) la dice capace di sostenere con buona riuscita qualsivoglia altra parte o comica o tragica, per la sua abilità in ognigenere universale (sic). […] Angelo di Venezia un solo anno, si scritturò con varie Compagnie nomadi, recandosi poi in Sicilia, dove ebbe a lottar colla…. sorte, e dove…. al tempo in cui il Bartoli dettava le sue notizie dei comici, cioè al 1780 circa, viveva ancora recitando.
Nelle sue Compagnie, di secondo ordine, quando quelle di primo ordine si contavan sulle dita ed eran ricche davvero di valorosi artisti, militaron Giovanni Emanuel al principio e Alamanno Morelli alla fine della sua vita artistica.
Esordì nel Teatro Marsigli di Bologna sua patria in parti di niun conto, passando poi col tempo a quelle di prima donna, che sostenne in Italia e fuori con molto successo. […] Ebbe una figlia, Gertrude, la quale, a detta del Bartoli, aliena dagli amori, e sol dedita allo studio dell’arte sua, recitava con buon raziocinio in tuttociò che s’aspettava al suo teatrale impiego.
Sposatosi all’attrice Luigia Miani, n’ ebbe due figliuole, dalle quali fu mantenuto in Brescia sino alla sua morte che accadde nel 1825, quand’egli aveva 67 anni. […] Paolo Fabbri, già vecchio, e probabilmente dalla sua professione ridotto a male. Pare che il Bachino fosse un innamorato co’ fiocchi, certo non ispregevole, se Pier Maria Cecchini lo proponeva per la sua compagnia al Duca di Mantova, e lo riteneva se non eguale, almeno di poco inferiore al grande Adriano, il Valerini (V. […] Questi, assieme a un Francesco bolognese, magnifico, a sua moglie Barzelletta, fantesca, e a un Gio.
Le sue prime armi, e con grande successo, fece nella Compagnia dell’Anonimo Ciarlatano, il signor Buonafede Vitali, al fianco di Francesco Rubini, che divenne poi al Teatro di San Luca, celebre artista. […] Il Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi lo ricorda con onore ; e così di lui lasciò scritto Gianvito Manfredi nell’Attore in scena : Gaetano Casali, detto Silvio, non meno celebre che saggio ed onesto, il quale adempiedo a tutte le parti, che ad un saggio ed ottimo attore spettanti sono, tanto si distingue dagli altri nell’arte sua, che non cred’io che a’ suoi tempi tanto si distinguessero dagli altri gli attori antichi. Molte volte occorre al Goldoni di parlare di lui, e la notizia dell’avere il Casali recitato coll’anonimo Ciarlatano l’abbiam tolta dalle sue memorie (vol. […] Aggiunge poi il Goldoni che dopo la prima prova, che produsse miglior effetto della lettura, il Casali lo pregò in grazia di riavere da lui particolarmente un segno della sua riconoscenza e gli presentò sei zecchini.
Avea fatto mezza la parte all’apparire in scena, (in arte lo chiamavano buzzo, a causa della sua splendida pancia) l’altra metà la faceva, dicendola, con una semplicità di mezzi sorprendente. […] Non vi fu pubblico, del quale Cesare Dondini non doventasse dopo poche frasi l’idolo ; non vi fu critico per quanto sofistico, il quale avesse a notar qualche pecca nell’arte sua. Tra tante testimonianze del suo valore e della sua gloria son degne di nota quelle di Gustavo Modena, di Ernesto Rossi e di Tommaso Salvini. […] Forse aveva un difetto : la sua natura emergeva troppo nei caratteri da lui rappresentati ; ma era una natura così simpatica, omogenea, che dal critico poteva esser perdonato il vederla spesso riprodotta.
Le sue sono riproduzioni, realiste, a volte eccessive. […] Le sue lettere dicon questo spesso, che recitare è per lei una gran gioja, ma è anche un martirio. […] finalmente : Irma Gramatica, intellettuale, colta, riuscì a comprendere il vero e, nell’ estrinsecazione di questo, rivelò tutte le virtù in un solo difetto che non cessa tuttavia di essere un pregio, nell’ esuberanza della passione ; riusci, affrontando ardue battaglie, a crearsi da sè senza eclettismi o plagi, senza emulazioni grette e fatali, studiando i proprj mezzi non in correlazione con quelli degli altri, ma accontentandosi di tradurli in atto equilibrandosi e interpretando ciò che è consentaneo alla sua tempra nervosa d’artista, al suo carattere di moderna, in una parola alle convulsioni della sua anima.
