La stessa cosa è a dirsi de’ prenominati, ne’ quali invano si desidererebbe vivacità d’azione, energia di caratteri, perturbazione tragica, ed interesse. […] Il Signorelli segue l’originale, usando solamente di qualche libertà nel dipignere i caratteri di Donna Rosina e Don Ermogene. […] Conduce però spesso varie situazioni interessanti opportunamente, colorisce bene i caratteri, rileva con vigore la culta bricconeria e insinua la morale e la virtù. […] Singolarmente dee notarvisi il decoro conservato ne’ caratteri di Ercole e Dejanira, il patetico delle situazioni, e la convenienza dello stile alla scena. […] Al Capo II, art. 1, pag. 244, lin. 12, dopo le parole, il ridicolo de’ caratteri, si aggiunga come segue.
III, XXI) – quanto egli fosse capace di sostenere i più sublimi caratteri e di esprimere le più veementi passioni. » Grande nella parte di Macmut nella trilogia Goldoniana La sposa persiana, Ircana in Iulfa e Ircana in Ispaan, fu grandissimo in quelle del Sacerdote ne' Baccanali e del Padre nell’Elena e Gerardo di Pindemonte. […] Mi ricordo di averlo veduto nell’Assemblea Toscana in cui era deputato, capitanare un giorno un tentativo di rivolta dell’Assemblea Toscana in cui era deputato, capitanare un giorno un tentativo di rivolta dell’ Assemblea contro la dittatura di Guerrazzi – dittatura acre, aspra, sgarbata, che non salvava nemmeno le apparenze, e che trattava la Rappresentanza del popolo a scudisciate. – Il tentativo falli. – L'Assemblea era troppo sfiaccolata per reggervi. – Il dittatore impose il voto di fiducia e l’ottenne. – Ma l’urto fra i due uomini, entrambi di ferro, fra i due caratteri irti di punte e di angoli, fu terribile. – Guerrazzi rispose alla interpellanza di Modena, secco, sdegnoso, iracondo, e chiuse dicendo : E così rispondo al discorso Recitato (e marcò sprezzante la frase) dal Deputato Modena.
In quella sede, Manzoni legava la questione delle unità di luogo e il loro mancato rispetto allo sviluppo dei caratteri. […] Il suo talento risiede inoltre nel dipingere con verosimiglianza caratteri provenienti da ogni tempo e luogo. […] Capitolo XV: Salfi sottolinea come i caratteri speciali si individualizzino nei caratteri storici. […] Or quale doveva essere la declamazione conforme a tali soggetti e caratteri, a’ quali doveva principalmente servire? […] Io chiamo questi caratteri speciali.
Ora tutte queste sceniche produzioni del secolo XV. che il Lampillas non cura di vedere, non danno al Signorelli dritto di affermare, che fra noi crebbero con tutta prestezza gli studj scenici, e che attendendo alle dipinture de’ caratteri e delle passioni, ed altri meriti de’ Drammi lodati, giustamente si asserisce che allora si coltivò la Poesia Scenica giusta la forma regolare degli Antichi?
Una versatilità prodigiosa, mercè che si accomoda ai caratteri i più opposti, una voce insinuante, ed a vicenda dolce, maschia, robusta, maneggiata nelle graduazioni con mirabile maestria ; un aspetto seducente, un portamento grazioso e nobilissimo, una tal verità nell’espressione delle passioni e nell’espansione degli affetti, fanno si che nessuno più di lui è stato padrone del cuore degli spettatori ; nessuno più di lui ha saputo, e sa agitarli, commoverli, straziarli ; ed ove avvenga che nel carattere da lui rappresentato s’incontrino scene comiche, il riso ch’ei promuove non è quello sganasciamento, a cui s’abbandona tanto facilmente e tanto volentieri la plebe per gli sconci e per le smorfie de’buffoni, ma quel riso eccitato nobilmente dalla naturalezza e dalla semplicità con cui sono espressi que’sali attici della commedia, che dilettando istruiscono : riso, che non va mai sino in obscuras humili sermone tabernas.
Gli andavano poi i commedianti allungando con qualche intermezzo di Negra, di Ruffiano, di un Balordo, o di un Biscaino, caratteri rappresentati a maraviglia da un battiloro sivigliano chiamato Lope de Rueda. […] Lo stile é certamente fluido e armonioso; ma il piano, i caratteri, l’economia, ogni altra cosa in somma abbonda di gran difetti, e non meritavano punto gli esagerati encomi di Cervantes.
I soggetti cavati dalla mitologia, atteso il gran numero di macchine e di apparimenti che richiedono, metter sogliono il poeta a troppo ristretti termini, perché egli possa in un determinato tempo tessere e sviluppare una favola come si conviene, perché egli abbia campo di far giocare i caratteri e le passioni di ciascun personaggio; che è pur necessario nell’opera, la quale non è altro in sostanza che una tragedia recitata per musica.
Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia.
Benchè lo stile non possa dirsi difettoso per arditezze o arguzie, essendo anzi elegante, vivace, naturale, è non per tanto a mio avviso lontano dal carattere tragico; nè credo che il rimanente, cioè azione, caratteri, interessi, alla tragica maestà più si convenga. Trasilla e Pirindra gemelle Capuane colla promessa di matrimonio ingannate da Annibale: Calavio padre che per ben corteggiare il suo ospite le spinge a trattenerlo con ogni libertà: il generale Cartaginese che le schernisce abusando della loro credulità o facilità, mi sembrano tutti caratteri mediocri, privati e proprj piuttosto per la commedia. […] Uscì in Padova l’anno 1657 un’ altra interessante tragedia, l’Aristodemo del conte Carlo de’ Dottori Padovano, che ne ricavò i principali caratteri e il fondamento istorico dall’opera di Pausania62.
