Bartoli – intorno al 1715, lasciando di sè pei meriti suoi, una rinomanza la più ricordevole ed onorata. » I quali meriti suoi non si limitarono a quei dell’attore, ma altresì dello scrittore, chè molte opere in verso e in prosa egli pubblicò non senza alcun pregio scenico e letterario di cui ecco l’elenco : Il Trionfo del merito.
LIBRO I ADDIZIONE I* Verseggiare anteriore alla prosa. […] 20, alla parola prosa si apponga la seguente nota (1).
Egli era oltracciò riserbato a’ nostri giorni l’insinuarsi che si scrivano tragedie in prosa, come fa M. […] Il signor Diderot non solo compose in prosa il Padre di Famiglia e ’l Figlio Naturale «Dans le grand goût du larmoyant comique» come dice scherzando il signor di Voltaire; ma ben anche volle dettar regole in questo genere più strambo e bizzarro dell’opera buffa.
Ed era forse una specie di mimo il componimento di questo Paolo intitolato Delirus mentovato nella lettera XI che è in prosa: Ergo nisi Delirus tuus in re tenui non tenuiter elaboratus, opuscula mea, quae promi studueras, retardasset etc. […] Il primo del 746 dell’Egira scritto parte in versi e parte in prosa, è di Mohamad Ben Mohamad Albalisi, nel quale trattengonsi a darsi viceudevolmente il giambo cinquantuno artefici.
Quindi s’introdusse nella profana, cantandosi i cori delle tragedie e delle pastorali, ed anche i tramezzi delle commedie non meno in versi che in prosa. […] Sabe el espectator que aquella estancia, Templo, calle, jardin, bosque è marina Que por un breve instante le halucina Es un pintado lienzo:que no hablavan Espanol ni Toscano Semiramis, Aquiles, ni Trajano, Y que en prosa ni en verso se explicaban, Sabe por fin que es falsa pedreria La que adorna à los heroes de la escena: Y con todo su docil fantasia De modo se cautiva, y enagena, Que ya no dificulta Perdonar la fiction y el artificio Por sacar la verdad que en èl se oculta.
I tre Capitani Vanagloriosi, Commedia capricciosa in prosa, furon pubblicati in Napoli da Domenico Ferrante Maccarano il 1621.
Fu il Lombardi anche autore di una commedia in prosa, intitolata l’ Alchimista, e dedicata a Giulio Pallavicino (Ferrara, Baldini, 1583, poi Venezia, Sessa, 1586, e Spineda, 1602), in cui, scrive Adolfo Bartoli nella sua introduzione agli Scenarj, « noi troviamo quello che è così raro nella commedia italiana del secolo xvi, qualche carattere studiato e disegnato.
Della sua prosa s’è dato largo esempio al nome dell’Armani, ove il lettore troverà gran parte dell’orazione funebre in morte di lei.
Ma ciò che ha la moscovitica di particolare, si è che la poesia veniva esclusa dai loro componimenti musicali, perocché i russi non cantavano se non la prosa. Egli è vero che qualche antico romanzo in versi non rimati si conserva tuttora presso al popolo, come quello del gigante Ilia Murawiz, del grande Estergeon, ed altri di simil guisa, ma le moderne canzoni tutte in prosa altro per lo più non sono che improvvisate, che ciascuno compone a suo talento, senza curarsi d’osservare il numero delle sillabe o il ritorno delle rime76.
La maschera adunque presso gli antichi servì per occultare il volto dell’ attore, per imitare quello del personaggio rappresentato, e per ajutar la voce; nè mai nelle tragedie e commedie si adoperò per eccitare il riso colla stravaganza, come s’intonò parecchi anni sono dalle scene e per le stampe in prosa e in versi martelliani dall’Ab.
Scrisse tragedie e commedie, altre ne tradusse dal francese e dallo spagnuolo ; altre ancora, del Goldoni, ridusse malauguratamente in prosa dall’originale in versi.
La terza in due atti ed in prosa si rappresentò in Madrid nel medesimo teatro a’ 7 del febbrajo del 1792 quando s’impresse. […] Sebbene io l’abbia tradotta interamente in prosa, come feci altresì della precedente, pure ne addurrò quì lo squarcio che ne pubblicai in versi nel 1790 nel sesto volume di quest’opera: Vada (dice della figliuola l’irato don Martino) vada da me lontana, viva infelice, sappia a quante disgrazie la soggetta il pessimo suo procedere. […] Così l’ha pubblicato, e me ne fornì un esemplare che pure a petizione di alcuni io tradussi in prosa giusta la richiesta.
