[Intro.3] Ora chi ponesse l’animo a restituire all’opera l’antico suo pregio e decoro, gli converrebbe, prima di tutto, metter mano a una impresa non so se più difficile a riuscirne o a pigliarsi più necessaria. […] [Nota d’autore n. 1] Tra le molte cose che allegar si potrebbono scritte contro all’opera, uno scrittore inglese si esprime cosl: «as the waters of a certain fountain of Thessaly, from their benumbing quality, could be contained in nothing but the hoof of an ass, so can this languid and disjointed composition (of the opera) find no admittance but in such heads as are expressly formed to receive it», The World, n. 156.
Si ; vi conosco per fama ; so che siete garbato quanto abile, non mi darete una negativa. […] L’ ho servito subito, perchè so che gli preme. […] Diga ognun quel che vol, mi son l’istesso ; colle donne, lo so, soffrir bisogna, e qualcossa donar bisogna al sesso.
La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
., so bene che se potessi ancor io dire non voglio più recitare, con sodisfatione di S. […] Chi fosse il Dottore citato dall’Allori, che con iscusa pare di malattia non voleva recitare in una fatica particolare, non so dire. Il Dottore vivente a quell’epoca e a noi noto sin qui era il Lolli ; ma egli, recatosi a Parigi nel 1653 per assumere nella Compagnia italiana la maschera di Dottor Baloardo, tornò in Italia, non so in che anno (nel’58 era certamente a Roma, come si vede ai nomi di Lolli e Bandinelli) per poi restituirsi una seconda volta a Parigi, ove e precisamente nel ’70, fece rappresentare una comedia intitolata Il Gentiluomo campagnuolo, ovvero Gli stravizzi di Arlecchino.
Pasquali) : Il popolo interessato per essa, non so se per il carattere che rappresenta, o per il merito singolarissimo dell’ eccellente attrice, la valorosa signora Catterina Bresciani, mi andava continuamente eccitando per una seconda commedia. […] Da mi, da tutti nu s’ha procurà El mestier con modestia esercitar, E pur zente ghe xe (ne so dir come) Che i Attori strapazza, e stampa el nome. […] No so, come se possa in bona legge Metter chi non offende in derision.
Questo veridico quadro, porgendo allo sguardo dello scrittore un non so che di truce, venne dal medesimo con provetta arte episodiato di ridicoli caratteri, che nulla pregiudicano all’interesse dell’azione, e mantengono sempre vivace la scena.
Chi fosse la Lucinda non so dir con certezza.
Non potendo sfogare in altro modo il suo fervore pe 'l teatro, si diede il Marchetti a declamar nelle società napoletane le poesie del Giusti e del Berchet, per le quali s’ebbe non so quanti giorni di carcere.
Se qui finissero le proroghe non saprei, so però che dell’affare non si parlò più ; e forse tutto finì colla vittoria finale del bravo sergente, difensore della città di Cremona.
.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser.
Esordì in non so qual compagnia come amoroso, per diventar poi nel ’56 il primo attor giovine di quella dei fratelli Bosio, diretta da Francesco Chiari, di cui era prima attrice la Giuseppina Biagini : e leggo ne’ giornali del tempo ch’ egli si faceva molto applaudire, specialmente nel mulatto della Suonatrice d’arpa.
Moglie del precedente e figlia di Antonio Cortesi (Corteza, o Cortezzi, non so se comico anch’esso, ma, al dir della moglie, discendente nientemeno che del famoso Fernando Cortez, che fece la conquista del Messico) e di Barbara Minuti, attrice italiana col nome di Florinda.
Trovandosi il ’56 a Sebenico in non so qual compagnia, fu colpito da malattia che in pochi dì lo condusse al sepolcro.
Occorrendo a una Compagnia di comici di passaggio a Gorizia una ragazzina per non so più qual parte, e fattasi già notare la piccola Polvaro per la grande svegliatezza della mente e la scioltezza nel recitare, fu in essa accolta, e in breve tempo tanto progredì, che a dodici anni vi sostenne parti di prima attrice.
Nell’elenco della Compagnia pel 1843 di Francesco Paladini erano Leonardo, Caterina e Amalia Rafstopulo, generici, non so in che grado di parentela legati ad Antonio.
