Grisostomo di Venezia l’autunno del 1794 in Compagnia di Gaetano Fiorio, nel qual tempo creò, con molto successo, la parte di Columella nell’Olivo e Pasquale di Antonio Simon Sografi. […] xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
Libanti Giovanni, nato a Verona da onesti parenti nel 1756, entrò, compiuti gli studi di latino, nella Cavalleria de'Cappeletti al servizio della Repubblica Veneta. Lasciata poi la milizia per l’arte della scena, si scritturò quale amoroso dando subito prova di certa riuscita, mercè le sue doti fisiche e intellettuali che mostrava con ugual successo e nel premeditato e nell’improvviso. […] Fu due anni a Napoli con Giacomo Modena, poi con Antonio Goldoni col quale creò il protagonista nel dramma l’Incognito, che replicò diciotto sere a Torino e venti a Venezia, il carnevale del 1806, traendo il pubblico all’entusiasmo.
È buffonesco L’artifizio di Sileno che tenta di berne di nascosto, e vi si pruova più volte, e sorpreso nel fatto si scusa con varii ridicoli pretesti. […] Il Meleagro è una favola di Scira di cui recammo un frammento nel tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie. […] Erano da prima attaccati alla commedia, e si recitavano o nel principio formando una introduzione, o’ nel mezzo come per tramezzo, o nel fine come conchiusione dello spettacolo; ma a poco a poco vennero a separarsene. […] Ma la poesia rappresentativa meglio sviluppata negli episodii, si appropriò certi attori più esperti nel declamare, cioè nel recitar versi con azione naturale e con un canto parlante il quale sebbene accompagnato dagli stromenti non lasciava di appressarsi più al favellare che al canto del Coro. […] Vedasi ciò riferito da Ateneo nel lib.
Fu di questo parere ancora il dottissimo prelodato Algarotti nel Saggio sopra l’opera in musica. […] L’Arianna posta in musica da Claudio Monteverde si cantò nel matrimonio del principe di Mantova colla infanta di Savoja e nel 1608 uscì alla luce anche in Firenze. […] Come risponderemo loro per porli nel dritto sentiero? […] Il Signor Yriarte anzi che dissimular ciò che avea letto nel mio libro, e porsi nella classe de’ plagiarii, avrebbe potuto citarlo con ingenuità mostrando che i ragionatori di diverse nazioni concorrono nel medesimo sano sentimento, giacchè egli accumulò nel suo poema varie citazioni per avventura inutili e pedantesche. S’ingannò egli però nell’asserire nel citato squarcio che lo spettatore non concede ugual perdono al canto.
Un giorno a Trieste nel carnevale del 1858 scoppiò aperto il dissidio fra mio padre e Gattinelli, a proposito di una parte. […] Egli nel frattempo aveva calmato gli animi, aveva parlato con Ernesto e con lui andò a casa del papà per dirgli di non fare sciocchezze, che nel nuovo triennio egli sarebbe succeduto in omne et qualibet parte al Gattinelli, e tanto fu fatto che la tiara di Achimelek rientrò nei cassoni, insieme alla cotta di Lanciotto. […] L'andata in scena nel nuovo ruolo e nella nuova Compagnia doveva aver luogo a Milano al Teatro Re. […] Cesare Rossi, disimpegnò benissimo le parti tutte, che io lo preferii sempre più nel serio che nel ridicolo : perchè nel comico ebbe la disgrazia di imitare Gattinelli : e le copie sono sempre peggiori degli originali : nel serio…. lo guidai io, e non volli che mi imitasse, ma che mi studiasse….. […] Il primo ricordo ch'io serbo intatto del glorioso artista, è della primavera del '65 al Teatro Comunale di Ravenna, nel Vero Blasone di Gherardi Del Testa, e nel Figlio di Giboyer di E.
Nelle farse istrioniche dette dell’arte gli attori caratterizzati nella guisa già descritta, si coprivano di maschere, le quali s’inventarono successivamente parte nel XVI secolo, e parte nel XVII. […] Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce, e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere. […] Lo stesso assurdo si nota nel teatro spagnuolo, nel quale il Vejete ha una mascheretta, e si frammischia con gli altri attori non mascherati.
Nelle farse istrioniche dette dell’ arte gli attori caratterizzati nella guisa già descritta, si coprivano di maschere, le quali s’inventarono a poco a poco parte nel decimosesto e parte nel seguente secolo; e fu un errore del Nisieli e del P. […] Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere. […] Lo stesso assurdo si nota nel teatro Spagnuolo, nel quale il Vejete ha una mascheretta e si frammischia con gli altri attori non mascherati.
Passò fra’Comici di due vaganti Compagnie, e dappoi fu chiamato in quella di Girolamo Medebach nel Teatro a S. […] L’opera ha nel primo volume una dedica a S. […] Il discorso a’lettori sui Pazzi corretti, commedia scritta per fanciulli, ci racconta come in essa avesse parte il maggior suo figlio di anni dieci, il quale, recitata la Commedia nella villeggiatura di Sala a Parma, vi diede anche un concerto di violino, tal chè fu ammesso alla prova nel concerto di musica del Reale Infante, dal quale si ebbe poi patente di suo Virtuoso di camera. […] Luca, non so se la prima volta, il 7 ottobre 1896, che trovasi pubblicata nel 1799 nel tomo XXXV del Teatro moderno applaudito di Venezia.
Morto il Petito nel '76, e l’impresario Luzi nel '77, Edoardo Scarpetta, dopo alcun tempo trascorso al Teatrino delle Varietà pur di Napoli, e al Metastasio e Quirino di Roma con Raffaele Vitale, riuscì finalmente a prendere in affitto il Teatro San Carlino, ripulendolo, ammodernandolo, rinnovandolo così materialmente come intellettualmente : alle bizzarrie a trasformazioni, ai lazzi improvvisi, alle maschere, alle vecchie e grottesche tradizioni del celebre teatro napoletano, fe' seguire la commedia scritta, moderna, elegante, brillantissima, vera. […] Non v'era novità comica di importanza che non facesse dopo brevissimo tempo la sua apparizione, foggiata alla napoletana, nel leggendario teatrino, in cui, di conseguenza, alle sghignazzate della popolaglia era subito succeduta la risata schietta e misurata del fiore dell’aristocrazia. Sciosciamocca (letteralmente : soffia in bocca) è non solamente un tipo e un carattere, non altro, nel suo complesso, che il mammo di un secolo fa : il Filippetto del Goldoni, il Marchese Pipetto del Giraud, rinsanguati, ravvivati dalla recitazione scintillante di Edoardo Scarpetta ; ma anche, un insieme di tipi variatissimi, aggirantisi attorno al tipo fondamentale. […] Il povero Edoà…, entrato nel campo dell’arte per un usciolino sgangherato, con un vestito che gli cascava di dosso a brindelli, colla faccia macilenta per fame ; che ad ogni passo verso l’agiatezza e la gloria, uno vedea farne contro di lui dalla maldicenza e dall’invidia, trionfando finalmente di tutto e di tutti, autore ammirato, attore idolatrato, il triste suono del piccone distruttore del San Carlino coprì con quello del martello costruttore di un vasto palazzo al rione Amedeo : al battesimo di gloria del San Carlino è succeduta la conferma non mai alterata sin qui de' Fiorentini di Napoli e del Valle di Roma, ove si reca ogni anno a deliziare della sua inesauribile giocondità il gran pubblico della capitale.
Spicca soprattutto nel colorire con forza ed evidenza i caratteri de’ grand’ uomini, segnandone i temperamenti, i difetti e le virtù. […] Nella sola orazione di Antonio nel Giulio Cesare, in quell’ orazione che il Sig. […] Non comprende l’enorme differenza che passa trallo spiegar la pompa oratoria nel Foro o nel Senato Romano e nel Pritaneo di Atene contro l’ambiziosa politica di Filippo e le ruberie di Verre, e tral mettere in azione in un teatro un cadavere insanguinato? […] Nato in Strafford verso il 1564, morì nel 1616; e per onorarne la memoria gli fu eretto un magnifico monumento nell’Abadia di Westminster. […] il teatro pieno un solo giorno, piombino nel secondo e spirino nel terzo.
Nacque a Firenze nel popolo di S. […] Compiuti gli studi agli Scolopi, fu iniziato al Foro, e ammesso poi nel tribunale con rescritto del granduca Ferdinando, come ajuto di suo padre. […] Ogni personaggio, per quanto fosse di poca importanza nel dramma, diventava nelle sue mani importantissimo, ed ebbe in ciò una rara potenza creatrice, perchè appunto il suo recitare non era di sole parole, ma scrutando con sottilissimo accorgimento e filosofia nel costume che l’autore aveva espresso nel personaggio ch' ei prendeva a rappresentare, ogni volger di occhio, ogni movenza della persona informavasi da quello…. […] Il Byron nel suo diario, alla data del 6 gennaio 1821, a Ravenna, scrive : Parlato col conte Pietro Guiccioli del comico italiano Vestri, che è ora a Roma. […] Un assai buon attore : un po' manierato, ma eccellente nell’alta commedia, come nel sentimentale patetico.
Dopo di essere stata, giovinetta, nel Collegio Ratti di Bologna, preconizzata cantante, entrò in arte, dando subito le più belle speranze di sè colla figurina incantevole, col profilo delicato, coi capelli biondi e vaporosi, colla voce armoniosa, colla coltura non comune, coll’anima d’artista. Divenuta sposa a Domenico Giagnoni, cominciò a entrare nel campo delle giovani celebrità, passando dalla Compagnia Biagie Casilini in quelle della Marini, della Pedretti, di Bellotti, di Monti, delizia del pubblico e del capocomico. E Pierina Giagnoni, nel vigor degli anni, splendente ancora al lume della ribalta, come una delle maggiori stelle, dovè in pochi dì soccombere a Genova, dopo tornata dall’America, il 4 gennaio del’ 90. – Era nata nel’ 54. […] E di quei giorni, in cui artisti ed autori, veri autori e veri artisti, pareano spuntare dal suolo, in cui la febbre dell’arte, la curiosità d’ogni artistico evento affollava i teatri, rendeva secondi i confrontie le gare di quei giorni, una luce avvolgeva ancora la Giagnoni : cosi la sua mirabile artistica natura s’era venuta via via formando alle perfezioni di un’arte, che non già sostituiva al convenzionalismo antico un altro convenzionalismo più melenso e più povero, mache assorgeva dalle raffinatezze e dalle delicatezze più squisite del gusto e della modernità alle energie, agli impeti, alle lagrime della passione, alle grazie della comicità più festiva, ai fascini di un’idealità che si rispecchia nel vero.
Con lei entrava nel dialogo una nuova, una speciale vivacità, una ilarità prepotente e sonora, lo spirito, il disegno, il colore della caricatura popolare. […] La Giovanelli fu dei primi attori che costituirono la prima Compagnia Milanese, una ventina d’anni fa, sotto la direzione di Cletto Arrighi, e si rivelò nel famoso Barchett de Boffalora. […] Partorì la sua bambina nel camerino suo del Teatro Milanese. Mentre si rappresentava una commedia di Cletto Arrighi, I tri c e i tri d del buon gener, in cui ella faceva la parte di una mamma di ballerina ghiotta e sensuale, si volse ad una quinta ov’era Cletto, e gli disse piano : « ho i dolori. » Non volle che la rappresentazione cessasse, e appena finito di recitare, ritiratasi nel camerino, diè alla luce una bambina.
Se tu lo avessi veduto nelle parti di Balandar, nella Catena di Scribe, nel Marchese Ciabattino e nel Bruno filatore, nel Capitano Carlotta, nelle Damigelle di Saint-Cyr, come l’ho veduto e udito io, comprenderesti come abbia potuto trasfondere il suo brio e la sua vivacità al figlio Claudio, che molto rammenta il padre suo. […] Chi mai ha potuto come lui dar vita alla parte di Ludretto nel Ludro e la sua gran giornata di F.
Sa egli però che di tali ornamenti non sempre proprj della scena molti se ne hanno non solo nel Caraccio, ma in altri celebri Italiani del XVI e in cento Francesi, e nell’istesso P. […] Dalla prima alla seconda giornata passano sedici anni, e l’azione consiste nell’esser Nino avvelenato, nel chiudersi tralle Vestali per ordine di Semiramide is figliuolo Ninia avuto da Nino, e nel coronarsi re Semiramide che per la somiglianza è creduta Ninia suo figliuolo. […] Manca poi al Virues la guida del poeta ferrarese, e si avvolge nel resto in avventure mal accozzate, in bassezze e indecenze. […] Tutti i cinque atti sono ripieni d’inutili, inverisimili e freddi amori de’ capitani di Dido, e di un racconto de’ suoi andati casi impertinentemente cominciato nel I atto, narrato a spezzoni ne’ seguenti, interrotto quattro volte, e compiuto nel quinto. […] Compete questa osservazione ad una favola, di cui tre atti almeno sono inutili, e dove Didone, senza apparire la necessità che l’astringe a promettersi a Jarba, è posta nel caso di darsi la morte per non isposarlo?
Non troppo fortunato nell’impresa, visto che omai non avrebbe più potuto far fronte a’suoi impegni, nel 1870 si mutò di capocomico in segretario della Compagnia di Bellotti-Bon. Divisa in tre la Compagnia, l’Arcelli passò nel 1873 in quella diretta da Cesare Rossi, con cui stette fino al 2 novembre 1890, nel qual giorno morì d’aneurisma mentre giuocava al bigliardo col brillante Masi al caffè del Teatro Alfieri di Torino.
Pitteri, è un complimento di Flaminia recitato nel Teatro Vendramino l’ultima sera del Carnevale dell’anno 1754. […] Cantò nel teatro ducale di Milano l’estate 1735 la parte di Grilletta nel Porsignacco, opera tragica (sic) del maestro cav.
La venuta di Serse nel V aumenta la dolorosa situazione del consiglio di Persia. […] Due amori due confidenze, due dichiarazioni d’amore l’una accanto all’altra, nel primo e nel secondo atto. […] É rimarchevole nel medesimo atto I la scena di Ion e Creusa che non si conoscono. […] L’istesso nel libro XIII cap. 17. […] Luciano nel catalogo de’ Macrobi.
L'opera : Teatro eroico e politico del governo de' Vicerè del Regno di Napoli dal Tempo del Re Ferdinando il Cattolico fino al presente, pubblicata a Napoli il 1692, ebbe l’onore di due ristampe, ch'io sappia, l’una del Gravier nel 1770, l’altra del Lombardi nel 1875. […] Mercordì dunque di notte, accompagnato da 5 huomini armati, trè delle guardie, e due della Casa del mio hospite, fui d’improuiso condotto fuori di Mantoua, doue fui costretto lasciare il resto delle mie poche Robbe (mentre degl’Abiti è un pezzo che sono priuo) et un mio Nipote febricitante, quale della Patria fortiuamente uenne à ritrouarmi per darmi parte dell’ultimo esterminio di mia Casa ; e li detti huomeni mi conducono per certo nel Castello di Casale ; se bene nel partire mio da Mantoua mi fecero credere di incaminarmi alla Patria con intiera libertà. […] Il giugno dell’ '80 partì da Modena, e giunse dopo ventidue giorni a Napoli, d’onde scrisse al Duca mandandogli una descrizione in versi del suo viaggio, non rinvenuta nel carteggio. […] A. perchè voglia soccorrerlo nel prossimo viaggio. […] Così fece ammirar nel Ciel la Luna, Cosi fece stupire il Gang e' il Tago, E la Ruota spezzare à la Fortuna.
Il Morrocchesi cominciò col recitare al pubblico nel Teatro di Borgognissanti a Firenze, rappresentandovi, primo in Italia e sotto il nome di Alessio Zuccagnini, l’ Amleto di Shakspeare. […] che, feritosi gravemente, cadde alienato di sensi, e quando rinvenne, si trovò nel suo letto, circondato dagli amici, tra i quali si potè contar da quel punto il grande astigiano. […] Morì d’idrope pettorale a Firenze ; e sulla pietra che sigillava il suo sepolcro nel chiostro di Santa Croce, a destra e in prossimità della cappella Pazzi, toltane alcun tempo pei lavori di restauro, e ricollocata poi, ma sebben sempre a destra di chi entra, non più allo stesso luogo, fu incisa la seguente iscrizione che dettò Giovanni Battista Niccolini, il quale non l’ebbe in vita troppo nel suo libro : qui riposa antonio morrocchesi di san casciano nell’i. e r. fiorentina accademia di belle arti professore di declamazione fra i tragici attori del suo tempo per consentimento d’italia a nessuno secondo e luogo gli tenga di maggior elogio l’essere nell’arte sua piaciuto a vittorio alfieri maddalena morrocchesi al consorte desideratissimo non senza lacrime q. m. p. […] Sfogliando le sue lezioni di declamazione, guardando a quelle odiose figurine che le illustrano, pensando a quelle repliche immediate di narrazioni, e il tutto comparando al giudizio che ne dà il Righetti nel secondo volume del suo Teatro Italiano, e che qui riferisco, c’ è da credere che il Morrocchesi fosse un grandissimo artista di maniera. […] M. il re di Sardegna, e non temo d’errare se dico, che questo tragico attore era l’attore di genio ; il suo difetto nell’analisi dei caratteri traspariva nelle particolarità, non nel tutto ; e se talvolta deviava dalla retta declamazione, e si abbandonava a conati troppo più violenti del bisognevole, era meno per mancanza d’intelligenza, e d’arte, che per la foga di strappare al pubblico que'clamorosi applausi, che lo inebriavano, e di che era quasi sempre padrone.
E pure nel teatro latino vi era insin il luogo per le vestali e nel teatro greco vi era una legge a posta perché le donne sedessero nel teatro a vista de’ forestieri, secondo le greche autorità che porta il Bulingero. […] Ma i valenti scrittori furono nel secolo del Trecento. Dunque gli scrittori tanto nella prosa quanto nel verso che vissero nel secolo del Trecento, diedero lo stato della perfezione alla lingua. […] Dunque nessuno degli scrittori avvenire nel verso dovrà astenersi dall’usare nel verso la rima. […] Alfonzetti, Voci del tragico nel viceregno austriaco, p. 216).
Tale si giudicò il puttino di bronzo che Monsignor Carrara presentò al Pontefice Clemente XIV, da cui fu collocato nel Museo Vaticano. L’Auditore Giambatista Passeri nel 1771 l’illustrò con una dissertazione latina10. […] Etrusco, secondo Livio, è lo stesso vocabolo Hister da’ Romani poi convertito in Histrio, ed usato in vece di Ludio per l’attore scenico, nel qual senso si è continuato ad usare in molte lingue volgari Europee. […] Egli nel libro XXXVI, c. 13 ne favella sull’autorità di Varrone. […] Ciò espresse Silio Italico nel lib.
Moltissime sere fu replicata in Venezia nel 1754, ed infinite lodi furon date alla tenerissima Irene. […] Ma crebbero in lei a dismisura i suoi incomodi, e gli oppiati rimedj che i medici le apprestavano, non fecero che abbreviarle la vita, onde rese l’ anima al suo Creatore in età di anni quaranta nel 1761. […] Ma egli errava certo nel suo giudizio. […] E la prova abbiamo in quest’ ultima citazione, la quale ci mostra chiaro come la povera donna non trovasse come prima nel suo coraggio la forza di lottare col male, e nella quale a me par di vedere un pizzico di crudeltà nell’ animo del Goldoni. […] Figlio dei precedenti, veneziano, fu attore e capocomico ; e fu la sua, la prima compagnia venale che, nel novembre del 1798, Tolentino ascoltasse a memoria d’ uomo.
Il Duca Francesco ordinò al Tesoriere Zerbini di pagare in Roma a vista all’ abate Ercole Panziroli doppie dieci d’Italia, da darsi al Truffaldino e al Dottore per valersene nel viaggio da Roma a Modena a conto delle loro provvisioni : una miseria codesta, se vogliam credere che il bisogno fosse reale. […] Alla coltura del Savorini accenna Luigi Riccoboni nel capitolo settimo della Storia del Teatro Italiano, là dove dice : « Nell’anno 1690, all’età di tredici anni, io cominciava a frequentare il teatro : tutti i comici di quel tempo erano ignoranti. […] Deciso di tornarsene a Milano, si recò a piedi sino a Finalborgo, dove potè ricavare il bisognevole per giungere a Milano, recitando poesie giocose e cantando canzonette nel caffè. Il '69 finalmente fu scritturato, dopo altri due anni di pene, da Cletto Arrighi, facendosi ammirar subito nelle scene dialettali, e in ispecie nel famoso Barchett de Buffalora, per una grande intelligenza nel concepire i caratteri, e una grande spontaneità e verità nel rappresentarli : ammirazione che si mutò nel più schietto entusiasmo alla recita del Sabet gras e del Milanes in mar, e alle canzonette popolari.
Passò poi nella Compagnia di Pietro Rosa (V.) e in altre ; fu di nuovo col Lapy, fuor di Venezia, poi di nuovo a Venezia nel carnevale del 1779, al Teatro San Casciano, ove fu accolta con ogni favore. La Monti era di persona svelta, vezzosissima di aspetto ; fu così egregia nella commedia e nel dramma, come nella tragedia ; e scritturatasi al Teatro de’Fiorentini di Napoli nell’ ’8o col noto attore Tommaso Grandi, detto Tommasino il Pettinaro, come prima attrice, vi confermò i successi clamorosi che aveva avuti in ogni altro teatro d’Italia. […] Passò, non più giovane, a sostener le parti di madre, e morì poi, fuor dell’arte, in Roma, nel 1832, assistita dal vecchio marito e dalla famiglia Ferretti (V.
Fu in Padova nel 1767, applauditissima : e terminato il Rossi l’impegno col Teatro del Marchese Obizzi, vi subentrò ella capocomica in società col Bugani sino al ’75 ; nel quale anno si condussero a Venezia nel Teatro Grimani a S.
Capo stipite di una delle più numerose, se non della più numerosa famiglia di comici, nacque nel 1780. Sposò un’Anna Medoni, comica anch’ essa, nata nel 1790, da cui ebbe due figli : Giovanni e Stefano. […] Fu volontario nel ’66 ; ed ebbe nel ’69 un figlio, Armando, oggi secondo brillante con la Marchi-Maggi.
Attrice rinomatissima per le parti comiche, fu unica nel rappresentare I viaggi di una donna di spirito, dell’artista conte Bonfìo. Nacque presso Urbino l’anno 1801 ; e la vediam dilettante ammiratissima il 1817 nel Teatro de'Pascolini rappresentare La famiglia proscritta, Il quadro della moderna filosofia, e soprattutto La Locandiera, che dovè ripeter più sere tra le acclamazioni de'suoi concittadini. […] Passò poi a far parte di quella Romagnoli e Berlaffa, e nel 1837 ne formò una essa stessa, che comprendeva attori di grido, quali il Fabbri, il Wellenfelt, il Modena padre. […] … Ah non fia mai ; l’affanno Ceda a ragione : il sospirar che giova, Quando di rivedervi alta speranza Profondamente ho nel mio cor scolpita ?
Ma vi confesseranno nel tempo stesso, che, scendendo agl’individui di essa specie, si trovano assai differenti, e qual più qual meno forniti di sensibilità. […] E dove trovasi lo scherzevole, il dilettoso, le badin nel Canto VII. della Gerusalemme? […] Poteva osservarlo negli antichi Tragici, nell’Edipo di Sofocle, nel disegno di Medea sui figli in Euripide, e in Seneca, nelle Troadi di quest’ultimo per Astianatte &c. […] Rapin nel dire, che niuna cosa fa la bellezza delle Tragedie, se non i ragionamenti appassionati. […] Intanto essi in tali favole sembrano meno eloquenti e meno appassionati, che non sono nel Poliuto, nella Fedra, nell’Alzira.
Fece i suoi primi passi alla celebrità nella Compagnia Solmi e Pisenti, creandovi per cortesia del Pisenti, brillante, la parte di protagonista nel Diplomatico senza saperlo di Scribe, con tal successo, che a poco gli fu dagli accorti capocomici passato il repertorio intero del brillante, nel quale il Dondini potè di punto in bianco mostrarsi artista preclaro. […] I personaggi boriosi e stangati del Marchese di Forlimpopoli nella Locandiera e del Conte nel Ventaglio, erano, incarnati da lui, altrettanti poemi. […] Nel Marchese della Seglière, e nel Don Marzio alla Bottega del caffè ? […] E nel Michele Perrin, che io aveva veduto rappresentare a Parigi da Buffet ?
Nel Vecchio geloso è figliuola di Pasquella, e amante di Pedrolino ; nel Marito è serva ; nei Tappeti alessandrini è serva. […] Battista Mamiano, che è tra le sue rime edite in vecchiezza nel 1620 : Per la Signora Olivetta Comica Pace promette il nome d’Olivetta gentile, ma le parole, il volto, e quei lucenti occhi crudi omicidi minacciano al mio cor guerre e tormenti. […] Olivetta mariola deh, no m’abbandonar, che una menestra sola me puol resuscitar ; e un baso de to bocca mentre, che 'l scocca da quei laurin, puol dar la vita a un servo de'più car, ne l’amor sì costante, e nel magnar. Ma gramo in van me sbatto, ma con rabbia, e desgust, e fin che no te catto no posso aver più gust, che l’appetito adesso in far progresso me vuol per mort ; e sbolzonado da Cupido ogn’or, ho la fame in la gola, amor nel cor. […] E viva Zan Buffetto, Brighella e Bagattin, Zan Polpetta e Guazzetto, Cappella e Trappolin : e viva sempre intera tutta la schiera de i Zagni al Mond, pur, che nel celebrar le nostre nozz, ciaschedun vegna a empir el so gargozz.
Perciò molti modi di dire, che grandemente piacciono nel dramma, non piacerebbero punto nella tragedia. […] Ma, poiché essi sono talvolta necessari allo sviluppo degli avvenimenti, qual luogo deggiono ottenere precisamente nel melodramma? […] O ci converrà dunque affrettar di troppo gli avvenimenti, o si cadrà nel languore. […] Non nella prima, imperocché quantunque l’opera debba parlare ai sensi, questo non è se non un fine secondario per arrivare al principale, il quale consiste nel penetrare addentro nel cuore, e intenerirlo. […] Non consiste, siccome vogliono alcuni, nel numero degli atti, poiché può darsi un’opera bellissima divisa in cinque atti, come in tre o in due.
Brunetti Icilio, nato a Fossombrone il 1838, fu, ancora in fasce, portato a Roma, ove stette fino al ’61, nel qual anno esordì a Livorno come secondo amoroso e secondo brillante in Compagnia di Francesco Sterni. […] Salì al grado di primo attore, e nella Compagnia di Tommaso Salvini, rappresentò al fianco del glorioso artista e di Virginia Marini, i personaggi di Paolo nella Francesca, di Pilade nell’Oreste, di David nel Saul ; e nei riposi di Salvini, quelli di Alfieri nel dramma omonimo di Gattinelli, di Dottor Nuvoletti nella Donna Romantica, di Armando nella Signora dalle Camelie.
Passò il ’64 in Compagnia Arcelli, con Alessandro Salvini primo attore ed Emilia Arcelli prima donna ; e fu in quell’anno che al Corea di Roma nella Preghiera de’Naufraghi, una comparsa, investendosi troppo della sua parte, gli sparò a bruciapelo una fucilata nel petto, fratturandogli due costole. […] Sposò nel carnevale la figlia del suo capocomico, Emilia Arcelli (V.), colla quale tornò per quattro anni, ’65-’69, ai Fiorentini di Napoli. […] Antonio Colombari buon brillante fino al ’73, divenne un ottimo, incomparabile secondo caratterista, nel qual ruolo si mantiene tuttavia.
Occupati non per tanto gl’Italiani nel provvedere agli sconcerti cagionati dalla guerra, dalla politica, e dalla natura non pensavano a coltivar le arti più gentili, e molto meno la musica. […] Si ritrova nel micrologo il più piccol vestigio delle arabiche dottrine intorno alla musica e la poesia? […] Che da molte nazioni fosse conosciuto l’uso della rima non può negarsi se non da chi voglia negare che il sole è sull’orizzonte nel mezzo giorno. […] «Come provare nei normanni e nei goti la tessitura dei versi, e la proporzione fra gli intervalli e i riposi nel metro?» […] La divinità si doveva a quest’ultimo colla stessa ragione che gli Egizi la davano ai gatti, ai serpenti, ed agli altri insetti generati nel fango del Nilo.
Attore di quella Compagnia che nel giugno del 1747 proponeva Domenico Giannelli (V. […] Carlo IX nel 1572 e nel 1578. […] Le nozze non ebber luogo che in agosto, nel qual tempo pare non fosser più gli stessi comici, poichè gli ordini di pagamento per le rappresentazioni di quell’epoca, furono intestati al capocomico Alberto Ganassa.
Nacque a Bologna nel 1833. […] Esordì in non so qual compagnia come amoroso, per diventar poi nel ’56 il primo attor giovine di quella dei fratelli Bosio, diretta da Francesco Chiari, di cui era prima attrice la Giuseppina Biagini : e leggo ne’ giornali del tempo ch’ egli si faceva molto applaudire, specialmente nel mulatto della Suonatrice d’arpa. Consigliato da Bellotti-Bon di lasciar le parti serie, abbracciò di punto in bianco il ruolo di brillante, che sostenne con assai decoro per alcun tempo, per passar poi a quello di caratterista, a cagione della figura che accennava già a diventar voluminosa, nel qual ruolo fu per molti anni con Alamanno Morelli, al fianco di Luigi Monti e Pia Marchi.
Entrato in arte a venti anni, passò gli anni del noviziato in compagnie di second’ ordine, sino al 1814, nel quale anno fu scritturato qual secondo amoroso dalla celebre Carlotta Marchionni. […] Luigi Carrani fu attore pregevolissimo così nella tragedia come nel dramma e nella commedia. Le parti di Oreste, Polinice, Carlo nel Filippo, Emone nell’ Antigone ebbero in lui un interprete accurato ed efficace. […] Recitando colla Compagnia Ciarli e Falchetti, nel carnovale del 1831 al Teatro Alfieri di Firenze, ottenne di poter fare la sua beneficiata, dietro informazione favorevole del Commissario di S.
Nacque a Gorizia da genitori non comici, nel 1801. Occorrendo a una Compagnia di comici di passaggio a Gorizia una ragazzina per non so più qual parte, e fattasi già notare la piccola Polvaro per la grande svegliatezza della mente e la scioltezza nel recitare, fu in essa accolta, e in breve tempo tanto progredì, che a dodici anni vi sostenne parti di prima attrice. […] Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso. […] Molte potranno correre a gara con lei nella difficile palestra dell’arte, niuna potrà però superarla nel prezioso dono della retentiva.
Comunque sia, il Veronese esordì in prova di fatto alla Comedia italiana come pantalone nel Double mariage d’Arlequin, il 6 maggio 1744 ; vi fu ricevuto stabilmente l’anno dopo, e v'ebbe promessa di parte intiera il 4 novembre 1746. […] Nel Principe di Salerno, commedia tutta a macchinismi, data il 1746, era un volo pericoloso che si fu obbligati a sopprimere a scanso di sciagure : Arlecchino rapiva il Dottore dal teatro, e spariva con lui da un fóro nel soffitto della platea, fatto per dar aria alla sala. […] Bartoli – che accrebbe, andando in Francia, le di lui fortune, senza pagare – aggiunge il Loehner – i suoi debiti di Venezia, ebbe dal suo matrimonio con Lucia Pierina Sperotti cinque figliuoli, di cui tre, Pier Antonio, Cammilla e Anna seguiron l’arte del padre ; e morì a Parigi il 26 gennajo 1762 Officier du Roy et bourgeois de Paris, sostituito alla Comedia nel suo ruolo di Pantalone già dal 1760 da Antonio Matteucci detto Collalto (V.). Oltre al ritrattino a mezzo busto che tolgo da L'Opéra Comique, metto qui la riproduzione di due disegni a matita rossa, segnati nel catalogo Bouchot della Biblioteca Nazionale di Parigi coi numeri 527 e 535, e così descritti : « Scène de la Comédie italienne vers 1730, où l’acteur Alborgheti dit Veronese est représenté jouant du violon devant des enfants. – Portrait en pied d’un acteur de la Comédie italienne, Alborgheti dit Veronese, en costume de soldat. » Alborghetti Veronese ?
Per indagare a qual fine essa si adoperasse, gioverà qui recare ciò che leggesi nel trattato de Theatro del Bulengerob Ecco quello che riferisce coll’autorità dello Scoliaste di Aristofane. « I Villani oltraggiati da’ cittadini anticamente venivano di notte nel villaggio ove dimorava l’offensore e pubblicavano la propria ingiuria ed il di lui nome. […] Confermasi pure tal verità istorica con un passo di Eliano, il quale nel ragionare della commedia delle Nuvole in cui compariva il personaggio di Socrate, scrive cosìa. […] Con tale meschino artifizio ajustavansi gli antichi attori per esprimere col volto i movimenti dell’animo, che senza la maschera avrebbero mirabilmente dipinto nel sembiante naturale. Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce, e Boindin in una memoria consegnata all’Accademia delle Belle Lettere di Parigi, e Metastasio nel capitolo V dell’Estratto della Poetica di Aristotile. […] Si vegga il notissimo passo di Aulo Gellio nel libro V, cap. 7.
Carloni-Talli Ida, nata a Roma da Gioachimo Carloni, romano, e da Emilia Marovich, slava, maestra di ballo, si diede all’arte nel 1887, dopo di aver fatto ottima prova sotto la direzione dell’ex-comico Alessandro Meschini nella Filodrammatica romana, esordendo a Verona, qual prima attrice giovane, nella Compagnia di Giuseppe Pietriboni col quale restò tre anni. « Al Teatro Manzoni di Milano – scrive il Traversi (Natura e Arte, gennaio del ’93) – si ebbe, in quell’anno stesso, il più splendido battesimo….. Paolo Ferrari, Leone Fortis, Felice Cavallotti lodaron l’artista valorosa : e Marco Praga le dedicò un articolo nel Secolo xix , chiamandola addirittura una grande attrice che spunta. » La giunonica dovizia delle forme, una fine intelligenza, e una non comune intuizione artistica, la innalzaron subito al ruolo di prima attrice nel quale esordì a Venezia in Compagnia Favi, diventando di punto in bianco una fra le più reputate artiste giovani, specialmente per la interpretazione gagliarda e inattesa della Trilogia di Dorina, commedia di Gerolamo Rovetta, la cui fiorente esistenza è a lei dovuta in gran parte.
[1] Ma le cose umane non possono rimaner lungo tempo nel medesimo grado. […] Che si dirà poi dell’arte che avevano i loro musici nel contrasegnare gli accenti, onde così spiccata e sensibile rendevasi l’inflessione? […] Lo ritrovava nel camminar lento non meno che nell’affrettato galoppar dei cavalli. […] Non così accadeva nella poesia musicale degli antichi, la quale era eguale alla nostra nel primo pregio, e superiore assai nel secondo. […] E che nelle arie stesse dove il riposo della voce sulle rispettive vocali è più durevole, e più facilmente possono accomodarsi le note, troppo è grande tuttavia l’incertezza del compositore nel numero delle note che a ciascuna sillaba dee corrispondere, e nei tempi che debbono impiegarsi nel proferirle?
Né altrimenti esser poteva; perché essendo sì innalzati in quella medesima età per dare ricetto all’opera tanti nuovi teatri, è necessariamente avvenuto che abbia posto lo studio nel dipinger le scene un assai maggior numero d’ingegni che fatto non avea per lo addietro. […] «E non vedete voi», disse loro, «che se voi nelle pitture quello approvate che non può stare in fatto, la vostra città corre gran pericolo di esser posta nel numero di quelle che non hanno gran riputazione per isvegliatezza d’ingegno54?» […] Vari sono i siti che nel medesimo sito, per così dire, rappresentano. […] Dal sito il più orrido ti fanno tutto a un tratto trapassare al più ameno; né mai dal diletto ne va disgiunta la maraviglia, la quale, nel porre un giardino, essi cercano egualmente che da noi fare si soglia nel tesser la favola di un poema. […] E generalmente parlando, nel mescolare il vero col falso sono necessarie le più grandi cautele, perché l’uno non ismentisca l’altro, e il tutto paia di un pezzo.
Giovanni Ruy de Alarcon di origine spagnuolo ma nato nel Messico, per purezza di lingua, per grazia comica, per abbondanza e per invenzione, merita di preferirsi a moltissimi suoi contemporanei. […] Ma in Lima celebre capitale del Perù edificata nel 1535 da Francesco Pizarro oggi si vede un teatro lodato per la grandezza e per la magnificenza delle decorazioni, nel quale si rappresentano le commedie Castigliane. […] Non si portò egli in Terra-Ferma un anno dopo del Colombo, cioè nel 1499? […] Sa il Lampillas che così ha scritto il lodato dottore Robertson nel 2 libro della pregevole sua Storia di America. […] Non trovasi nel continente americano la specie de’ leoni affricani e asiatici; ma gli Europei diedero il nome di leone al l’animale che nel linguaggio di Quito dicesi Puma, il quale (secondo M.
Osservisi la disinvoltura dell’autore nel presentare gli avvenimenti. […] Siamo nel caso di colui che dovendo fabbricar un palazzo, si vede costretto a sceglierne tra i disegni d’un maestro dozzinale, o tra quelli d’un valente architetto. […] A me, che sono oltramontano e conseguentemente non abbastanza inoltrato nella cognizion della lingua, fa di mestieri andar a rilento nel decidere siffatta questione. […] Chi ha la serenità d’animo che basta per descriverci così alla minuta gli oggetti esterni, muove un forte sospetto d’ipocrisia nel suo dolore. […] Per me nel mondo Non v’è più che sperar.
Mortole il marito, avrebbe potuto condurre vita agiatissima fuor dalle scene, ma suo nipote, Luigi Riva, figlio di Francesco e della sorella sua maggiore, buon attore, ma rotto a’ vizj, la consigliò e persuase a continuar l’impresa, offrendolesi compagno nel condur la compagnia, che si chiamò appunto Goldoni e Riva. In pochissimi anni il capitale fu distrutto, e il Riva, morto a Trieste nel 1822 di apoplessia fulminante, lasciò un gran cumulo di debiti fatti nel nome di Gaetana, la quale ridottasi al verde, avrebbe finito nella più squallida delle miserie, se una parente del marito, la celebre Bertinotti, non l’avesse ricoverata presso di sè e degnamente mantenuta fino alla sua morte che avvenne in Modena verso il 1830.
Io nacqui a Zara, capitale della Dalmazia, nel 1832. […] Quando più sembravano arridergli le gioie della famiglia, dovè staccarsi dalla moglie che adorava, e che morta pianse con affettuosi versi, e rifugiarsi nel suo dolore, solo. Fu allora, nel ’64, che abbandonato Cesare Dondini, entrò, attore e amministratore, con Ernesto Rossi. […] … Meglio morir nel fascino Della passione ardente ! Meglio morir nel turbine Dell’anima fremente, Quando d’amor fioriscono Le rose della vita, Vòlti a una meta incognita Giovanilmente ardita !
La sua valentia nel recitare era sì grande che propriamente incantava gli spettatori. […] Morì nel 1730 circa a Palermo dopo di avere scorsa l’ Europa, conquistatrice di mille cuori. […] Questa donna, grande nell’arte, a segno da incantar gli spettatori, che aveva la dentiera posticcia, che aveva scorsa l’ Europa, conquistatrice di mille cuori, e che fu protetta da teste coronate, non potrebb’ essere quella Cecilia Rutti, la Romana, che recitava, separata dal marito, le prime amorose nel ’33, col nome teatrale di Diana, artista deliziosissima, nonostante i cinquant’anni che gli ornamenti e il belletto non potevan nascondere, recatasi a Vienna coi Sacco, e divenuta l’amante dell’ Imperator Giuseppe I, che morì nel 1711 ? […] Egli nacque nel ’45 e scrisse le notizie nell’ ’82 ; nè l’una dunque, nè l’altra Diana conobbe ;…. e i venti anni di differenza che mette nella morte delle due Diane, posson essere facilmente erronei.
Dopo una non breve stagione in Arzignano nel Vicentino, la compagnia, impegnata la misera condotta, si sciolse ; e Morelli, che non avea da pagar l’oste che gli avea dato il vitto e l’alloggio a credito, se gli offerse, e fu accettato in qualità di cameriere, pagando così coll’ opera sua di uomo onesto, il debito del primo attor giovine. […] Fu scritturato il '40 in Compagnia Florio, come brillante e tiranno : recitava maravigliosamente nella stessa sera il tiranno Filippo in Bianca e Fernando e il brillante nel Cuoco e il Segretario ; sì che Maria Luisa, la Duchessa di Parma, ebbe per lui speciale ammirazione, e, nelle sere di suo beneficio, speciali elargizioni. […] Ritiratosi Battaglia, Morelli continuò la compagnia sino al '53, recitando nel '50, primo de'viventi attori italiani, l’Amleto, ch'egli stesso adattò alle scene sulla traduzione del Rusconi. […] Fu banditore il '74 del primo congresso drammatico in Firenze, e pubblicò nel '77 un Manuale dell’artista drammatico in cinque dialoghi, col Prontuario delle pose sceniche, già edito nel '54, che si può dire, senza offendere la memoria del grande attore, l’antitesi dell’arte sua, fatta tutta di verità e di spontaneità.
Chiamato a far parte della Commedia Italiana di Parigi, vi esordì il 25 luglio del '59 nel Cavalier d’industria, scenario italiano in tre atti : l’anno dopo fu ricevuto a tre quarti di parte, e il 14 gennajo '66 a parte intera. […] Tornato in Italia, pare lasciasse definitivamente il teatro, dacchè il Bartoli, un anno dopo, ci avverte com’ egli colle ricchezze, fatte in Francia, avesse acquistato un palazzo e de' poderi nel trevigiano, e quivi stabilita la sua dimora « lungi dal pensier del teatro ». […] Altro incarico ebbe lo Zanuzzi nel '74 : di venire in Italia a provvedersi di una nuova prima attrice. […] Il Campardon, a mostrare l’eccellenza del suo cuore, cita il fatto ch'egli allevò a sue spese una bimba, e la mise in grado di entrare nell’Accademia Reale di Musica, ov'esordì come ballerìna il 16 novembre '79, nel ballo del IV atto d’Ifigenia in Tauride di Gluck. Avendo il Giornale di Parigi, nel dar conto della rappresentazione, chiamata la fanciulla figlia di Zanuzzi, questi pubblicò una lettera, firmata Zanuzzi, Comico italiano ordinario del Re, nella quale dichiarava ch'ella non aveva con lui alcun vincolo di parentela, e si chiamava Maria, figlia dei coniugi Lescousier borghesi di Parigi.
Di li, un anno appresso, nel 1873, passò in quella di Luigi Monti, che dovè lasciare poco dopo per soddisfare ai suoi obblighi di leva. E tre anni stette confinato a Lecce a fare il caporal foriere e il caporal maggiore di maggiorità, riconfortandosi negli studi e nel suo Catullo ! […] Metteva grande studio nel penetrare il carattere, la psicologia del suo personaggio : gli guardava dentro e poi cercava d’entrar quasi ne' suoi panni. […] (Modena, Sarasino, 1891). – Ne ha fatto l’ editore Bemporad di Firenze una seconda edizione, nuovamente illustr., nel 1898. […] Non ci voleva che un pari suo, egregio tanto nel comporre, che nel recitare, il quale potesse donare all’ Italia un libro tanto utile e dirò, necessario….
Ma come poteva questo Cavicchi giovine del 1820 essere il Cavicchi sentito recitar, già vecchio, nel 1824 dal Colomberti ? […] Nelle intonazioni della sua voce, nel gesto, nel muover degli occhi parea rivivere quella sensiblerie delicata e un tantino leziosa che era la forma obbligata dell’epoca e che il Taine ci ha così stupendamente risuscitata nella sua storia del Vecchio regime. […] L’arte, che pur sempre si appalesa nel riprodurre la natura, si ritirava vergognosa di fronte all’eccellenza di quella realtà. […] V., il cui accidente convertitosi poi in natura io ho nel corso di 38 anni (con poca intermitenza) sempre servito alla S. […] V. mentre era nel ventre della madre, et spero di servir nel ventre della Ser.
A ogni modo abbiamo ogni buona ragione di credere che Valerio lasciasse il teatro nel 1667, sostituito dal secondo amoroso Andrea Zanotti bolognese, del quale prese il posto Marco Antonio Romagnesi, esordiente alla Commedia italiana. […] ), che il Valerio sconosciuto al Sand e ai Parfait era il modenese Giacinto Bendinelli o Bendinely, come si trova scritto nel suo atto di matrimonio colla Poulain ; o Bandinelli, come egli nel medesimo atto si sottoscrive. […] Il Dottore vivente a quell’epoca e a noi noto sin qui era il Lolli ; ma egli, recatosi a Parigi nel 1653 per assumere nella Compagnia italiana la maschera di Dottor Baloardo, tornò in Italia, non so in che anno (nel’58 era certamente a Roma, come si vede ai nomi di Lolli e Bandinelli) per poi restituirsi una seconda volta a Parigi, ove e precisamente nel ’70, fece rappresentare una comedia intitolata Il Gentiluomo campagnuolo, ovvero Gli stravizzi di Arlecchino. Forse nel ’74 fu ancora in Italia, e andò una terza volta a Parigi, dove si trovava il 21 dic. ’78, testimonio a un battesimo, e dove fattosi naturalizzar francese il giugno ’83, morì nel 1702 ? Noto incidentalmente che a Roma nel 1658 era con lui nel distretto della Parrocchia di S.
Zasio, inserita in un volume dedicato alla memoria del compianto artista dal fratello Vittorio, e edito il 1901 a Feltre (Castaldi) nel primo anniversario della morte. […] Edmondo De Amicis così degnamente preludeva alle memorie raccolte nel volume citato. […] Ma io porterò vivo nel cuore la sua memoria fin che avrò sentimento dell’amicizia e dell’arte. […] Era l’ '87 al Valle di Roma con Petronio Zanerini, e creò il 16 gennajo la parte di Eumeo nell’Aristodemo, e il carnovale dell’ '88 quella di Zambrino nel Galeotto Manfredi di Vincenzo Monti (V. […] Francesco Pinotti morì nel 1820.
Fu educato nel Collegio Clementino di Roma, indi, come sovente s’è visto, trascinato alla scena dall’esempio dei parenti, salì subito in alto grido per le parti d’ Innamorato, sotto nome di Cintio. […] Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena del 5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recarsi colà a recitare : poi nulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene del Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso Valerio Bendinelli ; indi, abbandonato il primo amoroso Ottavio Costantini il teatro nel 1688, e partito per l’ Italia, predendone egli il posto. […] Soppresso il Teatro italiano nel 1697, Romagnesi naturalizzato francese dal 1685, ufficiale del Re, e amministratore della Compagnia italiana insieme ad Angelo Lolli, abbandonò le scene, e morì a Parigi in via S. […] Oltre a queste una ne pubblicò il Cotolendi nel suo Livre sans nom (Paris, Brunet, M. […] Di lui sappiamo soltanto che fu comico, e che uscito di Francia nel 1697, al tempo della soppressione della Comedia italiana, dopo di aver recitato in Fiandra e nei Paesi Bassi, morì a Bruxelles il 26 ottobre del 1700.
» Dell’andata a Monaco del Calderoni abbiam qualche notizia nel bellissimo studio del Trautmann. […] Il contratto fu concluso nel luglio dal segretario intimo e poeta di teatro Bonaventura Terzago, dal cui giornale di viaggi si apprende come a titolo di sovvenzione fosser pagati 500 fiorini alla Compagnia che constava di undici persone. […] Pare davvero che il Riccoboni non andasse errato nel tributar lodi uniche alla Compagnia del Calderoni, dappoichè essa rimase al servizio della Baviera sino all’ottobre del 1691. […] » Dalle qui unite lettere, esistenti nel R. […] Lo troviam poi nel 1699 a Vienna ; nel 1702 in Augsburgo, dove il 16 maggio ottenne il permesso di poter dare dovunque alcune rappresentazioni in lingua italiana, e nel 1703 ancora a Vienna, assistito dalla liberalità del Principe Elettorale, che si occupava con ogni larghezza delle spese di costumi ecc. ecc.
Moglie di un comico Adami, prima, poi del famoso Lolli, nacque a Roma nel 1635, e si recò a Parigi nella Compagnia italiana col giovane Biancolelli, con Eularia e Ottavio nel 1660 come servetta sotto il nome di Diamantina, che l’aveva già fatta celebre a Roma. Ella era graziosa oltre ogni dire, se bene più tosto piccola e brunettina ; recitava con molto brio e con molta naturalezza, ed ecclissò al suo apparire in Francia la Diamantina, che l’aveva preceduta nella Compagnia, e che aveva recitato dal 1653 al 1660 nel teatro del Petit-Bourbon, al fianco dei celebri Fiorilli e Romagnesi. Patrizia Adami, naturalizzata francese in un con suo marito nel giugno del 1683 (V. il Campardon che riporta l’atto di naturalizzazione — Les Comédiens du Roi de la Troupe italienne.
Tornato nel 1750 a Parigi, rientrò nella Commedia Italiana, ove rimase fino al 15 marzo 1769, epoca del suo definitivo riposo, che ottenne con una pensione di 1500 lire. […] Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà. […] Troviamo nel Goldoni che il Balletti prima di darsi all’arte scenica, era stato ballerino : nel 1748 fu maestro di ballo a Milano, poi a Mantova, poi a Venezia.
Ventidue sere videsi replicata l’anno 1773 in Venezia nel Teatro di S. […] Al subblime merito della Signora Maria Maddalena Battaglia nata Torti di Pisa, la quale con universale applauso recita nel pubblico Teatro di Lucca in grado di prima Donna nella scelta Compagnia Comica degli Accademici Riuniti. […] (Ven., 1796) che la Battaglia creò nella stagione di autunno e carnevale ’95-’96 la parte di Agata nell’Elena e Gerardo di Luigi Millo, uno dei poeti della Compagnia, che fu l’unica parte da lei recitata nel corso di quell’anno, lasciando in ogni spettatore un sommo desiderio di udirla altre volte. […] L’umiliazione e la miseria affrettaron la sua fine, che fu nel 1803 al settantacinquesimo anno dell’età sua.
