Ci avete divertito coll’arte sana, che non ha artifizii di belletti, nè sapori d’assenzio ; ma che sgorga limpida e pura dalla roccia granitica della natura umana ; sempre bella, quando è nuda ; sempre bella anche nel suo lato ridicolo e comico.
Della felicità sorprendente nelle transazioni, e nel passaggio d’un affetto all’altro, della dizione semplicissima e naturale, dell’artifizio che par tutto natura, ne abbiamo un esempio parlante nella Lusinghiera dell’avvocato Nota.
Ma farei peccato veramente se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella mi scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tutta la benignità della sua natura, e con essa tutta la geniale semplicità dell’arte sua : Nata…. nel '52…. brrrr !
L’uomo da per tutto imitatore, da per tutto osserva e contraffà i suoi simili per natura insieme e per suo giocondo trattenimento. […] Qualche negligenza nell’economia scenica manifesta ch’egli attendeva più a colorir vivamente la natura che a consigliarsi coll’ arte. […] La natura del governo Ateniese inspirò a’ siffatti Greci l’ardita antica commedia allegorica.
Tullia non solo calpesta le più sacre leggi della natura ed aspira al regno paterno per immoderata ambizione, ma peggiorandosi nella tragedia la storia stessa, ella spiega la più detestabile avversione contro de’ genitori rinfacciando loro de’ misfatti, ed eccita contro di se tutta l’indignazione di chi legge. […] Ma le forti perturbate passioni della Canace esigevano stile più grave, e la favella della natura più che dell’arte manifesta. […] La gioventù furor della natura. […] Manfredi lo seguì; ma poi la stessa guida illustre lo sedusse; ed in vece di cercare nella natura, e nelle circostanze di Nino il linguaggio di un dolor disperato, seguendo Torquato anche in ciò che in esso si riprende, fa rivolger Nino a parlare al luogo, benchè poi la natura lo riconduce in istrada, e gli sugerisce molti concetti naturali e patetici. […] Ma quella legge che in diamante saldo Scrisse di propria man l’alma natura, Sola può dare e variar gl’imperi.
[2] Di siffatto disordine tre ne furono le vere cagioni: la prima, la natura stessa del maraviglioso, il quale, ove non abbia per fondamento una credenza pubblicamente stabilita dalla religione e dalla storia, non può far a meno che non degeneri in assurdità, perocché l’immaginazione lasciata a se stessa senza la scorta dei sensi o della ragione più non riconosce alcun termine dove fermarsi. […] Sul principio i poeti e i direttori cercarono d’accomodar in qualche riiodo i suddetti intermedi alla natura del dramma, e frapposero quelli di genere boschereccio alle pastorali in musica, i seri al melodramma tragico, e i comici all’opera buffa. […] Ma dall’altra parte i disordini forse maggiori che nascevano dal sostituir invece loro giovinastri venali e sfacciati, ai quali, dopo aver avvilito il proprio sesso coi femminili abbigliamenti, non era troppo difficile il passaggio ad avvilir la natura eziandio; la influenza grande nella società, e maggiore in teatro, che i nostri sistemi di governo permettono alle donne, dal che nasce, che essendo elleno la parte più numerosa e la più pregiata degli spettacoli, cui vuolsi ad ogni modo compiacere, amano di vedere chi rappresenti al vivo in sul teatro i donneschi diritti; l’amore, il quale per cagioni che non sono di questo luogo, è divenuto il carattere dominante del moderno teatro e che non può debitamente esprimersi, né convien che si esprima da altri oggetti, che da quelli fatti dal ciclo per ispirarlo; la ristrettezza de’ nostri teatri picciolissimi a paragon degli antichi, dove la distanza che passa tra gli attori e gli spettatori è tale, che i personaggi non possono agevolmente prendersi in iscambio, e dove troppo è difficile il mantener l’illusione; altre cause insomma facili a scoprirsi dal lettore filosofo costrinsero alla perfine i saggi regolatori delle cose pubbliche ad ammetter le donne sulle scene.
Ma se il Cueva si comporta in quel carattere in tal guisa, che si diparte da ciò che la natura suol mostrare possibile coll’attuarlo talvolta, il Montiano censura giustamente, e il Signor Lampillas ingiustamente se ne querela. […] Un Critico Filosofo presenta una dottrina che rischiara ancora il contenuto ne’ citati versi: “Prima di natura fu la cosa rappresentata, che la cosa rappresentante.... […] Questi subalterni dell’Isabella sono della natura del Generale de’ Giapponesi, il quale esercitando tutti i dritti principeschi, e disponendo del destino del Regno, lascia a un fantasma coronato il nome e le insegne di Sovrano.
Più piacevolezza più forza comica scorgesi nella Mogigata, i cui caratteri, sebbene non tutti nuovi, veggonsi delineati con circostanze proprie a svegliare l’attenzione perchè tratte con garbo dal puro tesoro della natura. […] La favola semplice e verisimile, i caratteri tratti a dirittura dalla natura, i costumi nazionali vivacemente dipinti, un dialogo naturale, schietta urbanità nello stile, vezzi comici senza esagerazione istrionica, ottima morale e facile a praticarsi, sono i pregi che gl’imparzialì non possono negare di riconoscere in questa favola. […] Per natura egli ha lo stile dimesso ed umile assai accomodato a ritrarre, come fece, la plebe di Lavapies e de las Maravillias (contrade di Madrid abitate solo da un popolo minuto insolente) i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidii, i cocchieri ubbriachi e simile gentame che alcuna volta fa ridere e spesso stomacare, e che La Bruyere voleva che si escludesse da ogni buon teatro.