Manzoni Caterina, moglie del precedente, viveva in un ritiro di Padova, sua patria, quando il Manzoni la sposò (1762). […] II), il quale, accennando al fatto che la Manzoni, da lui scritturata pel Sacchi, si sciolse poi dall’impegno, vinta dalle supplicazioni e dalle lagrime de' suoi compagni e delle sue compagne, che vedeansi alla rovina, abbandonati da lei, conchiude : Ella ha abbandonata in età giovanile la comica professione in cui si distingueva dalle altre attrici, per abilità, e per educazione, pochi anni dopo l’accennato accidente, e s’è ben meritata la fortuna che la pose in istato di poter fare un tal passo, per dedicarsi, com’ella fa con tutto lo spirito, a istillare in due suoi figliuoletti, le massime più austere della virtù sociale e spirituale. […] In lei merita una gran lode il suo buon volere che fa tutti i sforzi possibili per renderla capace della sua professione, ma la meschina non è nata per la medesima…… le dedica poi, sei anni più tardi, Il Teatro, nel quale sono a profusione le lodi per l’incomparabile artista. Delle qualità della donna egli discorre così nella lettera dedicatoria : Quando dirò che una donna voi siete che fece onore al Teatro coll’abilità sua e col suo contegno ; che del medesimo nulla serbate, nell’ozio grato della vostra vita presente ; che alla vivezza dello spirito accoppiate la docilità del core, e alla finezza del discernimento l’indole di compatire ; che ne' divertimenti co' quali il secolo invita la freschezza della età vostra, mantenere sempre sapete la decenza muliebre, la eguaglianza de' modi, il tratto affabile, le maniere cortesi ; quando, ripeto, dirò tutto questo di Voi, non avrò dato che un saggio del vostro carattere, ma robusto di verità, mallevadori delle quali potranno farsi tutti quelli, che vi conoscono e trattano.
In che consiste la sua bravura ? […] Qualora detto venivagli, che qualche altro recitava bene delle sue parti ; come, diceva, se il Goldoni le ha scritte per me ! […] Era gran amico dell’ Impresario, ma ancor più di sua moglie, donna giovine e non brutta. […] Dottore faceva la barba a Brighella, e questo cuciva la roba dell’ altro ; cosi aveva il comodo di star sempre vicino alla sua Bella.
Bret nella sua edizione delle Opere di Moliere. […] La Fosse ne ravvivò il languore, e pieno com’era della lettura degli antichi Greci e Latini fe rappresentare ed imprimere nel 1696 Polissena sua prima tragedia applaudita e ripetuta, e non per tanto censurata con poco fondamento, contando anni quarantatre di sua età. […] Ma alla sua Metromania commedia ingegnosa, piacevole, spiritosa, e regolare, che appena rappresentata nel 1738 con invidiabile applauso si noverò per una delle migliori del teatro francese, dovrà il Piron la sua riputazione maggiore in questo genere. […] Andres con troppa franchezza affermò che Tristano tratta avesse la sua Marianna dall’Erode del Calderòn. […] colle sue donne.
Giuseppe Coltellini da Lucca (13 maggio 1840) chiede se è contenta della sua nuova posizione per farle in caso delle proposte. […] Il 17 agosto proporrebbe di far un cambio colla sua Iª attrice, la Santoni. […] L’autore ha colorito il carattere, la Bettini lo ha scolpito ; ella ebbe dall’autore una parola che passata sulle sue labbra conduceva al fremito, all’applauso, al delirio. […] La sua voce corrispondeva a tutte le vibrazioni della sua anima. […] Abituata fin dalla sua più tenera gioventù a non considerare la sua parte dal numero dei foglietti, ma dall’interesse che poteva avere nell’intiera produzione, poneva in tutte lo stesso impegno, non escluse le farse.