Canziano, e poco dopo nell’Asinaria : il 14 giugno 1512 in una Tragedia e Pastorale per le nozze di un Contarini ; e nel carnevale seguente in un’ecloga, in casa di Fracasso da Sanseverino alla Giudecca. Riappare a Venezia nel carnevale del 1522, e lo vediamo recitare il 2 febbraio una tragedia in casa Grimani alla presenza del vescovo d’Ivrea, il 9 detto una commedia nel Convento dei Crocicchieri, e il 12, nello stesso luogo, la Mandragola. […] A questo punto si arrestan le notizie di recitazioni a Venezia in cui prese parte il Cherea ; ma sappiam poi dal diarista Sanudo che il Cherea, stretta amicizia con l’oratore ungaro, di passaggio a Venezia, aveva lasciato la città, nella quale aveva raccolto tanta messe di lodi, per recarsi in Ungheria, dov’era nel 1532, non sappiam bene se per ispasso, o ad esercitar l’arte sua.
La sua vita è tutta legata a quella della Diana di cui prese il nome. « Procurava – dice il Bartoli – di provvedere il teatro di nuove cose, quindi è che applicò sovente l’ingegno nell’invenzione d’alcune commedie a soggetto delle quali anch’ oggi sulla scena se ne suol far uso. » Morì in Romagna nel 1747. […] Il ’59 entrò in Compagnia Dondini qual primo attor giovine sotto Salvini, e nel 1860 sposò la nota attrice Anna Pedretti che era allora nella compagnia stessa. […] Fu il ’74 – ’75 – ’76 primo attore della Pezzana, poi di Salvini sino al ’79, nel qual tempo rifece compagnia, che non lasciò più sino al giorno della sua morte, avvenuta per ipertrofia di cuore dopo sei giorni soli di letto, il 22 ottobre del ’95. […] E tanta arte e tanta verità mise poi nel punto in cui a Nerone si affiochisce la voce, che l’Autore e gli amici che gli facevan corona su la scena, temetter per un istante che il Diligenti non potesse per afonia improvvisa continuar la rappresentazione.
Ecco aperta la scientifica strada con una Università, che sino a questi dì era stata infruttuosa sin dalla sua fondazione avvenuta nel secolo passato. […] La Sapienza è posta nel Vero che rischiara, non nel falso, e nelle sofisticherie che gettano gl’incauti nelle tenebre. […] Uditelo dal Principe degli Oratori Italiani nel 11. […] Vedi tali stabilimenti descritti nel Libro VIII. della Storia di America del Dottore Guglielmo Robertson. […] della Lettera uscita in Madrid nel 1781. su gli errori della Storia Letteraria.
Nello schizzo critico sui comici italiani apparso a Stuttgart nel 1750, è detto, al proposito di Antonio Bertoldi, che fu piccolo di statura, asciutto e agilissimo. Apparve sempre artista di gran pregio, e fatto a posta per recitar l’ Arlecchino…. nel cui costume egli era proprio ne’suoi panni. […] Troviamo il suo nome citato nel 1762 fra le notizie dell’ Ufficio del Maresciallo di Corte, dalle quali resulta che « il Segretario Bertoldi il 25 agosto si era recato a Varsavia. » Segretario di che ?
Passò poi servetta (e parti di carattere) il 1823-24 nella Compagnia di Caterina Venier, Francesco Toffoloni e Soci ; e nel 1834 in quella di Pasquale Tranquilli e Medoro Aliprandi. […] Fu attore assai fortunato, se non di vero merito, se dobbiam credere a Carlo Gozzi, il quale dice di lui nel tomo secondo delle sue Memorie inutili : Un nuovo Truffaldino detto Bugani nel Teatro di S.
Fratello minore del precedente, nato a Caltanissetta in Sicilia, il 29 febbraio del 1856, non si staccò mai dalla Compagnia del padre sino al ’78, nel quale anno fu scritturato secondo brillante, insieme alla moglie, con Luigi Bellotti-Bon con cui stette quattro anni. […] Nel ’91 volle provare le gioie del capocomicato ; gioie fugaci ; chè, nel ’92 entrò a sostituire il fratello Francesco in Compagnia di Francesco Pasta, con cui stette fino al ’97. […] Arturo Garzes non è forse mai stato, come artista, nè un brillante, nè un primo attor giovane nello stretto senso della parola ; ma nel più largo senso, un eccellente comico, buono di rappresentar l’una parte oggi, l’altra domani, con garbata semplicità.
Di lui, il più celebre degli stenterelli moderni, nato a Firenze nel 1823, discorre diffusamente Jarro nella sua opera Origine della maschera di stenterello, da cui riferisco in ristretto. Da compositore nella stamperia Cellai in via de' Martelli passò allo studio della maschera, esordendo in un teatrino popolare di via delle Ruote con la Compagnia di Vincenzo Da Caprile, di cui sposò nel '50 la figliuola Anna. […] Morto il Ricci di colera nel '55, Raffaello Landini prese lo scettro della maschera di stenterello, nè più ebbe chi lo imitasse o gli si accostasse.
Il Bartoli lo dice grande nel premeditato e all’improvviso ; e aggiunge che sapeva anche farsi applaudire ne' semplici annunci fuor del sipario per lo spettacolo del domani. […] Fu giocatore nel più largo senso della parola ; e tanto potè la passione cieca sull’animo di lui, che per essa fu più volte ridotto a mal partito, avendo dovuto ricorrere a strattagemmi e raggiri non degni di un uomo dabbene. […] Nel Socco e nel Coturno ei Roscio imita ; per l’ Arte Teatral niun di più brama, essendo all’eccellenza in lui salita.
Al merito impareggiabile della Signora Anna Corona Paganini, che nel Carnovale dell’anno 1777, recita in Carattere di prima comica in Genova nel Teatro delle Vigne con universale applauso. […] Quindi il tuo nome dell’invidia a scorno fa la sincera fama a te rivolta, nel pien Teatro risuonar d’intorno.
Or chi tenersi e vaneggiar non vuole, se nel Leon di Flora in mezzo al verno della Prudenza è forsennato il Sole ? Ma parmi un errore l’attribuir la dedica del sonetto a questa Prudenza, seconda donna dei Gelosi, piuttostochè alla seguente, prima donna degli Affezionati, che nel 1634 recitò appunto una Pazzia. […] Quadrio) morì nel 1646 in età di quarantadue anni ; aveva dunque due anni alla morte del Marignolli.
Se l’Italia nel XVI. secolo ebbe solo traduzioni e servili imitazioni. […] Se nel XVII., si dilettasse solo di Arlecchinate. […] Dove ne ho veduti e ne veggo in copia alla giornata, è nel Teatro di Madrid. […] Saverio, menarvi buona quella sbraciata della p. 211. contro l’Italia nel XVII. secolo, nel quale supponete le nostre Scene occupate dalle più sconce arlecchinate a cagione di cinquanta scheletri di favole tessute a soggetto pubblicate dal Commediante Flaminio Scala nel 1611. […] E il Conde de Saldaña non comparisce giovinetto nel primo, e canuto nel terzo atto con una barba sesquipedale?
E poi : Righetti dovrebbe obbligarsi a firmare un contratto annuo per una stagione a Roma, e per l’autunno nel primo anno '53. […] Chi non ricorda il modo con cui s’avvolgeva nel suo manto alla fine del secondo atto di Mirra ? […] … Ella si volge direttamente al cuore e vi penetra nel profondo ; ha tali accenti che straziano e trascinano…. […] Percorse l’America del Nord nel '66, e vi tornò l’anno di poi, il '75 e l’ '84. Fu il '68 nel Messico ; il '69 in tutta l’America del Sud, ove tornò del '74.
Voltasi la madre alla polizia, egli dovette un po' colle buone, un po' colle minaccie, tornarsene a Torino, ove, stretta amicizia dopo molto tempo con Giacomo Brizzi, tornò più acceso di prima agli antichi amori ; e nel '52 fu iscritto fra i giovani volenterosi che Gustavo Modena riunì a Savigliano per un giro artistico nel Piemonte. […] S'unì poi a una Eccentricità Fenomenale per desiderio di veder l’Europa ; e fu in Francia, nel Belgio, in Olanda, in Austria, in Germania, in Inghilterra, in Russia. […] E per noi, e per gli ascoltatori di tutto il mondo, fu gran ventura ch'egli tanto si staccasse nel sistema e nell’indole dal suo gloriosissimo collega, da formare un tutto a sè. […] Il settembre di quell’anno s’unì alla Compagnia nel Teatro Sant’Agostino di Genova G. […] Invece egli la profondità dell’analisi a tavolino, teorica, sposò con una siffatta grandezza pratica di commediante, da riuscire artista gigantesco nel vero senso della parola.
Plutarco nel libro contra Colote afferma con asseveranza che possano ben trovarsi nel mondo città senza mura, senza lettere, senza re, senza case, senza facoltà, senza moneta, senza teatri, senza ginnasii, ma senza tempi, senza numi, senza oracoli ουδεις εϛιν ουδέ εϛαι γεγονως ϑεατης, nè alcuno la vide nè la vedrà mai. […] Aristotile nel libro I de’ Politici. […] Cesarotti sulla traduzione Inglese di Macpherson, e impressa in Padova nel 1763. […] Vedi la Dissertazione del Dottor Brown sulla nascita, l’unione, il potere, i progressi, la separazione e il corrompimento della Poesia e della Musica stampata in Londra nel 1763. […] Giova quì ripetere ciò che ragionammo nel tom.
Ma capitatogli di dover sostituire l’artista che recitava la parte di Gervesin nel Barchett de Buffalora, egli si trovò già a tale altezza, che parve quasi impossibile toccarne altra maggiore in quel genere. […] Nulla di quel che l’artista vuol significare al pubblico nel suo muto linguaggio si perde ! […] E a vederlo e sentirlo nel Maester Pastizza e nella scena musicale a soggetto, chi crederebbe ch’egli sappia o poco o niente di musica ? […] Chi potrebbe nel sur Càmola, con quelle guancione di ovatta, trovar segni di raffronto colla faccia impresciuttita del maester Pastizza ? E nel Pedrin o Massinelli coll’incomparabile vecchio della scena a soggetto ?
Nobilissimi signori ; Platone nel suo Convivio…. non fu Platone…. […] Lascio il Tabarrino, o Taborino che sia : egli era nel 1570 alla Corte di Vienna. […] Come avrebbe potuto Francesco recitare a Linz nel 1568, se, nato nel 1548, fu dapprima soldato, e a venti anni, cioè nel 1568, fu preso dal Turco, rimanendo schiavo per otto anni, cioè fino al 1576 ? […] Il più delle volte, a dir vero, la differenza non è che nel nome, o nella lingua ; tutto sta a chi le spara più grosse. […] Brami cinque o sei città di quelle che pose Platone nel concavo della luna ?
Questa costanza mirabile nella pelliccia, emblema della ricchezza ; negli stivaloni, emblema della cavalleria, e nel cappello, emblema dell’elevatezza dell’animo, gli permetteva di rappresentare con una certa maestà, e senza brighe di travestimenti, Edipo, Abelardo, Orosmane, Misantropia e Pentimento, Il Burbero benefico ;…. […] La parola guitto è entrata nel gergo teatrale col significato suo proprio, ma non è stata creata in teatro. […] L’adoperò il Varchi nel libro X della Storia, e l’adoperò il Lippi nel Malmantile riacquistato alle stanze 9 del terzo cantare e 54 del cantare undecimo. Risalendo a Guittone d’Arezzo, troviamo un suo sonetto indirizzato a Messere Onesto Guinizzelli da Bologna, nel quale scherza sul nome d’entrambi : vostro nome, messere, è caro, onrato, lo meo assai ontoso, e vil pensando, ma al vostro non vorrei aver cangiato. […] Luigi Anzampamber era lo Stenterello nel 1832 della Compagnia drammatica di Filippo Perini, della quale era prima attore il noto Cesare Pilla (V.), prima donna seria una Ester Franchini e prima attrice brillante Marietta Perini, attempatotta, moglie del capocomico.
Nella Nuova Spagna non solo trovansi gli spettacoli dell’antica, ma la famosa città del Messico può pregiarsi di aver prodotto nel passato secolo uno de’ migliori commediografi Spagnuoli. […] Ma in Lima celebre capitale del Perù edificata nel 1535 da Francesco Pizarro oggi si vede un teatro lodato per la grandezza e per la magnificenza delle decorazioni, nel quale si rappresentano le commedie Castigliane. […] Non si portò egli in Terra-Ferma un anno dopo del Colombo, cioè nel 1499? […] Sa il Lampillas che così ha scritto il lodato Dottore Robertson nel II libro della sua pregevole Storia di America. […] Non trovasi nel Continente Americano la specie de’ leoni Affricani e Asiatici; ma gli Europei diedero il nome di leone a quell’animale che nel linguaggio di Quito dicesi puma, il quale (secondo M.
Di Parma : recitava sotto la maschera di Pantalone ; ed è citato dal Bertolotti fra i comici che nel 1658 abitavano in Roma nel distretto della Parrocchia di San Pietro.
Sposò nel 1833 in Milano, mentre la Compagnia Bon recitava al Teatro Re, l’artista Pietro Monti. […] E la Giulietta non le mostrava solo nella pronunzia, ma nell’incesso, nel piglio, ed in tutt’i movimenti della persona. Un riso caustico, un guardo ironico, un accento risentito anche nel rispetto, un dispettoso silenzio, una loquacità non affettata, la malizia, la civetteria, la curiosità, l’albagia, e la fedeltà delle cameriere, e dell’amore più il puntiglio che il sentimento, più l’epigramma che l’espansione, il passaggio più rapido e più spontaneo dalla indifferenza sardonica alla collera, ed una gradazione mirabile tra il sospetto e la minaccia ; ecco le forme sotto le quali abbiam veduto finora brillarla, ed ecco ciò che la rende degna della lode che qui con ingenua ammirazione le rendiamo.
Francesco Righetti, il noto attore della Reale Compagnia Sarda, si volge nel suo teatro (T. II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui […] « Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
Bartoli – ne’ Teatri di Roma sua patria, dove molto esercitossi nel carattere d’Innamorato, e dove fu molto gradito. […] Si trovò a Venezia nel momento delle scenate che il Sacchi provocò in pubblica prova contro la Ricci (V. […] Scioltasi la Compagnia del Sacchi, ridotta – dice esso Gozzi – per le di lui stravaganze un carcame scarnato, il Benedetti passò colla moglie in altra Compagnia, finchè poi abbandonata l’arte, nel 1780 andò a stabilirsi a Bologna, ov’egli ottenne onorato impiego.
), prima di assumere il carattere di Dottore, avrebbe recitato in quello di Scaramuccia, nel quale appunto avrebbe esordito alla Commedia italiana il 3 marzo 1732 in Colombina, Avvocato pro e contro. […] Sposò Claudia-Simona Audureau, e morì nel suo domicilio, via Beaurepaire, il 26 maggio 1754. […] Tolgo dal Campardon la seguente quartina, pubblicata in suo onore nel Calendario storico dei teatri del 1751 : Le fameux docteur Benozzi nous instruit en nous faisant rire ; c’est la bonne façon d’instruire mais elle n’appartient qu’à lui.
Datosi all’arte drammatica, riuscì prima un ottimo generico primario, scritturato nelle migliori compagnie, quali di Luigi Domeniconi e Romualdo Mascherpa ; poi un buon caratterista ; nel qual ruolo recitò parecchi anni, sinchè eletto direttore della Società Filodrammatica di Terni, abbandonò per sempre le scene. Morì nel 1864. […] Scolare, indirizzatole quand’era il carnevale del 1778 prima attrice nel Teatro Nuovo di Bologna, e che tolgo dal Bartoli : Donna gentil, che le notturne Scene fai sempre risuonar co’ plausi tuoi, e in Socco, ed in Coturno il male e il bene fingi, e proponi sì, che non annoi.
Battista Roti, mancato ai vivi nel precedente settembre. […] Questi, nel 1878, formata società con Ciotti e Bozzo, la tolse dalle scene, e nel 1883 la fermò a Castel San Pietro, ove tranquillamente visse fino al 18 dicembre del 1888, giorno della sua morte.
Espone poscia la loro imperizia nel concionare. […] Al fine come al ciel piacque ci accordammo nel dirlo Fidippide. […] Osò il comico poeta assalirlo nel tempo ch’egli era più rispettato e temuto. […] Anzi nel mio. […] Deliberano di condurlo nel tempio di Esculapio.
Non credo però, che per le mie risposte venga nell’animo vostro alterata, come nel mio non la turbarono le vostre apologie sceniche. […] E non ha avuta la stessa sorte di piacere a’ dotti, e a’ volgari nel resto dell’Europa? […] A mostrare questa sua astiosa ugualmente, che falsissima accusa egli si vale di un passo del Gravina, nel quale si trova quel che il Sig. […] 286.) afferma ancora, che nello scorso secolo, e nel presente gl’Italiani attesero a secondare il corrotto gusto del volgo. […] Ora con tante ricchezze Sceniche gli Strioni abbisognano più dell’Arlecchino, come nel secolo passato?
Si tentò nel 1768 aprir camino ad un’ opera eroica spagnuola originale, rappresentandola alla maniera delle sarsuole. […] Contentiamoci di accennare che pari meschinità di concetti, trivialità di espressioni, abuso ed improprietà di termini si trova nel rimanente. […] Ma l’uno e l’altro spettacolo cessò nel 1776 per sovrano divieto. In Cadice, in Barcellona, in Saragoza, in Cartagena, e talvolta nel Ferol, si è rappresentata eziandio per alcuni anni l’opera italiana. […] Vedi l’eccellente grazioso e robusto opuscolo intitolato la Derrota de los Pedantes uscito in Madrid dall’officina di Benito Cano nel 1789.
Tra coloro che precedettero Tespi vuolsi noverare Arione, il quale, al dire del Patrizi nel lib. […] Ei segnalossi non pure col suo bell’ ingegno nelle Tragedie, ma col suo gran cuore da Capitano in compagnia di Pericle nella guerra, che gli Ateniesi fecero contro quelli di Samo nel terzo o quarto anno dell’olimpiade LXXXIV. […] Agostino nel lib. […] Euripide (dice Quintiliano nel lib. […] A buon diritto adunque il nostro dotto e facondo Gian-Vincenzo Gravina nel lib.
Più noto sotto il nome di Beltrame, da Milano, si recò nel 1600 a Parigi con Flaminio Scala e Isabella Andreini, al servizio di Enrico IV. […] Vi tornò ancora nel 1623 ; e ancora, nel 1625, se ne tornò in Italia, salendo in grande rinomanza non solamente come attore e capocomico, ma anche come scrittore. […] Stampò in Torino nel 1629, e ristampò in Venezia nel 1630 una commedia intitolata L’inavvertito, ovvero Scappino disturbato, e Mezzettino travagliato, che dedicò « alla sereniss. […] Comunque sia, lo Stordito è più che ispirato all’opera italiana, la quale ebbe tanto favore che restò nel repertorio lungamente, modificandosi poi coll’andare del tempo nelle improvvisazioni de’ comici più o meno intelligenti. […] L’incisione del Joulain, che è nel Riccoboni, è modellata sulla maschera della Supplica qui riprodotta.
E nel pieno fiore delle sue speranze mori a Matelica, la mattina del 27 settembre, alle ore tre, pronunziando a stento col labbro agonizzante il nome di personaggi drammatici che gli rammentavano i suoi più lusinghieri trionfi…. […] Il povero Olinto vivrà però lungamente ancora nella memoria degli amici fedeli, e nel compianto del pubblico italiano. Paolo Ferrari dettò, in nome della vedova, la seguente iscrizione che trovasi nel monumentino erettogli in Firenze a San Miniato al Monte : OLINTO MARIOTTI FIORENTINO COLTIVÒ LE LETTERE SCRISSE PEL TEATRO FU ARTISTA DRAMMATICO APPLAUDITISSIMO ALLE DIFFICOLTÀ DELLA VITA OPPOSE ANIMO SALDO VOLONTÀ PERTINACISSIMA AVEVA VINTO COMINCIAVA A GUSTARE LE GIOIE DELL'ARTE DEGLI AMORI DELLA FAMIGLIA QUANDO TRENTENNE APPENA IL DÌ XXVII SETTEMBRE MDCCCLXXIX MORÌ IO LAURA TESSERO VEDOVA DI LUI GLI POSI QUESTO RICORDO DEL MIO AMORE DEL MIO DOLORE IL NOVEMBRE MDCCCLXXX Marliani Giuseppe, piacentino. […] Fu il Marliani istruito nell’arte comica da Alessandro d’Afflisio Innamorato di merito ; e però in Venezia ballava di giorno co'suoi compagni e colla moglie, in un casotto nella Piazza di San Marco, e la sera recitava con gli stessi nel Teatro di San Moisè, esercitandosi nella maschera di Brighella.
A sciogliere la lite di precedenza fra esse, appariscono Apollo nel suo Parnasso coi Poeti ed Aristotele, il quale le affida a Felsina sovraggiunta sopra un carro trionfale, acciocchè essa decida del merito di ciascuna ; la quale dando termine a questa introduzione, così favella : Pregiate Donne, se alla vostra lite Sorta sol per aver la precedenza Delle vostre virtù rare, infinite, Bramate fine impor con gran prudenza : Meco omai, che son Felsina, venite Che m’offero condurvi alla presenza De'saggi figli miei, da'quali avrete Giudizio, onde contente alfin sarete. […] [PAGE 153 MANQUANTE] l’importanza di una dizione drammatica, accentuata e vibrata nel canto, e rivelandole poi i misteri della Commedia improvvisa, nella quale essa fece in breve sorprendenti progressi. […] Così il Kurz nel preavviso di tal commedia raccomandò la moglie all’ indulgenza del pubblico : « La signora Teresa Kurzin si mostrerà maestrevolmente in tutti quei caratteri che una perfetta attrice è capace di rendere. […] Il Kurz rimasto vedovo il 15 giugno del 1755, sposò la Morelli nel 1758, poco avanti all’esordire di lei.
Non ancora spirato il secondo anno di studj, s’era nel 1833, il futuro avvocato, appassionatissimo dell’arte, in cui ebbe lezioni, dicono, dalla celebre Pellandi, e in cui fece prova eccellente nella filodrammatica della sua patria, si scritturò primo attore nella Compagnia di Marco Fiorio, di cui era prima attrice Carlotta Polvaro, vedova del brillante Angiolini, la quale egli sposò dopo alcun tempo. […] Si fece poi capocomico, ora solo, ora in società col brillante Cesare Marchi, col quale stette sino al 1859 (la moglie era morta nel '51). […] Il Colomberti dice che mentr'era nella Compagnia di lui il 1859 come generico primario, lo vide eseguir molto bene Saul, Egisto nell’ Agamennone, Zambrino nel Galeotto Manfredi (questa dello Zambrino era rimasta, ricordo, un suo caval di battaglia degli ultimi anni), e i drammi Luigi XI, Il Cittadino di Gand, e La colpa vendica la colpa. […] Costetti ne' Dimenticati vivi ci fa sapere che nel palazzo del Conte di Montecristo (il Pezzana ricorreva, costretto, alla risorsa della famosa quadrilogia), tutto il lusso orientale di lui consisteva in due moretti di stucco, che reggevano ciascuno un candelabro, e in un braciere di coccio dorato da cui usciva un fumo, poco voluttuoso, di mirra e di incenso, tal quale nelle chiese al momento della benedizione del Santissimo.
Amlet dopo varie domande risolve di recarsi nel luogo dove apparve. […] Ora l’avvelena nel giardino, per usurpargli lo stato . . . […] Il nostro legno poco veloce ci obbligò a porre tutta la nostra speranza nel valore; gettaronsi i rampiconi; io prima di tutti saltai nell’imbarcazione nemica, la quale nel tempo stesso si dispiccò dalla nostra, ed io rimasi solo e prigioniero. […] Fatto ciò, chiuso di nuovo il plico, lo ripose nel luogo stesso, senza che siasene osservato il cambio. […] Amlet confessa ad Orazio di sentir qualche cosa nel suo cuore che l’affanna.
« Fra i comici, che divertivano la Corte di Mantova nel gennajo 1606 – avverte il Bertolotti – è nominato Flavio Scala, il quale era ricercato da G. […] E nel Rescritto della Cancelleria è detto : Scrivere a Reggio e a Carpi. […] Luigi Riccoboni nel capitolo quinto della sua Istoria del Teatro italiano, parla a lungo di queste favole dello Scala. […] Della eccellenza di Flaminio Scala nel recitare e nel dirigere abbiam testimonianza amplissima in alcune lettere dell’Archivio di Mantova, ch'ebbi per gentile comunicazione di Stef. […] S., et in vero credetti poterlo fare, perchè vedevo quasi tutti alborottati et con molte difficultà nel mantenersi uniti, come è solito de Comedianti.
Ella, scioltasi amichevolmente dal Moncalvo, accettò la scrittura, ed esordì a Milano al Re Vecchio, teatro d’importanza massima a quel tempo, nel dramma « Un fallo » (rappresentato poco innanzi con gran successo dalla Ristori) sollevando all’entusiasmo il pubblico che le diede il battesimo di grandissima. […] Ella sola col padre era rimasta, ma non mai abbandonata ; chè tutti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia facevano a gara nel prodigarle affettuose cure. […] Della morte di lui, avvenuta il 21 aprile 1875, fu desolata e se ne mostrava ognora inconsolabile…. e quando io le domandai come potè lasciar l’arte nel colmo della gloria, e nel fior della giovinezza, senz’ ombra di rimpianto, ella infiammandosi e piangendo sclamò : « Non mi lasciò il tempo a’rimpianti ! […] Per riparare in qualche modo alla sua insufficienza, l’Attrice suddetta ha scelto un nuovissimo interessante e morale dramma mai esposto in questa Città, scritto da celebre Autore, tratto da un fatto vero successo in Francia l’anno 1832, e tradotto da dotta penna nel nostro idioma. […] Gaetano Benini, Cesare Marchi Ecco quel poco che v’offre l’Attrice Fusarini a quel molto che voi meritate ; accettatelo con quella grandezza d’animo che tanto vi distingue ; beneficatela, proteggetela, e siate certi che nel di lei cuore resteranno scolpiti i vostri nomi, la vostra patria, i bene ficj vostri.
Su tal proposito il Gherardi, in una nota alla fine di essa, che è nel Tomo II del suo Teatro italiano, lasciò scritto : Questa commedia non ebbe alcun successo tra le mani del fu signor Domenico. […] Ma io protesto che lungi dall’esser mai montato in superbia per si rare qualità, io le ho sempre considerate effetti della mia buona stella, piuttostochè del mio merito ; e se alcuna cosa ha potuto lusingar l’animo mio in tali congiunture, ciò non fu che il piacere di sentirmi applaudito dopo l’inimitabile signor Domenico, il quale ha portato si alta l’eccellenza della goffaggine nel carattere di arlecchino, che chiunque l’abbia visto recitare, troverà sempre alcun che da osservare ne’ più famosi arlecchini del suo tempo. […] Il Gherardi recitò alla Comedia italiana fino alla sua soppressione che fu nel 1697. […] E la ragione di tale impossibilità è così descritta dal Gherardi stesso nel principio della premessa all’opera sua : Non si creda di trovare in questa raccolta delle intere comedie, poichè la comedia dell’ arte non potrebbe essere pubblicata distesamente. […] Ma la loro irragionevolezza sta nel fatto che i novecento esemplari depositati presso il collega Ottavio (Gio.
Da'secondi amorosi passò ai primi, finchè, nel 1835, sposata Giulietta Alberti, sorella del brillante Adamo (V.), entrò con lei e col cognato nella Compagnia dei Fiorentini, per sostituirvi l’egregio amoroso Giovan Battista Gottardi (V.), di cui non potè sì facilmente cancellar la memoria, a cagione, in ispecie, della voce aspra e nasale. […] Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte. […] Egli non era stato fatto artista dallo studio, ma creato tale da Dio ; e però di quanto il genio soprasta gl’insegnamenti delle scuole, di tanto il Monti, nel signoreggiar gli animi dei suoi spettatori, superò gli altri artisti. Regolari ed espressivi furono i lineamenti del suo volto, vivi gli occhi e nerissimi, proporzionate ed armoniche le forme della persona, e la sua voce, la quale nella conversazione comune era d’un metallo piuttosto spiacevole, nei momenti poi di passione e di concitamento di affetti acquistava tanta drammatica energia, metteva tali suoni, da scuotere prepotentemente le fibre dei suoi uditori. – Quando un carattere, un personaggio, lo avevano commosso ed interessato, Monti non temeva rivali nell’ immaginarselo col pensiero e nel dargli una forma sulla scena. Egli allora non fingeva più ; ma per uno sforzo di fantasia, di cui solo conosceva il segreto, s’immedesimava, si trasfigurava nel personaggio, che aveva preso a ritrarre, illudeva in somma sè stesso prima d’illudere gli altri ; e quindi, piangendo, tremando, rallegrandosi davvero, senza obliar mai quel bello ideale, che la mano stessa del Bello eterno gli aveva stampato nell’anima, costringeva gli spettatori a piangere, a tremare, ad allegrarsi con lui. – Era tanta la potenza del Monti nel trasfondere, dirò così, in sè stesso il soggetto da lui rappresentato, che spessissime volte, calato il sipario, egli rimaneva come stupito e fuori di sè, e visibile era il suo sforzo per passar da quella esistenza creatasi con la fantasia, nell’esistenza sua propria.
Forse per brevità questi aveva mutato in quel di Reiter il nome di Reiterer, lasciatogli dal padre, tedesco, uno de' più fidati del Duca di Modena, dal quale anche fu mandato a Vienna con missioni segrete, e si dice vi accompagnasse il Conte Tarrabini, Ministro delle Finanze Estensi, in qualità d’interprete : nel 1859, fedele al Padrone nella prospera e nell’ avversa fortuna, seguì a Vienna il Duca, ed ivi morì nel 1880, d’anni 78, lasciando tra altri il figliuolo Carlo, padre della piccola Virginia, che educò alla Scuola di Carità dalle monache figlie di Gesù. […] Nel suo riso squillante è una giocondità viva e sincera, nel suo pianto sono solchi profondi di dolore, strazi di anime, a cui si avvince la folla dominata. […] L'ho ricercato nel testi classici e nei semi-storici o romanzeschi ; e così, a poco a poco, prima delle parole della parte, ho imparato a memoria, dirò così, una figura che mi pareva assomigliare alla Imperatrice romana. […] Veramente, oggi che l’arte drammatica mostra di tendere alla radicale rinnovazione del dramma storico, mirando in ispecial modo alla ricostruzione fedele dell’ambiente, la Messalina di Pietro Cossa, che pur segnò al suo apparire un sì gran passo nel progresso della scena, non mi pareva tale da invogliare un’artista a infonderle nova vita. Nè tale mi pareva, anche, perchè trattavasi di dramma storico, del quale abbiamo ancor nella mente e nel cuore il ricordo della interpretazione magnifica che ne diede la geniale trinità Marini-Tessero-Pezzana.
Bartoli — di una Comica Compagnia per molti anni e recitò nel tempo istesso con grazia ne'caratteri caricati…. Fu scrittore di commedie, tra cui La Fannì, pubblicata per le stampe, e viveva ancora nel 1783.
E tanto co’suoi modi, col suo ingegno, colla sua rettitudine aveva saputo acquistarsi la benevolenza della Corte, che dietro sua proposta i comici italiani poteron dare nel carnovale del 1735, mentre il Re era a Varsavia, nella prima anticamera de’Grandi appartamenti ufficiali, nel palazzo di Dresda, piccole rappresentazioni e intermezzi, davanti ai principi e alla principessa, sotto la direzione di Giovanni Alberto Ristori ; rappresentazioni che attenuarono temporaneamente le ristrettezze penose de’poveri artisti. […] Dallo studio del barone ö Byrn sui Comici italiani alla Corte di Polonia e di Sassonia, si apprende come, nel 1748, la sola Marianna Bertoldi col figlio Antonio, l’Arlecchino, prendesse parte alle rappresentazioni straordinarie di Varsavia per l’inaugurazione del nuovo teatro, che fu il 3 agosto, onomastico del Re.
Figlia di Gaetano Martini di Pisa, capocomico e brillante (il de era usurpato) e di Anna Loddi di Siena prima attrice, cominciò a recitar bambina come tutti i figli d’arte nella compagnia del padre, scritturandosi poi quand’egli smesse il capocomicato con Cesare Astolfi in qualità di amorosetta sotto la Fanny Sadowsky, con la quale la troviamo ancora nel 1853 prima amorosa al fianco di Giuseppe Peracchi, primo attore, che diventò poi suo marito. Dalla Compagnia Astolfi entrò in quella di Domeniconi prima donna giovine sotto la Fumagalli, a vicenda con la Zerri-Grassi, per passar poi prima attrice assoluta nel ’59 con Ernesto Rossi, e nel ’62 con Bellotti-Bon.
Il Goldoni nel Tomo IX del suo Teatro (ed. […] La sua troppo piccola statura gli fu di qualche svantaggio, nè potè nel suo carattere d’innamorato interamente brillare. […] Ragù, pasticci, fricandò lasciamo al Medebacche, al Falchi, ed al Magnano, dice Carlo Gozzi nel ditirambo pel Truffaldino Sacchi (op.
Fece rappresentare nel '70 una commedia intitolata Le Gentilhomme campagnard, ou les Débauches d’Arlequin. Sposò Patrizia Adami (V.), servetta col nome di Diamantina, insieme alla quale fu naturalizzato francese il 16 giugno del 1683, e si ritirò dal teatro, a cagione dell’età e de'malanni, nel 1694, con una pensione di mille lire, sostituito da Marc’Antonio Romagnesi, che avea recitato sin allora gli amorosi. […] Angiolo Lolli morì a Parigi nel suo domicilio, rue du Croissant, il 4 novembre 1702, e fu sepolto l’indomani nella chiesa di Sant’ Eustacchio.
Leandro sosteneva le parti di Tempo nel Primo Intermezzo, di Po e di Giove nel Secondo, di Giove nel Terzo.
Recitò la prima volta a Chioggia, nel '49, in una brevissima parte, a beneficio di una compagnia d’infimo grado, ed esordì, comico, lo stesso anno a Mestre nella Compagnia di Giovanni Battista Zoppetti, in cui stette due mesi per passare in quella di certo Bosello. […] Aveva sposato nel '61 la diciottenne Emilia Cavallini, padovana, attrice egregia per le parti di seconda donna, e adornata di bellezza singolare, che gli morì nel settembre del '78 a Catanzaro.
Questa mia opera• dei comici italiani • voglio consacrata • al nome di mia moglie • TERESA SORMANI • che da quindici anni • collaboratrice fedele e costante • leva in alto il mio spirito • confortandomi nel lavoro • sostenendomi nelle lotte • gli ostacoli rimovendo o attenuando • con intelligenza rara di donna • con amore di sposa profondo • incomparabile. nel dì del suo nome 15 ottobre 1896.
Il discorso è valido anche nel senso opposto ovviamente. […] di Racine nel Mitridate; il Vous pleurez! […] Dànno nel primo quelli che della versificazione non s’intendono punto; e dànno nel secondo quelli che dalla forza del verso si lasciano, per dir così, strascinare. […] Il naso si ritira nell’odio, si arriccia nel furore, si affila nel timore, si prostende al dolore. […] Essi preferiscono tanto la natura ordinaria nei caratteri, nel contegno e nel tuono, che hanno quasi proscritto la straordinaria e l’eroica, che è la scelta e migliorata dall’arte.
Passò da Venezia, ov’era vestiarista teatrale, a Trieste nel 1830, e quivi formò società coll’attrice Luigia Petrelli, lasciando al marito di lei la direzione della compagnia. Cessata l’impresa, s’impiegò a Trieste nel Teatro dell’Armonia, ov’era ancora il 1860.
« Brava attrice, che recitò con gran franchezza nel carattere della serva, e che fu nelle Compagnie di Venezia molto applaudita. Il di lei spirito fu veramente inimitabile, e prevalse a qualunque altra che recitasse nel suo carattere a' tempi suoi.
Sorella di Giuseppe Antonio Balletti, nacque a Ferrara nel 1686, ed esordì alla Commedia Italiana il 18 maggio 1716 nella Compagnia detta del Reggente, formata da suo marito Luigi Riccoboni detto Lelio, sostenendovi le prime amorose, le servette, e le parti a travestimenti, sotto il nome di Flaminia. […] Scrisse con de Lisle, e fece rappresentare con non molto successo a la Commedia Italiana, nel 1726 e 1729, Il Naufragio e Abdilly, Re di Granata. Abbandonò il teatro col marito nel 1729 con una pensione di 1000 lire, per rientrarvi poi il 10 aprile 1731, con parte intiera, a condizione di rinunciare alla pensione, che non le fu restituita fuorchè il 29 marzo 1752, epoca del suo definitivo riposo. […] L’Ademollo (Una famiglia di comici italiani) pubblica ancora alcune poesie di lei che sono nella raccolta edita a Venezia nel 1726 dalla Bergalli, moglie di Gaspare Gozzi, senza data, nè altre indicazioni. […] Si volle da alcuno che tra il Maffei e la Flaminia fosse una corrente di simpatia, rafforzando l’opinione nel fatto che il Maffei seguitasse la Compagnia, intervenendo in molte città alle recite della sua Merope.
Nacque a Bergamo nel 1832, e, terminati a pena gli studi ginnasiali, entrò aspirante nel Tribunale di prima istanza ; ma, perseguitato dal governo austriaco pei suoi sentimenti patriottici, fu costretto ad esulare, e consacrarsi alle scene, esordendo nell’autunno 1852 con la drammatica compagnia di Nicola Cola. Venuto a mancare il primo attor giovane in Compagnia Domeniconi, egli fu chiamato a sostituirlo, facendo subito bella prova con la parte di Emanuele nel Segreto. […] Tentò il capocomicato in società con Federigo Boldrini, ma con poca fortuna ; e si scritturò, terminato l’anno, e per un triennio, con Giuseppe Trivelli, col quale ebbe la fortuna di recitare al fianco di Gustavo Modena, sostenendo le parti di David nel Saul, di Nemours nel Luigi XI, di Lowendegen e del Duca d’Alba nel Cittadino di Gand. […] Le stesse Nafissa vecchia ed Angelica cortigiana si può asserire che non sono come tutte quelle altre infinite cortigiane e vecchie della scena italiana. » Alla fine di essa è un suo sonetto, non brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la 3ª dell’atto II), la quale ci darà meglio un’idea dello scrittore e dell’artista : III Pocointesta & Gratiano Poc.
Figlia di Pietro Rosa, e moglie del ballerino Menicucci, che, fattosi poi comico, lasciolla vedova nel 1780. […] Sappiamo solo che recitava le parti di donna seria, e che fu con la Battaglia, col Camerani, col Sacco ; da cui passò in una Compagnia vagante, ove trovavasi ancora nel 1781.
Battaglia Carlo), non aveva compiuto i quindici anni, quando nella Compagnia di sua madre e del patrigno Francesco Toffoloni, entrò a sostenere il ruolo di prima donna ; nel quale tanto e in sì breve tempo s’innalzò, che Salvatore Fabbrichesi la scritturò nelle veci di Anna Fiorilli Pellandi, quando questa s’unì in società con Paolo Belli-Blanes : e seppe la Cavalletti vincere allora con l’arte sua calda e spontanea la reluttanza del pubblico milanese che credeva di dover sempre sentire la mancanza della celebre artista. […] Doventò in quel tempo sposa di Alberto Tessari, ottimo padre nobile e tiranno tragico ; e fu con lui scritturata dal Fabbrichesi pe’ Fiorentini di Napoli, ov’ ebbe dapprima le più schiette attestazioni di stima, terminando col suscitare il più spontaneo entusiasmo, e specialmente nell’Ambiziosa del Nota, nella Matilde del Monvel, nella Medea del Ventignano, nei Baccanali del Pindemonte, nel Sospetto funesto del Giraud, nel Matrimonio di Carlo Goldoni del Righetti. […] Spese somme favolose nel vestire così all’antica, che alla moderna. […] alla sublime attrice la signora CAROLINA CAVALLETTI TESSARI che in giovanile età sostenendo il carattere di prima donna su le scene del teatro valle nel carnevale dell’anno 1815 ha riscossi plausi veraci ed universali per la rara maestria nella difficil arte della declamazione ODE Qual su i mattin d’Aprile Vola di fiore in fior La breve Ape gentile Formando il suo tesor ; Su la vetta Dircea Talìa rivolge il piè La Primavera Ascrea A impoverir per te.
Trascrivo da Francesco Bartoli : Bravo ed esperto commediante, che da molti anni recita in Fiorenza nel teatro della Via del Cocomero con la comica compagnia da Giovanni Roffi diretta. […] È poeta improvvisatore, e riuscirono graditissime le di lui ottave, cantate una per ciascheduna delle sue recite nel suaccennato Teatro. […] Viveva egli dunque ancora nel 1782. […] Bonamici, un altro volume di ottave cantate nel Teatro di S. […] Se glorifica in parte i versi miei, nel giubilo del sen farò che sia gloria del suo bel cor la gloria mia.
Scelto dal Riccoboni per la Compagnia del Reggente, si recò il 1716 a Parigi, ed esordì alla « nuova Commedia italiana » nel teatro del Palais Royal (le riparazioni dell’ Hôtel de Bourgogne non erano ancora compiute) il 18 maggio nell’ Inganno fortunato (l’heureuse surprise), commedia a soggetto in tre atti, che il pubblico trovò assai buona, e in cui erano intercalate alcune scene tratte da altra commedia spagnuola : Visentini vi fu magnifico in quelle del Pittore. […] Tommasino suscitò le più schiette ilarità e i più vivi applausi nell’ uditorio ; il quale, sentitolo poi, non ebbe più il coraggio di burlarlo, e gli permise di continuar nel suo tuono naturale di voce. […] Le signore, senza le quali tutto langue, contente di piacere nel lor linguaggio naturale, nè parlano il nostro, nè lo intendono : come ci amerebbero esse ? […] I fratelli Parfait nel lor Dizionario de' Teatri gli dedican parole di molta lode, riguardandolo come compatriotta, e dicendo ch'egli ha fatto un uguale onore alla Francia e all’Italia, degno veramente di occupar la scena con Silvia (V. […] Pour doubler Gherardi, morto nel '700 ?
“A provarlo (egli dice) si posson recare alcuni bei monumenti tratti dagli Statuti della Compagnia de’ Battuti di Trevigi eretta nel 1261, e pubblicati dal più volte lodato sig. conte canonico Avogadro (Memorie del b. […] Andres, nel dire che nelle tragedie del Mussato vide Padova i primi saggi di tragedia, voleva pienamente far trionfare la verità e la buona fede, dovea alla parola Padova sostituire quest’altra, l’Europa; giacchè a’ que’ di in niun altro paese Europeo videsi una tragedia simile a quelle di Albertin Mussato. […] Lo stesso Ferdinando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sapere del Cotta o del Mena chi avesse composto quell’atto I. […] Al Capo V, pag. 80, lin. 9, dopo le parole, nel secolo seguente per altra mano, si apponga la seguente nota (1).
Gaetano fu allevato a Desio vicino a Milano, poi nel Collegio Boselli, il miglior convitto di Lombardia, d’onde a dieci anni uscì, compiuti i suoi primi studi d’italiano e tedesco, per entrare, dopo un anno di preparazione al latino nella Scuola privata Gay, nel Collegio vescovile di Castiglion Fiorentino, all’intento di farvi il corso di filosofia. […] Acquistatosi una bella rinomanza, si unì in società con Luigi e Antonietta Robotti, di cui sposò nel 1851 la figlia Luigia, prima attrice giovine. […] Un giorno egli stesso confessò che si sentiva quasi un vuoto nel cervello e non gli riusciva d’imparare una parte nuova. » La testa di Gaetano Vestri era enorme.
Fu prima nella Compagnia di Nicodemo Manni in Lombardia e in altre provincie d’Italia, applauditissimo nel carattere brillante di francese italianato, di cui fu inventore il Canzachi (V.), ma che il Vieri, fiorito assai tempo dopo, rinnovò senza l’esempio di alcuno. […] Viveva ancora fuor dell’arte nel 1781.
Recitarono poi nel ’21 a Pillnitz e nel ’30 nel teatro presso il villaggio di Streumen, durante il soggiorno della Corte a Zeithain.
Fracanzani Camillo, bolognese, cominciò a recitar parti di prima donna nel Teatro de’ Nobili Felicini, con certo Maccaferri sellaio, poi comico anch’egli, e dice Fr. […] Gertrude, separatasi dalla famiglia, si recò nell’Istria con una compagnia nomade, poi di là nel Teatro S. Angelo a Venezia, ove morì a trent’anni circa nel carnevale del 1782.
Passò da questi con Romualdo Mascherpa e collo stesso ruolo ancora per un triennio, dopo il quale abbandonò il teatro per andare a sposarsi con un signore di Padova, ove morì nel 1860. […] Pochi, dinanzi al pubblico, gli si accostarono nella declamazione di Polinice, di Egisto nell’Agamennone, di Pilade nell’Oreste, e sopr’ a tutto del protagonista nel Saccente, commedia tedesca, in cui egli, di prodigiosa memoria, citava di continuo in otto o dieci lingue tramorte e vive e con corretta pronunzia, nomi e fatti di storia, di letteratura, di mitologia, di arti, di scienze, di lettere. […] Lasciata l’arte si diede a fare il maestro di recitazione ; e tale lo vediamo il ’46, accademico onorario de’ filodrammatici di Siena, nel qual tempo diede alle stampe co’ tipi del Mariani a Firenze, e dedicò alla incomparabile attrice Adelaide Ristori, alcuni Cenni sopra l’arte drammatica.
La vediamo molto applaudita a Bologna nel 1634, specialmente in una sua fatica, La Pazzia, forse la stessa d’Isabella, rimaneggiata e ammodernata. […] Imprudenza è però del mar sonante fidar un sì bel volto al dubio impero : forse non temi il mar benchè sia fiero, perchè stelle propizie hai nel sembiante ? Deh ferma quelle stelle un sol momento, chè se son belle, erranti, ancor non meno belle tu le vedrai nel firmamento.
Tatarone, ossia, vecchio che vuol fare il tata, il mimmo, parlando con favella mozza, infantile ; fu soprannome d’un comico bolognese, che recitò nelle migliori Compagnie con la maschera del Dottore,« e si mostrò – dice Francesco Bartoli – grazioso insieme ed erudito nel sostenere il carattere del suo secondo vecchio, parlando con assiomi latini, e facendosi distinguere per ottimo commediante. Morì nel 1750 circa. »
Nessuno meglio di Luigi Rasi poteva assumersi, con certezza di riuscire appieno nel suo alto e nobile intento, un còmpito simile. […] Se Ella desiderasse delle notizie su personaggi che abbiano avuti rapporti colla Corte bavarese e che non siano menzionati nel mio studio sui Comici Italiani, io farò tutte le ricerche. […] Nessuno poteva essere più competente di Luigi Rasi a far entrare il pubblico nel mondo teatrale. […] Questo il valore vero dell’opera del Rasi – tanto diverso dai dizionari biografici consueti ; – questo il motivo per cui ogni biblioteca, anche privata, che si rispetti, dovrebbe contarla nel proprio elenco. […] L’importanza dell’opera nel contenuto, e dell’opera la bellezza nelle forme, ha diritto a uno studio, accurato e completo, degno ; e sarà fatto certamente, non solo come omaggio al risultato che il Rasi va ottenendo, ma anche come dovere di studiosi.
Dell’ingresso in arte di lui discorre il Paese di Pistoia del 15 ottobre 1887 in un articolo firmato X, nel quale è detto ch’egli cominciò a fare il commediante in una compagnia comica che recitava al Teatro del Cocomero (oggi Niccolini) di Firenze. […] E ciò fu nel 1830 all’età di ottant’anni : e si racconta, che dovendo egli salire sur una tavola, e non riuscendovi, a uno del pubblico che gli disse forte esser quella troppo alta per lui, rispondeva : « no, sono le quattro ventine che mi pesano. […] Io non beffo, goffo, buffo, se ti azzuffo per il ciuffo presso al baffo, quel tuo ceffo t’abbaruffo, e per caffo nel rabbuffo ti do il tuffo. […] C’è qui dell’inesattezza, avendo nel ’21 il Del Buono già da quarant’anni creato la sua maschera ? o forse il Fracanzani, caratterista allora al fianco di Luigi Vestri, aveva, quarant’anni prima accennato con insuccesso a quella maschera, affermata poi nel suo maggiore sviluppo dal nostro Del Buono ?
Entrato in arte, si diede anch' egli al ruolo dell’ innamorato, nel quale fu molto apprezzato, specialmente per le parti spigliate. Fu a Napoli più anni ; poi entrò nella Compagnia della Tesi col fratello, con cui era sempre nel 1781.
Rossi Felicita, livornese. « Fu impiegata nel carattere della serva per molti anni nel Teatro a San Luca.
Afflisio (D') Moreri Elisabetta), quand’ella cadde dall’alto nel far il volo. Tornò con essa in Lombardia, poi restituitosi a Roma, vi morì nel 1773.
Leonesi Alamanno, bolognese, dopo essere stato applauditissimo filodrammatico, andò nel 1825 con Fabbrichesi in qualità di padre nobile a sostituir De Marini ne'suoi riposi. Morto il Fabbrichesi, passò con Angelo Rosa, poi con altri, sinchè affari di famiglia nol richiamarono a Bologna, ove cessò di vivere nel 1840.
. – Venuto a maturità, prese il ruolo del padre nobile, nel quale riuscì attore non meno pregiato. Sposò la vedova di Giovanni Bazzi, la celebre Maria Anna, e con essa andò a stabilirsi nel 1849 a Firenze, ove, pochi anni dopo, morì.
Le storie ragionate che per mano della filosofia si conducono per le varie specie poetiche, e singolarmente teatrali, non sono dettate per appagar soltanto una sterile curiosità: ma racchiudono in se mai sempre una Poetica a ciascuna corrispondente, ed una Scelta de’ più cospicui esempli de’ progressi e delle cadute che vi si fecero in diverse epoche; la qual cosa per lo suo peggio veder non seppe nella mia Storia teatrale certo picciolo autore di un tumultuario Discorso accompagnato ad un Pausania meschina tragedia obbliata ed estinta nel nascere. […] Da prima io avea condotta quest’opera sino al 1789 nella prima edizione napoletana in sei volumi in 8; e dopo alcuni anni ne pubblicai nel 1798 un altro di Addizioni. […] Per queste mie terze cure l’edizion vostra porterà seco non poche novità nella storia tanto perchè vi s’inserisce quello che nel 1798 (che non passò oltre delle Sicilie per le luttuose vicende di Napoli) quanto per le molte altre cose notate ne’ primi cinque anni del secolo XIX sul Rodano, sulla Senna e nel l’Alta Italia. […] I veri filosofi, i veri letterati ben sanno la prestanza e l’utilità di un genere di poesia, onde si attende la pubblica educazione, siccome credo di aver dìmostrato nel discorso seguente premesso a questa mia storia. […] Eschine competitore in eloquenza di Demostene, Archita capitano, Neottolemo favorito del macedone re Filippo, e Aristodemo ambasciadore in Macedonia, furono nel numero de’ rappresentatori.
