Una sera del 1820, terminato lo spettacolo, il Pertica, traversando una strada, secondo il costume, per recarsi a casa, fu arrestato da quattro uomini mascherati, che, puntatigli al petto i lor pugnali, lo minacciaron di morte, se avesse osato non pur di mostrarsi avverso, ma di accennare in qualsiasi modo alla lotta de' Carbonari.
Per lui lo stenterello non ebbe più il costume tradizionale !
Egli assegnò alla moglie con regolare contratto la paga di quattrocento zecchini veneti all’anno, e una mezza serata per ogni piazza, ove le recite non fosser minori di venti ; e stabilì sul contratto ch'ella dovesse fornirgli un panciotto della stoffa di ogni nuovo abito ch'ella facesse, o per la scena o per fuori, o in costume o in borghese ; tal che alla sua morte si trovò una gran quantità di panciotti di ogni specie e di ogni colore, naturalmente, non mai indossati.
Anche il Callot ce ne ha lasciato il costume ne’ Balli di Sfessania, danzante in coppia colla Franceschina.
Seguendo il Callot, Maurizio Sand ci ha rappresentato il tipo in atteggiamento di danzatore e suonatore di mandolino ; ma a me pare non si debba con troppa sicurezza attenersi pel costume a coteste incomparabili figurine, nelle quali, a osservar bene, dominan solamente due tipi : del Capitano e dello Zanni ; e talvolta l’uno invade il campo dell’altro, come, a esempio, il Fracassa che ha l’abito zannesco di Pulcinella, o di Scapino, o di Frittellino (V. […] Il Coviello, tranne alcuna eccezione, è uno stupido che fa il bravaccio, come il Capitano ; e di Capitano ha il costume con grandi piume al cappello, grandi stivali, e grande spada.
Il libro intitolato, Discorso Storico-Critico del Dottor Don Pietro Napoli-Signorelli, da me letto colla dovuta diligenza, nulla contiene, che a Regj dritti, e al buon civile costume si opponga.
I soggetti trattati con molto acume e senza pur l’ombra della pesantezza sono : la nobiltà dell’arte, l’educazione comica, la scelta ed unità di caratteri, lo studio de’ caratteri, la natura e il colorito, la pronunziazione, la mimica, la direzione, il contegno e la controscena, il vestiario in costume e l’acconciatura, le doti naturali, la moralità dell’arte (Teatro greco, romano, medievale, e moderno) e in ultimo, la moralità dell’attore accoppiata a quella del teatro.
Conosciuta il padre la bambinata del figliuolo, volle farsi un ritratto in perfetto costume di cuoco, con la casseruola in una mano e il mestolo nell’altra, e glie ne mandò una copia.
. – Portrait en pied d’un acteur de la Comédie italienne, Alborgheti dit Veronese, en costume de soldat. » Alborghetti Veronese ?
Si nasconde sotto questo nome Antonio da Molino, veneziano, attore assai pregiato non che pregiato scrittore, amico intrinseco di Andrea Calmo, il quale gli scrive la tredicesima lettera del primo libro, interessantissima per la storia del costume, coll’indirizzo : « al mio conzontao in openion, M.
Assomiglia allo Scaramuccia anche un po'il costume datoci dal Sand, di cui giacca e calzoni corti son neri, senza guarnizione di sorta ; la baverina è di tela bianca pieghettata, e il viso infarinato : ha calze rosse e piccola berretta tonda e nera sul capo raso.
Arresta i passi, e riedi a questa che al tuo desire, al tuo costume abbietto ardisti d’immolar semplice Donna.
Per tal circostanza, Luigi Riccoboni detto Lelio, il direttore della Compagnia, compose un prologo in azione, nel quale avevan parte Momo, Arlecchino e Mezzettino in costume da vecchio, Veramente in quel presque sexagénaire esiste una compatibile alterazione di cifra. […] Il costume di Mezzettino – dice Riccoboni – trae la sua origine dai disegni di Callot (V. il Mezzettino dei Balli di Sfessania al nome di Antonazzoni) o dagli attori comici del teatro francese del 1632, Turlupin e Philipin, che vengon dalla stessa fonte.
A voi dunque mi volgo, abitatori eletti di questo suol diletto al ciel : tu pria, schiatta d’incliti padri, ordine illustre che hai per dritto di costume e sangue titolo di gentile ; e tu pietoso sesso leggiadro, a cui fan doppio omaggio i cori e l’arti che dal bello han nome. […] Pittori, scultori, incisori, ne ritrasser le sembianze in vario costume.
