Le prime sue commedie che tirarono maggiormente l’attenzione del pubblico, furono lo Stordito, ed il Dispetto amoroso. […] Ma non furono molto dilicati di gusto quelli che poi diede il cardinale Richelieu, in cui una volta danzò Luigi XIII nel 1625.
Suoi lavori scenici furono cinque tragedie in versi, Arminio, Didone, Canuto re di Danimarca, le Troadi di Seneca e l’Elettra di Euripide, e tre commedie in prosa, il Trionfo delle donne sagge, la Bellezza mutola ed il Misterioso. […] risponde pieno d’imbarazzo, esse sono come sempre furono molto stimate.
Mentrechè risorgeva dentro le Alpi la lingua latina col l’ammirarsene i preziosi codici scappati alla barbarie, nasceva da’ rottami greci, latini, orientali e settentrionali la lingua italiana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, giva sublimandosi e perfezionandosi, e conscia delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle.
Eseguivasi da prima in tali luoghi la musica da 24 donne sotto la direzione de’ maestri della campana e del tamburo, ma ne furono dopo alcuni anni escluse, e sottentrarono 48 eunuchi; e benchè passati altri venti anni fussero le donne richiamate, alfine sessanta anni dopo si decise che quivi più non si ammettessero se non musici eunuchi.
Mentrechè risorgeva dentro le alpi la lingua latina coll’ ammirarsene i preziosi codici scappati alla barbarie, nasceva da’ rottami greci, latini, orientali e settentrionali la lingua italiana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, giva sublimandosi e perfezionandosi, e conscia delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle.
Dopo il qual tempo ritornò in Italia, e precisamente a Mantova, come abbiamo da una lettera dell’Elettore al Duca ; a cui raccomanda nel lor ritorno la coppia D’Orsi, e da una nota che ci fa sapere come « i loro abiti da commedianti furono spediti a Mantova in 29 casse.
Le doti del suo bell’animo, non alterando di un atomo la verità, furono rare.
Morì nel '30 a settantacinque anni circa, e nella soprintendenza de' comici, escludendosi questa volta i virtuosi del Monferrato, furono confermati i figliuoli con decreto del 13 settembre 1639.
Ma siffatti motteggi per la soverchia acrimonia e maldicenza personale abbisognarono col tempo di correzione, e furono dalla legge ridotti al solo oggetto d’istruire e dilettare. […] Uno spettacolo appartenente con proprietà maggiore alla poesia rappresentativa recarono a Roma dalla Campania gli Osci, i quali vi furono chiamati a rappresentare le proprie favole mimiche celebri per la loro speciale piacevolezza. […] I primi suoi maestri retori e poeti furono Semigreci, cioè Greci delle Calabrie, perchè i primi che v’introdussero l’amore della letteratura e la conoscenza della greca erudizione, furono Livio Andronico e Quinto Ennio, i quali da Suetonio vengono chiamati entrambi Semigreci a. […] A ciò Annone prende un’aria di tristezza, e dice che furono in fatti a lui rubate due figlie insieme colla loro balia. […] Certo Lelio al dir di Gellio, uomo eruditissimo affermava che venticinque veramente erano le commedie da Plauto composte e che altre appartenevano ad altri più antichi comici, e furono da lui ritoccate nel ripetersene le rappresentazioni.
Le prime sue commedie che più tirarono l’attenzione del pubblico, furono lo Stordito ed il Dispetto amoroso. […] Ma non furono per gusto molto dilicati quelli che diede poi il cardinal di Richelieu, in cui danzò una volta Luigi XIII nel 1625.
Nelle chiese recitavansi farse sulle vite de’ santi così piene di scurrilità che sulla fine del secolo ne furono escluse per un canone del Concilio Toledano tenuto nel 1473.
Nelle chiese recitavansi le farse sulle vite de’ santi così piene di scurrilità che sulla fine del secolo ne furono escluse per un canone del Concilio Toledano tenuto nel 1473.
Tanti furono i denari dal Fiorilli a quel tempo accumulati, che giunto a Firenze, comperò un magnifico possesso fuor della porta al Poggio Imperiale, e fe’ metter sulla casa la iscrizione : Fiorì Fiorilli – E gli fu Flora il fato, per alludere a un’abbondante fioritura nella sua famiglia. […] I nuovi comici italiani, che venner ’sta volta a Parigi, furono : la Cortese, poi Biancolelli – Eularia, l’Adami – Diamantina, Turi – Pantalone, Lolli – Dottore, Biancolelli – Arlecchino, Bendinelli – Valerio, Zanotti – Ottavio. […] » Lo stesso Re si meravigliò col Principe di Condè del favore con cui furono accolte le licenze di quella commedia, mentre al Tartufo di Molière s’era gridata la croce. « Maestà – gli rispose il Principe : – Scaramuccia si prende giuoco del Cielo e della Religione di cui a questi messeri non cale nè punto nè poco ; Molière si prende giuoco di essi stessi…. ed è ciò che non posson patire. » 1.