Mutato poi ruolo, potè più tardi mostrar tutta la sua valentìa, facendosi assai applaudire colla parte di Carino nel Don Giovanni dello stesso Goldoni, che gli ebbe grandissima obbligazione d’aver reso onore al suo personaggio. Il Campagnani fu sostituito il 1736 da un attore che in grazia della sua figura era noto nell’arte comica col nome di Figurina.
Le sue favole tutte in prosa, eccetto una, sono di genere differenti. […] Trasse dunque tutte dal proprio fondo le fila necessarie per la sua tela. […] Il re l’invita con sua figlia a desinar con lui. […] Era egli andato nella 5 ad animar le sue squadre. […] Testardo l’autore volle rimetterli nell’edizione a sue spese.
[7] Il ritrovamento e progressi dell’arte drammatica siccome contribuirono ad ampliar le richezze della musica via più raffinandola, così ne scemarono a poco a poco la sua antica influenza. […] [11] Gli Arabi ne avevano lo stesso trasporto per la musica e le stesse opinioni intorno alla sua possanza. […] «L’impiego della musica è una pruova della sua eccellenza. […] Non so se la conghiettura di questo erudito possa dirsi abbastanza fondata; dirò soltanto che l’usanza è tale da non ismentire la sua barbara origine. […] La ricchezza non per tanto dell’una si comunicava alla sua compagna, dal che ne risultava la varietà prodigiosa dei ritmi non meno musici che poetici, onde lungamente abbiamo parlato di sopra.
Giovanni Federigo barone di Cronegh nato in Anspach poteva forse divenire un tragico eccellente, sì patetico e dilicato si dimostra nelle sue tragedie e nelle Solitudini, ovvero un gran comico per la facilità che ebbe nel dipingere i caratteri e per la grazia che riluce in qualche sua favola; ma cessò di vivere acerbamente nel 1756 in età di 26 anni. […] Degna di molta lode è la sua pastorale Evandro ed Alcimna tradotta ed imitata in Francia. […] Io, risponde facendosi vedere la sua Dori. […] Tali idee ci risvegliano le sue Poesie Liriche, le Canzoni dî un’ Amazzone, e le sue favole tragiche e comiche. […] Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola.
Per comprendere l’indole comica di questo cavaliere e la natura delle sue favole, bastano le quattordeci che raccolte in quattro volumi si pubblicarono in Napoli nel 1726 dal Muzio. […] L’economia delle sue favole è sempre verisimile, semplice ed animata da piacevoli colpi di teatro. […] Pari industria si scorge nella sua Sorella. […] Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere al di lei arrivo fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato, quando ella impietosita dar non voglia a credere al marito che la giovane che è in casa, sia appunto la perduta sua figliuola. […] S’ incontra con la giovane, ed effettivamente la riconosce per la figlia ed è da lei riconosciuta per sua madre.
Quanto al fisico e all’indole sua, egli dice (op. cit. […] E siccome di arte s’intendeva assai, e siccome, essendo stato attore valente tanto da sostituire talvolta il Modena in alcuna delle sue parti e uno de’ più acuti e profondi critici, quando mena la sferza ha sempre ragione da vendere, dirò anch’io col Morandi : Dio gli benedica le mani e la lingua. A questa indole indiavolata accenna anche il Modena in una sua lettera a lui del 22 giugno ’57 (Epistolario, Roma, 1888) : …. vi vedo imbrogliato male andando a Faenza. […] Per queste, più che per la forza di commozione, egli cangiava di colore a sua voglia, tremava di tutta la persona, si faceva rizzare in testa i capelli, irti come le penne dell’ istrice. […] Quando il povero parroco, nella bella commedia del Garelli I contingenti piemontesi, esce a far la sua parte, il pubblico lo prende su come viene, e se la figura è meschina e i modi sono piccoli, il pubblico se ne compiace di più perchè lo rassomiglia all’uno o all’altro dei tanti curatucoli di campagna, che son di sua conoscenza ; ma se il parroco recita in italiano, allora il pubblico, ci si perdoni la frase, si monta diversamente, e vuol figura veneranda, vuol modi gravi, vuole unzione, vuole insomma quell’ ideale, che invano si vorrebbe da taluni scompagnare dall’arte.
