Tra le farse rappresentate sul teatro di Varsavia nel 1748, ne troviamo una : Le contese di Mestre e Malghera per il trono, o scritta o rimaneggiata dalla Casanova, con musica dell’Appolloni.
. — Pregava con tetra melodia l’ultime voci di pace la musica solenne del valentissimo maestro Marchesi, il quale ne dirigeva la esecuzione, ed egli e tutti i professori filarmonici e cantanti, artisti ed amatori che trovavansi in Bologna, prestavano gratuitamente questo doloroso tributo. […] Mirabilmente attemprandosi ai diversi caratteri che rappresenta, non mai sveste certa aria sua naturale che può dirsi il tuono fondamentale d’ogni sua musica.
Egli possedeva varie lingue, amava le arti e la musica, e coltivava l’astronomia.
La musica era uno de’ pregi di Epaminonda e di altri grand’ uomini della Grecia, e la declamazione teatrale vi si esercitava come nobile e degna di ogni distinto personaggio. […] Erano essi fra loro accordati con musica ragione in guisa che scossi dalla voce la rimandavano più sonora e modulata.
Talvolta il fumo dell’incenso l’acciecò, e allora egli pensò di essere un po'di tutto : maestro di musica, scrittore drammatico, letterato, scienziato, riformatore di scuole, politico sopr' a tutto : sedere in Parlamento fu un de'sogni più grandi che non potè tradurre in fatto. […] Fu il '66 in Francia e in Ispagna ; si stabilì il '67 a Napoli, ove gli affari andarono alla peggio ; e avrebbe certo dato fondo a ogni avere messo assieme con tanti sudori, se il buon genio della cassetta non gli avesse suggerito di comporre una specie di satira in tre atti con musica — Colpe e Speranze — che andò in iscena il 25 dicembre, e piacque a segno da non lasciare un sol giorno il cartellone per tutto quel carnovale.
Egli possedeva varie lingue, amava le arti e la musica, e coltivava l’astronomia.
Ma questa filosofia, questo spirito giusto, esatto, accurato basta a produrre opere grandi nella poesia, nell’eloquenza, nelle arti del disegno e nella musica?
Nel 1800 s’era già acquistata gran fama come capocomico, e nel 1806 fu chiamato a Milano per formare la Compagnia Reale Italiana al servizio del vicerè Eugenio Di Beauharnais, che dovea recitare al Teatro della Scala, o, quando vi si rappresentavan opere in musica e balli, a quello della Cannobbiana.
Quand’ecco arriva sulla scena lei con una scatola in mano, vestita proprio come una sartina che si rechi a domicilio, e, senza uscire dalla naturalezza, fa sentire la musica di quella voce.
Nè solamente a Firenze gli accadde di dover cedere alle insistenze del pubblico, e replicar sul momento or questo, ora quel brano, chè anche la narrazione di Pilade dovè replicare immediatamente « siccome un pezzo applauditissimo di scelta musica — com’egli ci avverte — nelle scene illustri di Ferrara, di Siena, di Pavia, di Torino, di Bologna. » Fu il 1811 nominato Professore di declamazione e d’arte teatrale nella Accademia di belle arti a Firenze, e vi stampò nel 1832 un corso di lezioni, corredando la duodecima, dei gesti, di quaranta tipi che rappresentano l’attore ne'momenti più importanti della sua arte, e di cui do qui dietro un piccol saggio.
Ma questa filososia, questo spirito giusto, accurato, esatto, basta a produrre grandi opere d’ingegno nella poesia, nell’eloquenza, nella pittura, nella musica? […] Qualche poetastro povero di principi, d’ingegno, e di fantasia, il quale nella mollezza corrente non ha passate le notti d’inverno e i giorni d’està a formarsi uno stile, col solo torre qualche canavaccio lirico francese e porlo in cattivi versi italiani, favorito da una musica eccellente, come quella del celebre signor Gluck nell’Alceste, ha creduto di pareggiar di gloria Pietro Metastasio, ed ha aperto questo cammino tortuoso, che invece di menarci avanti, ci fa rinculare almeno d’un secolo.
La Vincenza, all’incontro, era lodata per la musica, per la vaghezza degli habiti et per altro, benchè il soggetto della sua tragedia non fosse e non riuscisse cosi bello. […] Nel cucire, nel ricamare, anzi nel dipinger con l’ago avanzò non solo tutte l’altre compagne, ma quella favolosa Aracne, e Minerva che di si fatti lavori fu inventrice…….. nè avendo i tre lustri dell’età sua toccati appena, possedeva benissimo la lingua latina, e felicissimamente vi spiegava ogni concetto, leggeva tanto appuntatamente, e scriveva cosi corretto nel latino e nel materno idioma, che più non vi scriverebbe chi dell’ortografia diede i precetti e l’arte…. » E di questa guisa il fervido innamorato va enumerando tutte le grandi qualità della sua morta, additandola ai posteri come « Retore insigne, musica sublime, la quale da sè componeva i madrigali, e li musicava, e li cantava ; suonatrice soavissima di vari strumenti, scultrice in cera valentissima, faconda e profonda parlatrice, e comica eccellentissima.