E la natura per così dire, in tumulto, e la violazione delle leggi dell’universo fatte da immaginarie intelligenze le furono più a grado che non il costante e regolar tenore delle cose create. […] Tra le prede che più avidamente cercavansi, eran le donne, come oggetti fatti dal cielo per piacere, e che in tutti i secoli e dappertutto furono la cagion prossima de’ vizi dell’uomo e delle sue virtù.
Ve ne furono almeno dodici recitati e stampati, che quì recheremo, sebbene per esperienza io sia certo, che neppure un solo vogliano vederne i Lampigliani, tra’ quali con rincrescimento sembraci, che si debba noverare il riputato esgesuita Andres. […] Per uso dello stesso teatro furono tradotte anche in terzarima da Girolamo Berardo ferrarese la Casina e la Mostellaria stampate in Venezìa.
Ve ne furono almeno dodici recitati e stampati, che qui recheremo, sebbene per esperienza io sia certo che neppure un solo vogliano vederne i Lampigliani, tra’ quali con rincrescimento sembraci che si debba noverare il Signor Andres. […] Per uso dello stesso teatro furono tradotte anche in terza rima da Girolamo Berardo Ferrarese la Casina e la Mostellaria stampata in Venezia.
La famosa Mariquita Ladvenant morta son circa ventiquattro anni degna di nominarsi tralle più sensibili e vivaci attrici antiche e moderne rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre i partigiani opposti ne presero uno di color celeste. […] Huerta, rammento agl’ imparziali, che tali furono le popolari insolenze, che prima il Governo di Madrid, indi il celebre conte di Aranda cercarono di rimediarvi.
Le opere nelle quali egli palesò maggiormente il suo valore artistico furono la Corallina maga, commedia in tre atti del Veronese ; Corallina spirito folletto, commedia anonima in tre atti, con intermezzi ; Le Fate rivali, commedia in quattro atti di Veronese ; La gara d’Arlecchino e di Scapino, commedia anonima in un atto ; Il Principe di Salerno, commedia in cinque atti di Veronese ; Le ventisei disgrazie d’Arlecchino, commedia in cinque atti dello stesso, e più specialmente il Figlio d’ Arlecchino perduto e ritrovato, scenario in cinque atti di Goldoni. […] Gli furono amici provatissimi e non mai mutati il Papa Clemente XIV e l’Enciclopedista D’Alembert.
Sappiamo poi che i Druidi furono proscritti da Tiberio e da Claudio; e m.
Gl’Italiani non furono gl’inventori della Pastorale, perchè “sino al 1554. quando uscì il sacrifizio del Beccari, può dirsi che non fu conosciuto in Italia questo nuovo genere Drammatico.”
Eseguivasi da prima in tali luoghi la musica da 24 donne sotto la direzione de’ maestri della campana e del tamburo, ma ne furono dopo alcuni anni escluse, e sottentrarono 48 eunuchi, e benchè passati altri venti anni fossero le donne richiamate, al fine sessanta anni dopo si decise che quivi più non si ammettessero se non che musici eunuchi.
.) ; e preposti alle spese furono Alborghetti (V.), e Materazzi.
Molti pezzi di musica furono composti dall’istesso Rousseau, e ’l rimanente da M. […] I componimenti da loro rappresentati ne’ primi anni nell’idioma italiano furono quasi tutti dell’arte, ripieni di apparenze, incantesimi, e buffonerie. […] Sedaine, furono tratti da un dramma di un autore inglese; e costui lo tolse, senza farne motto, da una commedia spagnuola di D.
Nelle opere di Antonio Conti si afferma che furono cantati a Roma e a Vicenza i cori della Sofonisba e che tuttavia resta la musica de’ cori della Canace . […] Le Pompe funebri del celebre Cesare Cremonino, e le pastorali di Laura Guidiccioni dama lucchese ornata di molto merito letterario, cioè la Disperazione di Sileno, il Satiro, il Giuoco della Cieca, e la Rappresentazione di anima e di corpo recitata in Roma colla musica di Emilio del Cavaliere, furono pastorali degli ultimi anni del secolo dettate, sì, con istile lirico, ma non tale da recarci rossore.
Nelle opere di Antonio Conti si afferma che furono cantati a Roma e a Vicenza i cori della Sofonisba; e che tuttavia resta la musica de’ cori della Canace. […] Le Pompe funebri del celebre Cesare Cremonino, e le pastorali di Laura Guidiccioni dama Lucchese ornata di molto merito letterario, cioè la Disperazione di Sileno, il Satiro, il Giuoco della Cieca, e la Rappresentazione di anima e di corpo recitata in Roma colla musica di Emilio del Cavaliere, furono pastorali degli ultimi anni del secolo dettate, sì, con istile lirico, ma non tale da recarci rossore.