Stefano si cantava alla Messa una canzone detta prosa dell’asino, ed anche prosa de’ fatui, e nel dì di S. Giovanni un’ altra prosa detta del bue.
Il Parigino Saurin dopo aver prodotte alcune commedie poco riuscite sulla scena, cioè les Rivaux, l’Orpheline leguée e la traduzione del Beverley, scrisse in prosa la piacevole commedietta de’ Costumi correnti applaudita in teatro e nella lettura. […] Per varj spettacoli scenici lavorò Germano Francesco Saint-Foix scrivendo in prosa alcune picciole farse graziose di un atto notabili per la gentilezza che vi regna. […] Si sono anche ultimamente rappresentate l’Ottimista o l’ Uomo contento di tutto del giovane Collin d’ Harleville; il Matrimonio segreto di tre atti tollerata in grazia de’ buoni attori; la Fisica in un atto imitazione debole delle Letterate di Moliere, in cui una donna d’altro non vuol parlare che di magnetismo, di gas, di elettricità, di palloni volanti; le Riputazioni commedia in versi di cinque atti non migliore imitazione delle Letterate rappresentata in Parigi nel 1788; Moliere in casa di Ninon in prosa di mad. di Gouge impressa nel medesimo anno da’ gazzettieri enunciata col titolo di episodica, in cui intervengono le persone più distinte del secolo di Luigi XIV; la Morte di Moliere in versi e in tre atti che serve solo a rinnovare il dolore della perdita di quell’ingegno raro; la Giovane Sposa in versi ed in tre atti del sig. di Cubieres lodata dal giornalista di Buglione per la morale e pe’ caratteri.
Suida, Esichio e Aristotile col Castelvetro e Riccoboni e Robortelli e Minturno pretesero che Sofrone scrivesse in prosa. […] Niccolò Calliachio vorrebbe conciliare tali dispareri, dicendo esser probabile che i Mimi di Sofrone fossero scritti parte in versi e parte in prosa come la Satira Menippea di Terenzio Varrone ed il libro che porta il nome di Petronio Arbitroa.
Suida, Esichio e Aristotile col Castelvetro, il Riccoboni, il Robortelli, il Minturno, pretesero ch’egli scrivesse in prosa. […] Niccolò Calliachio vorrebbe conciliare tali dispareri, dicendo esser probabile che i mimi di Sofrone fossero scritti parte in prosa e parte in versi, come la Satira Menippea di Terenzio Varrone ed il libro di Petronio Arbitro132.
Ma dopochè nel 1664 ebbe egli dato al teatro la Princesse d’ Elide, il Matrimonio a forza intitolato Ballo del re perchè vi danzò Luigi XIV, il Convitato di pietra che scrisse in prosa in cinque atti nel 1665 d’infelice riuscita15, e la farsa dell’Amor Medico in tre atti, produsse nel 1666 il Misantropo che fu il primo capo d’opera della commedia francese. […] Verseggiava languidamente, ma scriveva con vivacità in prosa.
La Nina passa per amore, di Marsollier Des Vivetières, musicata nell’ ’89 dal Paisiello, poi tradotta pei teatri di prosa dall’attore Pietro Andolfati.
Lasciò tre figliuoli, tutti e tre soggetti di bell’ingenio, duoi dottori, uno di legge, l’altro di medicina, et un prete, ma ornati tutti di belle lettere sì in prosa che in versi !
Oltre a questa ha prodotta l’autore in due atti in prosa la Commedia Nuova traduzione dal castigliano di quella già riferita del prelodato sign. […] Il conte Tommasini Soardi Veronese ha composte varie commedie in prosa ed in versi raccolte in quattro tomi avute in pregio dagl’intelligenti, e singolarmente quelle scritte in prosa. […] Essa è in fatti una prosa mal misurata in lingua non assolutamente italiana, o napoletana, o forense, o scolastica, ma tutto ciò rimestandosi ne risulta la locuzione dell’Emilia. […] Vi si parla in prosa e in versi in ogni stile da’ medesimi personaggi. […] Usano poi quel basso lor modo volgare in bella prosa?
Singolarmente la picciola commedia in prosa i Costumi correnti piacque e riscosse gli encomii del Voltaire. […] Per varii spettacoli scenici lavorò Germano Francesco Saint-Foix, scrivendo in prosa alcune picciole farse graziose in un atto notabili per la gentilezza che vi regna. […] Madama di Gouge scrisse in prosa una commedia enunciata da’ gazzettieri col titolo di episodica Moliere in casa di Ninon, che s’ impresse nel medesimo anno, nella quale intervengono le persone più distinte del secolo di Luigi XIV. […] Boully riuscì pienamente in Francia ed altrove colla commedia detta istorica intitolata l’Abbè de l’Epèe in cinque atti scritta in prosa.