Bagolino È ben giusto, Signore, col xe un Zagno d’ingegno, che vostra maestà per servidore no se sdegna accettarlo entro el so Regno. […] Campagnolo Tanto farò, ma credo, che so isa ha tagiado el cordovan, perchè per quanto vedo, el batte la calcosa molto pian ; el se mostra invilio, ghe trema el proso, e par tutto sbassò. […] Bona sera, o Bertolina L’hè chi ol Capella valent Ch’è venud de voltolina Per narrat ol so torment Mo te pregh te stagh attent E non esser venenusa Ne superba o desdegnusa Ma pietosa e Melosina. […] Za che sem a rasona Perchè so che t’ho cennat Delle volte più de mil Mi te l’ho volud mostra Ol me sangu col parentà Perchè son innamorà Ma ti soni la sordina. […] Oltra questo mi so fa D’ogni cosa che se pol di So cantà mi la sol fa E la sol fa do re mi So sonar ol violi La chitarra col trombu E le gniachare el violu La zampogna e la sordina.
Faceva il Sansone, e ultimamente nella Rossana so che fe' il Bajazet.
Quello però che è più notabile, e di maggiore importanza, per mio avviso, è il caso di un veloce incendio, nel quale non so come la calca intanata in que’ meschini Corridoj interiori, e in quelle angustie de’ varj spartimenti, potrebbe liberarsi prontamente dal rimanere divorata dalle fiamme, o soffogata dal fumo. […] Ho parlato de’ Teatri di Madrid, perchè mi erano sotto gli occhi, e, per quanto io so, niuno degli Stranieri finora ne avea fatto motto.
Io so (dice Trasilla) d’ avere in mano il cor d’Annibale che tu credi essere ne’ tuoi lacci. Io so più di te, dice l’altra, Mentre so ch’Anniballe in me rivolto Non degna pur di rimirarti in viso. […] Io so quel che vo’ dir; la cortesia Lo stringe teco, e meco il lega amore. […] Ecco come in lui trionfa dell’affetto l’eroismo: Sento rapirmi, e non so dove; e pure Pur son rapito; assai maggior dell’uso L’animo ferve intumidito, e volge Pensieri eccelsi. […] Per l’attonito sen scorre un tumulto Non più sentito, ed alle pigre mani Insegna un non so che di violento E di feroce.
E se i Vettori, i Barlacchi, e i Visini di là son iti a veder ballar l’orso, altri poeti, altri strion più fini non mancheranno per l’usato corso ; non è morto ne’petti fiorentini lo scenico valor, ma ben trascorso ; io so quel ch’io mi dico, e fia dimostro alla tornata del principe nostro.
Non vado più in parole, perchè so a che anima cortese io scriva, e perchè una bella giovanetta, che canta versi soavissimi, non ha bisogno di commendazione. » Francesco Re di Napoli la pensionò.
Ma Pasquariello (non so bene da chi inventato ; probabilmente da Salvator Rosa, e incarnato poi da Giuseppe Tortoriti) non è nè padre, nè vecchio, nè parte nobile di alcuna specie ; ma sempre servo : e caratteristica sua è più che la parola la mimica, apparendo prima ballerino da corda, come lo ritrasse il Callot insieme a Meo Squacquera, poi un de' più agili saltatori della Compagnia italiana di Parigi nella seconda metà del secolo xvii.
Così, ad onta della sua vasta fantasia, e della fluidità della versificazione, si rimase nel luogo meritato; e la maggior parte delle sue favole sceniche restò inedita, negletta, e sepolta, e non so quanti nazionali, e stranieri oggi leggono le impresse1. […] Ma nè i Pugili, nè i Gladiatori, nè i Ballerini da corda, nè le Città dipinte, e le ricchezze de’ nemici portate in trionfo, nè le corse de’ Cavalli, e delle carrette, nè l’O so, nè il Camelo pardale, nè l’Elefante bianco, furono mai, Sig. […] Il Signor Lampillas per mostra ancora del gusto corrotto degl’Italiani, reca non so qual favola intitolata il Colombo, piena di sciocchezze, e d’inverisimiglianze. […] Per non fare un Articolo a parte di un’ altra querela del Signor Lampillas contro il Signorelli, soggiugnerò quì quel non so che da lui notato sull’amore delle Tragedie di M. […] Tutto questo, non so perchè (certamente per qualche motivo apologetico), è dispiaciuto all’Apologista, il quale nè anche so con qual connessione d’idee vi si oppone con dire: “Non è possibile, che in quella Corte l’amore fosse tutto Platonico”.