I caratteri vi sono degnamente sostenuti e le passioni dipinte con verità. […] La regolarità di questa tragedia è manifesta; gli affetti sono ben maneggiati; i caratteri dipinti con uguaglianza, verità e decenza; il fine tragico di commuovere colla compassione e col timore egregiamente conseguito. […] Noto n’è l’argomento e i punti interessanti dell’azione dovuti al greco inventore; ma la regolarità, l’economia, la gravità nelle sentenze, l’eleganza dello stile e la vivace dipintura de’ caratteri e delle passioni, debbonsi prima di ogni altro al Torelli, onde merita la sua Merope di collocarsi fralle buone italiane. […] Non hanno meritato lo studio delle altre nazioni i tanti argomenti nuovi degl’Italiani, da’ quali gli Oltramontani hanno così spesso trasportato con poca alterazione non pure il piano, l’intreccio, la condotta, le situazioni, lo scioglimento, ma i costumi, i caratteri, i pensieri e gli affetti degl’interlocutori? […] Dessa è tale per l’azione grande che chiama l’attenzione delle intere nazioni, e non già di pochi privati, per le vicende della fortuna eroica (secondo la giudiziosa diffinizione di Teofrasto), per le passioni fortissime che cagionano disastri e pericoli grandi, e pe’ caratteri elevati al di sopra della vita comune.
Dessa é tale per l’azione grande che interessa le nazioni, e non già pochi privati, per le vicende della fortuna eroica, secondo la giudiziosa definizione di Teofrasto, per le passioni fortissime, cagioni di disatri e pericoli grandi, e per gli caratteri elevati al di sopra della vita comune. […] Oltracciò l’Ariosto si valse, sì, di alcuni caratteri delle scene latine, adattandoli alla nostra nazione e al suo secolo; ma ne introdusse ancora molti nuovi, come avvocati, cattedratici, astrologi, mercatanti, teologi, e simili. […] Castilhon, e l’ha pubblicato nelle sue considerazioni, asserendo che «in Spagna e in Italia i poeti comici, toltone il solo Goldoni, non hanno ancor pensato a dare alle donne caratteri nobili». Gli spagnuoli e gl’italiani han dipinte infinite donne con siffatti caratteri nobili per grado e per virtù; ma gl’italiani han saputo contenerli ne’ confini comici, perché non hanno confusi i generi.
Imperciocchè Medea è sostenuta dalle antiche tradizioni, e il Maometto dalla storia della mezzana età, per cui tali caratteri non si tengono per incredibili, per fantastici. […] Io non rapporto ora nè gli altri assurdi, nè la falsità e inuguaglianza di varj caratteri. […] Ma con questi principj capricciosi, con tali assurdi e difetti ne’ caratteri, mi parve che riescir dovesse poco accetta a’ posteri la memoria di alcun pensiero elevato che vi si trovasse; che quanto alla concatenazione naturale degli accidenti, e alla proprietà della locuzione, mi sembrano cose che neglette partoriscono vergogna, ed osservate con tutta diligenza non producono lode.
Castilhon, che il teatro moderno, e particolarmente il francese, sia superiore a quello de’ greci e de’ romani a cagione «della libertà delle donne nella società, la quale ha somministrato al teatro tanta varietà di caratteri». […] Chi poi gli ha detto che le donne in Grecia e in Italia erano talmente allontanate dalla società che non se ne potevano ricavar caratteri per la scena? […] I romani poi, imitatori de’ greci, dipinsero parimente sulle scene comiche e meretrici di vari caratteri, e matrone.
Benchè lo stile non possa dirsi difettoso per arditezze o arguzie, essendo anzi elegante, vivace, naturale; è non pertanto a mio avviso lontano dal carattere tragico, nè credo che il rimanente, cioè azione, caratteri, interessi, alla tragica maestà più si convenga. Trasilla e Pirindra gemelle Capuane con promessa di matrimonio ingannate da Annibale: Calavio padre, che per ben corteggiare il suo ospite le spinge a trattenerlo con ogni libertà: il generale Cartaginese che le schernisce abusando della loro credulità o facilità; mi sembrano tutti caratteri mediocri, privati, e proprii piuttosto per la scena cotuica. […] Uscì in Padova l’anno 1657 un’altra tragedia interessante, l’Aristodemo del conte Carlo de’ Dottori padovano, che ne ricavò i principali caratteri e il fondamento istorico dall’opera di Pausaniaa.
L’arte, la condotta e la forza comica dell’azione, l’energia e la vivacità del colorito de’ caratteri tratti bellamente dal vero, una grata sospensione, una piacevolezza non fredda, non insipida, non istentata, ma spiritosa, naturale, salsa, obbligano gl’imparziali a distinguere le commedie del Machiavelli dalle intere biblioteche teatrali, ed a collocarle tralle ottime del teatro italiano di quel secolo.
Non voglionsi però leggere colla speranza di trovarvi avventure piacevoli, intrighi amorosi, dipinture di caratteri simili a quelle delle commedie de’ nostri tempi.
Ed è tale l’esattezza che si esige nell’ imitazione de’ caratteri, ovvero il timore di avvilirsi rappresentando una parte inferiore, che ciascuno sostiene nella favola il medesimo carattere che lo distingue nello stato.
E questa varietà di caratteri il Beolco dava forse a bella posta al suo personaggio, a meglio mostrare agli spettatori ammirati la versatilità e proteiformità del suo ingegno.
mo Son certo della sua Cortesia in auer gusto de miei caratteri et io sospiro li suoi si che ogni ordinario li scriverò sino à tanto che lei sij in stato di farmi auer sue ogni ordinario.
