua compagnia e da lei separata le parti di donna seria.
È ricordato da Molmenti (Venezia nella vita privata) insieme a Giampaolo, Trapolino, e Cimador fra' Comici che fiorirono a Venezia ai primi del secolo xvi : Cimador (V.) e Tizone sono menzionati dal Sanuto.
(Da un Diario inedito, menzionato da A.
È citato da Fr.
Era il 1714 l’arlecchino della Compagnia italiana di Varsavia, formata a Venezia da Tommaso Ristori per la Corte di Dresda.
Andrà Giuseppina, torinese (citata da Giacinta Pezzana in un suo recente opuscolo, tra le alunne di Carolina Malfatti), sosteneva con garbo le parti di amorosa nella Compagnia di Adamo Alberti ai Fiorentini di Napoli, l’anno 1850-51.
Lombardi Stefano da Nizza di Provenza.
Abate per trovare ragioni da rimovere dal giudizio I due Pellegrini del Tansillo, e l’Ecloga del Caro; e intanto si lascia dietro un nemico non meno forte del Cefalo, e dell’Orfeo, cioè l’Egle del Giraldi pubblicata nove anni prima del sacrifizio del Beccari. […] Non potendo l’Apologista presentare data veruna da contrapporre all’epoche fisse de’ componimenti, e degli Scrittori Italiani, ricorre alle sue famose congetture. […] Così l’Apologista tremendo in congetturare, ed argomentare va seminando lite da lite, e provando l’incertezza coll’incertezza. […] Non è impossibile; ma si vuol provare, altrimenti da un possibile rarissimo a cui ricorrete, si presumerà contro di voi, che asserite volontariamente cose non vere, per giugnere al vostro intento. […] Ammetto intanto la correzione già da me stesso fatta anticipatamente nel mio Libro dell’enorme equivoco di aver chiamati Colloqui Pastorali tutte le Favole del Lope, quando tra essi vi sono anche delle Commedie.
Per trascorso di memoria, avvertitomi da un letterato amico, si disse di Filippo IV nella pagina 203 v. 9: Che espulse un popolo di Mori &c.
Fu prima attore della Compagnia diretta da Antonio Franceschini detto Argante ; poi per lungo tempo, quale innamorato, al S.
Il sabato 24 novembre 1668, mentre stava sul punto di slanciarsi colla spada alla mano, conforme richiedeva la scena, sul suo nemico, côlto da male improvviso, morì.
Altra figlia del D’Arbes, da lui istruita nell’arte comica, la quale doventò una buona servetta.
È ricordata da Fr.
Ebbe da un colpo di pistola sì malconcia una mano, che si dovette amputargliela ; e però fu cognominato il monco.
Lodigiana, seconda moglie del precedente, fu da lui educata all’arte del canto, in cui riuscì egregia, cantando con molta grazia in vari intermezzi.
Questa mia opera• dei comici italiani • voglio consacrata • al nome di mia moglie • TERESA SORMANI • che da quindici anni • collaboratrice fedele e costante • leva in alto il mio spirito • confortandomi nel lavoro • sostenendomi nelle lotte • gli ostacoli rimovendo o attenuando • con intelligenza rara di donna • con amore di sposa profondo • incomparabile.
La troviam poi il 1840 quale madre sotto la Internari, nella Compagnia di Luigi Domeniconi diretta da Giuseppe Coltellini ; e il 1841 collo stesso ruolo in quella di Luigi Pezzana.
« Recitò – dice il Bartoli – nel carattere dell’arlecchino per molto tempo con valore ; ma poi si alienò dall’arte, e vive oggigiorno (1782) in Ferrara, coi vantaggi che ne ricava assistendo ad una Bottega di Caffè, che da non pochi anni in quella città egli aperse. »
Sciolta la società, fu scritturato da Gaetano Bazzi, con cui stette parecchi anni ; passò poi con altre Compagnie, finchè, lasciate le scene, andò a stabilirsi a Firenze, ove morì nel 1865.
Faceva parte della Compagnia formata a Venezia da Andrea Bertoldi il 1737 per l’Elettor di Sassonia, e lo troviamo il 3 agosto del 1748 all’ inaugurazione del nuovo teatro in Varsavia : ma nulla sappiamo del ruolo che sosteneva.
Nato da civil famiglia padovana, e datosi all’arte comica, entrò nella Compagnia di Andrea Patriarchi, poi in quella di Luigi Perelli, nelle quali percorse la Sardegna e la Sicilia e le varie città d’Italia, facendosi non poco applaudire nelle parti serie e gravi.
.), Buffetto, fu dato quell’anno da Milano amplissimo passaporto per passarsene a Parigi.
Recitava da comico le parti dell’innamorato, e fu nella Compagnia di Pietro Rossi….
Recitò nel carattere da Innamorato con buonissima disposizione.
[Dedica] ULTIME CURE ultimi tratti della penna di PIETRO NAPOLI SIGNORELLI su i fasti teatrali gia’ da lui descritti oggi in dieci volumi raccolti e consacrati alla patria sempre a se cara che la vita gli diede che dopo i suoi viaggi e le vicende fremendone la malvagita’ invano l’accolse benigna e che ne accogliera’ con materno sguardo l’ultimo vale mdcccxiii.
Austoni Giovan Battista, comico ferrarese. « Era-scrive Achille Neri-l’amministratore della Compagnia de’Confidenti diretta da Flaminio Scala. » (1615 e segg.).
Passò da Venezia, ov’era vestiarista teatrale, a Trieste nel 1830, e quivi formò società coll’attrice Luigia Petrelli, lasciando al marito di lei la direzione della compagnia.
Fu col Bazzigotti, colla Tesi, con Pietro Rossi, con la Battaglia, con Medebach, e da ultimo con Pellandi al S.
Moglie del precedente, e sorella di Filippo Nicolini, fu da prima nella Compagnia del rinomato Carlo Veronesi, sotto gl’insegnamenti del quale potè divenir comica egregia.
Duse Eugenio, nato a Padova il 1816, troncò da giovanetto gli studi per viver con suo padre la vita della scena, alla quale non era chiamato.
Sappiamo solo che recitava le parti di donna seria, e che fu con la Battaglia, col Camerani, col Sacco ; da cui passò in una Compagnia vagante, ove trovavasi ancora nel 1781.
Egli sostituì nelle parti di primo Zanni, collo stesso nome di Finocchio, il Cimadori, e lei recitava le serve col nome di Pimpinella, titolo, già nel 1588, di una commedia del signor Cavalier Cornelio Lanci, pubblicata in Urbino da Bartolomeo Ragusij.
Recitò anche da Serva con sufficiente successo, e fu sempre al fianco del marito, sposa esemplare.
Fu anche nelle compagnie di Pietro Rossi e di Onofrio Paganini ; poi, protetto da un veneto gentiluomo, visse alquanto con lui, lontano dall’arte.
Tradusse dal francese, compose e fe comporre ad altri diversi componimenti da sostituirsi alle antiche buffonerie, i quali dalla compagnia della Neuber si rappresentarono in Lipsia ed in Brunswick. […] Giovanni Behermann negoziante di Amburgo morto da non molti anni compose due tragedie ben verseggiate, il Timoleonte, e gli Orazj nella quale imitò Cornelio. […] Con questo intento compose più tragedie, tralle quali son da distinguersi Edoardo III, Riccardo III, ed Atreo e Tieste. […] È da osservarsi ancora l’effetto che fa in lei l’ immagine del corpo di Edoardo grondante di sangue. […] La Battaglia di Arminio scritta parte in prosa e parte in versi per cantarsi contiene la sconfitta di Varo ricevuta da’ Germani condotti da Arminio.
È citato da Francesco Bartoli come Brighella e attore per le parti gravi di qualche merito.
Fu con Goldoni gran tempo al San Luca, ma dopo la recita della Sposa persiana (del 1755), in cui il pubblico s’interessò maggiormente al personaggio della giovane schiava che a quello della prima donna, la moglie di lui, sommamente irritato contro il pubblico e contro Goldoni, disse che gli era stata fatta un’ azione da forca, protestò col Vendramini, andò in iscandescenze, mandò in pezzi il suo orologio contro la vetrata di un paravento di cui frantumò i vetri, e piantò tutti in asso scritturandosi con la moglie per la Compagnia del Re di Polonia a Dresda. […] E troviam nel Dizionario del Léris (mdcci. xiii), che l’ultimo Scaramuccia del Teatro italiano, ricevuto a pensione il 1745, dopo di aver esordito il 13 settembre si chiamava Dionisio Gandini, nato a Verona da un Dottore in diritto e in medicina.
E l’altra, non men forte per novità e comicità irresistibile, in cui in uno scatto violento, lasciandosi andare a parole e imprecazioni volgari, improvvisa, libero e diritto fin in fondo, una meravigliosa difesa di Elena accusata, oltraggiata da tutti ? […] Quando si cominciò a dire d’un brillante : attore nobile, attore fine, attore distinto, si cominciò anche a perdere il senso del brillante, che a poco a poco s’è andato trasformando per modo da non riconoscerlo più.
Cassiano, unissi all’altra di Francesco Paganini, in cui da alcuni anni fa valere il suo merito, e può fra le buone attrici di questi tempi essere plausibilmente annoverata. »
Cuniberti Luciano, torinese, uscito da una società di dilettanti, fece le sue prime armi in arte con Gustavo Modena.
Molte notizie di comici del suo tempo furon da lui date al Colomberti, che le affidò in vario tempo alla carta, se non con perfetta esattezza, certo con moltissima cura.
Paullo Rigetti, bolognese, che abitò con la Camia, la de Massi, l’Anelli da Domenico Torni ; e al 5 maggio '91 Gio.
Bartoli, fratello della precedente, recitò sotto una maschera che pare da lui inventata, non avendone trovato indizio nè prima, nè dopo lui, chiamata Agonìa, forse dalla magrezza del volto, dalla fatica del parlare, dalla lentezza del muoversi, dall’ansamento del respiro.
Figliuola d’un sarto di Pavia, fu sposa del precedente, e da lui iniziata alle scene, in cui riuscì amorosa ingenua graziosa e graziosa cantatrice.