Boyer l’anno stesso ne fece in Londra una traduzione pur francese in prosa. […] Du Clairon autore di una tragedia di Cromwel si tradusse felicemente in prosa francese, e fu impressa in Parigi nel 1766. […] Barthie Graathead rappresentata in Drury-Lane si dice ben condotta ed interessante; ma i personaggi subalterni parlano in essa in prosa, ed i principali in versi, giusta l’antica usanza de’ tragici inglesi. […] È un componimento di tre atti in prosa con sessantanove ariette da cantarsi.
Ma dopo che nel 1664 ebbe egli dato al teatro la Princesse d’Elide, il Matrimonio a forza intitolato Ballo del Re perchè vi danzò Luigi XIV, il Convitato di pietra che scrisse in prosa in cinque atti nel 1665 d’infelice riuscitaa, e la farsa dell’Amor Medico in tre atti, produsse nel 1666 il Misantropo che fu il primo capo d’opera della commedia francese. […] Verseggiava languidamente, ma scriveva con vivacità in prosa.
Egli soleva usare in un medesimo componimento il verso e la prosa.
Di rime in prosa una mistura varia fece, e di piedi e numeri diversi, ma soavi così che amica fersi l’ asinesca d’ amor turba gregaria.
Secondo Raynaud nel dì di santo Stefano si cantava alla Messa una canzone detta prosa dell’asino, ed anche prosa de’ fatui, e nel dì di san Giovanni un’altra prosa detta del bue a.
Non è nuova in Italia la controversia intorno l’uso della prosa in poesia. […] Io discorrendo secondo la sola ragione son di parere che, nelle favole drammatiche, le quali vogliono stile non disdicevole neppure alla prosa, la mancanza del verso sia assai più tolerabile che in altre opere poetiche, le quali tanto meno credo che sieno capaci della prosa, quanto più richiedono di locuzion figurata: per conseguenza giudico la poesia lirica meno acconcia a riceverla che l’epica. […] Né quantunque io conceda qualche pregio a’ drammi scritti in prosa, ammetterei però che fossero perfetti senza il metro. […] Ma ne’ drammi esso riesce tanto più facile; quanto i versi drammatici si scostan meno dal suono della prosa. […] Quanto all’ultimo giovamento che monsieur de la Motte spererebbe dalla prosa, cioè la moltiplicazione degli autori drammatici, io son di diversa opinione, ed inclino anzi a credere che la facilità di scriver tragedia in prosa accrescerebbe il numero de’ cattivi autori ed alienerebbe i buoni.
[14] Dalla osservazione di siffatti avvenimenti, e dalla voga che avea preso nel popolo quel maraviglioso tramandato dai settentrionali, nacquero i romanzi in verso e in prosa, i quali altro non sono stati in ogni secolo se non se la pittura de’ pubblici costumi. […] [18] Chechessia di ciò, la lingua italiana, come tutte le altre, non si dispose a ricever la poesia se non molto tardi, allorché erasi di già stabilita, e col lungo uso di parlar in prosa fortificata.
Racine nato in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, lasciò tralle sue carte il piano del primo atto di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che questo gran tragico moderno, prima di mettere in versi qualche favola, formatone il piano, la scriveva in prosa; e poichè ne avea disposte tutte le scene, diceva di aver fatta la tragedia, tuttochè non ne avesse composto verso veruno; ed egli avea ragione. […] Singolarmente i Costumi correnti (Moeurs du tems) picciola commedia in prosa piacque, e riscosse glî encomii del Voltaire.
Io dettava allora le appendici drammatiche sul Fieramosca, e il 5 luglio dell’ ’82, a proposito della rappresentazione di Frou-Frou, della quale era ancor vivo nel popolo fiorentino l’entusiasmo suscitato dalla Bernhardt, pubblicavo : Da un gran pezzo in qua non m’era accaduto di notare sul nostro teatro di prosa certi sgattajolamenti nervosi, certi contorcimenti serpentini, certi sfiaccolamenti veri, sentiti. […] Io che ho ammirato sinceramente, e sinceramente ammiro altri artisti maschi e femine del nostro teatro di prosa per la loro maniera schietta di porgere senza avviluppamenti accademici, non so, mi trovo inceppato a parlare della verità di questa piccola fata.
Comedia capricciosa in prosa. […] Commedia di Aristofane, volgarizzata in prosa con prologo in versi di A.