Amalasunta tragedia lirica, Belisario, Rosimunda, Rinaldo di Montalbano, mostri scenici cari ed utili a’ comici, furono da lui alla meglio rettificati, e l’occuparono intorno al 1734. […] Il Figlio d’Arlecchino perduto e trovato, il Mondo della Luna, le Trentadue Disgrazie di Arlecchino, i Cento e quattro Avvenimenti non furono che farse piacevoli destinate a far valere l’Arlecchino.
Esse furono anche bene accolte nella rappresentazione a riserba di Virginia e di Pompea, le quali caddero; il suo Andronico ed il Tiridate restarono al teatro. […] Nel Dionigi sua prima tragedia, secondo l’espressione di Palissot, non tutti ravvisarono in lui la mancanza di gusto, e que’ difetti che gli furono poscia rimproverati, e singolarmente la versificazione dura ed ampollosa, le massime sparse a piena mano e senza scelta, le frequenti declamazioni sostituite alla passione. […] Non furono più felici nè Coriolano, in cui di più si notano gli accidenti accumolati in un dì senza verisimiglianza, nè Filottete publicata nel 1786 imitata dalla tragedia di Sofocle, quasi volendo rivenire dalle passate stranezze sulle orme de’ Greci, i quali pur si pretende da’ belli-spiriti di essere usciti di moda. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo, che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo ; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’où il emprunte ce recit . […] Principi d’Altamura furono in regno i figliuoli della famiglia del Balso già estinta nel principe Pirro, la cui unica figliuola Isabella fu moglie di Federigo d’Aragona re di Napoli, il quale prima di regnare ne portò anch’egli il titolo.
E perché in tale occasione molte e varie cose furono disputate intorno alla materia di che convenga fabbricare il teatro, intorno alla grandezza e figura di che ha da essere, intorno alla disposizione dei palchetti e ornato loro, non sarà fuori del presente argomento toccare anche di simili particolari alcuna cosa; acciocchè se, per quanto era in noi, si è dichiarata la vera forma dell’opera in musica, si venga a dichiarare eziandio la più accomodata forma del luogo ove si ha da vedere et udire.
Rollin dicono, Euripide dovette morire il secondo anno dell’olimpiade XCII, e non nella XCIII; perciocchè Aristofane nelle sue Rane, le quali furono certamente rappresentate nell’olimpiade XCII, parla di Euripide come di un uomo ch’ era già morto; e Sofocle, per quanto ci assicurano parecchi autori, sopravisse di sei anni ad Euripide, e morì nonagenario nel quarto anno dell’ Olimpiade XCIII.
Le altre due furono nel medesimo collegio con somma magnificenza e pari applauso rappresentate60. […] I dialoghi d’Alvante e di Despina furono disapprovati anche dal conte Pietro di Calepio61.
Prati (che metto qui per non averla più vista riprodotta), preceduta dal seguente cappello : Questi versi gentili, e spiranti tutti venustà ed affetto, mi furono cortesemente profferti dal signor Luciano Cerchi : ed io son grato ad esso di questo dono, e a me ne sarà grato il pubblico.
Parte dello stesso anno pare fossero a Ferrara ; certo il maggio erano a Mantova, dove alloggiavan precisamente al Biscione, e d’onde furono scacciati il 5 di maggio con ordine reciso e immediato del Duca.
Amalasunta tragedia lirica, Belisario, Rosimunda, Rinaldo di Montalbano, mostri scenici cari ed utili a’comici, furono da lui in certa maniera rettificati, e l’occuparono intorno al 1734. […] Commedie e ben graziose furono le opere di Bernardo Saddumene morto qualche anno dopo del 1732 : lo Simmele, la Carlotta, li Marite a forza, la Noce de Beneviento, e singolarmente la piacevole dipintura del Paglietta geluso. […] Le ariette dello Stampiglia furono meno musicali di quelle dell’epoca seguente ; ma da alcuna si vede che sapeva farne, come si vede in questa del melodramma l’Eraclea. […] I loro disegni non furono sì ricchi e giudiziosi, non originali o quasi tali le invenzioni. […] Surse contro di lui la demonomania del furiofilo Calsabigi, ma spari ; e le Danaidi furono condannate a marcire nella di lui tomba, e sou piombate in braccio dei Silfi e delle Barbe turchine e delle Fiabe anili.