Esordì a Torino e subito fu riconosciuto attore di rari pregi ; talchè, addentratosi ognor più nello studio, riuscì in breve il più valoroso artista del suo tempo a giudizio d’uomini competenti, quali Francesco Gritti, che afferma « nelle parti dignitose e gravi, e ne' caratteri spiranti grandezza e pieni di fuoco, lui rendersi certamente impareggiabile » e Carlo Gozzi che lo chiama « il miglior comico che abbia oggi l’Italia, » e Francesco Bartoli che gli dedica nelle sue Notizie più pagine dell’usata iperbolica magniloquenza. « Una magistrale intelligenza – dice – una bella voce sonora, un personale nobile e grandioso, un’ anima sensibile ed una espressiva naturale ma sostenuta, formano in lui que'tratti armonici e varj, co'quali sa egli così ben piacere e dilettare a segno di strappare dalle mani e dalle labbra degli uditori i più sonori applausi. » Nel Padre di famiglia di Diderot, nel Gustavo Wasa di Piron, nella Principessa filosofa e nel Moro dal corpo bianco di Carlo Gozzi, nel Radamisto di Crebillon, nel Filottete (di De la Harpe ?)
Mi contenterò d’osservare che in qualunque sentenza a cui ci appigliamo (nè trovasi alcuna, che alla proposta quistione in ogni sua parte risponda) il canto si distingue specificamente dalla voce pei seguenti caratteri. […] Il numero delle sue vocali è uguale a quello delle più belle lingue del mondo la greca, e la latina, e sebbene non le adegui nel numero de’ suoni adoperati nel profferirle, tuttavia è assai ricca anche in questi, distinguendo molto bene il suono che corrisponde all’“a” semplice, da quello che corrisponde all’“a” con aspirazione, l’“i” breve dall’“j” disteso, l’“e” e l’“o” aperto, ch’equivalgono all’eta, all’omega de’ Greci dall’“e”, ed “o” chiuso, che rassomigliano all’“e” breve, e all’omicron. né minore si è la varietà di proferire le lettere consonanti, poiché, secondo le osservazioni del Buonmattei 11, da venti soli caratteri che s’annoverano nel toscano alfabeto, si ricavano nella pronunzia più di trentaquattro elementi. […] La prima, che non essendo stata l’Italia né tutta intiera, né lungo tratto di tempo soggiogata dai barbari, la favella italiana ha potuto conservar i suoi primitivi caratteri meglio delle altre nazioni, dove la lingua, e i costumi non men che la religione, e le leggi hanno dovuto piegare sotto il furore delle conquiste, come si vede nella lingua francese, la quale altro non è, se crediamo a’ loro autori più illustri, che un antico dialetto celtico diversamente alterato, e nella spagnuola tutta impastata di latino, e di gotico idioma, cui s’aggiunse dell’arabo non piccola parte.
Nell’Ajace detto flagellifero dalla sferza colla quale quest’eroe furioso percoteva il bestiame da lui creduto Ulisse e gli altri capi del campo Greco, tra molte bellezze generali e varii pregi della favola e de’ caratteri, si ammirino con ispezialità le tre seguenti bellissime scene: la situazione patetica di Ajace rivenuto dal suo furore col figliuolo Eurisace e colla sua sposa Tecmessa; la pittura naturalissima della disperazione di Ajace che si ammazza; ed il tragico quadro che presenta la troppo tarda venuta di Teucro ed il dolore di Tecmessa e del Coro allo spettacolo di Ajace ucciso. […] Tutto concorre a rendere questa tragedia eccellente; un’ azione grande, terribile, patetica, ben condotta, unita, che tende con verisimiglianza al suo fine: caratteri veri e degnamente sostenuti, e senza distrazione di altre circostanze meno interessanti: passioni forti proprie del grande oggetto: locuzione sublime in tutte le sue parti.
Brilla soprattutto nel colorir con forza ed evidenza i caratteri de’ grandi uomini inglesi e romani, vedendovi si a meraviglia marcati i loro temperamenti, difetti, e virtù .
In fatti nel consenso del popolo (non della plebe) consiste il vero giudizio quanto a’ caratteri, a’ costumi, alla condotta delle favole; e solo per mio avviso prevaler debbe il giudizio de’ conoscitori e scrittori trattandosi di stile e di lingua. […] Nell’atto II la vivace contesa di Pirro e Agamennone presenta i caratteri del vecchio re e del giovano eroe coloriti con brio. […] gran conoscenza de’ caratteri delle passioni! […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate da que’ medesimi colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un valente pittore.
Ed è tale l’esattezza che si esige nel l’imitazione de’ caratteri, ovvero il timore di avvilirsi rappresentando una parte inferiore, che ciascuno sostiene nella favola il medesimo carattere, che lo distingue nello stato.
Mostrava già allora la grandezza della sua duttilità artistica ; e il pubblico se ne compiaceva, poichè non era stato avvezzo a vedersi d’innanzi più specialmente un carattere ; ma sì i caratteri più varj del repertorio.