È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia, voce della natura onde siamo avvertiti che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali. […] Niuno al pari di lui possedeva l’arte di scoprire il ridicolo d’ogni oggetto: niuno mosse con più fortuna e destrezza la guerra agl’ impostori: niuno innalzò la poesia comica sino al Misantropo: niuno copiò più al vivo la natura seguendola da per tutto senza lasciarla prima d’ averne raccolti i tratti più rassomiglianti.
Più piacevolezza, più forza comica scorgesi nella Mogigata, i cui caratteri sebbene non tutti nuovi veggonsi delineati con circostanze proprie a svegliare l’attenzione perchè tratte con garbo dal puro tesoro della natura. […] Per natura egli ha lo stile dimesso ed umile assai accomodato a ritrarre, come ha fatto, il popolaccio di Lavapies o de las Maravillas, i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidj, i cocchieri ubbriachi e simile gentame che talvolta fa ridere e spesse volte stomacare, e che La Bruyere voleva che si escludesse da un buon teatro.
Pose sulle nostre ruine il suo trono il governo feodale, polizia fino a quel punto a noi ignota, e per natura poco propizia all’ordine e alla pubblica tranquillità.
Accoppiavansi in esse all’esatta imitazione della natura i voli più bizzarri della fantasia, e si nobilitavano colla poesia più vigorosa, colla morale più sana e colla politica più profonda i soggetti all’apparenza più frivoli e meno interessanti.
Nol so, ma pur con tacita dolcezza ripenso ognor che accompagnar vi piacque con pietosi sospir di Nina amante i soavi delirj, 9e sorrideste all’ ingenua Lucinda,10 a cui natura parlava al cor con più efficace lingua che non facea con le dottrine ingrate e coi prestigi suoi la maga accorta.
Or in un governo di tal natura i capi della repubblica erano ognor potenti e degni di rispetto, e un privato censore non impunemente si sarebbe arrogato il diritto di riprenderli. […] Detestor omnes, horreo, fugio, execror: Sit ratio, sit natura, sit dirus furor Odisse placuit. […] Ogni passo di questa scena mirabile é un quadro prezioso della natura ritratta maestrevolmente. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non son tradite, benché non mostrino di esser animate con que’ colori della natura, che nella Troade e nella Medea annunziano l’uomo d’ingegno e di buon sanno. […] Se si attende all’attività dell’azione, la commedia latina si dividea in stataria e motoria; se si mira alla natura de’ costumi imitati, essa era greca, o sia palliata, e romana, o sia togata, e questa si suddividea in togata propriamente detta, in tabernaria, e atellana.
Il Ferrarese valoroso dipintore della natura, il quale imitò i costumi de’ suoi paesani tre secoli indietro, avea quella freschezza di colorito e quella rassomiglianza agli originali che poteva attendersi dal suo pennello, ma che noi venuti sì tardi più non sappiamo rinvenirvi. […] La natura in quell’animato linguaggio si riconosce, e se ne compiace. […] Egli che pur sapeva si bene inventare e disporre senza altra scorta che la natura, volle non per tanto dare un bell’esempio del modo di trasportare nelle moderne liugue le antiche favole con grazia e con franchezza e vivacità di colorito nelle maniere. […] L’affettazione, il raffinamento, la falsità de’ concetti cominciavano a fare smarrire a’ poeti il sentimento della verità e della natura. […] Dovrebbero i giovani studiosi specchiarsi in simili naturalissimi esempi d’apprendere in questi sentimenti pini di calore e di verità il linguaggio della natura; quel linguaggio che sarà sempre ignoto a certuni che si hanno formato un picciolo frasario preteso filosofico che vogliono applicare in ogni incontro ed in ogni situazione.
Il Ferrarese valoroso dipintore della natura, il quale imitò i costumi de’ suoi paesani tre secoli indietro, avea quella freschezza di colorito e quella rassomiglianza agli originali che poteva attendersi dal suo pennello, ma che noi venuti sì tardi più non sappiamo rinvenirci. […] La natura in quell’animato linguaggio si riconosce, e se ne compiace. […] Il pudore poi richiesto ne’ moderni colti teatri vuol che si schivino gli amorazzi di Fulvia; come altresì le scene equivoche della natura di quella di Samia chiusa con Luscio119; poichè quivi il Dovizio imita anzi l’oscenità di qualche passo della Lisistrata di Aristofane, che la piacevolezza di Plauto. […] Egli che pur sapeva sì bene inventare e disporre senza altra scorta che la natura, volle non per tanto dare un bell’ esempio del modo di trasportare nelle moderne lingue le antiche favole con grazia e con franchezza e vivacità di colorito nelle maniere. […] L’ affettazione, il raffinamento, la falsità de’ concetti cominciavano a fare smarrire a’ poeti il sentiero della verità e della natura.