Compagnia Sarda, stretto parente di sua madre. […] Di tal guisa egli si mostrò nella vita un po' sempre personaggio di commedia, e nelle sue grandi interpretazioni un po'sempre Ernesto Rossi. […] Non ho, come ho detto da principio, avuto la sorte di sentire Ernesto Rossi al culmine della sua gloria : l’ho sentito quando io era troppo giovine per poter giudicare dell’ opera sua, e quando egli era troppo vecchio, perchè potessi farmi un’idea chiara della grandezza passata : certo l’una volta e l’altra ebbi nell’animo impressione profonda. […] Shakspeare mi apparve in tutta la sua grandezza : Amleto con Ernesto Rossi era un poema vasto, smisurato, quale non aveva mai visto, nè vidi poi. L'analisi ch'egli fa in un suo studio della tragedia shakspeariana, è minuta e acuta, e dà prove non dubbie dell’amore e della tenacia con cui s’era venuto facendo il suo personaggio, carne della sua carne, anima dell’anima sua.
La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico, e fanno desiderare che si producano. […] Il legato Ermini mal sostiene la dignità della sua corte. […] Al fine chiamata viene alla sua presenza colla più tormentosa ripugnanza. […] Egli però rapito dalla sua sposa si è ritirato alle sue stanze, quasi potesse rimanere ozioso al punto, in cui stanno le cose. […] Odorico nella 5 scena dalle sue logge si accinge all’armi.
Giovanni Leone Sempronj da Urbino produsse in Roma nel 1724 la sua tragedia il Conte Ugolino. […] Manasse seconda sua tragedia ci dipinge un penitente che potrebbe annojare per la sua abjezione, e pure è condotto con tanto senno che serve ad aumentare la grandezza del dramma. […] Che della sua Bologna liberata armata di una prefazione contro di certo Dottore Don Pietro Napoli Signorelli che non avea lodate le sue tragedie che l’Italia chiama mostruose? […] Dopo le Meropi del Maffei e del Voltaire il conte Alfieri ci astringe ad ammirare e leggere con vero diletto la sua ch’egli dedicò alla contessa sua madre nell’agosto del 1783. […] Giustino nel libro XV delle sue Storie.
Francesco Augusto Bon scrisse per lei non pochi lavori, tra' quali : La donna e i romanzi, L'importuno e l’astratto, La lotteria di Vienna, Ludro e la sua gran giornata, ecc. Fu eccellente nelle commedie del Goldoni, e si vuole che colla sua morte, avvenuta in Livorno nel 1836, scemasse d’assai l’importanza del suo ruolo.
Merli Cristoforo, nato a Bologna verso il 1741, fece le prime donne cogli accademici fortunati della sua patria, cominciando poi a recitare da innamorato in compagnie di giro verso il 1768. […] Come attore fu il Merli amoroso assai reputato ; come uomo, dice il Bartoli ch' ebbe indole tanto mite, quanto l’ebbe stravagante la sua compagna.
Dice il Beltrame Barbieri : Morì dieci anni sono il Capitan Rinoceronte nostro compagno, e gli trovammo un asprissimo cilicio in letto : e pur recitava ogni giorno : par veramente che contrasti cilicio e comedia : penitenza e trastullo ; mortificazione e giocondità ; ma non è strano a tutti chè molti sanno benissimo che l’uomo può star allegro e anche far penitenza de’ suoi peccati…… E il Padre Ottonelli in quella parte della sua Cristiana moderazione del Teatro (Firenze, Bonardi, 1652) che tratta delle Ammonizioni a’ Recitanti : Voglio aggiungere intorno al nominato Capitano Rinoceronte quel poco che da un prudente e dotto padre spirituale, e teologo della compagnia di Gesù mi fu detto in Fiorenza l’anno 1645 a’ 25 di giugno ; e fu questo. […] So che quando fu per andare in Francia con la sua compagnia, fece chiara e gagliarda protesta a’ compagni, che nol levassero d’Italia, se non avevano animo risoluto di recitare modestamente. […] Aveva per sua virtuosa consorte una Donna, detta Isabella tra le comiche, la quale fece vita santa per due anni avanti la morte, senza mai voler comparire nella scena al Recitamento ; e se ne morì con molti segni di gran bontà, esortando il marito a ritirarsi affatto dall’arte e dall’esercizio de’teatrali trattenimenti.