Il solo Racine può contrastargli la preferenza, né io dubito che non si trovino alcuni che la daranno più volentieri al francese, scorgendo forse nel suo poetare stile più lavorato, maggior verità nella espressione, caratteri più forti e più teatrali, piani orditi più destramante, sceneggiare più unito, e sviluppo di passione più continuato e meglio preparato. […] Egli accorda coll’armonia della greca lira i caratteri romani, l’urbanità francese e l’italiana sensibilità. […] Non può negarsi che riflettendo a quella fecondità prodigiosa dell’Ariosto, che fila sì complicate e moltiplici per la lunga e difficil carriera di quarantasei canti continui è costretto a condurre: a quella varietà che maneggia tutti gli stili, che dipinge tutti i caratteri e che trascorrer fa il lettore dal sommo all’infimo con fortunatissimo volo; a quella evidenza di pennello, che atteggia ogni movimento, che colorisce ogni muscolo e che ti fa quasi vedere e toccare le cose rappresentate; a quella forza che pareggia in alcuni caratteri quella d’Omero, e che supera in molti la forza di Virgilio; a quella brillante ed ardita immaginazione, la quale tante e sì maravigliose stranezze gli fa trovare per via, e che sì eccellente il rende in ogni genere di descrizioni; a quella inarrivabile schiettezza di stile aureo sempre ed ingenuo, onde s’arricchisce di mille forme diverse la patria lingua, si dilatano i confini della elocuzione poetica, e il più compito esemplare si ricava d’imitazione. […] Io, che non voglio entrare in litigi di preferenza tra due nazioni così rispettabili, mi contento di dire che sebbene il Quinaut sia un autore grandissimo vituperato a torto dal satirico Boeleau; sebbene sia preferibile al Metastasio nella invenzione, avendo egli creato da pianta in Francia il dramma musicale, che Metastasio trovò di già molto avanzato e ripolito in Italia per opera massimamente di Appostolo Zeno; sebbene l’adegui nel numero, armonia, rotondità e pieghevolezza del verso per quanto lo comporta l’indole della lingua francese più ruvida dell’italiana; sebbene la prospettiva, e tutto ciò che appartiene alla decorazione, abbia, generalmente parlando, più luogo nei drammi dell’autore di Armida, e di Orlando che in quelli dell’allievo di Gravina, nonostante questo il Quinaut è molto al di sotto di Metastasio non solamente nel maneggio d’una lingua più bella, ma nella scelta ancora degli argomenti più fecondi di passione e più atti alla melodia, nella pittura dei caratteri più difficili e più interessanti, nell’uso delle sentenze e della filosofia pressoché sconosciuta a Quinaut, nella sensatezza del piano, nella regolarità dell’andamento e nella rapidità delle scene. […] Essa è la cagion principale di quella effemminatezza, di quelle tinte alterate perché rammorbidite all’eccesso, onde vengono sformati i caratteri di molti suoi personaggi.
Per altro l’abuso sorprendente che di tali obbietti fanno i più degli artisti, i quali non gli adoperano le più delle volte fuorché ad abbellire i capricci della loro fantasia, ne ha in tal guisa sformati i lineamenti, e confasi i caratteri, che si credette impossibile il ravvisarli. […] L’idea delle proprietà, e di caratteri insensibilmente dileguasi, e poco manca che le lettere e le arti non ricadano in quella confusione onde furono tratte dai riflessivi nostri antenati per opera appunto di coloro, la fama, e il grado de’ quali sembra che renderli dovesse non i distruggitori ma i sostenitori del decoro delle arti e delle scienze. […] [7] La melodia è un campo feracissimo di osservazioni, ma io non farò che sbozzarne i principali caratteri.
I caratteri della ruffiana, della meretrice e de’ servi sono dipinti con franchezza. […] Il più volte lodato Cavaliere della Porta prese ad imitare questa favola Plautina nella poc’anzi mentovata Trappolaria, ma ne nobilitò l’argomento, e ne rendè più interessanti i caratteri, oltre all’avere alla trappola accresciuto movimento e vivacità con una promessa fatta dal servo per soprappiù di avvisare il ruffiano nel tempo stesso che l’ ingannava; la qual cosa eseguisce con graziosissimi colori comici, de’ quali gode estremamente lo spettatore inteso dell’ingegnosa astuzia. […] Egli non può ignorare che da essi non si vuole apprendere il modo di sceneggiare che varia secondo i tempi e le nazioni, ma la sempre costantemente mirabile semplicità artificiosa dell’azione; ma l’arte in tutti i tempi inarrivabile di dipignere i caratteri, i costumi, le passioni; ma la felicità di motteggiare e di mettere nel vero punto di vista le umane ridicolezze. […] Delineati a maraviglia vi si scorgono i caratteri di una meretrice, di due ruffiane di costumi differenti, della fanciulla esposta, la quale è fieramente innamorata, e di un giovane di lei amante. […] Per le felici dipinture de’ caratteri, per la condotta e per lo stile, è questa commedia noverata tralle buone, e fu cara al poeta che la compose.
Presso i Romani chiamavansi Pantomimi coloro i quali accompagnati da’ suoni appropriati esprimevano senza parlare ed animavano co’ gesti, segni, passi, salti, movimenti, e colle attitudini non pur le figure, o i personaggi ch’essi imitavano, ma le passioni, i caratteri, e gli avvenimenti ancora.
A chi ricordi il giovane atleta sullo scorcio del ’67 o sul cominciar del ’68, al fianco di Laura Bon, di Teresina Boetti, e di un Bianchi, pellicciaio livornese, cimentarsi nel Don Carlos e ne’ Masnadieri di Schiller, e toccar sotto le spoglie specialmente del tristo Moor, altezze non immaginate, non parrà strano che a soli ventiquattr’anni egli si disponesse, capocomico e primo attore assoluto, a lottare strenuamente colle maggiori difficoltà d’interpretazione, creando i caratteri più disparati comici e tragici, del teatro nostro e forastiero.
Nell’atto secondo la vivace contesa di Pirro e Agamennone presenta i caratteri del vecchio re e del giovane eroe coloriti con brio. […] gran conoscenza de’ caratteri delle passioni! […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate con que’ colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un buon pittore.