Io so (dice Trasilla) di avere in mano il cor di Annibale che tu credi essere ne’ tuoi lacci. Io so più di te, dice l’altra, 240 Mentre so ch’Anniballe in me rivolto Non degna pur di rimirarti in viso. […] Io so quel che vo’ dir; la cortesia Lo stringe teco, e meco il lega amore. […] Ecco come in lui l’eroismo trionfa dell’affetto: Sento rapirmi, e non so dove ; e pure Pur son rapito! […] Volli perder la figlia, Ma perderla innocente, e rea l’acquisto… Per l’attonito sen scorre un tumulto Non più sentito, ed alle pigre mani Insegna un non so che di violento.
Al Capo IV pag. 71, lin. 12, dopo le parole della parentesi, che non so perchè dal Bettinelli vien detto Reggiano, si aggiunga.
Luca, non so se la prima volta, il 7 ottobre 1896, che trovasi pubblicata nel 1799 nel tomo XXXV del Teatro moderno applaudito di Venezia.
Angelo Zoppetti appartenne come brillante al periodo, non so dir bene se fortunato o sciagurato, in cui i primi attori spremevan lagrime dagli occhi degli uditori, e i brillanti facevano smascellar dalle risa.
E ciò che per me si dipinge, e con atti, movenze, congerature con panni ignudi in maestà, in profilo, in iscorcio, adombrati e coloriti con riflessi, con ombre morte ; e se di dieci mila figure le più belle parti scegliessi, quelle so benissimo accompagnare ; il che in pochi si ritrova : e di poi colorire di azzurro, di giallo, di perso, di vermiglio, e più e meno, come richiede lo effetto della figura. I lavori di camice e di gorgiere di trapunti aurati e serici benissimo li so fare.
E. non uol saper niente, si che non si pol far un opera che sia bona, ma non solo le opere anche le comedie ; l’altra sera appunto si fece ti tre finti turchi e recito il secondo Zanni nouo che andò così bene che tutti si partirno inanzi fornita ; dicendo che se si fariano di quelle ci daranno delle Pomate. dove che ardisco suplicarla il dar ordine à qualcheduno che regoli la compag.ª pchè ò bisogno di studiare è tirarmi inanzi non di star à spasso p. i capricci d’altri ; la Sig.ª Flaminia à dato una delle sue parte che ne faceva due à mia sorella addesso pare che la Sig.ª Ippolita con la colega fatta tra di loro abbiano disgusto è la uoriano far fare alla guercina basta doppo dificultà si sono contentati ma però di nouo lo suplico il scriverli che la facciano recitare è la lettera onorarssi d’inuiarla à me però diretta alla Comp.ª non dirò più per non incomodarla, solo che se segue così non occorre uenir a Ferara p. che so che se non fosse in riguardo alla protetione di V. […] mo Replico questa mia per non parere che stij sul grande, ma so dirli che non mi lusinga altra speme ch’ella si sij scordato di me se non il suppormi V.
Un amico di suo figlio, il Casanova, che la conobbe nel 1751, ne fece un ritratto evidente con pochi tratti di penna : dopo di avere parlato del fisico (non era nè bella, nè brutta, ma aveva un non so che, che saltava subito agli occhi, e affascinava), dopo di avere parlato delle sue maniere gentili, dello spirito fine e abbondante, concludeva : …. non s’è potuto trovare sin qui un’attrice che ne prenda il posto, poichè è poco men che impossibile trovare un’attrice la quale riunisca in sè tutte le doti ond’era ornata la Silvia nell’arte difficile del teatro : azione, voce, spìrito, fisonomia, portamento, e una grande conoscenza del cuore umano.