Trascrivo dal Bartoli : « Lasciata Vicenza sua patria con qualche studio fatto nelle prime scuole, passò alla comica professione facendo da innamorato.
Appartenne alla nuova Compagnia dei Confidenti, formata il 1615 da Don Giovanni De’Medici, assieme alla moglie che vi sosteneva le parti di servetta col nome di Nespola, e che, per essere l’amante di Antonazzoni, fu causa di discordie in compagnia.
Uscito Francesco Cattoli (V.) da quella del San Luca (carnovale del 1763), andò il Rubini a sostituirlo.
E’ da notarsi che a’ suoi dì già sulle scene inglesi si satireggiavano i nobili e i titolati. […] “Si contentavano prima gli autori drammatici di trarre i loro personaggi ridicoli dal ceto de’ servi; ma questi baroncelli oggidì cercano i loro buffoni fra’ gentiluomini e cavalieri; di modo che io da sei anni vo’ differendo di prenderne il titolo per timore di esser posto in iscena e di farvi una figura ridicola”. […] Le altre di lui commedie più pregiate sono l’Amore in un bosco rappresentata in Londra nel 1672, il Gentiluomo maestro di ballo, e l’Uomo Franco tradotta e imitata da Voltaire nella Prude o Gardeuse de cassette. […] Giacomo II uscendo soddisfatto della ripetizione di questo dramma composto sotto Carlo II, richiese di colui che l’avea scritto; ed intendendo che da sette anni si trovava in carcere per non aver modo di soddisfare i suoi creditori, spontaneamente ordinò che si liberasse, se ne pagassero i debiti, e si provvedesse con una pensione alla di lui sussistenza.
A Padova, non è ben precisato nè in quale anno, nè con qual compagnia (secondo il Mazzoni nel ’90 con quella del Menichelli, ma forse più tardi col Pellandi), preluse a un corso di rappresentazioni, recitando i seguenti versi dettati per lei da Melchior Cesarotti. Essi furon trovati da Guido Mazzoni tra le carte di lui che venute in mano del Pieri, passarono alla Riccardiana di Firenze. […] a me sereno il guardo rivolgeste e rinacqui, i sforzi infermi di mia giovine età grazia clemente da voi trovaro, e gli error miei perdono. […] Ma alla metà dell’anno 1816 fu colpita da tale malattia che la toglieva per sempre alle scene, relegandola collo sposo nella sua villa di Avesa, presso Verona, che dovette pur troppo abbandonare, pei continui dissesti finanziari di cui fu causa il marito di sua figlia.
Secondo lo spoglio delle Compagnie fatto da Adolfo Bartoli (Scenari inediti), quella di Antonio e Rosa Camerani, viventi ancora il 1782, si componeva per le parti principali, di Giuseppe Nanini, Antonio Tomasoli, Paolo Tremori, Gaspare Valenti, Angela Menicucci, Anna Moretti, Margherita Rebecchi.
Nato al principio di questo secolo da famiglia italiana, stabilita in Grecia, si diede all’arte dopo di aver compiuto il corso di studj a Padova diventando in breve uno dei migliori brillanti del suo tempo.
Rubini Ferdinando, di Roma, attore mediocre per le parti d’Innamorato, soprannominato Rubinazzo, fu chiamato da Giuseppe Imer al Teatro San Samuele di Venezia, per sostituirvi Antonio Argante, allora defunto.
Lo troviamo nella quaresima del 1820 in Compagnia diretta da Ermeneghildo Maldotti che recitò prima al San Grisostomo di Venezia in unione a una Compagnia di balli, poi sola alla nuova arena Gallo della stessa città.
Apparteneva il 1687 alla Compagnia che Francesco Calderoni condusse da Venezia a Monaco al servizio dell’Elettor di Baviera.
L’ ’82 era, ancor giovanissimo, nella Compagnia di Pietro Ferrari, « facendosi molto onore — dice il Bartoli — e mostrando chiaramente nella sua abilità d’esser egli un comico studioso, da cui l’arte poteva in appresso molto promettersi in virtù de’ suoi perspicaci talenti. »
A meno che come abbiam in essa Batista da Treviso Franceschina, non s’avesse a legger Gratiano Lutio, senza la virgola.
Fu con Nicola Petrioli e con Alessandro Gnochis (1760) insieme alla sorella Barbara, e al cognato Gaetano Romagnoli : morti i quali, s’unì alla Compagnia della Faustina Tesi, recitandovi da Brighella.
Passò poi in altre compagnie di giro, e finalmente in quella di Onofrio Paganini, nella quale, a Vicenza, fu colto da siffatta emorragia di sangue, che, non potutasi arrestare, lo condusse al sepolcro il 3 giugno del 1764, all’età di venticinque anni.
Recitò sempre nella compagnia del marito, ma, a Firenze, nell’autunno del 1771, rappresentando La Vedova Scaltra del Goldoni, nell’atto di porsi il zendado alla veneziana, fu colpita d’apoplessia, che la condusse a morte in capo a poche ore, compianta da tutti e pei suoi pregi e per la sua sciagura.
Passò poi da capocomico ad attore generico e direttore delle rappresentazioni nella compagnia di suo figlio, e morì a Taranto a 82 anni il 16 marzo del '72.
Anche la Bianchi doveva essere esperta del canto, come si rileva dalla seguente terzina caudata di un sonetto indirizzatole da Giuliano Rossi, quand’ Ella fu a recitare a Genova, probabilmente nel 1634. […] Fu assai stimata e amata da Anna d’Austria, della quale, come il Fiorilli, poteva dirsi veramente intima. Delle poesie di lei vider la luce alcune Poesie musicali composte in diversi tempi, aggiunte alla prima edizione dell’Inganno fortunato, e una raccolta di rime, intitolata : Rifiuti di Pindo, edita in Parigi nel 1666, in 12°, sotto’l nome di Aurelia Fedeli, a proposito del quale si levaron dispute e contese fra’letterati : quello sostenendo che fu per semplice error di proto stampato Fedeli e non Fedele, cioè Aurelia, comica fedele ; questo immaginando che il nome di Fedeli sia quello d’un secondo marito, dovendosi escludere l’error del proto, il quale sarebbe stato continuato da lei e dal figlio di lei, che nelle sue liriche indirizza una poesia a Brigida Fedeli sua madre, a cui tien dietro subito la risposta della signora Brigida Fedeli, madre dell’autore.
Trascrivo una nota autografa dell’ illustre artista : « Nata a Torino il 28 gennaio 1841 da Giovanni Pezzana, ricco negoziante di mobili, e Carlotta Tubi. […] In arte, niente mi sembra più meraviglioso e più bello di ciò che pare scaturisca dalla natura stessa d’ un artista come un’ acqua limpida e fresca da una roccia vergine. […] Eleonora Duse, ricordando le sue primissime armi fatte accanto a Giacinta Pezzana – l’ unica attrice da cui traesse qualche alimento la meravigliosa genialità dusiana, – mi raccontava come in una scena dolorosa d’ un dramma del quale le sfuggiva il titolo, Giacinta Pezzana, una sera, all’ improvviso, prendesse a ripetere una parola camminando concitatamente e mettendo in ogni ripetizione un suono di voce strano, intenso, irresistibile.
Nome di una attrice che pare unisse alla professione comica il mestiere di saltatrice, come risulta da una lettera del Rogna in data del primo luglio dell’anno 1567. « Hoggi si sono fatte due comedie a concorrenza : una nel luogo solito, per la sig.
Entrò il ’29 nella Reale Compagnia Sarda, in cui rimase sino al suo ultimo disfacimento, scritturato per le parti di sciocco o mamo, nelle quali acquistò tanta rinomanza da poter mantenere con successo quel ruolo giovanile anche quando la canizie e la obesità ebber dileguata ogni illusione.
Landi Giovanni, nato a Bologna il 1760, e rimasto in tenera età orfano del padre, fu allevato ed istruito da illustre famiglia bolognese.
In una lettera al Duca di Modena da Parma in data 4 giugno 1655, si accenna al Milanta, richiesto per la Compagnia di Parigi, e dal Principe Alessandro negato.
Firenze, Bemporad, 1898), il quale ci fa anche sapere che la Parrini era divisa dal marito e conviveva con Ercole Gallina, il primo attore, da cui ebbe il 3 gennaio del '26 una bambina che le morì il 7 successivo.
Fu poi scritturata prima attrice giovine da Andrea Maggi ; ma il Reinach ne sciolse il contratto per farla sua sposa.
Bernaroli Antonia, bolognese, fu avviata all’arte da Francesco Bartoli, che, dopo pochi mesi, egli dice, dovè lasciarla.
Figlio del precedente, vissuto sempre lontano da lui, vagò giovinetto di compagnia in compagnia, recitando parti di nessun conto.
Ma appassionatissima pel canto, al quale aveva mostrato sin da giovinetta singolari attitudini, vi si abbandonò con tal fervore, che in breve tempo riuscì artista lirica assai reputata.
Lugo Olga, nata a Genova da famiglia borghese, e recatasi giovanetta a Milano, entrò in quella maggiore filodrammatica, e nell’ '80 esordì quale amorosa con Luciano Cuniberti, passando poi con lo stesso nel ruolo di prima attrice, al quale era più adatta, anche per la figura matronale, ond’era dotata.
Figlio del precedente, iniziato al teatro da suo padre e dal capocomico Lapy, con l’esempio di Majanino e del Pettinaro (Grandi Tommaso), ch' erano in compagnia, recitava le parti d’innamorato.
« Napolitano Capo Comico rinomatissimo, che condusse per molto tempo una Truppa di esperti Commedianti, recitando egli medesimo da Primo Innamorato.
Comico del Duca di Mantova, del quale trovo notizie in una sua lettera da Fiorenza del 1° dicembre 1648 al Sig.
Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofar a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’ effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri. […] La Sofonisba di Mairet piacque in Francia molto più perciocchè da lui fulle imposto un costume più naturale e più dolce.
Fu amoroso per vari anni della Compagnia Pisenti e Solmi, poi, nel ’41, di quella condotta e diretta da Camillo Ferri. […] Maria, comico mantovano, il quale recitava nel 1620 sotto nome di Fortunio (assunto la prima volta da Rinaldo Petignoni de’ Gelosi) in una modesta Compagnia nei contorni di Cento, Modena, Finale o Carpi, nella quale era anche, non sappiamo se come semplice attore o capocomico, Flaminio, il celebre Gio.