È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia , voce della natura onde siamo avvertiti, che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali. […] Niuno al pari di lui possedeva l’arte di scoprire il ridicolo di ogni oggetto: niuno mosse con più fortuna e destrezza la guerra agl’impostori: niuno innalzò la poesia comica sino al Misantropo: niuno copiò più al vivo la natura seguendola dapertutto senza lasciarla se non dopo di averne raccolti i tratti più rassomiglianti.
A lui dedicò Iacopo Ferretti il seguente sonetto : Non io perchè de’tuoi sublimi accenti il regolato suon, che non sa d’arte, e giugne al cuor come dal cuor si parte, interrompono ognor plausi frementi ; non perchè ne’tuoi muti atti eloquenti i pensier leggo come scritti in carte, nè perchè in vario mar sciogli le sarte, stupor perenne alle addensate genti ; ma perchè di natura alcuno hai vanto con brevi cenni, e semplici parole trar da ciglio Roman stille di pianto, dirò, che Roma al tuo partir si duole, e quelle stille su i tuoi lauri intanto saran gemme del Gange ai rai del sole. […] Torino, Paravia, 1826) : A Giovanni Boccomini fu genorosa natura ; di bella figura, di voce sonora, di avvenente aspetto ; quasi sempre applaudito, soventi volte encomiato, oltre le qualità fisiche possiede un tatto giusto e perfetta cognizione degli spettatori con che ha a fare.
Dall’altra parte le contese di tal natura a che finalmente si riducono?
Egli non conobbe l’arte, e ritrasse vigorosamente la natura.
Dice Goldoni : Questa commedia ebbe un bastante incontro, quantunque fosse fatta per averne uno maggiore ; ma Madama Bresciani, che di sua natura era capricciosa un poco ancor essa, credette di vedersi ella stessa rappresentata, e l’umor suo cattivo indeboli la buona riuscita della commedia.
Né solamente l’estetico di tali facultà, ma quello ancora della natura prende origine dalla simmetria. […] Chi ha meditato sulla natura dello spirito, non dubiterà di paradosso nelle nostre parole. Infatti, se la natura dell’anima umana consiste nello sforzo di produrre una non interrotta serie d’idee, come i più profondi filosofi hanno insegnato, a un tal essere qual altro piacere può convenire che l’appercezione, l’accorgimento d’un’ idea che gliene prometta una serie d’altre, e così l’aiuti a secondare la propria natura? […] È nondimeno di tal natura sì fatto piacere, ch’esso non può nell’animo nostro esser prodotto che da un oggetto reale. […] La qual disposizione non è già che presenti una novella simmetria, ma solo rende più discernevole e più manifesta quella che dalla natura ebbe il nostro corpo.
Ma lasciate che la poesia cooperi con la musica e specifichi la natura di ogni impressione particolare, non siamo più in perdita; riconosciamo l’accordo del suono con l’idea, e le impressioni generali diventano indicazioni specifiche dei modi e delle passioni»; Daniel Webb, Remarks on the Beauties of Poetry, London, R. and J. […] Nota alla nota d’autore n. 13: «Uno dei nostri grandi artisti, tale che chiunque abbia visto le sue opere non potrà sospettare di ignorare la bellezza della natura, ha rinunciato agli spettacoli che noi chiamiamo seri e che lui non nomina allo stesso modo; il modo ridicolo con cui sono vestiti dei ed eroi, con cui agiscono e parlano sconvolge tutte le idee che si era fatto; non vi ritrova quegli dei ed eroi ai quali il suo pennello conferisce tanta nobiltà e spirito e si è ridotto a ricrearsi con gli spettacoli farseschi, le cui scene burlesche prive di pretese non lasciano nella sua testa alcuna traccia nociva»; Jean Le Rond d’Alembert, De la liberté de la musique (1751), art.
Ma questo difetto e qualche altro che possa notarsi in questo dramma, faranno si che ne venga a perdere la natura drammatica? […] E chi allora metterebbe più in confronto una ventunesima parte di una novella in dialogo come la Celestina (che ebbe nel secolo vegnente per altra mano il componimento e mai non si rappresentò nè per rappresentare si scrisse) a tanti per propria natura veri drammi Italiani rappresentati con plauso e per tali riconosciuti, cioè alla Catinia, al Cefalo, al Gaudio d’amore, alla Panfila, ai Menecmi, all’Anfitrione, alla Casina, alla Mostellaria, all’Amicizia, al Timone?
E chi allora metterebbe più in confronto una ventunesima parte di una novella in dialogo, che ebbe nel secolo vegnente per altra mano il compimento e mai non si rappresentò, a tanti per propria natura veri drammi Italiani, rappresentati con plauso e per tali riconosciuti, cioè alla Catinia, al Cefalo, al Gaudio d’amore, alla Panfila, ai Menecmi, all’Anfitrione, alla Casina, alla Mostellaria, all’Amicizia, al Timone? […] Ma questo difetto e qualche altro che possa notarsi in questo dramma, faranno sì che ne venga a perdere la natura di dramma?
