Cornelio seguendo l’esempio di Pietro trasportarono, come dicemmo, diverse favole spagnuole al lor teatro, purgandole per lo più dalle principali irregolarità, ma sovente sfigurandole e convertendo in bassezze scurrili le grazie originali10. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre il verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fénélon, La Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con troppa fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, dico, quando anche gli venissero con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’ uomo.
Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”.
Dopo il qual tempo ritornò in Italia, e precisamente a Mantova, come abbiamo da una lettera dell’Elettore al Duca ; a cui raccomanda nel lor ritorno la coppia D’Orsi, e da una nota che ci fa sapere come « i loro abiti da commedianti furono spediti a Mantova in 29 casse.
Come è possibile che quelle lor voci liquide e dimezzate ispirino altri affetti che mollezza e languore? […] Per non dir nulla della energia che scemano alla situazione e al sentimento lasciando il gesto inoperoso e senza effetto in tante circostanze che traggono appunto da esso la lor verità. […] Ma benché siffatta obiezione abbia più forza contro alla spezie di canto e di musica solita a sentirsi oggidì sui teatri che contro il canto e la musica in generale, e benché intendersi ciò debba soltanto delle arie e non dei recitativi, dove è indubitabile che possono aver il lor luogo i tratti più vibrati ed energici, come l’hanno pur qualche volta in quelli di Metastasio; egli è certo nonostante che l’accusa sarebbe men ragionevole ove la riflessione e la scienza del cantore sapessero colla proprietà dell’azione supplire al rapido e conciso linguaggio degli affetti. […] [55] Che se a questa classe voglionsi aggiugnerc gli ippocriti di sentimento, quelli cioè che affettano di provar diletto nella musica per ciò solo che stimano esser proprio d’uomo, di gusto il provarlo: se noveriamo anche i molti che, invasati dallo spirito di partito, commendano non ciò che credono esser buono, ma quello soltanto che ha ottenuta la lor protezione; se vorremo separare i non pochi che essendo idolatri di un solo gusto e di un solo stile circoscrivono l’idea del genio nella esecuzione di quello, e rassomigliano a quel capo dei selvaggi, il quale stimando esser le sue campagne il confine del mondo, e se stesso l’unico sovrano dell’universo, esce ogni mattina dalla sua capanna per additar al sole la carriera che dee percorrere in quel giorno; si vedrà che alla fine dei conti quel gran pubblico signorile e rispettabile si risolve in un numero assai limitato di uditori che capaci siano di giudicare direttamente. […] E siccome dicesi a ragione che una è la strada della verità e quella dell’errore moltiplice, così, posta la disconvenienza delle modulazioni cogli oggetti naturali, ne vengono in conseguenza la necessità di cambiarle sovente per non infastidir l’uditore, la tortura che si danno i cantori per trovar cose che lusinghino le orecchie colla lor novità, e la varietà de’ gusti che da ciò ne risulta.
Boisrobert, Scarron, Desmaret, Tommaso Cornelio seguendo l’esempio di Pietro trasportarono, come dicemmo, diverse favole spagnuole al lor teatro, purgandole per lo più dalle principali irregolarità, ma sovente sfigurandole e convertendo in bassezze scurrili le grazie originalia. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre del verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fenèlon, la Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con soverchia fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, quando anche gli venisseso con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo.
A questo fine era lor d’uopo farsi creder dal volgo superiori agli altri nella scienza e nella possanza, ritrovando una tal arte che supponesse una segreta comunicazione tra il mondo invisibile e il nostro, e della quale essi ne fossero esclusivamente i possessori. […] Di più, essendo a que’ tempi ricevuta dalle leggi l’appellazione per via di duello, le dame, che non potevano venir a personale tenzone, combattevano per mezzo dei lor cavalieri, ai quali veniva troncata la mano in caso di perdita.
Guildenstern, e Rosencrantz hanno seguito il lor camino verso Inghilterra; molto debbo dirti su di essi. […] Sull’esperienza del passato (io lo prevedo) non imiteranno la nostra ingenuità, come non l’hanno imitata finora, gli apologisti Spagnuoli; e se mai s’intalenteranno, scossi al fine dalla mia storia teatrale, di compilarne anch’essi una particolare del proprio teatro, che prima non ebbero in verun conto, essi del Signorelli non saranno menzione, se non per declamar contro di lui allorchè non dice a lor modo.
Noto è pur troppo che barbaro di sua origine significò straniero, quale si considerava da’ Greci chi nasceva fuor della Grecia, e da’ Romani chi alla lor nazione non apparteneva.
Melpomene e Talìa sol men giulive, niun fra i Toschi in veder di lor ben degno, quasi invidia sentian dell’altre Dive.