Grisostomo, direttore Antonio Sacco, il famoso Truffaldino, pel quale il Casali scrisse varie opere teatrali, come : Le azioni d’Ercole imitate da Truffaldino suo scudiere (Milano, 1753), e L’eroica pazienza di Socrate gran filosofo d’Atene (Torino, s. a.). […] Aggiunge poi il Goldoni che dopo la prima prova, che produsse miglior effetto della lettura, il Casali lo pregò in grazia di riavere da lui particolarmente un segno della sua riconoscenza e gli presentò sei zecchini.
finalmente : Irma Gramatica, intellettuale, colta, riuscì a comprendere il vero e, nell’ estrinsecazione di questo, rivelò tutte le virtù in un solo difetto che non cessa tuttavia di essere un pregio, nell’ esuberanza della passione ; riusci, affrontando ardue battaglie, a crearsi da sè senza eclettismi o plagi, senza emulazioni grette e fatali, studiando i proprj mezzi non in correlazione con quelli degli altri, ma accontentandosi di tradurli in atto equilibrandosi e interpretando ciò che è consentaneo alla sua tempra nervosa d’artista, al suo carattere di moderna, in una parola alle convulsioni della sua anima. […] Nata a Fiume da parenti non comici (il padre, commerciante, entrò nell’arte dopo rovesci di fortuna, e fu suggeritore in compagnie primarie), fu educata a Staglieno.
P. 26 v. 23 i tomi i nomi P. 39 v. 4 comiti comitiva P. 62 v. 19 i strinsi io strinsi P. 71 v. 6 Lolli Lulli P. 93 v. 9 tu balancois tu balançois P. 103 v. 22 dall’impegno dall’ingegno P. 121 v. 28 fervono servono P. 124 v. 17 dal rimanente del rimanente P. 173 v. 9 cho che P. 239 v. 19 dî di Si avverta che dopo la pagina 128 in fine del foglio H dovea seguire nel seguente foglio I il numero 129 e continuare sino al 144; ma per uno de’ soliti errori tipografici si è ripetuta la numerazione delle pagine da 113 sino a 128.
Fu poi secondo caratterista dell’ottima Compagnia condotta da Antonio Rafstopulo, nel 1819-20, sempre insieme alla moglie, madre nobile, e alla figlia, prima amorosa.
E sappiam che per quante richieste fatte da Luigi Riccoboni, essi divennero irreperibili, trafugati forse dalla galleria del Canonico Settala a Milano, ove Angelo Costantini, il celebre Mezzettino, assicurò di averli veduti in buon numero.
Trascrivo dal Bartoli : « Comico bolognese, il quale si esercita con dello spirito nella Maschera da Dottore.
Il Campagnani fu sostituito il 1736 da un attore che in grazia della sua figura era noto nell’arte comica col nome di Figurina.
Nacque a Torino verso il 1800 da civile e agiata famiglia, entrò nell’arte il 1823, esordendo come amoroso generico nella Compagnia Pieri e Vedova.
Nato in Poppi di Casentino da ragguardevole famiglia, fu pregiato capocomico e pregiato attore per le parti di tiranno.
Lucinda è la prima donna, quasi sempre amante di Valerio, tal volta di Orazio, tal volta di Ubaldo, de' Scenarj pubblicati da A.
Partì il '20 per Parigi con lo zio ; ma, arrivati a Chambéry, sorpreso da malore, vi dovette soccombere.
Nato a Bologna da civili parenti, compiè il corso degli studj e si laureò in legge : ma vinto dall’ amor pel teatro, nel quale aveva già fatto egregie prove co' filodrammatici, si scritturò il 1829 con la Società Vedova-Colomberti, riuscendo in breve sì per la svegliatezza di mente, sì per la correttezza dei modi e la spontaneità, un de' migliori attori comici del suo tempo.
Fu caratterista buffo della Compagnia di Giacomo Modena nel 1819 ; nel 1825 di quella condotta da Mario Internari ; e nel 1826 di quella Pisenti e Solmi.
La Didone del Dolce è da lui dedicata al senatore Tiepolo con queste parole : « avendo il padre mio questo carnevale passato (1546), aperto in Venezia la strada ad altrui di avvezzar le orecchie, corrotte per tanti anni dai giuochi inetti di certi moderni comici, alla gravità tragica, ed essendo io stato il primo che, secondo la debolezza de’miei teneri anni, sotto abito di Ascanio rappresentai la Didone di messer Lodovico Dolce, ecc. » A lui virtuoso fanciullo dedicò poi il Dolce la sua commedia Il Capitano (Venezia, Giolito, 1545).
Moglie di Fabio Sticotti (V.) andò in Francia nel 1716 colla Compagnia formata da Luigi Andrea Riccoboni per ordine del Duca d’Orléans, Reggente.
Lasciato da dieci anni il capo comicato, si aggregò alla Compagnia della nipote Elisa, figliuola di Giorgio, e moglie di Vitaliano Vitaliani, in cui sostiene anch’oggi il ruolo di caratterista.
Le parti di Creonte così nel Polinice come nell’ Antigone, di Egisto nell’ Oreste, di Appio nella Virginia, furon da lui magistralmente recitate ; ma dove non ebbe rivali, fu nelle due di Opimio nel Cajo Gracco, e di Zambrino nel Galeotto Manfredi.
Nata a Monselice il 16 novembre 1876 da Giuseppe Mazzocca primo attore e Maria Santato, non comica, è stata una delle poche buone prime attrici giovani che vantasse il nostro teatro di prosa.
Merli Cristoforo, nato a Bologna verso il 1741, fece le prime donne cogli accademici fortunati della sua patria, cominciando poi a recitare da innamorato in compagnie di giro verso il 1768.
Da un documento estratto dai Registri del Municipio, in data 12 dicembre 1530, e pubblicato da Emilio Picot nel suo opuscolo « Pierre Gringoire et les Comédiens italiens » (Paris, Morgaud et Fatout, 1878) sappiamo che Maestro Giovanni di Pont-Alaix (Jean de Lespine de Pontalletz dit « Songecreux, » come dice una nota del 1538, a proposito di somme largite dal Re a lui e a quelli della sua banda) in quella stessa occasione aveva consentito a riconoscere Maestro Andrea per capo e direttore.
Tornato poi in Lombardia, condusse compagnia da sè, della quale, secondo lo spoglio di A.
Artista egregio per le parti di Pantalone, nato a Venezia da famiglia civile, si diede all’arte « con dispiacere — dice il Bartoli — del Vescovo di Parenzo suo zio materno, oggi passato a miglior vita. » Fu nelle Compagnie di Nicola Petrioli, Onofrio Paganini, e Pietro Rossi, nelle quali s’era venuto acquistando un bellissimo nome non solamente nelle parti comiche, ma anche nelle serie.
Benchè difettosa alquanto nella pronuncia, potè passare con una recitazione calda e spontanea, al ruolo di prima attrice assoluta in Compagnie di primo ordine, come della Sadowski, diretta da Luigi Monti, nella quale io l’ebbi collega affezionata, di L.
Gianvito Manfredi nel suo Attore in scena dice di lei : si distinse la celebre non meno che saggia ed onesta Vittoria Miti, detta Eularia, passata all’ altra vita pochi anni sono, da me più volte con non poco stupore ascoltata.
Grisostomo di Venezia in una Compagnia Sociale diretta da Ermeneghildo Maldotti, aggregata a una Compagnia di balli.
Nata a Chieti il 28 dicembre dell’anno 1874, entrò quattordicenne alla Scuola Maria Lætitia di Torino, diretta da Domenico Bassi, e vi stette un anno e mezzo, scritturandosi poi prima attrice giovine, dal '91 a tutto il '92, con Giovanni Emanuel.
È citato da Trajano Boccalini nei suoi Ragguagli di Parnaso, là dove dice (I, 242) : « ed in particolare tanta dilettatione ha dato a Sua Maestà il signor Cola Francesco Vacantiello, personaggio napolitano, che ha detto che anche nell’ introdurre il napolitano nelle comedie per rappresentar la fina vacanteria, havevano gl’Italiani mostrato il loro altissimo ingegno…. » Concordando le date, io credo potersi identificare in questo il Cola che fu mandato dal Duca di Mantova a Parigi il 1608 in sostituzione dell’arlecchino Martinelli, omai troppo vecchio.
Valentini Rosa, detta la Diana, fu moglie del precedente, e nacque – dice il Bartoli – in Polonia, « mentre la madre sua trattenevasi al servizio di quel monarca, da lui cotanto favorita, che donolle il suo proprio ritratto tempestato di gemme d’inestimabil valore. » Cresciuta in bellezza (vuolsi che dalla maestà di tutta la persona, e dalla ricchezza dei biondi capegli trasparisse la nobiltà del seme di cui dicevasi frutto), e divenuta artista preclara, si sposò a Giovanni Valentini, percorrendo con lui l’Italia, ammiratissima e per le doti fisiche, e per le artistiche.
Il fiorentino Giovan Battista Marini, discreto artista (era generico dignitoso il 1853 in Compagnia Sadowski-Astolfi), sorpresala nelle sue declamazioni, scoprì il tesoro magnifico della sua voce, e, vedovo da poco e per giunta con figliuoli, propose alla Virginia di sposarla, coll’intento d’iniziarla alla vita dell’arte. […] Passando dalle schiette e composte comicità della Serva amorosa agli sfrenati e sfacciati ardori di Messalina, e da questi alle sospirate romanticherie del Cuore ed arte, poi a Frine, all’Adriana Lecouvreur, alla Signora dalle Camelie, al Trionfo d’amore, alla Straniera, a Cecilia, al Falconiere, alla Donna e lo Scettico, al Fratello d’armi, alle Donne curiose, a tutto un repertorio de'più vasti e disparati e in verso e in prosa, Virginia Marini non sentiva il bisogno di correr dietro alle solleticanti e stimolanti sudicierie di una pochade per attirare e guadagnarsi il pubblico ; ma bastava lei, lei sola, circondata da una modesta schiera di compagni, i quali potevan chiamarsi Alamanno Morelli, Giovanni Ceresa, Francesco Ciotti, Guglielmo Privato, Giulio Rasi, Sante Pietrotti, Pierina Giagnoni, Anna Job, e via discorrendo.