In questa specie di commedia per la legge divenuta più ingegnosa e dilettevole, il Coro, nel quale più che in altra parte soleva senza ritegni spaziare l’acerbità e l’acrimonia, fu tuttavia satirico e pungente. […] Ciò rilevasi da’ frammenti che se ne sono conservati, de’ quali alcuni ne riferii con mia traduzione nel tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie. […] Ma se Eupoli fu la vittima del risentimento del Governo nel tempo della commedia antica, Anassandride lo fu nella mezzana, perchè avendo osato motteggiare del Governo contro i divieti, gli Ateniesi lo condannarono a morir di fame. […] Questo poeta di vantaggiosa statura amico di vestire pomposamente e di cavalcare, fu così altiero, che soffriva con impazienza che le sue favole rimanessero superate nel certame, e tal dispetto ne concepiva che incontinente le lacerava. Dal conoscersene però più delle dieci coronate, sembra verisimile quel che col l’autorità di Camaleone asserisce Ateneo nel libro IX, cioè che non prima che pervenisse alla vecchiaja, avesse cominciato ad aver tanto a sdegno l’esser vinto.
Biancolelli Giuseppe Domenico, figlio della precedente, più noto in Francia col solo nome di battesimo « Dominique, » nacque a Bologna nel 1646 secondo i più, compreso lo Jal ; tra il’37 e il’38 secondo Carlo Cantù (Buffetto), il quale nel citato Cicalamento ci avverte aver avuto Menghino, il minor figlio d’Isabella, al 1645, sette anni e mezzo. Ed è il Cantù che lo chiama Domenico Giuseppe ; e Domenico Giuseppe è chiamato nel ritratto di Ferdinand che qui riproduciamo, mentre lo Jal non sa del secondo nome capacitarsi, non avendo mai trovato il Biancolelli, in quanti documenti abbia veduti, firmato se non col primo. […] Non mi fu dato rintracciare il titolo della commedia colla quale egli esordì : si sa solo che il primo Zanni della compagnia era Locatelli (Trivelino), e il secondo Biancolelli ; che, recitando con istraordinaria verità, finì col vincerla sulla recitazione raffinata, ma un po’manierata di Trivelino ; morto il quale, nel 1671, egli ne prese il posto, conservando la maschera di arlecchino, e diventando in breve l’idolo del pubblico. […] … — Nè a queste intimità si fermò la degnazione sovrana, chè Luigi stesso volle essere il padrino del primo figliuolo di Dominique cui fu messo il nome di Luigi, e che, entrato giovanissimo nella milizia, morì nel 1729 a sessant’anni circa, in Tolone, direttore delle fortificazioni nel dipartimento di Provenza, e cavaliere dell’ordine militare di S.
Trautmann, I Comici it. in Baviera, e Albert Cohn, Shakespeare in Germania) : e nel Registro di spese del Cardinal Luigi D'Este, si trova una partita per donativo di sei ducati pistolesi a Tabarin comediante italian, che secondo il D'Ancona apparterrebbe al febbrajo del '71. […] E apparteneva a questa famiglia, o era lo stesso del '59, quel Tamborino o Tabarrino ciarlatano savojardo nel giornale manoscritto del Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre del '69 pubblicamente nel largo della Piazza di Castello a Napoli, fatta nel suo banco una scena, vi faceva recitar da dieci persone e a tutte sue spese comedie ; e pel concorso grande che vi era senza pagare, vendeva una conserva di ginepro, che era contravveleno ? […] Secondo lui, riferito dal Petrai nel suo Spirito delle maschere, egli era il bastardo di un cardinale romano ; cosa che sua madre riuscì a tenergli nascosta sino a ch' ei non ebbe vent’ anni. […] Il Sand discorre di un tipo, esistito a Bologna fin oltre il 1850 e passato poi nel dominio delle marionette, che rappresentava un vecchio mercante di circa sessant’ anni, ignorante e orso, col nome di Tabarino, il quale soleva cominciar le frasi in italiano e finirle in dialetto bolognese. « Padre quasi sempre di Colombina e alleato del Dottore, egli era – dice – il Cassandro o il Pantalone bolognese.
Fu tra gli attori che recitarono nel Carnevale del 1744 al S. Carlo di Napoli, La Contessa, commedia del Barone Liveri ; vi fece il Napoletano ; e napoletano lo troviamo nel Gianfecondo di esso Liveri.
In un discorso dell’Arte Comica, dato in luce nel 1750 da un certo Dottore, medico di professione, fu chiamato un altro Roscio de’ nostri tempi. […] Morì a Roma nel 1746, sostituito al Teatro Valle da Francesco Barese.
Lasciamo però simili argomenti, e ripetiamo le parole del passo addotto nel Saggio. […] Il Signorelli ha forse nel suo Libro contraddetto a tal dottrina? […] Saverio, non fecero in voi impressione nel 1777. quando s’impresse la Storia de’ Teatri, come non vi scossero nel 1779. quando uscì il bellissimo Poema didascalico della Musica del Signor D. […] per non tradire l’oggetto della Drammatica d’insinuar col finto bene imitato le verità morali nel Popolo. […] Henry Cavaliere Irlandese, e trovasi nel T.
Esordì a Milano sul finire del ’63 con Cesare Marchi nel teatro della Stadera ; e nonostante un fisico non de’più eleganti, era piccola e grassa, fece subito buona prova, dando speranza di forti e immediati progressi. […] Ma se l’arte le arrise dal suo inizio, non le arrise fortuna materialmente : chè, sbalzata di compagnia in compagnia di varia specie e non certo delle migliori, trascinata di paesucolo in paesucolo, ebbe a patire ogni sorta di peripezie, sin chè, nel ’70, scritturatasi come prima donna assoluta con Achille Dondini, cominciò la sua vita nuova, che fu vita dell’arte propriamente detta. […] Sposatasi nel 1881 a un portoghese, lasciò il teatro per darsi alle gioie della famiglia….
Il resto vedremo nel libretto, omai rarissimo, del Valerini, che prendiamo a esaminar minutamente. […] Nel cucire, nel ricamare, anzi nel dipinger con l’ago avanzò non solo tutte l’altre compagne, ma quella favolosa Aracne, e Minerva che di si fatti lavori fu inventrice…….. nè avendo i tre lustri dell’età sua toccati appena, possedeva benissimo la lingua latina, e felicissimamente vi spiegava ogni concetto, leggeva tanto appuntatamente, e scriveva cosi corretto nel latino e nel materno idioma, che più non vi scriverebbe chi dell’ortografia diede i precetti e l’arte…. » E di questa guisa il fervido innamorato va enumerando tutte le grandi qualità della sua morta, additandola ai posteri come « Retore insigne, musica sublime, la quale da sè componeva i madrigali, e li musicava, e li cantava ; suonatrice soavissima di vari strumenti, scultrice in cera valentissima, faconda e profonda parlatrice, e comica eccellentissima. […] Nella comedia era giocosa secondo le occasioni, mordace nel riprendere i vizj, arguta nelle subite risposte, mirabile nei bei discorsi d’amore ; e non era alcuno che le potesse, parlando, stare al paro. […] Aveva del virile nel volto e nei portamenti, onde se talora in abito di giovanetto si mostrava in scena, non era alcuno che donna l’avesse giudicata. […] poi nel piacer perduto la miro, e resto muto.
Scortato l’uomo da un affetto sì vivace e per indole osservatore non potè non avvedersi di alcuni barlumi e di certe faville mal distinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate. […] Trittolemo e Cerere in Europa, Manco-Capac e Mama-Oela Huaco nel Nuovo Continente, non ostante che gli uni nulla sapessero degli altri, insegnarono a seminar le biade e a raccorle e a valersene per sostentarsi. […] L’intelletto che in essa si spazia, nel vederle, separarle, combinarle, acquista la conoscenza de’ segni distintivi delle cose. […] non ischiva di rappresentarsele, anzi si accostuma alla dipintura che se ne forma, e della verità del ritratto si compiace ancora; e quindi nasce quel diletto chè si pruova nel ripetere a se stesso o ad altri con tutte le circostanze i già passati disastri. […] Fuori poi dell’Europa si trovano gli spettacoli teatrali da un lato nel l’Oriente fra’ Cinesi fin da’ più remoti tempi, e dall’altro nel l’Occidente fra’ Peruviani ignoti a’ Greci, agli Etrusci, e a tutto il resto del vecchio continente.
Fu in Portogallo nel 1770 col Paganini, poi, tornata in Italia, con varie Compagnie, fra cui quella del Bazzigotti. Toltasi dal teatro, si stabilì in Parma ; ma poi vinta dall’amore dell’arte, tornò sulle scene, e nel 1782 recitava in Palermo, « tentando – dice il Bartoli – che il proprio merito le servisse di strada, onde poter giungere ad una sorte migliore. »
Nacque a Venezia verso il 1675, e si recò a Parigi nel 1716 colla Compagnia italiana formata per ordine del Duca d’Orléans, Reggente, e condotta da Luigi Andrea Riccoboni, detto Lelio. […] Il collega rifiutò l’incarico e lo pregò di darlo in sua vece a Tommasino, altro collega, del quale era ben nota la probità, e il quale in fatti dopo aver avuto l’assentimento di un fratello dell’Alborghetti all’intiera esecuzione del testamento, pare l’acconciasse nel miglior modo con la vedova che molto ebbe a lodarsi di lui, e che poi andò a seconde nozze con un comico italiano, Francesco Materazzi, detto il Dottore. […] Nacque nel 1817 a Mantova, ove il padre Giambattista, commerciante, aveva una fabbrica di cuojo. […] Tornò poi all’arte in Compagnia Gattinelli, in cui (nel Teatro Goldoni di Firenze, e nel’ 700’ 72) rappresentò per ben quattordici sere il Giovanni da Procida con tal successo, che non lo chiamavan più se non con quel nome.
Fu poi secondo caratterista dell’ottima Compagnia condotta da Antonio Rafstopulo, nel 1819-20, sempre insieme alla moglie, madre nobile, e alla figlia, prima amorosa. […] Fra gli artisti che recitavano nel 1800 al S.
Carlino, nel largo del Castello. Lo troviamo nel 1770, nella Compagnia che, sotto la direzione di Onofrio Mazza, impresario il Tomeo, inaugurò il famaso e glorioso S.
Bolognese. « Recitò sempre nel carattere della serva prima colla Compagnia di Nicola Petrioli ; e poscia in quella di Onofrio Paganini. […] Fu grata sulle scene per l’avvenenza del suo personale, e per qualche prontezza nel suo brillante carattere.
[2] Quegli schiavi insensati del pregiudizi, que’ corpi senz’anima, quelle creature indifinibili, che si chiamano gente di mondo, le massime delle quali consistono nel distrugger i sentimenti della natura per inalzar sulle loro rovine l’idolo dell’opinione, nel ridurre ogni affezione del cuore alla sola voluttà, ogni morale al personale interesse, nel far che un’apparente politezza tenga luogo di tutte le virtù, e nel colorir con brillanti sofismi l’orrore del vizio non altrimenti che soglionsi coprire con vistosa vernice i putridi legni dalla vecchiezza o dal tarlo corrosi; fanno del teatro quell’uso appunto, che sogliono fare delle altre cose. […] Il loro studio consiste nel verificar appuntino le date, nel sapere il numero e i titoli delle produzioni d’un autore, per quanti mesi ei le ritenne chiuse nello scrigno, quanti manoscritti se ne facessero, in qual anno e da quale stampatore vedessero la pubblica luce, quante edizioni siano state fatte finora. […] Le altre mire o non entrano affatto nel suo progetto, o ci entrano solo per incidenza. […] Qualunque sia stata la mia premura nel rintracciar la verità delle notizie, mio principal assunto non è d’offrire una sterile compilazione di reminiscenze, ma di ragionare sui fatti, di far conoscere le relazioni che gli legano insieme, e d’abbracciare gli oggetti analoghi, i quali, entrando comodamente nel mio argomento, potevano servire a maggiormente illustrarlo. […] Attalchè quelli autori, che hanno sensatamente parlato d’ogni altro genere di poesia, vanno tastoni nel ragionare del melodramma, ora rilegandolo ai mondi della favola, ora mettendolo tra le cose per sua natura difettose, ed assurde, ora sbadatamente confondendolo colla tragedia.
Dopo di essere stato a venti anni professore di rettorica in Ascoli, poi foriere nelle guardie di finanza, poi a Perugia insegnante privato, si diede nel ’43 all’arte, esordendo modestamente a Gubbio nella Compagnia Zanardelli e Viti. […] Lo vediamo nel ’54 esercitare in tutta la sua estensione il primo ruolo di caratterista colla Botteghini e colla Majer, poi col Santecchi, poi in compagnia propria, poi col Peracchi, poi, nel ’62, tornare a Perugia a insegnare storia e geografia in quel liceo ; dal quale uscì dopo tre anni, per andar a sostituire a Napoli con ottomila lire di stipendio il Taddei, il primo caratterista italiano ancora vivente, ma irreparabilmente colpito da apoplessia. […] Mi par di vederlo quando entrava in iscuola tutto burbero e accigliato ; eppure, al suo apparire, un lampo di gioia brillava nel viso di noialtri scapati. […] Ecco, come saggio di quel suo stile eletto, le strofe di una poesia scritta nel ’66, tornato da Napoli a Perugia : …………. […] A. il Duca di Mantova, che nel 1658 si trovavano a Roma, e precisamente nella parrocchia di S.
[6] Si è parlato a lungo nell’antecedente capitolo del dominio che s’usurparono sulla scena i cantori, si è mostrato per quai mezzi pervennero ad ottenerlo, e si è trovata la radice dell’abuso nel trascurar i recitativi, nel porre ogni loro studio nel canto delle arie, e pello sfoggiare su queste con mille artificiosi sminuzzamenti di voce. […] La poco avventurosa riuscita dei poeti che hanno voluto imitare quell’insigne scrittore ha fatto attribuir al melodramma i difetti della loro incapacità, e perché non hanno essi saputo superare gli inciampi i che offrono nel presente stato della musica gli argomenti storici nel condurre passabilmente un’azione, si è con troppa fretta conchiuso che gli argomenti tratti dalla storia e il sistema generale dell’opera italiana non si confacciano più colle circostanze del teatro. […] Di quello per la regola generale che la poesia non può fare una convenevol figura nel melodramma, ove preponderi qualcheduna delle sue compagne, cioè l’armonia o la decorazione. […] Aggiungasi che il protagonista il cui nome dovrebbe eccitare l’idea dell’eroismo, non m’offre nel dramma del Conte Rezzonico veruna di quelle qualità che risvegliano l’interesse. […] Pecca altresì nel fine morale.
Riuscito nella maschera del Brighella un mediocre imitatore del celebre Atanasio Zanoni, esordì nel 1755 in Compagnia di Vincenzo Bazzigotti. […] A detta del Bartoli, pare chela imitazione dello Zanoni stesse tutta nel ripetere le sentenze e gli apoftegmi che vediamo alle stampe col titolo di motti brighelleschi.
Furono scritturati il '76 con Pietro Rossi, e nel '77 formaron essi stessi compagnia, che scorreva ancora nel 1781, mediocremente accreditata, le varie città di Lombardia.
La natura ha questo di proprio, che basta che ci si mostri nel suo vero aspetto, perché tosto faccia nascer vaghezza di sé. […] Essa è l’unica parte della musica che cagioni degli effetti morali nel cuor dell’uomo, i quali oltrepassano la limitata sfera dei sensi, e che trasmette a’ suoni quella energia dominatrice che ne’ componimenti s’ammira de’ gran maestri. […] Tal ne è la cagione eziandio per cui rimanendo freddo e indifferente lo spettatore alla veduta d’un bosco o d’un deserto espresso sulla tela da un valente pennello, non rimane altresì ozioso nel sentire una voce che canti in quella solitudine o in quel boschetto. […] Si badò soprattutto a conservar l’unità nella melodia regola fondamentale di musica, come lo è di tutte quante le belle arti, la quale consiste nel rivolgere verso un oggetto tutta l’attenzione e tutto l’interesse dell’uditore, nel rinforzar il motivo dominante, ovvero sia il canto della parte principale con quello di ciascuna in particolare, e nel far sì che l’armonia, il movimento, la misura, la modulazione, la melodia e gli accompagnamenti s’acconsentano scambievolmente, e non parlino, a così dire, che un solo linguaggio. […] La prima, che ebbe origine dal più grande armonista che mai ci sia stato di qua dai monti, spiccava principalmente nell’artifizio e maestria delle imitazioni, nella destrezza del modulare, nel contrasto delle parti diverse, nella semplicità e vaghezza dell’armonia.
Giraud Edoardo, la più bella macia del teatro milanese, nato a Milano da un negoziante di seta, entrò giovinetto nel collegio di Gorla minore, compagno ai Dal Verme e ai Borromeo, passando poi al liceo Longoni, poi al politecnico di Zurigo, dov’ebbe a professore l’ex-ministro De Sanctis, e dove compiè i suoi studi. Combattè per l’indipendenza d’Italia il’ 59 ne’cacciatori delle Alpi, il’ 60 nel 49° reggimento brigata Parma, il’ 66 nel 5° reggimento garibaldini, comandato dal Chiossi, che a Bezzecca s’ebbe nome di massacrato.
La naturale facondia, il maestoso e vago sembiante, la chiara e sonora voce e la rara grazia nel porgere, tutto in lui concorreva ; onde, qualunque personaggio ei facesse in scena, o ridicolo o grave, tutto faceva a meraviglia. […] Solerti, Il Teatro ferrarese) ; e alla recitazione del Sagrificio del Beccari, data in Sassuolo nel 1587 con prologo del Guarini, pel matrimonio di Pio di Savoja, Signor di Sassuolo, Modena, Vicenza, 1871 ; e che, morto il 1589, fu sepolto in Santa Monica di Ferrara. Ecco l’epitaffio del Tasso, non scritto dopo la morte del Verato (il Tasso avea già lasciato Ferrara dell’ '86), ma mentr'era in vita, e a istanza sua, come si legge nella didascalia di un codice estense : Fatto ad instanza del Verato eccellente istrione : Giace il Verato qui, che 'n real veste superbo, od in servil abito accolto, nel proprio aspetto, o sotto finto volto, come volle, sembrò Davo o Tieste.
Bazzi Gaetano, nato a Torino nel 1771, fu, più che attore, capocomico rinomatissimo. […] ), la data della morte sarebbe quella del 21 marzo 1853 ; ma è un errore evidente, poichè nel 1844 egli non era più nella Compagnia Reale Sarda, alla direzione della quale successe interinalmente Domenico Righetti, e nel ’45 la moglie Marianna, come vediam più giù, era già vedova. […] Gli artisti drammatici troveranno nel libro del Bazzi tutto quello che si può nel loro arringo imparare colla teoria associata alla pratica ; ma ciò che il Bazzi non potè dire con espressi insegnamenti e lasciò tuttavia non oscuramente raccomandato è questo : che le regole e le massime e gli esempi non giovano all’artista drammatico se prima egli non abbia pensato a istruirsi la mente, a educarsi l’animo, a ingentilirsi i costumi, a rendersi famigliare tutto ciò che è bello, che è grande, che è nobile, che è generoso, e, anch’esso cittadino d’Italia, abbia pensato a scaldarsi anch’esso al raggio del sole italiano.
Il più celebre capocomico del secolo xviii, che dovè gran parte della sua celebrità, se non tutta, a' vincoli artistici ch'egli ebbe con Carlo Goldoni, nacque a Roma nel 1706 circa da Giovanni Francesco, e gli furon messi i nomi di Agostino, Raimondo, Girolamo. […] Ma, o in questa domanda il Medebach di fronte alla giovinezza della sposa si è scemato gli anni, o il Bartoli, che glie ne dà novanta circa nel 1781, ha voluto esageratamente aumentarli. […] Ossequiosamente la suplicano, a degnarsi di concederle licenza per rappresentare nel corr.te estate un corso di Recite nel Teatro Rangoni che della Grazia etc. […] Essendo egli poi stato l’unico movente, per cui l’Italia possa pregiarsi d’aver sortito anch' essa un Eccellente Poeta comico nel celebratissimo Goldoni, non avendo perciò da invidiare alla Francia il suo Molière, si viene per lui a stabilire un’ epoca considerabile nella storia del nostro Teatro.
in cui con uno studio ingegnoso di eliminazione venne a riconoscere nel Pedrolino Giovanni Pellesini : studio che servì a porre in evidenza l’acume di argomentazione del signor Valeri, avendo io rinvenuta nell’Archivio di Stato di Modena, la seguente lettera di Don Giovanni Medici, che toglie ogni dubbio sul proposito : Ser. […] mo Giouanni Pellesini detto Petrolino Comico ha nel dominio di V. […] F.) egli era a Ferrara ; e nel medesimo anno la sua Compagnia si fuse con quella dei Confidenti che aveva a capo la Vittoria (Piissimi). Forse fu in quell’anno 1580, al momento della riforma della Compagnia, che il Pellesini prese parte al banchetto descritto dal Rossetti nel suo Scalco (Venetia, MDLXXXII), e già riferito in parte dal D'Ancona e dal Solerti, nel quale egli appariva colla sola testa fuor della tavola, accomodata al bisogno, coperta da un pasticcio, d’entro il quale poi cercato invano da Pantalone, faceva scena con lui, destando le più matte risate.
Ho risposto su tal proposito nel principio dell’estratto. […] Nulladimeno siccome nel mondo di quaggiù l’aspettazione degli uomini resta sovente delusa, così sarà bene il disaminare se per disavventura siamo ora in questo caso. […] Non avviene altrimenti delle contraddizioni che vede ne’ miei sentimenti il giornalista, ma ch’esistono soltanto nel di lui cervello. […] [95] Il giornalista è prudente, e politico nel tempo stesso. […] Se questi devono avere la prudenza di non mischiarsi nel tecnico e nel pratico dell’armonia, per non precipitar negli sbagli (dei quali per altro il giornalista non ha saputo ritrovare neppur un solo nel mio secondo volume), i maestri devono guardarsi non meno dal farla da filosofi, da eruditi, e da metafisici nell’arte propria per non palesare la propria ignoranza.
Per l’ingresso della regina Eleonora a Parigi nel 1530, ebbe ordine dal Governatore della città di fare e comporre des farces et moralitez les plus exquises. Da un documento estratto dai Registri del Municipio, in data 12 dicembre 1530, e pubblicato da Emilio Picot nel suo opuscolo « Pierre Gringoire et les Comédiens italiens » (Paris, Morgaud et Fatout, 1878) sappiamo che Maestro Giovanni di Pont-Alaix (Jean de Lespine de Pontalletz dit « Songecreux, » come dice una nota del 1538, a proposito di somme largite dal Re a lui e a quelli della sua banda) in quella stessa occasione aveva consentito a riconoscere Maestro Andrea per capo e direttore.
Troviamo il secondo primo uomo nel 1820 della Compagnia Morelli-Borelli colla moglie Carolina prima amorosa poi seconda donna. […] xxiv) ha parole di encomio e d’incoraggiamento ; per quello, che fu anche direttore della Filodrommatica veneziana nel Carnevale 1817-18, parole piuttosto aspre.
Nacque nel 1770 a Firenze, e fu egregio caratterista. […] Morì nel 1836.
Gianvito Manfredi nel suo Attore in scena dice di lei : si distinse la celebre non meno che saggia ed onesta Vittoria Miti, detta Eularia, passata all’ altra vita pochi anni sono, da me più volte con non poco stupore ascoltata. Morì in Venezia nel 1740, non tocchi ancora i 35 anni.
Figlia dell’arte, e moglie del capocomico Gioacchino Petrelli, il quale vediam già nel 1800, a dar quaranta recite con la sua Compagnia a Tolentino, riuscì una egregia prima donna per compagnie di second’ordine. […] Formò nel '30 in società con l’artista Natale Fabbrici una Compagnia primaria, che condusse per varj anni, finchè non ebbe abbandonate col marito le scene. – Si ritirarono entrambi a Venezia, ove morirono tra il '40 e il '50.
Secondo che scrive il Piazza nel Teatro, egli era ancora quarant’anni dopo la sua morte nella memoria de'comici, come valentissimo arlecchino, sotto il nome di Truffaldino, e autore di scenarj, pei quali esso Piazza lo qualifica autore di commediacce. […] Bartoli — in Moscovia al servizio della gran Zara, ove pose fine a'suoi giorni nel 1735. »
Ma nel consolato di C. […] Il teatro latino perdé questo gran comico nel consolato di L. […] Metastasio nel Catone atto I, sc. […] Voti nobili, degni d’un cuor magnanimo, d’un cuor che cercava la gloria nel procurar la pace alla terra, non già nel desolarla. […] Veggasi la Gazzetta Letteraria dell’Europa nel mese di luglio 1765, e la notizia de’ poeti latini di M.
Complimenti alla finestra nel partirsi dall’amata. […] Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia. […] Torno a dire che ragionevolmente fate della sua persona buon giudicio : mouendoui a ciò, potrebbe essere la forza delle stelle che forsi nel uostro natale, nello stesso modo all’uno et all’altro concorsero. […] E di Amante fattami messaggera d’Amore, termini la pretensione delle mie speranze nello affaticarmi per l’altrui contento, et nel consumarmi per le altrui delicie ? […] S. ogni compita felicità lo supplichiamo di essere mantenuti nel numero de’suoi più humili servitori.
Lorenzo di Toscana….. avverte giustamente il Quadrio nella Storia e Ragione d’ogni Poesia, tomo IV, pag. 728, che come il Bocchini nel dir villanìe superò di gran lunga il Tassoni, così nel fatto di Poesia gli restò di gran lunga addietro fino a perderlo di veduta. […] La schiera degli Zanni era, come abbiam detto, infinita ; e lo stesso Muzzina nel suo trionfo di Scappino, ne cita buona parte. […] Sand) padre di Colombina e compagno del Dottore, che vediamo comico e ciarlatano, al servizio del celebre Mondor, nel 1620 circa, a Parigi. […] Assai più semplice pareva a me di dover prendere il Zan bergamasco come la forma dialettale di Gianni, Giovanni ; forma conservata sin qui nel veneto e nel lombardo. […] Pieno del nobile ardore di meritarsi un posto distinto nel numero de’suoi confratelli d’arte, l’ottenne ; una lunga pratica gli tiene luogo di teoria, ed è ben raro il caso che non riesca nel divisamento che si è proposto.
[Epigrafo] «Non per questo perché a noi manca quella squisitezza, e quella vivezza d’ingegno, la quale ebbero Tucidide, e gli altri scrittori insigni, saremo egualmente privi della facoltà che essi ebbero nel giudicare. […] Dionigi Alicarnasseo nel Giudizio sopra Tucidide.
Comico del secolo xvi, appartenente forse alla Compagnia di quel Bartolommeo Zito, che sotto il nome di Tardacino, pubblicò nel 1628 un comento alla Vajasseide del Cortese ; nel quale appunto, al proposito del D’Auriemma, dice : « …. chillo che faceva lo Pascariello a la commedia, soleva dicere ca se fosse stato a tiempo nuostre non averria portato le culonne d’Ercole ncuollo pe fi all’ultema parte de Spagna ; ma s’averria puosto no pignato mmaretato napolitano de la deritta, e na Goglia potrita (olla podrida) a la spagnola de la senistra, e chelle portannole pe lo munno, averria potuto dicere co cchiù raggione : Non plus ultra !
Moglie del precedente, seguì sempre il marito, prima amorosa, prima attrice e madre sino al momento della morte di lui che accadde, come abbiam detto, probabilmente nel 1827. […] – È notato nel Diario di Cesare Gallo che sta nella miscellanea politica dell’Archivio di Roma, che essa dette la sua beneficiata in Osimo il 14 gennaio 1815, e che lo stesso Gallo compose per lei un sonetto. – Teodora Dondini morì in Livorno nell’anno 1866.
, 738) : « A’tempi nostri s’è visto un Fabio comico, il qual si trasmutava di rubicondo in pallido, e di pallido in rubicondo, come a lui pareva ; e del suo modo, della sua grazia, del suo gentil discorrere, dava ammirazione e stupore a tutta la sua audienza. » Forse a questo stesso Fabio accenna il De Sommi, là dove dice nel terzo dialogo sui recitanti : « Io mi ricordo averne veduti di quelli, che ad una mala nuova si sono impalliditi nel viso, come se qualche gran sinistro veramente gli fosse accaduto. » ?
Fu comico al servizio del Duca di Mantova nel 1690 e 1694, come si rileva dall’atto di nomina, pubblicato dal Bertolotti (op. cit.) e dal passaporto, in data 22 aprile 1694, nel caso che debba recarsi all’estero.
Passò con Giovanni Simoni e Angiola Dotti nel 1768 a Vienna, ove fu molto applaudito, e formò poi società per lungo tempo con Pietro Ferrari, sino al 1780, nel quale anno cominciò a condurre compagnia da sè con buona fortuna.
Recitava le parti d’ innamorato, e il Bartoli lo dice nel 1781 di freschissima età. […] De' pregi del Menichelli come attore abbiamo un cenno nel Teatro mod. app.
Aveva sostituito nel 1736 l’amoroso Vitalba nei Comici di Carlo Goldoni, il quale dice di lui che se fu meno brillante del suo predecessore, ne fu più decente, più colto, più docile. Forse lo stesso, capocomico nel teatro ducale di Milano il 1743, e che Paglicci-Brozzi chiama Giovanni ?
Morirono entrambi a Roma, egli nel 1830, ed ella nel 1842.
Carlino, nel 1835, ove era ancora nel 1847, al fianco di Salvatore Petito e di Serafina Zampa. […] La sua prima commedia scrisse nel 1834 : ma come autore, pare avesse davvero un nome assai maggiore del merito. […] » Passò poi, sempre col Luzzi, nel ’64 alla Fenice, e di qui al Nuovo.
Così fece : e andò di sera in sera acquistando terreno, tanto che, morto nel 1745 il famoso Bartolommeo Cavallucci, e sentito parlare Agostino Valle, padrone del teatro omonimo a Roma, di questa nuova celebrità, lo scritturò pel carnevale del 1746. […] Il documento d’archivio non lo dice, ma, certo non quella del Di Fiore, che nel 1745, un anno prima, cioè, di passare al Nuovo recitava a San Carlino. […] Dunque il Barese nel 1745 era alla Cantina ; tutto fa supporlo. […] Sulla primavera dell’anno medesimo, Barese fa la parte del Barone nel Tamburo di G.
Per indagare a qual fine essa si adoperasse, gioverà recare ciò che leggesi nel trattato de Theatro del Bulengero143. Ecco quel che egli riferisce coll’ autorità dello Scoliaste di Aristofane: “I villani oltraggiati da’ cittadini anticamente venivano di notte nel villaggio ove dimorava l’offensore, e pubblicavano la propria ingiuria e ’l di lui nome. […] I Romani stessi usarono la maschera ne’ funerali de’ principi per imitarne esattamente il volto; e Suetonio racconta, che nel funerale di Vespasiano l’archimimo Favore rappresentò colla maschera e coll’ imitazione, giusta il costume, la persona dell’imperadore rinnovandone le azioni e le parole. […] Con tale meschino artifizio ajutavansi gli antichi attori per esprimere col volto i movimenti dell’animo, che senza la maschera avrebbero mirabilmente dipinti nel sembiante naturale. […] V. il notissimo passo di Aulo Gellio nel libro V, cap. 7.
Dei principali abusi introdottisi nel ballo pantomimico italiano. […] La gloria di condurla a tal segno era riserbata ad una nazione tenuta fin allora comunemente più abile nel promuovere l’erudizione e le scienze che nel coltivare l’arti di leggiadria e di gusto. […] Ora i progressi della società e il successivo sviluppo della cultura ci hanno messi appunto nel primo caso. […] Serve per tutt’altrove, ma nel teatro la moltitudine è la sovrana. […] Il dramma musicale è una spezie di libro scritto nel linguaggio de’ suoni, e però fa d’uopo conservare dappertutto lo stesso idioma.
Entrò poi l’Amalia il ’44 con Luigi Domeniconi prima attrice assieme a Maddalena Pelzet, quindi (1846) prima attrice assoluta con Angelo Lipparini, col quale stette cinque anni, mostrando, e nel dramma e nella commedia, a qual grado di arte ella era salita. […] I faentini ristamparon per lei, nel carnovale ’60-’61, il sonetto di Paolo Costa per la Clementina Cazzola ; « Di che loco beato…. » (V.) ; e l’appassionato Braccio Bracci pubblicava in Livorno la primavera del ’50 un inno in versi sciolti, tra’ quali i seguenti : …………. […] Artista spontanea, esuberante di passione, nel dramma e nella tragedia, ebbe una vena irresistibile di comicità nelle parti comiche, tra le quali i vecchi artisti ricordan quella del Birichino di Parigi, in cui non ebbe rivali.
Il busto bene formato e sviluppato era sorretto da un pajo di gambette ad arco, che si movevan a salti, a guizzi su la scena nel più buffo modo del mondo. […] Chi nol ricorda nel Pugno incognito e nella Bolla di Sapone di Vittorio Bersezio ? Nei Naufraghi del mar Pacifico, nel Casto Giuseppe e la moglie di Putifarre ?
Non ho trovato altra menzione di lui, fuor di quella fatta dal comico Bartolomeo Rossi, da Verona, il quale nel discorso a’ Lettori che è in una sua pastorale, Fiammella (Parigi, Abel l’Angeliero, 1584) al proposito di certa libertà nel dire che debbono avere le parti ridicole, scrive : ……come Bergamino, se bene non osserva la vera parola Bergamascha, non importa, perchè la sua parte e come quella di Pedrolino, di Buratino, d’Arlechino, et altri che imitano simili personaggi ridiculosi, che ogni uno di questi parlano a suo modo, senza osservanza di lingua, differenti da M.
I) disse di lei : Bettini Matilde, seconda donna : potrebbe migliorare di molto e nel gesto non sempre adattato e nella maniera di pronunciare, posto che qualche sincera ed intelligente persona la persuadesse a trarre miglior partito, mediante lo studio, da quelle doti, delle quali avara non le fu natura. La troviamo nel 1820-21 in Compagnia Mascherpa e Velli, e il succitato giornale constata con parole di encomio, ch’ella « approfittò degli amichevoli consigli datile in allora. » Sposò un Pietro Bignami, appartenente a doviziosa famiglia bolognese, il quale sosteneva nella stessa Compagnia a vicenda con Gio.
Casigliani Antonio, nato a Pisa nel 1814, fu attore di non pochi pregi per le parti di caratterista. […] Ebbe ottimo successo al Valle di Roma, recitando replicatamente la parte di Virginio nella Virginia di Alfieri ; e al Cocomero di Firenze quella di Mitrane nel Nabucco di Niccolini.
Bartoli — si può a questo comico attribuire il vanto d’essere stato il maestro del rinomato Agostino Fiorilli. » Era il Tartaglia della Compagnia di Domenicantonio Di Fiore, prima a’Fiorentini, poi, nel 1739, al Casotto del S. Carlino, sostituendo in questo anno a quelle del Tartaglia le parti di Vecchio, poi, nel 1746 al Nuovo, dove creò la parte di Rambaldo nello Scherzo comico del Di Fiore, musicato dal D’Aquino, altro comico — Fra lo sdegno nasce amore.
Cominciò giovanissima a recitar parti di alcuna importanza, e la vediamo nel ’56 con Ernesto Rossi, al fianco della Bon e della Peracchi. […] Passò nel ’57 con la Compagnia di Adelaide Ristori a Parigi, ove le si fece il presente ritratto in costume di Elisabetta nella Stuarda di Schiller.
.), e nel tornare in Italia, ammalatosi improvvisamente a Nizza, vi morì dopo brevi giorni nel 1776.
E sua senza dubbio la traduzione dell’opuscoletto, intitolato : Dichiaratione | del Re Christianissimo | pubblicata nel Parlamento | nel qual S.
Colla mia solita sincerità replicai al prelodato valentuomo, che io sin dal 1779. essendo stato in Genova di lei commensale, e dovendole il dono di alcuni libriccini, nel tempo stesso che mi lusingava di essere in certo modo in possesso della di lei buona grazia, mi vedea in una specie di obbligo, nel prodursi qualche mia bazzecola, di avvertirne io stesso il valoroso competitore. […] Che l’Italia avesse preceduto alla Spagna nel coltivare qualche genere letterario, o per contrario, quale aumento ne risulta alla massa generale del Sapere? […] Le Apologie, dopo una vampa momentanea, passano di moda, e muojono nel bujo: ma le Nazioni stanno come monti sublimi, per lungo corso di secoli, e per altro che per Saggi, e Lettere apologetiche, e Discorsi rendonsi chiare. […] che io sempre a tal proposito dirò, tanti pœnitentiam non emo), moltiplichiamo le nostre ciancie, purchè ci troviamo i nostri conti, cioè finchè io mi diverta nel mio ozio, ed Ella possa approfittarsi del diletto che porge ad alcuni suoi paesani. […] A lei, nel diffondersi nelle sue lodi, piacciono le iperboli, che le suggerisce l’innamorata fantasia: a me piace quell’elogio, cui la verità, e l’Istoria è scorta e compagna.
Per compiere però il IV che or vi presenta, m’ingiunge di unirvi in fine un Discorso che egli recitò a più centinaja di ascoltatori in Milano nel Liceo di Brera per prolusione alla Cattedra di Poesia Rappresentativa che vi occupò alcuni anni; il qual Discorso impresso per cura dell’autore nel dì che fu pronunziato, fu dopo tre giorni per ordine del Governo fatto reimprimere a’ 4 di Pratile nell’anno IX.
Figlio del precedente, nacque a Milano nel 1819. […] Morì in Amsterdam nel 1860.
Abbandonato il teatro, si ritirò col marito a Firenze, ove aprì un negozio di modista, e ove morì nel 1858. […] Trovandosi nella Compagnia di Camillo Ferri, nel carnovale del 1840, si fe’saltar le cervella in un camerino della Canobbiana.
Recatosi il padre, impiegato, a Palermo, essa fu colà istruita per l’arte, ed esordì il ’92-’ 93 come seconda donna a Siena colla parte di Valentina nel Demi-monde di Dumas figlio in Compagnia Paladini-Talli. Fu nel ’94 con Francesco Garzes, poi, prima attrice, con Marazzi-Diligenti.
Era il secondo vecchio, cioè Dottore, della Compagnia di Giuseppe Imer, che poi abbandonò per recarsi a Napoli col figlio Tommaso ; e di lui scrisse Carlo Goldoni nel volume XIII dell’ ediz. Pasquali : Sosteneva egli mirabilmente un tal personaggio, ma riusciva ancor meglio nel carattere di Petronio.
r Padrone d’aquistarmi per la recita nel teatro di S. Lucca di Venezia nel venturo carnevale in precio di mille ducati effettivi e casa finita, ha fatto ch'io mi impegni a servirli mentre m’ hano in tutto sodisfatta di quanto richiedevo ; onde mi dispiace n’ poter sortir fortuna di ricevere le sue gracie con Sig.
Fu il '66 con Garibaldi, poi attore di qualche pregio fino al '73, nel quale anno si stabilì a Milano, dedicandosi allo scrivere pel teatro. […] Fatemi la corte, commedia in tre atti, è quella forse che gli die' maggior nome, rimasta viva tuttavia nel repertorio di qualche Compagnia.
Anche gli spadini ch’ella soleva portar ne’capelli entraron per alcun tempo nel materiale d’imitazione, o, meglio, di ridicola contraffazione. […] Eleonora Duse è proprio la beata fra i beati, nel migliore dei mondi possibili, secondo ciò che annunzia l’egregio Suo…. […] Così si rimane ragionevolmente, nel mondo ragionevole, e a sfera umana…. […] E come varia l’età sua nel variare de’ sentimenti ! […] Quei tre o quattro Max proferiti dalla Duse nel più biricchino dei modi, valser bene per me tutti gli Armando di Margherita !
Giovanni Cinelli nella sua Biblioteca volante dice che gl’istrumenti di Scappino erano in tal novero, « che per farli sentire si recitava a bella posta una commedia intitolata : Gl’instrumenti di Scappino, » per la quale fu pubblicato il sonetto senza data e senza nome d’autore, che trovasi alla Braidense di Milano, nella Miscellanea raccolta dal Padre Benvenuti, ristampato poi dal Paglicci nel suo Teatro a Milano nel secolo xvii. […] Flavio ho havuta, che se non fosse la sincerità della mia coscienza che mi accerta di essere innocente di quanto mi viene apposto non solo non ardirei di scriverli, ma confuso nel mio mancamento cercherei con la forza del merito di altri impetrare da V. […] Carlo e Mattias col seguito di molti Prelati, Cavalieri e letterati, ch’eran stati il giorno a un’adunanza degli Accademici della Crusca nel Palazzo de’ Bardi. […] r Antonio, la Lavinia non vale all’improviso, talchè la compagnia non si potrebbe servir di lei in altro che nel premeditato. […] A. cognoscerebbe che la Celia al premeditato et improviso è la prima donna che reciti, poiche se la Compagnia od altri mettono fuori opere o comedie nove lei subito le recita, che la Lavinia ne altra donna non lo farà, se prima di un messe non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene.
Alla venuta degli austriaci, dopo il famoso blocco di quella città, nel 1799, dovette (era impiegato al Comune) fuggire con molti altri compromessi in faccende politiche. […] Lo troviamo poi nel 1832 al Teatro Re di Milano, nella Compagnia Goldoni, di cui era capo F. […] Nella quaresima del 1838 si fecero alcuni cambiamenti nel personale artistico della Compagnia drammatica.
Fu, il ’57, prima attrice della Compagnia Pisenti ; e, non levatasi a grandi altezze, pensò bene di scritturarsi qual prima attrice giovine, il ’60 con Giovanni Boldrini (aveva già sposato nel ’58 Luigi Beseghi comico, figlio della precedente), il ’61 con Francesco Coltellini, il ’62 con la Pieri-Tiozzo, e il ’63 con la Compagnia Romana, in cui stette sino a tutto il ’69, passando alle parti di seconda donna. […] Senza essere stata la Beseghi artista di grande slancio e di peregrine concezioni, fu, nel ruolo delle vecchie specialmente, comiche o serie, artista di assai pregio per correttezza di recitazione, giustezza di misura, diligenza esemplare, ed esemplare modestia. […] Troppo sarebbe il voler ricordare tutti i lavori così comici e drammatici come tragici, ne’quali fu proclamato eccellente ; ma basti il dire che mentre atterriva e paralizzava quasi il pubblico rappresentando il Maometto di Voltaire, lo sollevava poi all’entusiasmo, la sera dopo, nel Tutore e la Pupilla di Kotzebue : e solevasi affermare più tardi, non solo dagli spettatori, ma da’comici stessi, che ove egli non fosse stato così presto rapito alla scena, il gran De Marini non avrebbe avuto il primato dell’arte.
Lasciò il teatro nel 1691 e si chiuse il 1704 nel convento delle Filles-de-la-Visitation di Montargis, ove morì l’11 gennaio del 1718. […] Cloud, in data 10 agosto 1688 (otto giorni dopo la morte di suo marito), la lettera seguente che trovo trascritta e seguita dalla traduzione francese nel citato Manoscritto del Gueullette, e che ritengo tuttavia inedita : Molto oss.
Fu splendido ornamento della Compagnia di Giovanni Toselli, e una delle più geniali figure del teatro piemontese, che abbandonò, giovanissima, quando più le arrideva la gloria, per entrare nel santuario della famiglia. Non saprei far meglio che trascrivere in volgare alcune parti del bellissimo articolo, che Luigi Pietracqua, il rinomato commediografo piemontese, dettava su di lei nel Birichin del 4 luglio 1896. […] E questo bel tipo di artista vera, forse più unico che raro nel suo genere, che tutti dicevan creato a posta pel teatro, si fermò ben poco sulle tavole del palcoscenico.
Determinò allora di mutar ruolo, e si diede ai caratteristi, passando in varie compagnie fra cui, nel ’42, in quella di Angelo Lipparini al fianco di Carolina Santoni. […] I) ; e fu, nel ’48, messo alla testa della Compagnia formata da Gustavo Modena dopo lo scioglimento della Società predetta, accaduto pel matrimonio della Fusarini e pel conseguente suo ritiro dalle scene. […] Calloud diventò attore e socio del Domeniconi nel ’54 e ’57.
Unitosi ai Carbonari, fu nel 1821 arrestato e condannato al carcere duro a vita in Lubiana. […] Quivi avea pubblicato nel 1839 alcune lettere sopra l’arte d’imitazione dirette alla prima attrice italiana Anna Fiorilli-Pelandi, alle quali va innanzi una bella lettera di Iacopo Feretti al discreto Lettore sul merito dell’opera. […] Angelo Canova morì nel ’54 circa, compianto da quanti lo conobbero e come artista e come uomo.
La troviamo al Teatro Nuovo nel ’34 seconda donna con la madre e una sorella, Giulietta. […] Io riporto quelle che ci descrivon gli ultimi tempi della Ceccherini, le quali non son meno incantevoli nella lor poetica tristezza (XVII-517) : L’ultima caratterista è morta nel settembre del 1889, per gli anni ch’eran molti e per la miseria, che era grave non meno. Era nata nel 1807 ; di questi ultimi tempi ella avea patito, patito assai, ma le forze non l’avevano abbandonata se non che all’ultim’ora.
Firenze specialmente l’aveva battezzata una delle più chiare promesse dell’arte, quando si mostrò nel 1871 quasi esordiente sulle scene del Niccolini a fianco della Pezzana, di Monti, di Privato. E la promessa fu tenuta largamente, quando sei anni più tardi nella terza Compagnia di Bellotti-Bon, capitanata da Cesare Rossi, l’Amalia Checchi si presentò prima attrice assoluta, piacendo sempre, talora fanatizzando come nel Vero Blasone di Gherardi del Testa, e nella Dora, ch’ella creò, e che fu una vera e propria rivelazione. […] E tanta esuberanza di gioventù, di forza, di intelligenza, dovè sfasciarsi sotto il colpo improvviso e terribile di una malattia che la condusse in pochi dì al sepolcro, proprio nel momento in cui al fianco di Tommaso Salvini si faceva ammirare e applaudire in su le scene del Teatro Italiano di Parigi.
Ferrarese, fu noto nel teatro italiano per le parti di primo Zanni sotto ’l nome di Finocchio. E attore di grido dovette esser veramente, poichè lo vediam richiesto in più contingenze or dal Duca di Modena a quel di Mantova, or da Luigi XIV al Duca di Modena, di cui lo troviamo nel 1675 provvisoriamente e dal ’76 definitivamente, al servizio, assieme ai Fiala, ai Costantini, agli Areliari, al vecchio Riccoboni, all’Orlandi, al Narici e al Parrino. […] Tuttavia, come nel Cimadori si notò un leggiero miglioramento, il Duca, dopo di aver dimostrato largamente la impossibilità di far partire Finocchio, conchiude con queste curiose e poco edificanti parole : Atteso con tutto ciò quello che Vostra Signoria ci motiua e già che pare che sia in qualche miglioramento noi facciamo speditamente partirlo, stimando minor male l’azardare la di lui persona che potesse mai questa dilazione essere interpretata costì a difetto di prontezza e di uolontà.
Altro figlio di Carlo e Teodora, che seguì l’arte dei parenti, nacque nel 1818 a Ragusa Sicula, e fu attore di pregio per le parti di brillante e di caratterista. […] Morta la Masi, Achille Dondini si unì con una Rosina Ingargiola di Castelvetrano in Sicilia, artista di qualche pregio, dalla quale ebbe quattro figli : l’Amelia, moglie di Ferruccio Benini, l’Ida, moglie di Camillo De Riso, l’Ada, ora in Collegio nel Friuli, e un secondo Cesarino che comincia a recitar con la madre e la sorella Ida a Corfù. […] Vissuto alcun tempo in una certa agiatezza, morì poverissimo a Pordenone il 1° aprile dell’ ’86, fulminato su la scena, mentre s’accingeva a mangiare nel 1° atto del Tiranno di S.
Esordì generico giovine in Compagnia di Alberti e Colomberti a' Fiorentini, e fu sì rapido il suo progredir nell’arte, mercè una naturale attitudine, ma più ancora lo studio indefesso, che nel '61 si recò a Brescia a raggiungervi la Compagnia Morelli, della quale era il nuovo primo attor giovine assoluto. […] Fu a codest’epoca che Luigi Monti mise in iscena l’Amleto, nel quale si rivelò il più intelligente de'nostri artisti. […] Io, allora in sua compagnia, ricordo le magistrali interpretazioni de' Vassalli di Castelvecchio, del Duello di Muratori, dello Chatterton di De Vigny, allor vivi nel repertorio italiano per opera sua soltanto, e la Satira e Parini di L.
Nato a Zante, fu uno de' più rinomati capocomici nel primo trentennio del secolo xix. […] Nella Giovanna d’Arco, nel Ratto delle Sabine, nella Vita di Carlo XII in dieci sere, o in altro di simil genere si vedevano (allora i Governi concedevano i soldati per le comparse) centinaja di soldati a piedi, trenta a cavallo, combattimenti ad arma bianca o a fuoco vivo, cannoni di legno cerchiati in ferro, armature vere, bandiere, musiche militari, ecc. Nè è da credere che a questi soli spettacoli egli fosse dedito : nel suo repertorio avean posto d’ onore Goldoni, Alfieri, Nota, Pindemonte, Giraud, e la sua Compagnia era composta dei migliori elementi.
« Comica celebre che fioriva nel 1655. […] Pur dirà ad onor tuo musa piacevole, che hai ne’sguardi e nel dir sì dolce pania, che a ridur Giove a qualche nuova insania un tuo vezzo d’amor saria bastevole.
« Comica piena d’avvenenza e di brio che recitò per molti anni nel carattere della serva in una Compagnia di Napoli. […] La sua figura gentile e una grazia singolare la rendono anch’essa degna delle pubbliche lodi, nè lasciano che gli oltraggi del tempo cagionino in lei quelle perdite, che pur troppo inseparabili sono dalla caducità di quei pregi, che tanto soglionsi stimare dagli uomini nel gentil sesso. » Così Francesco Bartoli.
Morì l’11 del 1569, e ne’registri cronologici è scritto : Messer Jacomo de Ventura detto Magnanino buon compagno, e spasso di tutta la città di Mantova, e maximamente nel tempo del carneval, morì nel borgo di San Zorzo di febbre et catarro, fu infermo sei giorni, morì ai 10 a ore una di notte incirca di età di anni 50.