E viva Zan Buffetto, Brighella e Bagattin, Zan Polpetta e Guazzetto, Cappella e Trappolin : e viva sempre intera tutta la schiera de i Zagni al Mond, pur, che nel celebrar le nostre nozz, ciaschedun vegna a empir el so gargozz.
Quel comico, per sè stesso persona dabbene ed onesta, era stato ammestrato non so da chi (forse con di lui cecità), ne'gesti, ne'passi marcati del Gratarol per modo, che quantunque io non abbia giammai avuta la menoma inurbana mira di porre il Gratarol in sulla scena, devo dire con mio dolore : il Gratarol si è posto, e fu posto in iscena nella mia commedia : Le Droghe d’amore.
« Qui » – egli scrive – cominciò quel « periodo per me indimenticabile, in cui non so, nella gara, se vincesse il merito degli artisti, o l’entusiasmo del pubblico, la valentia del direttore, o la fecondità degli autori ; forse tutte queste cose unite insieme con tribuirono a crearci anni beati, compiacenze indescrivibili, trionfi incancellabili !
Era co’primi Gelosi, che furono in Francia nel 1577, e in quell’anno istesso preser congedo dalla Corte, non so bene se per tornare in Italia o recarsi in Inghilterra ?
Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio.
In una lettera a un Segretario, non so bene di qual Duca, se di Mantova o di Modena, inviata di suo pugno da Livorno il 26 giugno 1660, e sottoscritta anche dal Pantalone Giovanni Gaggi (V.
Indi con fioca voce Non so se pur dicesti, Ben venga Clori. […] É ben leggiadra questa poesia; e non so altra pastorale di oltramonti che potesse senza manifesto svantaggio sostenere il confronto della Gelopea.
Indi con fioca voce Non so se pur dicesti, Ben venga Clori. […] E’ ben leggiadra questa poesia, e non so veruna pastorale d’oltramonti che potesse sostenere senza manifesto svantaggio il confronto della Gelopea.
Un’altra qualità, non so più se buona o cattiva, di Novelli, è quella di rimaneggiar tal volta le opere che rappresenta, di guisa che non rimanga più traccia della forma primitiva. […] Che cosa facesse, o dicesse non so ; e nessuno seppe, e forse non seppe mai nè anch'egli : improvvisa un discorso pazzo, con alzate e abbassamenti di tono di una comicità irresistibile, poi a piccoli salti, a gemiti interrotti, a grida soffocate, fugge, inciampa, va a gambe all’aria, si alza, esce zoppicando, e il pubblico frenetico lo vuole alla ribalta.
Vitruvio ci fa sapere che in essi soltanto desideravansi que’ vasi di rame che rendevano la voce più sonora, e che questi non istimaronsi necessarii, perchè i tavolati a un di presse so facevano l’effetto medesimo de’ vasi.
Non so.
I suoi nomi – dice il Regli – furon Francesco Giorgio Maria, ma egli assunse a Parma il nome di Augusto, quando la Duchessa Maria Luigia, vedova di Napoleone I, presentatale dal Bon l’edizione delle sue commedie, gli disse : Signor Augusto Bon non so come ringraziarla….
Formaron compagnia italiana, col ruolo essa di prima attrice, egli di primo attore, e si abbandonaron d’improvviso al grande repertorio…. non so con quale fortuna.
Dalla tua voce scende Magica non so che ; Si sente, e non s’intende ; Ma d’ogni affetto è Re.
Io in tempo della sua malatia ho impegnato ogni cosa dell mio, et adesso per la prigionia l’ ho uenduto è non so più come mi fare, à mantenerlo la dentro, onde lascio considerare alla prudenza di V.
L’opere degli antichi in questo genere (toltone alcune cose, che non sono, so non relative ai costumi de’ loro tempi) sono state e saranno mai sempre i nostri modelli: tutto l’oro, che più lampeggia fra noi, é stato tratto dalle loro miniere; e i moderni tanto più lusingar si possono di non mettere il piede in fallo, quanto più dappresso a questi grandi originali si accostano. […] Pietro arricchir voglia in brieve il nostro paese di graziose ben condotte commedie, alle quali so di essersi per pura inclinazione determinato, ed ammirar ci faccia egregiamente, eseguiti que’ principi, e con nobile gara imitati que’ colpi di mano maestra, ch’egli con tanto sonno e avvedutezza va discoprendo ne’ drammi altrui, e tratto tratto additando.