Il Niccolini le dice : la natura vi ha privilegiata di mente arguta, d’animo forte e gentile : e non conosco chi abbia più dottrina e sentimento di quello ch’è bello. […] Di natura estremamente sensibile e nervosa, s’immedesimava tanto perfettamente nel personaggio da lei rappresentato, fosse esso comico, drammatico o tragico, da far provare allo spettatore le stesse impressioni da lei esuberantemente sentite.
Buon per noi se i nostri attori avessero ugualmente studiato il recitare del Nicolini e della Tesi: allora cioè che andavano significando a quel modo che la natura detta, e non quando divennero, per voler troppo gradire, smaniosi, e diedero nella caricatura.
Sei pur bella, o natura, quando i pedanti non ti rassettano!
Sei pur bella, o natura, quando i pedanti non ti rassettano!
a PELLEGRINO BLANES nella tragica arte insigne perfetto di natura imitatore nel rappresentare oreste, aristodemo, cincinnato valentissimo, egregio, ammirabile SONETTO E alfin la prisca glorïosa traccia Ricalca, e a noi Melpomene sorride E funeste, tremende, parricide Opre pingendo di terror ne agghiaccia.
L'artista più generico del nostro tempo, che fa pensare nella spontaneità maravigliosa, e nella prodigiosa multiformità, a' più grandi attori della Commedia dell’arte, i quali, recitando e le buffonate e la tragedia, eran capaci di rendere le idee più alte de' poeti drammatici, e d’imitar le più straordinariamente ridicole della natura (V.
E pur troppo vi mancò : la commedia improvvisa coi suoi arlecchini, co' suoi brighella, co'suoi pantaloni, imperava sovrana, e Riccoboni, che non aveva avuto dalla natura il genio di opporre a quella una produzione nuova, destinata a migliorare gradatamente il corrotto gusto del pubblico, dovette soccombere.
Ma la natura ha bisogno di riposo dopo aver prodotto un ingegno raro. […] Lo stile del Romolo si risente più della precedente del difetto generale delle tragedie francesi, cioè vi si scorge più copia delle stesse espressioni poetiche solite a praticarsi da’ Francesi e più lontane dalla natura. […] Egli punto non era reo, avendo soltanto seguito la natura e il suo dovere”. […] Se Belloy per natura e per istudio fosse stato disposto alla tragedia, non avrebbe cercato di approfittarsi di questo tratto istorico proprio del coturno narrato da un suo nazionale?
La passione rarissime volte rende generali l’idee, e la natura si spiega con più semplicità. […] Il piano é disegnato con pratica e accorgimento: l’azione semplice interessa divertisce: i caratteri vi son dipinti con colori vivacissimi: i sali sono tutti urbani e piacevoli: lo stile elegante, e spiritoso, ma senza che ne apparisca lo studio, e senza che si tradisca la natura: é finalmente la versificazione armoniosa e dilettevole per quanto comporta la monotonia del verso alessandrino. […] I pag. 266 seqq. e ne’ tre Secoli letterari de’ francesi238, perché il tenero dee far molti passi prima di pervenire al tragico, e la commedia può bene aver le sue lagrime senza cangiar natura.
Osserviamo intanto in generale che l’emulazione de’ poeti, la natura del governo e la prosperità stessa della repubblica Ateniese diedero a questo genere di commedia i pregi e i vizj che la caratterizzano. […] Accoppiavansi in esse alla esatta imitazione della natura i voli più bizzarri della fantasia e si nobilitavano colla più vigorosa poesia, colla morale più sana e colla politica più profonda i soggetti all’apparenza i più frivoli e meno interessanti. […] Ibico, Anacreonte Tejo ed Alceo versatissimi nella musica portavano creste femminili e ballavano alla Jonica; e Frinocoo che appariscente e vago era, vestiva leggiadramente; la natura fruttifica secondo i semi. […] Ma non tollerando il governo di veder delusa la sua speranza di correggere la mordacità de’ poeti, vietò il far uso in qualunque modo di soggetti veri, e impose silenzio al coro incapace di cambiar natura (Nota XXIII). […] La natura non produce una per volta le parti di una pianta, ma tutte in picciolo le racchiude nel germe che prende posciaa disviluppare e nutrire.
La Nitteti del Cesareo poeta Romano, in cui il viluppo interessante, e le patetiche situazioni vengono arricchite da maravigliose decorazioni tutte ricavate dalla natura, su espressamente composta pel teatro ispano a richiesta del suo amico Farinelli.
L’ardire e la franchezza, colla quale i Francesi (parlo per sinecdoche) soglion discorrere, giudicare e scrivere della letteratura forestiera, ch’essi poco o nulla conoscono, è un dono particolare, che la natura ha conceduto loro solamente.
Gli abitanti di quella penisola per natura d’ingegno acre, vivo, perspicace ed atto ad ogni impresa, possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa, e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere tosto che ne’ buoni esemplari additata lor si fosse quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. Una lingua nascente non sempre imbatte alla prima a scegliere la versificazione più armonica e più acconcia a ricevere le forme leggiadre che gli antichi seppero ricavar dalla bella natura. […] Luigi di Gongora e Argote cordovese nato nel 1561 e morto nel 1627 sortì dalla natura vivacità, robustezza, energia, ma nella lirica battè il sentiero delle stravaganze, dipartendosi dalla gentilezza e verità seguita da Garcilasso ed Argensola. […] Sono, è vero, i suoi ritratti per lo più manierati e poco somiglianti agli originali che ci presenta la natura; ma non si allontanano molto dalle opinioni dominanti a’ giorni suoi. […] I miei leggitori vedranno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqual, col quale s’indirizza all’autore della natura, perchè ne manifesta il carattere.