Nata a Perugia dall’avvocato Francesco Dominici e dalla marchesa Emilia Bourbon Del Monte, fu da rovesci di fortuna, morto il padre, trascinata nell’arte dopo alcune buone prove fatte in un teatrino domestico.
» Codesto Battista noverato da Jason De Nores assieme a Messer Giulio, il Pasquati Pantalone, e a Messer Orazio, il Nobili Innamorato dei Gelosi, deve aver fiorito fra il 1570 e il 1580.
Passò poi a’ Fiorentini di Napoli colla società di Tessari, Visetti, Prepiani, con cui stette cinque anni, terminati i quali, sdegnando il posto di prima attrice assoluta che le fu offerto da Luigi Domeniconi, si diede all’ arte del canto, riuscendo una egregia artista.
Tornatovi nel ’47, appartenne poi alla gran Compagnia, rifatta nel ’48 da Silvio Maria Luzi, che andò in iscena il 26 marzo, e a cui il vecchio pubblico del S.
La vediamo madre nobile il ’28 in Compagnia Mazzeranghi e Mariani diretta da Lorenzo Pani ; poi collo stesso ruolo in quella del solo Mariani il 1832.
S. come oggi a mezo giorno è urtata in uno di questi Molini una Barca, in cui ui era la Compagnia Comica detta Marcheselli, quale da Turino con passaporto del Sig.
Passò con Giovanni Simoni e Angiola Dotti nel 1768 a Vienna, ove fu molto applaudito, e formò poi società per lungo tempo con Pietro Ferrari, sino al 1780, nel quale anno cominciò a condurre compagnia da sè con buona fortuna.
Condusse compagnia per trent’anni, e ne fu la colonna a fianco della moglie Marianna, che da lui educata all’arte riuscì a farsi molto apprezzare dai vari pubblici sì nelle commedie e nei drammi, sì nelle tragedie.
Il cartellone annunzia una compagnia drammatica e delle produzioni drammatiche, ma potrei giurarvi che al teatro Leopoldo non si recita davvero ; qualcuno dirà che vi si canta, ma non è vero nemmen questo ; chi dicesse che vi si urla, vi si strepita, vi si fa un baccano da taverna, sarebbe il narratore più esatto. […] Il feroce Cominazzi nella Fama del ’42 (17 febbraio) lasciò scritto : Al Carcano il Cannelli co’ suoi drammatici subentrò ai molteplici trattenimenti del carnevale, ma perchè non vuol esser da meno de’ suoi predecessori, egli appresta un balletto ; s’io non temessi di fargli un complimento, gli direi : Ben venuto il balletto – non biasimo lo scopo, Ma se gli attori piacciono – vano è il soccorso all’ uopo.
Formò società fino all’ '88 con Raspantini, facendosi poi da solo capocomico con avversa fortuna ; tanto che il padre dovè corrergli in ajuto ; ma col patto ch'egli avrebbe lasciato l’arte per sempre. […] Anche lo volle Eleonora Duse compagno nella Francesca da Rimini di G.
Figura nell’elenco della Compagnia, presentato da un Domenico Arcieri nel 1742 per ottenere il Teatro della Pace di Napoli.
» Il De Sommi lo chiama, nei suoi dialoghi, l’argutissimo Zoppino da Mantova, collocandolo fra i molti galanti homini, che di recitare perfettamente si sono dilettati a’ tempi nostri….
I) disse di lei : Bettini Matilde, seconda donna : potrebbe migliorare di molto e nel gesto non sempre adattato e nella maniera di pronunciare, posto che qualche sincera ed intelligente persona la persuadesse a trarre miglior partito, mediante lo studio, da quelle doti, delle quali avara non le fu natura.
Levatosi dal capocomicato, ritornò scritturato per un triennio con Ernesto Rossi : ma dopo alquanti mesi, colpito da febbre tifoidea in Faenza, vi morì in pochissimi giorni nell’anno 1863.
Passò tutta la sua vita artistica in compagnia di suo marito ; e tanto e così fortemente volle, che salita audacemente al posto di prima attrice assoluta in una compagnia di gran conto da quello di semplice amorosina, seppe in breve tempo acquistarsi fama di brava artista accanto ai nomi della Pellandi, della Perotti, della Bazzi e della Goldoni, i più grandi astri del suo tempo.
Nato a Chioggia, mostrò sin da giovinetto una chiara attitudine alla pittura che coltivò finchè potè e come potè, però che il padre, desideroso di aver tutti con sè i propri figliuoli, lo tolse agli studi, incorporandolo nell’artistica famiglia come primo attore ; il qual ruolo mantenne anche dopo la morte del padre in Compagnia dei fratelli.
.° 36 dello stesso giornale per la stagione di primavera al Fu Obizzi di Padova, lo dice applaudito nelle parti da tiranno, e lo esorta « a raddoppiare il suo zelo, onde coprire qualche naturale svantaggio ».
Beccarina…… Il Bertolotti a pag. 115 della sua Musica in Mantova, riporta un brano di lettera del Farnese da Piacenza al Duca di Mantova in data 12 aprile 1688, in cui ringrazia per la Beccarina gionta qua in tempo di portarsi a recitare nell’opera che dovrà farsi fra poco a Piacienza.
Cagione della morte furon due colpi di pugnale ch’ebbe, quattro dita più su del cuore, da mano sconosciuta, dai quali non si riebbe più mai compiutamente.
Cristina Ines, prima attrice giovine di assai pregio, nacque il dicembre 1875 a Costantinopoli da Raffaello Cristina di Malta e Cesira Sabatini artista drammatica.
Nome di guerra di una graziosa prima attrice, nata a Firenze intorno al 1870 da parenti non comici.
Trascrivo da Fr.
Quando il Magni lasciò l’arte, il Mantovani passò con molto successo alle parti di primo attore : ma recatosi colla Compagnia a Vercelli, l’autunno del '65, vi morì, a trent’anni circa, colpito da malattia violenta.
ri Grimani, m’ honari riserbarmi il desiderio che con tanta bontà si da a conoscere per favorirmi, ch'io n’ mancherò di procaciarmi occasione di conservarmeli per quella che senza fine mi confesso di V.
Nel '75, assieme al Turri Pantalone e all’Allori Valerio, fa istanza al Serenissimo di Mantova di appartenere alla sua compagnia : istanza che vediam poi accettata, dacchè in data 30 marzo scriveva da Venezia a un famigliare del Duca, avvertendolo di essersi abboccato con Valerio e di esser pronto a partire, secondo i comandi di S.
In quello stesso anno l’Elettore di Baviera aveva licenziato la Compagnia italiana, e il Fontanelli esorta in questa lettera il Duca a servirsi di alcuno di quei soggetti per migliorar la sua compagnia ; e aggiunge : « giunto hieri sera da Sassuolo in Modona vi trovai Rolenzino famoso primo Zane, hò stimato perciò bene di fermarlo à dispositione di V.
Restituitosi a Livorno il luglio del 1890 per l’aggravarsi della sua malattia di cuore, vi morì l’ 11 di ottobre, compianto da tutta l’arte.
Marciano da Giambatista Castiglione al carnovale del 1579 (Sentimenti di S.
Mise da giovine la maschera del Pantalone, poi quella del Dottore ; e, dice il Bartoli, che sosteneva or l’una or l’altra con egual maestria.
Era a te poco impoverir gradita un vastissimo mar, che il nome ancora da l’Hore stesse a depredar se' gita.
Appartenne alla Compagnia, che arrivò a Dresda sul principio del 1738, scritturata da Andrea Bertoldi (V. e richiami) per la Corte Sassone.
Noi vorremmo che egli sapesse liberarsi da una certa cantilena, nella quale cade qualche volta sul terminar dei periodi.
Figliuola del precedente, da lui istruita nell’arte comica, diventò in poco tempo attrice valorosissima.
Giovanni in Persiceto da Eugenio Rossi, attore e conduttore per lungo tempo di compagnie secondarie.
Il repertorio della Compagnia non era per nulla diverso da quello di altre di maggior grido.
Prese parte il 1562 alle feste fatte a Bozzolo da Vespasiano Gonzaga, nelle quali fu anche data una commedia piena di molte cose ridiculose, con scena miracolosa etc. etc. e prospettiva grande.
Nata il 1844 a Bologna da parenti non comici, fu scritturata quale prima amorosa il ’60 con Luigi Pezzana, il ’61 con Elena Pieri-Tiozzo, il ’62-’63 con Lorenzo Sterni, poi con Monti e Coltellini sino al ’70, in cui assunse il ruolo di prima donna assoluta nella Compagnia di Carlo Lollio ; ruolo che non lasciò più sino al ’95, nel quale anno, si ritirò dalle scene, per istabilirsi a Bologna, ove si trova tuttora.
Unitosi il ’27 in matrimonio colla figliuola minore del Dorati, Alamanna, formò con lui società, passando dal ruolo di brillante in quello di caratterista e promiscuo, ch’egli sostenne con tanta arte e con tanto favore del pubblico da entrare il ’36 con Luigi Domeniconi e restarvi sino al’ 40 colla moglie servetta, per andar poi nella Compagnia di Carlo Re ad assumere il posto di secondo caratterista al fianco del gran Luigi Vestri ; morto il Vestri, Giuseppe Guagni lo sostituì decorosamente.
Nato il 31 marzo 1870 a Firenze da Alessandro Guasti, segretario d’intendenza, entrò alla R.
Affetto da aneurisma nel collo, dovè, dice il Bartoli, abbandonar le scene del '65, e stabilirsi a Milano sua patria, dove morì del '68.
Nacque da onesti parenti in Venezia.
Giuocatore espertissimo di bigliardo e di pallone, fu anche dedito a disordini non fatti per la sua complessione gracilissima ; talchè, prostrato dal male, si recò da Napoli a Bologna colla speranza di recuperar le antiche forze nella città natale : ma, le cure de' medici riuscite vane, dovè soccombere, ancor giovane, nel 1775.