A queste lettere vanno aggiunte una lunga tiritera morale, affettuosa in prosa a’ parenti di ogni specie, e un polimetro, specie di cantata, alla quale ha posto il titolo di Sentimenti affettuosi di Paolo Belli nel rivedere la sua Patria Firenze, i suoi genitori, e la famiglia de’ suoi, e la quale comincia così : Care, beate mura cui lambe intorno con sue limpid’onde il rapid’Arno !
Commedia di Aristofane, volgarizzata in prosa, con prologo in versi e lettera di A.
Ma la vittoria del Riccoboni non poteva dirsi compiuta, ove fosse mancato il successo a Venezia, la Capitale d’ Italia pel teatro di prosa.
Boyer l’anno stesso ne fece in Londra una traduzione in prosa pur francese. […] Barthie Graathead rappresentata in Drury-Lane si dice ben condotta e interessante, ma i personaggi subalterni vi parlano in prosa ed i principali in versi, giusta l’ antica usanza de’ tragici Inglesi. […] È un componimento di tre atti in prosa con sessantanove ariette da cantarsi.
Lo stesso autore pubblicò nel 1725 Giocasta la giovane di scena mutabile, la cui invenzione non gli appartiene, perchè il conte Antonio Zaniboni avea già tratta da un dramma musicale la sua Antigona in Tebe, detta opera tragica, scritta in prosa e impressa in Venezia nel 1722. […] Otto di esse sono in prosa, cioè Don Alfonso, Jefte, Matilde, Tommaso Moro, Demetrio, Marianna, Dina, Ruggiero, e quattro in versi Atalia, David, Gionata, Virginia. […] Nel Teatro del prelodato sig. conte Pepoli trovansi finora tre drammi lagrimosi in prosa, Don Alonso di Zuniga, ossia il Dovere mal inteso, Gernand, ossia la Forza del suo destino, e Nancy, ossia la Vanità dell’umana fermezza. […] L’autore benchè in prosa si vale di uno stile immaginoso e poetico, che però non di rado riesce troppo studiato. […] Tralasciamo anche i saggi tragici del sig. don Michele Sarconi, cioè la Merope del Maffei ridotta in prosa con pessimo consiglio nel 1772, ed il di lui Teodosio pubblicato nel 1773 scritto in prosa frammischiata di frequenti involontarj versicoli.
Nel 1715 si ripigliò lo spettacolo dell’opera comica, avendo alcuni commedianti della Fiera ottenuta la permissione dell’Accademia di musica per rappresentare farse piacevoli d’ogni sorte miste di prosa, e accompagnate da balletti, ed alcune parodie de’ componimenti che si recitavano nel Teatro Francese, e nel Teatro Lirico. […] Allora essi si avvisarono di supplirvi con certi cartelloni, ne’ quali scrivevano in prosa ciò che non potevano profferir con la voce; ma simile spettacolo al fine venne totalmente abolito, e si riprodusse l’opera comica che dal 1724 durò sino al 1745, dopo di che alla Fiera si rappresentarono soltanto pantomimi.
La terza in due atti ed in prosa comparve nel medesimo teatro a’7 del febbrajo del 1792.
Non vi ha dubbio che la bellezza dell’ elocuzione sì nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’ azione, una favola, e un vero ritratto de’ costumi del tempo: Un vers heureux & d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’interet, du comique, une fable, De moeurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette oeuvre du démon, dice benissimo il Signor di Voltaire.
E forse era una spezie di mimo il componimento di questo Paolo intitolato Delirus mentovato nella lettera XI che è in prosa: Ergo nisi Delirus tuus in re tenui non tenuiter elaboratus opuscula mea, quæ promi studueras, retardasset ecc. […] Il primo del 746 dell’Egira scritto parte in versi e parte in prosa, è di Mohamad Ben Mohamad Albalisi, nel quale trattengonsi a darsi vicendevolmente il giambo cinquantuno artefici.
[14] Il mentovato Ciccognini verso la metà del secolo trasferendo al melodramma i difetti soliti allora a commettersi nelle altre poesie drammatiche, accoppiando in uno avvenimenti e personaggi seri coi ridicoli, interrompendo le scene in prosa colle poeti che strofi, che arie s’appellano, e mischiando squarci di prosa alle scene in verso, confuse tutti gli ordini della poesia, e il melodramma italiano miseramente contaminò.
Egli scrivea un medesimo componimento parte in versi e parte in prosa.
È prosa, dice l’invidia sotto la maschera del gusto; ma che bella prosa che fa obbliare tanti e tanti versi!