Vestiva il costume imponente che ammiriamo nelle antiche scolture, ridotto con arte alle esigenze della scena : insomma si vedeva che aveva studiato gli antichi ». […] Col nobil gesto e colla lingua i cuori di lusingar ognor hai per costume ; se pianti adombri, ire, sospiri, amori, il ver nel finto espresso ognun presume.
La Sofonisba di Mairet piacque in Francia molto più perciocchè da lui fulle imposto un costume più naturale e più dolce.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img091.jpg] Una delle grandi prerogative di Luigi Duse, non più accordata, ch’io mi sappia, ad alcuno, fu quella di poter negl’intervalli della commedia, uscire alla ribalta a sipario calato, e vestito com’era del costume teatrale, discorrer degl’interessi di casa sua, ch’ei raccontava con una famigliarità e una comicità siffatta da far andare in visibilio il suo pubblico ; il quale anche, tal volta, sopperiva dicesi, lì per lì a’bisogni di lui, ora per soddisfare a quelli dello stomaco, il più spietato de’creditori, ora, ed eran le più volte, per pagargli una qualche cambiale alla vigilia della scadenza. […] A lui fu per tal modo concesso dai padovani di erigere un teatro in legno, presso il Caffè Pedrocchi, detto allora Teatro Duse, di cui metto qui la riproduzione dell’interessantissimo sipario, il quale, oltre al comprender Luigi Duse nel suo costume, e gli altri di famiglia, l’Alceste sopr’a tutti, in quello de’personaggi nella Figlia del reggimento, dà anche una idea ben chiara di quel che fosse codesto teatro popolare, composto di tutta una famiglia, che viveva patriarcalmente, come non si potrebbe dire, e nella più perfetta delle armonie.
Quanto al costume, la maschera del pulcinella è nata con la camicia e i calzoni bianchi larghissimi, cappello di feltro bianco a cono, talvolta ripiegato in avanti, scarpe basse, e mezza maschera nera con enorme naso aquilino.
Acclamatissima fu il 1746 nel nuovo passo a due ch'ella e il piccolo Dubois eseguivano dopo il Principe di Salerno, in costume di vendemmiatori, dei quali esiste una incisione con in calce i seguenti versi : Ces deux danseurs presque en naissant par leur danse ingénue embellissent la scène, et dans l’âge où l’on sent à peine, ils expriment tout ce qu’on sent.
177.) insinua alla gioventù lo studio delle Commedie di Ariosto, cosa disapprovata dall’Apologista, perchè potrebbe temersi, che in vece del purgato stile imparasse il corrotto costume. […] Ma poi (sia ciò detto con pace del Signor Lampillas) non è punto vero, che nelle Commedie di Ariosto s’insegni il corrotto costume. […] Anzi al corrotto costume, a’ vizj palliati, alla prepotenza, alla venalità, all’avarizia, alla più d’ogni vizio detestabile ippocrisia, in esse si fa la guerra con una satira spiritosissima.
Di questo mescolamento mi dà grande speranza Luigi Riccobuoni detto Lelio Comico, che con la sua brava Flaminia si è dato non solo ad ingentilire il costume pur troppo villano de' vostri Istrioni, col rendere l’ antico decoro alla comica professione, ma recitando insieme co'suoi compagni regolate e sode tragedie, le rappresenta con vivacità, e con fermezza conveniente ai soggetti, che tratta, dimodochè potete voi dargli il giusto titolo di vero Riformatore de' recitamenti Italiani. […] Vivono invece quelle sul teatro, consultate da chiunque si dia a tal genere di studj, e specialmente La storia del Teatro italiano, opera più che altro di polemica, per quella benedetta quistione della derivazione della commedia dell’arte dall’antica Atellana, e dello Zanni arlecchino dall’antico Sannio, che aveva sotto certo rispetto le stesse caratteristiche del costume : quistione non ben risolta tuttavia.
O giovani, lasciate fare della filosofia all’autore : voi studiate bene le parole, le passioni, il carattere del personaggio, vestitelo secondo il costume del suo tempo, poi recitatelo con anima, senza fronzoli, senza declamazioni, senza preoccupazioni del come è vestito : leggete Alfieri, ma recitate Augier, Goldoni, Molière, Shakespeare, Macchiavelli e Plauto e Aristofane, e recitateli tutti nella stessa maniera, cioè con naturalezza ; e non lasciatevi infinocchiare dalla teoria barocca e ridicola, che per tutti i tempi e per tutti i personaggi ci vuole una recitazione diversa : di diverso non c’è che il carattere e il vestito : e quindi se il personaggio è serio e piange, voi dovete star serii e piangere, ma con naturalezza e verità tanto vestiti alla romana, che alla veneziana, tanto coll’elmo che colla tuba ; e se un personaggio è comico, è comico allo stesso modo tanto in Shakespeare, che in Molière, che in Goldoni, che in Augier, che in Bersezio. […] Una volta, recitando in Asti a teatro vuoto, pensò bene la terza sera, in costume di Oreste, di rivolgere allo scarso pubblico le seguenti parole : « Mentre ringrazio i benevoli che son venuti in teatro, dichiaro che in Asti non recito più, finchè il gusto artistico di questa città non sia mutato.