Perché non rimettere i liuti e le arpe, che col loro pizzicato danno a’ ripieni non so che del frizzante? […] In this extensive and laborious undertaking, like the divine subject he works upon, he is generally either grand, beautiful or pathetic; and so perfectly free from every thing that is low and common, that the judicious hearer is charmed with an endless variety of new and pleasing modulation; together with a design and expression so finely adapted, that the sense and harmony do every where coincide.
C’ è un po’ di fervorino, se si vuole, per l’effetto della chiusa ; come appare un non so che di bizzarro, o almeno, di manchevole in questa teoria del Bazzi ; ma la bizzarria e la manchevolezza dileguan subito leggendo l’operetta sua, breve compendio di acute osservazioni artistiche, le quali non si direbber da vero scritte mezzo secolo fa.
Lo stupore, tuttavia, dovette presto trasformarsi in sconcerto e poi in esplicita condanna, come avverte ancora Manfredi nel giugno di quell’anno: «So qualche cosa delle persecuzioni che voi mi accennate di avere in Bologna, ma so anche che sono appunto ridicole e che l’effetto universale sarà per noi 6. […] [1.61ED] Vi sono alcune cose mirabili nei tre citati poeti, ma ve ne sono delle insoffribili, e chi queste imita se meriti fortuna nol so, so ben che non l’ha. […] ad ogni parola e quello era io: guardami bene ed esamina se sotto questa parrucca, che mi ha non so se abbigliato o più deformato, ti sovviene di questa figura che pur dovrebbe esserti rimasta fitta nella memoria. [1.97ED] Tu pure, benché non tanto, applaudevi; e come astenersene? […] [4.64ED] E se mai tu mi negassi da accorto loico l’antecedente, ti convincerò con l’esempio sopraccennato, a cui non so quale cosa vorrai tu replicare in contrario. [4.65ED] Fondiamo ora su la stessa proposizion generale un altro argomento e diciamo: quello è verso che ha una sostanziale armonia inseparabile dal medesimo. […] [4.159ED] Non so se avrai letto nella Poetica del Boelò un racconto assai grazioso.
Racconta Vitruvio come, avendo un pittore di quadratura dipinto a Tralli una scena, e avendovi figurato non so quali cose là dove per la verisimiglianza figurarle non si conveniva, erano i cittadini per approvare quell’opera eseguita per altro con intelligenza e gran bravura di mano. […] [5.6] Loro costume è di scegliere quegli oggetti che nel genere loro piacciono il più alla vista, disporgli in maniera che l’uno sia all’altro di contrapposto, e ne risulti dall’insieme un non so che di peregrino e d’insolito.
Io non so come in sì deboli argomenti fondi la sua Apologia il Signor Lampillas uomo per altro di talento!
Nelle Commedie nelle quali andò allargando il concetto, non so dire se più proficuo che dannoso, de’ vari dialetti, egli restò di gran lunga inferiore al Ruzzante, di cui non aveva la maschia vigoria nel gettare i caratteri : forse qua e là migliori, nella semplicità della lor veste pastorale, le Egloghe.
Piccato anch’ io, non so se dall’ amor proprio, o se dall’ amor della verità, ho immaginato di trovar la via di umiliarlo e di farlo in pubblico.
Non so, non deggio !
Il Marliani, non so, se stanco di quel pericoloso mestiere, o eccitato dal genio comico, avea gran voglia di recitare delle Commedie.
Quanto al Meneghino, egli s’adontava ogni qualvolta gli si desse il nome di maschera…. e lo si mettesse in mazzo con Arlecchino, Brighella e Pantalone. « Meneghino – egli diceva – è carattere e non maschera, » e Ambrogio Curti, da cui tolgo le presenti parole, aggiunge : « ed io credo fosse proprio nel vero, perocchè egli fosse la sintesi fedele del carattere milanese o piuttosto ambrosiano, che, per il confluire nella mia città di tanti diversi elementi d’ogni popolazione d’Italia, si va ogni dì più perdendo. » Alcuni fecer derivare il nome di Meneghino da Domenico, altri da omeneghino, piccolo uomo : altri ancora da Menechino, come s’usò per erronea lettura chiamare I Menechini, facendo risalire il nostro tipo, non so con quali argomenti, alla Commedia plautina.