Gli abitatori delle felici contrade di quella penisola dotati per natura d’ingegno acre, vivo, pespicace ed atto ad ogni impresa, e possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere, tosto che ne’ buoni esemplari fosse loro additata quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. Una lingua nascente non sempre imbatte alla prima a scegliere la versificazione più armonica e più acconcia a ricever le forme leggiadre che gli antichi seppero ricavar dalla bella natura. […] Luigi di Gongora e Argote Cordovese nato nel 1561 e morto nel 1627 sortì dalla natura vivacità, robustezza, energia, ma nella lirica battè il sentiero delle stranezze, dipartendosi dalla gentilezza e verità di Garcilasso e degli Argensola101. […] Sono, è vero, i suoi ritratti per lo più manierati e poco rassomiglianti agli originali che ci presenta la natura; ma non si allontanano molto dalle opinioni dominanti a’ giorni suoi. […] I miei leggitori vedranno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqual con cui s’indirizza all’autore della natura, perchè ne manifesta il carattere: Arbitro di natura, alto sovrano Della terra e del ciel, quali non debbo Grazie alla tua pietà, che di tai doni Sì mi colmasti, che quanto si scopre Dalla vicina rupe a quella valle Che di alte olive sì folta verdeggia, Tutto a me serve!
Seder vicino a qualche anima cara, E serrarle la mano, e in quei veloci Moti del tempo ripigliar la fede Della vergin natura, e via dal volto Questa larva strapparsi e dire al mondo Sei vil, sei vile, sette volte vile…. — Oh questa gioia procellosa immensa Non puoi darla nè torla, avara terra !
Padre mi fe’ natura in cinque giri Pieni del sol di quattro figli à cui Posi tanto devuto amor paterno, Ch’altr’uom non è (cred’io) ch’egual sospiri.
Si sa dal Bartoli, suo contemporaneo, ch’ella aveva una graziosa figura, una retta pronunzia, una voce flessibile, ed affettuosa, che penetrava e invadeva l’animo degli attenti spettatori…… La dolcezza della fisonomia e degli espressivi e significanti suoi sguardi, or dimostranti allegrezza, ora dolore, ora un affetto intenso ed amoroso, erano in lei quei doni a pochissime Comiche dalla natura e più dall’arte concessi.
Una casa dove la natura vivi fa che habitemo in soffita, e morti la ne manda in magazen sotto terra.
Col tempo si riparano le rovine, gli edificj si rialzano, ripopolansi i paesi, quando il nuovo signore lascia intatti i costumi, e molto non altera la natura del governo. […] Alzò sulle nostre rovine il suo trono il governo feudale, tremenda polizia sino a quel punto a noi ignota e per natura poco propizia all’ordine e alla pubblica tranquillità.
Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia.
Piace, & è di molto diletto questa nobilissima parte quando vien però leggiadramente trattata da personaggio habile di vita, gratioso di gesto, intonante di voce, vestito bizzaro, e tutto composto di strauaganze, il quale poi si eserciti in parole, benche di lor natura impossibili, tuttauia credibili da chi abbandona la mente nel vasto delle glorie come sarebbe il dire : « Quando che il Turco seppe il mio arriuo al Campo sotto Buda, non osò mai di uscir dalle tende entro le quali non si teneua meno sicuro sin tanto, ch’egli non seppe ch’io haueua lasciato la mia spada in Vienna per farli un fodro della pelle di Suliman Sultan. […] « Non è pur anche cessato il corso del sangue, ch’ io mandai per tributo al Danubio l’anno che quasi distrussi la setta maometana con quel brando, ch’io cinsi poi a Carlo quinto, quando che Trionfante entrò in Tunisi. » Queste sono tutte cose da non credersi, ma si ben à da comportar, che le credino quelli, che sono auuezzi andar il transito per la mente a questi ridicolosi fantasmi, i quali non sono totalmente improprij a chi esercita la natura nell’ impossibilità dell’ imprese. […] Sarebbe facil’il ridur questa parte sotto la benignità dei miei auuisi, ma mi rende alquanto di dubio la frequenza dell’uso di tanti, che l’hanno rappresentata lontana dal mio parere, onde ridotto in natura il costume parebbe loro fuori del naturale ogn’altro modo, & fuori del buon camino ogn’ altro sentiero, che calcassero, & tenessero.
Ciò potrebbe con verisimiglianza accadere proferendo due o tre parole; ma la natura presenta ragionevolmente l’equivoco del Montiano in una narrazione che non si faccia con gli occhi chiusi? […] La censura del Napoli-Signorelli (dice il difensore) suppone pochissima riflessione sulla natura del poema epico e della tragedia . […] Lo spirito umano nella mescolanza delle tinte e de’ suoni non meno che nella moltiplicità mal graduata delle stragi rimane, diciam così, ottuso, rintuzzato, privo di sensibilità; là dove la tragedia esige energia ed elasticità per eccitar la commiserazione e conservar la sua natura, e non convertirsi in flebili nenie elegiache, in lugubri epicedii. […] Ma il carattere di Alfonso nella favola francese è di un padre sensibile che ama il valore del figliuolo, benchè sia disposto a punirlo, nè il poeta Cesareo ha calcato diverso sentiero nel Demofoonte; là dove il Colomès fa nascere perturbazioni meno tragiche col formare il suo Alfonso severissimo per natura, poco sensibile agli affetti di padre, e prevenuto contro del figliuolo.