Per la stessa ragione fu anche levato via il costume di chiuder con un coro ciascun atto del melodramma. […] Invece non per tanto di questo fu introdotto il costume di finire gli atti con un’aria o con un duetto, onde si colse il doppio vantaggio e di togliere una inverosimiglianza che saltava agli occhi e di approfittarsi vieppiù delle squisitezze della musica, le quali spiccano molto più nella monodia e nel duetto che nelle partizioni d’un coro. Riserbandosi poi questo per alcune occasioni, dove la verità della storia o la pompa dello spettacolo o l’ingresso d’un principe trionfante o qualche altro pubblico evento sembravano giustificare la radunanza di molte persone in un luogo; al quale riflesso per non aver posto mente i Greci, e per essersi lasciati strascinare da un invecchiato costume, caricarono (checché ne dica in contrario la prevenzione) le loro tragedie di mille sconvenenze a fatica ricompensate colle originali bellezze, che dopo venti e più secoli siamo pur costretti ad ammirare nei loro scritti drammatici.
Essendosi compiaciuto l’autore di permettermene la lettura, vi ammirai pari armonia nella versificazione e felicità di locuzione, ma parvemi priva di energia e d’interesse nella favola e nel costume. […] Gettata sul conio della precedente è la Señorita Mal-criada impressa e non rappresentata, in cui si descrive una fanciulla ricca guasta dall’educazione di un padre spensierato, come nell’altra è una madre tale che corrompe il costume del figliuolo: vi si vede una D. Ambrosia vedovetta trincata di dubbia fama, che alimenta nella Pepita capricciosa, impertinente, intollerante, tutte le dissipazioni della gioventù senza costume, e fomenta la di lei sconsigliata propensione per un vagabondo ciarlatano; come nell’altra favola D.
La commedia era ancor più deplorabile, altro non essendo che una farsa grossolana ristucchevole per chiunque abbia fior di gusto, di buon costume e di politezza.
La commedia è ancor più deplorabile, altro non essendo che una farsa grossolana ristucchevole per chiunque abbia fior di gusto, di buon costume e di politezza.
E molto più saria mestieri che dagli odierni pittori seguite fossero le tracce di un San Gallo e di un Peruzzi, perché ne’ nostri teatri il tempio di Giove o di Marte non avesse sembianza della chiesa del Gesù, una piazza di Cartagine non si vedesse architettata alla gotica, perché in somma nelle scene si trovasse col pittoresco unito insieme il decoro e il costume. […] [5.6] Loro costume è di scegliere quegli oggetti che nel genere loro piacciono il più alla vista, disporgli in maniera che l’uno sia all’altro di contrapposto, e ne risulti dall’insieme un non so che di peregrino e d’insolito.
Mi conviene qui ripetere, che giusta il Casiri, gli Arabi non rappresentarono, secondo il costume Europeo, nè Tragedie nè Commedie, e che niuno Scrittore dice che ne avessero scritte.
La Sofonisba di Mairet piacque in Francia molto più, perciocchè da lui le fu imposto un costume più naturale e più dolce.
Goldoni, fu colto da apoplessia, ancor vestito del costume di teatro, e in capo a otto giorni morì miseramente a soli 52 anni.
Carlino, preparò il suo debutto di caratterista nelle Funnachere, con pellegrinaggi continui ai quartieri di Porto e di Pendino ove imparò la lingua e il costume della nostra gente, diventandovi, pur dopo breve tempo, di tutte e due cose padrona in tale maniera da meravigliare quanti l’avevano udita, da prima, romaneggiare nell’antico repertorio semidrammatico.
La nuova edizione, apparsa il 1700, comprende sei volumi in 12°, arricchiti di incisioni in rame non firmate, ma assai probabilmente del Bonnart, importantissime per la storia del costume teatrale dei nostri comici sullo scorcio del secolo XVII.