Fan come le femmine Tutte le cose; han lor specchi, lor pettini, Lor pelatoi, lor stuccetti de’ varii Ferracciuoli forniti: hanno lor bussoli, Loro ampolle e vasetti ecc. […] Tutto ciò ch’hanno in adornarsi spendono, Polirsi, profumarsi come femmine, E pascer mule e paggi, che lor trottino Tutto dì dietro, mentre essi avvolgendosi Di quà e di là, le vie e le piazze scorrono, Più che ognuna civetta dimenandosi, E facendo più gesti ch’una scimia. […] Ben è Curioso (egli dice) il leggere le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto.
Di più l’interesse par maggiore in questa, perché Seneca ingegnosamente suppone che Giasone é costretto a sposar Creusa per evitar la morte; da che Acasto figliuolo di Pelia minaccia di saccheggiar Corinto, se Creonte non rende i colpevoli al gastigo ch’egli lor prepara. […] qual motivo avea Edipo d’abbandonarli al lor furore? […] Queste erano a tal segno sfrontate, che al comando del popolo si nudavano, e facevano spettacolo del lor corpo; ma in ciò eran mai più sfacciate quelle schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo? […] Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le latine pur troppo a cadere di pregio e a svanire al paragone; così sono esse oscurate dalle commedie greche, cui in vano cercarono di emulare». «Orazio, giudiciosissimo poeta e precettatore ( scrive Anton Maria Salvini ) rende ragione, perché i comici latini non abbiano aggiunto all’eccelezza de’ greci, zoppicando in questa parte la commedia latina, per usare in questo proposito la frase di Quintiliano, uomo di squisito giudicio, seguito in ciò dal Poliziano nell’erudita selva de’ poeti; dice, che di questa inferiorità n’é cagione, che i Latini non hanno amata la fatica della lima, e dati sono impazienti d’indugio, mandando fuori troppo frettolosamente i lor parti, ne’ quali più ingegno che audio si scorge».
Erano altresì l’albergo della dissolutezza, poiché vi si rappresentavano le arti pantomimiche, delle quali son troppo note le oscenità e le laidezze, e noto è l’infame letto su cui obbligavansi non poche fiate le donne a comparir ignude agli occhi del pubblico , e nota è parimenti la esecrabile costumanza di privar della virilità loro i fanciulli, acciò più agili, e più snelli divenissero ne’ pantomimici atteggiamenti. né potevano allora i cristiani una musica a lor modo inventare, perché essendo dai gentili ferocemente perseguitati, vedeansi astretti, se volevano celebrar gli uffizi divini, a ragunarsi nei sotterranei delle case, o nelle caverne, od in luoghi ermi, e selvaggi, dove usavano di canto sommesso, e timido senza strepito di strumenti, i quali il disagio loro, e la povertà mal comportavano, e che avrebbero col romore il solitario loro ritiro agevolmente scoperto. […] Si tiene anche per sicuro comunemente ch’ei fosse il primo a ritrovare la gamma, ovvero sia quella tavola, o scala, sulla quale s’impara a dar il lor nome, e a intuonar con giustezza i gradi della ottava per le sei note di musica “ut, re, mi, fa, sol, la” seguitando le diverse combinazioni in cui esse note possono collocarsi: ciò che s’appella propriamente solfeggiare; ma per testimonianza del medesimo Guido un siffatto metodo era stato di già inventato a’ suoi tempi26. […] Ove il culto religioso fomentava le passioni invece di reprimerle, gli oggetti di esse passioni doveano deificarsi: conseguentemente leggiamo, che la bellezza de’ fanciulli e delle donne riscuoteva onori divini; che Venere, Ganimede, Ebe, Adone, e le Grazie furono posti ne’ seggi celesti, e che le meretrici perfino ebbero altari, e feste a lor nome.
Documento luminoso a’ sovrani per far loro conoscere che la sola maniera d’eternar il lor nome e di farsi adorare dai posteri è quella di rendersi veramente utili alla umanità, promovendo le arti che soddisfanno a’ bisogni degli uomini, e favoreggiando le scienze che perfezionano il loro spirito. […] Gli sforzi fatti adunque per superarli, o per distinguersi dovettero necessariamente portare ciascun’arte alla rispettiva lor perfezione, fra le quali la musica ebbe non mediocre fortuna. […] Roma, dove la particolar esecuzione della musica sacra avea da lungo tempo introdotta la necessità degli studi e de’ maestri, fioriva allora per l’industria e pe’ talenti dei Fedi, e di Giuseppe Amadori, i quali uniti con esempio non troppo comune ai letterati in fratellevole amicizia cogli altri uomini valenti nell’arte del suono e della composizione, comunicavansi a vicenda i lor sentimenti e le osservazioni loro al comune giudizio esponevano, onde poi copiosi lumi ritraeva ciascheduno per corregerne i propri difetti, per migliorarne il piano di educazion musicale, e per dilatarne i confini dell’arte.