Ecco l’epitaffio del Tasso, non scritto dopo la morte del Verato (il Tasso avea già lasciato Ferrara dell’ '86), ma mentr'era in vita, e a istanza sua, come si legge nella didascalia di un codice estense : Fatto ad instanza del Verato eccellente istrione : Giace il Verato qui, che 'n real veste superbo, od in servil abito accolto, nel proprio aspetto, o sotto finto volto, come volle, sembrò Davo o Tieste. […] Se rise, riser seco i bei notturni teatri degli scherzi e delle frodi, ed insieme ammiraro il mastro e l’arte : or le scene bramar, bramar le carte sembran l’alta sua voce e i dolci modi, e sdegnar altri piè socchi e coturni. Giovan Battista Guarini intitolò dal nome del Verato le sue difese del Pastor Fido contro Giason de Nores.
S. certo campo et pezzo di terra quale certo suo confinante fondato sopra cotesto statuto, intende di potere et uolere comperare, il che tornando in molto disconcio di detto Petrolino mi ha pregato ch' io uoglia raccomandarli questa sua differenza si come fo con tutto l’affetto dell’animo supplicandola a compiacersi per amor mio et per compiacerne me et obligarne singolarmente di derogare a detto statuto non comportando che contra sua uolontà uenga uenduto detto campo. […] Infatti noi vediamo il marzo 1581 la Vittoria, prima donna di Pedrolino, supplicare con le più dimesse parole il Duca Alfonso di Ferrara, di ridonar a entrambi la sua protezione, che sembrò loro tolta, quando Pedrolino, trovandosi al soldo di certo Ettore Tron, non potè recarsi a Ferrara a recitarvi il carnevale secondo le richieste del Duca. […] F.) egli era a Ferrara ; e nel medesimo anno la sua Compagnia si fuse con quella dei Confidenti che aveva a capo la Vittoria (Piissimi). […] Altezza di Savoia con ogni debito di riverenza la supplicano a far loro gratia, che possano in Milano nella stanza solita del suo Palazzo recitar le loro honeste Comedie ; hanno già supplicato, et hora di nuovo supplicano mandando messo à posta ; confidano nella sua benignità ed offrendosi prontissimi ad ogni suo cenno le pregano da N.
Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena del 5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recarsi colà a recitare : poi nulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene del Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso Valerio Bendinelli ; indi, abbandonato il primo amoroso Ottavio Costantini il teatro nel 1688, e partito per l’ Italia, predendone egli il posto. […] Marc’Antonio Romagnesi fu poeta e non de'peggiori, e pubblicò pei torchi di Langlois a Parigi il 1673 le sue rime, ch' ei volle consecrate all’immortal nome di Luigi XIV Re di Francia e di Navarra. […] Il Bartoli riferisce l’ode indirizzata a sua madre, e la risposta di questa. […] La notizia, citata dal Bartoli, che il Romagnesi, andato a Mantova, trovasse una sua casa sequestrata, e supplicasse il Duca della liberazione, che poi ottenne, troviamo nel seguente sonetto che non mi par de' peggiori : Signor, giacchè più tetto non m’avanza, e più casa non ho su'l mantovano, non vi sdegnate che col scettro in mano, mentre casa non ho, faccia una stanza. […] Aveva sposato, morta sua madre, Maria Anna Richard (da cui ebbe un unico figlio, Giovan Antonio) la quale, rimasta vedova, passò a seconde nozze col signor Duret tireur d’or di Lione, che poi si fece comico.
Trovo non per tanto che monsignor Paolo Regio sin dal 1569 pubblicò in Napoli una sua favola pescatoria intitolata Siracusa da noi però non veduta ancora. […] Silvano intende che il finto Tirsi era la sua Cinzia morta per la sua crudeltà; ne conosce l’innocenza e l’amore, e cade in disperazione. […] Il primo rigoroso comando che riceve il finto Tirsi da Silvano è di partire da quelle selve, e le sue querele nel dovere lasciar quel luoco e la compagnia di Clizia sua amica, sono tenere e delicate. […] In Milano nel 1597 ancora se ne fece un’ edizione corretta dall’autore, il quale giunto all’ ultima vecchiezza morì nella sua patria pieno di onorata fama per le molte sue opere ingegnose che produsse. […] Il Guarini amato per la sua dottrina, e prudenza da’ principi dell’età sua, specialmente dal papa Gregorio XIII e dal duca Ercole d’Este che l’impiegarono in affari importanti, morì in Venezia nel 1613.