Ariosto da prima, cioè ne’ suoi verdi anni cominciò a scrivere le sue favole in prosa circa il 1498a; e così furono scritte i Suppositi e la Cassaria. […] Imperocchè i nostri autori comici erano per lo più persone nobili e ragguardevoli nella civile società, o almeno non furono schiavi come la maggior parte de’ Latini. […] L’altra recita si fece in Roma alla presenza di Leone X, per quel che accenna il Giovio nella di lui Vita, e le magnifiche scene furono opera di Baltassarre Peruzzi Sanesea; ed allora fu che v’intervenne anche la nominata marchesa di Mantova, costando da una delle lettere del Castiglione conservate in Mantova che ella fu in Roma nel 1514, cioè su i principii del pontificato di Leone Xa. […] Adunque coloro che pretendono, sol perchè l’asserirono la prima volta, trasformare le pastorali del XVI secolo in opere in musica, per sapere che vi furono poste in musica le canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima ragione; la qual cosa sarebbe una rara scoperta del secolo XVIII. […] Questa commedia, e l’Ippocrito impresso nel 1542, ed il Filosofo uscito nel 1549, furono da Jacopo Doroneti pubblicate nel seguente secolo sotto nome del celebre poeta Tansillo con i titoli del Cavallerizzo, del Finto, e del Sofista; ma è ben noto che fu impostura tipografica scoperta poi dal Crescimbeni.
Epigene, Tespi e Frinico I furono tre uomini di talento, ognuno de’ quali sorpassò il predecessore e diede nuovo lustro alla tragedia. […] Sì, per gli piccioli e manierati talenti, come furono i La-Mothe, i Perrault e i Cartaud de la Vilade, de’ quali per altro abbonda ogni nazione. […] Le Furie rappresentate da cinquanta attori ne formavano il coro, i quali furono dal poeta in tale spaventevole e mostruosa foggia mascherati e con si orribili modi e grida entrarono nella scena, che tutto il popolo si riempì di terrore, ed è fama che vi morisse qualche fanciullo e più di una donna incinta vi si sconciasse. […] Scrisse centodiciassette, o centotrenta ed anche più tragedie, delle quali venti furono coronate; ma non ne sono a noi pervenute che sette, cioè: Ajace, le Trachinie, Antigone, Elettra, Edipo re, Filottete, Edipo Coloneo, le quali dovunque fioriscono gli ottimi studj, divengono gli esemplari de’ più pellegrini ingegni. […] Declinando l’età e la sorte delle città greche non solo da esse mai più non uscirono Euripidi e Sofocli, ma per una specie di fatalità gli scritti de’ più chiari drammatici di quella nazione furono consegnati alle fiamme.
Le altre due furono nel medesimo Collegio con somma magnificenza e pari applauso rappresentate a. […] I dialoghi di Alvante e Despina furono disapprovati anche dal conte Pietro da Calepioa.
Nè men larghi di lode al genio dell’artista furono gli stranieri.
Le tragedie di questo Pomponio (dal marchese Maffei nella sua Verona illustrata tenuto per Veronese) furono sopra ogni altra pregiate per l’erudizione e per l’eleganza, benchè i vecchi l’accusavano di non essere abbastanza tragicob. […] Invocati gli dei che presiedono alle nozze funeste, come furono le sue, e il caos e le furie (che può risentirsi alcun poco della declamazione senza riserba imputata a Seneca) si determina a una vendetta orrenda. […] Esse forse furono scritte coll’acrimonia della commedia Antica de’ Greci che si disse pure Satirica.
Nell’Entusiasmo usò impertito: nel poemetto al Benaglio la voce turbinando dandole di più un senso differente dal latino turbinare che equivale all’aguzzare de’ Toscani: nel poema delle Raccolte disse trica, eliconide sostantivo, prosatori ed altri vocaboli che gli furono vigorosamente notati dagli Amici del Friuli e di Venezia come difettosi e ignoti a buoni e a tutta l’Italia ecc.
In quel tempo l’attore e capocomico Pisenti fu messo in prigione per debiti ; e la Ristori, che fu sempre delle miserie de'compagni soccorritrice pietosa, architettò tre rappresentazioni straordinarie, che furono avvenimento di vera gloria, e la salvazione del povero carcerato.
E il Rossi andò in compagnia, e mali umori certo ce ne furono, e invidie, e armeggii nascosti, come si può vedere da questo bigliettino anonimo del 5 maggio 1852 : Egregio Signore, Si esorta il signor Direttore della Real Compagnia a non voler più oltre defraudar le parti dovute all’ Esimio attore Giuseppe Peracchi col sostituirle all’attore Ernesto Rossi ; onde evitare qualsiasi disordine che in Teatro ne potrebbe nascere.
Nè presti furono nè grandi i progressi del teatro Latino. […] I frammenti Luciliani si raccolsero dagli Stefani, e dal Douza furono illustrati con alcuni scolii e impressi in Lione nel 1597. […] Quanto a me io non vi troverei veruno sconcerto; ma i Latini furono più scrupolosi de’ Greci, come apparisce dal noto verso di Orazio, Neve minor quinto, neu sit productior actu Fabula, e allora leverebbonsi a romore i pedanti tutti. […] Varrone, Aristotile e Diocle filosofo furono dell’avviso di Cecilio, stimando che potesse benissimo una donna partorir di otto e di undici mesi.
