Con alcuni avanzi – aggiunge il Bartoli – da lei fatti nel mestiere, e con l’assistenza del fratel suo (Francesco Catroli, comico anch’esso) potè circa dieci anni sono (1772) abbandonare del tutto il teatro, e vivere a sè stessa ritirata in un angolo della città di Venezia segregata sino al dì d’oggi dal commercio, non solo de’ comici, ma quasi interamente del mondo.
Anche di lei Carlo Gozzi fa menzione nel citato canto ditirambico : Sieda ancor la Beatrice, che de' Sacchi accresce il novero, perchè il mondo mai sia povero, frutta di cotal radice.
La quale facoltà diviene in lui così dominante che qualora gli manchino oggetti reali su cui esercitarsi, s’inoltra persin nel mondo delle astrazioni a fine di trovarvi pascolo. […] A questo fine era lor d’uopo farsi creder dal volgo superiori agli altri nella scienza e nella possanza, ritrovando una tal arte che supponesse una segreta comunicazione tra il mondo invisibile e il nostro, e della quale essi ne fossero esclusivamente i possessori. […] Lasciando alle stolide menti del volgo il mondo vero e reale qual era uscito dalle mani del Creatore, comparve nei libri di que’ metafisici non diversi in ciò dai poeti un altro universo fantastico pieno di emanazioni, e d’influssi celesti, di nature intermedie, d’idoli, di demoni, di geni, di silfi e di gnomi, vocaboli inventati da loro per sostituirli nella spiegazione delle cose naturali alle qualità occulte de’ peripatetici, da cui volevano ad ogni modo scostarsi. […] Tutto il romanzo non è che una scuola, dove gli uomini di mondo possono imparare le arti più studiate e più fine, onde gabbar le fanciulle ben educate. […] Sembra ch’egli, scrivendo il suo romanzo, abbia avuto in vista piuttosto il mondo di Platone che il nostro.
La moglie Teodora, tornata da Parigi, continuò a recitare, divisa dal buon marito, il quale, pover’uomo, nell’articolo che la concerne, le ricordava con semplicità non mai intesa, « che l’onestà è un pregio stimabile, che il marito non deve trascurarsi, che le vanità del mondo sono fugaci, e che la moglie onorata ama il Consorte, nelle disgrazie il solleva, e nol rende avvilito tra le dicerie del volgo, potendo colla di lui cooperazione esser anch’egli d’efficace sostegno alla propria famiglia. […] Al mondo è nato il Truffaldin per sparger allegria nel core anco più tetro, ed angustiato.
Ricoveratosi a Venezia, si fece maestro di recitazione, finchè, vinto dagli anni e dai fastidi, abbandonò il mondo la mattina del 9 febbraio 1898.
Il busto bene formato e sviluppato era sorretto da un pajo di gambette ad arco, che si movevan a salti, a guizzi su la scena nel più buffo modo del mondo.
Allorchè le cicale non son stanche di sciattare i bimmolli in fogge strane, quando del Diacciatina sulle panche si ganzan di sorbetti le sottane ; il giorno, in cui tra loro uniti stanno di Cecco e Beco i venerandi figli, cosa, che segue un par di volte l’anno : nel secol d’ora, in la Città de'Gigli, gli anni, che con più sei cinquanta fanno, nacque al mondo Domenico Somigli.
Secondo la leggenda del palcoscenico, il Vedova fu il più ignorante uomo del mondo ; e si vuole che un giorno (già da tempo era impensierito per la scelta della beneficiata) si recasse alla prova con un libro sotto al braccio, sclamando : l’ho trovada, l’ho trovada, un po'lungheta, ma tagiaremo.
Roma nutrice di eroi, donna del mondo, Roma non è più! […] “Ah (dice Comala) altri esser non può che il nemico di Comala, il barbaro figlio del re del mondo . . . […] Approfittati del mio esempio e ricordati di questa lezione: osserva il mondo e sii malvagio e felice; addio”. […] Questo tesoro discaccerebbe da questa casa l’orrore che vi regna; ci vendicherebbe del disprezzo ingiurioso e della pietà più ingiuriosa ancora del mondo insolente”. […] I Costumi del mondo grande è un’ altra commedia di Garrick, in cui non si dipinge fuori della natura, ma si vede l’indole licenziosa del teatro Inglese.
L’appetito, il peccato, peggio, una rosa, un cedro, il mondo son personificati negli auti. In quello intitolato gli Ordini Militari Cristo viene a domandar la croce al mondo, e questo personaggio per concedergliela richiede il parere di Mosé, Giobbe, Davide, e Geremia; questi consiglieri affermano che la merita per lo quarto del padre, e ’l mondo dà la croce a Cristo, confessando che non l’ha finora concessa a veruno se non per onore. Nel Laberinto del Mondo l’innocenza rappresentata dalla Graciosa che corrisponde alle nostre buffe e servette, avanti a Theos ch’é Gesù Cristo venuto su di una nave a redimere il mondo, dice del mare: … Por mi cuenta he hallado, Que no es gracioso el mar, aunque es salado Mas fuera dicha suma, Que el chocolate hiciera tanta espuma; il che pruova una grande antichità del cioccolato.
Ma colpito da febbri malariche, morì in quell’anno a Bologna, proprio il giorno, in cui la compagnia da lui organizzata salpava pel nuovo mondo.