Al momento di accennare al costume di Buffetto, mi balzò agli occhi della mente la maschera, anzi il ritratto di un antico Brighella, di cui non solamente il costume, ma e il tipo mi par concordino a segno con quelli di Buffetto da essere scambiati. […] Ma l’aver dato al Buffetto, nome tutto italiano e non traducibile, il nome generico di Brighella, ben noto in Francia, il cui costume vediam già nel quadro di Porbus del 1572 indossato dal Cristianissimo Re Carlo nono, non mi par cosa fuor del probabile.
Quindi é che, qualunque ne sia la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione con i veri colori del costume, che ne risulta quella tanto desiderata incantatrice illusione che interessa e sospende gli ascoltatori.
Ma sventuratamente sono i delitti posteriori a’ vizii, e questi menano graduatamente agli eccessi dopo di aver corrotto il costume. […] Ma il mal costume invecchiato nè anche, al dir di Orazio, colla forca giugne a sterminarsi; ed ossserviamo che da per tutto quasi sempre i costumi col tempo sogliono diventar leggi, e ben di rado le leggi si convertono in costumi.
Gli occhi nostri lo ritroverebbono senza dubbio biasimevole, né io voglio in modo alcuno giustificarlo avendo la fortuna di professare una religione non meno rispettabile per la purità della sua morale che veneranda per la santità ineffabile de’ suoi dogmi; ma riguardandolo unicamente con occhio politico, né potendo argomentare dalla profonda sagacità del legislatore di Lacedemonia che un sì bizzarro costume fosse privo d’ogni ragion sufficiente che rendesse non solo utile ma legittima la sua istituzione, bisognerà confessare, come dice un moderno filosofo, il quale aveva l’anima Spartana e le viste di Platone, «che l’usanza di cui si tratta conveniva solamente agli allievi di Licurgo; che la vita frugale e laboriosa, il costume puro e severo, la loro naturale robustezza d’animo erano qualità e circostanze atte a render innocente uno spettacolo così stravagante per qualunque popolo non d’altre virtù posseditore che della sola decenza» 162. […] S’ignora chi fosse il primo nella Grecia a separare la pantomima della poesia; presso a’ Romani fu il poeta Livio Andronico, il quale facendo, secondo il costume di quei tempi, da attore nella sua commedia, fu forzato dal popolo a ripetere diverse volte alcuni passaggi favoriti; per lo che ottenne la permissione di sostituire in suo luogo uno schiavo, che cantasse il poema insieme col musico mentre egli medesimo rappresentava la stessa azione col gesto muto175. […] Ma s’avverta che in questi e simili casi la danza non è propriamente pantomimica, cioè rappresentativa d’una qualche azione determinata, ma soltanto un ballo figurato, che contiene l’espressione vaga d’un affetto passaggiero, o d’un costume nazionale, o lo sviluppo naturale di quell’attività momentanea frutto della giovinezza, del temperamento o della giovialità. […] Costume che riesce quivi assai meglio adattato e più naturale che nella tragedia o nella commedia recitata, perocché nel dramma si mantiene così facendo l’ipotesi ammessa fin dal principio, ma negli altri componimenti, essendovi soltanto ammessa la convenzione di parlare e non quella di suonare, il sentir poi gli strumenti che fanno in certo modo da interlocutori, non va disgiunto dal sospetto di piccola eresia in materia di gusto. […] [NdA] L’Elvezio, in un capitolo pieno di lubricità e di paradossi inserito nel terzo discorso del suo fazioso libro intitolato lo Spirito, va ancora più avanti, e supponendo che l’accennato costume non fosse abbastanza efficace avrebbe voluto di più che ad eccitar negli Spartani l’entusiasmo, o com’ei si spiega, la febbre della virtù avesser dovuto i legislatori doppo il ritorno d’una battaglia condurre avanti a tutto l’esercito più truppe di belle donne ignude educate a questo solo fine in particolari conservatori agguisa delle nostre monache, o delle antiche vestali, le quali servir dovessero di premio a coloro che si fossero diportati meglio nella zuffa.
Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità.
Una delle prime imagini di Colombina abbiamo nel quadro di Porbus del 1572, nel quale egli ritrae un ballo della Corte di Carlo IX : il costume del nostro personaggio è quivi indossato da Caterina de’ Medici.
Il Fabbrichesi fu il primo a stabilire che i comici pensasser da sè a tutte le spese di vestiario (prima d’allora non dovevan provvedersi per gli abiti in costume che del così detto basso vestiario, cioè scarpe, calze, parrucche, spade, ecc.) e a quelle di viaggio ; ma tale aggravio fu compensato dalle nuove paghe salite a cifre non più sognate : mentre il gran Zenerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non aveva potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne aveva 601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400.