Iniziata alla scuola moderna che fugge le convenzioni e cerca l’effetto nel vero, ella sentiva più addentro che non si suole nel riposto concetto dell’arte, e in quelle passioni e in quei caratteri, che più era chiamata ad esprimere, vi rispondeva con rara intelligenza d’artista.
Dalle speciali attitudini de' varj artisti si diedero al Pantalone altri caratteri, che altri poi ne generarono di ogni specie.
I caratteri della ruffiana, della meretrice e de’ servi sono dipinti con franchezza. […] Il più volte lodato Cavaliere della Porta prese ad imitare questa favola Plautina nella poc’anzi mentovata Trappolaria; ma ne nobilitò l’argomento e ne rendette più interessanti i caratteri, oltre all’avere alla trappola accresciuto movimento e vivacità con una promessa fatta dal servo per sovrappiù di avvisare il ruffiano nel tempo stesso che l’ingannava; la qual cosa eseguisce con graziosissimi colori comici, de’ quali gode sommamente lo spettatore inteso dell’ingegnosa astuzia. […] Egli non può ignorare che da essi non vuolsi apprendere il modo di sceneggiare che varia secondo i tempi e le nazioni, ma la sempre costantemente mirabile semplicità artifiziosa dell’azione, ma l’arte in tutti i tempi inarrivabile di dipignere i caratteri, i costumi, le passioni, ma la felicità di motteggiare e di mettere nel vero punto di vista le umane ridicolezze. […] Delineati a meraviglia vi si scorgono i caratteri di una meretrice, di due ruffiane di costumi differenti, della fanciulla esposta, la quale è fortemente innamorata di un giovine che l’ama ancora. […] Per le felici dipinture de’ caratteri, per la condotta e per lo stile, è questa commedia noverata tralle buone, e fu molto cara al poeta.
Non voglionsi però leggere colla speranza di trovarvi avventure piacevoli, intrighi amorosi, dipinture di caratteri simili a quelle delle commedie moderne. […] Qualunque produzione d’ingegno porta la divisa del proprio secolo, e vi si ravvisano i costumi e ’l gusto corrente impressi con caratteri indelebili.
In Compagnia Righetti sposò la rinomata attrice Carlotta Polvaro, dalla quale presto fu separato per la incompatibilità dei caratteri.
Tolgan gli Dei, che imprima, Al genitor fatali Portentosi caratteri la figlia,» il compositore ha posta una lunga mossa di violini e di viole accompagnati dall’oboè e dai corni, la quale separa con un frapposto intervallo di più battute l’accennate parole da queste altre: «Mora dunque; ma chi? […] Questa usanza inoltre non potrebbe aver luogo fuorché nelle arie giocose, le quali, rappresentando caratteri poco profondi, e che rimangono, a così dire, nella superficie dell’anima, non abbisognano se non se di musica brillante e leggiera che scorra senza fermarsi a lungo sugl’individuali sentimenti; dovechè nelle arie tragiche e di forza, le quali aprono larga sorgente di espressione alla melodia, convien che il poeta divenga economo di parole, acciocché la musica, percorrendo i moltiplici tuoni che il suo argomento le somministra, faccia meglio valere la sua possanza. […] Non s’insegnan loro quei rami di filosofia applicabili all’uffizio del compositore, cioè la scienza dell’uomo sensibile, la cognizione delle umane passioni e dei loro sintomi, l’indole e varietà dei loro movimenti secondo i rispettivi caratteri e le situazioni diverse, quali accenti, quali inflessioni, quai toni di voce convengono a ciascun affetto, onde esprimer poscia col mezzo de’ suoni ora quei tratti caratteristici che manifestano al primo colpo d’occhio la natura in tumulto, ora quelle sfumature più delicate e leggiere che richieggono a bene osservarsi uno sguardo più esperimentato. […] [NdA] Romanzo spagnuolo dell’Abate Don Giuseppe Isola scritto a fine di correggere gli enormi abusi introdotti nella eloquenza sacra, e celebre per la purgatezza dello stile, per la pittura dei caratteri nazionali e per critica lepidissima.
Perde l’orgoglio la pedanteria studiando nell’Heautontimorumenos, o sia nel Tormentator di se stesso, con quanto giudizio questo schiavo cartaginese inseguì l’arte di conoscere i caratteri, e con quanta vaghezza di colorito dipinga una giovanetta che d’altro non é sollecita che del suo lavoro: Hic sciri potuit, aut nusquam alibi, Clinio, Quo studio vitam suam, te absente, exegerit, Ubi de improviso est interventum, mulieri. […] Nell’atto II la vivace contesa di Pirro e Agamennone presenta i caratteri del vecchio re e del giovane eroe coloriti con brio e verità; e spezialmente il discorso di Agamennone, «Juvenile vitium est regere non posse impetum», é mirabilmente grave, nobile, e sobrio, e ripieno di rare bellezze. […] indi con molto conoscimento de’ caratteri delle passioni conchiude: Magis haec timet, quam moeret; e perché si manifesti affatto la madre, cerca d’atterrirla. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non son tradite, benché non mostrino di esser animate con que’ colori della natura, che nella Troade e nella Medea annunziano l’uomo d’ingegno e di buon sanno.
Spicca soprattutto nel colorire con forza ed evidenza i caratteri de’ grand’ uomini, segnandone i temperamenti, i difetti e le virtù.