I pedantini e criticastri oltramontani, forestieri nelle lettere greche, latine, e toscane, e ne’ giusti principi di ragionare, sogliono rimproverare all’Italia questo genere difettoso, al lor parere, che manda a morir gli eroi cantando e gorgheggiando. […] Pare dunque che ’l Trissino, il quale non so perché, e donde venga dal signor di Voltaire, ed indi da altri di lui compatrioti, appellato Arcivescovo, abbia servito di modello a’ primi francesi che si esercitarono nel genere tragico, diciamolo qui di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici francesi che a lor bel piacere sono andati e vanno, tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le cose nostre: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie gaulese, e forse non che il primo crepuscolo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti, e scienze tutte. […] IV) forma i costumi delle nazioni, la loro figura, e ’l lor colore.
I corpi lor si denno Alla plehe sottrarre . . . […] Fra lor decidi . . . a qual tu vuoi, t’appliglia. […] Segue un duettino di espressioni generali che lor convengono, ma che non hanno se non remoto attaccamento col soggetto della scena. […] Usano poi quel basso lor modo volgare in bella prosa? […] Del resto essendo questa una delle consuete imposture di Almonte e Ricimero, come si vedrà, il lor terrore è una pura ipocrisia.
Nè dal lor perdono l’amaro pan tu cerchi….
A loro e a’ lor compagni furon date il 17 dicembre 1624 lire 2400 per aver recitato commedie alla presenza di S.
Imperocché ove le cose non hanno altro interesse se non quello che nasce da passaggiero e insignificante divertimento, la misura della lor perfezione altra appunto non è che il capriccio di chi vuol divertirsene. […] Si è parlato in altro luogo della convenienza di siffatti spettacoli colle opinioni religiose del gentilesimo, la quale fu, siccome abbiamo veduto, una delle principali cagioni della lor perfezione: diamone presentemente una occhiata all’interno loro meccanismo, onde rintracciar meglio la differenza che passa tra quelli e i nostri. […] Non sappiamo con esattezza cosa fossero i modi, quale il loro uffizio invariabile, e l’accezione comune di siffatto vocabolo presso a loro. […] Ma siccome nel numero dei lettori haccene ancora di quelli che facendo professione di vivere eternamente attaccati ai pregiudizi della lor nazione e del loro secolo come le cariatidi al piedistallo delle statue, m’accuseranno di troppa baldanza per aver osato chiamar in giudizio la moderna musica, così a costoro incapaci di sentir per se stessi la forza d’una pruova, fa d’uopo venir avanti coll’autorità spezie di argomento che l’inerzia adotta volentieri perché la dispensa dal ragionare, e che il pregiudizio accarezza talvolta a fine di nasconder colla stima che mostra verso le opinioni d’un solo, il disprezzo che ha per la capacità di tutti gli altri.
Essi che aveano assicurato al lor paese il vanto di farla risorgere, compresero prima d’ogni altro che per riuscirvi bisognava ridurre le incondite farse sacre o profane di que’ tempi alla forma servata dagli antichi, e l’eseguirono. […] Si troverà poi soverchio ardita e viziosa qualche espressione, come questa del feciale nell’atto I, Fattor degli astri larghi e degli avari, Che nell’empiree logge affiggi il trono Del volubil collegio de’ pianeti; e quest’altra del II, Gli abbracciamenti e i baci sono i frutti Che le viscere, il cor, gli spirti e l’ alma Colgono con le mani affettuose Negli orti de la lor benivolenza; e questo del medesimo atto, Orazio vincitor per la mia lingua Con la bocca del cor ti bacia in fronte, e questa del V, . . . . . . . . . . […] Qual dio, qual legge è che consenta al figlio Farsi consorte de la madre, e nasca Di lor chi sia fratello e figlio al padre, Ed a la madre sia nipote e figlio? […] Riflette poi che Imetra debbe aver qualche secreto nel cuore contro al disegno delle sue nozze e di quelle di Dirce, e soggiugne, faccia La sua fortuna, anzi la lor fortuna Ch’io non discopra in ciò cosa diversa, Non pur contraria al desiderio mio; Che a Dirce, a lei, a Nino istesso, a quanti Colpa n’avranno, io mostrerò che importi Il macchinar contro il voler di donna Che possa quanto vuol. […] Ecco in qual guisa argomenta contro del Capitano della sua guardia: Le leggi e ’l giusto, di che tanto parli, E per parlarne assai poco ne intendi, Non hanno sovra i principi potere, Che mal si converria, s’essi le fanno, Ch’essi all’opera lor fosser soggetti.
Fan come le femmine Tutte le cose: han lor specchi, lor pettini, Lor pelatoj, lor stuccetti de’ varii Ferracciuoli forniti: hanno lor bossoli Lor ampolle e vasetti ecc. […] Tutto ciò ch’hanno in adornarsi spendono, Polirsi, profumarsi come femmine, E pascer mule e paggi, che lor trottino Tutto dì dietro, mentre essi avvolgendosi Di quà e di là, le vie e le piazze scorrono, Più che ognuna civetta dimenandosi, E facendo più gesti ch’una scimia, ecc.