Noi recitiamo al Teatro Valle dove ci conviene alternare nella stessa sera le nostre recite con l’opera in musica ; uso barbaro che sente moltissimo della tarda civilizzazione, che apertamente si scorge negli atuali costumi Romani.
Volle in oltre egli stesso e comporre la musica de’ suoi drammi, e inventar de’ balli, e prescrivere i gesti e i movimenti del Coro che danzava e cantava negl’intervalli degli atti togliendone la direzione agli antichi maestri ballerini. […] Le favole del padre della tragedia greca furono, come quelle de’ suoi successori Sofocle ed Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi tra l’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine.
La musica era uno de’ pregi di Epaminonda e di altri uomini grandi della Grecia, e la declamazione teatrale vi si esercitava come nobile e degna di ogni distinto personaggio. […] Erano essi fra loro accordati con musica ragione in guisa che scossi dalla voce la rimandavano più sonora e modulata.
E a vederlo e sentirlo nel Maester Pastizza e nella scena musicale a soggetto, chi crederebbe ch’egli sappia o poco o niente di musica ?
I pantomimi erano imitazioni mute fatte co’ gesti e accompagnate dalla musica. […] Da principio la rappresentazione e la danza furono indivise dalla musica e dalla poesia. […] Ma la poesia rappresentativa meglio sviluppata negli episodi, si appropriò certi attori più esperti nel declamare, cioé nel recitar i versi con un’azione naturale e con un canto parlante, il quale, sebbene accompagnato dagli stromenti, non lasciava di appressarsi più al favellare che al canto corale; e allora questa classe di attori ad altre non attese che ad animar con musica moderata e con vivace energica rappresentazione la poesia.
Restovvi tuttavia la musica e l’uso di celebrarvi con una specie di rappresentazione certe feste bizzarre, le quali oltramonti ebbero più il carattere di follia che di giuoco. […] Non ostante poi il titolo di tragedie e commedie, le di lui favole altro esser non doveano che meri monologhi o diverbii per lo più satirici, senza azione, posti in musica da lui stesso, e cantati insieme colla moglie che egli menava seco in cambio de’ ministrieri, e de’ Giullari (Nota V). […] I mentovati ministrieri erano compagni de’ trovatori, e per lo più giravano per li castelli de’ signori per divertirli nell’ora del desinare, cantando su proprii stromenti de’ versi accompagnati da musica da loro composta.
I Francesi che somministrarono opere musicali a’ comici Italiani di Parigi, sono stati Favart, Saint-Foix, Boussy, Marivaux, Marmontel, Sedaine e Framary autore di Nannete & Lucas, e dell’Isola deserta traduzione di quella di Metastasio nel 1775 animata dalla musica del celebre nostro Sacchini, ed anche della traduzione dell’Olimpiade pure rappresentata colla musica del medesimo eccellente maestro. […] Mayeur nel corrente anno 1789 ha data una commedia istorica in tre atti con musica intitolata il Barone di Trenck.
Il piano ed i versi del prologo, dell’atto I, e delle due scene prime del II e del III sono di Moliere; il rimanente si verseggiò da Pietro Cornelio, ad eccezione delle parole italiane, e de’ versi francesi da cantarsi scritti da Quinault e posti in musica da Lulli. […] Uno se ne ballò nel 1582 ch’egli compose per le nozze del duca di Joyeuse e di madamigella di Vaudemont, ajutato nella musica da Salmon e da Beaulieu, e ne’ versi da Chesnaye, a cui Giacomo Patin pittore del re fece le decorazioni, di che vedasi il trattato del P.
Tra gli arabi non si trova, se non quello ch’ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioé musica, balli, e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie, e tornei.
Guglielmo d’Avenant successore di Ben Johnson coltivò parimente la poesia tragica; ma essendosi ricoverato in Francia, dove osservò lo spettacolo dell’opera in musica, volle introdurla nel teatro nazionale.
Guglielmo d’Avenant successore di Ben Johnson coltivò parimente la poesia tragica; ma essendosi ricoverato in Francia, dove osservò lo spettacolo dell’opera in musica, volle introdurla nel teatro nazionale.