Il Vestri, senza tante parrucche, dava un’acconciata alle poche ciocche de’suoi capelli, e usciva dalle quinte con fisonomia, con voce, con modi talmente ottemperati al suo personaggio, ch’ei poteva rappresentare tutta quanta la umanità, e nelle parti promiscue, ove la natura umana è dipinta come è realmente, faceva piangere e ridere al tempo stesso, come ebbe a dire anche il Byron.
Prima fra le regine, ha ricevuto dalla natura tutti i doni necessarj all’arte sua.
Ma la natura ha bisogno di riposo dopo di aver prodotto un ingegno raro. […] Lo stile nel Romolo si risente più che nella precedente del difetto generale delle tragedie francesi, cioè vi si scorge maggior copia delle stesse espressioni poetiche solite ad usarsi da’ Francesi, e più lontane dalla natura. […] Egli punto non era reo, avendo soltanto seguito la natura ed il suo dovere.» […] Se il Belloy per natura, e per istudio fosse stato disposto alla tragedia, non avrebbe cercato di approfittarsi di questo tratto istorico proprio del coturno narrato da un suo nazionale?
Il leggitore si dispone agli eventi di Lovemore, a quelli di sir Constant, a quelli di madama Belmour; ma pur ne risulta uno scioglimento non infelice, benché non sia della natura di quelli che mettono con un sol colpo tutte le cose nella necessaria chiarezza. […] Quando l’arte si mostra più della natura, lo spettatore si sovviene dell’autore, lo vede passeggiar tra gli attori, riflette alla realità, e svanisce ogni illusione.
Col tempo si riparano le rovine, gli edifizii si rialzano, si ripopolano i paesi, quando il nuovo signore lascia intatti i costumi, e molto non altera la natura o la costituzione del governo. […] Alzò sulle nostre ruine il suo trono il governo feudale, tremenda polizia sino a quel punto a noi ignota e per propria natura poco propizia all’ordine e alla pubblica tranquillità.
Costoro, benchè di Greche e Latine lettere sforniti fossero, pure colle sole disposizioni vantaggiose che avean dalla natura e dal clima, poetavano per solo desio d’onore, e per genio, nella lingua Provenzale, lingua, al dir del dottissimo Provenzale Abate Arnaud, che coltivata, dopo l’estinzione della latina, da anime ugualmente vivaci e tenere, divenne quella di tutte le corti dotte e polite dell’Europa.
Il primo nell’atto IV dopo aver deliberata la morte del suo gran figlio sente la natura che pugna colla barbarie e col sospetto. […] Di natura e d’amor ambo possenti Leggi che a’ danni miei tutte vi unite, Perchè appunto tra voi sì opposte siete? […] L’illusione manca del necessario soccorso delle proprietà indispensabili che accompagnano i troni; e si vede inverisimilmente una reggia per natura popolata abbandonata a uno e a due attori che vengono a tramare una congiura quasi al cospetto del tiranno. […] L’eroismo trionfa in Timoleone senza tradir la natura, e l’oppressore stesso punito si rende compassionevole ed ammaestra col morir meglio che non visse. […] È ciò in natura, si dirà colle parole del Voltaire; ma noi siamo persuasi che l’arte dee scegliere fra gli eventi naturali quelli che non distruggono un disegno dell’artista con un altro opposto.
Con qualche passo di più forse l’ultimo di essi l’avrebbe condotta a quel grado di prefezione, in cui le arti, come ben dice Aristotile, si posano ed hanno la loro natura.
Se si attenda all’attività dell’azione, la commedia latina divideasi in motoria e stataria; se si miri alla natura de’ costumi imitati, essa era palliata, ossia greca, o togata, ossia romana; e quest’ultima dividevasi in togata propriamente detta, in tabernaria, ed in Atellana.
Se si attende all’attività dell’azione, la commedia latina dividevasi in motoria e stataria: se si mira alla natura de’ costumi imitati, essa era palliata, ossia greca, e togata, ossia Romana; e quest’ultima suddividevasi in togata propriamente detta, in tabernaria, e in Atellana.
Qualche oltramontano poi pieno d’acquistata gonfiezza, ch’ei prende per sublime, mirerà con occhio di pietà quella semplice dipintura della natura che Trissino avea appresa da’ tragici greci. […] Simili inciviltà e giudizi stravaganti obbligano talvolta gli scrittori italiani a ripigliare i francesi con certa asprezza che costa molta pena a i nostri, i quali per natura e per riflessione sono urbani e discreti.