Non crediamo adunque in conto veruno, che i pochi monumenti teatrali incontrativi abbiano preceduto a quelli del vecchio mondo, che noi teniamo per molto più antico dell’americano. […] Dopo l’invasione degli europei nel nuovo mondo, quando essi considerandolo come posto nello stato di natura, supposto d’aver diritto ad occuparlo e saccheggiarlo, senza por mente alla ragione degl’indigeni che ne avevano antecedentemente acquistata la proprietà, dopo, dico, l’epoca della desolazione di sì gran parte della terra, le razze africane, americane, ed europee, più o meno nere, bianche, ed olivastre, confuse, mescolate, e riprodotte con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa dell’antica, distrutta alla giornata da tante cause fisiche e morali, la quale partecipa delle antiche origini nel tempo stesso che tanto da esse si allontana.
Colombina al pari di Arlecchino, ha generato un mondo di commedie, trasformandosi in migliaja di personaggi, senza però mai mutare essenzialmente il tipo primitivo della servetta birichina. […] No, no, non mi piace ; è una commedia che farebbe male agli occhi, e che farebbe pianger tutto il mondo.
Ma Zanni sopra tutto è uom valente, per ch’ or spazzacammino ed or soldato rider faceva e spasimar la gente ; tanto ch’ io credo che Zanni sia nato per passatempo, burla, giuoco e festa, e fare il mondo star lieto e beato. […] Serenissima tiene di me e mia povera casa ; i benefizj ricevuti, gli utili ed honori concessimi dalla sua splendidezza, con havermi connumerato (benchè indegno) per servo attuale nella sua Corte, nominandomi per tale in più lettere nelle mie occorrenze ad altri Principi ; mi sforzano (e con ragione) far noto al mondo, che ogni mio affare dipende tutto dal patrocinio dell’Alt. […] Martino, in data 30 giugno di quell’anno, nella quale, trattando della formazione di una nuova compagnia, è detto : Noi haueuamo Bufetto et il Dotore, ma Bufetto è andato a recitare nel altro mondo…. […] Per le ingiurie riceuute inocentemente da un mal homo che non stima ne dio ne la Gente del mondo, io, ne mia moglie, non uolcuamo recitare più sino al Comando de S. […] mo Siamo quasi alla fine di Quatragesima e ancora io non ho hauto nisuna lettera per mio Governo et per consolazione de mia moglie et mia pouera famiglia, e pure dio benedetto sa et il mondo uede quanto noi tutti siamo seruitori obbligatissimi et suiserati a S.
Infuse la Provvidenza nel cuore umano un affetto indagatore che mosso dal bisogno o dal comodo o dal piacere dovea condurre l’uomo a formarsi un mondo civile, a investigar le maraviglie e il magistero del naturale, e a tentare d’internarsi ne’ segreti della divinità. […] Da queste, comunque avvenga, passano nella fantasìa le immagini che la rendono istruita del mondo.
Infuse la Provvidenza nel cuore umano un affetto indagatore che mosso dal bisogno o dal comodo o dal piacere dovea condurre l’uomo a formarsi un mondo civile, a investigar le maraviglie e il magistero del naturale, e a tentare d’ internarsi fin anco ne’ segreti della divinità. […] Da queste comunque egli avvenga passano nella fantasia le immagini che la rendono instruita del mondo.
prologo da pantalone Se l’homo animal da do man (Magnifici, e Zenerosi Signori) è solo in questo mondo che vuol tegnir el mondo sotto de lù, e tutti i altri viuenti pi che sotto i piè, non desse alle volte in tel bestial noo ghe xe dubbio nigun chi el pareraue el padron de sta casa, el Principe de sta Republica, el Peota da sta Naue, el Monarca de sto Impero e l’anema de sto corpo : daspuò che el mondo xe vna Naue che altre volte se affondete in t’vn deluvio salvandose solo un battello.
Nulla sappiamo degli attori, se non che di una servetta strasburghese e di un arlecchino, il suo amante, intorno ai quali i alla famiglia Bassi è nello stesso Casanova la descrizione di un’orgia schifosa al segno da far arrossire il più spregiudicato uomo del mondo.
E infatti egli si mostrò sotto le spoglie de' varj grandi personaggi di Shakspeare, salutato, se non forse come un avvenimento, certo come una promessa ; e la fama del trionfo corse ovunque nel vecchio e nuovo mondo, ed egli s’ebbe onori inaspettati in Russia, in America, in Austria, in Polonia, ecc.
Colomberti, contemporaneo, lo chiama un « ottimo Padre Nobile, riuscito ugualmente bravo nei tre generi di recitazione, » e Luigi Aliprandi, contemporaneo e scritturato, dice di lui largamente ch'ebbe figura possente, ma voce alquanto aspra, e modi risoluti e austeri, da farlo credere di una severità grandissima ; mentre, in realtà, era l’uomo più mite e indulgente del mondo.
Giunto appena sotto gli occhi di Cesare, si spaccò in tre parti che rappresentavano le tre parti del mondo conosciute attempi di quell’imperatore. […] Son ca-ca-camerata D’Ercole trionfante, E questo coso tondo Sulle re-rene è un pezzo di quel mondo, Che regger gli aiutai col vecchio Atlante. […] [15] Però non si può immaginare al mondo cosa più bislacca di codesto ramo della poesia teatrale, onde esattamente la diffinì il Marchese Maffei «un’arte storpiata in grazia d’un altra, e dove il superiore miseramente serve all’inferiore, talché il poeta quel luogo ci tenga che tiene il violinista ove suoni per ballo» 78. […] «Così forse avverrà che mascherata Più dal mondo scacciata Non sia la verità.» […] Marco Meibomio critico di prima sfera fortemente il riprende di ciò, stendendo la sua accusa a tutta l’Italia, e «maravigliandosi (sono le sue parole) che non solo dal più celebre paese del mondo ma da uomo così famoso potessero venir fuori cotante inedie.