Succedette alla Tessari Maddalena Pelzet, la quale dopo un solo anno dovette andarsene ; e la Pieri tra pel merito reale, e per l’ intrigo del marito, Adamo Alberti, capo socio della Compagnia, diventò la prima donna assoluta dei Fiorentini, fino al '54, in cui fu sostituita da Fanny Sadowski, assumendo essa il ruolo di madre nobile, che sostenne per varj anni, finchè, stanca dell 'arte, il 10 ottobre del 1885 si ritirò dalla scena.
Attore, forse di non grandi finezze, ebbe tal vena di spontaneità e di comicità da tener degnamente il suo posto, acclamatissimo, davanti ai pubblici più rigorosi, compreso quello del Manzoni di Milano.
Nacque a Palermo l’ottobre del 1828, e fu da suo padre, impiegato governativo, avviato all’avvocatura ; ma, appassionato filodrammatico, preferì la scena alla legge, e dopo di aver preso parte ai moti della Sicilia del '48, si scritturò a ventidue anni in una compagnia d’infimo ordine, poi in quella di Robotti, poi fu in America colla Pezzana, e mercè un suo lavoro dialettale, in cui dipinse al vivo la mafia di Palermo, quest’uomo singolarissimo, celebre in Sicilia, conosciuto a Napoli, sconosciuto a noi, potè girar trionfalmente i più riposti angoli d’Italia, ammirato e stimato come attore, come autore, e come uomo.
Una lettera dell’attore Beltramo a Icilio Polese così descrive la morte eroica del povero amico, noto in tutta l’arte per la soavità dell’indole : Il mattino che precedette la sua morte si ritirò in casa, accomodò la sua cameretta cambiando posizione al letto ed al comodino, si vesti da garibaldino, mise le sue decorazioni sul guanciale accanto al revolver, sfoderò la spada e la mise in croce col fodero ai piedi del letto, si coricò, e si sparò un colpo al cuore con una rivoltella a due colpi con tanta sicurezza e precisione che restò fulminato.
Se per avventura trovasi costretta alcuna volta a coprire qualche parte di altro genere, abbiamo la compiacenza di assicurare che viene da essa sostenuta con maestria comica e senza mai scordarsi il nuovo carattere ch'ella assume e ricadere nel consueto.
D'intelligenza svegliatissimo, e dotato dalla natura di un fisico meraviglioso, non disgiunto da una voce magnifica, che esercitava un fascino irresistibile sugli spettatori, ebbe per un ventennio rinomanza di artista egregio ; e il Colomberti lo chiama l’ideale dei primi amorosi e dei primi attori.
Ma poi lasciata la comica arte, e distribuito a' poveri tutto il suo avere, ritirossi a Mestre, luogo da Venezia non più distante, che sette miglia : dove in un romitaggio, macerandosi continuamente con asprissime penitenze, passò molti anni ; finchè divotissimo e vecchissimo chiuse con morte felice i suoi giorni circa il 1630.
Innamoratasi perdutamente dell’Asprucci, prima ancora di darsi all’arte, sol per averlo sentito recitare, e da lui corrisposta, fu a un punto di morire, per non avere il padre suo assentito sulle prime a quelle nozze, schiavo piuttosto di un antico pregiudizio….
Dopo il primo passo fatto in quella compagnia d’infimo ordine, abbandonata l’amante, andò a far parte della gran Compagnia formata da Petronio Zanerini, quale amoroso.
Soleva passar le notti nelle case del vizio e nelle bettole da cui usciva quasi sempre ubbriaco.
re Horatio Colletta da Ferrara con tutta la sua compagnia de Comici hauendo uisuto sempre desideroso di servire la serenissima casa d’Este, et hora più che mai, et uedendo, che in questa Città non si trouano altri comici, et essendoli noto la sua humanità che tiene in fauorire li uirtuosi comici uiene esso pronto ad offerirsi di seruirla con tutta la sua compagnia anzi a pregarla, che si uoglia degnare di accettare al suo seruitio per questo poco carneuale poiche esso si offerisce pronto di seruirla se non quanto che comporta la sua grandezza, almeno secondo che comportara il loro poco sapere, et di piu l’oratore a nome di tutta la compagnia la prega a uolere restar seruita di honorarla di farli prouedere di un luoco opportuno a potere recitare.
L’ ’86 fu scritturata prima attrice giovane a vicenda con altra alunna, Olga Della Pergola, poi con Ida Carloni in Compagnia Pietriboni, che lasciò dopo due anni per andar prima attrice giovane assoluta in quella di Serafini, poi, collo stesso ruolo, in quella formata da Michele Fantechi, del quale diventò ben presto la moglie.
Sposò la valorosa attrice Carolina Astolfi che gli morì del ’38 a Trento a soli ventisei anni, e da cui ebbe un figliuolo : Luigi.
E se Mescolino era tacciato di freddezza perchè si asteneva dalle sboccataggini, quella taccia era ingiusta, e doveva essergli data da persone poco amiche all’onestà ; ove all’incontro era degno di lode, perchè nel moderno Teatro serbava le regole della convenevole moderazione ; e sapeva recitare, e dilettare senza offesa dell’ arte, e senza oltraggio della virtù.
Ernesto Rossi che lo ebbe socio il 1863, l’anno in cui si cominciò a manifestare l’indebolimento cerebrale, lasciò scritto di lui : « Il Trivelli nacque da una agiata famiglia torinese : era uomo abbastanza istruito : rappresentò le parti di brillante, e se non lo si potè dire un bell’originale di artista, fu una buona copia di Bellotti-Bon.
Infatti, assicurato che la Ricci non sarebbe in alcun modo partita, dice aver saputo dopo « che la Vinacesi da lui conosciuta giovine di molta abilità, ma di costume riservato, contenta di ciò che guadagnava in Italia, aveva rifiutato a' tumulti di Parigi, e a quelle fortune irregolari che alcune femmine teatrali si promettono in quella metropoli. » In una mia raccolta di elenchi della fine del secolo xviii un Giovanni Vinacesi figura come Pantalone nella Compagnia di Gregorio Cicucci.
Attore, autore, traduttore, e, a tempo perso, legatore di libri, nacque a Firenze da modesti parenti.
La Biancolelli restò vedova il 29 aprile del 1706, e, caduta nell’indigenza, ottenne, per memoria del padre, da Luigi XIV, una pensione di 300 lire.
Sposatosi a una forlivese, Elisabetta, figlia di una spagnola e di un romagnolo, n’ebbe due figli, Tebaldo e Luigi, da lui cresciuti ed educati all’arte, co’quali stette sino ai 64 anni.
Passò poi in Compagnia Favi con Biagi, Talli e la moglie Carloni, da cui si distaccò per recarsi a Livorno (1890) ad attendere a un commercio di legnami ch’egli aveva intrapreso due anni avanti con un suo nipote, e nel qual si trova anch’oggi, contento del suo stato.
Filippo Foscari, dato un ultimo sguardo al Palazzo magnifico, dal quale, lui tuttavia padrone, Vittorio Emanuele assisteva alle Regate, domandò alla scena un qualche sollievo all’angoscia sua ; e l’arte lo accolse pietosa, e Filippo Foscari doventò di punto in bianco un buon mamo, sotto le spoglie di giacometto, la maschera inventata da Luigi Duse, poi un mediocre caratterista.
Moglie del precedente, figliuola di saltimbanchi, che recitavano e ballavano sulla corda in baracche mobili di legno, preceduti e accompagnati da un suonatore di tromba, di gran cassa e di chitarra, fu con essi in Portogallo ; d’onde, restituita in patria, fu veduta e amata dal Pieri, il quale, avutala in moglie, la separò per sempre da' suoi congiunti.
Recitò da Pantalone in varie compagnie di giro colla moglie Margherita, Prima donna di qualche merito.
Il carnovale del’79 sposò Marianna Ricci, sorella di Teodora Bartoli ; ma, cagionevole di salute, potè a stento ricondursi da Verona a Venezia, ove assistito dalla consorte, moglie saggia e amorosa, morì il 26 settembre del 1780.
Sposò il 30 luglio '42 l’attore della Comedia italiana, Dehesse (il suo vero nome, dice una nota manoscritta del Gueullette, era Hesse), olandese, figlio di francesi, dopo cinque anni almeno di contrasti penosi, cagionati da certa Maria Maddalena Hamon, la quale, vissuta lungo tempo con lui, e presentata a più persone come sua moglie, pretendendone i diritti legali, si opponeva al matrimonio.
E concordando il nome di battesimo e quel di teatro della Vitaliani, con quelli della Calderoni, ed esaminate le date da Marco Napolioni alla moglie di Riccoboni, sarei portato a inferire che Agata Vitaliani, figlia di un Vitaliani e di una Napolioni, moglie di Francesco Balletti, e suocera della Fravoletta (V.
e e ben che alle cose impossibili vi sia maggior rimedio il non più pensarci, io non potrò non pensare a quegli onori che la sua presenza mi concedeua, et al mio sommo desiderio di seruirla di persona : dorrommi della mia pouera ventura. l’amoreuole proferta ch’ella mi fa si nuovo della sua casa, sarà da me accettata nelle occorrenze, et me li chiamo sempre più obligata, mi duole grandem. […] r Bentiuogli suo nepote a mio marito, mi persuade a non rifiutare il fauore che mi uien fatto da cossi gran principe di mettermi nella sua Compagnia con mio marito, rispondo a V.
Divisa in tre la Compagnia, l’Arcelli passò nel 1873 in quella diretta da Cesare Rossi, con cui stette fino al 2 novembre 1890, nel qual giorno morì d’aneurisma mentre giuocava al bigliardo col brillante Masi al caffè del Teatro Alfieri di Torino.
Stando a ciò, cade di pianta la probabilità che il nome di Arlecchino venga dall’essere stato uno zanni protetto da Achille di Harlay, primo presidente al Parlamento sotto Enrico III.
Bellotti-Bon Luigia, moglie del precedente, e figlia di Teresa Ristori (attrice rinomatissima tra ’l finire dello scorso e’l principiar di questo secolo e nonna della celebre Adelaide, educata all’arte e alle lettere da Antonio Simon Sograffi, divenne ancor giovanissima la prima donna della Compagnia che suo marito aveva formato in società con Giacomo Modena.