Lipparini Angelo, nato a Bologna il 1801, si diede giovanissimo all’arte, esordendo in compagnie secondarie nel ruolo di amoroso : e tanto vi progredì, che nel biennio '28-'29 lo vediamo primo attore assoluto nella rinomata Compagnia di Lucrezia e Amalia Bettini.
Recitò poi le parti d’ innamorato ; e fu col medesimo Zecchi a Napoli, ove molto piacque, specialmente nel personaggio di Signor Pasquino, uomo ridicolo, schizzinoso e affettato, e in quello di ubbriaco. Giuocatore espertissimo di bigliardo e di pallone, fu anche dedito a disordini non fatti per la sua complessione gracilissima ; talchè, prostrato dal male, si recò da Napoli a Bologna colla speranza di recuperar le antiche forze nella città natale : ma, le cure de' medici riuscite vane, dovè soccombere, ancor giovane, nel 1775.
Fu poi primo attor giovine e brillante con Muzzi, poi con Vitaliani e Aliprandi primo brillante assoluto, nel qual ruolo si mantenne lungamente, passando in vario tempo nelle Compagnie di Coltellini e Vernier, di Sterni, Diligenti, Pietriboni. Tornato in quella Diligenti, di cui era parte Tommaso Salvini, vi assunse il ruolo di caratterista, nel quale fu con Serafini e Buzzi, con Angeloni e con Tina di Lorenzo e Paladini.
Lo vediamo recitare il 1752 la doppia parte di Abenide, giovine selvaggio indiano, e di Un silfo nel Zoroastro di Rameau, tradotto da Giacomo Casanova, e messo in scena da Pietro Algeri (V. […] Il Barone Ö Byrn nel suo pregevole studio più volte citato, riferisce la cronaca del tempo, che dice del Toscani : « È giovine di bella figura, di carnagione scura e d’occhi e capelli neri.
Carlo che determinava la revisione degli scenarj ; ossia nel 1613, e morì pochi mesi avanti la pubblicazione dell’opera di esso Barbieri, ossia nel 1634.
Non il primo Cintio, di cui s’ ignora il nome, e che si fece conoscere a Roma nel 1550 (V. […] Non Mario Antonio Romagnesi (V.) il figlio di Orazio e dell’ Aurelia (V.), il quale esordì a Parigi nel 1667. […] E ’l uago FIOR nel mio giardino io colsi. […] Se nel 1628 scriveva essere serva da 25 anni, non avrà avuto meno di 42 anni…. Dunque nel ’52, quando essa rappresentò la Marta, non poteva aver meno di 65 anni.
Si laureò in farmacia, e continuò gli studj per uscirne dottore, quando nel '42 (egli aveva già mostrato chiare attitudini alla scena, recitando coi filodrammatici nel dramma e nella tragedia), invitato da un tal Pietrucci (forse il caratterista Petrucci (V.) ?) […] Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio. […] Francesco Sterni condusse onoratamente Compagnia per molti anni, finchè, stanco della vita nomade, sebben sempre vigoroso, si stabilì in Bologna, ove fu chiamato insegnante recitazione nel Collegio di San Luigi.
Figlia del precedente, nata a Firenze l’8 dicembre 1842, nel popolo di S. […] Ma non monta in superbia per ciò : tornata in Italia, memore di quel che fu il maestro per lei, si unisce ancora a Toselli, interpretando' sta volta i capolavori del Teatro piemontese, quali Sablin a bala, Gigin a bala nen, Margritin dle violette, e suscitando nel pubblico accalcato nel piccolo teatro Rossini il più schietto e più vivo degli entusiasmi. […] Pareva ch'ella godesse di trovarsi alle prese col mostro dalle cento teste, e assaporasse nel conflitto l’ebbrezza della vittoria…. […] Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni.
Potrebbe [l’Italia] pretender questo vanto [di anteriorità sopra la Spagna circa la Drammatica] “nel secolo XIV., se fosse certo ciò che scrive l’Autore della Storia Critica de’ Teatri, cioè che la Poesia Drammatica a imitazione degli Antichi rinacque in Italia nel secolo XIV.” […] Gran salto cogli occhi dovè fare l’Apologista per non vedere registrate nel mio Libro l’Achilleis, e l’Eccerinis Tragedie Latine del dotto Padovano Albertino Mussato! […] Adunque gl’Italiani possono ben dire colle pruove alla mano di CINQUE DRAMMI, che nel SECOLO XIV. cercarono di ricondurre in Europa la Drammatica imitando gli Antichi; il che non tentò verun’ altra moderna nazione prima della Italiana. […] Saverio nel secolo XV. […] Così dopo di aver commesso un manifesto delitto contro la veracità propria dell’uomo onesto, dopo di aver dissimulati, a guisa di un astuto inonesto Curiale, i fatti istorici innegabili, si lusingava il buono Signor Lampillas di uscir dal giudizio impunito con una (perdoni se nomino quì, come diceva Aristofane, zappa la zappa) con una buffoneria, fidando forse nel verso Oraziano, Solventur risu tabulæ, tu missus abibis.
Ebbe pure gli haravec (vocabolo che corrisponde a inventore, trovatore, poeta), i quali fecero versi, in cui si scorgono alcuni lampi di buona poesia; e l’inca Garcilasso ci ha conservato un componimento, nel quale veggonsi le meteore bellamente personificate ed arricchite d’immagini ben aggiustate e vivaci12. […] Questi nobili attori prima e dopo la rappresentazione occupavano tra’ loro uguali i luoghi corrispondenti alla loro dignità e a’ propri impieghi; e allorché si distinguevano colla grazia e delicatezza nel rappresentare, ne riportavano ricchi doni e favori rimarchevoli15. […] Dopo l’invasione degli europei nel nuovo mondo, quando essi considerandolo come posto nello stato di natura, supposto d’aver diritto ad occuparlo e saccheggiarlo, senza por mente alla ragione degl’indigeni che ne avevano antecedentemente acquistata la proprietà, dopo, dico, l’epoca della desolazione di sì gran parte della terra, le razze africane, americane, ed europee, più o meno nere, bianche, ed olivastre, confuse, mescolate, e riprodotte con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa dell’antica, distrutta alla giornata da tante cause fisiche e morali, la quale partecipa delle antiche origini nel tempo stesso che tanto da esse si allontana. […] Non trovasi nel continente americano la spezie de’ lioni africani ed asiatici; ma gli europei diedero il nome di leone a quell’animale che nel linguaggio di Quito dicesi Puma, il quale (secondo M. de la Condamine ne’ Viaggi dell’America Meridionale) non merita un nome sì terribile, essendo incomparabilmente meno intrepido e feroce, molto più piccolo, e senza giubba.
Ricci Emilia), e di Antonio Ricci, ballerino padovano, nacque a Verona, ove trovavasi la madre a recitare nel Teatro dell’Arena in Compagnia di Gerolamo Medebach. […] Istruita nel ballo dal padre, esordì come ballerina nelle danze — dice Francesco Bartoli — delle opere musicali, in compagnia di sua sorella Caterina. […] Il primo passo al mal costume fu il suo matrimonio col Bartoli, maniaco per la letteratura, più guitto di lei nel vestiario, macilento, che teneva il fiato co’denti, e che per soprammercato sputava sangue. […] Gittata a capo fitto nel turbine del vizio, parea quasi godesse farlo sapere a tutto il mondo…. […] La Teodora Ricci esordì il 29 aprile 1777 nella protagonista della Femme jalouse, commedia italiana ; poi sostenne la parte di amorosa nel Double Mariage d’Arlequin.
Oltre a i riferiti dialoghi, o commedie, in tutto il secolo X, e nel XI, e XII, sebbene si videro comparire alcune informi poesie nelle nuove lingue, non ve ne furono a patto veruno teatrali110. Don Blàs de Nasarre, letterato spagnuolo, mancato da non molti anni, in una sua dissertazione pubblicata nel 1749, faceva sperare monumenti drammatici, nella letteratura araba, ricavati dalla libreria dell’Escuriale111. […] Certamente nel saggio della poesia araba del signor Casiri inserito nella Biblioteca Arabico-Ispana, da cui Nasarre si prometteva tali monumenti, si dice nettamente, che gli arabi non conobbero gli spettacoli teatrali112. […] Erodiano nel libro V. […] III pag. 185), e intitolata: Ludus Paschalis de adventu et interitu Antichristi, la quale egli pensa, che fosse rappresentata in Germania nel secolo XII.
A Padova, non è ben precisato nè in quale anno, nè con qual compagnia (secondo il Mazzoni nel ’90 con quella del Menichelli, ma forse più tardi col Pellandi), preluse a un corso di rappresentazioni, recitando i seguenti versi dettati per lei da Melchior Cesarotti. […] Grande nella commedia di Goldoni dialettale e italiana, grande nella tragedia, grande nel dramma. Ritirati dall’arte i Fiorilli e il vecchio Pellandi, ai quali subentrò nell’impresa il marito di lei, si recò al Teatro Nuovo di Firenze nel 1803, ov’ebbe il massimo de’trionfi, recitando per la prima volta la Mirra di Vittorio Alfieri alla presenza dell’Autore. […] Essa non è conosciuta, io lo fui troppo, e non pertanto eccoci cadute nel medesimo obblio ! […] In una raccolta di omaggi poetici (Firenze, Carli, 1813) alla Fiorilli e a Belli-Blanes, e dai quali tolgo la medaglia qui retro, son versi di Tommaso Sgricci, una iscrizione latina del Bernardini, la quale ci apprende come nel 1813 trascinasse per tre mesi all’entusiasmo il pubblico di ogni specie nel Teatro Nuovo di Firenze, e una anacreontica di Ligauro Megarense, pastore arcade, in cui abbiamo accennate alcune parti nelle quali essa primeggiò, quali Medea, Zaira, Vitellia, Cleonice, Mirra, Pamela, Lindane, Mirandolina.
La Dafne rappresentata nel 1597 avanti la Granduchessa di Toscana in casa del nominato Corsi grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, furono poste in musica da Giacomo Peri, e s’impressero in Firenze nel 1600. L’Arianna posta in musica da Claudio Monteverde si cantò nel matrimonio del principe di Mantova colla Infanta di Savoja, e nel 1608 uscì alla luce anche in Firenze. […] Di questo parere è stato ancora il dottissimo lodato Algarotti nel Saggio sopra l’opera in musica. […] La probabilità o verisimiglianza è la verità reale delle arti fantastiche, diceva un giudizioso Inglese presso l’ Algarotti nel Saggio sopra la Pittura. […] L’impugnò il Lampillas, ma in un modo così grazioso nel suo Saggio che mi diede motivo di rilevare la piacevolezza delle sue opposizioni nell’articolo XII del Discorso Storicocritico.
Sposò in Milano nel 1601 Virginia Ramponi, giovane e bella milanese, la quale sotto la direzione del marito, diventò in breve rinomatissima attrice col nome di Florinda. […] Di Francia tornò la Compagnia nel luglio del’14. […] Troviamo poi l’Andreini a Brescia e a Venezia nel 1619 ; nel’20 a Milano, ove recita con grande successo la parte del protagonista nel suo Lelio bandito, nuovissima tragicommedia boschereccia, che vediamo dedicata al Nerli, ambasciatore del Duca di Mantova a Milano, colla data del 5 agosto 1620. […] Forse se’stanco d’albergar nel cielo ? […] Misera, se’ nel mar di sirti ignote navicella sdrucita ;… mira, che già t’ affondi.
Asprucci-Cesari Caterina, detta dalla famiglia dell’arte la Cesarina, nacque a Treviso nel 1775 ; fu moglie del precedente, e figlia di una sorella della notissima attrice Teodora Ricci-Bartoli (V.) che, presala con sè, l’educò all’arte. […] Dotata di squisita bellezza, di prodigiosa memoria, e di singolar senso d’arte, divenne in poco tempo una delle migliori prime donne, così nelle commedie e nel dramma, come nella tragedia.
Bugni Smeraldo, nacque in Pisa nel 1775. […] Quivi morì nel 1820.
Figlia della precedente, ebbe dalla madre sua una educazione non comune : addestratasi nell’arte comica, del ballo e del canto, sapeva già, nel 1782 se ben giovanissima, farsi molto ammirare dal pubblico. […] Tu nell’arte di Roscio hai chiaro il vanto ; Tu leggiadretto il piè movi nel ballo ; Tu canora la voce isciogli al canto.
Bastona Marta), e nel 7 febbraio 1752 a quella del Zoroastro (V. […] Così ce lo descrive l’anonimo critico di Stuttgart nel suo Contributo alla storia e alla prosperità del Teatro : Gioacchino Limperger è giovane ; ni arte, nè natura lo innalzano.
Meraviglia Ferdinando, nato da onesti parenti a Brescia nel 1786, si diede il 1808 alle scene, esordendo quale amoroso generico in Compagnia di Antonio Goldoni, dal quale fu poi riconfermato ma col ruolo di primo attore assoluto. […] Una nuova società formò il '27 con l’ amoroso Carlo Gnudi ; e altre poi con altri, cessando di vivere a Brescia nel 1834.
Nata il 1777, e sposa a un Ristori comico, legato forse in parentela col precedente, fu artista drammatica di grande valore per le parti di prima donna così nella tragedia, come nel dramma e nella commedia, e il piccolo Giornale de' teatri (Venezia, 1820) ha per lei parole di moltissima lode. […] Bortolamio, e quivi morì quasi improvvisamente per bronco-emorragia nel 1842.
veneziano, nata a Padova nel 1562 e a buoni studi educata, divenne sposa nel 1578 di Francesco Andreini. […] Settimanni nel R. […] Partita di Francia per recarsi in Italia nel 1604, fu sorpresa dal male in Lione, ove moriva per aborto l’ii giugno. […] Ben si puo uestir uno auaro, o un uillauo ancora, di certi habiti che hanno nel lor grado del sontuoso, ne però si esce dal naturale. […] O quante uolte son io stato ambiguo un pezzo, nel riconoscere uno in scena, per non esser ben differente da un altro recitante, o conseruo.
Colpa è di loro lo sconcerto e disunione che regna nel tutto, e gl’infiniti abusi che hanno preso piede in ciascuno di questi rami in particolare. […] Cotal usanza non può rendersi opportuna se non quando serva a mantenere o spiegare i muovimenti che lascia nell’anima la passione o sentimento compreso nel recitativo. […] E ciò nel breve spazio d’un quarto d’ora che a fatica s’impiega nell’apertura. […] [28] Aprasi per un poco una carta o spartito musicale, e vi s’osservi il metodo che comunemente si tiene nel lavorarle. […] Quella ch’è piaciuta all’estremo nel carnovale scorso s’ascolta con isvogliatezza e fastidio nel carnovale presente.
Espone poscia la loro imperizia nel concionare. […] Al fine come al ciel piacque ci accordammo nel dirlo Fidippide. […] Anzi nel mio. […] Nel mio, nel mio. […] Deliberano di condurlo nel tempio di Esculapio.
Fu tra’ comici di passaggio a Mantova, nel movimento della popolazione per gli anni 1590-91-92. […] Neri nel Fanfulla della Domenica (4 aprile 1886), per avere licenza di recitare colà per tre mesi le loro honeste Comedie, sottoscritta dalla Piissimi, dal Pilastri, dallo Zenari, dal Pelesini, dal Capitan Cardone, dal Fabri, dal Salimbeni, dal Panzanini, e dal nostro che firmò : Io Giovanni Balestri affermo ut supra.
» Francesca-Maria-Apolline Biancolelli abbandonò il teatro nel 1695. Aveva sposato nel 1691 Costantino di Turgis, ufficiale delle guardie, in mezzo a un cumulo di noje procurate dai rancori della famiglia di lui che non voleva quell’unione e che all’uopo intentò agli sposi un processo.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Fece i suoi primi studi in un istituto a Firenze, ed entrò a undici anni, nel collegio Borde di Milano, dal quale uscita dopo cinque anni fece dolce violenza al padre perchè la lasciasse tentar la prova della scena. A Nizza, nel 1881, dovendosi un giorno mutar lo spettacolo per improvvisa malattia della prima attrice giovine Emilia Aliprandi, si offrì l’Italina di sostituirla in quella parte (che era la Camilla nella Donna Romantica di R.
Nato di famiglia patrizia in Verona il 1786, fu educato a Venezia nel Collegio dei Nobili. […] Passò poi a quelle di padre nobile, a vicenda col Boccomini, per diventare dal '43 al '49, anno della sua morte, amministratore e direttore della Compagnia, nel qual ufficio fu poi sostituito dal figlio avvocato Francesco.
Nella tragicommedia del Gran Convitato di Pietra portavali ben conditi nelle saccoccie dell’abito, e mangiavali senza soggezione alcuna in mezzo alla scena. » E Goldoni, nel Cap. […] lo conosco ; è un brav’uomo : faceva la parte di Don Giovanni nel Convitato di Pietra ; si pensò di mangiarsi i maccheroni d’Arlecchino, e da ciò gli diedero questo soprannome….. » La Compagnia di Florindo fu quella con cui viaggiò Carlo Goldoni il 1720 da Rimini a Chioggia. […] L’Intendente general del viaggio, ch’era Cuoco e Cantiniere nel tempo stesso, suonò una piccola campanella, ch’ era il segnale della merenda. […] Veramente il Goldoni non accenna in alcun modo a’vestiti teatrali de’comici, che sono, nel quadro, una licenza ingiustificabile.
Non solamente fu il Gattinelli attore di gran pregio, ma anche pregiato autore delle commedie : Vittorio Alfieri e Luisa d’Albany, rappresentata l’ultimo anno di vita della Compagnia Reale Sarda ; Clelia e la Plutomania, il ’54-’55, quando cioè la Reale Sarda, non più sovvenuta dallo Stato, diventò compagnia libera sotto la direzione del Righetti ; e La caduta di una dinastia, che s’ebbe il premio governativo nel concorso del’61. A queste, altre se n’aggiungon di minore importanza, una delle quali ricordo, rappresentata al Corea di Roma nel ’73 dalla Compagnia di Fanny Sadowski, diretta da Cesare Rossi, di cui faceva anch’io parte, e che non figura nell’ elenco di tutte le opere di lui, pubblicate in due volumi. […] , I, 62), che pur dichiara di non averlo avuto mai nel suo calendario : Egli era un attore che conosceva molto gli effetti : coscienzioso, intelligente per lo studio di un carattere, ma un poco artificioso. […] Non lasciò mai travedere ciò che pensava ; fu stimato e riverito da molti : io pure lo stimai, ma non l’ebbi mai nel mio calendario.
Un titolo urbanissimo leggesi nel Tomo IV. della P. […] Ciò potreste più acconciamente inculcare per le Commedie ed altro del Libro del vostro Naarro, il quale appena pubblicato nel 1520. fu riprovato dalla Chiesa, e restò proibito e negletto per 53. anni. […] Ciò che fa principalmente stordire nel Teatro Spagnuolo (dice l’eruditissimo Ab. […] Riguardo al Cervantes, di cui dite, che nel Prologo avesse smentito il discorso di Lope, io veramente non trovo in tal Prologo simil cosa. […] Or come smentì Lope nel suo Prologo?
Molto probabilmente l’Aurelia qui lodata, e che destava stupore in Firenze, è quell’Aurelia, ignota sin qui, desiderosa nel 1593 di far parte della Compagnia degli Uniti, come rilevasi da questa lettera di un Giusto Giusti al Duca di Mantova colla data del 27 marzo, e riportata dal D’Ancona (II, 511) : Aurelia comica desidera sommamente di haver luogo et unirsi con la Compagnia di Vittoria (la celebre Piissimi) sperando con la scorta di si gran donna di poter avanzarsi nella professione. […] L’altra Aurelia famosa è la Brigida Bianchi, che, ritiratasi dal teatro nel 1683, e morta nel 1703 a circa novant’anni, non era ancor nata al tempo in cui il Giusti scriveva al Duca per raccomandargli la nostra ignota.
Esordì al Fosso, a Napoli, con Tommaso Tomeo nel ’65. […] E Giove fe’ venire a sè l’anima di Cammarano, e per dargli un degno premio l’impiegò nel Campo Eliso ; là diverte le buon’ anime e le fa crepar di riso. Indi a eterna sua memoria decretò di propria mano che mai più nel Regno Comico sorga un altro Cammarano.
Il ritratto che do qui, alcun po'ridotto, fu pubblicato a Roma del 1806 da Luigi Perego Salvioni, con in fronte il seguente sonetto : al merito sublime della signora ASSUNTA PEROTTI che con plauso universale ha sostenuto in roma nel teatro valle e nell’altro di apollo per più stagioni il carattere di prima attrice tanto nelle comiche quanto nelle tragiche rappresentazioni SONETTO Là su le piaggie apriche d’ Elicona avea Talia di propria man contesta nobil ghirlanda, e dicea lieta : or questa della PEROTTI io reco al crin corona ; Ma Melpomene allor : men chiaro suona forse il nome di Lei, se in regal vesta calza il coturno, e se feroce, o mesta, a terrore o a pietà gli animi sprona ? […] La società, poco fortunata, non durò che due anni, e la Perotti potè scritturarsi il 1824 con Mario Internari, poi con altri fino al suo settantesimo anno di età, nel quale risolse di abbandonar l’arte. […] Ma, ahimè, l’amica la precedè nel sepolcro, e i parenti, impossessatisi per legge di tutto, cacciaron di casa la padrona vera, la quale andò da prima limosinando, poi fu ricoverata all’ Ospizio di mendicità, d’onde usciva una volta la settimana per andare a pranzo dalla poetessa improvvisatrice Rosa Taddei, sorella del celebre caratterista.
Ciarlatano e capocomico, più noto sotto il nome dell’Anonimo, che assunse la prima volta in Genova il 1714, nacque a Busseto nel Ducato di Parma, il 13 luglio 1686 (secondo Tipaldo, il 5 luglio) da Giuseppe, militare, e da Maria Carpi, cittadina di Parma ; e abbiam da Goldoni notizie particolareggiate dell’esser suo. Mentre questi era a Milano, gentiluomo di Camera del Residente veneto (1733), arrivò, nel principio di quaresima, il Vitali. […] Il Goldoni aggiunge che trovasi nel quarto volume delle sue commedie (ediz. veneta del Pasquali) : errore questo, sul quale non ricordo di aver letto correzioni.
Il ’48 egli prese parte alla battaglia di Vicenza nel battaglione universitario, comandato dal colonnello Zambeccari, poi, tornato all’arte, entrò primo attore in Compagnia Perini e Cavicchi, e del ’49 a Ravenna, sposò la prima attrice Luigia Cavicchi. […] Imbarcati a Napoli sopra uno Scunner con tempo cattivo, dopo un’orribile traversata, il capitano fu costretto rifugiarsi nel piccolo porto di Milazzo. […] Il ’48 Luigi Gagliardi combatte a Vicenza nel battaglione universitario e la giornata finisce miseramente con la semidistruzione di que’ sciagurati e con la più rovinosa delle ritirate. […] Il capitano, che dopo il suo secondo tentativo per entrare nel porto, vide tutto perduto, preferì di morire a bordo del suo legno, ad un processo che lo attendeva a Marsiglia. […] Il Maire concesse un posto gratuito nel cimitero ; e tutte le arti prestarono l’opera loro gratuita per erigere un bel monumento che esiste ancora, e che io faccio conservare a mie spese.
Nell’altro frammento dell’atto III si vede il falso gusto dell’autore che non sa internarsi nel l’interesse de’ personaggi. […] Narrasi nel V che il tumulto è sedato. […] Ateneo (scrive Isacco Casaubon nel suo dotto trattato della Satira) chiama Satiriche le commedie composte da Silla. […] Si vegga l’antico commentatore sulla di lui epistola 4 del libro I, e Girolamo Tiraboschi nel T. […] Tacito nel VI degli Annali.
» Chi fosse questo Arlichino, a cui succedè nel servigio del predetto Monarca – continua il Quadrio – Ganassa, non ho potuto sapere. Il Ganassa pare fosse a Parigi sino alla morte di Carlo IX, 1574, anno in cui si recò in Ispagna con la compagnia, della quale era parte anche la maschera dell’Arlecchino, sebbene il Sand si contraddica, affermando che l’Arlecchino apparì in Francia la prima volta sotto Enrico III (I, 73) ; e raccontando poi come in un ballo di Corte sotto Carlo IX nel 1572, tutti i cortigiani vestissero il costume di una maschera italiana, e quello d’arlecchino fosse indossato dal Duca d’Anjou (Enrico III) (I, 43).
Quivi, col mezzo di Medebach, fu ospitato Carlo Goldoni, che, sul proposito, lasciò scritto nelle sue memorie : Questa era una vecchia comica, che sotto il nome di Fravoletta aveva esercitato eccellentemente l’impiego di Cameriera, che godeva nel suo ritiro d’un’agiatezza molto aggradevole, e che ancor nell’età di 85 anni conservava alcun resto di sua bellezza, ed una lucidezza di spirito bastantemente viva ed amena. Pare che la Fravoletta o Fragoletta (nomignolo che le venne da un neo che sembrava una fragola) non seguisse i suoi a Parigi, ove furon chiamati nel 1711 per la Compagnia del Reggente, trattenuta in Italia da un amoretto con Gaetano Giuseppe Casanova, il futuro marito della Zanetta.
Della Bon-Martini dice il Rossi nel 1° volume delle sue memorie (pag. 44) : …. mi occupai molto della direzione della compagnia, e specialmente della nuova prima donna, la quale, poveretta, faceva tutto quello che poteva ; ma le piaceva più cantare che recitare : e tale era la sua passione, che indusse anche me a cantare con lei. […] E cantarono infatti, acclamatissimi, romanze e duetti, or nellaMuta di Portici, or nel Nabucco, or nella Pianella perduta nella neve.
Creò nel 1793 al S. […] Luca in Compagnia Perelli, creandovi il 5 gennaio 1796 la parte di Sofia nel Ladislao del Pepoli.
Nato a Udine nel 1760 da parenti agiati, e rimasto orfano ancor giovanetto, si diede, non ostante il divieto del tutore, all’arte comica, nella quale riuscì ottimamente come primo amoroso. […] E la prova fu vinta, e la compagnia andò a gonfie vele, e il Dorati potè nel corso di venti anni scritturare i più illustri artisti del momento, non escluso il De Marini.
Grande nel recitare qualsivoglia parte, così premeditata, come all’improvviso, grande nel poetare, irreprensibile nei costumi, filosofo per eccellenza.
Scrisse varie opere teatrali, rimaste lungo tempo in repertorio, tra cui citiamo : Teresa e Gianfaldoni, Aver moglie è poco, ma il guidarla non è da tutti, Pare impossibile, ma tutto è vero, Giulio sordo e muto maritato a Parigi (seguito dell’Abate de l’Epée), e Balduino tiranno di Padova, tratto da un ballo ch’egli vide alla Scala di Milano nel 1803. […] Morì nel 1817, esempio di carità evangelica, amato e pianto da quanti lo conobbero.
Vissuta a poco più di sedici anni in un fasto, ch’ella accettò da famiglia non sua, entrò a vent’ anni circa e nel 1876, in Compagnia di Alamanno Morelli prima attrice giovane, facendovi le migliori prove sotto l’insegnamento di Adelaide Tessero. Egregia nel Suicidio, come nelle Orfanelle, magnifica della persona, di volto piacente, benchè di collo un po’ corto, dalla voce e dai capelli d’oro, adorna di abiti e di gemme come una principessa, era una bella promessa di futura prima donna.
Carlo Goldoni ritrasse i suoi pregi fisici e artistici nel seguente sonetto che nel Poeta fanatico recita Tonino (scena X dell’atto II) a Beatrice, sotto le cui spoglie si nascondeva appunto la Landi : Morbido e folto crin fra il biondo e il nero, spaziosa fronte, e bianco viso e pieno, occhio celeste or torbido, or sereno, angusto labbro, vigoroso, austero.
Recitò poi a sbalzi, con intervalli più o meno lunghi, per malattia o per altro, nelle Compagnie Reinach-Talli, Gramatica-Raspantini, Pia Marchi-Maggi, Severi-Garzes-Raspantini, e finalmente Pieri-Severi, in cui si trova anche oggi (1904), per andar poi nel futuro triennio con Oreste Calabresi. Finchè la Severi fu seconda donna, il pubblico e la stampa si occuparon solamente dello splendore fisico : ma dacchè, assunto il ruolo di prima donna assoluta, si è slanciata nel gran repertorio, allo splendore fisico pubblico e stampa trovaron di potere aggiungere una grande promessa artistica.
Del libretto [1.1] Messa nel teatro la debita disciplina, conviene ordinatamente procedere alle differenti parti che forman l’opera, per mettervi quella mano emendatrice di cui ha bisogno ciascuna. […] Una assai fedele immagine di tutto ciò si può vedere tuttora nel teatro di Francia, dove l’opera vi fu trapiantata dal cardinal Mazzarino, quale era a’ suoi tempi in Italia. […] Alla tanta pompa e varietà delle decorazioni, a cui erano avvezzi gli spettatori, si credette supplire con una regolarità maggiore nel dramma, cogli artifizi della poesia, co’ vezzi di una più raffinata musica. […] Tale è per esempio nel teatro francese il ballo dei pastori che celebrano le nozze di Medoro e di Angelica, e fanno venire Orlando, che in essi si abbatte, in cognizione dell’estrema sua miseria. […] [Nota d’autore n. 3] Il Montezuma fu scelto per argomento di un’opera rappresentata con grandissima magnificenza nel regio teatro di Berlino.
Vuol egli con tali parole in prima insinuare, che io gli abbia con malignità così descritti per tacciar di cattivo gusto gli Spagnuoli (nel che al solito combatte colle ombre impalpabili): in secondo luogo mette in dubbio la veracità di chi gli descrive. Nel primo punto avvelena un racconto innocente, e suppone nella nazione un mal gusto, che io non trovo in questa parte, nè ho sognato di segnalare; e nel secondo manca (e mi perdoni) di politezza. […] Quello però che è più notabile, e di maggiore importanza, per mio avviso, è il caso di un veloce incendio, nel quale non so come la calca intanata in que’ meschini Corridoj interiori, e in quelle angustie de’ varj spartimenti, potrebbe liberarsi prontamente dal rimanere divorata dalle fiamme, o soffogata dal fumo. […] Lampillas, che i nazionali savj non fanno apologie de’ manifesti difetti, ma pongono l’energia del patriotismo nel confessarli, e riprovarli per promuoverne la correzione. […] Ma forse ho io nel 1777.
, 126, nota), si parla di un Flaminio Napoleone o Nobilione, che nel 1648 era a Roma coll’ambasciatore di Francia e aveva intelligenze coi ribelli napoletani. […] Il Croce, nel quarto punto dell’appendice, oltre a' titoli delle parti, ond’è composto, riferisce alcuni brani di un codice dal titolo : La pazzia di Flaminio nel presupposto tradimento di Cintia – a 15 maggio 1680, ove sono soliloqui, parlate e dialoghi, relativi tutti alla parte di Flaminio. […] Poi, scioltasi l’armata italiana per l’entrata degli Austriaci in Milano, e rifiutatosi il Nardelli di continuar nel servizio, se ne tornò alla natìa Verona. […] Passò a seconde nozze (la prima moglie, una mediocre servetta figlia di comici, gli morì nel '39) con certa Barbato, figlia d’un suggeritore, e morì non ancor settantenne.
Bartoli ci dà così le prime notizie artistiche di lui : Danzando in Firenze sotto la maschera di secondo Zanni nel Teatro della Pergola, fu veduto dal Gran Duca Gio. […] A lui è dovuta la costruzione dell’arco 627, sotto il quale è scritto : Antonio sacco | e compagni comici | con la recita fatta | nel teatro formaliari | li x luglio mdcclix. […] Lo vediamo la primavera del’69 nel Nuovo Teatro di Corte di Modena (V. […] III, delle Memorie sentenzia : « Il nostro secolo ha prodotto tre gran comici quasi nel tempo istesso. […] Egli scrive : Benchè in teatro, per compiacere il grosso dell’udienza, egli si lasci scappare qualche cosetta un po'grassetta, pure nel suo conversare familiare egli è tale che le vostre intemerate Marianne e Carlotte non hanno che temere….
Nonostante il divieto del padre, uomo di austerità singolare, e schiettamente e profondamente religioso (tre altri figli datisi agli studi ecclesiastici, coprironto alte cariche nel clero), frequentando nascostamente i teatri, fu preso d’amore per l’attrice Adelaide Pasquali, figlia di un ex-capitano contabile di Napoleone, poi capocomico, e di Annetta Verolti ; e fuggito dalla casa paterna per entrar nella Compagnia del futuro suocero, si diede con tanto amore all’arte che potè riuscrire brillante prima, poi caratterista non de’peggiori, al fianco de’grandi artisti del tempo, Ventura, Monti, Pertica, Taddei, Vestri, Marchionni, Pelandi, Internari e Vergnano. […] Fu capocomico in società col cognato Luigi Preda, il noto meneghino ; e nel 1856 se ne separò per formare una compagnia italiana di primo ordine, in cui affidò al figliuolo Domenico le parti di brillante assoluto.
Luca, prima donna a vicenda colla Marta Bastona, della quale divenne un’emula fortissima ; lasciò giovane il teatro, e viveva ancora nel 1782 a Venezia, avendo – aggiunge il Bartoli – il marito impiegato in cariche civili, che a lui procacciavano un utile guadagno, ed a sè stessa una quiete più tranquilla nell’età sua, che a gran passi alla vecchiezza s’incamminava. Del merito di lei fa fede Carlo Gozzi, il quale nel Ditirambo pel Sacchi Truffaldino (Firenze, tip.
Dopo un solo triennio si ritirò in una sua villa, presso Cremona, ove morì nel 1817. A testimonianza del valor suo, Francesco Righetti nel secondo volume del suo Teatro italiano, dice : « Il personaggio di servetta era semispento nelle compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della commedia goldoniana. »
Morto improvvisamente il primo attore della Compagnia Battaglia (annegò nel Po con altri comici, mentre si recava da Pavia a Piacenza), il Patella andò a sostituirlo ; e, trovatosi in un campo adatto alle sue eccellenti qualità artistiche, potè ne'primi teatri d’Italia ottener successi clamorosi, confermati poi nel San Giovan Grisostomo di Venezia, dove, esordito col dramma di Monvel Clementina e Dorigny, tanto vi piacque, che la veneta aristocrazia disertò gli altri teatri per recarsi ogni sera a sentir lui, il quale, dopo alcune sere, nella creazione dell’Aristodemo di Monti e di Nerone nell’Agrippina di Pindemonte raggiunse il sommo del trionfo.
Si recò del 1717 a Parigi a sostituir di quando in quando nella Commedia italiana il vecchio Bertinazzi, ed esordì col Camerani l’8 di maggio nel Maître supposé, nuova comedia italiana, che non piacque. Sacchetti, così è citato nel D'Origny, non parlò francese, con assai poco diletto degli spettatori ; ma egli volle, fermamente volle, dopo soli quattro giorni, uniformarsi al gusto del Paese, e vi riuscì.
Moglie del precedente, figlia di Gabriello ed Angela Costantini, fu prima attrice di qualche pregio ; ma per la figura piuttosto piccola, benchè gentile, la persuasero a passare al ruolo di serva, nel quale riuscì egregia per lo spirito e la spontaneità. Fra le tante poesie che le furon dedicate, il Bartoli trasceglie il seguente sonetto, parto felice (dice lui) d’un dottissimo Cavaliere Urbinate : Recitando con applauso universale nel Teatro de' Nobili Sig.
Figlia del precedente, nata a Bassano veneto il 1875, fu prima educata nel Collegio di Oneglia, poi, giovinetta ancora, ne uscì per seguire il padre nelle sue peregrinazioni artistiche. Mostrate subito chiare attitudini alla scena colle parti di adolescente nel Povero Piero e nella Morte Civile, potè a quindici anni affrontare il gran pubblico quale amorosa della Compagnia di Teresa Mariani.
Di bellissima figura, di ottima voce, di intelligenza pronta e svegliata, fu egualmente ammirato nella commedia, nel dramma e nella tragedia ; ma principalmente in questa. Passò poi nella Compagnia di Carlo Re, della quale doveva essere primo sostegno Luigi Vestri, che morì nel suo cominciamento, poi in quella Alberti ai Fiorentini di Napoli, per un triennio, spirato il quale, tornò nell’Italia Centrale, formando una Compagnia che condusse per anni con varia fortuna.
Ciotti Francesco, nato a Firenze il 1835 da un impiegato di dogana, fu per trentasette anni il più aristocratico, è la vera parola, tra gli attori del suo tempo : aristocratico nella dizione, nei modi, nel vestire, nella persona, nella voce, in tutto. […] Si ricordano ancora a Milano gli entusiasmi quando Ciotti appariva nel Falconiere di Pietr’Ardena a far da sirena dicendo i versi melodiosi del Marenco. […] E tra il tumulto per le feste a Guglielmo, Imperatore di Germania, venuto a Milano nel 1875, i giornali registravano i fanatismi del Trionfo d’amore di Giacosa, ripetuto 15 sere, i cui versi, come un’onda melodica, uscivano dalla bocca di Ciotti e di Virginia Marini. […] Creò la Contessa Paola nella Satira e Parini e Teresa nella Prosa di Ferrari, e fu la prima Baronessa nel Figlio di Giboyer di E.
Studiò legge, e senza aver appartenuto ad alcuna società filodrammatica, mostrò sin da piccolo amore grandissimo al teatro di prosa, nel quale esordì come autore, facendo rappresentar di giorno al Malibran per beneficiata del primo amoroso della Compagnia Zocchi e Bonivento un suo lavoro in cinque atti, intitolato Antonio Dal Ponte, fondatore del Ponte di Rialto, sotto il Doge Pasquale Cicogna, ch' ebbe l’ onore di due repliche. […] se lo avesser visto nel Padre Prodigo, nei Fourchambault, nel Torquato Tasso di Goldoni, lavori d’ indole così disparata ! […] L' '85, a Nizza, Giuseppe Pietriboni, quando si facevan sulla scena lavori di riadattamento nel teatro incendiato, visto nella penombra socchiuso un uscio, e credutolo quello di un camerino, lo aperse e vi entrò.
Meglio non saprei fare che trascriver fedelmente le notizie di lui, comunicatemi dall’egregio quanto modesto scrittore di cose nostre teatrali, Antonio Fiacchi, l’antico Piccolet del noto giornale Piccolo Faust : Pilla Cesare nacque a Bologna nel 1807. […] Tornato in patria, prese parte a tutte le campagne nell’esercito regolare e morì nel 1891 col grado di colonnello, a 90 anni. […] Di animo generoso, quanto aveva era degli altri, e se nel momento del bisogno gli si ricordavano crediti che aveva per prestiti fatti, andava su tutte le furie, esclamando : « Debbo angariare chi non può dare ? […] Tenutosi per un po', si capisce con quale sforzo, nell’attitudine del vinto, ad un tratto si slancia sul vincitore, lo afferra, lo rovescia al suolo gridando nel natio idioma : An’ srà mai dètt che Pilla staga dsòtta !
Era il '76 col padre in Compagnia di Luciano Cuniberti, ma si può dire che cominciasse a recitare nel '79 — tredicenne appena – con Annetta Pedretti. […] Amo l’arte ovunque si trovi, e anche se il romantico e il convenzionale sanno persuadermi e far vibrare la mia anima per modo che io possa trasfondere nel pubblico la commozione mia, li accetto. » Di qui la grande varietà del suo repertorio : accanto a Hedda Gabler, Suor Teresa ; a Casa paterna, Zaza ; a Maria Stuarda, La Locandiera ; a Debora, Fedora ; a Tosca, Adriana Lecouvreur ; a Seconda moglie, Frou Frou ; a Casa di bambola. […] Clarice Tartufari in un opuscoletto del Biondo di Palermo così la difende : ……tale origine rimane cosi avviluppata nel velo dell’esagerazione e così contorta dalle molteplici aggiunte della fantasia, che essa finisce per confondersi con la menzogna. […] sta bene : non dimenticherò l’indirizzo della sua ditta, quando avrò bisogno de'suoi prodotti. » E di un altro giovine autore, pallido, mingherlino, dal volto triste e spaurito, seminascosto dietro una quinta, a cui la Vitaliani spontaneamente si volse, incoraggiandolo con dolci parole ; e promettendogli di leggere la commedia, che prese con gentile violenza, pose con grazia squisitamente signorile la sua piccola mano nella mano tremante dell’incognito drammaturgo ; e, accomiatatolo, si volse alla Tartufari dicendo : « Umile con gli umili, superba coi superbi : tale è il mio motto. » E di questa sua bontà anche fa fede sua madre, in una lettera a me diretta del '900, in cui dice : « L'Italia è una buona figlia, amorosa ; essa viene spesso a trovarci, e si trova beata e felice quando rimane qualche giorno fra le braccia di sua madre che adora, e dei suoi fratelli e sorelle. » E parlando poi la Tartufari della vasta e solida coltura, di cui la egregia attrice non fa alcuna pompa, intesala un mattino discorrere nel Duomo di Siena dei tempi torbidi e poetici dei comuni con parola sobria, ma colorita e precisa, « Dove trova il tempo lei d’imparare tante cose ?
Medoni Nicola, nato in Genova nel 1803 da onesta famiglia, e fatto un corso regolare di studi, si diede all’arte comica, nella quale, mercè l’ingegno svegliato, la bella figura, e la voce magnifica, riuscì egregio, occupando in breve il ruolo di primo attore assoluto nella Compagnia del suo concittadino Luigi Favre. […] Abbandonato il teatro, si ritirò in patria, ove morì nel 1882.
Per servir sempre al possibile all’istorica veracità in ogni parte di quest’ opera, conviene quì aggiugnere una nota al libro III contenuto nel presente volume, indi due correzioni, giunte, o miglioramenti al precedente. […] A provarlo (egli dice) “si posson recare alcuni bei monumenti tratti dagli Statuti della Compagnia de’ Battuti di Trevigi eretta nel 1261 e pubblicati dal più volte lodato sig. conte canonico Avogaro (Memorie del B Enrico P. […] Bracci, de’ quali leggesi un bell’ estratto nel Nuovo Giornale Modanese de’ Letterati d’Italia tom.
In brevissimo tempo il giovane e già forte artista passò dal repertorio regolare di compagnia, alle parti del grande repertorio, allettato, nel costante favore del pubblico, da speciali interpretazioni di Amleto e di Otello. E infatti egli si mostrò sotto le spoglie de' varj grandi personaggi di Shakspeare, salutato, se non forse come un avvenimento, certo come una promessa ; e la fama del trionfo corse ovunque nel vecchio e nuovo mondo, ed egli s’ebbe onori inaspettati in Russia, in America, in Austria, in Polonia, ecc. […] Se per poco questo pur giovane artista avesse potuto persuadersi nel principio della sua carriera che l’arte va coltivata con maggior cura e serietà, con indagini perseveranti, con profonde meditazioni, affinchè renda frutti maturi e prelibati, non ne raccoglierebbe degli scialbi ed acerbi.
A dare un saggio dell’arte sua poetica, metto qui il principio e la fine dell’ode ch'ella dettò nel '64 per la malattia del fratello Luigi : Sorgi, suonò di Naim in su le porte l’Eterna voce onde l’inferno è vinto ; e tosto dal feral sonno di morte surse l’estinto. […] Fratel, che tante lagrime mi costi, solo un conforto hai tu nel tuo malore ; che almen felice nel dolor tu fosti fra tanto amore.
Quando questi condusse nel 1824 la Compagnia nell’Italia Centrale, il Tessari ne uscì, per rientrarvi poi l’anno dopo, diventandone a' Fiorentini, il proprietario fino all’anno 1839, in società con Prepiani e Visetti (V)., stipendiato dalla Corte. […] Righetti, nel volume secondo del suo Teatro Italiano, « Ho riconosciuto – scrive – pochi attori, che più del signor Tessari studiassero di penetrare nel carattere del personaggio che dovevano rappresentare.
Suo marito, quando ella recita, va nel parterre a batter le mani. […] Udire quella brutta vecchiaccia a chiamarlo sempre colviscere mie, mio core, anima mia, parole paralitiche che le ballavano in bocca prima di uscire ; veder lui zoppicando starle attaccato sempre alla gonna, usare il diminutivo nel di lei nome, vaneggiarla, alla presenza di tutti, era cosa da eccitare il vomito alli stomachi più forti eziandio. […] Ma la commedia che aveva, già cinque anni prima, dato fama di grande attrice alla Bresciani, fu la Sposa Persiana, rappresentata per la prima volta in Venezia l’autunno del 1753, con successo meraviglioso, che diè poi tanto nel naso al Gozzi, da fargli stampare il Canto della Sposa Persiana, che è la più volgare e acerba critica della commedia. […] Milano, Dumolard, 1885) alla commedia intitolata I Viaggiatori, non mai stampata, forse pel poco successo avuto, e rifatta poi dal Goldoni a dramma giocoso in tre atti, col titolo : I viaggiatori ridicoli pel Duca di Parma nel 1756 che lo creò in quell’anno suo poeta di Corte. […] III) vediamo che la Bresciani recitò nel 1760 vari altri prologhi del Goldoni : alle recite autunnali nel teatro di S.
E come avrebber potuto farsi un’idea dell’arte sua tutta suggestiva, o terrifica, o spasmodica, negli Spettri d’Ibsen, nel Pane altrui di Turguenieff, nel Nuovo Idolo di De Curel, nelle Anime solitarie di Hauptmann, nei Disonesti di Rovetta, nel Kean di Dumas, nel Don Pietro Caruso di Bracco, nella Morte civile di Giacometti, nell’Al Telefono di De Lorde ? Come delle squisitezze di cesellamento nella Resa a discrezione di Giacosa, nell’Amico delle donne, nel Demi-monde e Padre prodigo di Dumas figlio, nel Duello di Ferrari ? […] I maestri, nel senso di fabbricatori di artisti, non sono mai stati e non saranno mai, perchè l’ingegno e il sentimento non li dà l’uomo. […] Se lo Zacconi affermasse che oggi, tempo di troppo sapere, un artista coscienzioso non può permettersi il lusso di morire a soggetto, di spasimare genialmente, avrebbe, nel fondo, tutte le ragioni. […] Tuttavia (e qui non voglio toccar la quistione della logica nel genere di morte di Corrado), se artista sommo ci è apparso fino a ieri Tommaso Salvini, e artista sommo ci appare oggi il siciliano Giovanni Grasso, il quale sa di ospedali e di morti, quant’io di meccanica, grandissima lode va data allo Zacconi, se all’entusiasmo della moltitudine vuole anche congiunta la sapiente ammirazione dello scienziato.
Scritturata da Gaetano Nardelli, vi si perfezionò a segno da divenir nel ’39, quand’egli smesse di condur compagnia, e già sposa da due anni dell’attore brillante Antonio Giardini, la prima attrice assoluta di una società che il marito aveva formata con Voller e Bellati, e in cui fu scritturato come poeta Paolo Giacometti. […] Carolina Fabbretti, dotata di bella figura, ottima voce, e volto e sguardo espressivi, recitò assai bene così nella commedia, come nel dramma e nella tragedia.
Era il '53 primo amoroso della Compagnia Sadowski-Astolfi, e primo attor giovine, il '55, di quella di Ernesto Rossi, il quale di lui lasciò scritto nel primo volume delle sue memorie : Il vero sesso forte si componeva di un certo Raimondi, il quale disimpegnava le parti di primo attore giovine e primo amoroso : e ti posso assicurare che era un bravo giovinotto, pieno di zelo, ricco di talento, abbondante di sentimento. […] Fra le parti ch' egli sosteneva egregiamente v'era, a detta del Pieri, quella comica di Suggeritore nel Goldoni e le sue Sedici Commedie Nuove di Paolo Ferrari.
Recitò mediocremente nelle parti di dramma e di tragedia, ma venuta in età matura, si diede al ruolo di Caratteristica, nel quale riuscì attrice pregiatissima, acquistandosi sino al primo ventennio del secolo xix una bella rinomanza. […] Bartoli – un gestire bene adatto ed una intera e puntuale esattezza nel suo dovere la resero gradita, e le meritarono il nome di rinomata attrice.
Fu dunque secondo brillante il ’66 con Bellotti-Bon, poi primo amoroso il ’67 con Coltellini, il ’68 con Vernier, col quale creò con gran successo la parte di Sirchi nel Duello di Ferrari, il ’69-’70 con Alessandro Salvini, e il ’71 con Peracchi : poi, Capocomico. […] Nel Mercadet di Balzac e nel Matrimonio di Figaro di Beaumarchais, non ebbe rivali mai ; pochissimi nella tragedia di Shakspeare, di cui fu ed è tuttavia interprete de’ più forti. […] Ma quando si presenta ai lumi della ribalta, forte di quegli studj, sicuro di sè, vissuto ben lungo tempo nel suo personaggio, fattolo spirito del suo spirito e carne della sua carne, il pubblico si trova sempre dinnanzi a un’opera di novazione, discutibile certo, ma certo opera d’arte, e della grande arte. […] Lessi costantemente tutte le critiche, che mi si fecero ; molte ne accettai, molte ne ripudiai : non fui scosso mai dall’impressione che le mie interpretazioni destavano nel pubblico o nella critica : non sentii mai orgoglio d’un applauso, mai ribellione per un fischio : non sollecitai mai un articolo di lode, nè…. […] Chi ha udito al Valle l’ Emanuel nella Odette, nel Nerone e in questa Fedora, è costretto a riconoscere non esservi oggidi in Italia chi gli contenda il primato.
La milizia musulmana nel secolo XVI era la più disciplinata di tutta l’Europa. […] Egli viveva a’ tempi di Francesco Petrarca, ed il suo poema si tradusse nel secolo XVII da Oleario in tedesco, e da Genzio in latino. […] A tutto ciò si aggiunga quanto riferimmo sin dal 1789 nel tomo V di questa istoria sulla fede dell’ab. […] Si vegga ciò che se ne dice nel tomo I della Gazzetta letteraria dell’Europa, dove si parla delle Lettere di Miledy Maria Worthley. […] Egli scrisse tre volumi sulla Letteratura Turchesca impressi nel 1787.
Chi in tanta luce ardirebbe presentar sulle scene nell’atto I un eroe nascente in Bisnagar e nel III canuto nel Senegal? […] Una manifesta decadenza osservava, sono alquanti anni, nel teatro di Londra il dottissimo ab. […] E rappresentata chi avrebbe sperato che si ripetesse sette volte nel teatro del Principe con applauso, e con profitto della cassa, avendo dato ai comici di entrata de’ nostri docati 123080? […] Io mi lsingava del contrario sin dal 1777: ma essa ha pure applaudito il Bouru bienfaisant, e non per tanto dopo tanti altri anni non osa rientrar nel camino della buona commedia e ne’ confini prescritti dall’invariabile Ragion Poetica.