(*) Nell’Entusiasmo usò impertito: nel poemetto al Benaglio la voce turbinando dandole di più un senso differente del latino turbinare che equivale all’aguzzare de’ Toscani: nel poema delle Raccolte disse trica, eliconide sostantivo, prefatori ed altri vocaboli che gli furono notati dagli Amici del Friuli e di Venezia come difettosi e ignoti a’ buoni e a tutta l’Italia ecc.
In Francia, dove tanto si studia e fiorisce la declamazione, gli attori per la maggior parte sono autori essi stessi, come già furono Moliere, la Place, Dancourt, Baron, e come oggi sono Piccard, Duval, la Molè e tanti altri.
Nè presti furono nè grandi i progressi del Teatro Latino. […] I frammenti Luciliani si raccolsero dagli Stefani, e dal Dousa furono illustrati con alcuni scolii è impressi in Lione nel 1597. […] Quanto a me io non vi troverei veruno sconcerto; ma i Latini furono più scrupolosi de’ Greci, come apparisce dal noto verso di Orazio, Neve minor quinto, neu sit productior actu Fabula, e allora leverebbonsi a romore i spedanti tutti. […] Varrone, Aristotile, e Diocle filosofo furono dell’avviso di Cecilio, stimando che potesse benissimo una donna partorir di otto e di un dici mesi.
Grandi furono nel precedente secolo gli sforzi degl’ Italiani in prò della poesia drammatica. […] Non furono i primi nostri scrittori, specialmente del cinquecento, quelli che mostrarono all’Europa l’erudizione del greco teatro? […] Vide ancora la famosa città di Venezia eretti nel medesimo secolo teatri semicircolari ideati su gli antichi modelli, e costruiti da’ più chiari ingegneri il Sansovino e ’l Palladio, i quali perchè furono di legno, già più non sussistono. […] Conte di Monte Vicentino stampata nella stessa città nel 1565; ed in esso furono dipinti dodici gran quadri dal celebre pittore Federico Zuccaro105.
Versi non vi furono fra’ Greci ne’ più felici tempi, che ricusassero l’accompagnamento del Canto. […] Le Maschere furono di tal modo al di fuori configurate, che potessero con la maggior proprietà e decenza rappresentare, non che la vecchiaja e la gioventù ed il sesso, fin anco i costumi delle persone.
La Sofonisba, l’Agamennone, l’Alfredo, il Coriolano furono accolte con molto gradimento. […] Quins, Davesport, Marshall, Bowtell, Betteron, Lees furono parimente attrici rinomate.
Eliano stesso dice chiaramente και ταυτα οὺν της κωμοδιας ην αυτῶ τα ασπερματα, e queste cose (cioè il disprezzo che faceva Socrate de’ comici maledici) furono ancora l’origine della commedia di Aristofane. […] Ma lo stupore si dissipò a poco a poco per l’arte del poeta, e le Nuvole furono avidissimamente ascoltate. […] Assunse egli stesso la cura di far la parte di Cleone, e tingendosi il volto di feccia ne imitò alla meglio la fisonomia, e la foggia di vestire, e riuscì così bene nella favola a svelarné i ladronecci e gli artifizii che il popolo condannò Cleone a pagar cinque talenti, cioè intorno a tremìla scudi che furono regalati al poeta. […] Quali popoli furono codesti Greci, fra quali nella stessa buffoneria s’insegna a pensare e a ragionar dritto e a sviluppar la scienza politica ed economica !
Epigene, Tespi, e Frinico, furono tre uomini di talento, ognuno de’ quali sorpassò il predecessore, e diede un nuovo lustro alla tragedia. […] Le tragedie di Eschilo furono, come quelle di Sofocle e di Euripide, vere azioni drammatiche eroiche, accompagnate dalla musica, e decorate dal ballo; né altra differenza può ravvisarsi fra ’l primo e i secondi, se non quella che vi ha fra Tiziano e Correggio, fra Zeno, e Metastasio, fra Corneille e Racine, cioé quella che si scorge ne’ differenti caratteri degli artefici che lavorano in un medesimo genere. […] Esse furono avidamente accolte sempre nel Teatro di Atene e ammirate successivamente dalla più dotta posterità; ma nel certame olimpico cinque solo riportarono la corona, e nelle altre soggiacque alla solita (ventura de’ grandi uomini di esser posposti a competitori ignoranti.
Le sue tragedie Sofonisba, Agamennone, Alfredo, Coriolano furono dal pubblico assai bene ascoltate. […] Quins, Davesport, Marshall, Betteron, Lees furono parimenti attrici assai rinomate.
Le tragedie di questo Pomponio, dal Marchese Maffei nella Verona illustrata tenuto per Veronese, furono sopra ogni altra pregiate per l’erudizione e per l’ eleganza, benchè i vecchi l’accusavano di non essere abbastanza tragico121 (Nota IX). […] Invocati gli dei che presiedono alle nozze funeste, come furono le sue, e il caos e le furie (che può risentirsi alcun poco della declamazione che s’imputa all’autore) si determina a una vendetta orrenda.