Chi poi non sa ripetere colle parole di Voltaire che i Francesi schivi non soffrirebbero nel lor teatro Ismene che parla della febbre di Merope? […] Nel V investigando Berenice la condizione di Artamene vedesi con maestria e con nobiltà animato il lor dialogo, e singolarmente ogni di lui risposta ingegnosa ed il riconoscimento di Demetrio. […] Oreste e Pilade s’inoltrano fin nella reggia indeterminati del pretesto che sceglieranno per presentarsi al re, e del nome onde far velo al lor venire. […] quali fiori sparse il lor genio fecondo e quali lasciò di far nascere? […] Ciò che segue ben dimostra di essersi fra lor perfettamente intesi: Cli.
Dopo ciò e simili altri esempi chi fonderà il giudizio delle opere teatrali sugli applausi popolari e sulla lor durata ne’ pubblici teatri? […] Se questo sistema, al lor credere, non può aver la verità conveniente all’epopea, come l’avrà sulla scena?
S’esaminan le favole tragiche nella lor proprietà principale. […] Di molte lor favole occorrerammi di ragionare nel decorso di questo paragone. […] Li combattimenti interni delle persone senza ignoranza operanti sono per mio parere lodevoli massimamente nelle favole doppie, o di lieto fine, imperocché non avendo di mestieri di continuare sino alla fine, rimangono nella sua vigorosità sin che dura il lor corso, e l’ascoltatore riceve diletto e nella loro durevolezza e nella lor cessazione. […] Così vuol Roma, ed Alba: Obbedir lor conviene. […] S’esaminan le favole tragiche nella lor proprietà principale.
Ma assai si è detto onde si conoscano le sue prerogative per la musica, e l’ingiustizia altresì con cui parlano di essa alcuni scrittori francesi, tra quali il gesuita Bouhours colla leggerezza sua solita nel giudicare non ebbe difficoltà di dire: «Che è una lingua affatto giochevole, che altro non intende che di far ridere coi suoi diminutivi», e notisi, che molti di quelli ch’ei nomina non si trovano frale parole toscane: «Che le continue terminazioni in vocale fanno una musica molto sgradevole», quando le principali bellezze della musica italiana nascono appunto da queste: «Che la lingua italiana non può esprimere la natura, e ch’essa non può dare alle cose l’aria, e vaghezza lor propria, e convenevole: Che le metafore continue, e le allegorie sono le delizie degl’Italiani, e degli Spagnuoli ancora: Che le loro lingue portano sempre le cose a qualche estremo: Che la maggior parte delle parole italiane, e spagnuole è piena d’oscurità, di confusione, e di gonfiezza», come se la gonfiezza, e l’oscurità fossero un vizio delle parole, e non degli autori: «Che i Chinesi e quasi tutti i popoli dell’Asia cantano, i tedeschi ragliano, gli Spagnuoli declamano, gli Inglesi fischiano, gli Italiani sospirano, né ci ha propriamente che i Francesi, i quali parlino». […] Lo che essi non avrebbero mai eseguito se il desiderio di celebrar la sua Laura nel primo, e di far leggere il suo Decamerone dalle femminette nel secondo, non avesse lor fatto nascere il pensiero di divenire scrittori.
Dall’altra parte chi non sa ripetere colle parole del Voltaire che i Francesi schivi non soffrirebbero sul lor teatro Ismene che parla della febbre di Merope ? […] Nel V investigando Berenice la condizione di Artamene vedesi con maestria e con nobiltà animato il lor dialogo, e singolarmente è da notarsi ogni di lui risposta ingegnosa ed il riconoscimento di Demetrio. […] quali fiori sparse il lor genio fecondo, e quali lasciò di far nascere ? […] Serbalo caro : a lor si dee che sono A seconda dell’aura o lieta o avversa, Or superbi, ora umili, e infami sempre. […] Oreste e Pilade s’ inoltrano fin nella reggia, indeterminati tuttavia del pretesto che sceglieranno per presentarsi al re, e del nome stesso onde far velo al lor venire.
Adunque senza tener conto veruno della rigidezza affettata di alcuni sedicenti coltivatori de’ severi studii, i quali sdegnano tutto ciò che non è algebra, nè delle meschine rimostranze di qualche bonzo o fachiro, nè delle insolenze di alcuni immaginarii ministri di non so qual filosofia arcana, e molto meno apprezzando le ciance insidiose smaltite fra i bicchieri delle tavole grandi da certi ridevoli pedantacci che ostentano per unico lor vanto l’essersi procacciati varii diplomi accademici, noi avremo sempre in pregio così amena filosofia in azione, di cui gli additati impostori ignorano il valore e la prestanza.