La Celia — egli scrive da Ferrara, ov'egli si trovava con la Compagnia e con la stessa Malloni, ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, il 6 gennaio 1627 (pag. 964) — è la prima donna che reciti, poichè se la Compagnia od altri mettono fuori opere 0 comedie nove, lei subito le recita, che la Lavinia (l’ Antonazzoni) nè altra donna non lo farà, se prima di un messe, non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene. […] ), sì il Magnin nel suo Teatro Celeste in Rev. d. deux m. […] Alla testimonianza Gabbrielli, va subito congiunta quella del Beltrame Barbieri, che nella Supplica (1634) chiama la Celia giovane di belle lettere e comica famosa ; alle quali poi tengon dietro quelle di letterati illustri, e, prima, del Cavaliere Marino, che, nell’ottave 68, 69 e 70 del Canto XVII dell’ Adone, la mette quarta fra le Grazie : Un’altra anco di più, che 'l pregio ha tolto D'ogni rara eccellenza a tutte queste, Aggregata ve n’è, non è già molto, E sempre di sua man la spoglia, e veste, Celia s’appella, e ben del Ciel nel volto Porta la luce, e la beltà Celeste ; Ed oltre ancor, che come il Cielo è bella, Ha l’armonia del Ciel nella favella. […] E per la pastorale infatti abbiamo nuova testimonianza nel seguente sonetto che le indirizzò il conte Ridolfo Campeggi, quand’ella recitò in Bologna l’ Aminta del Tasso : Alla Signora Celia Comica Confidente, Silvia nell’ Aminta rappresentando Donna, s’io miro gli occhi, o il crine in onde, La bella fronte, e le serene ciglia, In sè (dico al mio cor) con meraviglia Le bellezze del Ciel Celia nasconde. […] E metto qui ancora il seguente, non citato dal Bartoli, che tolgo dalle Rime di Pace Pasini, edite a Vicenza nel 1642, per gli eredi di Francesco Grossi : Sopra Celia Comica Scioglier la lingua, & annodare i cori, melar le labra, e amareggiar gli affetti, piagare i seni e non aprire i petti, strugger la speme et animar gli amori ; Scoprir la neve e suscitar gli ardori, nutrire angoscie e partorir diletti, influir tema e implacidir gli aspetti, sono in Celia d’amor forze e stupori.
Essa accettò, il matrimonio accadde nel 1858, e Virginia Marini diventò nello stesso tempo attrice. […] Fioccarono gli applausi, e lei, poveretta, non credeva a sé stessa ; subito Tommaso Salvini la slanciò nel genere drammatico, e il successo fa eguale. […] Fu con Ermete Zacconi e con Giovanni Emanuel…. poi…. mutati i tempi, mutati i sistemi, mutati gl’indirizzi, mutate le scuole, si ritirò dall’arte in Roma, ov'è tuttavia, chiamata a coprire la cattedra di arte della recitazione nel Liceo musicale di Santa Cecilia, creata per decreto del Ministro Baccelli. […] Sulle prime è la giovine donna che ama e crede nell’amore, che pare profonda e confidente nei gesti, nel volto, nei toni pacati della sua bella voce ! […] L'arte della Marini fu plastica nella dizione e nel portamento.
» La troviamo poi nel ’35 fra gli attori che rappresentarono l’operetta comica in tre atti del Goldoni stesso, musicata da Giacomo Maccari, romano, La fondazione di Venezia (V. […] Tutte le compagnie drammatiche primarie avevan poi questo ruolo speciale di cantatrice, che consisteva anzi tutto nel dover cantare gl’intermezzi dell’opera e le canzoncine finali o couplets.
Antinori Amilcare, della famiglia dei marchesi Antinori di Perugia, invaghitosi nel 1842 dell’Annetta Vestri, figlia del celebre Luigi e artista di non pochi pregi, si diede con ogni amore all’arte comica. […] Esiste un suo libretto stampato a Parigi nel 1623 (?)
La troviamo insieme con lui, terza nell’elenco della Compagnia Paganini, poi prima donna a soggetto in quella di Giuseppe Pellandi nel 1797-98, poi madre nobile in quella di Morrocchesi nel 1802, nella quale il marito era caratterista.
Fu il 1880 con Antonio Colomberti, che in una sua nota inedita dice di lui : …. avemmo campo di apprezzarne le doti artistiche nel dramma di Gualtieri, Silvio Pellico, nell’Antigone di Alfieri, nella Signora dalle Camelie di Dumas, in varie commedie di Gherardi Del Testa, ecc. […] Morì nel ’69 a San Pier d’Arena dopo breve malattia, a soli cinquantacinque anni.
Il sonetto pubblicato nel 1654 poteva essere stato composto alcuni anni prima, e la giovine ben promettente, poteva essere ancora tra le comiche famosa a poco più o poco men de’ quarant’anni. O forse è un lieve error di data nel Quadrio, e dovrebbesi in questa Cintia riconoscer la Dorotea Cortigiana degl’Inganni, comica celeberrima, lodata da poeti e poetessa anch’ella ?
Scapino cita solo nel testamento la moglie Spinetta e la figliuola Diana. […] E se nel testamento nominò de’figli soltanto la Diana, ciò forse fu perchè ella sola rimase in compagnia di lui sino alla morte.
Orfano della madre a sette anni, fu messo nel collegio militare di Maria Luigia in Parma, di dove uscì a sedici anni, per dedicarsi poco dopo all’arte, contro la volontà del padre che avrebbe voluto farne un soldato. […] Nè buon artista e buon compagno fu solamente, ma anche buon cittadino ; chè, sergente il ’49 nel 3° reggimento di linea della Repubblica romana, combattè a Velletri e alla difesa di Roma, assieme al capitano Masi, padre del brillante attuale.
) : Nel 1662 era a Napoli, tra i comedianti lombardi, ano chiamato Zaccagnino, che recitava da Zanni, « qual godeva una donna chiamata Lavinia, similmente comediante e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’ è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza, e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, et altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono. […] Strana coincidenza : mentre nel 1690 l’Anna Maria Torri sosteneva le parti di Lavinia in Compagnia del Duca di Modena, Giulio Cesare Torri quarant’ anni prima (1650) sosteneva quelle di Zaccagnino nella stessa compagnia.
Fatti gli studi in quella Università, si diede all’arte comica, la quale esercitò dapprima in compagnie di second’ordine, poi in quelle primarie di Taddei, di Raftopulo, e di Tessari, Prepiani e Visetti ai Fiorentini di Napoli il 1825, sostituito poscia dal Gottardi, nel qual tempo abbracciò il ruolo del brillante. […] Morì a Foggia nel 1845.
.), è questo brano che si riferisce al Marchetti : …… pongo auanti gl’occhi di Vostra Signoria Ill.ma che sono in Napoli con cinque persone carico di debiti fatti per uenir in questa Città, non con altro ogetto che di leuarmi dalla tirannia e persecutione di Lelio marchetti e suoi adherenti, che è stato la rouina di mia casa, che se io hauessi hauto minimo comando nel tempo sono dimorato in modona non mi sarei partito e non sarei cosi consumato. […] Molto probabilmente la moglie è quella tal Marchetta, citata al nome di Girolamo Chiesa, la quale appunto, nel 1664, s’era fatta autrice d’una Compagnia, in cui s’erano impegnati il Dottor Violone e Bagolino : impegno che, a detta dello scrivente Ludovico Bevilacqua, era più atto di perfidia, e liuorc contro la signora Marzia (la Fiali) che sincero, et anteriore à quello, che haueuano con questa signora….
) : Giuseppe Pasquale Cirillo che, assieme al Lorenzi, recitava nel teatrino domestico del Duca di Maddaloni ed aveva anche un altro teatro di filodrammatici a casa sua….. e che, per mettere in burla un paglietta molto conosciuto per la sua bessaggine cercava l’attore che ne sapesse vestire i panni e l’ignoranza, capitò un giorno in un barbiere alto allampanato e con un naso meraviglioso : proprio tal quale il paglietta di cui voleva far la caricatura. […] Una sera, nel 1768, il pubblico della Cantina, mentre applaudiva freneticamente al Massaro, lo vide, d’un subito, arrovesciarsi addietro e stramazzar, con un grido, sul palcoscenico.
Piamonti Isolina, nata a Firenze il 1841 di famiglia senese (Travaglini), studiò recitazione nel Ginnasio drammatico del prof. Filippo Berti, e nel '58 esordì al Teatro Paganini di Genova, quale amorosa nella Compagnia di Luigi Domeniconi.
Fu lungo tempo, ed è tuttavia, buon compagno di Eleonora Duse, a fianco della quale si fa specialmente apprezzare dai vari pubblici nostri e forastieri, sì nell’Armando della Signora dalle Camelie, sì nel Claudio della Moglie di Claudio, e nell’Obrey della Seconda Signora Tanqueray, e in altro. Nel '99, in Compagnia Rasi, creò fra tante al Filodrammatico di Milano, la parte di Henschel nel Vetturale Henschel di Gherardo Hauptmann, ottenendovi uno schietto e clamoroso trionfo per la grande vigoria, non discompagnata dalla più grande semplicità.
Dal '95 cominciò le sue fortunate società, con Compagnie essenzialmente comiche, e con artisti egregi nel genere, quali : Talli, Tovagliari, Zoppetti, Guasti, Falconi, Ciarli. […] Moglie del precedente, nacque a Ravenna nel 1865.
Figlio del precedente, nato a Parigi il 1744 ; studiò sotto lo zio Dehesse, apparve il 22 febbrajo '49 nel ballo degli Enfants vendangeurs, eseguito dopo Le Retour de la paix di Boissy ; poi negli altri due balli Les Enfants sabotiers e Les Vendanges, suscitandovi entusiasmo. […] lle Giovanna Nicoletta Tisserand, che esordì alla Comedia italiana il 2 ottobre '76 ; fu ricevuto a un quarto di parte il 12 aprile '75 ; si ritirò dal teatro il maggio dell’ '89, e morì nel 1807.
« L'eroico slancio (diceva il manifesto) di quei Prodi, che versando il loro sangue mirano alla libertà e grandezza della Patria Terra, ben merita essere assecondato da ogni uomo cui batte nel petto cuore Italiano. » E protrattosi di quattro recite il corso stabilito, metà dell’introito, dedotte le spese serali, fu per tutte quattro le sere a profitto de' Siciliani. […] Sua moglie, Rosa Bresciani, figlia d’arte, e discendente forse dalla celebre Caterina, recitò sempre con lui, e morì a Mestre nel 1888.
Samuele, ove il poeta fu ospitato per più d’un anno, pare la stessa, in cui troviamo il capocomico nel catastico del 1740, a pochi passi dal teatro, e precisamente nella così detta Corte del Duca, appresso il palazzo Malipiero…. […] , I, IV). » Codesta Teresa, divenuta poi l’amante di Casanova, poi, a Londra, la famosa Mistress Cornelys, colla scorrettezza della vita privata, e l’altra figlia, Marianna, cantante anch’essa, colla meschinità del suo talento, ma sopratutto, io credo, la moglie Paolina, ch’era nel 1736 terza donna della compagnia, furon la causa della rovina d’Imer, il quale, dice il Bartoli, « avanzato poi in età fu mantenuto decentemente da’ suoi padroni, i nobili Grimani, onde, dopo d’aver vissuto alienato dalla professione tutto il corso della sua vecchiezza, passò all’eterna beatitudine nel 1758 (op. cit.
Comico egregio, che recitava nella prima metà del secolo xvii le parti di secondo Zanni sotto il nome di Bertolino, e di cui Niccolò Barbieri, detto Beltrame, nel Capitolo VII della sua Supplica, dice : Il Signor Nicolò Zeccha detto in Comedia Bertolino giouane di gran coraggio, e di qualche eccellenza nel giuocar d’armi, e nel danzare, ha riceuuto honore di seruir molte volte nella Caccia la Sereniss.
Avrebbe voluto allora, nel momento della grande sciagura lasciar l’arte, ma l’arte, entrata ormai nel suo sangue, non la lasciò. Ed ecco la Zucchini nell’autunno del '73 con la Ristori, con cui fu in Inghilterra, e nel '74-'75 con la Zampolli, direttore il Toselli, assunta al grado di prima donna, che sostenne assai decorosamente pei molti pregi artistici onde era dotata, ma non fortunatamente per la costituzione del fisico forte e sviluppato, in aperta contraddizione colla sentimentalità e romanticheria dei caratteri che doveva riprodurre.
Un curioso prologo è questo, composto, al dire di esso Bartoli, in occasione di dover recitare a Bologna nel carnevale del 1611…. e che qui io pubblico intero, assieme alla riproduzione del frontespizio, per dare una idea ben chiara di questa variazione (sudiciotta, se vogliamo) della maschera del Dottore, di cui, per quanto io mi sappia, non è traccia fuorchè nel nostro Aniello. […] Gli Dei son raunati in consiglio, & è nato tra essi vn gran disparere, però hanno bisogno della presenza vostra ; Io galantamente rispondo, che per fargli seruitio sono in ordine, lui di posta mi piglia in braccio, & in vn batter d’occhio mi porta in Cielo, e non ve ne voleua di manco, perchè vn poco più ch’io fussi tardato, quei Barbassori si sarebbon date tante le maledette pugna nel naso, che sarebbe piouuto mostarda per otto giorni, e la spetiaria di maestro Apollo sarebbe stata sfornita d’vnguento di biacca, e difensiuo. […] Non prima mi fui posto nel Soglio giudicesco, che tutti in truppa, come tanti Zingari, cominciarono a voler dirmi le lor ragioni. […] Vmbè allora appunto, capi da sassate, io presi la mia madonna Venere in braccio, e di peso me la portai in terra, e posatala su la riua del Reno feci le corna a quel zoppo, affumato del suo marito ; & in honore della riceuuta vittoria, fabricai subito in quel luogo vna Città, nominandola Bononia, quasi Bonum onus, cioè buono, e soave m’era stato il peso nel portar Venere di Cielo in terra. […] Rimasero tutti con vn palmo di naso, spantati, strasecolati del mio sapere ; e fatto metter in ordine la carrozza del Sole, fattomi compagnia insieme Alla porta d’ Oriente, me ne rimandarono nel mio studio ; e si vede, che dal gran caldo son diuentato vn pò pò nero : Ma ’l nero il bel non toglie.
Bartoli – con bravura il carattere d’Innamorato nella Compagnia diretta dal Lapy nel Teatro di S. […] Volò il grido de’ suoi meriti sino a Parigi, e fu colà chiamato, perchè la parte dell’Innamorato egli recitasse nella Truppa Italiana. » Bartolommeo Camerani si recò a Parigi nel 1767 chiamatovi a recitare i secondi amorosi, alternativamente con Francesco Antonio Zanuzzi e Antonio Stefano Balletti, e vi esordì la sera dell’ 8 maggio, insieme all’ arlecchino Sacchetti nel Maître supposé, nuova commedia italiana che non ebbe veramente un gran successo. […] Quando nel 1780 la Francia pensò di disfarsi di tutti gli attori che recitavano il genere italiano, Camerani fu licenziato come ogni altro ; e, benchè non compiuti gli anni voluti per la pensione, glie ne fu concessa una di lire 1000, oltre ad altre lire 5000 che gli furon pagate in due rate annuali.
Le prime notizie che abbiamo di lui son del fratello Drusiano dalla Spagna, ov' erano entrambi, l’uno attore, l’altro direttore, nel 1588. […] A questo infatti, col mezzo del signor di Rohan suo cugino, allora in Firenze, fece, il 21 dicembre '99 da Parigi, l’invito formale di recarsi nel suo regno, promettendogli ogni buon trattamento : e l’invito fu accettato per la Pasqua vegnente, e il Duca Vincenzo I il 19 aprile raccomandava con ogni calore al Duca d’Aiguillon e al Duca di Nevers i suoi bonissimi recitanti. […] Gli Accessi erano ancora l’ottobre del 1601 a Parigi, d’onde, nonostante le richieste della Contessa Maria di Boussu per averli nelle Fiandre e in Brabante, pare tornassero in Italia nel prossimo autunno. […] Seguiron nuovi inviti a più riprese del Re e della Regina al Duca e alla Duchessa e ad Arlecchino medesimo, il quale tuttavia persistè nel rifiuto. […] Morì nel '30 a settantacinque anni circa, e nella soprintendenza de' comici, escludendosi questa volta i virtuosi del Monferrato, furono confermati i figliuoli con decreto del 13 settembre 1639.
Cause del suo accoppiamento colla musica, e la poesia nel melodramma. […] La quale facoltà diviene in lui così dominante che qualora gli manchino oggetti reali su cui esercitarsi, s’inoltra persin nel mondo delle astrazioni a fine di trovarvi pascolo. […] Il meraviglioso, che in questo s’introdusse nel secolo scorso, fu di due sorti, la mitologia degli antichi, e le fate, gl’incantesimi, i geni con tutto l’altro apparato favoloso, cui io darei il nome di mitologia moderna. […] La guerra posta quasi nel numero degli dei dal loro antico conquistatore Oddino avea tinto d’umano sangue le campagne e i sassi. […] Tale fu a mio giudizio l’origine del maraviglioso nel melodramma.
– I Teatri di Roma nel secolo decimosettimo. […] Torino, 1629 (ristamp. in Venezia nel 1630). […] (V. descrizione del titolo nel frontespizio inciso). […] Goldoni e Venezia nel secolo XVIII. […] — Il Teatro a Milano nel Secolo XVII.
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta. Quest’ultimo lo chiamò al suo letto di morte, perchè lo consigliasse, come vedremo, nel testamento ; ma in mezzo a tanti legati non vi fu un solo scudo lasciato al povero consigliere che fu al morente pietoso di utili ricordi di gratitudine.
Un forte artista senza dubbio, se il Duca di Mantova lo sostituì nella Compagnia che si recò a Parigi nel 1608 al celebre Arlecchino Martinelli, raccomandandolo vivamente alla Maestà della Regina con la seguente del 14 novembre 1607, alla quale accenna il Baschet (pag. 163). […] Per quante ricerche fatte nell’Archivio dei Gonzaga, la lettera originale non s’è potuta rinvenire, spostata molto probabilmente dal Baschet quando fu a Mantova nel ’66, come si ebbe a verificare per altre lettere.
Morì improvvisamente a Chioggia nel ’61, colpito da apoplessia in teatro. […] Spirò, la notte, nel suo letto accanto alla moglie senza far motto.
Morto il padre nel febbraio del '62, egli entrò di punto in bianco primo amoroso ai Fiorentini di Napoli, dove, mercè gli ammaestramenti del Taddei, dell’ Alberti, del Salvini, della Cazzola, della Pezzana, della Marini, salì a tal grado d’arte, che la quaresima del '70 partiva con la madre per Cremona a raggiunger la Compagnia di Alamanno Morelli, della quale egli era il primo attore assoluto. […] Nella Signora dalle Camelie, nell’ Onore della famiglia, nel Falconiere, nella Suonatrice d’arpa, ecc., mostrò a quale altezza avrebbe potuto salire : s’ebbe onori e lodi dai critici migliori, e Paolo Ferrari, Filippi, Arbib, dichiararon riserbato per lui il posto di Tommaso Salvini.
.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V. […] Anche nel '54 pare vi fosse timore di smembramento della compagnia, e il Nelli avendo saputo che le carrozze eran già state licenziate, si rivolge il 3 di aprile a un famigliare del Duca per sapere se la compagnia debba andare a guadagnare, o pure aspettare in Bologna, a ciò possano tutti i compagni dipendere dai commandi dell’ A.
A Parma il padre gli ottenne il posto di allievo nel Collegio militare, che gli fu serbato gratuito dall’Arciduchessa Maria Luigia dopo la morte del padre. Del '45 fu soldato nel secondo Cacciatori, e compiuto il biennio d’obbligo, si unì a sua madre e a sua sorella Anna, venute a Parma a recitare in quel teatro ducale.
Di quella stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI della sua Supplica ci dà la seguente notizia : Si trovava in Verona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di quella Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuati che furono, e fatto la prima Comedia, fu loro leuata la licenza dall’istesso Sig. […] Secondo Adolfo Bartoli sarebbe stata quella la Compagnia degli Uniti, che si erano formati, – egli dice – sotto la direzione di Adriano Valerini nel 1580 circa. […] Da quella conca avventurosa e bella che fuor dell’onde l’alma Dea di Gnido allor portò, che dal Mar nacque, al Lido, degna d’esser nel Ciel fatta una stella : tolse le perle rilucenti, e in quella bocca le pose di sua man Cupido, cagion che da me stesso io mi divido, qualor si dolce ride ovver favella. […] lxvi Rubò Prometeo il foco À le ruote del Sole, Per farne parte a la mondana prole ; Rapì Tantalo a Gioue Il Nettare, e l’Ambrosia ; ma toglieste Gli alti concenti, e l’armonia celeste Voi Madonna a le Stelle, et a le noue Sfere superne ; e'l furto riteneste Dentro le labra : nè per questo sete Con fame eterna, e con perpetua sete Punita ne l’inferno, o nel Caucaso, Ma fatta habitatrice di Parnaso. […] Annotazione Narra Homero nel fine del decimo nono dell’Odissea il sonno hauer due porte, l’vna d’Auorio, l’altra di Corno, per la porta d’Auorio passano i sogni falsi, per quella di Corno i veri.
Esiliato il 1689, d’ordine del Re, Bartolomeo Ranieri per aver con indiscrezione parlato delle cose del tempo, Costantini lo sostituì, con gran soddisfazione del pubblico, sino al ’94 ; nel quale anno sostituì per le parti di primo amoroso Marc’ Antonio Romagnesi, detto Cintio, che assunse quelle di Dottore. […] Lui stesso confessa che li sbiri l’assalirono per pigliarlo in Piazza, e che nel correre in detta speciaria, vedendosi seguire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi lo volevano pigliare, sì che poi loro li dissero essere per ordine di Vostra Altezza Serenissima, onde si rese a detti Esecutori, che condussero prigione, che sono le formali della di lui confessione. […] Esso fu il primo ad avvertir la marcia de’ nemici in Italia, dai quali ebbe poi manomesso ogni suo avere ; e il Cavaliere di Lislière, inviato dal Re in Italia, ne rilasciò ampia testimonianza, in forza della quale egli potè al suo ritorno in Parigi, che fu il 1708, avere in ricompensa l’ufficio d’ Ispettore di tutte le barriere di Parigi, che lo mise in grado d’intraprender nel 1712, con varia fortuna, spettacoli di opera comica alle fiere di S.
Il Bonazzi (V.) nel suo studio su Gustavo Modena, parlando di quella nuova compagnia che egli pensò di creare, « raccogliendo filodrammatici non viziati da pretensioni (?) […] Milano, Dumolard, 1895, pag. 46) : La Contessa Adelia Arrivabene, giovanissima gentildonna mantovana (che morte immatura tolse troppo presto alla scena, sulla quale lasciò impronta incancellabile dei più eletti e squisiti modi nel porgere). […] Sotto la scorta del Modena, che primo intravide in lei l’anima artistica, erasi collocata in breve nel novero delle principali attrici italiane ; e niuna la superava per naturale eleganza di modi, per amabile disinvoltura, per nobile squisitezza di sentire. […] Iniziata alla scuola moderna che fugge le convenzioni e cerca l’effetto nel vero, ella sentiva più addentro che non si suole nel riposto concetto dell’arte, e in quelle passioni e in quei caratteri, che più era chiamata ad esprimere, vi rispondeva con rara intelligenza d’artista. […] Chi l’ha vista nel Bicchier d’acqua e nella Madamigella di Belle Isle, non dimenticherà al certo quel superbo sorriso, quell’altero portamento di capo, quell’eleganza aristocratica che traspariva da ogni suo moto, da ogni più lieve girar d’occhi.
Quello nel preludio alle Fatiche comiche scriveva : Gio. […] Di altri Flamini di tal tempo non abbiam notizie : e il Fabri (secondo il Bartoli che lo fa nascere, come s’è visto, nel 1567, avrebbe avuto allora soltanto diciassett’anni) sappiam che cominciò a recitar giovinetto. […] Oimè, che quasi meno io son venuto nel dirvi questo. […] Formò poscia compagnia, nella quale assunse la parte di prima attrice assoluta : ma dovette, costrettavi dalla avversa fortuna, accettare il ruolo di madre nobile, seconda donna e caratteristica, offertole da Romualdo Mascherpa, col quale stette fino alla morte di lui che accadde nel ’48. Passò quindi nel ’51 madre e caratteristica in Compagnia di Cesare Dondini ; poi in quella del fratello Ettore sino al ’73, in cui, pervenuta all’età di settantasei anni, si ritirò dalle scene, cessando di vivere due anni dopo.
L’Astori fioriva in Venezia nel 1720. […] Nacque verso il 1733 da un suonatore d’orchestra della Commedia italiana a Parigi, e da una comica che recitava nel 1729, con qualche successo, le parti di amorosa.
Fu prima donna per varj anni della Reale Compagnia Sarda, poi madre nobile, e nel lungo periodo della sua vita artistica diè tal prova della versatilità dell’ingegno suo, che si vuole non esserci stato carattere, vuoi comico, vuoi tragico, ch’ella non rappresentasse a perfezione. […] Abbandonate nel ’41 le scene, e morti poco dopo il marito e il cognato, passò a seconde nozze col comico Luigi Negri, col quale andò a stabilirsi a Firenze : quivi morì in età avanzata
Nel 1768 se ne allontanò, per rientrarvi poi nel ’76. Esordì la sera del 19 febbraio, e piacque a segno da esser subito nel numero dei pensionarj della Comedia italiana.
Come attore fu molto ammirato da’ varj pubblici ; e in un frammento di lettera sul carnevale di Roma dell’anno 1815, pubblicato nella Biblioteca teatrale (Roma, Puccinelli, 1815) e firmato Wencislao, è detto di lui : Bella e graziosa figura, sentimento, nobiltà, e scelta educazione riunisconsi nel Bonfio per formarne un eccellente amoroso. […] Mosso a pietà di un povero sordo-muto, lo aveva raccolto e istruito : e, insegnatagli con ogni amore la parte di Giulio nel noto dramma L’Abate de l’Epée, pensò di produrlo in quella colla Compagnia di Antonio Morelli che allora recitava in Venezia.
Soppresso il teatro italiano nel 1697, egli si ritirò in un suo piccolo possedimento ne’ dintorni di Parigi, acquistato poco dopo il suo matrimonio dalla moglie, di cui non sappiamo il nome, ma appartenente a buona famiglia, e un po’ in là cogli anni, come ci avvertono i fratelli Parfait (op. cit.) […] La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
Morto il Ristori a Firenze il 3 settembre 1861, fu tumulato nel Cimitero del Monte alle Croci, ove la figliuola desolata fe' erigere, alla morte della madre, una cappella, co' medaglioni degli estinti, opera dello scultore Cambi, e con le seguenti epigrafi : AD ANTONIO RISTORI nato il 5 marzo del 1796 | mancato ai vivi il 3 settembre del 1861 || o mio dilettissimo padre | a te che mi fosti esempio | delle più belle virtù | che per generosità di cuore | e spirito di santa carità verso i miseri | fosti sempre benedetto dalla sventura | che fra gli stenti al lavoro | consacrasti tutta la tua vita | la tua figlia adelaide | che amavi tanto e che sì presto ti ha perduto | questo monumento | debole segno d’incancellabile affetto | tuttora in pianto poneva. […] La sua primogenita Adelaide Ristori Del Grillo con disperato accento esclama : Oh Madre mia tu sai quanto in terra t’amai ; Dal luogo ove tu sei or tu vedi il mio duol, gli affanni miei ; benedici i miei figli, il mio consorte nel cammin della vita ed anche in morte ; io con lagrime e fior vuo' darti addio fino a quel di che ti rivegga in Dio.
Biagio Pignatta, pubblicata dal Neri nel F. d. […] Andreini dice di lui nel citato Ragionamento : « Girolamo Salimbeni da Fiorenza, che faceva da vecchio fiorentino detto Zanobio, e da Piombino. » Fr.
Mentre tutte le sue colleghe di ruolo si tuffavano a capo fitto come prime donne assolute nel gran repertorio, ella, per una cotal deficienza di mezzi vocali, rimaneva nella sua modesta cerchia amorosa, facendosi ovunque notare per le grazie del volto, la forza del sentimento e la soavità del dire. […] Nè sol delle doti di attore egli andava ornato, ma anche di disegnatore, chè egli precedette i comici Galvani, Ruggeri e Farulli nel riprodurre i maggiori colleghi – la Duse, Cesare Rossi, Andò, Zacconi, ecc., – in geniali caricature ; dove, se difetta la correttezza del disegno, è pur sempre un sentimento e uno spirito de' più vivi, non raggiunti fin qui.
Sposò nel '58 Gioconda Zanoni di Roma, che gli morì nel '65, quand’egli era ai Fiorentini di Napoli in Compagnia di Adamo Alberti, al fianco di Tommaso Salvini e di Clementina Cazzola.
Capitolo decimosettimo, ed ultimo Tentativi di riforma nel melodramma. […] Servono esse talora a creare di novelli sentimenti, e delle imagini novelle, nel qual caso sono da commendarsi assaissimo. […] [12] Ecco o Signore un leggiero abbozzo dell’opera ch’io ho meditata soggiornando in un angolo d’una provincia, nel solitario gabinetto e nel silenzio che accompagna la riflessione. […] Con qual verità si suppone che gli uditori nel sentir parlare il poeta abbiano di comune consenso a prorompere nei canti propri d’un coro concertato? […] Il solo che ci sembra convenire è l’indicato dall’autore nel testo, sul quale non mi trattengo, perché a un di presso il medesimo che da me fu lungamente proposto nel primo capitolo del primo tomo e illustrato in seguito per tutto il corso dell’opera.
E così le antiche nazioni da prima altro savio non ebbero che il solo Poeta, il quale era nel tempo stesso teologo, istorico, legislatore, fisico, astronomo, e filosofo morale. […] Trovansi sì bene ne’ barbari climi fra g l’Indiani, fra gli Arabi, fra gli Otaiti, in Ulietea, in Ciapa, nel Messico, i buffoni imbrattati di feccia il volto e in varie guise stranamente mascherati, per eccitar certo goffo grossolano riso ne’ volgari. […] Liberi al pari de’ Greci, di essi al pari agognar potrete a far che abbarbichino nel vostro ferace suolo e mettano salde e profonde radici le belle arti che alla foggia delle Grazie tengonsi per mano e si sostengono a vicenda. […] Voi avete altresì un Teatro Patriotico protetto e secondato dal medesimo saggio Governo, pregio anche peculiare della vostra città, che pur si desidera nel resto dell’Italia. […] Adunque uniamo le nostre forze, sosteniamoci scambievolmente, e cerchiamo di far nascere nel Parnasso Cisalpino autori tragici e comici di prima fila ed attori esimii pieni di brio, di grazia, d’anima e d’intelligenza.
Verso la fine del coro incomincia un combattimento nel fondo del teatro tra le guardie della rocca e alcuni Greci usciti fuor del cavallo, i quali vorrebbono impadronirsi di essa rocca. […] La scena dell’Atto quarto è nel cortile del palagio di Priamo: Aedibus in mediis nudoque sub aetheris axe Ingens ara fuit, iuxtaque veterrima laurus Incumbens arae atque umbra complexa Penates Quivi trovasi Ecuba con alcune Troiane, le quali tutte paurose e supplichevoli abbracciano le statue degli dei. […] Pure, preso il partito di perire insieme con la patria e di prender qualche vendetta o sopra Elena o sopra Sinone, gli comparisce Venere e gli mostra nel fondo del teatro gli dei inimici di Troia, tutti congiurati a sovvertirla. […] Ella gli apparisce e gli fa il vaticinio prima de’ suoi errori, poscia della fondazione di un nuovo imperio: e in questo mezzo tra il fumo di Troia si vede nel fondo del teatro risplendere l’aureo Campidoglio; e seguita un coro degli dei e un ballo degli geni protettori di Roma.
Venuta nel suo paesello una piccola compagnia di comici, egli, da essi istigato, si diede al teatro, passando di peripezia in peripezia, ma acquistandosi pur sempre una crescente fama di buon attore. […] Da un quadro storico sulle Sette, tratto dalla Inquisizione istituita negli Stati Estensi, risulta che Romualdo Mascherpa fu aggregato alla massoneria nel 1818, per opera dell’ ex-officiale Carlo Zucchi e del capitano Sirelli. […] L'Adelaide Fabbri, che sostituì nel '32 la madre nobile e caratteristica Isabella Buggi Brangi, restò in Compagnia finchè visse. […] Sostituì il Talli nel '96 con Sichel e Tovagliari, e fu il '97-'98 con Paladini e la Mariani, da cui si tolse, per entrarvi poi il '900, dopo di essere stato un anno in società con Sichel e Zoppetti.
Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. […] Poetiche sono molte comparazioni, ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] L’atto primo ci mostra Ercole che si trattiene a ciarlare nel promontorio Ceneo in Eubea, ed il rimanente poi si rappresenta in Trachinia. […] Narrasi nel quinto che il tumulto è già sedato. […] Tacito nel VI degli Annali.
Questo celebre poeta tanto criticato nel suo secolo quanto lodato nel nostro, avea avuta la disgrazia di comporre alcune cattive tragedie, per le quali era talmente incorso nella disgrazia di Boeleau, che il satirico non perdeva occasione di motteggiarlo ovunque gli cadeva in acconcio. […] [4] Si vuol rappresentare il tormento più squisito e più crudele che possa trovar ricetto nel cuor d’un amante, la certezza, cioè, d’essere stata l’involontaria cagione della morte della sua amata? […] Invece non per tanto di questo fu introdotto il costume di finire gli atti con un’aria o con un duetto, onde si colse il doppio vantaggio e di togliere una inverosimiglianza che saltava agli occhi e di approfittarsi vieppiù delle squisitezze della musica, le quali spiccano molto più nella monodia e nel duetto che nelle partizioni d’un coro. […] Egli dee piuttosto chiamarsi un uomo di talento che un uomo di genio, e tra i componimenti suoi e quelli del Metastasio passa a un dippresso la medesima differenza che passerebbe tra amena e frondosa valle veduta al languido lume della luna e questa stessa rischiarata da’ raggi del sole nel più puro mattino di maggio. […] Ed allora il dramma sortì dalla schiavitù dove lo tenevano oppresso i macchinisti e gli impresari, e prendendo per compagne, e non mai per sovrane, la decorazione e la melodia, ei comparve fregiato di tale splendore quale non ebbe mai da’ Greci in qua nel lungo corso di molti secoli.
Siasi pur ella in Paradiso, e goda l’eternità, e per me prieghi. » Intorno alla bellezza, vantata nel sonetto di Michiele, ecco quel che ne dice Gio. […] E. in Venetia comandato, e sapendo quanto da lei sia amato, pregando lui che da mio cognato volesse separarmi, stimando nel rimovere questa cagione, rimovere i cattivi effetti di detto sig. […] E. per riconoscere Scapino tanto suo partiale e devoto servo, che tanto tempo si è stato, con tanto danno di mia moglie, senza ch’ella recitasse fuori che nel far della luna. […] Lo Stoppato nella sua Commedia popolare italiana propende a credere si trattasse nella recitazione di quei comici, di accenti e gesti di convenzione ; e questa opinione seguì il Bevilacqua nel suo elaborato studio su G. […] Ma, a dir vero, questo monologo di Arianna mi mette un gran dubbio nel cervello.
L’EDITORE A CHI LEGGE Dopo che il noto autore della Storia Critica de Teatri antichi e moderni l’ebbe pubblicata in Napoli in sei volumi dal 1787 al 1790, malgrado delle sue gravi cure e fatighe non mai perdè di mira il suo argomento, ed andò raccogliendo non solo ciò che potesse vie più illustrare la storia e l’erudizione teatrale antica e moderna già descritta, ma quanto rimaneva a narrarsi comparso posteriormente sulle scene Europee o per le stampe nel corso degli ultimi sette anni. […] Ma tanti anni indugiò poi a proseguirla in Venezia, che prevenuto dalla morte nel 1796 la lasciò imperfetta, e l’autore cessò di rimettere colà il rimanente.
) dice : « Una Virginia Clarini detta Rotalinda trovo pure da alcuni rimatori lodata, come eccellente nel rappresentare con maestà le alte matrone. […] Ogni cosa qui ruota : e Cieli, e Morte, e del venturo dì ruota l’Aurora ; sicchè ogni cosa è nel rotar sicura.
Recitò per molto tempo a Venezia, poi fu chiamato al servizio dell’ Elettore a Dresda, ove, incontrato il favor del pubblico, potè accumular molta fortuna, e ove, giunto in età avanzata, morì nel 1764. […] Pasquali, XIII) che non valeva gran cosa nel suo personaggio, ma aveva degli adornamenti che attiravano il basso popolo.
Trovavasi nel '76 in Compagnia Veronesi, quando gli morirono i genitori. […] Molte furon le lodi a lui tributate come uomo e come artista, e Augusto Bon l’ebbe in tal considerazione che scrisse per lui Il Sospettoso, il Conte nel Niente di male, l’Importuno nell’Importuno e il distratto.
Sappiamo che esordì alla Comedia italiana di Parigi il 9 dicembre 1760 colla parte del Dottore in una commedia intitolata Il Pedante : e lo troviamo fra gli attori dell’Amore paterno, secondo il documento parigino : « Extrait de l’Amour paternel, commedia in tre atti di Goldoni, data a Parigi nel 1763, 4 febbrajo (Paris, Duchesne, 1762). » Agivano : Collalto da Pantalone Mad. Savi da Clarice M.lle Piccinelli da Angelica Zannuzzi da Lelio Balletti da Silvio Rubini da Florindo Savi da Petronio M.lle Veronese da Camilla Chiavarelli da Scapino Carlin Bertinazzi da Arlecchino Ma pare ch'egli vi facesse un fiasco solenne, dacchè a Corte si venne lo stesso anno nel proposito di licenziarlo.
Vestri-Michelli Annetta, moglie del precedente, nata nel villaggio di Ajello presso Palmanova l’8 marzo 1840 da Nicolò Michelli e Anna Lamerz, e cresciuta, si può dire, in un ambiente drammatico (il patrigno nobile Carlo del Torso udinese era presidente del Teatro di Palmanova), ebbe fin da giovinetta il più grande trasporto alla scena, in cui fece non dubbie prove di buona riuscita coi dilettanti del paese. […] Ma vinto il concorso alla cattedra di declamazione nel Liceo musicale di Pesaro, quivi ormai si è stabilita, paga della vita di pace che s’è venuta creando col suo ingegno e colla sua bontà.
Dal’ 76 al ’78 fu con Morelli e la Tessero ; sostituì il Salvadori con Bellotti nel ’79, tornò socio con Casilini nell’ ’80, passò colla Tessero in America l’ ’81 e ’82, poi entrò primo attore in sostituzione di Ceresa, e vice-direttore sotto Paolo Ferrari nella Compagnia Nazionale. […] Le parti che gli dettero maggior fama furon quelle di Nerone e di Antonio nel Nerone e nella Cleopatra del Cossa, ch’egli creò. […] Da Roma passò in sei altre città, le quali, compresa Firenze, gli fecer la stessa accoglienza : fu solo nel carnovale ’71-’72 che sulle scene del Vecchio Teatro Re di Milano, il Nerone ebbe il battesimo degno di un gran pubblico e di un grande autore.
Del '48 compose in francese l’argomento della commedia italiana, Rosaura Imperatrice di Costantinopoli, recitata poi al Petit Bourbon soltanto nel '58. […] Ottauio è ritirato nel Carmine e non se lasciato trouare, che ha timore di peggio, ma S. […] Tornò poi nel '53 a Parigi (vedi il brano di lettera del 16 agosto nella Muse historique di Loret, riferita al nome di Adami Beatrice), sposò il 9 giugno del '65 in seconde nozze e alla presenza di Cristoforo Contugi detto l’Orvietano, di Giuseppe Giaratoni, Pierot, e di altri, Maria di Creil vedova di Francesco de Houpy.
Nato a Zara il 17 aprile 1815 da Costantino Papadopolo, marinaro, poi caffettiere, e da Giovanna Foscari, si diede al teatro dopo due anni di ginnasio, e due d’impiegato all’ Uffizio di Sanità della Dogana, esordendo il '32 in Compagnia Bon Martini, prima come segretario, poi come attore nel Naufragio felice dello stesso Bon Martini, pel quale s’ebbe dal capocomico non pochi incoraggiamenti. Restò con lui sette anni, interrotti nel '36 per pochi mesi, durante i quali si unì alla Compagnia Colli, delle infime d’allora, in qualità di primo amoroso, riuscendo il più cane di tutti gli attori. […] , 164), come contrapposto alle tante accuse : « In questo lasso di tempo furono aggregati alla mia Compagnia la signora Santoni, la signora Baracani e Papadopoli, da tutti proclamato irrequieto, stravagante di carattere, sregolato negli interessi, e da me rinvenuto buono, compiacente, e persino economo e parco nel cibo, che è tutto dire…. »
Sappiamo dalla Corilla Olimpica dell’ Ademollo, ch'egli aveva cantato nel 1731 e 1742. […] Passò da Livorno a Firenze, nel Teatro Niccolini, acclamatissima sempre, specie nella Medca, e dopo un anno tornò a Roma al Mausoleo d’Augusto sollevando in una lunga stagione il pubblico all’entusiasmo. […] Era nella Compagnia il giovane Erminio Pescatori, che aveva lasciato Parma, sua patria, nel '58, per darsi all’arte.
Ma ormai egli aveva una spina nel cuore, che gli dava spasimo forte e continuo : all’applauso del pubblico mancava quello di suo padre, il quale risentitolo a Roma e a Firenze (non ne aveva più l’idea dall’'89 a Ferrara), non solamente gli die' col bacio del perdono il suo assenso a continuare, ma si mostrò con lui nel Saul e nell’Otello, lasciandogli in quello la parte del Protagonista, e in questo la parte di Jago. […] Tra le maggiori e migliori sue interpretazioni van notate in campo sì disparato quella di Petruzzo nella Bisbetica domata di Shakspeare, di Edipo Re di Sofocle, e di Jago in Otello di Shakspeare : quest’ultimo recitato maestrevolmente a fianco del padre nel suo giro di addio.
Infuse la provvidenza nel cuore umano un affetto indagatore, che mosso dal bisogno, o dal comodo, o dal piacere, dovea menar l’uomo a formarsi un mondo civile, ad investigar le maraviglie e ’l magistero del naturale, ed a tentar d’internarsi fin anco ne’ segreti della divinità. […] Scortato l’uomo da un affetto sì vivo e per indole osservatore non poté non avvedersi di alcuni barlumi e faville maldistinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate. […] Trittolemo, e Cerere in Europa, Manco-Capac, e Mama-Oela-Huaco nel nuovo continente, non ostante che gli uni non sapessero degli altri, insegnarono a seminare il grano, e a raccorlo, e valersene per sostentarsi. […] L’intelletto che in essa si spazia, nel vederle, separarle, combinarle, acquista la conoscenza de’ sogni distintivi delle cose. […] Si rammenta pure da prima con qualche ribrezzo del male, cioé delle forme che gli cagionarono dolore; ma a poco a poco s’avvede che tal rimembranza non gli rinnova il dispiacere, e perciò non fugge più dal rappresentarsele, anzi si accostuma alla dipintura che se ne forma, e della verità del ritratto si compiace ancora; il che sembra la fonte del piacere che si gode nel ripetere a se stesso o agli altri con tutte le circostanze una tempesta, un incendio, ed ogni altro disastro già passato.
Infuse la Provvidenza nel cuore umano un affetto indagatore che mosso dal bisogno o dal comodo o dal piacere dovea condurre l’uomo a formarsi un mondo civile, a investigar le maraviglie e il magistero del naturale, e a tentare d’ internarsi fin anco ne’ segreti della divinità. […] Scortato l’uomo da un affetto sì vivo e per indole osservatore non potè non avvedersi di alcuni barlumi e di certe faville mal distinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate. […] Trittolemo e Cerere in Europa, Manco-Capac e Mama-Oela-Huaco nel Nuovo Continente, non ostante che gli uni nulla sapessero degli altri, insegnarono a seminar le biade e a raccorle e a valersene per sostentarsi. […] L’intelletto che in essa si spazia, nel vederle, separarle, combinarle, acquista la conoscenza de’ segni distintivi delle cose. […] Si rammenta pure, benchè da prima con qualche ribrezzo, del male, cioè delle forme che gli apportarono dolore; ma a poco a poco si avvede che tale rimembranza non gli rinnova il dispiacere, e più non ischiva di rappresentarsele, anzi si accostuma alla dipintura che se ne forma, e della verità del ritratto si compiace ancora; e quindi nasce quel diletto che si pruova nel ripetere a se stesso o ad altri con tutte le circostanze i già passati disastri.
Rossi nel I vol. de’suoi Quarant’anni di vita artistica : Il cambio non fu sensibile nè in meglio, nè in peggio. […] Gherardi del Testa : s’era, se ricordo bene, nel maggio del ’64 (epoca della gran fiera), stagione splendida allora per le compagnie drammatiche di grido, poichè alla molta frequenza del pubblico andava congiunta una forte dotazione. Serbo una vaga, pallida idea di quegli artisti, tranne più quà, più là, di Cesare Rossi, grandissimo nella parte di Cesare ; ma una assai chiara ne serbo di Luigi Bellotti-Bon, del quale una intera scena mi si confisse nel cervello, e colla scena l’impressione profonda che n’ebbe il pubblico : ….. la scena VIII dell’ atto I, in cui il Conte Carlo insegna al figlio Paolo il modo di salutar da cavallo una signora. […] Lui morto, mi capitò sott’occhi un volume di Edmondo De Amicis « Costantinopoli, » nel quale è la seguente dedica autografa, colla data di Torino 1 settembre ’77, che sotto la celia gentile ben compendia, nella infinita modestia del geniale poeta, le grandi qualità dell’artista : Al Pascià dai mille amori, Al Muftì dei commedianti, Al Sultano dei brillanti Il Rajà degli Scrittori. […] L’infiacchimento e la sfiducia cominciaron già a far capolino in un suo scritto sulle Condizioni dell’arte drammatica in Italia pubblicato prima nel Teatro Italiano di Firenze, poi in opuscolo ad Ancona l’anno 1875, in cui mise a nudo con una gajezza forzata le piaghe dell’arte, chiamandone il Governo responsabile unico ; e nella tema che le varie Commissioni rigettassero i suoi reclami sulle varie tasse teatrali, dopo di avere ironicamente accennato a una modesta tomba per sottoscrizione all’arte drammatica italiana, conchiudeva : ho iniziato delle pratiche per concorrere ad un posto di spazzino comunale.
Eccone l’atto di matrimonio : Anno 18 quarantadue (1842) li due (2) del mese di Giugno ommesse le pubblicazioni seguite nel tempo della celebrazione della S. […] Solo ti prego, qualora nel venturo maggio tu ti decidessi a rimanere nell’arte pel bene della medesima, dammene un pronto avviso. […] , p. 21), che la sentì a Venezia, scrisse nella Revue de Paris del 1837 che Amalia Bettini era la emulatrice di Fanny Kemble nel patetico e nell’impeto, e non inferiore a mademoiselle Mars nelle delicatezze e nella perfezione dell’arte. […] Queste bellissime parole trovo inserite nel bellissimo articolo che il Fiacchi dettava nel Piccolo Faust di Bologna, il 24 maggio 1894, dopo la morte della celebre artista, avvenuta a Roma otto giorni prima, a ottantacinque anni. […] Di natura estremamente sensibile e nervosa, s’immedesimava tanto perfettamente nel personaggio da lei rappresentato, fosse esso comico, drammatico o tragico, da far provare allo spettatore le stesse impressioni da lei esuberantemente sentite.
MADRIGALE Flora di Palestina se rappresenti, o vaga, rapisci i cor ; com’ il tuo bel gli appaga ; e tra schiere d’ amanti porti d’ un ciel sereno in faccia i Vanti : ma poi se ’n gonna umil fatta pentita, piangi gli error della passata vita, fai sì ch’ ognun nel tuo dolore immerso il cor riacquista al ciel nel mal sommerso. […] A. d’una gratia, la quale è questa, nel viagiare, all’ osteria mi sono dimenticata quella scufia bianca, della quale V. […] Per un momento, se bene il Bartoli chiami l’Eularia giovinetta nel 1652, ho pensato che quella potesse essere figliuola di questa, e che la madre di cui chiedeva la vicenda Flaminio (Marco Napolioni) per sua figlia, fosse appunto l’Eularia : ma ecco un’ altra lettera al Duca di Modena dello Zio Tomaso, con data di Ivrea, 13 gennaio del 1643, comunicatami dal Conte Malaguzzi dell’Archivio di Modena, che comincia così : Feci dire nell’ anno passato a Bernardino Coris, Comico, chiamato Silvio, che non s’obbligasse a Compagnia, poichè desiderano il ritorno di lui e di Florinda sua moglie per recitare in comedia………………… ………………………… Non sarebber questi per avventura il padre e la madre, nel cui nome, assieme alla Lessandrina (una sorella minore), l’Orsola saluta il Duca di Mantova ? […] Bernardino Coris, è anche citato dal Bertolotti fra i comici che abitavano il 1658 in Roma, nel distretto della Parrocchia di S.
Poiché, così adoperando, si andrebbe contro a un fine principalissimo a cui nel porre il teatro si dee aver l’occhio dall’architetto; e ciò è ch’esso riesca sonoro e tale, che le voci de’ cantanti vi spicchino il più che è possibile, e sieno a un tempo melodiose e grate a chi ode. […] Con che, ponendo gli attori quasi nel bel mezzo dell’udienza, non è pericolo non sieno a maraviglia uditi da ognuno. […] Ed ecco che si contravviene dirittamente all’intendimento della rappresentazione e se ne toglie via l’effetto, distaccando gli attori dal rimanente della decorazione e trasportandogli di tra le scene nel bel mezzo della platea. […] Che se per avventura si domandasse quale sia la più conveniente figura per l’interior del teatro, quale sia la curva la più acconcia di tutte a disporvi i palchetti, risponderemo: la stessa che usavano gli antichi a disporre nel loro teatro i gradini, cioè il semicerchio. […] E allora, o tu fai dell’interno del tuo teatro un settizonio o una torre, e senza un bisogno al mondo allontani di troppo gli spettatori degli ordini superiori dal punto di veduta che si prende nel palchetto di mezzo del primo ordine, ovvero pochissimi torneranno gli ordini dei palchetti, e perdi inutilmente dello spazio.