Scrisse centodiciassette o centotrenta ed anche più tragedie, delle quali venti furono coronate; ma non ne sono a noi pervenute che sette, cioè Ajace, le Trachinie, Antigone, Elettra, Edipo re, Filottete, Edipo Coloneo, le quali dovunque fioriscono gli ottimi studii, divengono esemplari de’ più peregrini ingegni.
Si richiede dal tragico, che esprima le passioni, e i caratteri, ma che gli esprima cogli stromenti propri dell’arte sua, cioè col verso, e collo stile poetico; altrimenti s’avesse a dipignere veramente le cose quali furono, sarebbe costretto a far parlar Maometto, e Zaira in linguaggio arabo piuttosto che in francese, in prosa familiare, e non in versi alessandrini. […] Commuove la musica ora imitando colla melodia vocale le interiezioni, i sospiri, gli accenti, l’esclamazioni, e le inflessioni della favella ordinaria, onde si risvegliano le idee, che delle passioni furono principio: ora raccogliendo cotali inflessioni, che si trovano sparse ordinariamente nella voce appassionata, e radunandole in un canto continuo, che è quello che soggetto s’appella: ora ricercando coi suoni armonici, colla misura, col movimento, e colla melodia que’ fisici riposti nervi, i quali con certa ma inesplicabil legge movendosi, all’odio, o all’amore, all’ira, al gaudio, o alla tristezza ci spingono.
Molte delle cose che pei francesi rigidamente accademici, furono il non plus ultra del vero, parvero agl’italiani, spensieratamente veri, il non plus ultra dell’accademico.
Eraclio, Pertarite, Teodora, Edipo, Berenice, Otone, Sofonisba, Pulcheria, Agesilao, Sancio, Attila, il Vello d’ oro, tutte, mal grado di varie scene eccellenti che vi s’ incontrano, furono reputate mediocri, ed insieme colla Medea caddero nel rappresentarsi, nè i posteri ne ristabilirono il credito4.
Non furono così bene accolte le altre sue commedie. […] I generi scenici da lui coltivati furono tre, l’allegorico degli auti sacramentali, le favole istoriche, e le commedie di spada e cappa. […] Ma se impareranno l’arte di ben conoscere i proprii popoli, di pesarne l’energia, di dirigerla a vantaggio dello stato, di calcolarne la forza e la debolezza, di moderarne gli eccessi e di correggerne i difetti, di animarne la virtù co’ premii in vece di scoraggiarla col disprezzo, di emendarne gli errori da padre e non da despoto; i principi che si dedicheranno a questo studio, calcheranno le orme de’ Titi e degli Antonini, i quali furono dotti non meno che grandi e degni principi.
Non furono così accette ed applaudite le altre sue commedie. […] I generi scenici da lui coltivati furono tre, l’allegorico degli auti sacramentali, le favole istoriche, e le commedie di spada e cappa. […] Ma se impareranno l’arte di ben conoscere i proprj popoli, di pesarne l’ energia, di diriggerla a vantaggio dello stato, di calcolarne la forza e la debolezza, di moderarne gli eccessi e di correggerne i difetti, di animarne la virtù co’ premj in vece di scoraggiarla col disprezzo, di emendarne gli errori da padre e non da despoto, i principi che si dedicheranno a questo studio, calcheranno le orme de’ Titi e degli Antonini, i quali furono degni e dotti principi.
Un altro bene seguirebbe doppo questi, che ristretto il numero de’recitanti, quel poco sarebbe così virtuoso, et esemplare che non si vedrebbe altro che soggetti nuovi e corretti, e colui che gli mettesse fuori, sarebbe scarico di quel peso di leggere a un solo mille volte un solo soggetto, che in quello stesso fa poi anco mille errori, et si leverebbe quella spezie di gente, di che fa menzione l’eccellentissimo Garzoni nella sua Piazza Universale del Mondo, che si vede per le cittadi vestiti alla divisa con pennacchi, che prima che fossero suoi, furono di mille altri, con cappe bandate di veluto che inanzi che sia diventata banda era calzone affaticato prima nella cittade e poscia in villa.