I pedantini e gli scrittorelli oltramontani forestieri per avventura nelle lettere greche, latine e toscane, e ne’ giusti principj di ragionare, sogliono rimproverare all’Italia questo genere difettoso a lor parere che manda a morir gli eroi cantando e gorgheggiando150.
E tutti i giornali comparavan ne' loro articoli i talenti delle due artiste, in verità si diversi, e le lor conclusioni non apparivan sempre favorevoli alla Rachel….
Si troverà poi soverchio ardita e viziosa qualche espressione, come questa del feciale nell’atto I, Fattor degli astri larghi e degli avari Che nell’empiree logge affiggi il trono Del volubil collegio de’ Pianeti; e quest’altra del II: Gli abbracciamenti e i baci sono i frutti Che le viscere, il cor, gli spirti e l’alma Colgono con le mani affettuose Negli orti de la lor benivolenza; e questa del medesimo atto Orazio vincitor per la mia lingua Con la bocca del cor ti bacia in fronte, e quest’altra del V, e però vuoi Piuttosto al collo del tuo corpo un laccio, Che la corda a la gola del tuo nome. […] Qual Dio, qual legge è che consenta al figlio Farsi consorte de la madre, e nasca Di lor chi sia fratello e figlio al padre, Ed a la madre sia nipote e figlio? […] Faccia La sua fortuna, anzi la lor fortuna Ch’io non discopra in ciò cosa diversa, Non pur contraria, al desiderio mio, Che a Dirce, a lei, a Nino istesso, a quanti Colpa n’avranno, io mostrerò che importi Il macchinar contro il voler di donna Che possa quanto vuol. […] Ecco in qual guisa argomenta contro del Capitano della sua guardia: Le leggi e ’l giusto, di che tanto parli, E per parlarne assai poco ne intendi, Non hanno sovra i principi potere, Che mal si converria, s’essi le fanno, Ch’essi all’opera lor fosser soggetti.
E rimasto solo esclama in simil guisa, secondochè io ho tradotto: Veracemente non si dà più matta, Nè più stolida gente o più mendace, Nè più vana cicala, nè più pronta A vender come storie i proprii sogni, E spergiurando accreditar le fole, Di cotesti oziosi bigherai Che passano la vita affastellando Novelle, rattoppandole a lor modo, Ripetendole ognor con nuove giunte. Ned io mi traggo fuor di tal genìa Che da’ lor detti inzampognar mi feci. […] É però lunga, inutile alla condotta, e contraria al comando di chi gl’ invia; ma in ciò vien dipinto il costume e l’indole de’ servi i quali sogliono volentieri trascurare il lor dovere per voglia di cicalare. […] Così lo spero, se i parenti miei Faranno il lor dover.
I signori Gellert e Gaertner hanno scritto con rara felicità le lor pastorali. […] I francesi hanno già tradotto, imitato, e adattato in più guise al lor gusto la pastorale di Gessner.
Là i pesci scintillavano e i capretti, E scorreva fra lor lo scorpione, Manifestando l’asinel lucente.
I pedantini e gli scrittorelli oltramontani forestieri per avventura nelle lettere greche latine e toscane e ne’ giusti principii di ragionare, sogliono rimproverare all’Italia questo genere difettoso a lor parere che manda a morir gli eroi cantando e gorgheggiando a.
Adunque senza tener conto veruno della rigidezza affettata di alcuni sedicenti coltivatori de’ severi studii, i quali sdegnano tutto ciò che non è algebra, nè delle meschine rimostranze di qualche bonzo o fakir, nè delle insolenze di alcuni immaginarj ministri di non so qual filosofia arcana, e molto meno apprezzando le ciancie insidiose smaltite fra i bicchieri delle gran tavole da certi ridevoli pedanti che ostentano per unico lor vanto l’ essersi procacciati varii diplomi accademici, noi avremo sempre in pregio così amena filosofia in azione, di cui gli additati impostori ignorano il valore e la prestanza.
I musici, i poeti, i pittori, e gli scultori cercavano con ogni sforzo e industria delle lor arti renderla immortale. » Poi, venendo alle bellezze fisiche, dice : « Era di corpo bellissima, e di rado avviene che ad un bel corpo non sia bell’alma unita, essendo il bello e il buono un’istessa cosa.
Apertosi il 1820, quel teatro, restaurato, colla Fedra dell’Orlando, di cui eran parti principali la celebre Grassini, la Pasta e Debegnis basso, egli fu dopo reciproche provocazioni generate dal divieto agli studenti di partecipare alle prove degli spettacoli, ferito a un braccio la notte del 25 giugno così gravemente, che i dottori Fabris e Ruggeri nel lor rapporto lo dichiararono in pericolo di vita.
… Gran peccato davvero che codesti astri di prima grandezza non abbian la forza di togliersi dalla loro sfera, non appena veggano attenuarsi la vivezza della lor luce !