Volle inoltre egli stesso, non solo comporre la musica de’ suoi drammi, ma inventar l’azione de’ balli, e prescrivere i gesti e i movimenti del coro che danzava e cantava negl’intervalli degli atti, togliendone la direzione agli antichi maestri ballerini, i quali non doveano a suo tempo essere nell’inventare e nel disporre più giudiziosi e felici di quello che, fino a circa diecianni fa, o poco più, si sono dimostrati i moderni. […] Le tragedie di Eschilo furono, come quelle di Sofocle e di Euripide, vere azioni drammatiche eroiche, accompagnate dalla musica, e decorate dal ballo; né altra differenza può ravvisarsi fra ’l primo e i secondi, se non quella che vi ha fra Tiziano e Correggio, fra Zeno, e Metastasio, fra Corneille e Racine, cioé quella che si scorge ne’ differenti caratteri degli artefici che lavorano in un medesimo genere. […] Brumoy osserva nella scena dell’atto IV, in cui si annunzia ad Ecuba la morte di Polidoro, che vi sono sparse alcune strofe, alle quali forse si congiungeva una musica più patetica. Per farle notare, Lodovico Dolce le ha tradotte in versi più piccoli; il che fa vedere, che il signor Mattei non ben si appone, quando afferma che niuno degl’interpreti antichi ha capito l’artificio de’ tragici greci per rapporto alla musica. […] Tutto ciò é parlante nell’originale, e (secondo che oggidì si maneggia la musica e si maneggerà finché il sistema non ne divenga più vero) sarebbe anche ora contrario all’economia musicale il chiudere simili particolarità in un duetto o terzetto serio, cose, che a giudizio del celebre signor Gluck, hanno bisogno di passioni forti per dar motivo alla musica di trionfare.
Vi si segnalarono Favart, Saint-Foix, Boussy, Marivaux, Marmontel, Sedaine e Framary autore di Nannete et Lucas, e dell’Isola disabitata traduzione di quella di Metastasio che si animò colla musica dell’insigne nostro Sacchini nel 1775, come ancora della traduzione dell’Olimpiade recitata colla musica del medesimo esimio nostro maestro. […] Mayeur nel 1789 diede una commedia istorica in tre atti con musica intitolata il Barone di Trenck. Ma di quanto altro concerne la musica vuolsi osservare il capitole seguente.
Ambivio Turpione e di Attilio Prenestino colla musica di un certo Flacco figlio di Claudio o di lui liberto, come vuole Madama Dacier, benchè non apparisca donde l’abbia ricavato. […] Valerio Flacco colla musica di Flacco di Claudio figlio o liberto. […] Come la dissonanza musica non risoluta, finchè non cada in tuono, sembra un errore nemico dell’armonìa, così l’ azione quì disposta non soffre sospensione, ed è forza che si risolva; e la venuta di Demifone è la risoluzione della scena. […] Attilio Prenestino colla musica di Flacco. […] Cornelio Cetego l’ anno di Roma 593, secondo il Fabro de ætate Terentii, essendo rappresentata dalla compagnia di Attilio Prenestino e da Minuzio Protimo colla musica di Flacco.
Il piano ed i versi del prologo, dell’atto I e delle due scene prime del II e del III, sono di Moliere; il rimanente si verseggiò da Pietro Cornelio, ad eccezione delle parole italiane e dei versi francesi da cantarsi che si scrissero da Quinault, e si posero in musica da Lulli. […] Uno se ne ballò nel 1582 ch’egli compose per le nozze del duca di Joyeuse e di madamigella di Vaudemont ajutato nella musica da Salmon e da Beaulieu, e ne’ versi do Chesnaye, a cui Giacomo Patin pittore del re fece le decorazioni; di che vedasi il trattato del p.
La comedia in musica che si doveva fare qui non si farà per adesso, poichè volevano che vi cantassi io, ma perchè non possono essere al ordine per questo mese non ò voluto per non far danno alla Comp.
A’ 2 di settembre scrisse a monsignor Zucconi a Vienna di aver composto questa favoletta da recitare in musica nel passaggio della regina di Ungheria per Mantua a.
A monsignor Zucconi a’ 2 di settembre a Vienna scrisse di aver composta questa favoletta da recitare in musica nel passaggio della regina di Ungheria per Mantua.
3° Essi domandano umilmente sien lor concesse le danze e la musica negl’intermezzi, come furon concesse a' predecessori.
Ambivio Turpione e di Attilio Prenestino colla musica di un certo Flacco figlio di Claudio o di lui liberto, come vuole Madame Dacier, benchè non apparisca donde l’abbia ricavato. […] Valerio Flacco colla musica di Flacco figlio o liberto di Claudio. […] Come la dissonanza musica non risoluta, finchè non cada in tono, sembra un errore nemico dell’armonia, così l’azione quì disposta non soffre sospensione, ed è forza che si risolva; e la venuta di Demifone è la risoluzione della scena. […] Attilio Prenestino colla musica di Flacco. […] Cornelio Cetego l’anno di Roma 593, secondo il Fabro de aetate Terentii, essendo rappresentata dalla compagnia di Attilio Prenestino e da Minuzio Protimo colla musica di Flacco.