Benedetti-Simonetti Chiara, moglie del precedente, e figlia di Giuseppe Simonetti, lucchese, mostrò da fanciulla grandi attitudini pel ballo, ed esordì nella compagnia dello zio Antonio Sacchi (suo padre ne aveva sposata la sorella Anna), come danzatrice, recitando anche alcuna particina d’ingenua.
Nato da civili parenti, riuscì egregio artista per le parti di Brighella.
Nato a Udine nel 1760 da parenti agiati, e rimasto orfano ancor giovanetto, si diede, non ostante il divieto del tutore, all’arte comica, nella quale riuscì ottimamente come primo amoroso.
Nato a Torino da civile famiglia, fu costretto dall’avversa fortuna a recarsi in Lombardia, ove consumato tutto quanto gli restava ancora, si unì a una compagnia di guitti, recitando le parti d’innamorato con felice riuscita, se bene non avesse avuto dalla natura requisiti necessari a un artista.
Vissuta a poco più di sedici anni in un fasto, ch’ella accettò da famiglia non sua, entrò a vent’ anni circa e nel 1876, in Compagnia di Alamanno Morelli prima attrice giovane, facendovi le migliori prove sotto l’insegnamento di Adelaide Tessero.
Nacque a Perugia il 1865 da Carlo, artista comico egregio per le parti amorose che sostenne nelle Compagnie della Robotti, della Ristori, e più tardi di Ernesto Rossi, dal quale fu avuto in conto di attore elegantissimo e di Pilade eccellente.
Passò, da questa, in quella di Antonio Raftopulo pel triennio '27-28-29, indi, il 1830, formò società per un nuovo triennio colla celebre Carolina Internari, con cui si recò a Parigi.
Naturalmente i pregi della donna soverchiano ancora quelli dell’artista ; ma la promessa c’è davvero, e chiara ; e perseverando nello studio, nella tenacità di propositi, nell’amore all’arte, poichè ella è una delle più innamorate dell’arte sua, la signorina Severi arriverà certo ad attenuare una cotale ineguaglianza di recitazione, prodotta forse da mancanza assoluta di guida artistica.
Uscita di convento, ad onta della singolar squisitezza di educazione, si innamorò di un giovine scavezzacollo, il quale, chiestala in moglie e non ottenutala, seppe con tali arti circuirla, che la indusse a fuggir da la casa paterna, e a recarsi con lui a Venezia, ov’egli la sposò, colla certezza di avere, a fatto compiuto, il perdono del padre.
Viveva ancora nel 1782, amato e stimato da tutti come uomo e come artista.
Fu però il Bosio artista stimabile e onesto ; e tanto seppe adoprarsi che potè da solo allevar con decoro una numerosa famiglia, la quale nell’arte comica e lirica lasciò bellissimo nome : citiamo l’Angela, cantante celebratissima, morta ancor giovine a Pietroburgo, che lasciò ai fratelli un patrimonio di circa mezzo milione di franchi ; Francesco, primo attore e capocomico pregiato, poi buon generico primario ; Romualdo, attore brillante di meriti singolari ; e Virginia, prima attrice, della quale discorreremo al nome di Virginia Chiari.
Le commedie metteva in scena e dirigeva da sè : e tutto faceva con una semplicità, con una ingenuità indescrivibili.
Nata – dice il Bartoli – da poveri parenti, cominciò per procacciarsi di che vivere, a montare in banco nella Compagnia dell’ Anonimo Ciarlatano Bonafede Vitali, col quale probabilmente si trovava il 1733 a Milano, se ben giovanissima, assieme al Casali e al Rubini (V.).
Tra quelle eran da notarsi più specialmente la Serva amorosa, la Serva vendicativa, la Locandiera e altre del Goldoni : in queste, così in dialetto come in italiano, dotata di una rara spontaneità di eloquio, non solamente secondava mirabilmente le maschere e gli attori serj, ma spesso con una replica, con un monosillabo, con una occhiata, rubava loro l’applauso, dacchè Maddalena Gallina seppe di ogni piccolissima parte creare un tipo.
Secondo i varj sentimenti che lo moveano, egli sapeva a suo talento diventar pallido come un cadavere, o rosso infiammato ; nasconder la testa fra le spalle, apparendo senza collo, o risollevarla d’un tratto, il collo allungando per modo da farlo parer quello d’una gru.
.), mentre sappiam dalla lettera scritta da lui insieme al dottore Savorini essere stato nella Compagnia almeno dalla primavera.
Pascolini d’Urbino il Carnevale dell’anno 1778, la virtuosa Donna Signora Vincenza Tremori ; si offre all’impareggiabil merito della medesima il presente Sonetto, allusivo alla descrizione del nodo Gordiano vivamente da lei espressa per due volte nella rappresentazione del Diogene, sostenendovi la parte della Poetessa Corina.
Cagliaritana, nata il 1770 da Enrico Malgomieri e Teresa Alfani, moglie, poi vedova di Domenico Zandonati, fu l’amante e la prima attrice dello Stenterello Luigi Del Buono (V.).
Vignoli Vignali p. 112. v. 29. e le traduzioni dal Greco, e le traduzioni fatte da e le traduzioni fatte da p. 113. v. 29.
» Oltre alle tante produzioni drammatiche, abbiamo di lui i Principii d’arte drammatica rappresentativa, dettati nell’ Istituto drammatico di Padova (Milano, Sanvito, 1857), nei quali, più che le lezioni teoriche, sono da ammirarsi i dialoghi, alcuni de’quali, come la Rissa, sono drammettini vivi, palpitanti, d’una modernità scenica meravigliosa ; e una infinità di articoli pubblicati nella Gazzetta di Milano e nel Pirata…. […] Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza.
Nato per le parti comiche egli si trova col novissimo repertorio ne’ suoi panni, e festeggiato da ogni specie di pubblico per la vena di comicità spontanea, congiunta sempre a una ricca sobrietà.
Medoni Nicola, nato in Genova nel 1803 da onesta famiglia, e fatto un corso regolare di studi, si diede all’arte comica, nella quale, mercè l’ingegno svegliato, la bella figura, e la voce magnifica, riuscì egregio, occupando in breve il ruolo di primo attore assoluto nella Compagnia del suo concittadino Luigi Favre.
Al Teatro Nuovo di Firenze, nel carnovale del 1834, entrato appena fra le quinte dopo una scena delle Donne Curiose del Goldoni, fu colto da apoplessia fulminante, che in poche ore lo condusse al sepolcro.
Bartoli cita le protagoniste nella Ipermestra del conte Girolamo Pompei e nell’Arsene del Bevilacqua, da lei create e più volte replicate all’Arena di Verona nell’estate del 1767.
Di sera, affrettava l’alzata del sipario con ripetuti rulli di tamburo, e soleva talvolta partirsi da una Piazza con la condotta e i suoi scritturati, senza un soldo in tasca, e senza sapere ove si sarebbe posato.
Sappiamo infatti da una lettera di Gaspare Pieri a Francesco Bigliotti, che Raimondi, toccatogli il '56 alcun tempo di servizio militare, dovette abbandonar la Compagnia.
Nacque a Milano il 26 settembre del 1854 da Filippo Scalzi, impiegato di Prefettura, e Luisa Watter.
Certo quell’occhio che sfavilla in viso A te compose di sua mano Amore ; Onde a chi 'l mira dolcemente al core Un dardo giunge da cui vien conquiso.
Sticotti Fabio, attore della Compagnia del Reggente, condotta in Francia il 1716 da Luigi Riccoboni, nacque il 1676 nel Friuli, dicono, e dalla Sticotti, cantarina di una compagnia.
Nato a Parma il 14 gennajo del 1847 da Luigi Tovagliari e Carolina Panighi, se ne allontanò, dopo la morte del padre, in cerca di fortuna.
Fu poi due anni con Cesare Rossi (prima donna Teresina Mariani, ch'egli sposò, quando entrambi andarono a far parte della Compagnia Garzes), poi si diede al capocomicato in Società con Paladini, Calabresi e Biagi per un anno ; con Paladini per sei anni, e finalmente solo da cinque, amministratore egli stesso e primo attore assoluto.
Cosentino, L'Arena del Sole, Bologna, Zanichelli, 1903) si rileva come lo Zocchi fosse il '32 all’Arena del Sole di Bologna, ove per graziosa concessione speciale, generata da speciali inflessibili circostanze potè recitar tutti i giorni dal 23 aprile al 30 giugno.
La commedia fu recitata a spese del Vicerè, con « superbissimo apparato, » e per dare un’idea del soggetto di essa, ecco le ultime parole del prologo : Prendete, o miei compagni, e vigore et ardire da così lieto augurio, discacciate dal petto ogni timore c’havete di comparire in iscena, chè il nostro eccelso Duca darà spirito alle voci, animo ai cori ; e voi, Dame pietose, l’ascoltar non v’affligga già i lamenti di padri sconsolati di tre dispersi figli, che, fra poche hore, li vedrete lieti coi figli ritrovati ; e voi, giovani amanti, non inasprischino le vostre piaghe l’udir i mesti accenti e gli ardenti sospiri d’amanti disprezzati ; ma prendete speranza d’esser un di felici, col vedergli fra poco contenti, e riamati, e fra la pietà e il dolore vi trattenghino lieti le bravure d’un capitano, l’astutie d’un Ragazzotto, gl’intrichi di due servi, l’innamoramenti di tre vecchi, e le facetie di un Napoletano.
Cipro, in un articolo su certa sua Maria Nienfour recitatasi al Malibran di Venezia da essa Compagnia, ha parole di molto encomio per l’Antinori insieme a’suoi compagni Gattinelli, Bertini, Beseghi.
Sono da aggiungersi il figlio Gaetano e la nuora, e la figlia Marianna.
Si diede per due anni agli studi musicali in Mantova colla famosa Lotti, sotto la direzione del maestro Antoldi ; studi, i quali ella dovette abbandonare quando più le arrideva l’avvenire, per la decisa avversione che i parenti avevano al teatro ; ma i quali furono a lei di non poca utilità nell’arte comica, giacchè trovo ne’giornali del tempo, come essendo l’autunno del ’54 serva nella Compagnia diretta da Luigi Robotti, in società con Gaetano Vestri, a vicenda con Carlotta Diligenti, ella cantando al Gerbino di Torino in una commediola di Federigo Robotti figlio della celebre Antonietta, riportasse un compiuto trionfo.