Questa, sì, questa sarà la lancia e lo scudo, di cui armato andrò a sfidare i teatri tutti del mondo. […] Ora era l’uomo più allegro e più vivace del mondo, ora prendeva l’aria, i tratti e i discorsi d’un inetto, di un balordo ; queste variazioni poi succedevano in lui senza pensarvi, e con la maggior naturalezza.
Da somiglianti saggi, che danno corpo alle idee e le pongono meglio in luce, potrà anche ognuno recarne un più fondato giudizio: vedere se elle sono praticabili o no; e se io non fo per avventura come colui il quale, dopo date le più belle regole del mondo sulla tattica, non sapeva poi far fare a diritta a una picciola mano di moschettieri.
Salvatore, col pieno assentimento del parroco, il quale, degna persona, allontanato, per intolleranza anticristiana, dalla maggior parte de’ suoi confratelli, diceva che il mestiere di comica non le aveva impedito di essere cristiana, e che la terra era la nostra madre comune, come Gesù Cristo il Salvatore di tutto il mondo.
La tragedia si replicò fino all’andata in iscena di Maria Stuarda, e la buona riuscita dell’impresa fu artisticamente e finanziariamente assicurata : omai la Rachel fu soggiogata dalla grande arte della Ristori, fatta tutta di spontataneità, e quel battesimo della sua fama le aprì le vie di tutto il mondo. […] Naturalmente i grandi entusiasmi ebbero anche il loro rovescio, e Lemercier De Neuville nelle sue Figures du temps (Paris, Bourdilliat, 1861), non ebbe, specie per la recitazione in francese della Beatrice di Legouvé, parole di soverchia tenerezza per la nostra eroina : ma l’entusiasmo si mantenne alto, nonostante i tentativi di reazione dell’anno dopo, e quel primo battesimo di Parigi fu anche, s’è già detto, il primo passo del lungo e glorioso cammino della Ristori, chè di là il suo nome echeggiò in ogni parte più riposta del mondo. […] Al suo ottantesimo anno, tutto il mondo si preparò a festeggiarla, richiamandole alla memoria, nella solennità dell’omaggio, gli entusiasmi che ella seppe destare per oltre sessant’anni.
» Ma notevole è la schietta semplicità del monologo con cui egli apre la Moschetta, e in cui si lamenta con sè stesso, per essersi innamorato come mai non avrebbe dovuto della comare : « Putana mo del viver, mo a son pur desgratiò, a crego ch’a foesse inzenderò, quando Satanasso se pettenava la coa : a dir ch’ a n’ habbi me arposo, ne quieto, pi tromento, pi rabiore, pi rosegore, pi cancari, c’haesse me Christian del roesso mondo ; mo l’è pur an vera, Menato, cancar’ è ch’ a l’ è vera, ma a dire an la verité, a no m’ he gnian da lumentare lome de mè, perquè a no me diea mè inamorare in tuna mia comare con hè fatto, ne cercar de far becco un me compare : che maletto sea l’amore, e chi l’ ha impolò, e so pare, e so mare, e la puttana on l’ è vegnù ancuò.
Il giornale Lo Scaramuccia del 22 novembre ’56, parlando del teatro in cui recitava il Cannelli scrive : A questo teatro si vedono e si sentono cose, che non si son mai, ch’ io mi sappia, vedute nè sentite in nessun paese del mondo.
La gloria, l’impero del mondo, ahi, tutto quest’ora perdè !
Se molto bene egli fece altrui (il beneficio è più presto scordato) molto male egli fece a sè ; e questo il mondo dell’arte non gli ha perdonato.
Oggi ancora il mondo risuona de’ Gelosi il nome eterno, che fra palme et honor spiegaro a l’aura virtuoso vessil cui seguon lieti (emuli professor) quei che Fedeli Comici appella l’uno e l’altro polo…. […] Quel che d’ogni virtù sublime e rara e più sublime e raro alto furore, che disceso dal ciel solleva un core da questa valle alla magion più chiara ; per cui felice errante il mondo impara come si perde e si guadagna onore, come s’ammenda il giovenile errore, come diviene ogni dolcezza amara ; in te così, saggio Andreini, ha regno, che non potendo più chiuderlo in seno, di Florinda nel duol lutto si mostra. […] E a pag. 53, al proposito dell’allestimento scenico dei grandi teatri di Venezia, dice : La Serenissima e bellissima città di Venezia…. ha invitato tutto il mondo in quella patria, ad ammirarne gli stupori. […] Notevole è anche il soliloquio dl Baruc, paggetto scaltrito di Maddalena, per le aperte oscenità che vi dominano, e che farebbero arrossire il più spregiudicato pubblico del mondo. […] Conoschino adunque la differenza de gl’ huomini, et anche la natura de’ casi che maneggiano, che al sicuro comprenderanno non esser tutt’ uno il trattar con diuerso, che la loro qualità non sia tutt’ una, secondo gl’ accidenti, che succedono debbono caminar la scena con l’ istesso ordine, che scorrono il mondo.