Nella scena in cui le si enuncia la morte di Polidoro, osserva Pietro Brumoy che vi sono sparse alcune strofette, alle quali forse si congiungeva una musica più patetica. Le comprese il Dolce, e seguì l’originale, traducendole in versi più piccioli; la qual cosa, con pace del calabrese Mattei, fa vedere che gl’interpreti de’ tragici Greci compresero il loro artificio per ciò che la musica riguarda. […] Tutto ciò nel l’originale è parlante, e (secondochè oggidì si maneggia in teatro la musica, e si maneggerà finchè il sistema non ne divenga più vero) sarebbe anche ora contrario al l’economia musicale il chiudere simili particolarità in un duetto o terzetto serio, perchè essi, a giudizio del celebre Gluck, abbisognano di passioni forti per dar motivo al l’espressione della musica.
Per dare un saggio della declamazione teatrale e della melopea de’ greci, egli ne fece recitar senza veruna fonte di canto le parole; e la musica, esprimendo gli affetti del personaggio, secondandone i movimenti, dipingendone la situazione, riempiva soltanto gl’intervalli e le pause della declamazione. Molti pezzi di musica furono composti dall’istesso Rousseau, e ’l rimanente da M. […] Un altro dramma musicale di Gian-Giacomo Rousseau merita che sia commemorato qui, ed é la di lui graziosa pastorale, intitolata Le Devin de Village, opera assai pregiata per la sua delicatezza e semplicità tanto nelle parole, quanto nella musica composta dall’autore stesso245.
Oltre che nell’ Arianna, ella cantò anche nel balletto delle Ingrate, parole del Rinuccini, e musica del Monteverde : e da Torino, proprio al momento della lotta accanita, 13 giorni dopo l’invio della lettera al Cardinal Gonzaga, il Cav. […] darà una festa a mille fonti alli III.mi Card.li, dove sarà un Balletto di Sirene che nell’ aqua nuotando danzar ano, et una Piscatoria cantata in musica, dove Florinda acquista non poca riputatione cantando con bellissima maniera.
Chi é fatto soltanto per appagar l’esteriore de’ sensi, incantato dalla magnificenza delle decorazioni e dalla sveltezza delle danze, dalla lusinghiera musica e da una tenera pieghevole voce, nulla cerca più oltre.
Il secolo ammollito e stanco dal piagnere colla severa tragedia giva desiderando i vezzi della musica in ogni spettacolo. […] La Florinda del figliuolo della famosa attrice Isabella Giambatista Andreini, di cui favella il Baile, e il di lui Adamo recitato in Milano, onde dicesi d’avere il celebre Milton tratta l’idea di comporre il Paradiso perduto: il Radamisto di Antonio Bruno nato in Manduria nel regno di Napoli censore più volte e segretario degli Umoristi di Roma65: Ildegarde di monsignor Niccolò Lepori pubblicata nel XVII e reimpressa nel 1704 in Viterbo: la Belisa tragedia di lieto fine del cavaliere Napoletano Antonio Muscettola data alla luce in Genova nel 1664, ed altamente comendata col nome di Oldauro Scioppio da Angelico Aprosio uscita nell’anno stesso in Lovano; e la di lui Rosminda impressa in Napoli nel 1659 ed anche nella II parte delle sue poesie; ed il Radamisto tragedia destinata alla musica impressa nella III parte di esse poesie dell’edizione del Raillard del 1691: e finalmente le tragedie di Bartolommeo Tortoletti Veronese mentovate dal Maffei e dal Crescimbeni.
… Aggiungetevi una musica e un allestimento scenico non meno grandiosi ; e non dobbiamo stupirci se il pubblico di due secoli e mezzo fa andava in visibilio. Quanto alla recitazione, ammettiam pure dal contesto del lavoro e delle note stesse che vi fosse alcun che di convenzionale a declamazioni e a passi in cadenza ; ma io non sono alieno dal credere che tale specie di recitazione musicale dovesse assai più convenire al lavoro che una recitazione parlata ; quanto alla musica, il nome del Monteverdi è tale da non far dubitare del valore di essa ; e quanto all’allestimento scenico, si può esser certi come nulla vi avesse di esagerato nelle scene indicate dall’Andreini, le quali saranno state sfarzosamente e con ogni fedeltà eseguite.