Bartoli, là dove dice che Atanasio Zannoni per rendersi particolare nell’eseguire la parte di questo personaggio, ha voluto allontanarsi dall’adottato suo trivial costume, e l’ha reso un uomo illuminato e spiritoso ; che parla con eleganza, che raziocinia con buon criterio, che ha qualche cognizione delle scienze, e ch' è naturalmente per sè stesso un poco filosofo.
Questo costume motteggiato nel dramma ci mena al tempo in cui i Gaulesi aveano diritto di vita e di morte, e la giustizia si amministrava da paesani rustici senza appellazione. […] La Sicilia fin dal IV secolo ebbe in costume d’inviare a Roma gli artefici di scena che produceva, essendovi spesso chiamatic.
Ma sventuratamente sono i delitti posteriori a’ vizii, e questi menano gradatamente agli eccessi dopo di aver corrotto il costume. […] Ma il mal costume invecchiato nè anche, al dir di Orazio, colla forca giugne a sterminarsi; ed osserviamo che da per tutto quasi sempre i costumi col tempo sogliono diventar leggi, e ben di rado le leggi si convertono in costumi.
Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità.
So, e ne ho prove incontravertibili l’onestà sua, e l’onestà di Flaminia, nè una parzialità nata da vederla a meraviglia rappresentare, deve a mal costume imputarsi ; dichiarandomi io, che senza che altri dovesse pensar male nè di me, nè di Flaminia, parlando di cose mie, dal titolo istesso non mi sarei astenuto ; imperciocchè tre opere mie ha questa pudica e mirabil donna (per quel che ascolto) leggiadramente rappresentate……..
Il primo passo al mal costume fu il suo matrimonio col Bartoli, maniaco per la letteratura, più guitto di lei nel vestiario, macilento, che teneva il fiato co’denti, e che per soprammercato sputava sangue.
E il Matamoros del quadro che non ha nel costume veruna somiglianza colla incisione contemporanea (pag. 926) rappresentante il vero matamoros fiorilliano, era un Matamoros, o non piuttosto un Matamore ?
Per antico costume compariva in siffatta scena con cortinas un sonatore di chitarra per accompagnare le donne che cantavano, raddoppiandosene la sconvenevolezza, perchè tra’ personaggi caratterizzati giusta la favola, e vestiti p. e. da’ Turchi, Mori, o da selvaggi Americani, si vedeva dondolar quel sonatore abbigliato alla francese. […] Il sig. abate Saverio Lampillas esgesuita catalano che ha dimorato in Genova sin dal tempo dell’espulsione, e che non mai avea veduto Madrid, volle dubitare della verità di questa descrizione, per natural costume di non credere che a se stesso ed a’ suoi corrispondenti che tante volte l’ingannarono con false notizie.
E piacesse al cielo che queste arie, questi duetti o questi finali isolati fossero tali almeno che colla loro vaghezza, novità od interesse ci ricompensassero dei sagrifizi che si fanno del buon senso in grazia del canto; terremmo allora con essi il costume, che suol tenersi col frammenti della greca scultura de’ quali in mancanza d’una intiera statua s’ammira pure e si custodisce un braccio solo, una gamba, od una testa. […] Perché un inveterato costume vuole che in ogni opera devano comparir sul teatro due donne e talvolta anche tré, della metà delle quali non sapendo che farsi il poeta perché inutili affatto all’intreccio, né qual occupazione dar loro, bisogna pure che pensi a trovar un paio d’amanti coi quali si vezzeggino a vicenda insipidamente. […] Ma non mi piace siffato costume. […] Il teatro non ha altra poetica che quella delle usanze, e poiché queste vogliono che deva ognor comparir sulle scene un martuffo con un visaccio da luna piena, con una boccaccia non differente da quella de’ leoni che si mettono avanti alla porta d’un gran palazzo, con un parruccone convenzionale, e con un abbigliamento che non ha presso alla civile società né originale né modello; poiché è deciso che cotal personaggio ridicolo abbia ad essere ognora un padre balocco, od un marito sempre geloso e sempre beffato, od un vecchio avaro che si lascia abbindolare dal primo che gli sa destramente piantar le carote, poiché il costume comanda che per tariffa scenica devano mostrarsi in teatro ora un Olandese col cappello alla quakera che sembri muoversi colle fila di ferro a guisa di burattino, ora un Francese incipriato e donnaiuolo che abbia nelle vene una buona dose d’argento vivo, ora un goffo tedesco che non parli d’altro che della sciabla e della fiasca, ora un Don Quisciotte spagnuolo che cammini a compasso come figura geometrica, pieno di falsi puntigli, ed abbigliato alla foggia di due secoli addietro, poiché insomma tutto ha da essere stravagante, esagerato, eccessivo e fuori di natura, voi mi farete la grazia d’accomodarvi mandando al diavolo quanti precettori v’ammonissero in contrario. […] Cotal costume mi piace assai ed è caratteristico dell’opera.
Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinj, artifizio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli già in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente cultura.
, 38) dice : E quando si rifletta che la verginità di Carlotta Marchionni non fu una maschera astuta per gabellare irresponsabilmente non dirò la scostumatezza, ma nemmeno le facili mondanità della vita del teatro, ma fu invece una castità immacolata e tersa, non appannata mai neppure dal soffio della maldicenza che, fra le quinte, è vipereo ; è da pensare piuttosto che quell’anima forte e quella vigorosa fantasia si piacessero del contrasto fra la severità del costume che s’era imposta, e le sfrenate amorose passioni che doveva rappresentare.
Ognun sà che i primi poeti greci furono insiem sacerdoti, e che eglino medesimi recitavano al popolo i loro componimenti, il qual costume durò sul teatro costantemente fino ai tempi di Sofocle, il primo fra i tragici antichi che cominciasse ad abbandonarlo. […] In Ispagna, dove le antiche usanze durano più lungo tempo che per tutto altrove, si conservò fino a’ nostri giorni il costume di eseguire siffatte rappresentazioni benché trasferite dalla chiesa in teatro col titolo di Autos sacramentales, ed abbellite coi più vaghi colori della poesia, e di superbe decorazioni. […] Allora pervenuti al colmo gli abusi, se ne avvidero i supremi regolatori delle cose sacre del danno che poteva risentirne la religione, contro cui nessun colpo si può scagliar più funesto di quello, che le viene indirizzato dalla corruzion del costume. […] Se non che l’esempio di questo grande armonista non ha avuta alcuna influenza nell’Italia dove la musica ecclesiastica con discapito della religione, con iscandalo degli esteri, e con irreparabile iattura del buon gusto dura sul medesimo piede dopo due secoli, nonostanti alcune rispettabili eccezioni che, per esser poche, non bastano a derogare al costume generale.
S’aggiunse a questa più giusta cadenza secondo il gusto lulliano, furono risecati i soverchi artifizi, si fecer camminare con maggior precisione e calore il movimento e la misura, e le aperture di molte opere italiane si lavorarono alla francese, il qual costume durò per più di vent’anni di qua dai monti fino al principio del secolo presente, checché ne dicano in contrario gli Italiani facili ad essere smentiti colla pruova delle carte musicali di que’ tempi. […] [14] Quindi aveva per costume di esser modesto e rattenuto in sulle prime per sollevarsi poscia bel bello fino a quel grado di espressione che caratterizza i suoi componimenti, e che altri assomiglierebbe alla musa del Petrarca, di cui esso musico si dichiarava ammiratore grandissimo. […] Insigne parimenti divenne Galuppi, chiamato altrimenti il Buranello celebre non meno per questo merito che per lo studio posto nella espressione del costume musicale, intendendo io con siffatto vocabolo il qualificare come si conviene, col debito grado d’intonazione e colla propria spezie di canto, la natura e situazione attuale de’ personaggi che prendonsi a rappresentare. né minor gloria s’acquistò l’immortale Jummelli, il quale in siffatto pregio come nella felicità de’ suoi voli musicali, che lo rendono, a così dire, il Chiabrera e l’Orazio de’ compositori, nell’accoppiar la espressione al difficile, nella fecondità e nel brio de’ suoi concerti fu veramente originale. […] Serve d’argomento a provar la diligenza di questi eccellenti maestri il costume che avevano, siccome riferisce il Buontempi illustre allievo della scuola romana, di condurre a spasso i loro discepoli fuori delle mura di Roma colà dove si ritruova un sasso famoso per l’eco, che ripete più volte le stesse parole.