Senza questo requisito essenziale l’idioma de’ gesti è simile appunto ai simboli degli antichi egiziani, ovvero a quelli inintelligibili caratteri trovati dal celebre Maupertuis nei suoi viaggi alia Lapponia166. […] Conveniente, che nell’adattare ai personaggi i rispettivi gesti abbia sempre in vista l’indole della passione, i caratteri, il tempo, il luogo, e le circostanze171. […] Lambert, Campra e più altri compositori di sommo merito perfezionarono a tal segno la musica de’ balli che «al mio tempo (dice l’Abbate Du Bos, da cui tratte abbiamo in parte le predette notizie) i maestri assegnano fino a sedici diversi caratteri nella d’anca teatrale» 181. […] Come far sentire la gradazione diversa nei caratteri de’ personaggi, per esempio in Cesare la nobiltà dell’animo mista d’ambizione e di tenerezza, in Marcantonio il cortigiano che serve senza perder di vista il proprio interesse, in Cassio il republicano inesorabile, in Bruto lo stoico feroce che porta fin nell’esercizio della virtù, i pregiudizi della sua filosofia?
Non hanno meritato lo studio dell’altre nazioni i tanti argomenti nuovi di drammi Italiani, da cui gli Oltramontani nei loro drammi di simile argomento hanno spesse fiate traportato con poco variamento non pur il piano, l’ intreccio, la condotta, le situazioni, lo scioglimento, ma i costumi, i caratteri, i pensieri, e gli affetti degl’ interlocutori posti in azione?
Infine era il Signorelli persuaso, che, quando anche nelle Commedie dell’impareggiabile Poeta Ariosto vi fossero alcune cose non totalmente decenti, esse non potessero esser mai tante, quante se ne leggono nelle Commedie Latine, a cagione de’ caratteri che vi s’introducevano, e non pertanto da quasi diciotto secoli l’Europa Cristiana legge, studia, comenta, traduce, ammira Plauto e Terenzio, e se ne raccomanda la lettura alla gioventù.
Le favole del padre della tragedia greca furono, come quelle de’ suoi successori Sofocle ed Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi tra l’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine.
Contro questa peccano il più delle volte i Francesi in due maniere, cioè o nell’elevar troppo i caratteri oltre i confini del verisimile, o nell’accomunarli tra loro nell’uso dell’amore. […] Li Francesi non hanno alcuna tragedia ove sieno con pari esattezza ritratte le idee de’ caratteri antichi. […] Certo chi leggerà le tragedie di Pier Jacopo Martelli incontrerà non solamente de’ caratteri più esemplari e più propri, ma più vivi ancora e più vari. […] Non così saprei approvare tutti i suoi sentimenti spettanti a’ caratteri: quantunque alcuni sieno rettissimi. […] Ne’ caratteri avvi qualche sentimento che non m’aggrada.
Possedeva per eccellenza tutti i caratteri piegavasi maravigliosamente a tutte le inflessioni, muoveva invincibilmente tutti gli affetti. […] La prima fu Vittoria Tesi fiorentina discepola del Redi e del Campeggi, la quale ad una inflessione di voce sommamente patetica, ad una intonazion perfettissima, ad una pronunzia chiara, netta e vivacemente sonora, ad un portamento di persona simile a quello della Giunone d’Omero seppe unire possesso grande della scena, azione mirabile, espressione sorprendente de’ diversi caratteri: doti, che la resero la prima attrice del secolo.
Sapevano que’ dotti Italiani, che l’istesso parlar naturale, non che l’aringare, per essere un canto, un’ armonia oscura 1, fa uopo imitarsi in teatro secondo i caratteri delle passioni, e perchè queste col loro impeto sogliono trasportare sovente fuor di tono i Recitanti, gli Antichi assennatamente gli soccorsero cogli stromenti. […] E’ più del Canto verisimile, che gli Attori rappresentando caratteri di Africani o Americani, od Europei parlino un linguaggio comune?
Nella Virginia si esprimono con proprietà i caratteri di lei e di suo padre; ma nè proprietà nè verità apparisce in quello d’Icilio, quando nell’ atto III corteggia il Decemviro con umili espressioni proprie della moderna politezza spagnuola. […] Di poi que’ caratteri sanguigni e quella carta di nobiltà scritta nel foglio del petto è un contrabando Gongoresco ridicolo nel secolo XVIII ed assai più nel genere drammatico11. […] Egli, ad eccezione di aver soppresse le millanterie stomachevoli della prefazione dell’edizione matritense della Raquel, e rettificata alcuna delle varie espressioni false e gongoresche che vi sono, servendo al dovere di fedel traduttore non ha nella sua copia nè alterata la traccia della favola originale, nè renduti meno ineguali e più congruenti i caratteri, nè dato più fondamento alla compassione tragica, nè corretti gli errori di storia, nè tutte castigate le intemperanze dello stile23.
Ciò che più converrebbe gustare, vale a dire la dilicatezza, il sentimento, l’immaginazione, la pittura forte de’ caratteri, il linguaggio fine delle passioni, tutto è per loro come se non esistesse.
Nella Virginia si esprimono con proprietà i caratteri di lei e del padre; ma nè proprietà nè verità apparisce nel carattere d’Icilio, quando nell’atto III corteggia il Decemviro con umili espressioni proprie delle moderne cerimonie che nulla hanno di Romano del tempo di Appio Claudio. […] Di poi que’ caratteri sanguigni e quella carta di nobiltà scritta nel foglio del petto è un contrabbando Gongoresco ridicolo nel secolo XVIII, ed assai più nel genere drammatico. […] Egli ad eccezione di aver soppresse le millanterie stomachevoli della prefazione dell’edizione matritense della Rachele, e ratificata alcuna delle varie espressioni false e gongoresche dell’originale, attende unicamente a servire al dovere di fedel traduttore, e nella sua copia non altera punto la traccia della favola spagnuola, nè rende meno ineguale e più congruenti i caratteri, nè dà più fondamento alla compassione tragica, nè corregge gli errori di storia, nè tutte castiga le intemperanze dello stile.