Il Negromante dell’Ariosto fu tradotto in prosa francese da Giovanni de la Taille, e stampato in Parigi senza nota di anno verso il 1562, e poi di nuovo fralle altre opere poetiche di lui in Parigi 1573 in ottavo.
Le forme del corpo atletiche e ferrea tempra. » Di tutte le parole stampate in prosa e in verso a onore del sommo italiano, scelgo la seguente ode, d’altre forse men peggiore, che il Dall’Ongaro dettava nel giorno che Gustavo Modena chiuse le sue rappresentazioni nel Teatro di Palma, intitolato poi dal suo nome.
Fernan Perez de Oliva compose veramente due tragedie castigliane, ma in prosa benché buona l’Hecuba Triste, tradotta da quella d’Euripide, e la Venganza de Agamemnon dall’Elettra di Sofocle, le quali si pubblicarono in Cordova nel 1585.
Possibil mai che una notizia di sì gran momento non avesse solleticato la curiosità de’ letterati che sino al secolo xvi trovaron le scene del nostro teatro di prosa ravvolte della più fitta tenebra ?
Peggio poi quando quella, ch’io chiamo picciola tragedia, é scritta in prosa, come d’ordinario avviene in Francia. […] Parimente la commedia dopo aver sino alla metà del secolo, o poco più oltre, prodotto più d’un buon componimento in prosa e in verso, cangiando oggetto col divenir capricciosa prende in prestanza le spoglie della tragedia cittadinesca, e in lei si perde e si confonde234.
anteriore alla filosofia e alla prosa 9.
In prima i Castigliani che anche nella prosa schivano con senno la vicinanza delle cadenze simili delle voci, udiranno’ con nausea il cattivo suono di un verso sciolto rimato nel mezzo, come è il secondo, che con heridas recibidas diventa verso leonino. […] Huerta rifare la Venganza de Agamemnon del maestro Perez de Oliva che la compose in prosa, e la scrisse sul gusto stravagante del Bermudez con ottave, odi, stanze, e con ogni sorte di versi rimati, ed anche con assonanti. […] La locuzione è prosaica talmente che scrivendosi seguitamente come si fa in prosa, non vi si distinguerebbe il numero de’ versi.
Il piano é semplice, e l’economia della favola é sul gusto de’ greci; ma é scritta in prosa, giusta il progetto anni sono proposto da M. […] In Napoli l’erudito Niccolò Amenta ha prodotte sette commedie bene avviluppate senza multiplicità di accidenti, regolari, piacevoli, e morate; Gennar-Antonio Federico vi ha pubblicate altre due graziose commedie d’intreccio e di carattere, i Birbi, e ’l Curatore che Niccolò Salerno de’ Baroni di Lucignano, uno de’ più fecondi e piacevoli ingegni napoletani, fé stampare in Genova nel 1717 il Gianne Barattiere, commedia pregiata, e scritta in buona prosa; e Domenico Barone marchese di Liveri vi ha dipinte con grazia le maniere della nobiltà in varie commedie, colle quali avea la sorte di divertire il gran Carlo III, oggi il Tito delle Spagne.
Egli dice in prosa rimata, Contemplez de Bajard l’abaissement auguste, Voyez comme il rempli le devoir noble et juste Que l’honneur vèritable impose à la valeur, Et comment un Heros se punit d’une erreur. […] Questo fatto venne dal cavaliere Ipolito Pindemonte di Verona descritto in una novella in ottavarima da me pubblicata in Napoli insieme con un’ altra in prosa del cavalier Tommaso Gargallo di Siracusa. […] Voltaire afferma ch’egli nel medesimo anno ne mandò fuori due, l’uno in versi che si rappresentò e l’altro in prosa non mai recitato.
Fece di sì vaga commedia una elegante libera imitazione in prosa il Capuano Marco Mondo, l’ultimo de’ Segretarii della Città di Napoli che illustrarono la loro carica colla dottrina e colle lettere. […] Le parole non ricevono soccorso da veruna prosa marginale, che ne dichiari l’azione, e pure essa chiarissimamente si comprende; il che convince d’ignoranza qualche moderno mal instruito pedante, che crede essere state le antiche tragedie e commedie mutilate da’ gramatici di quella ideata prosa che notava le azioni de’ personaggi.
E credo per lo studio della scena di prosa, non sia privo d’interesse il dialogo in furbesco di Zan Muzzina tra Scatarello e Campagnolo, che è nella seconda parte della Corona maccheronica, e di cui ecco le prime due stanze : Scatarello Alluma un po’ Calcagno, se ’l gonzo da per ell’ vien al cogoll’.