Comincia : « Tu Mondo, come più mondo potrai chiamarti ? […] « Volse il cielo che la signora Vincenza, forse per purgar de’ vizj la corrotta gente, si desse al recitar comedie in scena, dove degli uomini, come in uno specchio, rappresentando il vivere, e d’essi riprendendo i perduti costumi e gli errori, a vita lodevole gli infiammasse, il che fatto di leggiero avrebbe, quando il mondo non fosse al suo bene cosi incredulo, etc. etc. » e qui tien dietro la solita predica in difesa delle commedie e contro coloro che le aborriscono, e che « come odono nominar comici, par che sentano qualche cosa profana e sacrilega. […] Della dotta Vincenza non parlo, che, imitando la facondia ciceroniana, ha posto l’arte comica in concorrenza coll’oratoria : e, parte con la beltà mirabile, parte con la grazia indicibile, ha eretto un amplissimo trionfo di sè stessa al mondo spettatore, facendosi divulgare per la più eccellente commediante di nostra etade.
Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S.
S. di forarmi appresso a uno staro delle primicie cuccie dal peggio che se avemia da falare gli mondo ceste porche regole a trento che gli riferiscono la marmoria di merendarmela al secondo del organo e costì acorrere vi do argumentando caricresendo querela ch’io Sansone orbo ligado per mia panirola dappresso un staro a V. […] Bisognarebbe anche tal volta dar di piglio a qualche materia sciocca, treuiale, & molto ben conosciuta, & quiui mostrare, o finger di credere, ch’ella sia la più curiosa, la più noua, & la più incognita cosa del mondo ; onde senza dar punto segno di ridere darsi a credere di hauer fatto stupire. […] Così la maschera bolognese, il dottore, sarebbe ben più antica di quel che si crede e logicamente da riferirsi ai tempi più floridi dello Studio, quando Bologna forniva di dottori tutto il mondo civile.
Essi ignoravano, dice m. de Fontenelle, che hanno esistiti al mondo Greci e Latini.
de Fontenelle, di esservi stati al mondo Greci e Latini.
Per questo drammetto, o pettegolezzo amoroso in tre, Goldoni, la Passalacqua, Vitalba, nel quale il povero Goldoni non fa la più bella figura al mondo, vedi il mio monologo La Spigliatezza (Mil., 1888).
Tutto il mondo vuol estere spettatore, e ciascuno ne prende quella parte che può. […] Ma il nostro autore dotato di uno spirito più intraprendente e generale, e di assai più vaste mire, ha raccolti insieme sotto un medesimo punto di vista non che il teatro italiano, ma i teatri tutti di tutti i secoli e di tutte le nazioni del mondo.
Nel prologo, a voler sostenere la sua tesi, che le commedie cioè sono la più moral cosa del mondo, e chi ne dice male un fior d’ignorante, egli conclude : …. […] Il mondo va cosi, e l’autorità cuopre i difetti, o che gli muta il nome.
Tale fu del mondo conosciuto l’antico stato degli spettacoli teatrali.
E pria che ’l corpo mio vada sotterra a me par bene di far Testamento per partirmi dal mondo più contento.
Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla scena del mondo, potrebbero invidiare il senno e il cuore di questo attore brillante, di questo Commediarolo, come si chiamava modestamente da sè, quando sentiva gli applausi degli amici rapiti dalla sua parola colta e vivace.
«Roma nutrice di eroi, donna del mondo, Roma non è più! […] Tu non conosci il mondo, a me costa caro l’averlo conosciuto; pria di separarci debbo darti un consiglio… asciugati gli occhi, o Randal; se piangi, non potrò parlare. […] Osserva il mondo, e sii malvagio e felice; addio. […] Questo tesoro discaccerebbe da questa casa l’orrore che vi regna; ci vendicherebbe del disprezzo ingiurioso e della pietà più ingiuriosa ancora del mondo insolente. […] Ma niun teatro del mondo ha pareggiati ch’io sappia, non che superati i teatri di Londra in una decorazione altrove non più veduta, che dovrebbe accendere di bella invidia ogni nazione.
Ma v’han ore al mondo Piene così d’inusitata gioia, Che in quell’ore si svia l’amara fonte Dello sdegno e dell’odio, e per un’alta Anima sola, che s’incontra in questi Muti deserti, tollerabil pare Tanta razza di deboli e di rei ! […] Seder vicino a qualche anima cara, E serrarle la mano, e in quei veloci Moti del tempo ripigliar la fede Della vergin natura, e via dal volto Questa larva strapparsi e dire al mondo Sei vil, sei vile, sette volte vile…. — Oh questa gioia procellosa immensa Non puoi darla nè torla, avara terra !
Delle due commedie il Paroncin e il Momolo Cortesan sulla Brenta, divenuto poi il Prodigo, altra commedia dal primo Momolo Cortesan che fu poi l’ Uomo di mondo, il Bartoli erroneamente dice il Gollinetti inventore.
A un tratto lo sguardo vitreo della poveretta si rischiarò, si animò ; le labbra si mosser come a discorrere, e dopo un istante, sfidando quasi lo sguardo di uno dei convenuti…. « non è il damo che io lascio – mormorò – è il mondo. » Lasciò quegli cader di mano la torcia, colpito dal terrore, e se ne andò fuor della stanza, come pazzo.
La Teodora, figliuola del Raffi, moglie in appresso del Medebach, ballava sulla corda passabilmente, ma danzava a terra con somma grazia ; la Maddalena, che fu moglie in seguito di Giuseppe Marliani, era una copia fedele della Teodora, e il Marliani suddetto, che faceva il Pagliaccio, era un saltatore e danzatore di corda, il più bravo, il più comico, il più delizioso del mondo.