Ma il favore del suo secolo e dei posteriori verso di lui il ricompensò abbastanza delle vessazioni sofferte nel chiostro. […] Però gli spettacoli nel loro nascere, ovunque si formano dipersè, e non per pura imitazione degli altri (nel qual caso la faccenda procede altrimenti) impresero a trattar argomenti propri della religione di quel dato paese, come cel dimostra l’esempio di molti popoli selvaggi, degli Scandinavi, de’ Messicani, de’ Peruviani, de’ Chinesi, e de’ Greci principalmente. […] Unicamente occupato nel procurar all’uomo la felicità eterna, per cui la vita temporale non è che un breve e fuggitivo passaggio, raccomanda la pratica delle virtù, che a tal fine conducono. […] Tutti gli uomini abbiamo una dose di pazzia che ha bisogno di svaporarsi; non è forse meglio, che si fermenti nel tempio, e sotto gli occhi dell’Altissimo che fra le domestiche mura? […] [NdA] Per esempio nel seguente motteto uno de’ più famosi tra quelli dell’antica musica: «Peccavi, Domine, miserere mei: te diligit anima mea: te quaesivit cor meum.
Chi in tanta luce mostrerebbe nell’atto I un eroe giovane in Bisnagar, e nel III canuto nel Senegal? […] Una manifesta decadenza osservava, pochi anni sono, nel teatro di Londra l’autor francese della Gazzetta letteraria dell’Europa. […] Egli é vero che possiam gloriarci di un Metastasio, nel quale abbiamo, non che un Racine e un Corneille, ma un Euripide: i di lui trionfi però non sono stati seguiti da altri, e l’opera, che tanto si appressa alla greca tragedia, par che declini. […] Ma quelli poi nel teatro lirico, senza pensarvi, son ritornati alla pristina confusione del coro, e i nostri uranghi si pregiano d’imitarne il mal gusto. […] Si vede bene, che nel teatro di questo mondo gli attori al volger degli anni mutan faccia, lingua, e paese; ma la scena é sempre l’istessa, l’istesse passioni, gli stessi moti, quasi niuu divario.
Fu il Bellotti artista proteiforme nel più largo senso della parola ; poichè mentre alla rappresentazione diurna sollevava il suo pubblico all’entusiasmo colla recitazione calda e vibrata della parte di Prometeo, a quella notturna faceva smascellar dalle risa colla parte di Tonin Bonagrazia, o di Nicoletto mezza camisa, in cui si dice non avesse rivali. […] Nell’elenco della Compagnia Dorati era anche un’Annetta Bellotti che non saprei dire se fosse figliuola o sorella di lui, e che trovo poi nel 1831 in Compagnia di Domenico Verzura.
Aveva nel 1650 circa una compagnia comica a Napoli, e di lui fa parola Niccolò Biancolelli nella Prefazione del suo Carnefice di sè stesso. Altro di lui non sappiamo : a meno che (le date concorderebber a un dipresso) in questo comico non dobbiam ravvisare quel Fabrizio che nel 1664 desiderava di unire al servizio delle LL.
Fratello del precedente, nacque a Mantova nel 1796, nè fu men celebre di Francesco, poichè se a lui non si accostò nella tragedia, lo uguagliò nel dramma, e lo superò nella commedia.
Fu nominata maestra nel '51 all’ Accademia Filodrammatica di Torino, e da quell’ora datò la rinomanza vera della Malfatti. […] E questa donna, la cui vita fu tutta un generoso e spontaneo sagrificio in pro' degli altri, è morta più che ottantenne, povera e abbandonata, nel suo quinto piano, in cui non eran nè men più i mobili, ch'ella, ammalata, vendè per trovar modo di tirare avanti, e da cui — bene dice la Pezzana — la forte donna avea veduto sorgere e tramontare parecchie generazioni d’artisti, rimanendo essa in piedi per piangere sugli amici perduti.
Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico. […] Dalla Compagnia del Perotti, passò in quella di Antonio Raftopulo col ruolo di secondo caratterista, poi in altra secondaria con quello di primo assoluto ; e tanto crebbe in rinomanza collo studio indefesso, col ferreo volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti lo richiamò e lo tenne con sè fino alla sua morte, accaduta nel 1820.
Fu col fratello Pietro a Parma nel Collegio di Maria Luigia, d’onde levato ancor giovine, visse alcun tempo colla madre, recitando piccole parti di paggio, di amorino, di ragazzo, con Pisenti e Solmi, la Ristori, ecc. […] Sposò a Piacenza nel 1863 la figlia di un avvocato, Ameli, da cui non ebbe figliuoli, ma, in compenso, grandissimo amore.
Secondogenito di Daniele Alberti, nacque a Cremona nel maggio del 1809, mentre suo padre seguiva la Compagnia di Gaetano Bazzi, che si recava a Milano. […] Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione. […] Chè tal è il porgere di Adamo Alberti, quale gl’Italiani (non parlo di quelli che si tagliano i pensieri alla francese) han sempre voluto che sia : quale la benigna natura glie lo ha largito, dotandolo di una voce scorrevolissima e sonora, d’un volto grazioso ed espressivo, d’un gesto pronto e vivace, d’un movimento libero e securo ; quale glie lo han raccomandato a prova nel suo tirocinio teatrale i due suoi maestri, cioè il proprio genitore, comico distinto a que’tempi, ed il celebre Francesco Augusto Bon, autore ed attore reputatissimo ; e quale finalmente più conveniva allo stile di Goldoni, su le cui commedie si è per dir così modellato sin dalla età sua prima.
Dopo di essere stato nel collegio de’ Gesuiti, determinò di darsi all’arte, esordendo in provincia, prima del 700, in una Compagnia diretta da Giuseppe Tortoriti, Pascariello, di cui sposò più tardi una delle figlie, Maria Angelica, nata a Parigi il 18 agosto 1696. […] Entrò poi all’Opéra Comique quale Pierrot ; e nel 1717 alla Comedia Italiana, in quella Compagnia formata l’anno prima da Luigi Andrea Riccoboni, nella quale fu accolto per espresso volere del Duca d’Orléans, il Reggente, che amava molto Dominique. […] Certo è che il Biancolelli visse maritalmente con una delle sue compagne, Maria Teresa di Lalande, dalla quale ebbe una figlia nel 1723.
Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito. […] Tornò a Parigi nel ’72, e prese parte egli e i suoi ai festeggiamenti pel matrimonio del Re di Navarra con Margherita di Valois, avvenuto il 18 agosto ; ed ebbe dal Tesoriere del Re la somme de soixante-quinze livres tournois en testons à xii sols par livre dont le dict seigneur lui a faict don tant à luy que à ses compagnons, en considération du plaisir quils ont donné à Sa Majesté durant le mariage etc. etc. […] Il De la Fresnaye Vanquelin dice nel secondo libro della sua Arte poetica : …………… Ou le bon Pantalon, ou Zany dont Ganasse Nous a représenté la façon et la grâce….
Caduto appena il sipario sul terz'atto della Dama bianca, egli era andato a seder, come al solito, nel corridojo sul quale dava il suo camerino. […] Cominciò, è vero, a pubblicar nel '67 le sue commedie, intitolando la raccolta : Selva Comica Nazionale, ma egli sapeva appena leggere e scrivere (imparò a scrivere poco dopo di esser entrato al San Carlino), e i suoi sgorbi drammatici eran corretti da Marulli e Altavilla, i quali, il primo specialmente, concedevan ch'ei desse commedie loro sotto il suo nome. […] L'attore era veramente grande, la sua figura illuminava tutta la scena, riempiva tutti i vuoti, raccoglieva tutte le emozioni e gl’interessamenti ; così le volgari stupidaggini della commedia, il suo difetto d’umanità, di nesso logico, di spirito, eran dimenticati in un godimento che pervadeva tutto il pubblico e durava ancor fuori del teatro : una felicità che accompagnava fin a casa gli spettatori, e lasciava ancor sorridere, nel sonno, le loro labbra dischiuse.
Senza forze e senza Attori, o almen pochi ed ignoranti, privi affatto degli Autori che i lor parti dieno e tanti, come mai darvi piacere nel difficile mestiere ? […] Tornato Sacco, Paganini condusse la sua compagnia in Toscana, nel Genovesato e in Lombardia, nè mai più pose piede a Venezia. Nel '63, recandosi per mare da Genova a Livorno, fu sorpreso da tal burrasca, che si dovette gettar in mare tutto il carico della compagnia, lasciando nella nave la sola mercanzia di un ricco negoziante il quale, giunti in salvo nel porto di Livorno, risarcì pienamente il Paganini del danno sofferto. […] Per l’acclamata memoria della perfetta arte Comica professata dalla Società dipendente dal governo del Signore Onofrio Paganini, avendone dato un cospicuo saggio nel pubblico Teatro della Città di Pisa nelle sue recite di varie commedie l’estate dell’anno 1762.
Duclairon autore di una tragedia di Cromwel si tradusse felicemente in prosa francese, e fu impressa in Parigi nel 1766. […] I, pag. 205, lin. 16, dopo le parole, tutto si è perduto nel nulla, si aggiunga da capo.
), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo nell’elenco della Compagnia di Lelio (Luigi Riccoboni) chiamata da Filippo d’Orléans nel 1716, nella quale le parti di Angelica furon sostenute dalla Foulquier, soprannominata Catinon. Comunque sia, l’Angelica nostra era la colonna della Compagnia dei Comici Uniti, quando nel 1580 si unì a Bergamo per qualche giorno con quella dei Gelosi ; nella quale occasione Cristoforo Corbelli dettò il seguente MADRIALE Non più col foco de i sospir sperate, nè con quello d’amore, voi, cui tutt’arde in strano incendio il core, far, ch’Angelica un poco senta ne le sue fiamme il vostro foco : che, com’aspide chiude sordo agl’incanti le sue orecchie crude.
E per dare un’idea del repertorio e dell’ambiente di essa, ecco, a titolo di curiosità, un premuroso (sic) AVVISO TEATRALE Per la sera di sabbato 5 corrente Premurosa tutta la rispettosa Comica Truppa nel voler dar prova del suo costante impegno per ben servire questo erudito, e dotto PUBBLICO, ha scelto per detta Sera una nuovissima Rappresentazione Spettacolosa, quale porta per titolo L’INCONTRO DI VENTI REGI all’assedio di troja ossia andromaca, e pirro. […] Dopo questa vi sarà un Terzetto ballato da tre Signori Dilettanti di Lucca, quali graziosamente si prestano, onde procurare un maggior concorso al Teatro, e nel medesimo tempo certi di acquistarsi il vostro aggradimento.
E il povero Goldoni per queste ragioni dovè abbandonar quell’anno (il 1764) l’impresa di rappresentar la trilogia, trovando il disegno di più facile esecuzione l’anno di poi, nel quale avrebbe potuto affidar le parti de’ due innamorati servitori al fratello e alla sorella Majani. […] Con alcuni avanzi – aggiunge il Bartoli – da lei fatti nel mestiere, e con l’assistenza del fratel suo (Francesco Catroli, comico anch’esso) potè circa dieci anni sono (1772) abbandonare del tutto il teatro, e vivere a sè stessa ritirata in un angolo della città di Venezia segregata sino al dì d’oggi dal commercio, non solo de’ comici, ma quasi interamente del mondo.
Morto dopo quattordici anni il marito in Mantova, la Marta continuò a condur compagnia, di cui fu il principale ornamento fino al 1810, nel quale anno cessò di vivere in Venezia. […] L’ultima comparsa in Modena della Compagnia Colleoni fu nel marzo del 1802.
Sta solo nel fatto che la Diana sosteneva le parti di seconda donna con parte intera di ducatoni 60, a vicenda totale con Eulalia che aveva mezza parte, nella Compagnia del Serenissimo di Modena ; e che a lei con regolamento dell’aprile 1681 furono assegnate le seguenti commedie : Equivoci – Improprio carnefice – Regina d’ Inghilterra – Don Gaston – Pazzia del Dotor – Nerone – nel Convitato la parte di dona Anna – Cit del’espagne – Lucretia – Bugia verità – Cameriera – Ladro sbiro e giudice – Medico volante – L’aluarado – Oime il core.
Torno a replicarvi che dovevate leggere nel mio Libro, che io non avea avuto sotto gli occhi le favole del Cueva. […] Masticate le altrui parole, Signor Apologista, altrimenti, giusta il vostro proverbio, voi tornerete sempre tosato nel voler tosare. […] Il dottissimo Gravina ciò dichiara in mille guise nella Ragion Poetica, nel Trattato della Tragedia, e nel Discorso sulle Favole. […] E tanti e tanti fatti rannicchiati nel tempo concesso al Dramma, non guastano colla poca verosimilitudine l’altra unità del tempo? […] Vedi la di lui Epistola diretta al Marchese Cuellar inserisca nel T.
Basta vedere quanto nel proemio della Euridice ne scrive Iacopo Peri, che con giusta ragione è da dirsi l’inventore del recitativo. […] Osservò quali voci nel nostro parlare s’intuonano, e quali no; che viene a dire quali sono capaci di consonanza, e quali non sono. Si pose a notare con ogni minutezza di quali modi ci serviamo ed accenti nel dolore, nell’allegria e negli altri affetti da cui siam presi: e ciò per far muovere il basso al tempo di quelli, ora più ed ora meno. […] E da che si mise nel buon sentiero la poesia, lo smarrì la musica. […] A niuno può esser nascosto come nel campo singolarmente della musica durava tra le due nazioni viva da gran tempo ed accesa la guerra.
Fratello del precedente, Arlecchino anch' egli, era nel 1572 capocomico in Inghilterra, secondo il Collier, citato da Adolfo Bartoli (op. cit. […] Abbiam veduto nell’ articolo precedente, com’ egli nel '600 fosse, se non il direttore della Compagnia che andò a Parigi, per lo meno il conduttore o amministratore…. […] Da essa lettera, naturalmente, risulta evidente la onestà così di Angelica, proclamata dal compagno d’arte Leandro, come di lui homo dabene et che sempre fece onore alla sua patria, e la disonestà di Margherita, amante di Gasparo Imperiale, che, avuto il mandato di sfregiar nel volto l’Angelica, mentr'era in palco a recitare, lo aveva passato a un tal Piazza, che poi confessò tutto, non volendosi immischiare in sì losca faccenda.
Chiuder nel molle sen viril fortezza, A Maestà 4 accoppiar tenero Amore. […] Or s’adunque un Contrario a l’altra è accolto In Lei con stupor d’Arte di Natura Nel Nero Manto e nel Splendor del Volto, Ben dir si può d’Amor alta fattura, Se nel ben di Costei in bruno accolto Sembra più Creator che Creatura.
Io credo che niuno abbia capito e rivelato ai posteri l’arte somma di Giovanni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua, del quale mi piace riferir qui tradotte le belle parole : I posteri riconoscenti, artisti e ammiratori, gli dedicaron monumenti marmorei così a Cuneo sua terra natale, come al Teatro Rossini di Torino, dove si ammira un suo busto assai rassomigliante ; ma il più bel monumento se lo eresse da sè, creando un teatro popolare, che prima non esisteva ; inventando, per dir così, un nuovo genere d’arte così viva e possente, che per bestemmiar che facciano certi ipercritici della moderna tubercolosi artistica (leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore del nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica col suo buon senso, infinitamente superiore a tutte le fisime più o meno isteriche di certi scrittorelli, più o men camuffati da Aristarchi Scannabue. Giovanni Toselli, colla sua invenzion fortunata della commedia in dialetto giandujesco, può dirsi abbia rinnovata per noi la classica tradizione greca dell’antichissimo Carro di Tespi ; perchè, quando cominciò a far le sue prime prove, la modestissima compagnia, di cui s’era messo in testa, compagnia composta di elementi affatto primitivi, formava nella sua piccola compagine un quadretto così caratteristico e pittoresco da far proprio ricordare il genial Carro di Tespi, che sentimmo descriver nelle scuole, e che Teofilo Gauthier ha così ben modernamente illustrato nel suo immortale Capitan Fracassa. […] Quindi giustizia vuole che Toselli sia considerato nel campo dell’arte nostra come un vero innovatore e rigeneratore del Teatro moderno.
ma à fauorirmi d’insinuar nel Ser. […] Forse l’Angiola D’Orso, allora giovinetta, che vediamo nel ’50 moglie di Fabrizio e chiamata nella lista dei comici col diminutivo di Angiolina per essere distinta dall’ Angiola, ch’era la Nelli, prima donna della compagnia ? […] Ah che nel vostro pianto Come in ispecchio, io veggio Il vostro innocentissimo desìo, Figli cibo non ho, vi do il cor mio. […] Il Bruni, nato nel 1580, e che pubblicò le sue Fatiche comiche del 1623 a Parigi, dice di lui nell’introduzione : A questo (Gio. […] La sua non ordinaria abilità nel canto finiva di coronare i suoi meriti, ond’è ch’ella, e per lo studio indefesso, e per la natural grazia, e per una allettatrice avvenenza, poteva essere elevata ad un grado distinto in mezzo al numero limitato delle valorose giovani attrici.
Benedetto di Venezia, oggi Rossini, per la solenne entrata di Vittorio Emanuele, la parte del bimbo nel Medico Condotto di Castelvecchio. […] … Cominciò il Benini a recitar le parti di brillante nel ’74 al Teatro Balilla di Genova, fuor di Porta Pila, che fu incendiato, e ricostruito poi dal Chiarella in forma di teatro vero e proprio col nome di Vittorio Alfieri.
Morì in Milano nell’anno 1775. » A queste si dee aggiungere un libretto per musica L’Impresa d’opera, dramma giocoso da rappresentarsi nel Teatro Giustiniani di S. […] Il Cavalieri era nato dunque il 1730 ; e, secondo l’atto che è nel Registro manoscritto appartenente al Magistrato di Sanità, dei morti nella città e nei suburbi di Milano, morì ex febri acuta, sine pestis suspicione iudicio Patrini Medici chirurgi Sanitatis.
Venutogli a morte il padre nel 1830, il Gallina risolse di lasciar le scene per attender da sè all’amministrazione dei beni ereditati. Morì nel 1840.
Entra nel mio studio a passi contati, ed io mi alzo : costui fa un gesto propriamente pittoresco per dirmi che non m’incomodassi ; s’avanza, e lo fo sedere : ecco il nostro colloquio. […] E questa partenza mise più d’ogni altra cosa in impicci il povero Goldoni, giacchè partito il D’Arbes, e non sapendo ove battere il naso per sostituirlo, nel giovedì grasso furono disdetti tutti i palchi per l’anno seguente. […] Compiuto il lavoro fu accettato, e rappresentato il 7 febbraio 1752, probabilmente nel grande teatro dell’opera, sotto la direzione anche’ sta volta di Pietro Algeri, venuto a bella posta da Parigi, e con musica nuova del suonatore di viola da braccio, e compositore della musica pe’ balli, Johann Adam. – Della musica di Rameau furon serbati la sinfonia e il primo coro. […] Fra le comparse del ballo era anche la signora Casanova ; « forse, aggiunge il Byrn, Maria Maddalena Augusta, la ventenne figlia della commediante, che era ancora in casa di sua madre nel 1745. » Cesare D’Arbes, lasciata poi la Corte di Dresda, e tornato in Italia, si scritturò con Antonio Sacco, il celebre Truffaldino, col quale stette fino al 1769. […] Angelo, poi in quella di giro di Vincenzo Bugani, dalla quale entrò in quella della Maddalena Battaglia, nel 1776, allorchè le fu concesso il Teatro di S.
Di lei dissero Cesare Scartabelli nella Polimazia, e Francesco Regli nel suo dizionario. […] Queste pubblicate, parte da Atto Vannucci nel secondo volume dei Ricordi di G. […] ….. in voi è tanta l’abilità e l’eccellenza nell’arte, che non avete bisogno d’esser protetta : ….. state dunque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia, e mi piace che abbiate nell’arte quel primo seggio che tenete nel mio core, e nei miei pensieri. […] », scriveva all’Internari : « siete senza contrasto la prima attrice tragica d’Italia ; » e per lo contrario dichiara la Santoni, che non ebbe un applauso nel Foscarini, incapace di recitar tragedie e commedie, e le scaglia contro la più volgare delle offese. […] E più innanzi : La Pelzet andava ogni giorno decadendo dal favore ricevuto nel suo debutto.
Mortogli nel '40 lo zio materno Vincenzo Zanotti, ne restò erede per testamento, coll’obbligo di assumere la sua arma e il suo cognome. […] Fortunati Tiberio) ; e qui cessano le notizie d’Italia avanti la sua andata a Parigi, ove esordì all’antica Commedia Italiana nel 1660 per le parti di secondo amoroso, passando poi il '67 a quelle di primo, in sostituzione di Giacinto Bendinelli detto Valerio (V.). […] E in casa Volta, infatti, a Bologna, nel carnovale del 1693 (a settantun’anno) « recitò una bella commedia, » secondo la notizia che i Ricci ha tratto dai Diarj legatizi (vol. […] Lasciò la pròfessione molt’ anni sono con buona grazia del Re, disse, per poter salvare l’anima sua, che teneva in dubbio se fosse mòrto in quell’Esercitio ; e venne a stare in Bologna, nel contado della quale era nato, nel Comune delle Caselle, e morì in età di circa ottant’ anni (data, come s’ è visto, erronea), e fu sepolto nella chiesa del Corpus Domini.
Da Monselice passò il Bartoli a Montagnana, poi di nuovo a Bologna, poi, scritturato con Gerolamo Sarti, detto Stringhetta, a Sassuolo nel modenese, sostenendo la parte dell’innamorato. […] Claretta nel Giornale Ligustico di storia e letteratura (anno X, genn. 1883, pag. 145) : (S. […] Cajetani et Angelo Bentivolio Cajetani, ambo venetis, ad premissa vocatis et rogatis ; eademque die in hac parochiaii ecclesia nuptialem benedictionem susceperunt. » Nel 1771 passò nella Compagnia di Antonio Sacco, quanto per sua moglie favorevole — egli dice con rara ingenuità — altrettanto per lui dannosa ; poichè essendo o mal visto, o mal noto, o mal gradito fu la sua abilità trascurata, ebbe a soffrire dei travagliosi disgusti, e perdendo la quiete, perse nel tempo istesso, pur troppo, gran parte della salute ancora. […] Al mondo è nato il Truffaldin per sparger allegria nel core anco più tetro, ed angustiato.
Nel 1800 s’era già acquistata gran fama come capocomico, e nel 1806 fu chiamato a Milano per formare la Compagnia Reale Italiana al servizio del vicerè Eugenio Di Beauharnais, che dovea recitare al Teatro della Scala, o, quando vi si rappresentavan opere in musica e balli, a quello della Cannobbiana. Eccone l’elenco al suo costituirsi nel 1807 coi relativi stipendj e le altre spese occorrenti, secondo il progetto presentato al Vicerè d’Italia da Salvatore Fabbrichesi, con le variazioni subite nel personale per l’anno 1809, che traggo dall’Archivio di Milano, per gentile comunicazione del cav. […] Volendo però agire con rettitudine, chiesero, dopo alcuni mesi, al Fabbrichesi se persistesse nel suo rifiuto ; ed in tal caso, qualora a lui non dispiacesse, avrebbero inoltrata domanda per ottenere il contratto di privativa in loro nome.
Sposò nel carnovale del 1806 a Lugo la lughese Giuseppina Stanghellini, sarta, da cui ebbe i due figliuoli Gaetano ed Angelo, prima di darsi al teatro. […] Angelo Brofferio nel Messaggere torinese lamentava così il tristissimo avvenimento : Una gravissima perdita fece ne’scorsi giorni il Teatro drammatico italiano nell’ artista Luigi Gattinelli, il quale dopo Luigi Vestri era caratterista a nessuno secondo. […] Gli era troppo a cuore presentarsi con un completo drappello di attori alla diletta sua Roma, città delle sue più nobili e tenere memorie, città che saluta quasi per seconda sua patria ; ma nel meglio di utili trattative, quasi concluse, accaddero inattese vicende che fallir fecero le sue ben concepite speranze. […] Un raggio dell’implorato vostro patrocinio mi conforti nel dolore da cui sono amareggiato per la perdita d’un vecchio, leale amico, d’un caratterista intelligente, studioso, fortunato imitatore del vero………… ……………………….
Sposò nel ’19 Giacomo Job, austriaco, attore mediocre, poi mediocre capocomico, nato il 1787 a Codroipo nel Friuli, il quale, ritiratosi dall’arte dopo il ’40, e fermatosi a Firenze, a far l’affittacamere, chiedeva invano il settembre del ’54 al Ministero di grazia e giustizia la naturalizzazione toscana. […] Ad altri, Compartendo i suoi doni, eletta tempra Conformabil concesse a finger tutte Nell’aspetto e nel suon de la favella Le sembianze de l’alma ; e a lor commise Crescer, non che mostrar, l’alta virtude Di que’ famosi, ed in onor tornarli, Se non mertato li coprisse oblio. […] Così fece in Perugia nel 1835 una celeberrima cantatrice.
Piissimi Vittoria, « celebre comica ferrarese, fioriva del 1579, nel qual anno fu ad essa dedicata da Bernardino Lombardi la Fillide, favola pastorale dell’ acceso accademico Rinovato. » Così il Quadrio. […] E Giuseppe Pavoni nel suo diario delle feste per le nozze di Ferdinando Medici con Cristina di Lorena : Sabbato, che fu alli sei (di maggio del 1589), ritrovandosi in Fiorenza li Comici gelosi con quelle due famosissime donne la Vittoria e l’Isabella, parve al Gran Duca che per trattenimento fosse buono far, che recitassero una Comedia a gusto loro. […] ma ha fato scriuer a petrollino et ben che come sua humil serua mi douessi aquetare à quanto conosco esser di sua sodisfacione non dimeno astreta da quella pietà che ogniuno hà di sè stesso uedendomi una tanta ruina cosi uicina et credendo pur che Vostra Altezza perseueri perche non conosca tanto mio danno et dissonore però di nouo la suplico per le Vissere di Gesu Christo a non esser causa de la ruina mia et creda che se cosi non fosse uorei prima perdere la uita che restar di obedirla la mi faccia gratia di farsi dar informacione da chi ha cognicion di questo fato senza che io sapia da chi et non siano persone interessate che la conosserà ch'io dico il uero et da quelli la intenderà quello che per non infastidir taccio chiedendoli perdono de la molestia et mia sforzata importunità, con che gli resto humilissima serua suplicandola di nouo concedermi con pedrolino la Vita del mio honore et del Corpo che nel restar di pedrollino consiste però gratia Ser. […] Arch. di Stato in Firenze ; Carteggio Cardinali ; f.ª 3775). – Una compagnia della Vittoria torna in campo solo nel 1593 (D'Ancona, p. 330).
Havvi nel mare del Sud alle vicinanze dell’isola degli Otahiti tralle altre un’ isoletta chiamata Ulietea, nella quale si è trovato qualche vestigio di rappresentazione drammatica. Gli abitanti di essa (si riferisce da Cook 39) tra varj balli eseguirono una spezie di farsa drammatica mescolata di declamazione e di danza; benchè noi eravamo pochissimo versati nel loro idioma, e perciò incapaci di comprenderne l’argomento.
Venuto a mancare nella Compagnia di Antonio Sacco il Dottore Roderigo Lombardi, nel 1753, il Fiorilli andò a sostituirlo. […] Fu con Antonio Sacco fino al ’79 ora scritturato, or socio, nel quale anno passò con la Battaglia.
Abbandonato allora il capocomicato, diventò segretario del Toselli ; poi, tornato capocomico, tentò riduzioni di commedie piemontesi nel dialetto veneziano, quali Maridemo la putela, e La fia de Sior Piero all’asta ; e vistone il successo, formò una vera e propria compagnia dialettale, e andò a riaprire a Venezia quel Teatro Comploy, dove appunto la commedia veneziana era morta. […] A dare un’ idea di quel che fosse l’attore, basti dire che l’attore Colomberti, dopo la recitazione del Prima el Sindaco e po el Pievan, lasciò scritto che rivedeva nel Moro-Lin il bravissimo Augusto Bon, di cui ricordava la stessa prontezza e naturalezza, la stessa grazia e spontaneità.
Nel '63 era già prima attrice egregia sì nelle parti drammatiche, sì nelle tragiche, ma più in queste che in quelle, e nel '69-'70, conduttrice ella stessa d’una compagnia comica, sollevò quasi all’entusiasmo i pubblici più varj d’Italia. […] Gli ammiratori di Celestina Andò nata De'Paladini, prima donna drammatica applauditissima sempre nel Teatro Alighieri, D.
Chi voglia avere notizie particolareggiate e dell’indole sua e del suo poetare, specialmente improvviso, veda il forbitissimo articolo di Cece nel Piovano Arlotto del febbrajo 1859, pag. 97. […] Allorchè le cicale non son stanche di sciattare i bimmolli in fogge strane, quando del Diacciatina sulle panche si ganzan di sorbetti le sottane ; il giorno, in cui tra loro uniti stanno di Cecco e Beco i venerandi figli, cosa, che segue un par di volte l’anno : nel secol d’ora, in la Città de'Gigli, gli anni, che con più sei cinquanta fanno, nacque al mondo Domenico Somigli.
Attila Flagello di Dio, Ezzelino da Romano, Fazio nel Ratto delle Sabine, Talbot nella Giovanna d’Arco, e moltissime altre parti furon da lui interpetrate alla perfezione, e nessun attore potè vantarsi mai di avere nella sua beneficiata un incasso maggiore di quello che nella sua beneficiata aveva il Vedova ; il quale se sollevava all’entusiasmo il popolino delle recite diurne, era anche molto apprezzato in quelle serali, dal pubblico eletto, come padre nobile, non che come attor di tragedia. […] La vediam prima attrice il 1854-55 della Compagnia di Cesare Asti, e i giornali del tempo hanno molte parole di lode pel suo metodo squisito sì nella commedia, sì nel dramma, per la voce insinuante, per la verità, l’intelligenza, la passione.
A questi inconvenienti comuni a tutti coloro che pubblicano i loro travagli, aggiungansi quelli che seco porta nel presente Discorso la distanza dell’Autore, e l’uso indispensabile de’ passi di varj idiomi e specialmente Spagnuoli, la cui ortografia non suole essere abbastanza famigliare in qualche paese. […] Los tras Los tres p. 141. v. 17. ricompariscono vi compariscono p. 142. v. 11. scogliere sciogliere p. 145. v. 9. e nel papel en el papel p. 146. v. 7. il nostro il vostro p. 149. v. 9. […] Tenoro Tenore p. 160. v. 13. di sua natura di natura p. 163. v. 2. riscutevano riscuotevano p. 164. v. 6. in genere in quel genere p. 166. v. 18. rappresentanti rappresentati p. 169. v. 2. uomini umani p. 169. v. 21. nel Canto del Canto p. 171. v. 14.
. – Ebbe onoranze funebri degne di lui : una pietra commemorativa fu alzata sulla sua tomba dalla figlia Laura colla seguente iscrizione : qui riposa Francesco Augusto Bon patrizio veneto scrittore comico dopo Goldoni primo morto in Padova il xvi decembre mdccclviii Laura figlia sua maggiore con doloroso affetto questa pietra pose il gennaio del mdccclix A questo punto lascio la parola a Giuseppe Costetti che con tanto amore ed acume dell’opera letteraria del Bon discorse nel suo studio sulla Real Compagnia Sarda (pag. 23-24). […] Egli stesso, l’autore, vi era inarrivabile nella parte del servitore intrigante………… Lasciò scritte, e tuttora inedite, le sue Memorie ; in fondo alle quali, di suo pugno, si leggono queste parole : « Nato nel 1798, morto…. […] » Oltre alle tante produzioni drammatiche, abbiamo di lui i Principii d’arte drammatica rappresentativa, dettati nell’ Istituto drammatico di Padova (Milano, Sanvito, 1857), nei quali, più che le lezioni teoriche, sono da ammirarsi i dialoghi, alcuni de’quali, come la Rissa, sono drammettini vivi, palpitanti, d’una modernità scenica meravigliosa ; e una infinità di articoli pubblicati nella Gazzetta di Milano e nel Pirata….
Curioso ne è il poscritto : e perchè ui sono molte porte nel suddetto Teatro e necessario che siano chiuse molte di lorro. […] Giacomo de Spagnoli, delle quali cinquanta, ne ha consumato nel viaggio, da Napoli a Modona in Letiche, Carrozze, spese cibarie, e condotta di sue Robe ; onde hora gl’è necessario che mandi il marito a Napoli, per riscuottere dette Gioie, e questa sara sopra spesa per più d’altre venti doppie. […] Se egli si diceva già vecchio venti anni addietro, molto probabilmente nel ’90 circa era già morto.
Abbiam visto al nome di Adami Beatrice, com’essa, già moglie di Trappolino, fosse stata nel ’39 rapita in viaggio dal conte Bonaparte Ghislieri ; e dalla lettera del Toschi datata da S. […] A. e le mie pretensione no son altro che nessun tiri più di me, leuato la spagniola, e quelli di 3 quarti stieno nel suo posto che se gli altri di Compagnia, toltone la mia casa, glie la uoran dare, l’hauro caro anzi p no pregiudicargli faro in aparenza constare, enziandio in scritto, co i compagni che anchio son della medesima volonta di dargli le doi parte ona cbe in sostanza io no resti defraudata nelle parte della mia casa, son pouera giouane, son stata tanti mesi senza recitare, hauto malatie altre prigionie de parenti, famiglia assai, e lite si che puole ognuno considerare come sto. […] ra Beatrice vitelli Comica, nel corso delle fattiche, c’ha portato in Piemonte, et qua s’è stabilito merito tale appresso di me, che desideroso di fargliene rissentir gl’effetti non le ho potuto negare di procurar la protetione dell’ Em.
È ricordato da Carlo Trautmann nel suo eccellente studio sui comici italiani in Baviera, come artista, il quale, insieme a Silvestro Trevisano e a Barbetta Alessandro e figlio, andò a unirsi l’anno 1574 nel Castello di Trausnitz presso Landshut, a due saltatori, che vi furon chiamati un anno prima, dopo la fuga di Massimo Trojano, il famoso cantante, suonatore e dilettante comico. […] Uno di essi era designato quale Zane il saltatore, l’altro, col suo vero nome di Venturino, che apparve già a Landshut nel 1572, e che sembra sostenesse collo Zanni Scolari, la parte del Magnifico.
Il Quadrio si confonde tra la Delia e la Celia, la Malloni, attribuendo a quella le lodi di questa, e citando persino come errore di stampa il nome di Delia nel libretto di poesie in lode di lei che andremo scorrendo, e che ha per titolo : LE FUNEBRI | RIME, | di diversi eccell. | autori, in morte della signora | CAMILLA ROCHA NOBILI | comica confidente detta | DELIA. | raccolte da francesco antonaz | zoni, comico confidente detto | ortensio. | dedicate all’illustriss. […] Ond’or che vive in ciel da me disgiunta provo il gel nell’ardor, l’ardor nel gelo ; e mia vita direi fosse al fin giunta. […] Specchiati in Ciel nel sommo ben verace, poi ch'hai vinto Satan Angelo immondo, e con li giusti godi eterna pace.
), nel distretto della parrocchia di S. […] Il Bendinelli si recò a Parigi probabilmente nel 1660 per succedere nelle parti di Primo Innamorato al Romagnesi, detto Orazio, nella Compagnia di Luigi XIV.
Esordì colla parte del fratello vendicatore nel dramma : Prestatemi cinque franchi ; e tanto vi dispiacque, a cagione specialmente della pronuncia siciliana, accentatissima, che il Marchese Imperiali, deputato della sopraintendenza a quel teatro, ne volle cancellato il nome dall’elenco degli attori pel nuovo anno comico, rispondendo rigidamente a chi glie ne vantava le doti : « quando il signor Bozzo parlerà italiano potrà tornare al Teatro dei Fiorentini. […] E alla poesia del Girella potrei aggiungere la parte del Cavaliere di spirito, e altre siffatte, nelle quali fu artista egregio nel più largo senso della parola.
Battista Fiorillo Comico, nel corso delle fattiche c’ hà fatto quà s’è stabilito merito tale apresso di me, che desideroso fargliene risentir gl’ effetti non le ho potuto negare di procurar la protettione dell’Alt. […] Felice, entrato a raccontare le solite peripezie di compagnia con le parole : Sia maledetto, quando mai m’intricai in queste maledete zenie di comedianti (alludendo alla lettera del Fidenzi (V.) a lui diretta), dà a Trappolino il titolo di briccone, perchè, nel timore che il Duca volesse per sè il comico Flaminio (Napolioni), egli sel prese con sè in casa, mantenendolo di tutto punto, col fondamento di averlo per compagno.
Messer Francesco detto il Giechino si trova citato dal Bertolotti fra i commedianti che nel 1591, di passaggio a Mantova, presero stanza all’osteria del Cappello. […] te assentirà, ancora portarsi à Venezia à recitare etiam nel Teatro dei SS.
Questo nel nascer nostro don primiero da lui si riconosce per favore. […] Partendo dai Nostri Stati per portarsi altrove Antonio Marchesini Capo della Compagnia de' Comici, che ha esercitata per più mesi tal professione ne' Teatri di Modena, e di Sassuolo con piena nostra sodisfazione, e della nostra Corte, ed’auendo percio motivo d’accordargli la nostra prottezione, con ascriverlo nel numero de nostri attuali Sruitori, l’accompagniamo colle presenti nostre lettere patenti, in vigore delle quali preghiamo i Signori Principi per i Stati de quali gli occorrerà transitare, e rispettivamente ricerchiamo i loro Ministri a far godere allo stesso Marchesini i suoi cortesi riguardi, lasciandolo passare liberamente col suo seguito, e Bagaglio, e tanto poi comandiamo espressamente aj Ministri, Officiali, e Sudditi Nostri per quanto stimano la gratia.
La grazia sta nel contegno, negli atteggiamenti, nella naturalezza, nella disinvoltura, nella semplicità, nella perfetta armonia, e nell’intero sgombramento di tutto ciò che è superfluo, od incomodo : il linguaggio della servetta deve essere franco, e talvolta ardito ; ma in generale il modo di dire delle nostre servette è tutto pieno di tanti fiori già appassiti nel loro nascere, come quelli che hanno sulla loro gonnella.
Io condussi la Storia de’ Teatri sino a’ tempi prossimi al punto dell’edizione napoletana in sei volumi cominciata nel 1787, e compiuta nel terminar del 1789. […] Ben sanno i veri filosofi, i degni letterati del secolo da me con alacrità di animo altrove rammentati tra’ grandi ornamenti de’ nostri dì, la prestanza e l’utilità di un genere di poesia, da cui, se v’ha mezzo efficace per diffondere nel popolo una vantaggiosa pubblica educazione, debbe questa principalmente da buon senno ottenersi; siccome m’ingegnai d’indicar nel breve ragionamento che premisi alla mia storia, dirigendolo a chi ama la poesia rappresentativa.
Trascelgo dall’Arlecchino Proteo, nel quale la Caterina Biancolelli esordì colla sorella Francesca, e il quale suggerì al signor Devizé l’articolo del Mercurio di Francia, che s’è visto al nome di Francesca, la scena dell’incendio che precede la parodia di Berenice, originalissima nella sua mescolanza delle due lingue. […] Il costume di Colombina è nel Teatro del Gherardi uguale a quello delle amorose, se ne eccettui il piccolo grembiule. […] Il Watteau, uno de’ più geniali illustratori della Commedia italiana, del quale verrò riproducendo le principali opere, ci ha dato il costume dell’ Arlecchina in una delle sue incomparabili acque-forti (pag. 441) : e ce lo ha dato Geremia Wachsmuth col suo Inverno (pag. 439), nel quale, come si vede, figurano, a lato di Arlecchina, il Dottore, Scaramuccia, e altri tipi del nostro antico teatro. […] Anche in Goldoni la Colombina è stata scelta nel Teatro Comico a significare il tipo della servetta, che rimane pur sempre invariato ne’varj nomi di Corallina, Smeraldina, Lisetta, Cammilla, a dir de’ più usati : mezzana, sventata, lusingatrice di padroni, chiacchierina, impertinente, civetta, amante o moglie d’arlecchino : ma il tipo della Colombina goldoniana sta a quello della Colombina gherardiana, press’a poco, come la civetta italiana sta alla coquette francese, sia nella forma, sia anche nella sostanza.
Io aspetto e spero. » E l’aspettazione e la speranza, quasi vane ormai, non gl’impediscono di portar sempre e dovunque il magistero dell’arte sua, con predominio di note schiettamente gaje, sia che il buon gusto del pubblico gli conceda di spiegar le sue doti ne'capolavori goldoniani (oggi [1905] ne ha oltre venti in repertorio), sia che dal palato avvezzo agli eccitanti, o dal bisogno nel pubblico lavoratore di una distrazione spensierata, egli debba mostrarsi nelle innocue e pur vilipese aberrazioni chiassone della pochade. […] … » E di che deve il pubblico dolersi, ove l’artista egregio alle chiassate nell’Amor sui copi, o nel Campagnol ai Bagni al Lido, o nell’Albergo del Libero scambio aggiunga alcuna delle sue strampalerie, qualche suo granellin di pepe ? […] Così, mercè sua, il vecchio teatro dell’Armonia di Trieste riceve il 30 novembre 1902 il nuovo battesimo di Teatro Goldoni ;… E così, finalmente, nel costante favore di popolo e di critica, un suo pallido e debole sogno di creare la casa di Goldoni a Venezia con artisti veneziani e repertorio goldoniano, va acquistando nella sua mente e nel suo cuore luce e vita per modo da occuparlo tutto omai come una, più o men lontana, realtà luminosa….
Egli entrò alla Commedia italiana per recitare al fianco del Bertinazzi che non poteva per vecchiezza disimpegnar da solo il ruolo di Arlecchino ; e se non poteva accostarsi troppo all’arte sovrana di lui, benchè anch’ esso attore di pregi singolari, pure collo studio indefesso, colla più schietta modestia, seppe conquistarsi la benevolenza del pubblico e del comitato del teatro, il quale, quando nel 1780 licenziò gli attori del genere italiano, pensò bene di conservare il Coralli. Morto Carlino, il 6 settembre del 1783, Coralli entrò nel pieno possesso del ruolo di Arlecchino, e quattro giorni dopò, avanti di recitare nei Due Biglietti di Florian, rivolse al pubblico calde e affettuose parole di ammirazione e di compianto pel suo grande predecessore, che gli accrebber subito la benevolenza del pubblico. […] Il Coralli non ha voluto riveder l’ Italia, ma avendo sposata una figlia del Ruggeri, fabbricatore di fuochi artificiali, è rimasto a Parigi, impiegato colla Truppa francese allo stesso Teatro, e un tal impiego gli fa onore e giovagli altresì per il congruo, e necessario suo decoroso mantenimento. » Una delle migliori creazioni del Coralli fu quella del fratello minore nei Gemelli Bergamaschi di Florian, dati la prima volta il 6 agosto 1782, in cui si fece molto applaudire al fianco del Bertinazzi che rappresentava il fratello maggiore : e una delle peggiori pare fosse quella nel Venceslao, dramma francese, come appare dalla prefazione del traduttore Francesco Gritti.
Però nel 1633, quarantesimo quinto dell’età sua, ne fu stampato a suo onore il ritratto, che fu inciso da Agostino Caracci ; e sotto all’immagine vi furono impresse queste parole : Solus instar omnium ; volendo dire ch’egli valeva per un’intera compagnia di comici. […] Ma s’egli viveva nel 1633, come mai il Caetani scriveva l’ ’11 che il Siuello era suo amorevole ? […] Lascio quest’ occhi, e questa lingua mia nel fin de’ suoi lamenti, e de’ suoi pianti, sol per esempio a i sventurati amanti.
Teatro Carlo Lodovico ; nel qual tempo le fu dedicato da A. […] Lontano fatalmente dalla famiglia, a cui non può mai pienamente sostituirsi nessuna amicizia, anche se rara e quasi favolosa come fu quella che tra molte ti sapesti meritare, tu muori, o amico, con l’amarezza nel cuore e il pianto negli occhi ; tu che eri avvezzo a sentirti sonare dintorno il vasto riso dei popolosi teatri, suscitato dalla tua comicità arguta e gentille. […] A Domenico Giagnoni, sepolto nel Camposanto della Misericordia di Pistoia nella cappella sotterranea di S.
Alla fine dello stesso anno, Costantini abbandonò la impresa, e Romagnesi passò in una Compagnia di Marsiglia fino al 1718, anno in cui fu di ritorno a Parigi, esordendo il 4 di luglio al Teatro francese con la parte di Radamisto nel Radamisto e Zenobia. […] La prima rappresentazione del Sansone francese ebbe luogo il 18 febbrajo 1730, e Romagnesi vi ottenne un successo enorme, secondo che attesta Matteo Marais nel suo diario, alla data del 5 marzo 1730, che dice : « Agl’italiani hanno un lavoro che fa gran chiasso. […] Ma pare che questa nel 1776 si sciogliesse avanti la fine dell’anno, ed egli si scritturasse assieme alla famiglia con Alessandro Gnochis pel carnovale di quell’anno a Genova, dove morì ai primi di gennajo.
all’Antiquario di prima fila qual si manifesta in varj argomenti, e singolarmente nel favellar del Teatro Siracusano, in cui toccògli la sorte di ravvisare prima di ogni altro la greca iscrizione marmorea della Regina Filistide? […] Mi discolpi eziandio l’unico intento che mi mosse, di appalesar per le stampe quanto io mi pregi della preziosa padronanza onde mi onorate da più anni, e quanto io ammiri le rare doti dell’animo vostro, la vostra dottrina e l’erudizione somma prima ancora che venga alla luce la Coltura delle Sicilie nel Regno di Ferdinando iv da me delineato appena in tre volumi vicini ad imprimersi, nella quale, o Signore, come Poeta, come Filologo, come Erudito di ogni maniera figurate vantaggiosamente ed ornate il mio patriotico racconto dell’Epoca Fernandiana.
E al proposito del Belisario (ivi) : Per dire la verità gli attori contribuirono infinitamente alla riuscita dell’ opera e le parti erano bene distribuite : …… Teodora Imperatrice, vana, superba e feroce non potea esser meglio rappresentata : la Bastona la sosteneva a maraviglia ; e s’investiva si bene di quel carattere odioso, che più e più volte i Gondolieri, ch’ erano nel Parterre, la caricavan d’ingiurie, ch’erano insulti alla parte rappresentata, ed applausi alla brava attrice. […] Amurat) ; e nel chiedere all’uditorio la completa indulgenza, il Goldoni aveva un po’ caricata la dose, pare, sul nome della Ferramonti.
Si trovava nel 1853 in Compagnia Feoli, già sposa all’attore Ludovico Mancini ; e ad Alessandria della Paglia, in quell’anno, uditala il Righetti, la scritturò per la Compagnia Reale Sarda, pagando la penale alla Società Arnoud e Carrani con cui la Cutini era scritturata. […] ) : Daria Cutini-Mancini era una bellezza piccante, giovanissima, ella pure di 22, ’23 anni appena : svelta della persona, elegante nei movimenti, con una pronunzia aperta e correttissima, qualità principale nel disimpegno delle parti brillanti e di servetta : ella doveva rimpiazzare la signora Romagnoli, che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come quella, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleone a Vincennes, e tante altre nelle commedie di Goldoni, di Molière e di Nota.
De' primi anni dell’arte sua riferisce il Colomberti il seguente aneddoto : Il direttore Antonio Belloni che trova vasi con la Compagnia Paganini nel 1803 unitamente all’Elisabetta, da poco divenuta vedova, possedeva un piccolo cane, che, divenuto idrofobo, fuggi di casa, e si recò in quella della Marchionni, forse per non mordere i padroni. […] Sembra che il tempo e l’amor materno, non meno delle preghiere della sorella, gli ottenessero il perdono della severa Elisabetta dopo diciassette anni di esilio dalla famiglia : e infatti lo ritroviamo nel 1820 nella Società drammatica della madre e della sorella al posto di primo amoroso assoluto, dopo la scelta del primo attore Meraviglia, con la moglie Teresa, brava prima e seconda donna giovane.
Fu il carnovale, per molti anni e fino al 1768, nel Teatro Obizzi di Padova. […] Egli ebbe certo in esso Bartoli un valido difensore dalle accuse del Piazza, che nel romanzo Il Teatro aveva dato di lui il seguente ritratto : Era questi (il Capo) un veneziano grasso e bassotto, rosso di faccia, ma goffo e pesante, e d’un’ aria da spazzacammino piucchè da comico.
Antonio Salsilli fu anche scrittore egregio di articoli e bozzetti di teatro, spesso col pseudonimo di Paron Toni, nella Gazzetta di Napoli, nella Rivista Subalpina, nel Corriere di Roma, nel Carro di Tespi ; autore di commedie, tra cui accolta con molto favore quella in un atto Cicero pro domo sua, e di monologhi, tra cui Il punto interrogativo, fatto celebre dall’arte meravigliosa di Claudio Leigheb, e divenuto poi la delizia di tutti i dilettanti maggiori e minori.
Beolco Angelo nell’Opera, e nel Supplemento).
Metastasio nel Temistocle.
Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
Attore della Compagnia del Lorenzi al Teatro Nuovo di Napoli nel 1775.
Recitava in Italia con grande successo nel 1715.
La troviamo in Tolentino nel 1819 applauditissima con la Pani e con lo Zuccato.
Apparteneva alla Compagnia dei Comici Uniti nel 1593, nella qualità di Graziano (V.
Comico napoletano, che seppe molto farsi apprezzare nel carattere di capitano sotto ’l nome di Spacca.
È ricordato dal Sansovino nel suo libro sopra Venezia tra i comici più antichi di quella città.
Era il Pantalone della Compagnia italiana chiamata a Parigi nel 1645 dal Cardinal Mazzarino, e che recitava al Teatro del Petit-Bourbon.
La cita il Bertolotti fra i comici che furono a Mantova nel 1590.
Faceva in Compagnia Fabbrichesi nel 1826 le parti da traditore, al fianco di De Marini, Vestri, la Fabbrichesi e la Bettini.
Liberati Urania, detta in commedia Bernetta, recitava le parti di serva, nella Compagnia che l’Arlecchino Tristano Martinelli (V.) condusse a Parigi nel novembre del 1620.
Armano (D’) Pietro, ricordato da Marino Negri nel prologo della pace (1561) in compagnia del Molino e del Calmo, come ingenioso et gentile.
Imperiale, nel 1590.