Come siamo entrati dentro le quinte, come non siamo caduti, non saprei dire : so solamente che il pubblico la chiamò alla ribalta per ben undici volte, dico undici, sventolando i fazzoletti, in piedi…. e che, alla fine, ci trovammo abbracciati e piangenti, baciandoci come due innamorati !
Io non so più dove m’abbia il capo. […] Imperocché il timore di non slontanarsi troppo dal parlar familiare proprio de’ personaggi che rappresentano, fa che i buffi non si perdano in gorgheggi o cadenze smisurate, e che non facciano uso di quel diluvio di note, col quale inondandosi nella tragedia le arie più patetiche e interessanti, hanno gli altri cantori non so se disonorato o abbellito il canto moderno. […] E a dirne il vero, quantunque io non gusti nella caricatura dei buffi quel diletto intimo che pruovo nelle lacrime dolci e gentili che mi costrigne a versare una bella musica tragica, e benché per una non so quale disposizione del mio temperamento mi vegga sospinto ad amare nella letteratura tutto ciò che parla fortemente alla immaginazione e alla sensibilità senza curarmi gran fatto di ciò ch’eccita il riso; nulladimeno siccome la prima legge del critico filosofo esser debbe di non istabilire massime generali su casi particolari, e molto meno ritraendole da se medesimo, così, riflettendo ai pressoché incorreggibili abusi dell’opera seria e alla maggiore verità di natura e varietà di espressione che somministra l’opera buffa, concederò volontieri che non deve facciarsi di stravaganza o di cattivo gusto chiunque sopra di quella a questa dasse la preferenza. […] Meglio poi se ci entra nelle parole un non so che di mulinello, di tempesta, di zuffa o di cosa che apportasse gran fracasso. […] Quello ch’io so è che, fornito il secondo ballo, l’uditorio va via, e che i suonatori e virtuosi non vogliono più faticare.»
Questo Frinico di Melanta fu il poeta che rappresentando la mentovata tragedia preso da non so qual timore, ovvero da orrore naturale, non potè proseguire, ed il popolo lo fe ritirare dalla scenab.
, e ad esse tenner dietro in vario tempo un brindisi in versi martelliani nel Convitato di Pietra, pubblicato in foglio volante a Livorno l’autunno del 1766 ; un piccolo libretto in-8° contenente alcune considerazioni sopra un parere del dottor Carlo Goldoni, pubblicato il 1767 non so dove, ma forse a Bologna, mentre lo Scherli era col Davia ; Sette Notti di Edoardo Young tradotte in versi, pubblicate in-4° a Palermo il 1774 nella Stamperia de' Santi Apostoli ; e una scelta delle Rime con aggiunta di poesie siciliane e di lettere varie, edita in Palermo il 1777 in-12°.
Ma un giorno il ragazzo venne, non so per quale circostanza, a conoscere la verità, e seppe come sua madre vivesse esclusivamente di una pensione che il prelato le faceva corrispondere dal Vescovado di Milano.
Io non so quanti siensi approfittati del di lui consiglio se non per poetar bene almeno per cianciar male; non so poi se possa esservi uomo dotato di ugual malignità e stupidezza che possa adottare i di lui sentimenti.
Non so se a me, che non ebbi la sorte di sentirlo nella sua grande opera d’interpretazione e di riproduzione al culmine della gloria, sarà dato tracciar la figura grande, geniale, e nella genialità disordinata, dell’artista, che nell’ultimo cinquantennio, con Adelaide Ristori e Tommaso Salvini, tenne lo scettro dell’arte in Italia e a traverso il mondo intero. […] Se poi tu mi avessi a rispondere un No, assicurati che ne sarei così colpito ed irritato, che adesso non so spiegarti a che potrei giungere per non venire ad adempiere il mio contratto ; e ne avverrebbe allora, che tu maggiormente irritato mi obbligheresti con forza armata a venire a Torino, e là incominciare una guerra, una guerra implacabile !