Volle innoltre egli stesso e comporre la musica de’ suoi drammi, e inventar l’azione de’ balli, e prescrivere i gesti e i movimenti del coro che danzava e cantava negl’ intervalli degli atti, togliendone la direzione agli antichi maestri ballerini. […] Le tragedie di Eschilo furono, come quelle di Sofocle e di Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi trall’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine. […] Nella scena in cui le si enuncia la morte di Polidoro, osserva Brumoy che vi sono sparse alcune strofette, alle quali forse si congiungeva una musica più patetica. Le comprese il Dolce, e seguì l’originale, traducendole in versi più piccioli; la qual cosa con pace del Signor Mattei, fa vedere che gl’ interpreti de’ tragici Greci compresero il loro artificio per ciò che la musica riguarda. […] Tutto ciò nell’originale è parlante, e (secondochè oggidì si maneggia in teatro la musica, e si maneggerà finchè il sistema non ne divenga più vero) sarebbe anche ora contrario all’economia musicale il chiudere simili particolarità in un duetto o terzetto serio, perchè essi, a giudizio del celebre Gluck, abbisognano di passioni forti per dar motivo all’espressione della musica.
Il secolo ammollito e stanco dal piagnere colla severa tragedia giva desiderando i vezzi della musica in ogni spettacolo. […] La Florinda di Giambatista Andreini figliuolo della famosa attrice Isabella, del quale favella Pietro Baile, e il di lui Adamo recitato in Milano, onde dicesi di avere il celebre Milton tratta l’idea di comporre il Paradiso perduto: il Radamisto di Antonio Bruno nato in Manduria nel regno di Napoli censore più volte e segretario degli Umoristi di Romaa: Ildegarde di monsignor Niccolò Lepori pubblicata nel XVII secolo e reimpressa nel 1704 in Viterbo: la Belisa tragedia di lieto fine del cavaliere napolitano Antonio Muscettola data alla luce in Genova nel 1664 ed altamente comendata col nome di Oldauro Scioppio da Angelico Aprosio uscita nell’anno stesso in Lovano; e la di lui Rosminda impressa in Napoli nel 1659 ed anche nella parte II delle sue poesie; ed il Radamisto tragedia destinata alla musica impressa nella parte III delle stesse poesie dell’edizione del Raillard del 1691: e finalmente le tragedie di Bartolommeo Tortoletti veronese mentovate dal Maffei e dal Crescimbeni.
L’avea l’autore molti anni indietro composta e destinata a recitarsi in musica in una casa particolare; ma non essendo venuto a capo tal disegno, corse per alcun tempo manoscritta con più applauso che non isperava chi la scrisse. […] Presolo dunque di nuovo per mano, lo purgò delle variazioni fattevi da mano aliena, ne soppresse ciò che apparteneva alla musica, ne variò il viluppo, diede all’azione più moto ed interesse, e più forza e verità a’ caratteri.
Per convincersene vie più, si può riflettere che nel paragone di Eschilo ed Euripide fatto nelle Rane si discusse il loro merito intorno alla poesia e alla musica, ma niun motto fecesi del ballo; la qual cosa non si sarebbe omessa, se il ballo fosse stato il principale oggetto de’ greci drammi.
Sulla produzione di libretti per i drammi per musica si sono soffermati gli studi raccolti in Salfi librettista (2001), a cura di Francesco Paolo Russo. […] Per quanto riguarda gli insegnamenti da impartire al futuro attore, si spazia dalla lingua, al disegno, al ballo e alla musica, alla storia, all’eloquenza, alla moralità, fino a giungere alla poesia, che fungono da propedeutica all’arte della declamazione vera e propria. […] La declamazione fu per essa un’ arte regolare come la scrittura, la pittura, la musica; e i più grandi filosofi, non che gli artisti più celebri, teoreticamente ne ragionarono, e ciascuna nazione vanta le sue opere e i suoi scrittori. […] [2.20] Noi non abbiamo inteso di definire il carattere di ciascun tuono considerato in se stesso, e notarli tutti o i principali, come si fa nella musica. […] E perciò certi atteggiamenti e tuoni per sé spiacevoli e alla lunga insoffribili, accomunati e temperati con quelli che precedono e seguono, servono anzi ad accrescerne la varietà e l’armonia, e fanno anch’essi quel che nella musica vocale e strumentale, le dissonanze.
Adunque anche in un tempo di decadenza nelle belle lettere debbono distinguersi le additate commedie erudite da ciò che in seguito si scrisse in Italia col disegno di piacere alla plebe ed esse debbono tanto più pregiarsi quanto più si vide il secolo trasportato dallo spettacolo più seducente dell’Opera in musica.
La figliuola di Errico VIII Elisabetta che suole riporsi insieme coi più gran principi del suo tempo Sisto V pontefice Romano ed Errico IV re di Francia, all’amor della musica congiunse la coltura delle lettere, ed oltre alle aringhe d’Isocrate, tradusse in latino le tragedie di Sofocle16.
Grande, nobile, di bellezza commovente e appassionata, con due occhi che parlano, un sorriso di perle, un gesto d’imperatrice, incede come potrebber Pallade o Giunone, e la sua voce è una musica piena di soavità, o di forza, secondo il sentimento che la domina.