Degne di essere singolarmente notate mi sembrano le seguenti scene: la terza dell’atto II piena di pitture naturali del gran mondo di Parigi; la settima dell’abboccamento di Valerio con Cleone; la nona dell’atto III che contiene un giuoco di teatro di Cleone il quale sottovoce ora anima Valerio a farsi credere uno stordito, ora fa notare a Geronte le di lui sciocchezze ed impertinenze; mentre che Valerio adopera tutta la sua industria per riescire a screditar se stesso, e Geronte s’ impazienta, freme, si pente e risolve di rompere ogni trattato. […] Valerio temendo di comparir singolare per troppa bontà, asserisce che tutti sono malvagi sulla terra; e Aristo distrugge quest’opinione ingiuriosa al genere umano con una notabile risposta, la quale soffriranno di veder quì tradotta certi meschini ingegni non meno di Valerio ridicoli, i quali volendo passar per uomini di mondo escludono ogni probità dalla terra: Sono tutti malvagi? […] “Mancavagli (dice Palissot) la profonda conoscenza del cuore umano, quella del mondo e dell’arte comica . . . […] Si accenna in questa favoletta che il modo di rendere gli uomini meno colpevoli non è già la sterile uguaglianza de’ beni che gli addormenterebbe, ma l’attività dell’amor proprio che rendendo operose e vivaci le loro passioni, fa nascere tutto il mondo civile, leggi, onori, divisioni di ordini, povertà, ricchezza: de l’indigence (vi si dice) naîtra l’industrie; l’industrie sera la mère des arts, des sciences, du commerce; on batira des villes, dans des villes des superbes palais; la mer se couvrira de vaisseaux &c.
Sete molto pratico delle cose del mondo, il mio Lucio. […] L’Alice dopo morte, mercè del sale, per gusto dell’uomo molto tempo si conserva ; e Celia benchè morta nella vostra gratia, mercè della costanza sua, per vostro gusto, credo, si conserverà vostra sino tanto che si conserverà il mondo.
Mancano adunque i poeti cinesi d’arte e di gusto ne’ drammatici componimenti, che seppero inventar sì a buon’ora; e con tanto agio ancor non hanno appreso a scegliere dalla serie degli eventi un’azione, per la verisimiglianza delle circostanze propria a produrre quell’illusione che sola può trasportar lo spettatore in un mondo apparente per insegnargli a ben condursi nel vero.
Nel mondo comico gli uomini sono soggetti ai pregiudizj del sesso Donnesco, quando si tratta di età.
Di grazia quale ingegnoso artificio lodevole può campeggiare in una favola che di ogni modo si agevola il sentiero aggruppando in due ore di rappresentazione la storia di mezzo secolo, e presentando in quattro spanne di teatro tutto il globo terraqueo, ed anche il mondo mitologico, e l’inferno e il paradiso? […] La meraviglia accompagna talora gli accidenti umani ma il miracoloso appartiene al mondo fantastico.
Non so se a me, che non ebbi la sorte di sentirlo nella sua grande opera d’interpretazione e di riproduzione al culmine della gloria, sarà dato tracciar la figura grande, geniale, e nella genialità disordinata, dell’artista, che nell’ultimo cinquantennio, con Adelaide Ristori e Tommaso Salvini, tenne lo scettro dell’arte in Italia e a traverso il mondo intero. E per noi, e per gli ascoltatori di tutto il mondo, fu gran ventura ch'egli tanto si staccasse nel sistema e nell’indole dal suo gloriosissimo collega, da formare un tutto a sè.
Ma appena incomincia l’ottobre torna a rappresentarsi di giorno, spariscono le buone commedie, le commedie stesse nazionali dello scorso secolo, ed allora si scatenano i demonj, le trasformazioni, gl’ incantesimi, le machine, i Sette dormienti azione di più centinaja d’anni, e l’Origine dell’Ordine Carmelitano di Antonio Bazo che contiene un titolo che non finisce mai, e un’ azione di 1300 anni, cioè dagli anni del mondo 3138 sino a’ tempi di papa Onorio III.
Leggiadri in atto ed in galante foggia Sul francese teatro ivan gli eroi De la Grecia e del Lazio in pria che grande In sua simplicità Talma apparisse Con la toga ed il pallio a offrir l’imago De’ signori del mondo ; e tale allora Dal labbro di quel fiero avvalorati I carmi di Cornelio ebbero un suono, Che da la corte del maggior Luigi Non fu udito giammai.
Pare che la maschera di brighella venisse al mondo sotto brutto auspicio.
Degne di essere singolarmente notate mi sembrano le seguenti scene: la terza dell’atto II piena di pitture naturali del gran mondo di Parigi; la settima dell’abboccamento di Valerio con Cleone; la nona dell’atto III che contiene un giuoco di teatro, in cui Cleone sottovoce ora anima Valerio a farsi credere uno stordito, ora fa notare a Geronte le di lui sciocchezze ed impertinenze; mentre che Valerio adopra tutta l’industria per riuscire a screditar se stesso; e Geronte s’impazienta, freme, si pente e risolve di rompere ogni trattato. […] Valerio temendo di comparir singolare per troppa bontà asserisce che tutti sono malvagi sulla terra ; e Aristo distrugge questa opinione ingiuriosa al generè umano con una risposta notabile, la quale soffriranno di veder quì tradotta certi meschini ingegni non meno di Valerio ridicoli, i quali volendo passar per uomini di mondo escludono ogni probità dalla terra: Sono tutti malvagi? […] «Mancavagli (dice Palissot) la profonda conoscenza del cuore umano, quella del mondo, e dell’arte comica… Mai non possedè (soggiugne) il talento del buon dialogo drammatico fondato nell’imitazione fedele del miglior genere di conversazione.» […] In questa favoletta si accenna, che il modo di rendere gli uomini meno colpevoli, non è già la sterile uguaglianza de’ beni che gli addormenterebbe, ma l’attività dell’amor proprio che rende operose e vivaci le loro passioni, e fa nascere tutto il mondo civile, leggi, onori, divisioni d’ordini, povertà, ricchezza. […] Studiando il mondo, e ritraendo la natura, egli ha appreso a ben dipingere, ed a variare gajamente i soggetti, ond’è ch’è stato denominato il Dancourt de’ giorni suoi.