Che verità si ravvisa nella collocazione di tali personaggi, senza verun perchè e fuori del consueto lor modo di vivere, a giocare e cenare dove mai ciò non fecero ? […] Voi tutti, lor dice, di mia mano misti, stacciati, rimpastati già state per farvi un Antidoto divino Contro que’ vizii e sudiciumi stessi Ch’eran già vostra essenza. […] Io lor custode L’eseguisco così ? […] Odorico volendo leggere nel cuore di Elvira le dice con maniere di padre, che vorrebbe che ella si determinasse a scegliere lo sposo tra Ricimero e Adallano, Fru lor decidi, a qual tu vuoi ti appiglia. […] Giugne Odorico sempre pronto in lor difesa con soldati.
Giacean sepolte in un profondo oblìo le Muse, quando tu Flavio gentile le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil tuo desìo : per te godon le scene il lor natìo honor ; e già se 'n vola a Battro a Thile glorioso il tuo nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso fio : Godi dunque felice un tanto honore, che 'l mondo in premio delle tue fatiche lieto ti porge, e ne ringrazia il Cielo : Quindi avverrà ch'ogni or le Muse amiche avrai, e colmo d’amoroso zelo a le scene darai gloria e splendore.
E rimasto solo esclama in simil guisa, secondochè io traduco: Veracemente non si dà più matta Nè più stolida gente e più mendace, Nè più vana cicala, nè più pronta, A vender come storie i proprii sogni, E spergiurando accreditar le fole, Di codesti oziosi bigherai Che passano la vita affastellando Novelle, rattopandole a lor modo, Ripetendole ognor con nuove giunte. Ned io mi traggo fuor di tal genia Che da’ lor detti inzampognar mi feci. […] Cosi lo spero, se i parenti miei Faranno il lor dover. […] Faranno il lor dover.
Se non si può legitimamente pretendere che il compositore, il musico, il poeta ed il ballerino diano alle rispettive lor facoltà la forma stessa che avevano venti secoli a dietro, si può bensì con ragione esiger da essi che non isformino quella di cui lo stato loro presente le rende capaci. […] La quale proprietà, volendo per poco inoltrarsi nell’abisso della sensibilità umana, sembra forse che debba ritrarsi da una persuasione intima che l’amor proprio fa nascere in noi, che se gli uomini, i numi, od il destino non rendono giustizia alla nostra causa, e non ascoltano con benignità e conmiserazione le nostre richieste, il motivo ne sia perché non hanno inteso abbastanza le nostre ragioni, e perché a lor non è noto quanto sarebbe di mestieri il nostro cordoglio. […] Ma quando le arti hanno presa la lor consistenza, quando le idee della bellezza nei rispettivi generi è bastevolmente fissata, quando la moltiplicità de’ confronti ha messo al crogiuolo del tempo e del giudizio pubblico le opinioni, gli errori, le verità, e le produzioni degli artefici, allora una licenza illimitata produce l’effetto contrario.
Con alquanti passi di più sorse l’ultimo di essi l’avrebbe condotta a quel grado di perfezione, nel quale le arti, come ben dice Aristotile, si posano ed hanno: la lor natura. […] In varie parti, dove Son per le rive i sacri altari alzati, Si raddoppiano gl’inni, E con lor risonando, Fanno il pianto e i sospiri Un doglioso concento. […] Ella, durando il lor dialogo, dovette mostrarsi sospesa e agitata da varj pensieri sulle conseguenze della difesa che ne vuol prendere Achille.
Le donne, presso alle quali l’elogio fatto alla bellezza fu sempre l’omaggio più caro, e la più spedita via di guadagnarsi il lor cuore; le donne che riguardano la costanza dell’uomo come il mezzo più sicuro di mantenere ed accrescere la loro influenza sul nostro sesso; le donne finalmente in cui la vanità è la passione per eccellenza fomentata dagli usi politici per nasconder agli occhi loro il sentimento della propria dipendenza, non poteano far a meno di non compiacersi del volontario tributo che pagavano ad esse i poeti . […] Niuna favola arabica posta in versi dai provenzali, niuna question filosofica, delle quali in singoiar modo si compiacevano i saraceni poeti , trattata da questi, niuna allusione a’ loro scritti, alla lor religione, a’ loro costumi. […] Quella seducente e inespribile simpatia, che mille moti diversi ridesta in loro alla presenza d’un amabile oggetto, quella medesima, infiammando l’immaginazione, gli sollecita poscia a significar i lor sentimenti in versi armoniosi e gradevoli.
Il Des Boulmiers (ivi, pag. 498) che dell’opere goldoniane si mostra sincero e profondo ammiratore, dopo avere esposto l’argomento della favola, conchiude : Questa commedia è la prima data dal signor Goldoni sul Teatro italiano, dopo il suo arrivo a Parigi, ove i comici, sempre intesi a procacciarsi la benevolenza del pubblico, l’avean chiamato, per ridar vita alla lor Scena Italiana, che cominciava a essere negletta.