È dunque possibile che taluna volta a lui accada per la parola quello che accade ad altri in genere per la musica, i quali mentalmente credono di ripetere con esattezza un motivo, e quando si provano di rifarlo colla voce, non azzeccano più le note ?
Restovvi tuttavia la musica, e l’uso di celebrarvi con una specie di rappresentazione certe feste bizzarre, le quali oltramonti ebbero più il carattere di follia che di giuoco. […] Non ostante poi il titolo di tragedie e commedie, le di lui favole altro esser non doveano che meri monologhi o diverbii per lo più satirici senza azione, posti in musica da lui stesso, e cantati insieme colla moglie che egli menava seco iu cambio de’ ministrieri e de’ Giullari.
Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cíoè musica, balli, travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei.
Fece anche uscir fuori la musica che prima cantava dietro della manta, e forse la rese più grata colla chitarra che l’ha accompagnata fino a’ nostri giorni.
Come è probabile che un commediante fosse preposto a giostre e tornei, così è anche probabile che si desse in quel tempo il nome di Roscio a chi si mostrasse espertissimo di cose teatrali in genere, quali la musica, le giostre, i tornei, la declamazione, il canto….
Adunque coloro che pretendono, sol perchè l’asserirono la prima volta, trasformare le pastorali del XVI secolo in opere in musica, per sapere che vi furono poste in musica le canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima ragione; la qual cosa sarebbe una rara scoperta del secolo XVIII. […] Nel prologo degl’Ingiusti Sdegni sua commedia impressa nel 1553 havvi una descrizione lodevole della commedia, nella quale si sostiene che tutti i vantaggi della pittura della musica e della storia trovansi raccolti nella commedia. […] Eccoti dunque una commedia in prosa con accompagnamenti tali che le danno diritto a chiamarsi opera in musica, secondo la pretensione del Menestrier seguito dal Planelli.
Adunque coloro che pretendono, sol perchè l’asserirono la prima volta, trasformare le pastorali del XVI secolo in opere in musica per sapere che vi furono poste in musica le canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima ragione; la qual cosa sarebbe una rara scoperta del secolo XVIII. […] Nel prologo degl’ Ingiusti Sdegni sua commedia impressa nel 1553 havvi una descrizione lodevole della commedia, nella quale si afferma che tutti i vantaggi della pittura, della musica e della storia si trovano raccolti nella commedia. […] Eccoti dunque una commedia in prosa con accompagnamenti tali che le danno diritto a chiamarsi opera in musica, secondo la pretensione del Menestrier e di chi l’ha seguito.
Questo tragico assettatuzzo risponde che un poeta aver debbe i costumi convenienti alle favole che maneggia, e chi ne fa delle effemminate, uopo è che accomodi se stesso a que’ costumi…, Ibico, Anacreante Tejo ed Alceo versatissimi nella musica portavano creste femminili e ballavano alla Jonica; e Frinocoo che appariscente e vago era, vestiva leggiadramente; la natura fruttifica secondo i semi . […] Passano indi alla censura de’ canti o sia della musica apposta alla loro poesia. […] Questo Coro grottesco di uomini con maschera di uccelli di varie specie imitava al possibile la fisonomia di coloro che si volevano dal poeta additare e mordere; ed oltre a fare una capricciosa decorazione, serviva a dar motivo alla musica di esser varia e piacevole coll’imitazione del canto di varii uccelli. […] Ma io (dice l’altro) non sono uomo molto dabbene, ignoro colla musica ogni bell’ arte, appena so leggere.
Ibico, Anacreonte Tejo ed Alceo versatissimi nella musica portavano creste femminili e ballavano alla Jonica; e Frinocoo che appariscente e vago era, vestiva leggiadramente; la natura fruttifica secondo i semi. […] Passano indi alla censura de’ canti o sia della musica apposta alla loro poesia. […] Questo coro grottesco di uomini con maschera di uccelli di varie spezie, imitava al possibile la fisonomia di coloro che si volevano additare e mordere; ed oltre a fare una capricciosa decorazione, serviva a dar motivo alla musica di essere varia e piacevole coll’ imitazione del canto di varj uccelli. […] Ma io (dice l’altro) non sono uomo molto dabbene, ignoro colla musica ogni bell’ arte, appena so leggere. […] Per convincersene; oltre alle cose dette, si può riflettere che nel paragone di Eschilo ed Euripide fatto nelle Rane si discusse il loro merito intorno alla poesia e alla musica, ma niun motto si fece del ballo; il che non si sarebbe omesso, se il ballo fosse stato il primo oggetto de’ Greci drammi.