L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri. Si vede bene, che nel teatro di questo mondo gli attori al volger degli anni mutan faccia, lingua, e paese; ma la scena é sempre l’istessa, l’istesse passioni, gli stessi moti, quasi niuu divario.
In genere le poesie non sono la più bella cosa di questo mondo : meschinissimi poi i sei sonetti probabilmente improvvisati sulle rime dell’ addio detto l’ultima sera dalla Virginia a un banchetto dato agli artisti dopo la recita a Vicenza. […] Non mai spiegò Pavon vago e gentile Con fasto tal l’ambiziose piume, come costei, ch’ha tutto il mondo a vile, di sue bellezze il prezïoso lume ; erra nelle sue guancie aureo focile onde accender le Stelle amor presume ; il bel candore, il bel vermiglio sale, che dir non si può : l’un l’altro prevale. […] In una lettera del 20 settembre 1626 da Cremona l’Andreini arriva a dire persino della Cecchini, che il mondo non può più sostener di veder lei tanto è difforme.
Di buona fede, se è possibile, Signor Lampillas, mi direste, se, prima di leggere i Libri del Tiraboschi, e del Signorelli, sapevate che avessero mai esistiti al mondo nostro tali Drammatici Italiani del XV. secolo, che inutilmente fingete di non sapere ancora?
Gittata a capo fitto nel turbine del vizio, parea quasi godesse farlo sapere a tutto il mondo….
Bisogna vederlo fra un atto e l’altro, e magari fra una scena e l’altra, in quel suo camerino, ingombro di giubbe di ogni specie, di spadini lucenti, di parrucche, vicino alla sua tavola di truccatura, sulla quale, accanto ai barattoli del minio, del bianco, della terra d’ombra scintillano anelli antichi enormi, e orologi istoriati e tabacchiere e ciondoli svariati, e al disopra della quale alla parete di fronte, accanto a un grande specchio vigila in bella e nitida incisione il ritratto di Lui, di Goldoni, in compagnia d’incisioni minori di suoi personaggi, di maschere, di mode del suo tempo ; bisogna vederlo, dico, col suo libricciuolo in mano di una commedia del Maestro, non mai tentata a' nostri tempi, per esempio, L'uomo prudente, o L'uomo di mondo, che studia, analizza, notomizza per la riduzione, pei tagli sapienti, per le trasposizioni di scene, di frasi, di parole !
[2] Roma, che in ogni tempo si dichiarò protettrice delle arti e delle lettere, sì perché le une e le altre servono ad abbellire il maestoso edifizio della religione, come perché questa nuova maniera di signoreggiare negli animi si confà molto alle mire di quella Capitale del mondo cristiano, e perché gli avanzi non anco spenti della sua grandezza la richiamano ogni giorno allo studio dell’antichità il quale tosto o tardi conduce al buon gusto, doveva parimenti promuovere la musica e la poesia. […] Non è che i Francesi non avessero anche avanti notizia di qualche spezie di rappresentazioni musicali, poiché senza risalire fino a’ provenzali, che furono i primi a introdurle in Italia, sappiamo ancora che erano conosciute fin dai tempi di Francesco I, il quale fece venir da Firenze parecchi uomini celebri in questo genere, annoverandosi tra loro corte il più distinto un certo Messer Alberto chiamato dall’Aretino in una lettera scrittagli nel 6 di luglio del 1538: «lume dell’arte, che l’ha fatto sì caro alla sua Maestà e al mondo».
S. sà che 'l mondo si governa con l’opinione ; questi poveri huomini pensano col disunirsi di rovinarsi, ond’ io per le ragioni dette, non ho saputo trovar parole da principiare non che da persuaderglielo. […] Giacean sepolte in un profondo oblìo le Muse, quando tu Flavio gentile le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil tuo desìo : per te godon le scene il lor natìo honor ; e già se 'n vola a Battro a Thile glorioso il tuo nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso fio : Godi dunque felice un tanto honore, che 'l mondo in premio delle tue fatiche lieto ti porge, e ne ringrazia il Cielo : Quindi avverrà ch'ogni or le Muse amiche avrai, e colmo d’amoroso zelo a le scene darai gloria e splendore.
Plutarco nel libro contra Colote afferma con asseveranza che possano ben trovarsi nel mondo città senza mura, senza lettere, senza re, senza case, senza facoltà, senza moneta, senza teatri, senza ginnasii, ma senza tempi, senza numi, senza oracoli ουδεις εϛιν ουδέ εϛαι γεγονως ϑεατης, nè alcuno la vide nè la vedrà mai.
Egli ha bene il diritto di essere messo assieme a’ grandissimi che diedero al mondo tipi immortali, se bene i suoi sien condannati pur troppo a perire : chè è per essi di tal guisa la creatura legata al suo creatore, che dileguato l’uno, anche dileguerà l’altra, non lasciando tra’ posteri che un vago ricordo, andatosi serbando e ahimè modificando nella viva voce delle generazioni succedentisi.
Dunque, quando venni al mondo, mio padre s’era già ritirato dall’arte, e impiegato nell’Amministrazione dell’Ospedale Civile di Venezia.