Nè solamente a Firenze gli accadde di dover cedere alle insistenze del pubblico, e replicar sul momento or questo, ora quel brano, chè anche la narrazione di Pilade dovè replicare immediatamente « siccome un pezzo applauditissimo di scelta musica — com’egli ci avverte — nelle scene illustri di Ferrara, di Siena, di Pavia, di Torino, di Bologna. » Fu il 1811 nominato Professore di declamazione e d’arte teatrale nella Accademia di belle arti a Firenze, e vi stampò nel 1832 un corso di lezioni, corredando la duodecima, dei gesti, di quaranta tipi che rappresentano l’attore ne'momenti più importanti della sua arte, e di cui do qui dietro un piccol saggio. […] Sfogliando le sue lezioni di declamazione, guardando a quelle odiose figurine che le illustrano, pensando a quelle repliche immediate di narrazioni, e il tutto comparando al giudizio che ne dà il Righetti nel secondo volume del suo Teatro Italiano, e che qui riferisco, c’ è da credere che il Morrocchesi fosse un grandissimo artista di maniera. […] La sua voce era rauca, e mal atta a colorire tenere espressioni, imponente, terribile nell’espansione di violenti affetti ; il suo portamento, il suo gesto erano nobili, e dignitosi, nè perdevano della loro dignità, e della loro nobiltà, che quando voleva dipingere gli oggetti fisici con gesti di contraffazione. La sua dizione ora lenta, ora precipitata, non cra sempre quadrante colla qualità dei pensieri che doveva esprimere, quasi sempre sublime nella pittura di vive immagini, e nell’entusiasmo si trasportava talvolta al di là di quel confine stabilito fra la sublimità, e la stravaganza : infine nessun attore ha presentato all’occhio dell’intelligente osservatore maggior riunione di bellezze tragiche miste a difetti del tutto particolari. Quest’attore si applicò quasi esclusivamente alle tragedie del grande Alfieri, e fu dei primi che le fece assaporare sui pubblici teatri, ed in queste sviluppava tutte le sue qualità fisiche e morali.
mo di Modena il rilascio delle robbe sequestrate al Coviello, e conoscere le sue intentioni, poichè se occorressero al Ser. […] mo di Cell, « ch'è un Principe così grande – dice il Sacco nella prefazione – così giusto, e così pio, e ci grazia non solo dell’alta sua protettione, ma ci comparte una mercede così copiosa, che può far la fortuna, anche a chi pretende distintione assai superiore a quella di Comico », è forse la più importante opera del Sacco, sì per la varietà imaginosa delle scene, sì per la comicità ond’è piena, e anche per lo stile men reboante del solito. […] Di quella del Cinque nel prologo, nell’episodio, nel esito, nel Corico, e nel Como ; di quella del sette nelle sue varie specie, espresse dal Donato, cioè : Palliata, Togata, Atellana, Tabernatia, Mimo, Rhintonica, e Planipedia. Hà la positione semplice, ne i personaggi sciocchi ; la positione doppia ne i serui astuti ; con la prattica d’algebra, e di almucabalà, si espongono i moltinomij de soggetti ; Con l’aritmetica attiua poi numera il tempo, somma gl’accidenti, sottrae l’improprio, e moltiplica gl’abbellimenti ; vsa le proue per riuscire, tiene libro semplice per le rappresentationi, e doppio per il guadagno ; in fine se Pittagora sostiene che la natura de numeri, trascorre per tutte le cose, anche la Comedia di tutte le cose è specchio ; però moltiplicando il suo merito per ogni regola, trouo che innumerabili, come innumerabili sono le diuisioni aritmetiche, sono ancora le sue glorie. […] Il Valentini ce lo dà in abito spagnuolo, e tale a un dipresso lo vediamo in una delle sue apparizioni nella illustrazione della Cameriera brillante di Goldoni (Ediz.