I cori di esse posti in musica da varj eccellenti maestri Napoletani si trovano stampati colle note musicali in fine di ciascun tomo. Tommaso Carapelle pose in musica i cori del Domiziano: Domenico Sarro quelli de’ Massimini: Leonardo Vinci del Massimiano: Francesco Durante del Flavio Valente: Giovanni Adolfo Hasse detto il Sassone della Draomira: Nicola Fago detto il Tarantino dell’Eustachio: Leonardo di Leo della Sofronia: Nicola Porpora dell’Ermenegildo: Francesco Mancini del Maurizio il Principe di Ardore del Ridolfo. […] Volle il Conti far uso de’ cori per riunire alla tragica rappresentazione la musica che le conviene, e questa forse è una delle ragioni per cui i commedianti oggi non le rappresentano, schivandone la spesa; ma egli però introdusse ne’ suoi cori a cantar sulla scena cavalieri e senatori Romani con poca convenevolezza alla loro gravità e al costume di que’ tempi. […] Ma nel rimanente lo stile rassomiglia a quello delle nostre tragedie e talora delle opere musicali, la qual cosa par che dissuoni, perchè le maniere e le formole de’ popoli cacciatori introdotti nel Calto dovrebbero esser sempre di molti gradi lontane dalle idee de’ popoli culti e dal linguaggio delle opere in musica.
Rocco sua parrocchia ; e il 28 dello stesso mese i comici italiani fecer celebrare in suffragio dell’anima sua un servizio funebre, nella Chiesa dei Petits-Pères della Piazza delle Vittorie, al quale intervennero l’Accademia Reale di musica e la Commedia Francese.
Dei cibi sani – non pianoforte, nessuna musica della terra – nessun giornale – un piccolo frate che ogni giorno arriva scalzo e colla barba bianca per la piccola questua….
Con una piena libertà d’immaginare ed eseguire a suo modo, con un sito ampio e d’ogni intorno sgombro di ostacoli e di abitazioni, con la magnificenza di un Sovrano come Ferdinando IV che ne forniva la spesa, ha formato un teatro con una facciata pesantissima, non ampio, non magnifico, non comodo per vedere ed esser visto, non armonico all’ udire; mentre la più eccellente musica de’ Sarti e de’ Paiselli perdevi due terzi della nativa squisitezza, anche per gl’ interpilastri che dividono ciascun palchetto, e per tanti intagli e centinature.
Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioè musica, balli e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei.
Onde conoscendo eglino che la soavità del canto rapiva dolcemente i cuori umani, e che ’l discorso da certe leggi misurato portava più agevolmente per via degli orecchi dentro l’animo la medicina delle passioni, racchiusero gl’insegnamenti in verso, cioè in discorso armonioso, e l’armonia del verso accoppiarono con l’armonia ed ordinazione della voce, che musica appellarono», Gian Vincenzo Gravina, «Della tragedia», in Id., Scritti critici e teorici, a cura di Amedeo Quondam, Bari, Laterza, 1973, p. 507). […] Le sue prove drammatiche erano particolarmente apprezzate per la capacità di fondere armoniosamente la piacevolezza della musica alla gravità della tragedia, sapientemente stemperata grazie al ricorso ad un tono pastorale che ben supportava quell’estetica della galanteria che la corte di Luigi XIV e il pubblico parigino amavano (cfr. […] Nella maniera che una musica malinconica solleva e toglie la nostra malinconia. […] Un altro grecista convinto come il maceratese Domenico Lazzarini, nei Frammenti dell’arte poetica, valorizzava al contrario non tanto la capacità della tragedia di assuefare il pubblico alla pietà e al terrore, rendendolo immune alle mollezze che proponevano ad esempio i drammi incentrati sul soggetto amoroso, quanto piuttosto, rifacendosi alla Politica piuttosto che alla Poetica, l’ufficio curativo della musica, capace di agire negli spettatori come una potenza medicamentosa che ne lenisce gli affanni (su questo mi permetto di rimandare al mio «L’“irragionevolezza” della Merope nelle Osservazioni di Domenico Lazzarini», in «Mai non mi diero i Dei senza un egual disastro una ventura», cit., pp. 215-234), inaugurando un’interpretazione propriamente medica della catarsi che avrà successo soprattutto nell’Ottocento.