Lo troviamo, il 1856, alunno della Scuola di Declamazione di Firenze diretta da Filippo Berti, già preconizzato ottimo attore, specialmente nelle parti d’effetto.
Uno de’migliori artisti giovani di oggidì, nacque casualmente a Brindisi da Pio De Sanctis, mediocre attore sotto la maschera di Pulcinella.
La Graziosa cominciò a calcar le scene da bimba, e la vediamo il’ 69 al Comunale di Modena, a fianco di Adelaide Ristori, rappresentare una parte difanciullo nella Giuditta, col babbo Oloferne, e quella di Delfino nella Maria Antonietta col babbo Luigi XVI, sotto le cui spoglie egli s’andò acquistando meritato grido di artista egregio.
Tutto in lui parlava, e camminando e gestendo e levando il cappello e stando immobile : effetto di uno studio fondato, e fatto da lui nella difficile scuola del teatro. »
Pare, a detta del Bartoli, ch'ella non fosse artisticamente grande ; ma un cotal grado di altezza raggiungesse con sufficiente valore, a cui s’univano tal prestanza della persona e leggiadria del volto, e tal gaiezza e vivacità di espressione e saettar d’occhi neri, che la reser, se non attrice perfetta, attrice, per fermo, ammiratissima ; aggiunge il Bartoli che vestita da uomo mostravasi di membra tondeggianti e formose.
Fu – dice il Bartoli – attore nella sua maschera molto esperto ; e accenna a un amore per una donna di elevata condizione che gli fe'dar di volta al cervello, non tanto però da vietargli di fare al cospetto del pubblico il più scrupoloso dei doveri.
Tornò il '17 in Italia per iscritturar nuovi attori da sostituire agl’insufficienti, e sotto la direzione del figlio Giovanni furon rappresentati Intermezzi e Pastorali : e sebbene il Re Augusto prediligesse la Compagnia francese, ch'egli manteneva alla Corte insieme alla italiana, questa non ebbe mai a patirne ; e Tommaso Ristori, specialmente, s’ebbe per grazia del Re con decreto del 20 marzo 1717, un regalo di 269 scudi, come « chef de la Troupe italienne, tant pour faux frais dans son voyage, que pour autres pertes et dépenses extraordinaires. » Licenziata la compagnia del 1732, anche il vecchio Ristori con la moglie se ne tornò in Italia, ove morì poco tempo dopo.
Nato a Napoli il 21 dicembre 1846 da famiglia di commercianti, entrò nel '64, come allievo nella Compagnia stabile di Achille Majeroni al Teatro del Fondo.
Passò da quella del Paganini nella Compagnia di Girolamo Medebach, in cui stette più anni, facendo mostra del suo gran valore artistico nelle commedie dell’abate Chiari, e specialmente in quella intitolata La Madre tradita.
C’ è un po’ di fervorino, se si vuole, per l’effetto della chiusa ; come appare un non so che di bizzarro, o almeno, di manchevole in questa teoria del Bazzi ; ma la bizzarria e la manchevolezza dileguan subito leggendo l’operetta sua, breve compendio di acute osservazioni artistiche, le quali non si direbber da vero scritte mezzo secolo fa. […] Lo sciocco lo pronunzia interrotto da singhiozzi, e l’ipocrita lo assevera coll’unzione mendace della dissimulazione.
È da notarsi, che a’ suoi dì già sulle scene inglesi si satireggiavano i nobili e i titolati. Nell’atto II della sua Donna di Contado così favella un nobile sciocco che ha timore delle sferzate comiche: ”Si contentavano prima gli autori drammatici di trarre i loro personaggi ridicoli dal ceto de’ servi; ma questi baroncelli oggidì cercano i loro buffoni fra’ gentiluomini e cavalieri; di modo che io da sei anni vò differendo di prenderne il titolo per timore di esser posto in iscena, e di farvi una figura ridicola”. […] Giacomo II uscendo soddisfatto dalla ripetizione di questo dramma composto sotto Carlo II, richiese di colui che l’avea scritto; ed intendendo che da sette anni si trovava in carcere per non aver modo di soddisfare i suoi creditori, spontaneamente ordinò che si liberasse, se ne pagassero i debiti, e si provvedesse con una pensione alla di lui sussistenza.
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta.
Carlino Francesco Vitonomeo fugge a Roma mentre è scritturato da Tomeo.
Recatisi in Sicilia, egli fu colpito da malattia acuta che in capo a pochi dì lo condusse al sepolcro.
XLV delle sue Memorie ; che tra il giugno e il luglio del 1743 era in riposo a Bologna, alla vigilia di recarsi a Rimini, scritturato da una compagnia comica che quivi recitava al servizio del Quartier generale Spagnuolo, era, come afferma il Loehner, marito dell’Antonia.
Di lui, il più celebre degli stenterelli moderni, nato a Firenze nel 1823, discorre diffusamente Jarro nella sua opera Origine della maschera di stenterello, da cui riferisco in ristretto.
Era la seconda donna dei Comici Gelosi, citata da Francesco Andreini nelle sue Bravure del Capitano Spavento.
Augusto Ruggeri, insegnante letteratura italiana nei Licei e nelle Scuole Normali del Regno, e da Corinna Casazza.
Napoleone Tassani rappresentava di preferenza i drammoni da popolino, ai quali faceva seguire la declamazione dei libretti di opera Trovatore, Norma, Ernani, ecc., con cori e orchestra.
Mentre mi si martellava da per tutto l’orecchio coi venerandi Martelliani, ella sola me ne nascondeva ìnteramente la monotona cadenza.
Il Campardon pubblica ancora due documenti tolti dagli Archivi Nazionali, uno concernente la dichiarazione del Benozzi per il furto commesso alla Commedia Italiana di un orologio da tavola con soneria in bronzo dorato : l’altro la querela di esso Benozzi, contro un inquilino di una casa situata in via Montorgueil, il quale dal terzo piano gli aveva rovesciata addosso dell’acqua sudicia.
Nato a Padova da nobili parenti, si diede all’arte comica, nella quale riuscì buon attore e leggiadro scrittore.
Però la direzione non era mai abbandonata, e Borghi sedeva accanto al buco del suggeritore, da quando cominciava la prova, sino all’ora in cui finiva.
Di lui non abbiamo altra notizia che indue lettere di Scipione Garimberti da Parma al Duca di Modena del…..
Vedova con due figli, passò a seconde nozze fuor del teatro, ma non potè godersi a lungo la quiete del suo nuovo stato, chè, obbligata non poco tempo al letto da una cronica malattia d’utero, lasciò la vita il 1775 col compianto de'buoni, e fu sepolta nella chiesa di San Gio.
Staccatasi finalmente dall’Emanuel, diventò pel '94 la prima attrice assoluta della Compagnia Talli e Reinach, pel '95-96 di quella Andò e Leigheb ; poi formò Società con Pasta, per passar da ultimo capocomica assoluta : questa la cronaca artistica di Virginia Reiter. […] Veramente, oggi che l’arte drammatica mostra di tendere alla radicale rinnovazione del dramma storico, mirando in ispecial modo alla ricostruzione fedele dell’ambiente, la Messalina di Pietro Cossa, che pur segnò al suo apparire un sì gran passo nel progresso della scena, non mi pareva tale da invogliare un’artista a infonderle nova vita.
Toltasi da Napoli, formò altra società con Antonio Stacchini, per entrar poi scritturata in Compagnia di Alessandro Monti e in altre di second’ordine, finchè si ritirò in Bologna per l’educazione dei due figliuoli Vittorio e Vittorina.
.), servetta col nome di Diamantina, insieme alla quale fu naturalizzato francese il 16 giugno del 1683, e si ritirò dal teatro, a cagione dell’età e de'malanni, nel 1694, con una pensione di mille lire, sostituito da Marc’Antonio Romagnesi, che avea recitato sin allora gli amorosi.
Prediletto da Maria Luigia Infante di Spagna e Duchessa di Lucca, occupò per lungo tempo quel R.
Fu il’50 con Luigi Duse ; e il '51 fu accolto nella grande arte, nella Compagnia lombarda, condotta da Alamanno Morelli, dalla quale, dopo un triennio, passò primo attor giovine in quella di Cesare Dondini, a fianco della Cazzola, e di Romagnoli, poi di Tommaso Salvini.
Sposò l’ '80 una figlia di artieri di Lodi, per nome Anna, la quale cominciò a recitar da serva (e tale la vediamo il 1781, col marito Brighella nella Compagnia di un Carlo Rebecchi, forse fratello di Margherita (V.)), e in soli due anni diventò un’egregia prima donna giovine.
Anche di un Torquato Toschi l’Archivio di Stato conserva una lettera, nella quale egli appare direttor di attori accademici, e chiede la protezione di qualche Principe, « acciò possano questi giovini operare con maggior vigore, et esimersi da ciò che potesse di sinistro apportarle qualche emolo invidioso come altre volte ben notto è all’altezza Vostra Ser.
Null’altro sappiamo di questa Comica per poter soggiungere di lei una più lunga, ed accertata notizia, e solo abbiamo in sua lode un sonetto, tolto alle Gemme liriche, libro citato altra volta da noi, ed è il seguente : O splendori, o cinabri, o fiamme belle, chiome, bocca, zaffiri, in cui si giace il colore, il rossore, il bel che piace degli ori, dei coralli, e delle stelle.
Anche alle feste degli sponsali del principe elettore Federico Augusto coll’arciduchessa Maria Giuseppa d’Austria, fu la Sala d’equitazione trasformata da Poisson in bazar, e i comici italiani furon distribuiti nelle varie baracche, parte come venditori, parte come marionette, sotto la direzione musicale del Ristori.
Nè il repertorio era molto diverso da quello di compagnie di maggior conto.
Pantalone Ardelio Dottore Milanta Questi tre richiesti in altre Compagnie, hanno risposto, che dependono da i cenni dell’Altezze Vostre Serenissime.