Plutarco nel libro contra Colote afferma con asseveranza che possono ben trovarsi nel mondo città senza mura, senza lettere, senza re, senza case, senza facoltà, senza moneta, senza teatri, senza ginnasii; ma senza templi, senza numi, senza oracoli ουδεις εστίν ουδέ εσται γεγονως θεατης, nè alcuno la vide nè la vedrà mai .
Diversamente il considerano l’uomo di mondo, il politico, l’erudito, l’uomo di gusto, e il filosofo. […] [2] Quegli schiavi insensati del pregiudizi, que’ corpi senz’anima, quelle creature indifinibili, che si chiamano gente di mondo, le massime delle quali consistono nel distrugger i sentimenti della natura per inalzar sulle loro rovine l’idolo dell’opinione, nel ridurre ogni affezione del cuore alla sola voluttà, ogni morale al personale interesse, nel far che un’apparente politezza tenga luogo di tutte le virtù, e nel colorir con brillanti sofismi l’orrore del vizio non altrimenti che soglionsi coprire con vistosa vernice i putridi legni dalla vecchiezza o dal tarlo corrosi; fanno del teatro quell’uso appunto, che sogliono fare delle altre cose.
Mancano adunque i Cinesi d’arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel vero30.
Nessuno poteva essere più competente di Luigi Rasi a far entrare il pubblico nel mondo teatrale.
L’immaginazione dell’uom virtuoso attediata dall’aspetto del vizio trionfante, stanca di vagar per un mondo dove altro non s’offre al suo sguardo che oppressori ed oppressi, sbigottita dagli urli della calunnia che soffocano ad ogni tratto i timidi sospiri della innocenza, annoiata insomma dal commercio dell’uomo, quale il ritrova comunemente o debole, o maligno, o piccolo, o brutale, va per consolarsi agli scritti di questo amabile poeta, come ad un mondo immaginario, che la ristora delle noie sofferte nel vero. […] Il secolo dedito intieramente alla voluttà ed alla licenza ripose tra le favole poetiche l’amore eroico del tempo de’ paladini, e rimandò gli aerei ragionamenti degli scioperati scrittori al mondo della luna, dove lungo tempo si conservarono, e si conservan tuttora accanto al senno d’Orlando, insiem coi servigi che si rendono ai grandi, colle parole de’ politici, colle lagrime delle donne, e colle speranze dei cortigiani. […] Difatti veder umiliato a’ piedi di Deidamia quell’Achille lo spavento di Troia e l’oggetto il più caro delle premure dei numi; osservar pendente dai cenni di Fulvia quell’Ezio che rassicurò il volo delle aquile romane sbigottite dal furore di Attila; sentir sospirare fra gli allori trionfali un Cesare arbitro del destino del mondo, e di quello di Catone; contemplar un Alessandro innanzi al cui cospetto la terra s ammutolì, fermar il rapido corso delle sue conquiste per disputare contro un barbaro re il possesso di un cuore; scorger la virtù, la sapienza, la grandezza, il valore, in una parola quanto avvi fra gli uomini di più cospicuo, e di più rispettabile prostrato innanzi al simolacro della bellezza tributarle fiori ed incenso, offrirsi volontariamente al servaggio, baciando inoltre la mano che l’incatena. […] Non si sà, per addurne un qualche esempio, capire come Amilcare ambasciatore di Cartago in mezzo alle cure di una importantissima commissione fra le due repubbliche, abbia l’agio di sospirare tranquillamente per una schiava sugli occhi degli emoli ed austeri Romani; come Fulvio inviato da Roma per decider sul destino del mondo fra Cesare e Catone possa, senz’abbassar il proprio carattere, amoreggiar sul teatro la vedova del gran Pompeo; come Cesare, che tutt’altra cosa dovea rivolgere allor nel pensiero fuorché il badare ad una galanteria inutile, pur s’intertenga anch’egli a far il cascante, esprimendosi colla bella non altrimenti che far potesse un Celadone od un Aminta. […] Per me nel mondo Non v’è più che sperar.
Il Garzoni (Piazza Universale, Venezia, Somasco, m.d.xcv, pag. 737) dice di lei : « La gratiosa Isabella, decoro delle scene, ornamento de’ theatri, spettacolo superbo non meno di virtù che di bellezza, ha illustrato ancora lei questa professione, in modo, che mentre il mondo durerà, mentre staranno i secoli, mentre hauranno vita gli ordini e i tempi, ogni voce, ogni lingua, ogni grido, risuonerà il celebre nome d’Isabella. […] » E nel Ragionamento XXVIII egli fa dire a Trappola : « Padrone, la vostra amata donna si può dir viva e non morta, se viva è colei che gloriosa rimane al mondo per mezzo della virtù. […] Tra le scene più belle, ecco la Bella splende Accesa d’honor saggia Andreina, Raggio nel mondo, e ’n ciel pura fiammella, che di suo foco a ’ncenerir destina. […] Pommi col cener freddo de l’amata Mia Genitrice, pommi ou’è colei, Che molto seppe al mondo, e poco visse. […] Habbiano ogn’ un d’ essi un bastone, altri mondo altri fronzuto in mano, et se sarà piu strauagante, sarà piu a proposito. in capo le capillature, o finte, o naturali ; altri aricciati et altri stesi, et culti. ad alcuno, si può cinger le tempie d’ alloro, o d’ hedera, per uariare, et con questi modi, o simili, si potrà dire che honoreuolmente sia nel suo grado uestita : Variando i pastori l’ uno da l’ altro, ne i colori, et qualità delle pelli diuerse, nella carnagione, et nella portatura del capo, et simile altre cose che insegnar non si possono, se non in fatti, e con il proprio giudicio.