E così varia pure chi parla in verso da chi in prosa. […] Io non disamino se la versificazione sia così propria e indispensabile alla tragedia, che questa non si possa assolutamente scrivere in prosa. […] Io dico anzi di più che il metro per la sua natura particolare ad una pronunciazione conveniente, ove il declamatore per lo contrario si sforzi di violentare la versificazione siffattamente che una prosa più o meno rassembri, ne verrebbe ad emergere una prosa tristissima, come quella che non essendo lavorata sopra le sue proprie forme, non potrebbe avere né il proprio numero, né il proprio carattere, e quindi strana, insulsa e disarmonica riuscirebbe. E per cotal modo si sacrificherebbe il pregio della versificazione senza quello sostituirle della buona prosa; ed il poeta avendo creduto di elevar la sua lingua ad un grado superiore, la vedrebbe dal declamatore vilipesa e straziata desolantemente. […] E questo artifìcio, che alla prosa ancor si presta non poco, si porta a tal grado nella versificazione, che spesso dalla forza e qualità del suono, piucché dal significato delle parole, si esprime l’oggetto che si vuol significare.
Fece di sì vaga commedia una libera imitazione in prosa il Capuano Marco Mondo, l’ultimo de’ Segretarii della Città di Napoli che illustrarono la loro carica colla dottrina e colle lettere, giacchè quelli che lo seguirono mancarono di simil corredo. […] Le parole non ricevono soccorso da veruna prosa marginale (pretesa dal fu Saverio Mattei) che ne dichiari l’azione, e pure essa chiarissimamento si comprende; il che convince d’ignoranza qualche mal istruito pedante, che stimò essere state le antiche tragedie e commedie mutilate da’ gramatici di quella ideata prosa marginale che dinotava le azioni de’ personaggi.
Egli dice in prosa rimata: Contemplez de Bajard l’abaissement auguste, Voyez comme il rempli le devoir noble & juste Que l’honneur véritable impose à la valeur, Et comment un Heros se punit d’une erreur. […] Voltaire afferma ch’egli nel medesimo anno ne produsse due uno in versi che si rappresentò, l’altro in prosa non mai recitato.
L’invenzione di questa non appartiene al Baruffaldi ; perchè il conte Antonio Zaniboni aveva già tratta da un dramma musicale la sua Antigona in Tebe detta opera tragica scritta in prosa e impressa in Venezia nel 1722. […] O to di esse sono scritte in prosa, cioè don Alfonso, Jefte, Matilde, Tommaso Moro, Demetrio, Marianna, Dina, Rugiero, e quattro in versi, Atalia, David, Gionata, Virginia. […] Deplorabilmente la Merope del Maffei fu ridotta in prosa dal medico Michele Sarconi nel 1772. […] È un infelice guazzabuglio scenico scritto in affettata prosa mista a frequenti involontarii versi. […] Il dialogo non ha naturalezza, i versi spesso rassomigliano alla prosa, nella locuzione si desidera purezza e proprietà.
Linguet hadel Solis tradotto soltanto Un bovo hace ciento, commedia avviluppata che si continua a rappresentare; ma forse poteva fare scelta migliore fralle seguenti: Amparar al enemigo, che dal Celano in Napoli si tradusse in prosa intitolandola Proteggere l’inimico che ha più di una situazione interessante, locuzione propria, nè l’azione dura più di due notti e tre giorni. […] Io l’ho veduta tradotta in prosa italiana poco felice, ma spogliata in gran parte delle arditezze dello stile e delle solite irregolarità. […] Nicolàs Fernandez de Moratin poeta non volgare e scrittore elegante anche in prosa prese a combattere il pregiudizio de suoi compatrioti intorno agli auti sacramentali con due Discorsi intitolati Desengaños.
Amparar al enemigo, che dal Celano in Napoli fu tradotta in prosa e intitolata Proteggere l’ inimico, ha più d’una situazione interessante, locuzione propria, e un’ azione che non dura più di due notti, e tre giorni. […] Io l’ho veduta tradotta in prosa italiana poco felice, ma spogliata in gran parte delle arditezze dello stile e delle solite irregolarità. […] Nicolas Fernandez de Moratin poeta non volgare e scrittore elegante anche in prosa prese a combattere il pregiudizio de’ suoi compatrioti intorno agli auti sacramentali con due discorsi intitolati Desengaños.
A queste del Panzacchi faccio seguir le parole di due massimi artisti del nostro teatro di prosa.