Bartoli che lo vide « circa il 1760 rappresentare con bravura la parte di Donna Aurora nella Gratitudine, commedia in versi martelliani del signor Abate Pietro Chiari. » Il padre di lui, di nobile famiglia veronese, costretto ad abbandonar la patria, si recò in Bologna, ove aprì un negozio di pelli stampate per calzature da donna.
Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico.
Mi no ; co me recordo quel povero Pantalone, me vien da pianzer.
Dopo questa vi sarà un Terzetto ballato da tre Signori Dilettanti di Lucca, quali graziosamente si prestano, onde procurare un maggior concorso al Teatro, e nel medesimo tempo certi di acquistarsi il vostro aggradimento.
Signori, voi potete essere certi della mia paura : le ragioni da cui è motivata vi son note ; esse sono assai solide ; e se non ne trovo altre che mi dieno animo, voi non avrete in me che un attore timido, e però noiosissimo.
re Zerbini ne toccaua alla Diana moglie di Cintio da scontare dobble dieci che il S.
Ghe dirò : quando m’avesse da innamorar, me piaserave una donna de statura ordenaria, ma più tosto magretta, perchè el troppo grasso me stomega.
Milanese, lasciò a mezzo gli studi legali per fuggir di casa e andare ad abbracciar l’arte comica, rifugiandosi, perchè ricercato da’ suoi, a Riverzaro prima, in quel di Piacenza, poi a Bettola sulle montagne, in Compagnia Mazzeranghi, composta di tre donne, quattro uomini e un bimbo, in cui la prima donna sosteneva la parte di Paolo nella Francesca da Rimini e quella di Roberto nei Due Sergenti, diventando Sofia al secondo atto e ritornando Roberto al terzo.
Poi si unirono, e corser la provincia insieme ; e da certi prologhi di Bruscambillo pubblicati, quali a Bergerau, quali a Bordeaux e a Rouen, pare che Gian Farina fosse una specie di direttore delle commedie che si solean recitare in banco, prima della dispensa degli specifici.
Dice il Beltrame Barbieri : Morì dieci anni sono il Capitan Rinoceronte nostro compagno, e gli trovammo un asprissimo cilicio in letto : e pur recitava ogni giorno : par veramente che contrasti cilicio e comedia : penitenza e trastullo ; mortificazione e giocondità ; ma non è strano a tutti chè molti sanno benissimo che l’uomo può star allegro e anche far penitenza de’ suoi peccati…… E il Padre Ottonelli in quella parte della sua Cristiana moderazione del Teatro (Firenze, Bonardi, 1652) che tratta delle Ammonizioni a’ Recitanti : Voglio aggiungere intorno al nominato Capitano Rinoceronte quel poco che da un prudente e dotto padre spirituale, e teologo della compagnia di Gesù mi fu detto in Fiorenza l’anno 1645 a’ 25 di giugno ; e fu questo.
Sebbene ella non conoscesse pur le lettere dell’alfabeto, mostrò sempre tale spirito arguto, tanta giocondità spontanea, che fu un giorno notata, mentre faceva la spesa dal pizzicagnolo, da un filodrammatico dialettale, che la persuase a entrare nella Società di San Simone come attrice, dove ella dopo tre sole prove mandò in visibilio il pubblico.
Ritornato poi a Ferrara venne a morte, e fu sepolto nella chiesa di Santo Spirito, e onorato di un nobile epitaffio fattogli da Torquato Tasso.
Trasportato a braccia su di una poltrona a casa sua, non discosta dal teatro, in quell’abito goldoniano, con quel viso truccato, angoscioso contrasto con la inerzia mortale del povero corpo, visse ancora per una settimana una vita di morte, e circondato dall’affettuosa moglie e da tutti i compagni, si spense la domenica sera 20 gennajo alle 11, 25.
Contuttociò sul teatro di Foote e poi di Drury-lane si è rappresentata una farsa col titolo di Escrocs, in cui si motteggiano i metodisti setta novella fondata da Withefield forse vivente ancora. […] Se il Varano, il Marchese, il Conti, il Granelli, il Bettinelli, l’Alfieri ed altri già lodati si discostano di molto da Voltaire e Crebillon, sovrastano senza contrasto a i Belloy, a i Colardeau, a i Dorat, agli Arnaud, a i Le Miere, a i Marmontel.
Sposò un’Anna Medoni, comica anch’ essa, nata nel 1790, da cui ebbe due figli : Giovanni e Stefano.
Questo comico, famosissimo sotto la maschera dello Scapino, che il Goldoni dice eccellente pantomimico, e d’un esccuzione esattissima ; che trovò a Parigi una festosissima accoglienza per la intelligenza, il brio, la precisione de’ gesti e delle movenze, e sopra tutto la fisionomia perfettamente a taglio col personaggio astuto ch’egli doveva rappresentare ; che dall’incontentabile Grimm ebbe in contrapposto parole di biasimo, oserei dir volgare, nacque a Napoli verso il 1702 da Antonio Ciavarelli e Domenica Spadafora.
ma a continuarli le gratie con il concederli un suo stafiere quale accompagni il detto suo figlio a Milano, comme anche di qualche lettera di fauore in quelle parti doue astretto dal bisogno gli conuiene andare essendo colà aspettato da una Compagnia, et non uedendo strada di accomodarsi con la giustitia che in longo tempo.
., II, 110 : Mar[illisible chars], il Brighella della Compagnia, era maritato : sua [illisible chars], la quale era stata ballerima da corda al pari di lui, era una giovine veneziana molto bella ed [illisible chars], poema di spirico e di talenti, e mostrava felici disposiricai per la commedia : ella aveva abbandonato suo marito per giovanile inconsideraterra, e venne a riunirsi con lui dopo tre anni, preadendo l’impiego di serva nella Compagnia di Medebach sotto il nome di [illisible chars].
Celestina De Paladini, sposa a Flavio Andò, primo attore e direttore della Compagnia da lui formata in Società con Tina Di Lorenzo, è oggi di essa compagnia pregiato ornamento nelle parti di madre, ch'ella sostiene con quella innata signorilità, che non è facile di ritrovare nelle sue compagne di ruolo.
Allettata da questa, in me rinasce Vigor novello a scior la voce estrema, Che spiega a Voi d’un grato core i sensi : Parte di questo cor con Voi qui lascio ; E parte meco traggo, in cui scolpita Sta l’immagine vostra, che giammai Cancellar potrà 'l tempo, che giammai Sparger d’oblio, che mai…. ma tronca i detti Un doloroso, e fra i sospiri espresso, Non dal labbro, dal cor ultimo addio.
Il libro intitolato, Discorso Storico-Critico del Dottor Don Pietro Napoli-Signorelli, da me letto colla dovuta diligenza, nulla contiene, che a Regj dritti, e al buon civile costume si opponga.
Nacque a Genova da onesta famiglia borghese.
Tabarrino, compratili, vien poi vestito da macellajo, colla coltella per isgozzarli….
Angelo Canova morì nel ’54 circa, compianto da quanti lo conobbero e come artista e come uomo.
Entrato a diciassette anni nella filodrammatica italiana, ebbe per direttrice la Carolina Fabbretti-Giardini, che lo avviò con amore a quell’arte, a cui si sentì fin da bimbo trascinato.
Poco prima dell’autunno del '55, fuggì da Venezia colla moglie, mettendo lo scompiglio nella Compagnia, che non sapeva come sostituirli.
Un terzo infine ci apprende come egli usasse alzare il gomito, entrando in tale stato di aberrazione da compiere inconsciente anche un delitto.
Quelli che conoscon la lingua italiana, applaudirono il modo di improvvisar della madre ; ma come tal pregio non poteva essere notato da tutto il pubblico francese, essa non ebbe quel successo che poteva sperare.
Figlio di comici, nacque ad Albenga in Liguria il 1835, e restò nella Compagnia condotta da suo padre fino alla morte di lui.
Vengono da più periti antiquarj con particolar lode rammentati e tenuti per Etruschi, Admone cui si attribuisce l’Ercole bibace una delle più pregiate gemme Etrusche, ed Apollodoto, di cui si ammira una gemma con una testa di Minerva incisa a punta di diamante, ed un’ altra rappresentante Otriade del Museo Cortonese.
è tale ricchezza di passaggi, di forza comica, da invogliare chiunque a studiarlo e a riprodurlo.
, I). » La qual cosa concorderebbe con quanto ci fa sapere il Casanova sulla minor figliuola dell’Imer, Teresa, « figlia d’un comico che abitava in una casa presso il palazzo del senator Malipiero, e le cui finestre davan sulla sua camera da letto.
Le più che festose, entusiastiche accoglienze di Madrid e di Barcellona la compensarono a esuberanza de'tristi anni della fanciullezza, che, tra le acclamazioni di un popolo artista, le torneranno alla mente con naturale e vivo compiacimento, sentendo di dovere a sè sola, alla sua tenacità, al suo amore per l’arte, all’ingegno suo, se potè da quelli balzar nella vita presente tutta intessuta di rose.
ma di Federico Beretta, che fa da Capitanio spagnolo, essendo personaggio onestamente buono per la parte del capitano, avendone io di bisogno per molte comedie, e parte necessaria, e poi nelle opere si porta per di verità, e a buona memoria e ricorda nelle opere e scrive bene. […] Il figlio Virginio è quegli che l’Allori chiama inetto al recitare, e di cui dice che ha tanto poca fortuna da per tutto che la compagnia patisce pur assai).
Moglie del precedente, sorella di Bonaventura Benozzi detto Il Dottore, nacque a Tolosa verso il 1701 da famiglia di comici italiani girovaghi e di non molto grido.
Dopo una non breve stagione in Arzignano nel Vicentino, la compagnia, impegnata la misera condotta, si sciolse ; e Morelli, che non avea da pagar l’oste che gli avea dato il vitto e l’alloggio a credito, se gli offerse, e fu accettato in qualità di cameriere, pagando così coll’ opera sua di uomo onesto, il debito del primo attor giovine.
Il Peracchi fu lungo tempo maestro della moda : signorilmente austero dapprima, poi grottesco a segno da mostrarsi in abito nero con le falde foderate di raso bianco.
Il suo portamento è davvero da regina.
E d’indigestione morì il 22 aprile 1816 a Parigi, dopo di aver divorato nella notte, da solo, una quantità di pasticci di fegato grasso.