Più comune dovea essere siffatto costume a que’ tempi, ove i gran signori ignoranti per educazione e orgogliosi per sistema non conoscevano altro merito al mondo se non quello della nobiltà, né altro mestiere fuorché la guerra. […] «Tutto il mondo è fatto come la mia famiglia» diceva quell’altro. […] Una truppa d’uccelli si è fermata ad ascoltarmi; gli ho presi senza la menoma resistenza, e ne fo copia di essi ad una principessa la più amabile del mondo dacché Euridice non è più fra i viventi.» […] Ma codesti dialoghi poetici si trovano in pressoché tutte le nazioni del mondo, che hanno coltivata la poesia; la loro esistenza presso gli arabi non può non pertanto formare una ragione esclusiva in favore della loro influenza sui provenzali. […] In secondo luogo, postochè la «corda grave e la corda leggiera, il palo congiunto e il disgiunto» (termini oscuri, dei quali non è facile il trovar la chiara interpretazione) significassero appunto quello, che pretende il Signor Abbate, ciò non vorrebbe dir altro se non che gli arabi badarono ne’ loro versi all’accento di rinforzo, cioè all’acutezza e gravità delle sillabe, e ad alternar queste fra loro in diversa foggia, cioè al numero o ritmo; due circostanze che non meritavano d’essere rilevate come capi di somiglianza caratteristica, poiché furono, sono, e saranno comuni a tutti i versi e a tutte le poesie del mondo, non essendo possibile trovar poesia antica o moderna, asiatica, africana, americana, o europea, dove più o meno non trovinsi gli accenti di rinforzo, e il numero o ritmo proporzionato all’indole e pronunzia della lingua.
E se sarebbe deriso uno storico, che sul più bello d’un racconto fatto in volgare mi saltasse in campo con un paragrafo tedesco che da Firenze portasse il lettore fino a Sarmacanda, e dall’epoca dei Medici perfino a quella di Tamberlano, perché il sorriso del buon senso non dovrà parimenti confondere la strana fantasia di coloro che, mentre io porgo attenzione al linguaggio della musica, mi saltano all’improviso fuori col linguaggio dei muti, e togliendomi per forza dal luogo dove sono, mi trasportano in un altro mondo dove non ho per ora genio d’andare e dove cercano di rapirmi il piacere del cuore per darmi in contraccambio quello degli occhi? […] Questi mostri erano la più bizzarra cosa del mondo; ma non si può dir a chi non gli ha visti, com erano. […] [24] Trecento gentiluomini rappresentanti tutte le nazioni del mondo e divise in varie truppe comparvero sul Tamigi sovra piccoli navigli ornati in foggia che annunziava la sontuosità e la leggiadria. […] Atlante fece sortire coll’ordin medesimo l’altre parti del mondo, lo che formò una divisione naturale e semplice del balletto, ciascun atto del quale fu terminato cogli omaggi, che dalle mentovate nazioni furono resi alla giovine principessa d’Inghiltera e coi magnifici presenti che le furono fatti. […] Tanto è egli lontano dal vero che Licurgo pensasse a procurare a suoi allievi per premio il piacere de’ sensi che non vi fa mai al mondo legislatore più austero, né che più cercasse di rimuovere dal suo popolo ogni mollezza, ogni e qualunque piacere corporeo che sortisse dal puro necessario.
Fenocchio Quel Fenocchio, che al mondo se fe’ cognoscer tanto e in su le scene ognor sì furibondo, ne riportò tra Zagni il pregio e il vanto : quel te supplica e prega, che grazia nol se niega a sto Muzzina, scusando i defetti, che fra Zagni el farà piover concetti. […] Da un altro canto esclama Burattino, che par che il boja gli dia la corda, col sacco indosso da facchino, col berettino in testa che pare un mariuolo, chiama l’udienza ad alta voce, il popolo s’appropinqua, la plebe s’urta, i gentiluomini si fanno innanzi, e a pena egli ha finito il prologo assai ridicoloso e spassevole, che s’entra in una strana narrativa del padrone, che stroppia le braccia, che stenta gli animi, che ruina dal mondo quanti uditori gli han fatto corona intorno ; e se quello co’gesti piacevoli, co’motti scioccamente arguti, colle parole all’altrui orecchie saporite, con l’invenzioni ridicolose, con quel collo da impiccato, con quel mostaccio da furbo, con quella voce da scimiotto, con quegli atti da furfante s’acquista un mirabile concorso ; questi collo sgarbato modo di dire, con la pronuncia bolognese, col parlar da melenso, con la narrazione da barbotta, collo sfoderar fuori di proposito i privilegi del suo dottorato, col mostrar senza garbo le patenti lunghe di signori, col farsi protomedico senza scienza, all’ultimo perde tutta l’udienza, e resta un mastro Grillo a mezzo della piazza.
Il Pronosticante fanatico è una comica sferza contro la ridicola presunzione di taluni che presumono di tutto antivedere come uomini di mondo. […] Non può negarglisi somma conoscenza del teatro e perizia del mondo. […] Viva l’amico, Benchè infedele, e se accusarmi il mondo Vuol pur di qualche errore, M’accusi di pietà, non di rigore. […] Adelvolto condotto via dice fra se (quasi andasse a chiudersi alla Trappa) addio mondo, addio consorte, non respiro che morte. […] Ma qual mondo giva a perire se le sue nozze non si conchiudono a momenti ?