Esse o non esistono, e se ne ignora perciò la natura, o non sono certamente tragedie rigorose più delle sei del Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri, e delle commedie del Castro pubblicate in Valenza nel 1621a. […] Nella prima, ei dice, si trasgrediscono le regole delle unità: nella seconda si pecca contro il verisimile: nella terza le azioni principali sono due: nell’ultima è fantastico e fuor di natura il carattere del protagonista. […] Se avesse prodotto il gran Prologo mentre io vi dimorava, avrei potuto disingannarlo, presentandogli molte prefazioni, approvazioni a’ libri ed altri papelillos di simil natura, dove ciò si asseriva.
La censura del Signorelli (dice il difensore) suppone pochissima riflessione sulla natura del poema epico e della tragedia. […] Lo spirito umano nella mescolanza delle tinte e de’ suoni non meno che nella moltiplicità mal graduata delle stragi rimane, diciam così, ottuso, rintuzzato, privo di sensibilità; là dove la tragedia esige energia ed elasticità per eccitar la commiserazione e conservar la sua natura e non convertirsi in flebile elegia o lugubre epicedio. […] Ma il carattere di Alfonso nella favola francese è di un padre sensibile che ama il valore del figliuolo, benchè sia disposto a punirlo, nè il Poeta Cesareo ha calcato diverso sentiero nel Demofoonte; là dove il Colomès fa nascere perturbazioni meno tragiche col formare il suo Alfonso severissimo per natura, poco sensibile agli affetti di padre e prevenuto contro del figlio.
Oltre al non esservi natura in questo modo di esprimersi sulla scena, scorgesi in tal sentenza una falsità più propria del secolo XVII., dando corpo a’ gemiti e asserendo che non possono capire nell’atmosfera.
Come entrano questi dentro a una città, subito col tamburo si fa sapere che i Signori Comici tali sono arrivati, andando la Signora vestita da uomo con la spada in mano a fare la rassegna, e s’invita il popolo a una comedia, o tragedia, o pastorale in palazzo, o all’osteria del Pellegrino, ove la plebe desiosa di cose nuove, e curiosa per sua natura subito s’affretta occupare la stanza, e si passa per mezzo di gazzette dentro alla sala preparata ; e qui si trova un palco posticcio : una Scena dipinta col carbone senza un giudizio al mondo ; s’ode un concerto antecedente d’Asini, e Galauroni (garavloni) ; si sente un prologo da Cerretano, un tono goffo, come quello di fra Stoppino ; atti rincrescevoli come il mal’anno ; intermedij da mille forche ; un Magnifico (pag. 180) che non vale un bezzo ; un zanni, che pare un’oca ; un Gratiano, che caca le parole, una ruffiana insulsa e scioccherella ; un innamorato che stroppia le braccia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle parole toscane a ogni tratto ; un Burattino (pagg. 181, 183), che non sa far altro gesto, che quello del berettino, che si mette in capo ; una Signora sopra tutto orca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, ch’ha perpetua inimicizia con le grazie, e tiene con la bellezza diferenza capitale.
Notabile nell’ atto IV è il discorso di Solimano dopo di aver deliberata la morte del suo gran figlio ; vi si mostra a maraviglia in qual guisa laceri il suo cuore il sentimento della natura che pugna colla barbarie ed il sospetto. […] Di natura ed amor ambo possenti Leggi che a’danni miei tutte vi unite Perchè appunto tra voi sì opposte siete ; Quale debbo io seguir ? […] L’eroismo trionfa in Timoleone senza tradir la natura, e l’ oppressore stesso punito si rende compassionevole, ed ammaestra col morir meglio che non visse. […] oh natura ! […] … Aizzarvi contro Tutti i re, tutti i popoli, nemici Farvi i soggetti, gli alleati, e s’ anco Possibil fosse, la natura e il cielo.
La Nitteti del Cesareo Poeta Romano, in cui l’intrigo interessante e le situazioni patetiche vengono arricchite da maravigliose decorazioni ma tutte ricavate dalla natura, fu espressamente composta per tale teatro a richiesta del suo amico Farinelli.
Se riflettasi allo stile, alla versificazione, alla maniera di colorire priva di quella felicità di pennello onde si ritrae al vivo la natura, il componimento pare uscito da penna indigesta, giovanile, e poco esercitata. […] Oh natura! […] Non è nè tragedia, nè commedia, e porta il nuovo titolo di fisedia, cioè canto della natura ristretta agli uomini. […] Nel Ladislao il Pepoli si serve della prosa e del verso a norma delle circostanze e della natura, giusta la legge VI: e tutte le favole inglesi di Shakespear, Otwai, Dryden ecc. osservano la medesima legge. […] Vi si rilevano comicamente le ridicolezze di coloro che vogliono dare ad intendere di studiare per dieci o dodici anni la natura de’ ragni e de’ gatti.
Imitinsi questi venerabili maestri nella grande arte che ebbero di ritrarre quasi sempre al vivo la natura; sieguansi con critica e sagacità ne’ generi da essi maneggiati, ma non si escluda tutto ciò che dopo di essi può l’umano ingegno inventare con la scorta degli eterni principii della poetica ragione superiori sempre alla pedanteria scrupolosa.
Imitiamo questi nostri maestri nella grande arte ch’essi ebbero di ritrarre al vivo la natura; seguiamoli con critica e giudizio ne i generi da essi maneggiati: ma non escludiamo tutto ciò che dopo di essi può l’ingegno umano inventare colla scorta degli eterni principj della poetica superiori alla scrupolosa pedanteria.