[1.123ED] La nazione spagnuola, a cui la tragedia moderna dee molto per l’invenzione di quei caratteri che voi chiamate sforzati e che tanto hanno elevati i sentimenti de’ vostri attori ed avviliti col paragone quelli de’ nostri, è stata ancor l’inventrice di questo ingegnoso viluppo di avvenimenti che ha fatto per lungo tempo sì gran figura in Italia. […] [3.68ED] Aggiungi ancora che tutte le altre passioni servono a formare il carattere d’un personaggio, ma l’amore non serve che a rovinarlo; imperocché lo sdegno (per parlar di una delle più forti) che nasce dall’irascibile, essendo più nobile dell’opposta passione che, con tutte le vostre meditazioni magnifiche, nasce dalla concupiscibile ed è più vile, si unisce meglio al carattere di un superbo o d’un crudele o d’un ambizioso o d’un politico, e, per così dire, gli dà non so che di spirito che più lo rileva, ma non così l’altro affetto, che troppo si oppone alle massime costitutive degli accennati caratteri. […] In questo difetto cadono gran parte de’ tragici vostri, perché in quegli argomenti ne’ quali l’amore ha luogo naturalmente, troppo lo esaltano, ed in quelli dove naturalmente non lo ha, ve lo vogliono in ogni maniera ficcare e ve lo ficcano e lo dilatano in guisa che distruggono il grande ed il generoso de’ loro caratteri. […] appena uscito il Teatro, invece di deridere l’impostura di un verso vecchio per me rinnovato, si sono dati a strepitare su quella qualunque siasi novità, approvando con tanta generosità i sentimenti, i caratteri e la semplicità di que’ drammi, con quanta ostinazione la maggior parte han disapprovato la nuova (e vedete che nuova!) […] [5.106ED] L’uso comanda che il tuo melodramma sia diviso in tre atti perché, se in cinque lo partirai, potresti far credere di voler esporre al popolo una tragedia e ti faresti debitor follemente di quelle regole che in nessuna maniera potresti poi osservare. [5.107ED] Nell’atto primo sarà tua cura il preparar gli ascoltanti all’intreccio, dando loro la necessaria notizia degli eroi che battono il palco, degli antefatti opportuni alla cognizione sia della favola sia della storia, e facendo la prima mostra de’ caratteri, almeno de’ principali, che dovranno intervenire all’azione.
Il poeta spiega in esso la sua maestria nel dipignere i costumi, e c’insegna l’arte di sviluppare i caratteri: Ubi ventum ad ædes est, Dromo pultat fores: Anus quædam prodit. hæc ubi aperuit ostium, Continuo hic se confert intro, ego consequor: Anus foris obdit pessulum, ad lanam redit. […] L’intitolò Adelphi per avervi introdotti due bellissimi caratteri di due fratelli di umore e di costumi opposti, i quali formano un piacevolissimo contrasto comico. Mizione e Demea sono gli originali di moltissime copie moderne di caratteri che graziosamente si combattono sulle scene.
xv, «Dei caratteri della tragedia»: «Un esempio di perversità di carattere… di carattere incoerente ce lo dà Ifigenia in Aulide, perché la donna che supplica non assomiglia per niente a quella che vuole morire alla fine del dramma.»
L’Imenea potrebbe dirsi delle otto la meno spropositata, ma essa in altro non consiste che in una languida filza di scene insipide e mal cucite, nelle quali si ripetono varie situazioni, si ritraggono i caratteri senza niuna verità, e l’azione si scioglie, non perchè trovisi giunta al segno di svilupparsi per necessità, ma perchè il poeta ha stimato arbitrariamente di conchiudere, facendo che quel marchese, il quale senza ragione si opponeva al matrimonio di Febea sua sorella con Imeneo che l’ama, senza ragione ancora poi vi consenta, tuttochè mutata non sia o la situazione, o lo stato, o le circostanze de’ personaggi.
Ecco un pregio che può dirsi unico nella classe de’comici, poichè nelle compagnie delle altre nazioni, gli attori, che sono almeno una trentina, non recitan che le parti che per natura o per arte loro si attagliano ; ed è raro che uno, o due al più, possano rappresentare differenti caratteri.
Nulla le manca ad essere nel numero delle valenti, fuorchè un esercizio più lungo, mancanza a cui il tempo porrà quanto prima il compenso ; ma intanto è dolce il vederla con merito vero rappresentare i suoi caratteri, e troppo bello e giocondo il difetto, che alcun rigido osservatore in qualche parte le addossa, d’essere cioè troppo giovine.
Spiega in esso il poeta tutta la maestria nel dipignere i costumi, e c’insegna l’arte di sviluppare i caratteri: Ubi ventum ad aedes est, Dromo pultat fores: Anus quaedam prodit, haec ubi aperuit ostium, Continuo hic se confert intro, ego consequor: Anus foris obdit pessulum, ad lanam redit. […] L’intitolo Adelphi per avervi introdotti due bellissimi caratteri di due fratelli di umore e di costumi opposti, i quali formano un piacevolissimo contrasto comico. Mizione e Demea sono gli originali di moltissime copie moderne di caratteri che graziosamente si combattono sulle scene.