I cori si posero in musica da varii eccellenti maestri napoletani, e si trovano stampati colle note musicali in fine di ciascun tomo. Tommaso Carapelle pose in musica i cori del Domiziano : Domenico Sarro quelli de’ Massimini : Leonardo Vinci del Massimiano : Francesco Durante del Flavio Valente : Giovanni Adolfo Hasse detto il Sassone della Draomira : Nicola Fago detto il Tarantino dell’Eustachio : Leonardo di Leo della Sofronia : Nicola Porpora dell’Ermenegildo : Francesco Mancini del Maurizio : il Principe Milano di Ardore poi Marchese di San Giorgio del Ridolfo ; di maniera che questi due volumi contengono come un saggio accademico di diverse belle arti riunite. […] Volle il Conti far uso de’Cori per riunire alla tragica rappresentazione la musica che le conviene ; e questa può esser forse una delle ragioni, per cui i commedianti più non le rappresentano, schivandone la spesa. […] Ma nel rimanente lo stile rassomiglia a quello delle tragedie e talora delle opere musicali, la qual cosa par che dissuoni ; perchè le maniere e le formole de’ popoli cacciatori introdotti nel Calto dovrebbero esser sempre per molti gradi lontane dalle idee de’ popoli culti e dal linguaggio delle opere in musica. […] Dopo varii tentativi fatti in Europa per mostrar degnamente sulle scene il personaggio di Socrate, ed esente da ogni taccia o di satira immoderatamente amara, o di certo misto di comico e compassionevole, o di mollezza musica e lirica congiunta al terribile spettacolo della virtù da’ rei mortali condannata a morte ; il prelodato Scevola per suo primo tragico saggio produsse il suo Socrate in Milano sul teatro già detto Patriotico ed ultimamente Filarmonico, che s’impresse nel 1804.
Conviene intanto osservare che i sopralodati ingegni Italiani, benchè per far risorgere la tragedia si avvisassero di seguire le orme de’ Greci, pure la spogliarono quasi totalmente di quella musica, qualunque essa siesi stata, che in Grecia l’accompagnò costantemente. […] Ma per essere stata spogliata della musica dovea dirsi che la tragedia moderna non sia tale?
La figliuola di Errico VIII Elisabetta, che suol riporsi insieme coi più gran principi del suo tempo Sisto V pontefice romano ed Errico IV re di Francia, all’amor della musica congiunse la coltura delle lettere, ed oltre alle aringhe d’Isocrate, tradusse in latino le tragedie di Sofoclea.
Conviene intanto osservare che i soprallodati ingegni Italiani, benchè per far risorgere la tragedia si avvisassero di seguire l’orme de’ Greci, pure la spogliarono quasi totalmente di quella musica, qualunque ella sia stata, che in Grecia l’ accompagnò costantemente. […] Ma per essere stata spogliata della musica dovea dirsi che la tragedia moderna non sia tale?
Bernarda Ferreira de la Cerda portoghese versata nelle matematiche e nella musica compose diverse commedie alla maniera allora dominante senza regolarità ed in istile lirico troppo ricercato; le quali si trovano nel II tomo delle opere di questa dama. […] Per goder da vicino di quella musica, senza invito monta su e si pone a sedere.
Bernarda Ferreira de la Cerda Portoghesa versata nelle matematiche e nella musica compose diverse commedie alla maniera allora dominante senza regolarità ed in istile lirico troppo ricercato, le quali si trovano nel II tomo delle di lei opere. […] Per goder da vicino di quella musica, senza invito monta su e si pone a sedere.
Ma questo primo coro della Troade accoppiato ai lamenti di Ecuba rassomiglia ad alcuni delle greche tragedie, e dovè riuscire assai comodo alla musica per gli oggetti diversi che le appresta.
Questo primo coro pero della Troade accoppiato ai lamenti di Ecuba rassomiglia ad alcuni delle tragedie greche, e dovè riescire assai commodo alla musica per gli oggetti diversi che le appresta.
» La recitazione di Corinto alternava con la musica, « suonando varii e diversi stromenti da fiato, composti di molti flauti, cantandovi sopra versi boscarecci e sdruccioli ad imitatione del Sannazaro, detto Atio Sincero pastor Napolitano. » – Parlando alla sua boscareccia zampogna, nel discorso citato, dice : « rimanti per sempre appesa a questa verde et onorata pianta, e teco rimangano per sempre appesi a questi verdi e onorati tronchi tutti gli altri miei pastorali strumenti solo inuertiti a gloria e onor della mia cara Fillide.
S’inganna dunque Don Antonio Eximeno quando nella sua per altro pregevole opera dell’origine e delle regole della musica, parlando di Lope, non gliene attribuisce più di mille e cinquecento.
Lasciando di parlar di quelli che apaiono in scena, di che si trattarà dimane, come ui ho detto, e darouui anco sopra essi il mio parere circa il loro accrescere o scemare riputatione a le comedie, dico, che gl’ intermedij di musica almeno, sono necessarij alle comedie, si per dar alquanto di refrigerio alle menti de gli spettatori ; et si anco per che il poeta [come ui cominciai a dir hieri] si serue di quello interuallo, nel dar proportione alla sua fauola. poscia che ogn’uno di questi intermedij, ben che breue, puo seruir per lo corso, di quattro, sei, et otto hore a tale che quantunque la comedia, per lunga che sia, non hà da durar mai piu che quattro hore ; spesso se le dà spatio di un giorno intiero, et anco alcuna uolta di mezzo un’ altro, et il non comparire personaggi in scena ; fa questo effetto con maggiore eficacia.