( Nota IV ) In quel secolo per la Francia fortunatissimo forse la poesia francese pervenne alla possibile venustà per le favole di Racine e per li componimenti di Boileau; ma il drammatico ebbe sopra il legislatore di quel Parnasso il vantaggio del raro dono della grazia, che la natura concede a’ suoi più cari allievi, agli Apelli, ai Raffaelli, ai Correggi, ai Pergolesi, ai Racini, ai Metastasii.
Sotto a quegli archi, che un bel nero oscuro le due degli occhi suoi serene stelle luce porgean più rilucente e pura che dal nascente Sol l’auree fiammelle ; tali, mentre emulò l’alma natura, pinse all’ eterna Dea l’antico Apelle ; l’antica Dea che pur tra queste sponde, genitrice d’amor, produsser l’onde.
Esse o non esistono, e perciò se ne ignora la natura, o certamente non sono rigorose tragedie più delle sei del Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri, e delle commedie del Castro pubblicate in Valenza nel 162154. […] Nella prima, ei dice, si trasgrediscono le regole delle unità: nella seconda si pecca contro il verisimile: nella terza le azioni principali sono due: nell’ultima è fantastico e fuor della natura il carattere del protagonista.
L’Italia che ad esempio di Alcide cercò sempre l’onore nelle difficoltà, poichè ebbe colti i primi e più sublimi allori nell’erudizione e nell’eloquenza oratoria e poetica e nel formarsi un teatro regolare e ingegnoso, aspirò a più sudata gloria, e contemplando il mirabile edificio della natura volle investigarne il magistero cessando di fantasticare.
Conoschino adunque la differenza de gl’ huomini, et anche la natura de’ casi che maneggiano, che al sicuro comprenderanno non esser tutt’ uno il trattar con diuerso, che la loro qualità non sia tutt’ una, secondo gl’ accidenti, che succedono debbono caminar la scena con l’ istesso ordine, che scorrono il mondo.
L’Italia che sulle tracce di Alcide cerco sempre l’onore nel superar le difficoltà, poichè ebbe colti. i primi e più sublimi allori nell’erudizione e nell’eloquenza oratoria e poetica e nel formarsi un teatro regolare e ingegnoso, aspirò a più sudata gloria, e contemplando il mirabile edificio della natura volle investigarne il magistero cessando di fantasticare.
In quel secolo per la Francia fortunatissimo forse la poesia francese pervenne alla possibile venustà per le favole del Racine e pe’ componimenti del Boileau; ma il drammatico scrittore ebbe sul legislatore del Parnasso Francese il vantaggio del raro dono della grazia, che la natura concede a’ suoi più cari allievi, agli Apelli, a i Raffaelli, a i Correggi, a i Pergolesi, a i Racini, a i Metastasii.
Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi ascoltando i consigli suggeriti dal buongusto. […] I pedanti orgogliosi, i quali appresero l’antica letteratura soltanto nelle scuole fanciullesche, e vogliono indi gludicarne canuti dalle idee elementari che ivi ne ricevettero, imparino dall’argomento di questa commedia, che gli antichi comici molte altre invenzioni avranno immaginate assai diverse da quelle che leggiamo nelle reliquie de’ loro scritti a noi pervenute; e cessino dal dettar pettoruti in tuono di oracolo aforismi generali che contraddicono all’ imitazione dell’immensa natura, e circoscrivono angustamente la poesia comica, ristrignendola a’ soli raggiri servili, a intrighi meretricii e ad una elocuzione bassa e triviale.
Ma replica Miside, perchè non avvisarmelo, hem prædiceres; e Davo ripiglia egregiamente: Paullum interesse censes, ex animo omnia, Ut fert natura, facias, an de industria? Ecco il bellissimo pensiero del poeta di far parlar la natura; ed accennarle qualche cosa di soppiatto, come pretendeva Farnabio, avrebbe ripugnato a tal disegno.
Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi, ascoltando i consigli del buon gusto. […] I pedanti orgogliosi i quali appresero l’antica letteratura soltanto nelle scuole fanciullesche, e vogliono indi giudicarne canuti dalle idee elementari che ivi ne ricevettero; imparino dall’argomento di questa commedia, che gli antichi Comici molte altre invenzioni avranno immaginate assai diverse da quelle che leggiamo nelle reliquie de’ loro scritti a noi pervenute, e cessino dal dettar pettoruti in tuono di oracolo aforismi generali che contraddicono dell’imitazione dell’immensa natura, circoscrivono angustamente la poesia comica, ristringendola ai soli raggiri servili, ad intrighi meretricii e ad una elocuzione bassa e triviale. l pedanti senza filosofia sono i selvaggi dell’orbe lettarario: altro non ostentano che spalle nude, armi di legno e presunzione senza modo.
Ma replica Miside, perchè non avvisarmene, hem praediceres , e Davo ripiglia egregiamente, Paullum interesse censes, ex animo omnia, Ut fert natura, facias, an de industria? Ecco il bellissimo pensiero del Poeta di far parlar la natura, ed accennarle qualche cosa di soppiatto, come pretendeva Farnabio, avrebbe ripugnalo a sì bel disegno.