Moglie del precedente, recitò con ispirito nel carattere della serva.
Fu artista del San Salvatore di Venezia, tartassato con Medebac, Falchi e la Marliani da Carlo Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi, e in un sonetto burchiellesco.
Autore di un dramma, La morte di San Nicola, che fu rappresentato per più sere nel 1800 a Tolentino.
I) insieme a Fidelin Romano, fra gli attori che recitarono il 1673 a Modena, nel Teatro Comunale Vecchio di Via Emilia.
Dopo la sua morte gli successe nel comico esercizio Antonio Camerani. »
Citato dal Bertolotti fra' comici che furon di passaggio a Mantova nel 1590.
Bolognese, comico del Serenissimo di Parma Antonio Farnese, fu attore di assai pregio per la maschera dell’Arlecchino, sotto nome di Tracagnino (nel linguaggio romagnolo risponderebbe al Tombolotto de’Toscani). […] Lo troviamo poi nel’39 a Bologna, dove, secondo una indicazione nel diario del Barilli (Ricci.
Albergina Lodovico, comico veneziano, segnato nel movimento della popolazione mantovana per gli anni 1590, 1591 e 1592, fra coloro che giugnevano il 12 settembre (1590) in casa di Cesare Gonzaga.
Nel 1776 si recò in Ispagna, ov’era ancora nel 1782 impiegato alla direzione di uno di que’ teatri.
Fu lodato e stimato non solamente dal pubblico, ma sì dai comici, e morì nel miglior tempo della sua vita artistica l’anno 1761.
Di lui non abbiam trovato alcun cenno fuorchè nel Quadrio che dice soltanto essere stato anch’egli di singolari talenti dalla natura dotato, e molto favorito da Principi.
Non siam dunque dinanzi a un buffone volgare, ma dinanzi a un artista nel vero significato della parola. […] Alla fine dello stesso anno l’apoplessia lo colse nel suo domicilio di Parigi, Via dei Petits-Champs, ove morì il 6 settembre 1783. […] Talvolta, amareggiato nel fondo dell’anima, gli accadde di esclamare : Ho paura di non esserci che io solo al mondo di veramente onesto ! […] Tutto sta nel sapere qual sia il vero figlio di Arlecchino. […] Nè tale indignazione gli venne da speciale amore ch’egli portasse a quell’imbrogliato romanzo : chè anzi non ebbe per esso mai una benevola parola, nonostante il suo successo ottimo e schietto, chiamandolo piccola bagattella, composizione avventurosa, che, lui vivo, non avrebbe mai visto la luce pubblica, nè mai sarebbe entrata nel suo teatro italiano. « Vi saranno forse stati diamanti – dice Goldoni stesso – ma erano incastonati nel rame.
Bartoli – assai bene nella maschera dell’ Arlecchino, e ne’ Teatri di Venezia fu per molto tempo, con piacere di quella Metropoli, nel presente secolo (xviii) applaudito.
Nel 1800 era seconda dopo Rosalia Linder, e nel 1803 prima donna.
« Comico, che nella Compagnia della Faustina Tesi ebbe impiego per alcuni anni, recitando nel carattere dell’Innamorato, e che anche presentemente (1782) fa valere il suo spirito sopra i Teatri della Lombardia. » Così il Bartoli.
Fu tra'compagni del Ruzzante (Vedi Beolco Angelo nell’opera e nel Supplemento), e dice lo Scardeone, che era chiamato Vezzo in commedia ; nome di servo, che vediam comparire tra le opere del Ruzzante una sola volta nella Vaccaria.
Ben io lo provo nel tuo ciglio sereno, se ognor, che il guardo giri un strale avventi a saettarmi il core. […] E pur cieco io non fui nel vagheggiare il tuo bello, se penetrò per entro gli occhi al core. […] Sai che a poggiare nel cielo vi è di bisogno aver l’ali.
D’Ancona) che nel 1567 formò compagnia in società con Guglielmo Perillo napoletano e Marcantonio veneto : societatem insimul recitandi comedias… e, all’occorrenza, sonandi, cantandi, ballandi, ecc.
Viveva ancora nel 1782.
[3.2] Niente vi ha di più sconcio di quella loro comune pratica di mangiarsi le finali, e nel tenero lor palato dimezzar le parole. […] [3.3] L’andare dipoi de’ nostri attori, gli atteggiamenti loro, il portamento della vita, i moti della persona non discordano punto dalla poca grazia, che e’ mostrano nel pronunziare e nello esprimersi. […] Così nel recitativo. […] E in ciò principalmente consiste quel fior di espressione che scolpisce le parole nella mente e nel cuore di chi ascolta. […] Certa cosa si è almeno che, rimessa la musica nel primiero suo stato, con grandissima attenzione e non meno di diletto verrebbe da noi ascoltata l’opera dal principio sino alla fine; ed ella imporrebbe agli spettatori uno imperioso silenzio.
ma Casa per Pantalone nel qual tempo ha conosciuto apertamente, et indubitatamente esser impossibile, esercitandola, il poter saluar l’anima sua, e sù questa certezza l’anno scorso haueua determinato di lasciar tal arte, e ritirarsi in un Monastero, e che sij il uero col Padre Guardiano de Zocolanti di Cento trattaua tal interesse ; ma perchè quelli che esercitano tal arte sono senz'anima, e pieni d’iniquità fecero che fu chiamato a recitare dal Ser. […] A. il Riccoboni, che aveva già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi tentativi di Riforma del Teatro Italiano, sostituendo alla Comedia dell’ arte, buone opere scritte, tolte dall’ antico repertorio, quali Sofonisba del Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di Sofocle, Torrismondo del Tasso, e altre, e altre, che troppo sarebbe voler qui enumerare, le quali allestì al pubblico con molto decoro, e recitò con molto valore. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) : ..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene. […] Essendo l’Hôtel de Bourgogne in riparazione, la compagnia recitò al Palais Royal, alternativamente con l’opera, cominciando la sera del 18 maggio, nel nome di Dio, della Vergine Maria, di San Francesco di Paola e delle Anime del Purgatorio, con La Felice Sorpresa, che ebbe un grande successo davanti a un pubblico affollatissimo : l’introito, e i posti costavano un terzo meno che un secolo più tardi, fu di lire 4068. […] Il Principe Antonio di Parma inviò al Duca Reggente il Regolamento della Compagnia già approvato, senza che nè in esso, nè in quello del Duca d’Orléans fosse più fatta menzione della Compagnia Costantini, alla quale il Riccoboni, essendo la sua scrittura una semplice aggiunta a quella della moglie, aveva accennato : e forse la ragione di quell’accenno, sta in ciò, che trovandosi il Costantini a Parigi, ove s’era fatto impresario nel 1712 di spettacoli alle fiere di San Germano e di San Lorenzo, il Riccoboni ne temeva l’ingerenza nella nuova compagnia. […] Tal fatto fu annunziato nel Mercurio di Francia del maggio seguente, con molte parole di lode.
Carlo Gozzi nel suo ragionamento ingenuo, lo cita « assieme a Garelli, Cattoli, Campioni e Lombardi, come egregio predecessore nella Comedia improvisa di Darbes, Collalto, Zannoni, Fiorilli, Sacchi, ecc. » Ma di lui non ho trovato notizie.
Morì a Firenze nel 1865.
Si sposò con un giovane parmigiano, non figlio d’arte, e nel 1782 era (V.
Recitava le parti di serva col nome di Colombina nella compagnia che inaugurò il nuovo teatro di Varsavia nel 1748.
Marini Giuseppe, veronese, esercitatosi tra'dilettanti della sua patria, si diede all’arte nel 1810, dedicandosi per la sua maestosa figura al ruolo di tiranno, che sostenne con moltissima lode nelle primarie compagnie di Raftopulo, Goldoni, Dorati, Internari e Paladini, Perotti e Fini.
Viveva ancora fuor dell’arte a Venezia nel 1781.
Scrisse la commedia Stefanio, recitata nel convento degli Eremitani a S.
Fece anch’essa le prime armi nell’accademica Compagnia del Patriarchi, poi si acquistò buon nome come servetta. « Una figura gentile — scrive il Bartoli — una dolce favella, e un recitare pieno di spirito, rendono questa giovane comica, nel suo carattere di serva, assai pregevole.
« Recitò – dice il Bartoli – nel carattere dell’arlecchino per molto tempo con valore ; ma poi si alienò dall’arte, e vive oggigiorno (1782) in Ferrara, coi vantaggi che ne ricava assistendo ad una Bottega di Caffè, che da non pochi anni in quella città egli aperse. »
Sciolta la società, fu scritturato da Gaetano Bazzi, con cui stette parecchi anni ; passò poi con altre Compagnie, finchè, lasciate le scene, andò a stabilirsi a Firenze, ove morì nel 1865.
Passò poi a Venezia a far conoscere la propria abilità nel teatro Grimani a S.
Si trovava ancor col Perelli nel 1782.
Fu artista acclamatissimo specialmente nel repertorio goldoniano e di Giraud.
Recitava con coraggio — dice il Bartoli — e con vivacità nel carattere della serva.
Fu il primo amoroso, nel 1850, della Compagnia che Antonio Colomberti formò in società con Eugenia Baraccani, sposata la quale, si fece capocomico egli stesso, separandosi poi amichevolmente dalla moglie, e ritirandosi dopo alcun tempo dall’arte per andare a seguire il figliuolo, divenuto tenore de' più ammirati.
Abbandonate poi le scene, si restituì in patria, ove morì nel 1831.
Recitò nel carattere da Innamorato con buonissima disposizione.
Si scritturò poi nel 1860 con Luigi Domeniconi, col quale tornò il ’63, come madre nobile e caratteristica.
Benchè lodata nel citato libretto dell’Arte Comica (v. art. prec.), a’primi passi nell’arte, distrusse in breve ogni speranza fondata sul suo avvenire, passando meschinamente la vita in compagnie d’infimo ordine, e finendo poi, vecchia e abbandonata da’ compagni di ogni specie, infermiera nell’ospedale di Udine.
Egli sostituì nelle parti di primo Zanni, collo stesso nome di Finocchio, il Cimadori, e lei recitava le serve col nome di Pimpinella, titolo, già nel 1588, di una commedia del signor Cavalier Cornelio Lanci, pubblicata in Urbino da Bartolomeo Ragusij.
Morì di parto a Parma in età di anni 39, nel 1768.
Troviamo nel 1738 a’ Fiorentini qual prima donna una Nicolina Bonanni, figlia o sorella forse, dice il Croce, di Vittorio.
Recitava il 1845-46 nel teatrino di Donna Peppa, la madre dei Petito ; e come – dice S.
Essi inviarono una supplica al Senato di Milano nel settembre del 1641, onde essere graziati di una condanna, per porto di armi da taglio e da fuoco, subìta nella città di Pavia.
È citato nel dialogo di Leone De Somi fra gli egregi recitatori del suo tempo (V. pag. 109).
Al mio arrivo in Milano lo incontro in peggiore condizione di prima ; da una parte era combattuto dal desiderio di far conoscere la singolarità del suo ingegno, ritenendolo nel tempo medesimo dall’ altra il rossore di comparir sul teatro nel proprio paese.
Il Bigottini si trovava nel ’43 a Rimini in Compagnia Ferramonti. Il Goldoni pregato dal Conte di Grosberg di scrivere qualcosa per l’arlecchino da lui protetto, ricostruì per le scene italiane una commedia sull’Arlequin empereur dans la lune, vecchia farsa di Nolant di Fatonville, recitata nel 1684 davanti a Luigi XIV.
Sostenne con Fini nel 1824 il ruolo di secondo amoroso col quale passò poi il 1825 con Tommaso Zocchi. […] Lo stesso Costetti, lodatore cordiale del Colomberti (I dimenticati vivi della Scena italiana) pur non accettando quel nomignolo, dice che certo, per non dare intero il torto al Bonazzi, si può convenire che nel temperamento artistico di Antonio Colomberti l’ elemento meditativo avesse sugli altri preponderanza.
Dei primi anni di questa egregia artista, nata a Firenze al principio del 1871, e andata il '77 e '78 a sostener colla Ristori a Parigi e in Ispagna le parti di uno dei bimbi nella Medea e del Delfino nella Maria Antonietta, una delle più intellettuali tra le giovani prime donne del nostro teatro di prosa, così parla Gacc nel Resto del Carlino del 29 novembre 1897 : Scioltasi la Compagnia Ristori, le sventare domestiche cominciarono a sperimentare la tempra del cuore della piccola attrice, educandola alla scuola del dolore. […] A quindici anni, la Compagnia Diligenti-Pezzana l’accoglieva con amore ; e nel 1885 nella parte di Edith del Figlio di Coralia debuttava applaudita al teatró dei Rozzi di Siena ; continuando negli anni successivi, colle Compagnie Novelli, Pasta e Drago, a rafforzare sempre più la sua delicata fibra d’artista.
Talvolta anche uscì dal suo ruolo, come ad esempio, nella Satira e Parini del Ferrari, in cui passò a quello di caratterista, recitando il Marchese Colombi, e nel Goldoni e le sue sedici commedie pur di Ferrari, in cui passò a quello di primo attore, recitando il protagonista. A detta de' contemporanei nessuno toccò nel Colombi la perfezione di lui, e quanto al Goldoni egli scriveva a Francesco Righetti il 18 agosto' 54 da Venezia : Qui la mia Compagnia piace immensamente, qualunque altra in vece della mia non farebbe le spese serali, tanti sono i passatempi gratis, che offre in questo mese Venezia ; pure ò 116 abbonati e nove palchi a stagione.
Il Goldoni la dice brava, eccellente comica, e molto si duole, quando nel 1735 abbandona la compagnia per recarsi a Dresda alla Corte Sassone-Polacca. […] Dettò egli la parte studiata nel Convitato di Pietra per la Pescatrice, recitata dalla figliuola del suo capocomico, Angiola Sacco Vitalba, che dallo stesso Bartoli riferisco in parte, come saggio : SORTITA Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, gridano a gara tra fronda e fronda gli augelletti, e tutte fan eco al canto lor l’aure soavi.
Dopo di essere stata colla Truppa di Gerolamo Madebach nel Teatro S.
Sposata nel 1767 una fanciulla di Udine, mentr’egli colà si trovava in Compagnia di Girolamo Brandi, l’addestrò nell’arte comica, e con lei passò il 1774 in Compagnia di Giuseppe Lapy al Sant’Angelo di Venezia.
Sposò Brigida Sgarri, ballerina, divenuta poi comica anch' essa, e dalla Compagnia del Rossi passò nel '70 in altre di giro, abbandonando le parti d’ amoroso e sostituendo, alla sua morte, il suocero Francesco Sgarri (V.), nella maschera dell’ arlecchino.
Brava comica napolitana, che recitò nel carattere di prima donna con assiduo impegno, divenendo un oggetto di piacere sui teatri del Regno e d’altre Provincie.
Moglie del precedente. « Recitò questa comica – dice il Bartoli – nel carattere della serva con molto spirito ; e dopo d’aver passato un lungo corso di comiche vicende, toltasi alla professione, morì nella città di Bologna. » È questa dunque la bruna fresca e vezzosa del Goldoni, che faceva col Ferramonti le Colombine (V.
Fratello minore del precedente, lasciò nel 1768 l’arte dell’oreficeria per darsi a quella della scena, in cui riuscì egregiamente per le parti di primo Innamorato.
Istruita nell’ arte comica dal suo primo marito, detto il Barbieri, riuscì egregia artista specialmente nel carattere della serva.
Il giornale citato ha per lei queste parole : « Finetta nelle Lagrime d’una vedova bastò a mantenerle il favorevole voto del pubblico ; » e in altra parte : « la serva confidente di Sofia nel Tom-Jones, e Costanza nella Pulcella d’Oxford distinsero quest’attrice nell’impegno suo costante per ben riuscire.
Egregio caratterista ai primi di questo secolo, era nel triennio 1810-11-12 in società con Bartolommeo Zuccato e Teresa Consoli.
Morì nel '95 di affezione cardiaca.
Fu prima attrice pregiata, ma le sue qualità d’artista non potè mai far emergere, avvolta com’era nelle disgrazie, non mai interrotte, e perciò nel guittume della Compagnia del suocero, che non volle abbandonare finchè egli visse.
Ebbe due sorelle ; l’Anna, moglie di Giovanni Roffi, e la Maddalena, moglie di Pietro Rossi, ambedue comiche esperte nel carattere della serva.
Rinomatissimo capocomico e artista egregio per le parti d’innamorato nelle commedie scritte e improvvise. « Fu uomo di molta intraprendenza – scrive il Bartoli – ed ebbe in sua Compagnia degli abili Personaggi, a’ quali però all’ occorrenza non mancava di dar loro delle buone instruzioni intorno al mestiere. » Mortagli la moglie, abbandonò per sempre il teatro, aprendo in Venezia nel Campo di Santa Margherita una scuola per fanciulli che gli procacciò una decorosa esistenza.
Impinguatosi alquanto, lasciò il ruolo di primo amoroso per darsi a quello di caratterista, nel quale fece ottima riuscita a’ Fiorentini di Napoli, ove si recò scritturato dalla Società Tessari, Visetti e Prepiani.
Figlia di un apparator teatrale, e moglie del precedente, che sposò a sedici anni nel 1883, scritturandosi con Ettore Dondini in qualità di seconda amorosa.
Attore caratterista e promiscuo, e capocomico, ch'ebbe scritturata nel 1826 tutta la famiglia Dondini.
Figlia dei precedenti e moglie di Giuseppe Salvini, fu una egregia servetta, e tale la vediamo col marito nella Compagnia Paladini-Internari, con la quale doveva recarsi del 1830 a Parigi ; ma còlta dal mal di petto, fu obbligata a restarsene in Italia, a Venezia, presso i suoi parenti, sostituita nel ruolo dalla moglie di Luigi Taddei.
I secondi, oltre a codesto saper qualcosa, dovevano anche aver del genio ; però ch’io son persuaso volerci assai più di mente per adattare a storto una sentenza, che per ispacciarla nel suo giusto senso. […] & poi nel fine dopo mille ingiurie ti convenga darli tua figliuola per moglie ? […] Adriano Banchieri, sotto il nome di Camillo Scaligeri della Fratta, nel suo Discorso sulla lingua bolognese, vorrebbe sostenere che il Dottor Graziano non è bolognese. […] Veramente non ha che veder l’arte di Roscio con una corsa di cavalieri isolati a lancia in resta : ma nulla impedisce di credere che a tale spettacolo potesse essere preposto un commediante, il quale sappiamo anche essere stato perfetto suonatore, dacchè il Petrarca a lui lasciò nel testamento il suo leuto, non perchè il suonasse per suo diletto, ma a eterna gloria di Dio. Anzi dalle parole del Petrarca il Napoli Signorelli desume anche la frequenza di rappresentazioni teatrali nel secolo xiv, chiedendo : Se non avesse questo ferrarese dati in Italia continui saggi della sua eccellenza in tale esercizio, l’avrebbe il Petrarca paragonato a Roscio ?
Nome di una attrice che pare unisse alla professione comica il mestiere di saltatrice, come risulta da una lettera del Rogna in data del primo luglio dell’anno 1567. « Hoggi si sono fatte due comedie a concorrenza : una nel luogo solito, per la sig.
Benotti Luigi, vicentino, sosteneva nel 1630 le parti di Pantalone nella compagnia de’ Fedeli….
Cognato della Regina, nacque a Brindisi, e si diede giovanissimo al teatro, nel quale riuscì collo studio e il buon volere attore di qualche pregio nelle parti caratteristiche e di tiranno.
Sposò il bravo primo amoroso Luigi Paci, del quale restò vedova nel ’21.
Ora è scritturato col medesimo ruolo nel Teatro d’Arte di Torino.
Figlia del precedente e di Lucilla Pasini veneziana e non comica, artista egregia, oggi, per le parti caratteristiche nella Compagnia veneziana di Zago e Privato, iniziò la sua vita artistica, seguendo il padre giacometto nelle sue prime peregrinazioni, per diventar poi la prima donna della Compagnia sociale italiana, nel qual ruolo si mantenne, apprezzata e applaudita, per oltre venti anni.
XI) il Giovannoni appare nel 1795-96 in Compagnia Pellandi al S.
Morì nel 1835 a Ferrara.
Era nel 1687 al servizio del Duca di Modena, nella Compagnia di Giuseppe Fiala il Capitano Sbranaleoni (V.).
Adorna di fisico elegante, di fisionomia aperta, di voce armoniosa, di sufficiente sentire, e di una grande passione per l’arte, è passata al ruolo di prima attrice assoluta, nel quale va oggi affrontando, con onore, i pubblici più severi, e le parti più scabrose.
Ricci Anna, bolognese « figliuola — dice il Bartoli, di Paolo Ricci, accademico recitante, — che ne' privati teatri di Bologna fece per alcuni anni un’ottima comparsa. » Entrò con lui in arte, sostenendovi le parti d’ingenua ; e di lei dice ancora il Bartoli che « nelle cose dove la tenerezza affettuosamente compeggi, a meraviglia riuscì. » Si recò dopo di aver vagato in compagnie di giro, in Napoli, ov'era nel 1782 ; passò poi al ruolo di Donna seria, ammiratissima.
Cominciò nel 1760 a recitare con favore le parti di serva.
La Baldigara, specialmente nelle così dette parti di forza, fu artista non delle peggiori ; a ogni modo, dava belle speranze di sè, quando la morte la colse nel 1824.
Passò nel 1777 in Compagnia di Antonio Sacchi, al posto della Teodora Ricci che si recava a Parigi, e fu molto ammirata, specialmente nelle commedie all’improvviso.
Esordì nel Teatro Marsigli di Bologna sua patria in parti di niun conto, passando poi col tempo a quelle di prima donna, che sostenne in Italia e fuori con molto successo.
Fu ascritto a quel teatro come socio, e quando, il 1732, tutto il personale italiano fu licenziato, fu fatta eccezione per la coppia Bertoldi, per Bellotti, e per questo vecchio ottantenne, a cui fu assegnata la pensione annua di 500 fiorini, e che quivi morì nel 1747, a novantasette anni.
Rimasto vedovo, abbandonò l’arte, e vestì l’abito talare, lasciando – dice il Bartoli – delle azioni sue una fama onorata, e morendo in quella città (Venezia) per lui tanto benefica nel decorso dell’ anno 1766.
Col padre capocomico, assunse il ruolo di prima donna giovine, e prima donna, nel quale fu scritturata a' Fiorentini di Napoli, a vicenda con Carolina Colomberti, sotto la celebre Tessari.
Comunque fosse, nè di questi, nè di Paolo di Padova (V.) capo di altra compagnia del Piccolo Principe nel 1579, si è trovata più traccia.
Fu impiegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con quella di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera del Dottore, ma poco ivi potè far valere il suo spirito e la sua lodevole abilità, poichè giunto a Modena, tocco da apoplessia, vi morì in quell’estate in età d’anni 38. » Così Fr.
[Concl.2] Ma poiché l’argomento o il libretto contiene in sé, come si disse da principio, ogni parte, ogni bellezza dell’opera, e da esso ne dipende principalmente la riuscita, ho creduto meritasse il pregio il dover qui aggiugnere due esempi di dramma, lavorati nel modo che s’è andato divisando. […] [Nota d’autore n. 21] Una Ifigenia in Aulide è stata rappresentata nel regio teatro di Berlino con applauso grandissimo.
L’ Agatodèmon nel dramma omonimo di Cavallotti, il Duca di Modena nel Fulvio Testi di Ferrari, il Conte Trast nell’ Onore di Sudermann, lo Scarpia nella Tosca di Sardou, il Teissier nei Corvi di Bèque, collocarono il Bertini fra i più intelligenti e più colti artisti del nostro tempo.
Tiberio Fiorilli, il celebre Scaramuccia, avutone il permesso dalla Corte nel 1668, venne in Italia, ove stette fino al 1670. […] Ma qui parmi che il Robinet abbia torto, poichè, non già al ritorno di Scaramuccia assunse l’attore che lo sostituì la maschera del Capitano, ma assai probabilmente tornò alla maschera antica, poichè sappiamo dal Soleirol come il Bianchi facesse già le parti di Capitano nel 1645.
Uno, che nel Foro Romana parla da Dottore, l’altro che urla, senza poter mai piegare quella voce da bufalo, formano una coppia galante da far ridere anche quando si ammazzano. […] … Forse, alcun po' delle lodi togliendo all’uno, e alcun po' de' biasimi all’altro, avremo nel Martelli un bravo artista per le parti comiche, non essendosi egli mai spacciato, e in ciò conviene anche il Bartoli, per attore tragico.
P. 26 v. 23 i tomi i nomi P. 39 v. 4 comiti comitiva P. 62 v. 19 i strinsi io strinsi P. 71 v. 6 Lolli Lulli P. 93 v. 9 tu balancois tu balançois P. 103 v. 22 dall’impegno dall’ingegno P. 121 v. 28 fervono servono P. 124 v. 17 dal rimanente del rimanente P. 173 v. 9 cho che P. 239 v. 19 dî di Si avverta che dopo la pagina 128 in fine del foglio H dovea seguire nel seguente foglio I il numero 129 e continuare sino al 144; ma per uno de’ soliti errori tipografici si è ripetuta la numerazione delle pagine da 113 sino a 128.
Fu buona prima attrice, buona seconda donna e buona madre : e la troviam tale nel 1815 in Compagnia di Salvatore Fabbrichesi.
Citato dallo Zito nel commento alla Vajasseide del Cortese, come socio del D’Auriemma (V.).
Condusse per qualche anno Compagnia, assumendo il ruolo di primo attore, nel quale, specie in varie commedie dell’Avelloni, riusci a meraviglia.
Mutato poi ruolo, potè più tardi mostrar tutta la sua valentìa, facendosi assai applaudire colla parte di Carino nel Don Giovanni dello stesso Goldoni, che gli ebbe grandissima obbligazione d’aver reso onore al suo personaggio.
Lo troviam nel 1858-59 caratterista in Compagnia genovese diretta da Antonio Stacchini, con la Laura Bon prima attrice.
Nato a Genova nel 1775, si diede all’arte assai giovine, esordendo qual primo amoroso nella Compagnia Ligure di Domenico Verzura.
Fu per un triennio con la società Prepiani, Tessari e Visetti a’ Fiorentini di Napoli, poi di nuovo con Solmi e Pisenti, poi con Giardini, poi col Ferri, poi con Antonio Colomberti (1851), dal quale uscito, andò a stabilirsi in Livorno, ove morì nel 1865.
Avea sposata Marianna Leonardi, giovine veronese, che seguì l’arte del marito, ottenendovi buon successo nel ruolo di madre nobile e seconda donna ; ed entrambi fecer parte sempre di compagnie primarie, tra cui quelle di Dorati e di Raftopulo.
Nato a Bologna da civili parenti, compiè il corso degli studj e si laureò in legge : ma vinto dall’ amor pel teatro, nel quale aveva già fatto egregie prove co' filodrammatici, si scritturò il 1829 con la Società Vedova-Colomberti, riuscendo in breve sì per la svegliatezza di mente, sì per la correttezza dei modi e la spontaneità, un de' migliori attori comici del suo tempo.
Nell’elenco dato dal giornale di Venezia, inserito nel Teatro moderno (anno 1800) figura un Apelli Angiolo : ma io ritengo trattarsi della stessa persona.
Sorella del precedente, sosteneva egregiamente nel 1828, in Compagnia Mascherpa, le parti di prima donna giovane.
Moglie di Fabio Sticotti (V.) andò in Francia nel 1716 colla Compagnia formata da Luigi Andrea Riccoboni per ordine del Duca d’Orléans, Reggente.
Abbiamo di lui una commedia intitolata La Pazzia, stampata a Bologna da Teodoro e Clemente Ferroni nel 1624.
., a cui dedicò l’opera Teatrale scritta da altra penna, intitolata : La Costanza premiata nel Trionfo di Porsenna Re de Toscani.
Attore accurato e diligente, molto deve della sua vita artistica alla comicità della persona che ricorda, anche nel volto, Pasquale De Angelis, il celebrato buffo barilotto del Teatro S.
Altro figlio di Eugenio e Cecilia, nato a Gallarate nel 1866, trascorse i primi anni in Compagnia Benini-Sambo, scritturandosi poi l’ 81 collo zio Enrico ; dal quale passò or generico primario, or brillante, or primo attore, or caratterista, con Schiavoni e Micheletti, con Zago, Borisi e Gallina, colla Tessero, col fratello Luigi, con Ernesto Rossi, con Zago e Privato, con Valenti e con Raspantini.
Moglie in seconde nozze di un suggeritore, entrata nell’arte verso il 1829, sosteneva nel 1831 il ruolo di seconda donna in Compagnia Internari e Paladini.
Il Galliani non è forse un brillante nel vero senso della parola, ma un eccellente comico.
Passò poi in quella migliore di Vincenzo Bugani, col quale stette più anni ; e sotto gl’insegnamenti di Giustina Cavalieri tanto progredì, che Girolamo Medebach lo volle con sè a Venezia nel S.
Ritornato a Firenze, recitò nel Teatrino della Piazza Vecchia, ed oggi scorre l’Italia con la Compagnia di Giovanni Roffi, facendo sempre più conoscere con certezza i teatrali meriti suoi.
Fu eccellente nelle commedie del Goldoni, e si vuole che colla sua morte, avvenuta in Livorno nel 1836, scemasse d’assai l’importanza del suo ruolo.
Avanzato in età e trascurato dalle buone compagnie, dovè ricorrere alle più meschine, cessando di vivere in Romagna nel 1768, « attorniato – come dice il Bartoli – dalla miseria e di sozzure ripieno. »
È questi il famoso Gabriele da Bologna, che sosteneva le parti di Zanni nella Compagnia de' Comici Gelosi sotto il nome di Francatrippe, lodato da Francesco Andreini (V.) nel Ragionamento XIV delle sue citate Bravure.
Comincian notizie precise di lui dal 1817, in cui lo vediamo secondo caratterista applaudito della Compagnia Rafstopulo, nella quale egli stette quattr'anni, e della quale era primo Francesco Pieri, ch'egli imitava nel gesto e nella voce.
Migliori progressi da esso ci aspettiamo, ed anzi s’egli vi porrà un maggiore studio nel ben pronunziare, noi lo assicuriamo di una maggiore e più luminosa teatrale fortuna ».
Gip: Tommaso Mascheroni Inqusitor General del Sant’Offizio di Venezia nel Libro intitolato: Le Rivoluzioni del teatro Musicale italiano ec. di Stefano Arteaga, Stampato; non v’esser cosa alcuna contro la Santa Fede Cattolica, e parimente per Attestato del Segretario Nostro, niente contro principi, e buoni costumi concediamo Licenza a Carlo Palese, Stampator di Venezia, che possi essere stampato, osservando gli ordini in materia di Stampe, e presentando le solite Copie alle pubbliche Librerie di Venezia* e di Padova.
Cantù Carlo, tra’ comici Buffetto, al servizio del Principe di Parma, nacque il 1609 e si diede all’arte nel 1632, come vediam narrato al principio del Cicalamento di cui abbiam già discorso ampiamente al nome della Biancolelli. […] Ma l’aver dato al Buffetto, nome tutto italiano e non traducibile, il nome generico di Brighella, ben noto in Francia, il cui costume vediam già nel quadro di Porbus del 1572 indossato dal Cristianissimo Re Carlo nono, non mi par cosa fuor del probabile. […] Forse questi due Brighella non eran altro che lo stesso Cantù, il quale morì probabilmente nel ’76, come si può argomentare da una lettera inedita di Alfonso D’Este, della linea de’Marchesi di S. Martino, in data 30 giugno di quell’anno, nella quale, trattando della formazione di una nuova compagnia, è detto : Noi haueuamo Bufetto et il Dotore, ma Bufetto è andato a recitare nel altro mondo…. […] Hora spropositatamente io sono stato mal ricompensato dal Dottore il quale ingiuriò me et mia moglie nel honore et riputatione presente tuto il popolo et i Comici senza alcun riguardo del patrocinio del Ser.
Esordì al Teatro Re di Milano, come prima attrice giovine, nel 1854, all’età di 17 anni, in Compagnia Robotti-Vestri, della quale era primo attor giovine l’Aliprandi, che divenne poi suo marito.
Passò nel 1779 in Compagnia di Pietro Ferrari, lasciata la quale si trasferì a Roma, ove stette alcun tempo, vagando ne’ dintorni e procacciandosi, con recite mescolate di prosa e musica, onorata esistenza.
Il Goldoni, descrivendo a parte a parte i personaggi di quella Compagnia nel vol.
Venute in Napoli di Lombardia compagnie comiche di quelle assai più famose e fiorite, il Favella si diede a fare il gazzettiere ; e tale lo vediam nel 1631 favorito al Monterey, il giovane Vicerè che prediligeva senza dubbio nell’alto e grasso e grosso gazzettiere l’istrione fallito.
Fu, acclamatissima, in Toscana, a Bologna, a Genova e più specialmente a Torino, ove s’ebbe i più larghi segni di ammirazione e di protezione, ma dove anche, data alla luce una bambina, dovè miseramente perire nel 1768. »
Lo vediam terzo amoroso nella Compagnia di Giuseppe Imer ; e dice il Goldoni ch' egli fu cattivo comico finchè fece la parte dell’amoroso, e che poi divenne eccellente, quando dopo la morte di suo padre prese la maschera del Dottore, nel qual Personaggio la sua grassa e goffa figura non disdiceva, anzi lo rendeva di piacevole caricatura.
Moglie del precedente, e figlia di un bravo Arlecchino, nipote probabilmente di Felice Sacchi, detto Sacchetto, nata nell’anno 1814, si scritturò, rimasta orfana del padre, come servetta, il 1830 nella Compagnia Bon, Romagnoli e Berlaffa, nella quale, sotto gl’insegnamenti del Bon, celebre attore e autore, divenne ben presto ottima nel suo ruolo, rappresentando per ben ventidue sere al teatro di S.
Tommaso d’Aquino una commedia in versi martelliani, intitolata : La Dama di spirito ; e altra in prosa e manoscritta, intitolata : I gelosi, viveva nel repertorio delle varie Compagnie.
Artista rinomatissimo per le parti di padre nobile e caratterista, a cui si dedicò giovanissimo, nacque a Genova l’ultimo ventennio del secolo xviii, e lo vediam già capocomico stimato nel 1800.
Ciò si rileva dalla traduzione italiana pubblicata a Venezia in quell’anno col testo a fronte e colla dicitura : « Da rappresentarsi in lingua francese nel Teatro San Samuele ».
[4.3] Su questo andare è per esempio il ballo del giocatore composto sopra una bellissima aria del Iomelli; nel quale vengono mirabilmente espressi gli avvenimenti tutti del grazioso intermezzo che porta quel nome. E veramente nel comico, o sia grottesco, sonosi veduti tra noi dei balli degni di applauso ed anche dei ballerini che aveano, come disse colui, le mani e i piedi eloquenti, e non erano forse tanto lontani da Batillo.
Nel 1812 fu in Compagnia di Giacomo Dorati, poi, nel ’19, in quella di Vestri e Venier, e finalmente in quella di Luigi Favre, del quale sposò una figlia, la Giulia, e col quale stette gran parte della sua vita artistica. […] Si trovava il 1840 al Circo Sales di Torino, e lasciò scritto un contemporaneo (l’attore Colomberti) di averlo sentito rappresentar molto bene la parte di Fernando nel notissimo dramma del Roti : Bianca e Fernando.
Luigi XIV richiese al Duca di Modena il Riccoboni, il quale, colpito dalle parole cortesi di rammarico che il Duca gli volse nel licenziarlo per la Francia, rifiutò di recarvisi, qualunque fossero i patti offertigli. […] Il 9 d’agosto dell’ '89 gli furon rimborsate lire 83, spese nel trasporto della condotta per barca dal Finale a Modena.
Sorella del precedente, nacque a Bassano verso il 1730 ed esordì alla Comedia italiana il 6 maggio 1744 insieme a suo padre colla parte di Colombina nel Double mariage d’Arlequin, dopo il quale eseguiva un passo a due assieme ad Anton Stefano Balletti. […] Fu dal suo esordire ricevuta alla Comedia italiana con stipendio fisso, e nel 1746 vi ottenne un po' di parte.
La maggiore, la Francesca, e la minore, la Gaetana, recitarono nel 1780 col padre a Corfù.
Smise dagli 8 ai 16 anni, per ricominciar poi nel 1873.
Dalla precocità dello sviluppo, dalla giunonia opulenza delle forme fu sbalzata a poco più che tredici anni nel gran mondo dell’arte, sostenendovi al fianco della Pezzana, Stuarda, la parte di Elisabetta regina d’Inghilterra.
Fioriva al tempo del Bartoli (1781), che di lei così lasciò scritto : « Anche in Palermo fu lodato il suo merito, e così pure in molte città della Lombardia e della Toscana, come non meno nella Liguria e nel Piemonte.
E dove dice (nella lettera autografa, che è nel ducale Archivio di Modena) in Francia, a Napoli, è scritto in margine : Francesco Ruino, Pignatta.
Calderòn e Metastasio si avvicinano come Drammatici in un punto, da cui partendo, a misura che s’innoltrano nel loro cammino rispettivo, si discostano scambievolmente. […] Vos exemplaria Græca Nocturna versate manu, versate diurna, l’altra, detestare le irregolarità Lopensi, e Calderoniche, riprese dal suo gran Maestro da per tutto, e specialmente in una delle Lettere Latine scritta nel 1716. al dottissimo Decano di Alicante1. […] Ecco gli ostacoli, che, ad onta de’ tratti patetici che io ammiro nel vostro Poeta, avrebbero impedito il nostro dal trarre mele da questi favi. […] In oltre questo Filosofo mascherato comincia il suo discorso dal mostrare, che la semplicità amata da’ Greci, da’ Francesi, e da’ buoni Italiani, non si amò dalla Nazione Spagnuola, che si fondò nel viluppo romanzesco.
La passione del teatro lo indusse a formare una Società Filodrammatica, di cui eran parte, fra gli altri, Giacomo Bonfìo, poi attore e scrittore drammatico, Antonio Calvi e Francesco Crescini ; e di cui egli fu l’anima, recitando con gran successo le parti principali nel Filippo e nella Malvina di Scribe, nella Teresa di Dumas, nel Benefattore e l’ Orfana, nell’ Incendiario, nei Trent’anni di vita di un giocatore. […] A lui fu per tal modo concesso dai padovani di erigere un teatro in legno, presso il Caffè Pedrocchi, detto allora Teatro Duse, di cui metto qui la riproduzione dell’interessantissimo sipario, il quale, oltre al comprender Luigi Duse nel suo costume, e gli altri di famiglia, l’Alceste sopr’a tutti, in quello de’personaggi nella Figlia del reggimento, dà anche una idea ben chiara di quel che fosse codesto teatro popolare, composto di tutta una famiglia, che viveva patriarcalmente, come non si potrebbe dire, e nella più perfetta delle armonie. […] Amico intrinseco di Francesco Augusto Bon fu uno de’primi e più valorosi interpreti della sua Triologia di Ludro, e, contemporaneo di Gustavo Modena, ne faceva con gran successo la parodia, rivaleggiando con lui nel Gigi undese, ch’egli stesso aveva composto.
Un nuovo informo presone da’ savj e candidi amici di Madrid venuto dopo l’impressione del tomo IV, ci obbliga a dare al vero la presente spiegazione, la quale lascia nel pieno suo vigore la riferita Nota.
Passata, benchè ancor giovane, nel ruolo di seconda donna e madre nella Compagnia Reale di Salvatore Fabbrichesi (V.), seppe serbare coll’ arte sua la bella rinomanza nella quale era salita come prima donna.
Più tardi, nel ’63, essendo seconda donna in Compagnia di Luigi Domeniconi, supplì con ottima riuscita al Teatro Re di Milano la prima donna Carolina Civili, ammalata.
Batta Andreini dedicò un sonetto nel suo Teatro Celeste.
Stimolata la moglie dalla brama di ridarsi a’ruoli principali, Broccoletto formò nuovamente compagnia il 1810, che condusse con fortuna sino alla metà del carnevale 1812 ; nel qual tempo morì per apoplessia a poco men che quarant’ anni.
Bologna, Firenze, Genova, ed altre città applaudirono al suo modo di condurre e dirigere una società di persone abili nel loro mestiere con decoro, e con quella riputazione che ha formato il suo buon nome. » Scorreva il 1781-82 la Lombardia con la compagnia, la quale, benchè in gran parte modificata, non gli scemò punto il favore del pubblico.
Fu con Onofrio Paganini, poi, nel 1764, con Pietro Rossi.
Lo vediamo nel’ 58 a Roma, abitante nel distretto della parrocchia di S.
Ebbe figliuoli che « allevò – dice il Bartoli – con amore, ed ai quali diede un’ onesta educazione, essendo ella molto religiosa e buonissima cristiana. » Fu, come artista, egregia nel ruolo della serva, e specialmente nelle comedie all’improvviso, in cui recitava con molto spirito e molta prontezza.
Condusse anche piccole compagnie, e morì nel 1814.
Bartoli, inventore di un ridicolo personaggio di nome Lattanzio Mescolotti, nel quale riuscì graziosamente.
Bergamo, Lancellotti, m. dcc lix) : Dimorava in quel tempo in Fossano una Compagnia di Comici assai faceti, capo de'quali era uno chiamato Toscano, che si tirava dietro un gran numero di sfaccendati, pure sonando un giorno, giusta l’ordine di Giovenale (Santo Prelato Giovenale Areina), la campanella, che dava il segno, che si principiavano gli esercizi dell’oratorio, restò solo co' suoi compagni abbandonandolo tutta l’udienza, con sua gran confusione e scorno, per andare ad udir Giovenale, che ragionava ; ciò che essendogli poi più d’una fiata succeduto, stimò meglio il ciarlone di mutar paese, e nel partirsi ebbe a dire : « In Fossano non vi è guadagno per esservi un altro Saltinpergamo.
Militò come artista e come capo-socio in varie compagnie di secondo ordine, ma assai pregiate, fra le quali, nel 1854-1855, quella portante la ditta Barac, Andreani e Gattinelli.
Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845.
Nata il 1844 a Bologna da parenti non comici, fu scritturata quale prima amorosa il ’60 con Luigi Pezzana, il ’61 con Elena Pieri-Tiozzo, il ’62-’63 con Lorenzo Sterni, poi con Monti e Coltellini sino al ’70, in cui assunse il ruolo di prima donna assoluta nella Compagnia di Carlo Lollio ; ruolo che non lasciò più sino al ’95, nel quale anno, si ritirò dalle scene, per istabilirsi a Bologna, ove si trova tuttora.
Sarà nel 1900 il brillante della nuova Compagnia Andò ; posto che ha saputo conquistare, sopr’a tutto con la recitazione nitida, elegante e spontanea.
Veronese, alternativamente Brighella e padre nobile, fu artista egregio così nel premeditato, come all’improvviso.
Udienza, avendo registri falsi. » Naturalmente in compagnia non fu ripreso, e dovè finire la vita nel modo più miserevole.
Entrò poi in arte ; e non tardò ad acquistarsi le lodi di tutti i pubblici nel ruolo di amoroso e nelle Compagnie di Goldoni, Perotti e Dorati.
Nel 1800 formò col marito, lei prima attrice, e lui primo attore, una fortunata compagnia ; e morirono entrambi nel 1825 circa, all’età di poco più che sessant’ anni.
Entrò nella Compagnia di Domenico Bassi più come cantante, che come comico ; e vi piacque moltissimo per la bella voce di baritono che possedeva, specialmente poi nel personaggio di Simon che sostenne con gran plauso al San Cassiano di Venezia.
Datasi giovinetta alle fatiche di un ruolo primario, morì nel '58 a Torino, logorata dalla tisi, non ancor cinquantenne.
Se per avventura trovasi costretta alcuna volta a coprire qualche parte di altro genere, abbiamo la compiacenza di assicurare che viene da essa sostenuta con maestria comica e senza mai scordarsi il nuovo carattere ch'ella assume e ricadere nel consueto.
Moglie del precedente, recitò nella Compagnia di Dresda a fianco del marito, e sostenne nel Zoroastro di Rameau la parte di Cenide, giovine selvaggia indiana ; ma il suo ruolo ordinario era quello di Colombina, pel quale non parve secondo il cronista del tempo, molto tagliata.
Di fisonomia men regolare forse di quella di sua sorella, ma più viva e animata, fornita delle più chiare attitudini all’arte scenica, fu al suo esordire applauditissima, nè solo come attrice, sì ancora come danzatrice ; chè nel balletto d’uso dopo la commedia, ella eseguì egregiamente un passo a due insieme al signor Dehesse.
Indi in quantità sufficiente seminando Argenteo Sale nel fertile terreno della nostra Pouertà, già sterille l’hà reso ; Siamo dunque richi, perchè la Compagnia [è| senza debiti ; Infermità, che ci haueua ridotti poco [più] che alli estremi ; se con Aurei siroppi non ueniua cu[ra]ta ; Piaga così Vasta, che per medicarla Vna sol uol[ta] è stato neccessario Adoprare ottocento Pezze ; rissanati dunque, senza altra licenza del Medico, Vogliamo mutar aria à Dio Piacendo, è si i disgusti ch'io prouo dà questa turba di Compagni sregolata, non mi fanno ricadere, spero di ritornare con salute à riuedere il Panaro, terminato che haurò di piu mirare l’Abhorito Tamiggi ; Attendo perciò un Ostro fauoreuole per scostarmi quanto prima dà questi lidi ; Nel’ quali' tempo là prego di nouo à non scordarsi di me'è di quanto nel’ultima mia lè scrissi poichè là mia Flemma si è resa in tutto è per tutto in habile à poter più proseguire auanti ; ò mutatione di Compagni, ò libertà ; Londra li 17 febraro 1679. […] Infatti nel maggio '86 egli figurava nella lista dei comici del Duca, al fianco dei coniugi Fiala, di Antonio Riccoboni, di Carlo San Giorgi, ecc. ecc., ai quali per sussistenza furono assegnate due doppie il mese.
r Prencipe di Modona tratta da quell’Archivio di Stato, e concernente la prigionia del fratello Nicola, di cui s’è già parlato al nome di Pier Maria, e pel quale il Martinelli, anche nel 1620, invocava dal Duca di Mantova aiuto e protezione, pregandolo di mandar subito Nicola a Mantova et farlo retenire sin all’arrivo de’comici in Torino, perchè egli aveva minacciato di ammazzare Aurelio e queli, come s’è già detto, che aveva fatto dispiacere a Frittellino. […] DELL’ERRANTE (7) S’ hai ben d’Orsola il nome pur ne’ begli occhi, & nel’aurate chiome un vivo Sol risplende, che l’ alme ogn’ hor’ accende : Tu de’Socchi, & coturni eterno vanto Sei, nova Cinosura, che di mill’altre il degno nome fura, et nel tuo chiaro volto stassi fra le bellezze Amor sepolto. […] DEL CRIVELLATO (66) Fiamma gentil che dolcemente incendi L’alme, che non san far da te riparo, Ahimè, che troppo rigida t’estendi Mentre sfavilli nel bel lume chiaro Invisibil ne’ petti nostri scendi, Nudrita da pensier soave, & caro, Io per te sola incenerirmi sento Ardendo, & son del’arder mio contento.
Recitava la sua Compagnia nel 1836 al Teatro Nota di Lucca.
Businelli Gaetano, nato nel 1772 a Verona, esordì come primo amoroso nella Compagnia di Marta Colleoni.
Passò nel ’66 in Compagnia Peracchi ; poi, per due anni, qual prima donna assoluta, in quella formata da suo padre in società col Colomberti.
Era nel 1782 con Giuseppe Lapy, e il Bartoli ha parole di molta lode per codesta attrice che all’inizio della sua carriera dava sì belle speranze di sè, avendo sortito dalla natura una bella e grata voce, e un portamento maestoso e gentile a un tempo, alle quali doti accoppiava lo studio indefesso, e una instancabile volontà.
Fu con Antonio Marchesini ; poi, a Malta, con Maria Grandi ; poi a Napoli (nel 1774 era al San Carlino, con Teresa Martorini, probabilmente la moglie, e firmava, insieme a' suoi compagni, con a capo Don Tomaso Tomeo, una supplica al Re per ottenere che fosse attenuata la gran concorrenza che avevan ne' teatri Nuovo e Fiorentini) (V.
Bartoli, contemporaneo, ha per lei parole di alto encomio e come attrice e come donna. « È la Martorini molto commendabile — egli dice — nelle parti tenere ed amorose, mostrando coll’ espressione della voce gl’ interni affetti dell’anima ; distinguendosi in singolar modo con attenzione indefessa anche nelle più minute cose, senza ommetterne alcuna, e tutto volendo che giovi, e contribuisca alla perfezione di ciò che ella rappresenta. » E più giù : « nel nubile suo stato, al fianco d’una vecchia tutrice, esposta agli occhi del mondo, fornita di bellezza e di grazia, ella ha saputo schermirsi dall’insidie del secolo. »
E se Mescolino era tacciato di freddezza perchè si asteneva dalle sboccataggini, quella taccia era ingiusta, e doveva essergli data da persone poco amiche all’onestà ; ove all’incontro era degno di lode, perchè nel moderno Teatro serbava le regole della convenevole moderazione ; e sapeva recitare, e dilettare senza offesa dell’ arte, e senza oltraggio della virtù.
Invitato un giorno a lauto banchetto da nobile personaggio, insieme ad altri comici, disordinò alquanto ; e recatosi in fretta al teatro per la rappresentazione, fu côlto, pel grande riscaldo, da febbre sì violenta che in capo a pochi giorni lo condusse a morte a soli cinquant’anni nel 1774.
Dai Ricordi di un comico (1822-25-26) pubblicati in estratto nel mio Libro degli Aneddoti (Modena, Sarasino, 1891) e che serbo originali nella mia biblioteca, appare chiaramente esserne il Bellagambi l’autore.
Desumo queste notizie dal Bartoli, dal quale anche si apprende come il Brandi scrivesse alcuni sonetti faceti intorno ad una burrasca sofferta da un Comico rinomato nel mar d’amore.
Desolato per tanta sciagura, il pover’uomo, il quale, sebbene scoperto il ladro, nulla o ben poco potè riavere, ridotto in vecchiaja, carico di figli, e per di più con un occhio perduto, si ritirò a Venezia ove morì nel 1757.
Io Vittoria Amoreuoli detta Isabella confermo quanto nel presente si contiene.
Passò poi in Compagnia Favi con Biagi, Talli e la moglie Carloni, da cui si distaccò per recarsi a Livorno (1890) ad attendere a un commercio di legnami ch’egli aveva intrapreso due anni avanti con un suo nipote, e nel qual si trova anch’oggi, contento del suo stato.