[2.76ED] Ricorri al tuo Vitruvio e vi troverai che tre cangiamenti di scena si congegnavano sui nostri palchi: tragica, comica e satirica. [2.77ED] La tragica era composta di colonne, di palazzi e di altri segni d’abitazioni reali. [2.78ED] La comica conteneva privati edifici. [2.79ED] La satirica selve, spelonche, fontane ed altre apparenze villerecce e selvagge, e benché paia che a tre sorte diverse di rappresentazioni ciascuna fussero destinate, come la tragica alla tragedia, la comica alla commedia e la satirica alla boschereccia, certa cosa è che favole boscherecce non furono mai poste in scena né da’ Greci né da’ Latini, benché gli uni e gli altri materie bucoliche largamente cantassero, e tu sai tutta la gloria di questa sorta di dramma comunemente esser data al vostro Torquato Tasso, mercé del suo leggiadrissimo Aminta. […] [3.50ED] Il mio maestro ebbe in mente che la propagazione di se stesso fusse il vero fine dell’amore e che l’unione ne fusse il mezzo; ma siccome due maniere di propagarsi egli intese, così due sorte d’unioni furono per esso contrasegnate e distinte. [3.51ED] L’una fu l’unione de’ corpi e degli animi, l’altra fu l’unione degli animi e degli intelletti. [3.52ED] L’unione dell’animo negli oggetti amanti ed amati produce sempre l’amore o sia l’amicizia, e questa è unione per sé sterile, che nulla propaga se non trae seco per l’una parte quella de’ corpi, per l’altra quella degl’intelletti. […] [3.79ED] Se tali quali ha fatto Racine questi due eroi, li facesse la storia, o avria dovuto abbandonarne il soggetto o assolutamente emendarlo, perché il poeta non è tenuto a rappresentar gli avvenimenti quai furono, ma quali esser dovettero. […] Ma i valenti scrittori furono nel secolo del Trecento. […] [6.3ED] I cavalieri commensali andavano vanamente interpretando le cagioni della mia allegra taciturnità, sinché, sbrigatomi dalla tavola, notai in un gabinetto ove finsi di ritirarmi per riposare i capi tutti de’ discorsi avuti col vecchio; quando sentii bussare alla stanza per l’abate Lampugnano, letterato fiorentino e segretario di monsignor Aldrovandi, che m’invitò per parte de’ due prelati a vedere nella galleria del Loure le piazze che o furono o sono sotto la giurisdizione reale e con le quali ha questa potenza avuto contesa, modellate in piccolo da un ingegner fiorentino. [6.4ED] Oh bella Firenze, in che non sei tu felice?
Segno a’ suoi strali mimici furono frequentemente gli Abati che ostentavano letteratura.
, le quali sagge idee ebbero luogo in una delle commedie di Aristofane, e furono poi nobilitate colla naturale sua grazia e leggiadria dal Metastasio nell’Astrea placata.
Gli anni che seguirono il ritorno in Italia furono dedicati alla stesura di scritti di varia natura che da un lato proseguivano il filone divulgativo già sperimentato con il Newtonianesimo e dall’altro erano l’esito delle molteplici attività cui si era dedicato Algarotti nel corso dei suoi soggiorni all’estero.
Tali furono a un dipresso le ascose cagioni, che fecero degenerare la poesia e la lingua dopo i secoli d’Alessandro e d’Augusto, e che corruppero ogni bella letteratura in Italia dopo il Cinquecento.
Così l’amore di Prassitele, il Giove di Fidia, la Venere di Tiziano, il carattere di Augusto nel Cinna, l’anima di Regolo nel Metastasio, altro non furono che un aggregato di proprietà atte a produrre in noi un determinato genere di sensazioni, le quali proprietà sparse prima nel mondo morale o nel fisico, e raccolte poi dagli artefici sotto ad un determinato concetto, costituirono quel tutto che viene decorato col nome di bello. […] Quindi a molti in Francia è venuta in pensiero la necessità d’un cronometro, ovvero sia pendolo destinato a misurar esattamente i movimenti nella musica, il quale al vantaggio di regolare anche nelle arie che si cantano in teatro la voce del cantore colla natura del suo movimento e col numero delle vibrazioni acciocché fregni tra l’orchestra e lui quella unione che vi si vede troppo soventemente mancare aggiungerebbe l’altro di potersi col suo mezzo trasmettere ai paesi lontani e alle future età il preciso grado del movimento con cui furono eseguite.
Debbo a queste notizie aggiugnere che a quel tempo vi furono altre due tragedie di penne non volgari rimaste inedite, l’Edipo principe traduzione di quello di Sofocle di Bernardo Segni, e le Fenicie di Euripide tradotta in latino da Pietro Vettori, che con altre di lui produzioni pur manoscritte si trovava in Roma nel 1756 in potere del commendatore Vettori parente di Pietroa. […] Non furono i primi nostri scrittori, specialmente nel Cinquecento, quelli che mostrarono al l’Europa l’erudizione del greco teatro?
Vivendo la famosa Maria o Mariquita Ladvenant, morta da nove o dieci anni, degna di mentovarsi tralle più sensibili e vivaci attrici antiche e moderne, rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre los Polacos ne presero uno di color celeste.
Udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone malvage furono così vivamente ferite per l’illusione teatrale, che alla presenza di tutti manifestarono la propria reità, perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando meno si attende.
I primi teatri furono dunque i templi, e i sacerdoti i primi declamatori, ed anzi i maestri della prima declamazione. […] [Intro.22] I primi a scrivere fra’ moderni, benché tardi, furono gl’italiani. […] Le prime arti imitative furono quelle, che adoprano tali oggetti imitanti, che mezzi e stromenti dell’arte rispettiva soglion dirsi; perché erano questi i più ovvi ed i più facili a conoscere e mettere in opera. […] E perché tali pause giovassero a un tempo a chi parla ed a chi ascolta, furono regolate acconciamente secondo il senso delle parole. […] Quindi per tal ragione furono alcune volte dette le mani loquacissime e linguacciute le dita.