In prima i Castigliani che in prosa ancora schivano con senno la vicinanza delle cadenze simili delle voci, udiranno con nausea il cattivo suono d’un verso sciolto rimato nel mezzo, come è il secondo, che con heridas recibidas diventa verso leonino. […] Huerta ha voluto ancora rifare la Venganza de Agamemnon del maestro Perez de Oliva che era in prosa, scrivendola sul gusto del Bermudez con ottave, odi, stanze e con ogni sorte di versi rimati, ed anche con assonanti.
Aggiungiamo su questo insigne tragico nato in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, che lasciò tralle sue carte il piano di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che egli prima di mettere in versi una tragedia, formatone il piano ne disponeva in prosa tutte le scene sino alla fine senza scriverne un verso, dopo di che diceva di averla terminata; e non avea torto.
Concludono il discorso, come in tutte le versioni, lo schizzo di Enea in Troja e il quadro di Ifigenia in Aulide, scritto in prosa francese, due argomenti destinati all’intonazione, scelti per la loro efficacia scenica.
Non è per questo ch’io approvi l’inversione troppo intrelciata di alcuni cinquecentisti specialmente quando è affettata, e lunga, come adiviene fra gli altri nello Speroni, nel Dolce, e nel Casa, i quali ti fanno sfiatare i polmoni prima che arrivi a terminar un periodo: né che non preferisca sì in verso che in prosa uno stile conciso, e pieno di cose all’abbindolato e pieno di parole massimamente nel genere filosofico, di cui la precisione, la chiarezza, e la disinvoltura sono i principali ornamenti.
Ma siccome tanto la parola greca eidin quanto la latina cunere le veggiamo adoperate dagli Antichi in un senso troppo generico applicandola essi ora a significar un qualunque lavoro poetico, ora al recitar un poema, ora al declamar uno squarcio di orazione rettorica, e talora (come ne fa fede Strabone nel libro primo della sua geografia) al recitare una prosa semplice, così da ciò che, secondo gli Antichi, si cantasse il loro recitativo, niun lume si può cavare per decidere la presente questione, poiché sempre rimane a sapersi in quale significato prendessero eglino la parola canto. […] Cotesta spezie di canto non si capisce facilmente nelle nostre lingue moderne, ma s’intendeva benissimo nella lingua greca, la quale, siccome abbiamo veduto, era talmente accentuata che bastava misurar la prosa col ritmo poetico perché divenisse cantabile.
Così era indifferente per essi qualunque cosa si mettesse sotto le note: prosa o verso, rozzo o gentile tutto era buono, e si giunse per fino a modular a più voci, e cantare il primo capitolo di San Matteo pieno, come sa ognuno, di nomi ebraici.
Il teatro di Danimarca che per tal mezzo senza dubbio di giorno in giorno diverrà più corretto, oggi ha il solo barone Holberg che ha scritti vari volumi di commedia in prosa che non mancano di merito259.
Egli scriveva un medesimo componimento parte in versi, e parte in prosa.
Lasciando da parte il teatro di prosa, ov’ egli è stato messo sotto tutti gli aspetti, citerem qui l’opera lirica Le avventure di Scaramuccia del maestro Ricci, il grazioso poema Scaramuzza in vernacolo familiar veneziano e in ottava rima di Giambatista Bada (Venezia, 1791), dettato sulle orme della Vie de Scaramouche, par le sieur Angelo Constantini (Paris, m.dc.xcv), Les Caravanes de Scaramouche di Emanuel Gonzales, con un bello studio preliminare di Paolo Lacroix (Paris, Dentu, 1831), ecc., ecc.
Perciò ancora i versi più agevolmente che la prosa nella memoria si arrestano. […] Avvi de’ compositori, che distruggono sì fattamente ogni traccia di verso nella poesia, ch’essa diviene una prosa pretta e sputata: e così la loro musica annienta, in vece d’avvalorare, come suo uffizio sarebbe, il poetico numero. […] [Sez.VI.1.1.2] La danza ha molta affinità colla pronunziazione, e propriamente col gesto, dal quale differisce come il verso dalla prosa. Il verso ha colla prosa un fondo comune, e queste son le parole. Ma nel verso un tal fondo è assoggettato a certa misura, e interciso da una cadenza regolare; nella prosa è libero.
Ma tal diversità era poco sicura, perché la distinzione delle sillabe in lunghe e brevi erasi per le cagioni di sopra indicate pressoché smarrita, e molta più nella prosa de’ salmi e delle antifone priva d’ogni prosodia e d’ogni ritmo.
Si richiede dal tragico, che esprima le passioni, e i caratteri, ma che gli esprima cogli stromenti propri dell’arte sua, cioè col verso, e collo stile poetico; altrimenti s’avesse a dipignere veramente le cose quali furono, sarebbe costretto a far parlar Maometto, e Zaira in linguaggio arabo piuttosto che in francese, in prosa familiare, e non in versi alessandrini.