È memorabile ancora su questo proposito il decreto degli Efori di Sparta contro Timoteo, dove codesto musico vien trattato come eretico e corruttore del costume pubblico per aver alterata l’antica musica aggiugnendo due corde di più alla lira. […] Perciò nei secoli più remoti della Grecia s’introdusse il costume di cantar nei convitti le lodi degli dei e degli eroi affine d’impedire gli affetti della ubbriacchezza tanto più pericolosa a que’ tempi quanto che gli animi non ancor dirozzati si trovavano naturalmente disposti alla violenza. […] Il costume in cui siamo fin dalla infanzia di non considerar nella musica che la semplice modificazione del suono secondo le leggi armoniche, ci fa restringer quest’arte in così brevi limiti. […] Se prestiamo fede all’erudito Bochard, un siffatto costume fu tramandato a noi da quei poeti e musici antichi chiamati Bardi dai settentrionali, parola che, secondo lui, significa in ebreo lo stesso che “cantar in suoni sminuitati e rotti”. […] A cotali autorità aggiugnerò quella del Corsi, il quale chiama siffatta invenzione «quella spezie di musica tanto biasimata dai filosofi, e in particolare da Aristotile nell’ottavo delle politiche, appellandola artifiziosa, e non valevole ad altro che a venire in contrasto con gli emoli suoi, né essere da uomo libero non avendo forza di mutare l’animo altrui a questo e a quel costume».
E il Villani espressamente attesta, che per antico aveano in costume quelli di Borgo San Priano di dare al publico sì fatti solazzi. […] Ma se la scena sarà di color gagliardo e carico, le vesti dimandano una tintura sfumata e schietta, e ‘l loro ornamento non sarà l’argento e l’oro, ma la gentilezza e ‘l costume. […] Egli tende a piacerci, non già con goffe e ridicole maniere, ma coll’imitazione d’un costume placido ed ameno. […] Come vada procurato nell’opera in musica il publico costume [Sez.VII.3.0.1] Io non entrerò a dimostrare quanto importante oggetto pel direttore dell’opera in musica sia il costume della nazione. […] Ma la politica altro ancora, e non immeritamente, richiede, ordinando che l’opera in musica non solo non nuoca al costume de’ cittadini, ma che lo migliori e lo emendi.
…Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinio, artificio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli gia in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente coltura ecc.
I Romani stessi usarono la maschera ne’ funerali de’ principi per imitarne esattamente il volto; e Suetonio racconta, che nel funerale di Vespasiano l’archimimo Favore rappresentò colla maschera e coll’imitazione, giusta il costume, la persona dell’imperadore rinnovandone le azioni e le parole.
Cleopatra fu una delle tragedie di Jodelle, e nell’atto III senza verun riguardo nè al decoro nè al costume questa regina alla presenza di Ottaviano prende per i capelli un suo vassallo, e lo va seguendo a calci per la scena, cosa che non tradusse certamente da veruna tragedia italiana.
I Romani stessi usarono la maschera ne’ funerali de’ principi per imitarne esattamente il volto; e Suetonio racconta, che nel funerale di Vespasiano l’archimimo Favore rappresentò colla maschera e coll’ imitazione, giusta il costume, la persona dell’imperadore rinnovandone le azioni e le parole.
Cleopatra fu una delle sue tragedie, e nell’atto III l’autore, senza verun riguardo nè al decoro nè al costume, fa che questa regina alla presenza di Ottaviano prenda pe’ capelli un suo vassallo, e lo vada seguitando a calci per la scena, cosa che certamente non tradusse da veruna tragedia Italiana.
Essendosi compiaciuto l’autore di permettermene la lettura, vi ammirai pari armonia nella versificazione e grazia di locuzione, ma parvemi priva di energia e d’interesse nella favola e nel costume. […] Gettata sul conio della precedente è la Señorita Mal-criada impressa e non rappresentata ch’io sappia, nella quale si descrive una fanciulla ricca guasta dall’educazione di un padre spensierato, come nell’altra è una madre oscitante e mattamente indulgente che corrompe il costume del figliuolo. Vi s’introduce una donna Ambrosia vedovetta trincata di dubbia fama, che alimenta nella Pepita capricciosa impertinente intollerante tutte le dissipazioni della gioventù senza costume, e fomenta la di lei sconsigliata propensione per un vagabondo ciarlatano; come nella prima favola donna Monica avventuriera contribuisce alla ruina di don Mariano.
Per prima e general divisione della tragedia parmi acconcio il considerar la favola quasi anima e l’altre parti cioè il costume, la sentenza, la favella ed il metro quasi corpo della medesima. […] Passerò quindi alle considerazioni che mi sembreranno opportune circa il costume, circa l’elocuzione e circa il metro. […] Il medesimo si potrebbe dire d’Orazio, a cui Cornelio ascrive un costume troppo aspro, il che non fa il nostro Aretino, che per altro lo rappresenta coraggiosissimo. […] Tomaso Cornelio deprava il costume del Conte d’Essec col renderlo pazzo d’amore e farlo morire più per disperazione che per la grandezza dell’animo. […] Sofocle ha bensì commesso delle indecenze nel costume d’Elettra che non pure imitare non dovevansi, ma s’avevano a schifare.
Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”.
Quindi è che, siasene qualunque la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori del costume che ne risulta la tanto desiderata incantatrice illusione che tiene sospesi ed attaccati alla favola gli ascoltatori.
Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole.
Nel 1739 Algarotti, al seguito di una spedizione inglese, si imbarcò per Pietroburgo, toccando Olanda, Danimarca e Svezia: i Viaggi di Russia scritti in forma odeporica, sono una relazione geografica, politica e di costume dell’esperienza del viaggio. […] La conclusione si distanzita decisamente da quella della prima redazione; proprio in virtù di una ricomposizione del discorso in termini meno militanti e immanenti, sono espunti i toni anche polemici che avevano caratterizzato la prima redazione, laddove Algarotti prendeva le distanze dal dibattito e dalle censure primosettecentesche, criticava il costume corrotto del teatro contemporaneo20 e citava i versi provocatori di Voltaire tratti da Le Mondain. […] Nella lettera inviata da Vienna il 9 febbraio 1756 ad Algarotti, Metastasio converge così sul degrado dei gusti del pubblico senza addentrarsi nello specifico delle argomentazioni dell’amico veneziano, che pur riconoscendo la qualità dei testi metastasiani e l’eccellenza dei suoi drammi, delineava un modello di teatro per musica più adatto ai tempi e al costume europeo e che quindi, per questioni organizzative e soluzioni teoriche, andava oltre il modello metastasiano: Ho letto il vostro Saggio; vi ci ho trovato dentro, l’ho tornato a leggere, per essere di nuovo con esso voi; da cui non vorrei mai separarmi.
Non è vero ciò che diceva Voltaire che solo in Francia prevale l’impertinente costume di fare assistere allo spettacolo la maggior parte dell’uditorio all’erta.
Ma gli affetti universali dell’uomo trovandosi variamente in ciascuna nazione modificati, la drammatica, quanto al gusto, dovrà sempre soggettarsi a certe regole relative, e particolari, e dipendenti dal tempo, dal costume, e dal clima. […] Un critico inglese censura seriamente questo costume degli epiloghi nazionali, pretendendo ch’esso distrugge per mezzo del ridicolo il fatto che potrebbe ricavarsi dalla morale del teatro. […] Ma si vorrebbe l’azione più vivace, il disegno più unito, lo sceneggiamento più connesso, l’entrare e uscire de’ personaggi con più ragione, e soprattutto il costume più decente.
Per antico costume compariva in siffatta scena con cortinas un sonatore di chitarra per accompagnar le donne che cantavano, raddoppiandosene la sconvenevolezza, perchè tra’ personaggi caratterizzati secondo la favola e vestiti p. e. da Turchi, da Mori, da Selvaggi Americani, si vedeva dondolar quel sonatore alla francese. […] Lampillas Catalano oggi dimorante in Genova, il quale non mai avea veduto Madrid, volle dubitare della verità di questa descrizione per suo natural costume di non credere che a se stesso ed a’ suoi corrispondenti che l’ingannano con false notizie.
La sera della rappresentazione (8 aprile 1741) fu anche quella della riapertura del teatro, che secondo il costume era stato chiuso durante la quindicina di Pasqua. […] ; poi, anche senza tali documenti, è noto il costume francese di chiamar la moglie col nome del marito, specialmente nella società alta : serva come un esempio La Principessa Giorgio del figlio Dumas.
A considerare il bene e il male che da ciò ne risulta, sembra che sia da preferirsi il costume dei Francesi, che non permettono a’ loro cantori quegli arbitri de’ quali troppo sovente sogliono abusare i nostri, riducendogli ad essere meri esecutori, e non più, de’ pensamenti altrui.
Questo costume satireggiato nel dramma, ci mena al tempo, in cui i Gaudesi aveano il diritto di vita e di morte, e la giustizia si amministrava da’ paesani rustici senza appellazione.
Quindi è che, siasene qualunque la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori del costume, che ne risulta la tanto desiderata incantatrice illusione che tiene sospesi ed attaccati alla favola gli ascoltatori.
Arnaud, meno al Poeta che ai Greci di quel tempo; perocchè la lingua altro non suol essere, che l’espressione e l’ immagine del carattere e del costume regnante presso di una nazione.
Così il Riccoboni ; e il Sand : Il suo vestire non è straordinario, e io credo sia un costume del tempo, o di poco prima.