Nipote di Carlo Battaglia, si trovava, il 1782, in sua Compagnia, promettendo, benchè giovanissima, di riuscire sotto gl’ insegnamenti della zia Maddalena una buona attrice. […] Guarini, Jason De Nores, nella sua Apologia contra l’autor del Verato, dice : « E Messer Battista Veronese, altresì recitator di commedie, affermò pubblicamente appresso persone dignissime di fede di aver rappresentato già quindici anni sono in Franza, per tutta Italia, e specialmente nella istessa città di Ferrara, oltra molte altre la tragicommedia pastorale della Pazzia d’Orlando.
, 738) : « A’tempi nostri s’è visto un Fabio comico, il qual si trasmutava di rubicondo in pallido, e di pallido in rubicondo, come a lui pareva ; e del suo modo, della sua grazia, del suo gentil discorrere, dava ammirazione e stupore a tutta la sua audienza. » Forse a questo stesso Fabio accenna il De Sommi, là dove dice nel terzo dialogo sui recitanti : « Io mi ricordo averne veduti di quelli, che ad una mala nuova si sono impalliditi nel viso, come se qualche gran sinistro veramente gli fosse accaduto. » ?
Recatasi il 1766 a Barcellona, si sposò al Grandi, coll’insegnamento del quale riuscì in breve tempo attrice di gran merito. « La sua bellezza — dice il Bartoli — la sua grazia, un’espressione viva ed aggiustata al carattere del personaggio ch’ella rappresentava, erano tutte cose che fermavano gli spettatori a considerarla, ad ammirarla ed a compartirle molti applausi.
Di Giacomo, lo troviamo (1739) primo amoroso in una Compagnia che rappresentava commedie burlesche in un giardino fuori Porta Capuana, detto il Giardeniello ; della qual Compagnia faceva parte il Pulcinella Domenicantonio di Fiore, che, senza dubbio, coll’arte sua e co’suoi ammaestramenti fece prender più tardi al Barese la risoluzione di mettere anch’esso la maschera del pulcinella. […] Dalla sua paga al Valle si sottraggono cento ducati co’quali l’Impresario napoletano è compensato della perdita d’un comico tanto valoroso ; ma l’Uditor dell’Esercito che gli passa quel denaro, glie lo consegna a condizione ch’ egli soccorra la moglie e i figliuoli che Barese lascia a Napoli. […] L’apparire ch’egli fa più spesso in quelle di Francesco Cerlone, potrebbe dimostrar questo, che cioè, avendolo il Cerlone conosciuto da Pulcinella nella Cantina, ove appunto si recitarono le commedie cerloniane, lo ebbe in tanto conto da farlo chiamare al Nuovo, quando vi si rappresentassero cose sue. […] Non è possibile ch’egli li abbia passati, tutti, fuori della sua patria.
Nel 1812 fu in Compagnia di Giacomo Dorati, poi, nel ’19, in quella di Vestri e Venier, e finalmente in quella di Luigi Favre, del quale sposò una figlia, la Giulia, e col quale stette gran parte della sua vita artistica. […] Ecco l’ Elenco degli attori che formarono la sua Compagnia del 1829 : Primo attore Luigi Bergamaschi Tiranno Giuseppe Copelotti Primo amoroso Gaetano Gattinelli Caratt. promiscuo e Padre Giuseppe Guagni Caratterista Lorenzo Baseggio Prime attrici a vicenda Giulietta Favre Carmina Favre Madre e caratterista Maddalena Caprara Servetta Giuseppina Copelotti Seconda amorosa Alemanna Guagni Generiche Agnese Mancini Giovanna Favre Annetta Ogna Altro Padre Antonio Mancini Secondo caratterista Pietro Caprara Generici Lodovico Mancini Antonio Copelotti Pietro Imiotti Benedetto Mancini Vale la pena di trascriver qui le parole colle quali il Bergamaschi invitò il pubblico alla sua beneficiata, la sera del 20 maggio 1829, al R. […] Egli si riputerà abbastanza fortunato se la sua offerta sarà compensata da quel gentile accoglimento che è innato in questa cortese ed Inclita Popolazione.