Una volta imparata, l’abbandono, e non la riprendo più ; ma mentre continuo ad occuparmi di altro, vedo sempre il mio personaggio, ne analizzo l’anima, il carattere, i sentimenti, a traverso le parole che io già so ; e quando credo di possederlo interamente, di sentirlo, di viverlo, riprendo le prove. […] D'altra parte, capisco, ecco subito riaffacciarsi quella benedetta faccenda della teatralità, che si vorrebbe, non so con quanto criterio, sbandire dal teatro, fatto tutto di convenzioni : chi dovrebbe giudicare della genialità o realità di quegli spasimi ?
Merita, io questo so, la poverina, Panfilo, che di lei tu ti sovvenga. […] Ora mi veggo Cento trappole intorno all’improvviso, Nè so come schifarle, o come uscirne. […] Non so cambiarmi. […] Or sì conosco bene La sua nequizia, e la miseria mia, E me ne incresce, e di amor muojo, e il veggo, E il so, nè mi trattengo, e da occhi aperti, Corro a morir, nè so che far mi debba. […] Non so come mai i gramatici che da varii passi degli antichi raccolsero le notizie appartenenti alla vita di Terenzio, abbiano francamente asserito che questa favola fosse tratta da una di Menandro.
Non so se quindi solo derivi quella spezie di decadenza che osservasi nelle belle arti; ma sembra che ora si abbondi meno in grandi artisti che in calcolatori, sofisti, falsi letterati, e gazzettieri.
Della Compagnia del Perini e del suo repertorio parleremo a suo tempo ; intanto accenneremo di volo come dall’amalgama di drammi, commedie, pantomime, balli, onde si componevano le rappresentazioni, traspaia un non so che di guittume da non menomar punto la fama del leggendario Anzampamber.
Dovere del Padre El Padre, che vive spensieratamente, senza provveder ai so fioi, usurpa indebitamente vivendo el nome de padre, e acquista giustamente morendo quel de tiranno : do cose deve lasciar el padre, podendo, ai proprj fioi, una necessaria ; è l’altra utile ; la necessaria l’è la morigeratezza ; e l’utile l’ è el ben star : la prima pol star senza la seconda, ma la seconda senza la prima l’è un vetro che traluse, ma che ghe manca la fogia per esser specchio ; chi di tutti do le provede, vive contento, e mor felice, contento in vita, perchè l’ha fatto quel che el doveva : felice in morte, perchè el lassa quei, che da lu derivan, nei boni costumi, e nel ben star tutto el pagamento di quei debiti, che l’aveva contratti, quando ghe diede el ciel el rispettabile nome de padre.
La cosa mi arrivò così improvvisa e frizzante, che non so risovvenirmene senza ridere. » E trovata la commedia di Mantova poco buona, S. […] Infatti questo idolatrato eroe, non so se per superbia di vedersi arricchito, ovvero per timor di spacciare le sue buffonerie senza il costumato prezzo delli dieci quattrini, fa moltissimo il prezioso nella società, e ne riesce alquanto sciapito.
Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
r Flaminio Scala, et io quasi quasi gli avevo consigniato non so che ostriche per Mad.ª Ser. […] r mio, son povero sì, ma son generoso, et confesso il vero, son persona dolce, ne so far male a chi mi riverisce.
Badile Mi so quel si famos Badil, Gloria e splendor de Voltolina, che mang’, e beu’ ogn’hor di nott’ e dì, e sol a tend a fam fort la schina, mi vag a betolà co i nos fachì, doue se mangia formai e poina, e quand’ ho fam, per satià ol ventrò, mang’un Vedel, e un Porch’in vn bocò. […] Risposta di Badile Deh perchè ades non è viu’ Agramant, Re Carol, Orland, e Rinald so Cosi, Rugier, Feraù, e Serpenti, Grandoni, insiem con Aquilant. […] Zanni Io so ben che n’hai mazzati de’pedocchi in quantitati, se ben fai il Mandricardo, non è il ver, che sei un bugiardo. […] Non so quello che tu vogli dire. […] Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove.
Merita, io questo so, la poverina, Panfilo, che di lei tu ti sovvenga. […] Ora mi veggo Cento trappole intorno all’improviso, Ne so come schivarle, o come uscirne! […] Non so che far della mia vita. […] Non so cambiarmi. […] Non so cambiarmi.