Dalla Compagnia Pellandi-Blanes, passò il 1817 in quella di Raftopulo, qual prima attrice assoluta, in cui si sposò all’attore Luigi Fini ; e tale fu l’entusiasmo destato dovunque, che il gran Luigi Vestri, allora capocomico, stipendiato dal Duca Torlonia di Roma, la volle con sè ; e non tardò molto che il pubblico romano, il quale avea già proclamato Carolina Internari la prima tragica del suo tempo, non proclamasse Teresa Fini attrice insuperabile nella commedia e nel dramma.
.), e la fa morir nel 1730.
Nato a Pirano il 1830 da poveri genitori, esordì nel settembre del ’45 a Palmanova in Compagnia di Gustavo Modena, dalla quale poi, scioltasi alla fine di quell’anno comico, si formò quella Lombarda, in cui il Kodermann entrò a una lira austriaca al giorno, e in cui stette fino al ’56.
Figlia o moglie di un Giovanni Negrini, di cui non so altro che era capocomico nel 1803.
Diventò l’Anna in poco tempo un’attrice di liete promesse, e con l’ornamento della persona bellissima, del volto simpatico, degli occhi splendidi, dello spirito singolare, salì in breve al grado di seconda donna, poi di prima assoluta, nel qual ruolo stette sei anni, nella Compagnia Raftopulo, assieme al marito caratterista, poi in quelle di Pani e di Vedova.
Antonio Pisenti morì nel 1840.
E Trautmann lo cita nel suo prezioso studio de' comici italiani alla Corte bavarese, fra gli attori che recitarono a Monaco il 1570, al quale furon pagati 40 fiorini.
È questi senza dubbio quel Battista da Rimino (V), Zanne dei Confidenti, citato dal Rossi nel discorso a' lettori che precede la Fiammella.
, rimasta vedova, fosse nel 1766 circa passata a seconde nozze con Francesco Calderoni.
Benchè un tantino enfatici nella tragedia, erano umani e valentissimi nel dramma e nella commedia.
ma quasi smarriti, et io più di loro trauagliata. li scrissi jeri che sabbato prossimo faremo i 7 infanti dell’ara con machina nel prologo dell’Aurora, ma doppo la mia lettera vennero in mia casa gl’ Ill. […] r Duca Conti, et mi portarono versi p. doi altre machine, cioè il sole che p. non ueder il tradim.º che corse nell’opera si asconde, et il terzo, Nemesi Dea del Gastigo palesa che i traditori saranno puniti, come si uede nel fine di detta opera.
Così ci è descritto da Antonio Piazza nel suo Teatro (Venezia, Costantini, 1777) : Venne colà, per recitare in Primavera, la Comica Compagnia del L…… Bolognese, nomo assai famoso per la sordidezza della sua avarizia, e per la sua temerità di metter mano negli altrui scritti. […] Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.
Se lo disputavano nel 1590 il Duca di Mantova e l’Ill.
Mostrata una chiara attitudine all’arte comica, fu accolto, non ancora ventenne, nel teatrino privato del Duca Cesarini che lo proteggeva ed amava, in qualità di primo attore e direttore.
Morì giovanissimo nel manicomio di Bologna.
Dopo un anno, scritturato dallo stesso Internari, passò nell’ Italia centrale, poi, morto nel '25 l’ Internari, entrò nella Compagnia di Luigi Vestri.
Il D'Ancona (II, 534) riferisce alcune parole di Federico Zuccaro nel suo Passaggio per Italia con la dimora in Parma, pag. 28, riguardanti il 1605, nelle quali è detta la Compagnia di Frittellino, « la migliore forse che sia oggidì, guidata dal Capitano Rinoceronte e Frittellino, con le lor donne meravigliose, la Flavia, la Flaminia e la Rizzolina, con Arlichino e altri due, etc. etc. » Questa Rizzolina potrebbe anch'essere la Marina Antonazzoni, la quale, secondo l’articolo del Neri, avrebbe recitato ne' Gelosi le parti di serva sotto nome di Ricciolina, prima di salire al grado di prima donna sotto quello di Lavinia, a vicenda con la Roncagli.
Chiusa la Comedia italiana nel '97, Leandro si scritturò col Pascariello Tortoriti, e scorse parte della Francia, recandosi poi in Lorena.
Nel 1820, eccolo palesarsi autore drammatico col noto lavoro Bianca e Fernando, ch'ebbe successo clamoroso, e al quale tenner dietro I due sergenti, tuttora vivi nel repertorio popolare, Il carcere d’Ildegonda, Boemondo d’Altemburgo, e altri.
Ebbe al Teatro italiano mezza parte e si ritirò il 1759 per passare poi in Prussia, alla Corte di Federico II, ove morì nel 1772.
L’Agocchi, attore pregiato, fu per alcuni giorni, nel 1603, a Monaco di Baviera : e tanto vi piacque che dovendo capitare colà il Duca di Lorena, vi fu nell’agosto da Vincenzo Gonzaga rimandato per espresso desiderio del Duca Massimiliano.
Fu dal 1860 in poi conduttore di Compagnie pregiate, di second’ordine allora, ma che sarebbero, ohimè, di primo oggi, nè solo pel valore degli artisti che le componevano, ma pel decoro nell’allestimento scenico, per l’armonia nelle voci, pel buon costume nel…. retroscena.
Il corpo del povero Arrighi trascinò nel manicomio di Siena diciassette mesi della più triste vegetazione.
Azzolini Virginia, figlia di un avvocato egregio, nacque a Bassano nel 1770, e fu educata in un collegio di monache del quale era priora una zia.
Aveva nel 1813 una Compagnia comicodrammatico-musicale, e fors’anche danzante.
A poco più che dieci anni, la piccola grande artista abbandonò per sempre il teatro della scena per darsi con gran fervore a quello degli studj classici, nel quale anche riuscì, dicono, attrice preclara.
Andò a sostituire il 1826, nella Compagnia Reale di Torino, l’amoroso Giacomo Borgo, al fianco della Marchionni e di Luigi Vestri ; e quivi lo vediamo nel’29 primo attore a vicenda or col Boccomini, or col Perini : ruolo che sostenne con crescente favore sino al’35 ; nel qual anno uscì dalla Reale, sostituitovi da Giovanni Battista Gottardi, per divenir conduttore di Compagnie or buone, or mediocri, delle quali egli era l’anima.
Dalla figura imponente, dal volto leggiadro, dagli occhi nerissimi come i capelli, dalla voce forte e armoniosa, dal gesto nobile, e dalla ricca intelligenza, essa emergeva nella tragedia e nel dramma.
Sposata l’egregia artista Laura Civili, si fece capocomico ; ma dovè, poco dopo, lasciar le scene, per condursi a Pisa, ove sperava trovar sollievo all’etisia invadente, e ove pur troppo morì consunto nel 1820.
Costetti) nel Bersagliere di Roma : Carlo Romagnoli tenne meritamente uno dei primi posti fra i nostri attori.
Ma non possiam dire a quante altre variazioni potesse andar soggetta la Compagnia nel corso dello stesso anno.
Uno spirito lodevole, un’espressiva aggiustata, ed una sufficientissima intelligenza formavano i suoi meriti nell’arte del recitare. » Applaudita dovunque, fu più volte lodata con poesie, tra cui il Bartoli riferisce il seguente sonetto : Al merito impareggiabile della signora Elisabetta Ughi, prima donna, che nel Teatro delle Vigne si distingue nelle commedie e tragedie mirabilmente il carnovale 1781.
), il nome della Bastona appare la prima volta in Sassonia il 3 agosto del 1748, onomastico del Re, all’ inaugurazione del nuovo teatro per la commedia, nelle vicinanze del Palazzo Reale nel sobborgo, in Varsavia, dove Augusto III abitava di preferenza. […] Nello studio del Byrn non è alcun cenno che riguardi la pensione e la morte della Bastona : solo vi si trova un cenno della pensione del marito, Gerolamo Focher, nel 1763 circa, quando, cioè, la moglie, secondo il Bartoli, era già morta.
Nacque a Vicenza nel 1717 circa ; e dopo di essere stato soldato in una compagnia di dragoni, si diede al teatro, sostenendovi mirabilmente le parti di Pantalone. […] Molto guadagnò e molto spese, perchè gli piacque di trattarsi alla grande…… E aggiunge che lui vivo, forse non sarebbe avvenuta l’abolizione del genere italiano nella Commedia a Parigi, che fu nel 1780, circa un anno e mezzo dalla sua morte.
Cominciò a recitar da prima donna il 1756 nel Teatro della Sala di Bologna, e vi piacque assai sì nelle commedie improvvise, come nelle scritte. […] Pianse, urlò, mise la contrada sossopra, e fece entrare una sentinella nel casino, come se trattato si fosse d’un omicidio.
Per questo drammetto, o pettegolezzo amoroso in tre, Goldoni, la Passalacqua, Vitalba, nel quale il povero Goldoni non fa la più bella figura al mondo, vedi il mio monologo La Spigliatezza (Mil., 1888). […] Fra le produzioni, in cui più specialmente emerse, lo stesso Bartoli cita Il Vagabondo, L' Amante fra le due obbligazioni e il Don Giovanni Tenorio nel Convitato di Pietra, per le quali ogni spettatore bisognava che confessasse esser egli un comico perfetto, a cui nulla mancava per dirlo un Roscio de' suoi tempi.
Morì d’apoplessia nel settembre del 1880, mentre era sul punto di uscir di casa per recarsi alla prima rappresentazione di riapertura del S.
Luca, e nel 1740 pubblicò e recitò una Commedia ch’ebbe già buon successo a Vienna, intitolata L’adulatore.
Ebbe per moglie una certa Leonarda Galli, che, rimasta vedova, si unì in seconde nozze con Carlo Beaumont, ufficiale nel reggimento di San-Secondo.
Nè men celebre divenne la moglie per essersi gettata in mare a Livorno, come racconta il Piazza nel suo Teatro : Eravi un’altra donna in quella Compagnia, che si rese poi celebre nella Comica Storia, per un salto da grottesca che fece dal molo di Livorno, con intenzione di non farne altri mai più.
Ma le scene del teatrino privato eran troppo anguste a soddisfar le vanità e mostrar le qualità del Roscio futuro, il quale, scritturatosi in Compagnia Dreoni per le parti comiche che non abbandonò più, passò poi in quelle di Sterni, e, nel 1874, di Emanuel e la Pasquali, dove colla farsa Il Casino di campagna, da lui raffazzonata, toccò addirittura la celebrità.
Al Teatro Nuovo di Firenze, nel carnovale del 1834, entrato appena fra le quinte dopo una scena delle Donne Curiose del Goldoni, fu colto da apoplessia fulminante, che in poche ore lo condusse al sepolcro.
Passò da quello di donna seria al carattere della serva sotto il nome di Smeraldina, nel quale successe alla Passalacqua, e riuscì attrice pregiatissima per l’acutezza dello spirito, la grazia del gesto e la vivezza dei lazzi.
Moglie del precedente, romana, fu ottima attrice per le parti di madre e caratteristica, che – dicon le Varietà teatrali del 1821 – se nelle parti di madre può dirsi abile, nelle caratteristiche non si esagera nel dirla a niun’altra seconda.
Fu in varie compagnie, encomiatissimo sempre, e specialmente nelle commedie goldoniane ; si meritò l’amicizia di Gustavo Modena, il quale invitato a recarsi or a Torino, or a Cuneo, or a Genova a recitarvi con la Compagnia di Cesare Asti che faceva magri affari e di cui il Bottazzi era ottimo ornamento, gli scrisse parecchie lettere che son pubblicate nel volume Politicae Arte.
Recitò con Ernesto Rossi e con Tommaso Salvini ; condusse per alcun tempo compagnia ; fu prima attrice e prima attrice madre con Ermete Zaccone, a fianco del quale creò, tra l’altre, con buon successo la parte della Magdalena nel Cristo di Bovio.
Andrea, il primogenito, uomo di mare, ebbe traversìe infinite ne’suoi viaggi, e morì celibe e povero nel 1872 a ottantadue anni, assistito dai fratelli.
Luigi Garzes fu attore corretto, e, nel meridionale, di molto nome.
Ebbe da tal matrimonio molti figliuoli, e ne vediam due suiteatro : Benedetto, prima ballerino nella Compagnia del Sacco, rimasto in tal carica sul teatro a Lisbona per undici anni al servizio di quella Corte, poi, tornato in Italia e già maturo, Arlecchino di molto pregio, morto a Torino nel carnovale del 1795 ; e Rosa, graziosa e pregevole donnina, che sposò Francesco Arena, il figliastro del Pantalone d’Arbes, e morì giovanissima.
Sticotti Fabio, attore della Compagnia del Reggente, condotta in Francia il 1716 da Luigi Riccoboni, nacque il 1676 nel Friuli, dicono, e dalla Sticotti, cantarina di una compagnia.
Capitato a Livorno nel 1872, si presentò al capocomico Papadopoli per essere scritturato, senza saper che si fosse arte drammatica.
Dopo il triennio, passò il Venturoli nella Compagnia Domeniconi ; e anche qui, al Valle di Roma, le prime prove furon di fischi e corbellature ; ma poi, fatto il pubblico l’orecchio a certe sue stridule intonazioni, ne divenne in breve il beniamino, soprattutto per la sua grande versatilità, mostrandosi ugualmente egregio nella prosa e nel verso, nella tragedia e nella farsa.
Passò dalla Toscana nel Regno di Napoli che percorse tutto in pochi anni con buona fortuna.
Sappiamo dalle memorie di Ernesto Rossi ch’egli creò, nel 1854 a Milano, e con successo, la parte di Jago nell’Otello, quando era il generico primario della Compagnia di Cesare Asti.
Educata nel Collegio delle Rosine a Torino, dove nacque, ne uscì a quattordici anni per abbracciar l’arte dei parenti.
Ella non valeva gran cosa nelle commedie dell’ Arte ; ma era eccellente nelle parti tenue delle Tragedie, conservando ancora una grazia e una delicatezza nel gesto, nella voce e nell’ espressione che la faceano piacere e applaudire.
Fu poi il 1804 e 1805 come primo e secondo amoroso in compagnia Petrelli, nel qual tempo, innamoratosi a Fossombrone di una giovinetta, Caterina Rinaldi, figlia di onesto negoziante ; e, dopo lagrime e preghiere di ogni parte e intrommissioni di Vescovi, ottenutala in moglie, l’ addestrò nell’ arte sua per modo, che in poco tempo diventò una non spregevole servetta.
L’Alceste Duse, che alle doti artistiche accoppiava un fisico attraentissimo, morì d’improvviso a Rovereto nel ’62 a soli trentotto anni.
Figlio della precedente, più noto in arte col nome di Tommaso il Pettinaro, fu comico espertissimo nel ruolo di primo attore, che sostenne a Venezia in Compagnia Lapy, emulando il rinomato artista Giuseppe Majani, sino all’anno 1774.
Era nel 1850 la prima attrice della Compagnia Astolfi, Capodaglio e Venturoli.
La modestia, più che il suo intrinseco talento artistico, lo arrestò nel suo cammino, il quale avrebbe potuto essere più glorioso, ma però quella modestia, che io chiamerei temenza di sè medesimo, gli valse maggiormente la stima dei suoi compagni e della critica, perchè ebbe il piacere e la soddisfazione di recitare sempre a fianco dei più bravi artisti italiani.
Attore pregiato nelle parti di Coviello, e più pregiato Impresario del Principe elettorale di Sassonia Giovanni Giorgio III, ch'egli aveva accompagnato nel suo viaggio in Olanda, nacque il 1600.
Oggi, per battuta, in arte, s’intende ogni entrata di attore nel dialogo.
.), d’ordine del Duca stesso, nel suo passaggio pel Po da Ferrara a Cremona ; e non ne è detto il motivo ; ma probabilmente per le solite defezioni di compagnia, o semplici disobbedienze agli ordini del Duca capocomico.
Nato a Napoli il 21 dicembre 1846 da famiglia di commercianti, entrò nel '64, come allievo nella Compagnia stabile di Achille Majeroni al Teatro del Fondo.
Nato ad Airola (Regno di Napoli) il giugno del 1806 da parenti facoltosi, fu messo, giovinetto, nel celebre Istituto Truglio, dal quale dovette uscire anzi tempo per rovesci di fortuna.
Senza forze e senza attori, o almen pochi ed ignoranti, privi affatto degli autori che i lor parti dieno e tanti, come mai darvi piacere nel difficile mestiere ?
.), metto qui l’aneddoto, che l’Ottonelli riferisce nel libro primo, pagina 101, della sua Cristiana Moderazione del Teatro, inteso da Violone stesso, come testimonio oculare, e già riferito dal Beltrame nella sua supplica.
Sposatosi ad una egregia attrice pur triestina, Giovanna, che fu buona madre e caratteristica, determinò di lasciar l’ufficio di attore per quello di amministratore, nel quale riuscì egregio.
Qual cosa in somma si può egli aspettare che riesca di buono da una banda di persone dove niuno vuole stare nel luogo che gli si appartiene, dove tante soperchierie vengon fatte al maestro di musica, e molto più al poeta, che dovrebbe a tutti presiedere e timoneggiare ogni cosa, dove tra’ cantanti insorgono tutto dì mille pretensioni e dispute sul numero delle ariette, sull’altezza del cimiero, sulla lunghezza del manto, assai più mal agevoli ad esser diffinite, che non è in un congresso il cerimoniale, o la mano tra ambasciadori di varie corone? […] Evremond nel tomo III delle sue opere: «Une sottise chargée de musique, de danses, de machines, de décorations, est une sottise magnifique, mais toujours sottise.»
Non è nuovo che si rechino acconciamente sul teatro i bei racconti di altri; ma s’incorre nella taccia di un plagio nel dissimularlo.
Cominciò col recitar le parti di secondo amoroso nella Compagnia condotta in Francia da Luigi Andrea Riccoboni il 1716 per incarico del Duca d’Orléans ; nel 1757 si diede a sostener parti di maggiore importanza con piena soddisfazione del pubblico, il quale vedeva in lui non solamente un artista coscienzioso, ma un uomo di onestà a tutta prova, come è dimostrato dalla seguente quartina : Mario (era il suo nome teatrale) que chacun renomme Pour un acteur ingénieux, Le rôle que tu fais le mieux, C’est le rôle d’un galant homme.
Giovanni De Medici. » E dall’Appendice di Paglicci Brozzi alla sua opera : Il Teatro a Milano, apprendiamo che « Simone Basilea, comico veronese, ebreo, come ben si comprendre dal suo cognome medesimo, ottenne nel 1619, in occasione che recavasi a Milano onde recitare con alcuni suoi compagni, di poter portare la berretta nera, in luogo della gialla, colore allora obbligatorio pei seguaci della fede giudaica. »
E anche ieri come oggi, nonostante quella maschera, l’amico dei comici, il protettore, il critico, si credevano in diritto di penetrar sulla scena, e mettere gli attori e più specialmente le attrici nel rischio di ritardare una sortita.
A dare un’idea della Compagnia, riproduco a titolo di curiosità l’avviso di beneficiata della Beseghi al Pantera di Lucca, insieme al caratterista Antonio Massini : Regio Teatro Pantera – Avviso – Per la sera di Sabato 25 febbraio 1832 – Dell’interessante, storica, spettacolosa, tragica produzione – tratta dall’opera del celebre maestro – Giovanni Pacini – corredata di nuovo ed analogo scenario, apposito vestiario – truppa, banda musicale, – e per ultimo una scena rappresentante al naturale la più orribile eruzione – del Vesuvio nel suo pieno furore – a benefizio della servetta – Antonia Beseghi – e del caratterista – Antonio Massini. – Il titolo della medesima è : – L’ultimo giorno de’ Pompei – ovvero – la prima terribile eruzione del Vesuvio. – Verrà questa seguita da una graziosa Farsa tutta da ridere intitolata : – Amori gelosie disperazione e felicità – d’una vecc hia di 70 anni. – Gli umili offerenti hanno riposte le loro speranze nella comprovata magnanimità di un Pubblico tanto indulgente, e nella generosità della Nobile Guarnigione, e sperando di essere nei loro voti favoriti vi tributano in concambio stima, ris petto, ed una viva indelebile riconoscenza.
Gli notifico poi come sono in Rimini con la Compagª che douerà farli seruitù qtoCarneuale, e dimani si darà principio alle Recite nel Teatro di qta Cità e spero che qti Cavalieri e Citadini nò si abandonerano poichè si mostrano assai uogliosi.
A dodici anni potè passar per attrice provetta in parti di serva maliziosa e civetta ; e potè a trenta, in parti di bimba come nel Signor Alfonso e nella Colpa vendica la colpa, esser tenuta per giovinetta quattordicenne a cui si prediceva un lieto avvenire.
Luca di Venezia, che colle loro fatiche anno con applauso divertito la nobiltà di questa Metropoli nel R.° D.
Finito il contratto, ella abbandonò il teatro e si ridusse in patria, ove morì nel 1818.
Innamoratosi poi della Gaetana Andolfati, e ottenutala in moglie, si unì prima in società col padre di lei, poi condusse da solo una compagnia, colla quale percorse trionfalmente l’Italia, lasciando alla sua morte, che fu nel 1818, più di centomila franchi di eredità, e la fama di gran capocomico.
Bartoli il seguente : Applauso meritato dalla signora Giulia Gritti-Pizzamiglio, e dal signor Costanzo Pizzamiglio nella Comica Rappresentazione, intitolata : La villeggiatura di Mestre, nel Teatro di San Cassiano il carnovale dell’anno 1770.
Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte.
Figlia di Luigi, detto il Gobbo, rammentatore, fu prima attrice di buon nome, poi capocomica sul finire del secolo xviii e nel primo ventennio del secolo xix.
.), « giovane e bellissima attrice – scrive Cosentino – che lo ajutava a portare il fardello del capocomicato irto di difficoltà pecuniarie, » e che si meritò dal pubblico veronese l’onore della presente effigie nel IV atto di Medea.
Passò prima attrice giovine con Maggi, poi con Emanuel, poi con Ferrati, per tornar nel '97 con Ermete Zacconi, con cui stette circa due anni, dopo i quali restò alcun tempo in riposo.
Nacque nel 1742 e viveva ancora al tempo di Francesco Bartoli, editore delle più volte citate notizie, cioè circa il 1782.
Attore di gran pregio, entrò a far parte, come amoroso comico, della Reale Compagnia Sarda, al momento della sua formazione (1821), sostituendo poi Augusto Bon nel ruolo di brillante.
Abbandonata il primo attor giovine D' Ippolito la Compagnia, nel carnovale dello stesso anno, il Rasi ne prese il posto, che tenne fino a tutto l’anno veniente, dopo il quale passò primo attor giovine sotto Francesco Ciotti, al fianco di Virginia Marini, in Compagnia di Alamanno Morelli facendosi notare dai compagni e dal pubblico per la elettezza dei modi, e la correttezza della dizione.
Pure l’Apologista, scortato da Nasarre e fidato nelle forze del proprio ingegno, vorrebbe in ogni conto trovarla fra loro; nel che parmi che corra dietro alla pietra Filosofale o alla Elitropia di Calandrino. […] Faccia il Signor Lampillas il confronto di questi argomenti co’ suoi, e di buona fede ci dica, quali di loro preponderino nel suo perspicace del pari e imparziale giudizio.
Tardini (La Drammatica nel nuovo Teatro Comunale di Modena, ivi, 1898) apprendiamo come il Fabbri quand’era col Mascherpa (27 luglio ’42), recitasse con molto successo alcuni versi dell’Inferno e Purgatorio di Dante.
A. ma che la bizzaria di questa gente non mi prometteua quella consolatione che tanto ambisco in pontoalmente seruire a suoi cenni, escusandosi chi con uno chi con altro pretesto ; dopo di che insistendo nel mio debito hò condotto da M.
Pertica Nicola, nato a Roma nel 1769 da Antonio e da Rosa Rossi, onesti e laboriosi cittadini, e iniziato al mestiere di stampatore, si diede giovinetto al teatro, riuscendo in poco tempo il grande emulo di Luigi Vestri, a lui forse inferiore nelle parti promiscue, ma di gran lunga superiore in quelle di caratterista.
Ritrovavasi nel Teatro Obizo di Padova, quando, salitogli il male al petto, cessò di vivere.
me uolessero acquistar nella forma qui sotto, per non pigliarsi tanto fastidio, farò nuoua Compagnia, e farò in questo modo : Prima entrarò à nuova Compagnia, e fatti li Conti del mio debito sodisfarò con quella porccione, che mi tocarà de Guadagni, e li anni che non si faranno Comedie li pagarò il cinque per cento : Che le spese si farrano nel teatro per benificio de Comici siano comune come anche del Teatro : E perche li ho dato ogn’anno cento scudi di fitto del Teatro, m’obbligo in questo caso, di far quello comandarano le Signorie loro Ill.
Figlio del precedente, nato a Venezia il 25 marzo del 1732, esordì alla Comedia italiana il 17 luglio 1754 colla maschera di Dottore nel Double mariage d’Arlequin.
Di figura alquanto tozza, gestiva pochissimo ; pronunziava esattamente ; alle volte pareva un po' freddo, ma nel fuoco delle passioni, nell’ardore degli affetti si riscaldava, giovandogli molto in que' momenti la potenza straordinaria della sua voce.
Con lettera del 12 agosto '37 domandava a Ferdinando Pelzet, scadendogli una cambiale, il prestito di otto scudi. « Gli affari – scriveva – poco favorevoli del mio Capocomico, mi pongono nel caso di non poter soddisfare al contratto impegno. » Ma non ho potuto sapere il nome di quel capocomico.
La sua carriera fu rapidissima e brillante ; e molto egli deve senza dubbio alla signora sua, la Celeste De Paladini, la quale, capocomica e attrice di molto merito, slanciatolo di punto in bianco nel campo dell’arte, non gli lasciò il tempo di compier gli anni del noviziato, i più scabrosi della vita artistica, ai quali sono soggetti i principianti.
Cosi già tieni o pregio, o fregio, o gloria nel bel viso, che alletta, incende, e molce, le battaglie, i prigioni, e la vittoria.
Fiorì nel 1660, circa, e fu molto applaudito a Napoli.
Veramente l’Alberti sarebbe stato più nel vero, asserendo come il Belisario, già scritturato dalla nuova Impresa de’ Fiorentini, se ne sciogliesse per divergenze insorte, e pel voler della moglie impetuosa, custode rigida e alquanto noiosa, pare, dell’onore e del decoro di quel povero dabben uomo.
Fra le parti, in cui fu da’contemporanei proclamato insuperabile, vanno annoverate quelle di Giuseppe Ebreo (il De Marini sosteneva quella di Abramo) e di David nel Saul.
L’Otello era dell’attore Luigi Bellotti, e il n. 7 del Giornale delli Teatri Comici delle città principali d’Italia, dice che poteva passare nel genere degli spettacoli, ma che non conveniva esaminarlo, nè farne commenti.
L’anno 1634 era in Bologna a recitare, e fu distinta con poetiche lodi nel Libretto intitolato : La Scena Illustrata, composizioni di diversi.
Zingari della commedia dell’arte essi si sbandavano paurosamente, a quando a quando, come, nel verno, soffiasse sulla loro straccioneria la raffica della miseria, livida nemica di Talia ridente, oppur come – impensierito da’ reclami dei padri di famiglia che vedevano i lor figliuoli impegolati fra le attrici – il severo Tanucci fulminasse la banda comica con decreti di immediato scioglimento.
Fu scritturato dalla Duse per la sola parte di Armando nella Signora dalle Camelie nel suo giro di Germania e Russia ; quindi, per un triennio, da Irma Gramatica e Raspantini.
L'aprile del '62 il marito Luigi scriveva da Ferrara all’amico Francesco Righetti : « Antonietta è sempre stata in condizione da non poterle parlare d’affari ; oggi che grazie a Dio, dopo 107 giorni d’infermità va meglio,… » e nel '64, ella moriva in Bologna.
Fu artista di molto pregio, e Goldoni scrisse per lui il Tomio nel Torquato Tasso.
Francesco Rubini morì a Genova nel 1754.
Fiorirono tra gli antichi scozzesi ed irlandesi di origine celtica moltissimi cantori appellati parimente bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne per quello che apparisce dal poema d’Ossian, intitolato I Canti di Selma: ……………… Vedi con esso I gran figli del canto, Ullin canuto, E Rino il maestoso, e ’l dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento3 Lino, Orfeo, Museo, Omero, ec. finirono in Grecia prima che scrivessero in prosa Cadmo ed Ecateo Milesi, e Ferecide Siro, maestro di Pitagora. […] Veggasi la nobilissima Versione de’ Poemi di Ossian, fatta dal celebre Signor Abate Cesarotti sulla Traduzione Inglese di Macpherson, ed impressa in Padova nel 1763.
La milizia turca nel secolo XVI era la più disciplinata di tutta l’ Europa. […] Giambatista Toderini Veneziano che ha dimorato cinque anni in Costantinopoli, ed ha scritto tre volumi sulla Letteratura Turchesca impressi nel 1787.
Esordito nel '60 con Toselli in dialetto, dal '62 al '64 con Dondini Cesare ed Ernesto Rossi, poi fino al '67 con Bellotti-Bon. '68-'69 ai Fiorentini di Napoli con l’Alberti. '70-'71-'72, Compagnia con Monti-Privato, poi Spagna e America. » Fin qui la nota, che cercherò io di completare. […] La sua voce maschia e vigorosa nella tragedia, trovava nel dramma moderno note di dolcezza ineffabile.
Esordisco oggi in un carattere nel quale mi si giudicherà per confronti : se così è davvero, è meglio che non cominci.
, II, 477) : nel 1581 i Desiosi erano a Pisa, come ne fa fede il Montaigne (Voyage en Italie.
La Guidantoni nel corso non breve di quarant’anni, è stata la più varia, bizzarra, strampalata, ribelle, indipendente, chiassona delle artiste e delle donne.
Tutto intento nel pensiero del teatro, conobbe a Napoli varj comici, tra' quali Rafaele Negri, padre di Adelaide Falconi, del quale sposò più tardi l’altra figliuola Ergilda.
Recitò come tutti i figli d’arte, piccolissima ; poi fu messa in collegio a Milano, dal quale uscita, tornò a recitare, esordendo al Carcano con la parte di prima donna nel Cavalier di spirito di Goldoni, in Compagnia di Adelaide Ristori, colla quale visitò Londra, Parigi, Barcellona.
Per questo forse la sua carriera, che fu lenta fino all’entrata in Compagnia di Calloud e Diligenti nel 1872 come primo attore a vicenda col Diligenti (era stato quattr'anni primo attor giovine in quella di Peracchi), diventò poi rapidissima, affermandosi egli, un anno dopo, primo attore assoluto nella Compagnia N. 1 di Bellotti-Bon, l’aspirazione suprema dei giovani artisti, al fianco di Adelaide Tessero.
Tuttavia abbandonò il ruolo di Arlecchino, e prese quello di Dottore e di parti staccate, che sostenne fino alla chiusura del teatro nel 1767, dal quale si ritirò, essendogli morta l’aprile dell’anno prima in ancor giovine età la moglie Elena Savi, che aveva esordito come amorosa il 28 maggio 1760 con molta intelligenza e con molto brio nell’Homme à bonne fortune, ed era stata accolta poco tempo dopo a mezza parte.
Fu l’ '86 con Novelli, e l’ '87-'89 con Pietriboni, per diventar poi capocomico assieme a Paladini, colla moglie Ida Carloni (V.) prima attrice ; nel qual tempo fe'conoscere agl’ italiani i lavori del Becque, di cui primo La Parigina.
, che si recò a Dresda nel 1740, a far parte della Compagnia di Corte, formata e diretta da Andrea Bertoldi, la quale cominciò il corso delle sue rappresentazioni la sera del 12 maggio 1738, in occasione delle nozze per procura della Principessa Maria Amalia di Polonia e Sassonia, col Re Don Carlos di Napoli, a Pillnitz.
La esiguità delle parti a lui affidate, e la passione vivissima per l’arte lo fecer lasciare quella compagnia : nè sappiamo ove si recasse sino al ’35 ; nel quale anno lo vediam negoziante di mobili in Napoli.
Deslauriers, detto Bruscambillo, famoso buffone e ciarlatano, poi attore con Gian Farina stesso (ch’egli chiama nel prologo dell’amicizia venerabile confratello) all’Hôtel di Borgogna.
A. dieci doppie, le quali nel tempo, che qui si tratiene ha fatto di debito e non potendosi più sostenere supplica V.
Attrice magnifica di bellezza, fiorì la prima metà del secolo xvii col nome di Rosalba, e abbiamo su di lei il seguente aneddoto, che riferisco intero dal Paglicci (Il Teatro a Milano nel secolo xvii ) : Nella primavera del 1636, un certo Niccolò Ala, sergente maggiore della milizia di Cremona, e che era perciò incaricato di custodire l’ordine morale e difendere la città da ogni inconveniente, fu preso in siffatto modo dall’ amore di lei, che in un eccesso di gelosia le sparò contro una terzetta da ruota.
I successi clamorosi avuti nel vecchio e nuovo mondo, attenuaron la crudeltà del giudizio de'suoi connazionali ; ma il grande, unico premio, a cui egli ambisse, di veder le platee tra noi riboccanti di popolo sì all’Otello, come alle Tre mogli per un marito, gli fu lungo tempo conteso. […] Terminata la farsa, Canevari si recò nel camerino del capocomico, rammaricandosi del successo ; e Pietriboni, chiamato a nome il Novelli, dal suo camerino ammonì : « ti proibisco d’ora in avanti di farti applaudire. […] E chi nel Vouillard del Rabagas, una indovinata e non voluta caricatura carducciana, avrebbe riconosciuto a prima vista il Novelli ?
Nato a Roma nel ’48 da modesto impiegato, lasciò a’ quindici anni la scuola (distruggendo i sogni del padre che volea fare di lui un gran dignitario della chiesa), per chiedere asilo al palcoscenico del Valletto, ove faceva gli annunzi e le comparse.
(Nel 1739 una Nicolina Bonanni era prima donna de’Fiorentini nella Compagnia di Domenico Di Fiore, il quale, caso strano, aveva l’anno dopo a prima donna nel Giardino fuori Porta Capuana, un’Agata Ciavarella : un Vittorio Bonanni fu celebre pulcinella morto circa il 1730).
, 784), con Lavinia, similmente comediante, e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, ed altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
ma nel proposito di un accademico desideroso di uscir fuori in alcuna compagnia da secondo Zane, et io l’esortai di mettersi sotto la protetione di S.
E perchè non v’ha cosa alcuna nel suddetto Discorso, che offenda la purità della Fede, o l’onestà de’ costumi, stimo poter permettersene la stampa.
Quando la recitazione precipitosa e vera di Eleonora Duse non era ancora entrata nel gusto di tutti, vi fu qualche pubblico, non è a negarsi, che ebbe predilezioni per la plastica antica dell’Aliprandi.
Gettarli tutt’e due nel fiume sarebbe davvero crudeltà troppo inumana ; è meglio lasciarli a quel modo per alcun tempo, aspettando gli eventi.
Fatta poi società con Achille Dondini, all’intento più specialmente di dar libero sfogo alla sua viva passione dell’arte, si buttò a capo fitto nel gran repertorio, facendo una sua particolar fatica dell’Amleto.
Amorosa nel 1841 in Compagnia Reale Sarda, di cui era prima donna l’Amalia Bettini, sposò Torello Chiari, fratello di Francesco e amoroso allora nella stessa Compagnia, dalla quale usci con lui dopo un anno per diventar capocomica e prima attrice assoluta.
Nel volume quarto di una miscellanea manoscritta di Firenze del 1761, gentilmente comunicatami dal signor Silvio Gonnelli, libraio antiquario, che ha per titolo : Suite de Recueil des Pieces Italiennes, Françoises, Angloises, Latines, Espagnoles, etc. tant en prose qu’en vers, trovo le seguenti Ottave di Gaetano Ciarli comico recitate da esso nel Teatro di via del Cocomero nella Commedia intitolata La Reginella, e nella Vedova scaltra, nelle quali faceva da Madre.
Ebbe, secondo il Bartoli, più mogli, variis modis et temporibus, e andava guitteggiando ancor nel 1782.
Andreini nella citata Ferza a pag. 38 : Non men del consorte fu onestissima e divotissima la signora Margherita Garavini Luciani bolognese sua moglie amata, ed a me carissima Compagna ; poichè inoltre d’aver educati così bene il signor Carlo Amadeo, e la signora Caterina ambi suoi figliuoli onoratissimi, l’uno facendo mirabil profitto nella virtù mantenendolo ad ognora sotto le vera norma delle buone dottrine de’Reverendi Padri Gesuiti ; e l’altra posta avendo Religiosa nel Monasterio di Migliarino, disinamoratasi delle commedie, innamoratissima di così cari figli, data tutta alle divozioni eguali a quelle del Consorte, quanto virtuosa visse, altrettanto divota morì.
Morì d’ un cancro alla faccia a Livorno, nel '98, lasciando un figliuolo, Armando, datosi da poco all’ arte, e che promette, dicono, di mostrarsi degno erede della gloria paterna.
Noi sottoscritti Comici facciamo fede come sono uenute da Padoua tre lettere dirette a fichetto nostro compagno, scritte da Cauaglieri di colà, con le quali ci persuadono a non andare a recitare in quella Città, altrimenti scoreremo graui pericoli per essersi diuisa la Città nel prethendere, chi la nostra Compagnia, e chi quella della Sig.
Il Parrini morì nel '32.
Esordì a Milano con la parte di Micol nel Saul di Alfieri : Saul era Modena, David Salvini.
Còlto da apoplessia nella primavera del ’63 al Valle di Roma, poi nell’estate a Viterbo, e trovatosi inetto per mancanza di mezzi e di salute a continuar l’Impresa, si ritirò a Roma, ove morì nel ’67. […] E, uomo di poca coltura ma di senso pratico giustissimo, coglieva sempre nel segno.
Né avvi solo chi pianga davvero al pianto simulato della finta Didone, e chi rida a tutta possa all’astuzie di un Davo; ma chi anche per lungo tratto l’orme di tal finzione nel suo cuor conservando, le mediti, le riproduca in se stesso, e ne favelli sovente col medesimo ardore ne’ privati colloqui. […] Non solo dunque i greci, i latini, gl’italiani, i francesi, gli spagnuoli, gl’inglesi, i tedeschi, i russi, e i turchi sono stati prodotti sulla scena ad esporvi quanto serban di prezioso e di raro, o di ordinario e di vile nel drammatico genere; ma i cinesi e i giapponesi vengono anch’essi dal sono dell’aurora, e da mezzo degli antipodi i peruviani e i messicani a far la barbara pompa de’ loro strani spettacoli. […] Ognuno che va a teatro, o volge tralle mani qualche dramma, vuol piccarsi di spirito e di sapere, e favella di sentimenti, di espressioni, di passioni, e nel suol decidere ex cathedra; ma pochi son quelli, che intendono ciò che si dicono, perché pochi si son dati la pena di consultar le sorgenti.
Cattolica nel consiglio di azienda, suo agente procurator generale e ministro plenipotenziario nella corte di Roma ec.
Recitando con universale applauso la valorosissima ed incomparabile signora Rosa Brunelli Baccelli nelle Commedie, che si rappresentano nel Teatro Formagliari di Bologna il Carnevale dell’ anno 1765.
Da una nota del Tralage sappiamo che il Costantini esordì al teatro italiano a Parigi nel 1687 nella parte di primo Zanni, sotto nome di Gradelino ; e secondo il parere del vecchio Riccoboni, riferisce il Gueullette che il Costantini, attore di assai pregio in Italia, dovette a Parigi lasciar le scene poco dopo il suo esordire.
E chi era quel Giuseppe Fortunati assieme a lui, Toto, caratterista al San Cassiano di Venezia nel 1796 e ’97 con Fr.
Francesco, imprigionato il 1656 nel Castel Nuovo, per aver fatto nuovi tentativi di ribellione, vi morì avvelenato.
Ma farei peccato veramente se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella mi scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tutta la benignità della sua natura, e con essa tutta la geniale semplicità dell’arte sua : Nata…. nel '52…. brrrr ! […] … Qui io apro una parentesi : tra gli otto figli di Paolo Bava, trovo, oltre a Giovanna, una Teresa, di cui non ho notizie, e una Giuseppina, andata sposa a Giuseppe Ruggeri, veronese (V. nel Suppl.), primi amorosi entrambi il’ 21 della Compagnia Modena-Bellotti.
» Con tuttociò, pare che il Barlachia, citato sempre ad esempio come recitatore, non fosse, come tutti i suoi colleghi di scena un’arca di scienza : e nel Consiglio villanesco del Desioso (Siena, 1583) il dialogo comincia col chiedere scusa, per essere l’autore rappresentante, non letterato : « Chi fa l’arte che fece il Barlacchia non può come gli sdotti arrampicare. » A pagina 432 delle rime del Lasca curate dal Verzone (Firenze, Sansoni, 1882) abbiamo le due seguenti ottave : IN NOME DI CECCO BIGI STRIONE Alto, invitto Signor, se voi bramate ch’il Bigio viva allegro, e lieto moja, la grazia, che v’ha chiesto, omai gli fate, per ch’egli esca d’affanni e d’ogni noja ; ei ve ne prega, se vi ricordate delle commedie, ove contento e gioja vi dette già, e spera a tempo e loco farvi vedere ancor cose di fuoco.
Pietro Barsi, artista dei più coscienziosi, dotato di una memoria ferrea e di un fisico, per le parti di caratterista, più unico che raro, intelligente, studioso, modesto, potè di punto in bianco acquistarsi la benevolenza de’pubblici meno indulgenti, come quello del Teatro Manzoni di Milano ; dove, specialmente nel repertorio Goldoniano, fu annoverato, e a ragione, tra’ buoni artisti.
De' moderni scrittori Michele Carrè fece rappresentare nel 1847 al Teatro Francese una commedia in un atto in versi, intitolata : Scaramouche et Pascariel, che ebbe ottimo successo.
Menandro suo costume nel comporre 102. sue commedie imitate 120. […] Vespasiano Carlo autor delle note coll’asterisco tassa di spropositi Marmontel 95, riconviene la-Harpe intorno a una di lui sciocchissima impertinenza 225. gli Scrittori Francesi sulle arguzie 295. e sulla loro franchezza nel giudicare e decidere della Letteratura forestiera che poco o niente conoscono 95-165. […] 432., e la frequenza delle sentenze, delle detenzioni e delle comparazioni nel genere tragico 150., fa il ritratto del Secolo filosofico 271. e de’ sedicenti Filosofi Parigini 427. e di certi uomini dotti privi di gusto o di non sano palato nelle materie poetiche 441. […] 213. n. erroneo suo giudizio contro Aristofane 95. iniquo verso il Maffei 321. encomiato nel genere tragico 356. censurato 360.
Recitò per molti anni nel Teatro a S.
E quando più nel suo fulgor divina l’arte trasfonde l’ immortal suo spiro al guardo e all’atto che ti fan regina ; negli arcani del tuo vivo sospiro ogni cor sente la superna idea che in un volger di ciglio anima e crea.
Passando d’una in altra compagnia, e in mezzo a peripezie di scioglimenti a metà d’anno, ora scritturato, or socio, ed ora capocomico solo, arrivò sino al 1902, scritturato in Compagnia Renzi-Gabrielli, nel quale anno cessò di vivere a Livorno il 27 di giugno.
Tu tramontasti qual del mare in grembo Cade nel verno astro propizio, e tutto In tetro orrore, in atri nembi involvi. […] Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare, perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo ateniese, quando gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di abilità per rappresentare.
Beolci, o Beolco Angelo, detto il Ruzzante, nacque a Padova nel 1502. […] Trascriverò piuttosto il discorso che è nel primo atto dell’Anconitana col quale Isotta in veste d’uomo sotto nome di Gismondo, raccontando le buone qualità ond’è ornata, cerca di persuadere Doralice a riscattarla con danaro.
Nato a Bologna nel 1666, si unì a soli quindici anni, a un ciarlatano, certo Girolamo, che vendeva i suoi unguenti col mezzo di buffonerie….
Realista nella ricerca, nello studio ; realista alla ribalta, nel risultato.
Quando il Rossi tornò, egli restò colà, dove, perfezionatosi nella lingua, si fe' sentire, invitato dal signor Palmer, già impresario di suo padre, nel monologo di Amleto.
Il Gozzi nel Canto Ditirambico dé Partigiani del Sacchi Truffaldino, dice a pag. 174 : L'Angelina il monte assaglia ; ma s’ingrassi un po'più adagio.
Con tal pensiero dunque volsi prima farla recitare, per vedere se li fusse stata alcuna parte soverchia oppure bisognevole, come in fatti io feci nel felicissimo battesmo della figliuola dell’ Eccellentissimo Signor Duca d’Umena, alla presenza della Serenissima Regina Madre et de molti illustrissimi Prencipi e Principesse.
Se dell’ '82 ell’era già la celebre Diana, del 1605, epoca in cui la troviamo al servizio del Principe della Mirandola, come dalle seguenti lettere, ella doveva correr verso la cinquantina : e assai probabilmente, avendo perduto il fascino della giovinezza, e il vigore dell’artista, non trovò più chi la volesse nel ruolo assoluto di prima donna, e fu costretta a farsi ella stessa conduttrice di compagnie.
Gli Eschili, i Sofocli, gli Euripidi, e gli Aristofani, gli Alessidi, i Filemoni, i Menandri della Grecia: gli Azzj, i Pacuvj, gli Ennj, i Seneca, e i Cecilj, i Nevj, i Plauti, i Terenzj del Lazio: i Trissini, i Rucellai, i Giraldi, i Torquati, i Manfredi, e gli Aminti e i Pastor fidi senza esempio, e i Machiavelli, gli Ariosti dell’Italia nel XVI secolo che risorgendo insegnava a risorgere: i Vega, i Calderon della Spagna: i Shakespear, gli Otwai, e poi i Wycherley e i Congreve dell’Inghilterra: i Cornelj, i Racini, i Crebillon, i Voltaire, e i Molieri e i Regnard della Francia emula della Grecia e dell’Italia, e norma gloriosa a’ moderni, mal grado degli Huerta e de’ Sherlock: i Weiss, i Lessing, i Klopstock della Germania che dopo un lungo sonno si risveglia al fine mirando indecisa or la Senna ora il Tamigi: i Maffei, i Conti, i Varani, e i Goldoni e gli Albergati, e Zeno e Metastasio che tante volte vale i Racini e i Cornelj nella presente Italia: tutti, dico, questi grand’uomini trovansi ora iperbolicamente ammirati ora senza conoscimento di causa ridicolosamente biasimati.
Si, mentre tu con finte pugne assali, dài vere morti altrui, che nel tuo volto son le vittorie alle bellezze uguali.
Il di lui figliuolo Maometto II che suol dipingersi con nerissimi colori, é commendabile per la rara moderazione che dimostrò nel soffrire che ’l padre riprendesse l’imperio; e lasciando da banda le tante sue vittorie e conquiste, era dotato di magnanimità e prudenza, e possedeva varie lingue, amava le arti, e coltivava l’astronomia.
Nel 1780-81 trovavasi in quella di Antonio Sacco, e nel '95-'96 in quella di Pellandi al Sant’ Angelo di Venezia, assieme a un Agostino Minelli, probabilmente suo figliuolo.
Comico veronese del secolo xvi, recitava gl’Innamorati sotto nome di Orazio, e trovavasi a Parigi il 1584, nel quale anno pubblicò pei tipi di Abell’Angelliero, una pastorale, Fiammella, che dedicò all’illustrissimo et eccellentissimo Principe, il signor Duca di Giojosa.
Eccone la descrizione che se ne fa nel trattato del Teatro.
Dopo una infinità di avventure in cui non sempre, stando al biografo, ebbe che vedere l’onestà, s’imbattè a Fano in una compagnia di comici d’infimo ordine ; nella quale spacciatosi per artista celebre, gli fu concesso di esordire, sotto la maschera dello Scaramuccia, nel Convitato di pietra : commedia da lui scelta e da lui prediletta, come quella in cui doveva essere una cena squisita. […] Tornaron gl’italiani a Parigi col Fiorilli nel ’53, ed esordirono al Petit-Bourbon il 1° di agosto alla presenza del Re, della Regina Madre e della Corte. […] Ma ciò non impedì ch’ei sentisse pena di quella separazione : e lo vediam di fatti tornare in Italia il ’66, poi di nuovo il ’67, nel quale anno parve abbandonar definitivamente il Teatro italiano di Parigi. […] E perchè per l’ amor grande che li portavo li fece in el suo matrimonio donacione dopo la mia morte e li fu venduta la carica sopra la mia donacione e perchè lui si era obligato pagarli 7cento franchi l’anno credendo di esercitare la detta carica, e come questo interesse andava inace (= inanze) senca sodisfare al venditore della carica venduta 14 mila frachi lo fece ritornare per agiustarsi con il venditore e per g[i]ustarlo à bisog[n]ato che io le dia 9mila fra[n]chi che avevo su l’otel de Villa e lui li diede una G[u]erra che ebe chon ingano dal fratello de la moglie per 10 mila franchi che il fratello era erede della terra e perchè la terra aveva molti debiti prestai dechontanti 9mila e sei cento franchi che ò apreso di me l’obligatione per notaro dicendo vendendo la terra mi sarebe pagati, e cosi si è ag[i]ustato il venditore con darli la terra senza mia saputa e nel darli li sudeti prima 9 mila fra[n]chi mi rinviò la caricha a dove io la vedei, la vendei 8mila fra[n]chi e ne perse mile de’ 9 che li diede e avendo il notaro in mano il denaro il furbo me lo sequestrò con dire ch’ è roba sua per averli io fato la deta donacone ed io in colera lo sgridai e venesimo a parole e l’ultima parola mi dise ch’ero un becho e fugi ne la sua camera e se serò e la notte nel Ripo fugi cho le sue robe ed io con il comesario chon testimoni cavai una presa di corpo e lui sapendo ciò se ne parti per Italia.
Quindi ebbe a dire il signor di Saint-Evremond che nel commerzio de’ dotti «rarement on trouve des personnes de bon goût: ce qui fait que la connaissance des belles-lettres devient en plusieurs savants une érudition fort ennuyeuse».
Nelle Commedie nelle quali andò allargando il concetto, non so dire se più proficuo che dannoso, de’ vari dialetti, egli restò di gran lunga inferiore al Ruzzante, di cui non aveva la maschia vigoria nel gettare i caratteri : forse qua e là migliori, nella semplicità della lor veste pastorale, le Egloghe.