I caratteri quanto non sono più virtuosi e più nobili nella tragedia greca!» […] Conveniamo adunque che sono anch’essi ben riesciti: conveniamo ancora che qualche volta hanno uguagliati gli antichi nel colorire egregiamente le passioni, e che spessissimo gli hanno superati nel l’esporre, nel preparare i caratteri, nel legar le scene, nell’introdurre e far partire con giusta ragione i personaggi: conveniamo in somma del merito degli antichi e de’ moderni nel proprio genere.
A riserba poi di alcuni tratti troppo lirici, e di qualche intemperanza Ovidiana nell’accumulare immagini, lo stile è puro, la versificazione corrente, ben sostenuti e ben coloriti i caratteri, e la favola è semplice, e serva le regole.
Un quadro piccante, una graziosa circostanza ben rilevata, qualche piacevole strofetta, l’insieme nell’esecuzione, un’acconcia distribuzione delle parti ossia de’ caratteri, basta per la riuscita.
A riserba poi di alcuni tratti troppo lirici e di certa intemperanza Ovidiana nell’accumulare immagini, lo stile è puro, la versificazione corrente, ben sostenuti e ben coloriti i caratteri, e la favola semplice e regolare.
La squisita e fine interpretazione dei caratteri, la minuziosa analisi d’ogni profondo sentimento, aveva in lei una riproduttrice esatta e fedele.
Le tragedie di Eschilo furono, come quelle di Sofocle e di Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi trall’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine. […] Nell’Ajace, detto flagellifero dalla sferza, colla quale quest’eroe furioso percoteva il bestiame da lui creduto Ulisse e gli altri capi del campo Greco, tra molte bellezze generali e varj pregi della favola e de’ caratteri, si ammirino con ispezialità le tre seguenti bellissime scene: la situazione patetica di Ajace rivenuto dal suo furore col figliuolo Eurisace e colla sposa Tecmessa; la pittura naturalissima della disperazione di Ajace che si ammazza; ed il tragico quadro che presenta la troppo tarda venuta di Teucro, ed il dolore di Tecmessa e del coro allo spettacolo di Ajace ucciso. […] I caratteri quanto non sono più virtuosi e più nobili nella tragedia Greca!
Le tragedie di Eschilo furono, come quelle di Sofocle e di Euripide, vere azioni drammatiche eroiche, accompagnate dalla musica, e decorate dal ballo; né altra differenza può ravvisarsi fra ’l primo e i secondi, se non quella che vi ha fra Tiziano e Correggio, fra Zeno, e Metastasio, fra Corneille e Racine, cioé quella che si scorge ne’ differenti caratteri degli artefici che lavorano in un medesimo genere. […] I caratteri quanto non sono più virtuosi e più nobili nella tragedia greca?
L’argomento deve sottostare ad alcune condizioni, permettere la delineazione dei caratteri dei personaggi e delle loro passioni e legarsi in modo organico alle altre componenti, musica, cori, balli, necessarie per la buona riuscita dell’opera.
Spicca soprattutto nel colorire con forza ed evidenza i caratteri de’ grandi uomini, segnandone i temperamenti, i difetti e le virtù.
Da questo momento non s’han più indizj della presenza di Marinetta a Parigi, il che fa credere ch’ ella fosse in quest’ ultimo viaggio condotta a Firenze, ove si stabilì separata dal marito, forse per incompatibilità de’ caratteri, essendo essa più tosto uggiosa, e venendo egli di dì in dì più avaro.
Non voglionsi però leggere colla speranza di trovarvi avventure piacevoli, intrighi amorosi, dipinture di caratteri simili a quelle delle commedie de’ nostri tempi. […] Qualunque produzione d’ingegno porta la divisa del proprio secolo, del costume e del gusto corrente, impressavi con caratteri indelebili. […] Eccovi tre comici caratteri da piacere in tutti i tempi nelle più colte città: una donna vana che dameggia, un figliuolo di un villano che fa da cavaliere e si occupa di carrette (ed ora diremmo di carrozze) a due, a quattro ed a sei cavalli, e un contadino mal accasato che a suo dispetto si tratta da gentiluomo e si carica di debiti e di angustie.
Molti tomi ne scrisse anche il Calderon poeta drammatico, cui l’Europa non avrebbe forse avuto l’eguale se la regolarità corrispondesse in lui alla invenzione, la delicatezza all’intreccio, la sensatezza del gusto alla forza e fecondità dei caratteri.
Biblioteca di Parma, trascritto con ogni nitidezza di caratteri dall’originale, quello forse che è fra le opere di lui in sedici volumi nella Biblioteca Nazionale di Torino.
Egli dovea tenere un certo mezzo tra questi caratteri, perciocché dovendo ordinariamente la tragedia terminare colla rovina di lui, s’egli fosse stato assolutamente vizioso, questa rovina non avrebbe fatta tentazione alcuna; da che noi non sentiamo troppa compassione e terrore della sciagura d’un tristo meritevolmente punito, e molto meno sentivala il feroce animo greco; e se virtuoso, avrebbe dato da mormorare contro la provvidenza, che in vece di proteggere l’innocenza, la sacrificava all’altrui scelleratezza. […] La seconda è quella degli odierni caratteri musicali, più facili e più comodi assai degli antichi, i quali non poteano sì distintamente e sì chiaro esprimere i concetti del compositore. […] Il bersaglio adunque, che l’opera comica musicale prenderà di mira, sono que’ leggieri difetti che si oppongono, come sogliam dire, al galateo: una donna vana, un saccentino, una salamistra, un tagliacantoni, un affettato ed altri caratteri equivalenti. […] Il ridicolo di que’ caratteri non troverà luogo nell’animo degli spettatori, occupato dalla grandezza de’ tragici avvenimenti, ed essi ne sdegneranno, come sì sdegna contro un buffone chi è occupato da grandi affari.