Ma Florindo scrive da Mantova il 23 agosto : « le mie Robbe consistenti in cinque casse, per un ordine fattomi fare ad un de' miei compagni a Verona, sono state consegnate non so a chi, mentre nell’ ordine s’esprimeva che si dassero al Cav.
É verseggiata in ottava-rima; ma é tragedia composta con arte e giudizio, qual si conveniva a que’ tempi luminosi; e non so donde si abbia ricavato il compilator del parnasso spagnuolo la rara scoverta che la tragedia del Carretto fosse stata una spezie di Dialogo allegorico153. […] Quella tragedia é degna dell’ingegno del gran Torquato, e non già un «parto debole e imperfetto d’un ingegno stravolto» come senza punto leggerla volle bestemmiare un non so qual Carlencas, meschino compilatore d’un saggio stomachevole sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti. […] E se ne avesse letta pur una l’inesorabile autor del Belisario, avrebbe mai caratterizzata la commedia italiana da non so qual mescolanza di dialetti, gesti di scimia, e gelosia e vendetta italiana? […] Pare dunque che ’l Trissino, il quale non so perché, e donde venga dal signor di Voltaire, ed indi da altri di lui compatrioti, appellato Arcivescovo, abbia servito di modello a’ primi francesi che si esercitarono nel genere tragico, diciamolo qui di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici francesi che a lor bel piacere sono andati e vanno, tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le cose nostre: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie gaulese, e forse non che il primo crepuscolo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti, e scienze tutte.
In altro elenco, che riproduciamo in fine, troviamo oltre all’Anna, la moglie, che è innanzi alla Gaetana, anche una Antonia Andolfati, della quale non ho potuto trovare alcun cenno, e che non so bene se essere una sorella o una figlia di Pietro.
Se in un Poeta Cristiano si riprendesse p. e. la Fede, la Misericordia e che so io, allora si allegherebbero acconciamente gli Esseri allegorici personificati da’ Gentili; ma questi nulla hanno che fare con la Trasformazione. […] Non so se a questi fondamenti si appoggiasse il Montiano; quanto a me, a tali dottrine io mirava nell’ammetterne la censura. […] Non so poi come il Signor Montiano intendesse se stesso, mentre dopo vere asserito esser questa una Tragedia mal regolata, dice appresso che vi sono osservate le unità.
Se non ne avesse disotterrata alcuna il Quadrio, io non so donde abbiate potuto estrarre sì bella notizia! […] Juande Espina, nel Negro mas prodigioso, e nell’Aurora en Copacavana di Calderòn, da cui è nata un’ altra favola mostruosa (ancora più di quella del Colombo scritta da non so chi in Italia motteggiata dall’Apologista), che si recitò due anni sono. […] Io non so, se le bugie scritte siano meno bugie delle profferite colla bocca.
La seconda a me per amicizia rimessa dall’autore manoscritta, non so quando rappresentata, s’impresse nel 1804 col nome arcadico dell’autore Inarco Melenio. […] Lo so; va pur, te lo consiglio io stessa, Vanne, crudel; se hai tu valor bastante Per eseguirlo, anch’io, se pria non l’ebbi, Tanto or ne avrò per affrettar co’ prieghi L’infausto istante. […] Amato Padre, Poichè appresi da te le altrui sventure A deplorar, ed a mostrar con fatti, Non con parole, una pietà verace, Concedimi (e ben so che mel concedi) Ch’io le porga la man; misera, errante, Abbandonata io la vedrò, nè seco Dividerò i miei beni?
Sì che ten vai, Lo so: va pur, te lo consiglio io stessa, Vanne crudel: se hai tu valor bastante Per eseguirlo, anch’io, se pria non l’ebbi, Tanto or ne avrò per affrettar co’ prieghi L’infausto istante: Gio: Ah che non sai qual pena . . . […] Amato Padre, Poichè appresi da te le altrui sventure A deplorar, ed a mostrar con fatti Non con parole una pietà verace, Concedimi (e ben so che me ’l concedi) Ch’io le porga la man: misera, errante, Abbandonata io la vedrò, nè seco Dividerò i miei beni?