Egli é però, manifesto a chi fa la storia letteraria, che di tutte le tragedie fu questa fondatrice di Cartagine le italiane composte da Giraldi Cintio e da Lodovico Dolce verso la metà del secolo XVI, furono le primogenite, o per meglio dire, le genitrici.
, le quali sagge idee di Aristofane ebbero luogo in una delle sue commedie, e furono quindi nobilitate dalla natural grazia e leggiadria del gran Metastasio nell’Astrea placata.
O prendeva argomento dalla pubblicazione del suo libretto, per isfogare contro l’autore delle brauure, morto quattr’anni innanzi, padre e suocero innocente, l’odio contro Lelio e Florinda (Giambattista e Virginia Andreini), i quali, come vedremo, furono del Cecchini e della moglie Orsola il vero, continuato tormento ?
Jodel e Ronzard in Francia, invitati dall’esempio degl’Italiani, tentarono di seguirli nella imitazione medesima, ma le loro tragedie furono poco applaudite. […] Chi scorreralle s’avedrà che non pur quelle che da me furono nel primo capo nominate l’hanno alle loro peripezie d’ordinario congiunta, ma le favole doppie ancora. […] Inoltre quegli stessi costumi ch’avevano intenzione di rappresentare non furono nelle loro tragedie dipinti con quel rilievo e con quella vivacità che abbiamo poscia osservato in altre. […] Sei maniere di verseggiare furono ne’ secoli addietro in nostra lingua messe in opera per la tragedia. […] [1.1.4] Le tragedie di Pierre Corneille furono al centro, fin dalle prime rappresentazioni, di un ampio dibattito che vide protagonisti i maggiori letterati del secolo.
In fatti quella città marittima della Tracia era popolata di gente stupida e grossolana per testimonianza di Cicerone, Giovenale e Marziale, sebbene di tempo in tempo non avesse mancato di produrre diversi uomini illustri, quali senza dubbio furono Protagora, Democrito, Anassagora, Ecateo storico, Niceneto poeta ed altri mentovati da Stefano Bizantino alla voce Άβδηρα e da Pietro Bayle nel Dizionario Critico.
Garcia si presenta al re, e gli dimostra che coloro che chiedono la morte di Rachele sono i più leali vassalli, quelli che l’accompagnarono in Palestina, che lo coronarono re di Gerusalemme (Alfonso ben poteva dargli una solenne mentita), che insieme con lui in Alarcos furono terrore degl’ immensi squadroni Affricani.
[2] Alcuni compositori italiani, e non pochi ancora fra i moderni poeti hanno fatto vedere in pratica ciò che la filosofia pronunziava da lungo tempo come certissimo, cioè che le modificazioni del bello sono assai varie, che i fonti del diletto nelle belle lettere e nelle arti non furono dagli antichi pienamente esauriti, che la barbarie dei nostri metodi era capace di dirozzarsi fino ad un certo punto e ringentilirsi, e che da un sistema diverso da quello dei Greci potevano gli sforzi del genio far iscaturire nuove sorgenti di vero, d’intimo, e di non mai sentito piacere.
Garcia si presenta al re, e gli dimostra che coloro che chiedono la morte di Rachele, sono i più leali vassalli, quelli stessi che l’accompagnarono in Palestina, che lo coronarono re di Gerusalemme (Alfonso ben poteva dargli una sollenne mentita) che insieme con lui in Alarcos furono terrore degl’immensi squadroni Affricani.
A che poi Filinto dice che essi furono presi da un corsaro? […] Commedie pur furono benchè di bellezza minore le opere di Pietro Trinchera autore della Vennegna cantata colla musica di Gaetano Latilla nel teatro della Lava, e dell’Abate Collarone cantata nel medesimo teatro colla musica di Domenico Fischetti, che poi dal medesimo autore si rifece per cantarsi in quello de’ Fiorentini nel 1754 col titolo le Chiajese Cantarine colla medesima musica del Fischetti, ma con alcune mutazioni fattevi dal Logroscino.
Anche negli scrittori approvati da questa si ritrovano non pochi modi di favellare che sarebbero scorretti attendendo alle regole, ma che furono poscia autorizzati dal tempo e dalla fama degli autori.
Il cardinal Delfino ed il barone Caracci furono i precursori del rinascimento della tragedia italiana senza esser soggetti alle macchie secentiste. […] Queste due eccellenti tragedie dall’ autore mio antico amico a me affidate, ne’ miei infortunii del 1799 furono in mia casa insieme col mio ms del Sistema Melodrammatico involate da certo commediante fallito (che frequentava in uno degli appartamenti del palazzo dove era la mia abitazione).