Mentre tanto si deliziano nello spettacolo, mentre si vantano di essere quei fortunati coltivatori che l’hanno sollevato alla maggiore perfezione possibile, mentre si dimostrano pieni di entusiasmo per tutto ciò che ha riguardo alla musica, soffrono ciò nonostante che la parte poetica primo fonte della espressione nel canto e della ragionevolezza nel tutto, giaccia obbrobriosamente in uno stato peggiore di una prosa infelice e meschina, in uno stato dove né il teatro conserva i suoi diritti, nè la lingua i suoi privilegi, in uno stato dove la musica non ritrova immagini dà rendere né ritmo da seguitate, in uno stato dove la ragioni non vede alcuna connession fra le parti, né il buon senso alcun interesse fondato nelle passioni, in uno stato finalmente dove s’insulta ad ogni passo alla pazienza di chi assiste alla rappresentazione, e al gusto di chi la legge.
Prima io mi sforzarei d’ hauer comedia che mi satisfacesse, con di quelle osseruationi, che dissi principalmente conuenirsi a tali poemi, e sopra tutto di bella prosa contesta, et che non fosse noiosa per molti soliloquij, o lunghi episodij, o dicerie impertinenti. per ciò ch’ io concorro nel parere di coloro, che hanno detto quella comedia esser perfetta, che leuandone una poca parte resti imperfetta. ma noua la comedia uorrei, se fosse possibile, o almeno poco nota, fuggendo più ch’ io potessi le stampate, quantunque piu belle. si per che ogni cosa noua piu piace ; et si per esser parer quasi comune, che le comedie, delle quali lo spettatore, hà notitia ; rieschino poco grate, per di molte cagioni, tra le quali, principale cred’io che sia questa : che douendo l’histrione ingegnarsi, et sforzarsi quanto piu può [come diremo] d’ingannar lo spettatore in tanto, che li paiano ueri i successi, che se gli rappresentano, sapendo l’ascoltante prima, quello che hà a dire et a fare il recitante, li par poi troppo aperta et sciocca menzogna, et la fauola perde di quel suo naturale, con che ella ha sempre da esser accompagnata, onde l’ uditore quasi schernito non solo uilipende lo spettacolo, ma disprezza anco se medesmo, che come fanciullo si sia lasciato condure, a udir, come si dice in prouerbio, la nouella de l’ oca. il che non auiene cosi delle comedie noue, per che quantunque l’huomo sappia da principio, hauer da udir cose non uere ; stando però atento alla nouita de i casi, par che ei si lasci ingannar da se medesimo a poco a poco, tanto che gl’ assembra di ueder in effetto, quei successi che se gl’ appresentano. se pero gl’ histrioni saranno bene essercitati, come gli si richiede.
Non s’insegna loro la rettorica dell’arte, quella cioè che sollevando l’ingegno sopra la meccanica disposizion delle note analizza, comprende ed abbraccia tutto l’argomento d’un’azion musicale, dando le regole opportune per lavorare l’apertura, dirigendo la fantasia nella invenzione del motivo principale, il quale dee corrispondere al tuono che domina nella poesia, additando i mezzi per ben disporne i motivi subalterni che si scelgono secondo l’indole di ciascuna scena in particolare, indicando i diversi stili che sono nella musica corrispondenti a quelli della prosa e del verso, mostrando quali figure o tropi servano a lumeggiar l’idioma dell’armonia, quando si debbono tralasciare e in quali occasioni debbano adoperarsi.
Non vi ha dubbio, che la bellezza dell’elocuzione sì nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’azione, una favola, e un vero ritratto de i costumi del tempo: Un vers heureux et d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’intérêt, du comique, une fable, Des mœurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette œuvre du démon, dice benissimo il signor di Voltaire.
La tessitura ne’ versi, e la proposizione fra gli intervalli e i riposi sono essenziali ad ogni poesia, come il ritmo e la misura lo sono ad ogni musica, poiché altro esse non sono che la diversa combinazione del tuono e del tempo necessaria in qualunque verso per distinguersi dalla prosa.
Nella Calandra del Cardinale Dovizio Bibbiena, la prima commedia in prosa recitata in Italia furono eseguiti quattro balli bellissimi, dei quali eccone la descrizione come la trovo in una lettera di Baldassare Castiglione inserita nella raccolta dell’Atanagi all’anno 1565.
La tradusse in prosa con i cori in versi Mellin de Saint Gelais, ed in versi Claudio Mermet nel medesimo secolo in cui si compose.