A sei anni, trovandosi la madre in Napoli colla Compagnia di Salvatore Fabbrichesi, fu messa in uno de’ primi educandati francesi, dal quale, morto il padre, uscì a tredici anni, per entrare a sostener le parti di amorosa nella Compagnia Reale di Napoli diretta dal Fabbrichesi stesso, di cui facevan parte Giuseppe De Marini e Luigi Vestri, attori massimi del lor tempo, che, affezionatisi alla fanciulla ben promettente di sè, l’avviarono, e l’addestrarono a quell’arte in cui non ebber rivali, e in cui ella, recitando a Padova colla Compagnia, provocò il seguente articolo che traggo dalle Varietà teatrali del ’24 (Venezia, Rizzi) : Bettini figlia…. giovinetta di 15 anni, di leggiadra figura, di volto avvenente, di bei modi, non iscarsa di grazie, e solo da un anno al drammatico esercizio educata, ella supera sè medesima, e porge altissime speranze di pareggiare ben presto le decantate prime attrici, che l’han preceduta.
Osservisi l’arte colla quale informa gli spettatori in sul principio di ciò ch’è lor d’uopo sapere, esponendo le circostanze passate e presenti, e preparando per le future senza impaccio, né stiracchiatura, ma con un’agevolezza che fa restare. […] Ma l’essenze, che adori, Se son più son distinte, e se distinte Han confini tra lor. […] Fra lor s’annodano Sul labbro i detti; E il cor, cbe palpita Fra mille affetti Par che non tolleri Di starmi in sen.»
Infin comando lor che fissin gli occhi Nelle stoviglie, come in uno specchio, E mostro lor come hansi a contenere. […] Finalmente non istimarono i bellicosi Romani sconvenevole alla lor grandezza stabilire una deputazione di cinque Censori destinati a rivedere i drammi da rappresentarsi, per contenere i poeti ne’ limiti dovuti.
Mentre i due lodati gran tragici fondavano la tragedia nel lor paese ora seguendo i Greci, gl’ Italiani e gli Spagnuoli, or discostandosene, fuvvi ancora qualche altro scrittore che vi si occupò con applauso.
Meco sol condurrò per mio ristoro Questi suoi cari pegni insino ad ora Col sangue sol del petto mio nutriti, Ch’oggi in lor danno tu a versar ti appresti. […] Ah no, mia vita, mio signor, s’io muojo, Vivi tu almen, vivi, io tel chiedo, vivi, E i cari figli tuoi deh tu proteggi; Paghi sol la mia morte ogni disastro, Se alcun lor ne sovrasta.
Meco sol condurrò per mio ristoro Questi suoi cari pegni insino ad ora Col sangue sol del petto mio nutriti, Ch’oggi in lor danno tu a versar ti appresti. […] Ah no, mia vita, mio signor, s’io muojo, Vivi tu almen, vivi, io tel chiedo, vivi, E i cari figli tuoi deh tu proteggi; Paghi sol la mia morte ogni disastro, Se alcun lor ne sovrasta.
Se i compositori che vennero dopo il Rinuccini avesser tenuto dietro alle pedate di quel grande ingegno, e con pari filosofia disaminato la relazione che ha il maraviglioso col melodramma, avrebbono facilmente potuto, dando la convenevol regolarità ed aggiustatezza alle lor favolose invenzioni, crear un nuovo sistema di poesia drammatica che aggradasse alla immaginazione senza dispiacer al buon senso, come fece dappoi in Francia il Quinaut, il solo tra tutti i poeti drammatici che abbia saputo maneggiar bene il maraviglioso.
Mentre i nominati due gran tragici fondavano la tragedia del lor paese ora seguendo i Greci, gl’Italiani e gli Spagnuoli, ora discostandosene, fuvvi qualche altro scrittore che pure vi si occupò con applauso.
Nella terza scena del III in cui si parlano la prima volta dopo la lor divisione Basilio e Chiteria, la tenerezza disgraziata aumenta a meraviglia l’interesse, e commuove e penetra nell’intimo dell’animo di chi legge o ascolta.
Argomento sarebbe questo degno solo di certi ragionatori di ultima moda, i quali spregiano l’erudizione di cui scarseggiano, empiono i lor volumi di sofismi, e si fanno schernire come semieruditi e semifilosofi, cioè a dire nè eruditi nè filosofi.
Insin comando lor che fissin gli occhi Nelle stoviglie, come in uno specchio, E mostro lor come hansi a contenere.
Osservarono infine que’ modi e quegli accenti particolari che gli uomini nel rallegrarsi, nel dolersi, nell’adirarsi, e nelle altre passioni adoprano comunemente, a misura de’ quali conobbero che dovea farsi movere il basso or più or meno secondo che richiedeva la lor lentezza o velocità, e tenersi fermo fra le false e buone proporzioni, finché passando per varie note la voce di chi ragiona, arrivasse a quel punto dove il parlar ordinario intuonandosi apre la via a nuovo concento.
Guildestern e Rosencrantz hanno seguito il lor camino verso l’Inghilterra.
Io lor custode L’eseguisco così?
Ebbero appena i comici imitando i tragici data forma e disposizione al lor poema, che gonfj della riuscita presero a gareggiare co’ loro modelli, e ne sostennero arditamente il paragone e colla magnificenza dell’apparato e colla pompa poetica de’ cori. […] Adunque nè anche in una favola sì moderata si tralasciava di motteggiar contro la provvidenza; tanto lungi erano di lor natura le commedie Greche di quel tempo dall’essere gli esercizii spirituali della nazione vedutivi solo dal traduttor de’ Salmi ed autore de’ Paradossi. […] Plutarco, Eliano ed altri antichi si vendicarono col disprezzo di questo maligno persecutor di Socrate, e al lor parere si sono appigliati il Fioretti o Nisieli, il Rapin ed altri moderni.
Per le quali cose si vide ben presto il lor teatro spopolato.
Adunque nè anche in una favola si moderata si tralasciava di mormorar contro la provvidenza; tanto lungi erano di lor natura le commedie greche di quel tempo dall’essere gli esercizii spirituali della nazione che videvi il traduttor de’ Salmi autore de’ Paradossi. […] Plutarco, Eliano ed altri antichi si vendicarono col disprezzo di questo maligno persecutor di Socrate, e al lor parere si sono appigliati il Fioretti o Nisieli, il Rapin ed altri moderni.
Gli abitanti di quella penisola per natura d’ingegno acre, vivo, perspicace ed atto ad ogni impresa, possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa, e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere tosto che ne’ buoni esemplari additata lor si fosse quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Temo l’esempio di robusta quercia Che de’ venti al soffiar spesso si spezza, Quando debole canna il lor furore Stanca cedendo, e col piegarsi vince.
I francesi ancora sono alla fine pervenuti ad avere il signor Rameau: ma basta quest’unico, difficil certo227, ma poco naturale compositore francese, per contendere di preminenza cogl’italiani228, e per gareggiare con un coro foltissimo d’eccellenti musici pratici e teorici che lor presenta Napoli229, Bologna, Venezia, e ’l rimanente dell’Italia?
Laonde alla mancanza del concorso nel lor teatro pensarono i commedianti di riparare colle accennate imitazioni delle commedie Spagnuole, e con altre ancor più difettose, come il Conte di Saldagna, Bernardo del Carpio, Pietro Abailardo ec.
Infallibile, al lor credere, è la riuscita di questa mina; or perchè non attenderne l’evento sicuro?
Ora annunciano la gravità, come: Genti v’eran con occhi tardi e gravi, Di grande autorità ne’ lor sembianti. […] Alla vista degli esseri non pur ragionevoli, che bruti ed inanimati noi ci sentiamo più o meno inclinati e disposti a contraffarli ed a lor conformarci secondoché più o meno ci commuovono e c’interessano. […] Ed un di lor che mi sembrava lasso, Sedeva ed abbracciava le ginocchia, Tenendo il viso giù tra esso basso, ecc. […] Bestemmiavano Iddio, e i lor parenti, L’umana spezie, il luogo, il tempo, e il seme Di lor semenza e di lor nascimenti ecc. […] Esse ambiscono di emulare l’importanza e la dignità delle prime parti; e quindi si appropriano un carattere che a lor non conviene.
So di più che nella difesa di Tiro si segnalò l’Italiano Corrado e distrusse due eserciti del Saladino, e co’ nominati re fece maraviglie nell’assedio di Acra o Tolemajde che venne in lor potere6; e che poi si accordarono col soldano, restando a Lusignano il titolo di re di Gerusalemme da passar dopo la di lui morte al prode Corrado.
So di più che nella difesa di Tiro si segnalò l’italiano Corrado e distrusse due eserciti del Saladino, e co’ nominati re fece meraviglie nell’assedio di Acra o Tolemaide, che venne in lor poterea; e che poi si accordarono col Soldano, restando a Lusignano il titolo di re di Gerusalemme da passar dopo la di lui morte al prode Corrado.
Infallibile, al lor credere, è la riuscita di questa mina; or perchè non attenderne l’evento sicuro?
Terpandro e Tirteo erano tenuti in Isparta per uomini di stato rispettabilissimi e per cose sacre le lor composizioni poetiche.
Temo l’esempio di robusta quercia Che de’ venti al soffiar spesso si spezza, Quando debole canna il lor furore Stanca cedendo, e col piegarsi vince.