Di questo ex attore intelligente, corretto, che per le parti di generico primario e di primo attore ebbe tanti schietti encomj dai giornali e dai pubblici nostri e forestieri, metto qui una nota autobiografica, la quale, nella sua modesta semplicità, rivela l’uomo e l’artista. […] Mia madre, nipote del conte Cesarotti, poeta e letterato padovano, seguì sempre suo marito nella sua nomade carriera. […] Per 23 anni di seguito fui amministratore, segretario, attore ed amico di Ernesto Rossi attraverso a quasi tutto il mondo ; ed ora eccomi qui, rappresentante l’Accademia dei Filodrammatici e direttore di un teatro…… Quanto al teatro (il Filodrammatico di Milano) ch’ egli cominciò a dirigere nell’ ’85, sappiamo che la sua attività e la sua intelligenza si sono affaticate nervosamente, prepotentemente per dargli quel primato al quale aveva diritto, quello splendore a cui lo si era destinalo.
Dopo una non breve stagione in Arzignano nel Vicentino, la compagnia, impegnata la misera condotta, si sciolse ; e Morelli, che non avea da pagar l’oste che gli avea dato il vitto e l’alloggio a credito, se gli offerse, e fu accettato in qualità di cameriere, pagando così coll’ opera sua di uomo onesto, il debito del primo attor giovine. […] Fu poi con altre compagnie di minor conto, e terminò la sua lunga e gloriosa carriera del '91 con Calamai. […] Fu banditore il '74 del primo congresso drammatico in Firenze, e pubblicò nel '77 un Manuale dell’artista drammatico in cinque dialoghi, col Prontuario delle pose sceniche, già edito nel '54, che si può dire, senza offendere la memoria del grande attore, l’antitesi dell’arte sua, fatta tutta di verità e di spontaneità. Nè gli anni valsero a piegare o infiacchire la sua tempra gagliarda : a poco men che ottant’ anni rappresentava ancora con efficacia incredibile la Riabilitazione del Montecorboli e la Signora di San Tropez.
Ma questa non è che un’ipotesi ; e anzi, il Robinet, citando il nuovo Pantalone, nella sua lettera in versi dell’8 marzo 1670, dice : tous les acteurs de cette troupe, qui maintenant ont vent en poupe, compris leur nouveau Pantalon, rouge, ma foi, jusqu’au talon, y font a l’envi des merveilles. […] Fra i documenti che concernon la Compagnia del Duca, ov'era Pantalone, ve n’ha uno del 1681, che comprende la nota della paga per ognun de'comici in sessanta ducatoni d’argento, e queste parole aggiunte : l’anno 1682 gli donò Sua Altezza vinti doble per ciascheduno Comico, et erano in dodici sì che l’ordine fu di doble 240 in tutto, e poi l’ Altezza Sua si disfece della Compagnia. […] Si proseguirono però le Comedie nella Sala detta della Biada, ove d’ordine di Sua Altezza si fecero la scena, e qualche palchi per modo di provisione. […] r don Alfonzo deste dopie di italia dieci per restutirle a piacimento di Sua Sele.
Dell’arte e del successo di Anna Veronese dicono i fratelli Parfaict : « Una figura graziosa, molta vivacità, molto spirito e molta gaiezza, qualità essenziali nella parte di servetta, le acquistarono gran rinomanza non mai attenuata in tutto il tempo che recitò. » D'Origny dice che « non si sapeva se ammirar più il suo ingegno o la sua bellezza, » e Panard dettò per lei i seguenti versi : Cet objet enchanteur qu’on doit à l’Italie de trois divinités réunit les attraits ; Coraline offre sous ses traits Hébé, Terpsichore et Thalie. […] Il suo ingegno e la sua bellezza inspirarono anche una lunga poesia al Marmontel, in cui è la seguente descrizione appetitosa delle sue doti fisiche. […] Corallina, morta nell’aprile del 1782, istituì per testamento suo legatario universale il Principe di Conti, il quale accettò l’eredità, portando da 600 a 1000 lire annue la pensione che Corallina passava dal 1763 a sua madre Lucia Pierina Sperotti.
Compose eziandio alcune di quelle farse chiamate Moralità che portarono il nome di Pastorali fatte dalla regina rappresentare alle damigelle della sua corte6. […] Le sue languide tragedie, per avviso de’ medesimi Francesi, sono scritte in istile assai basso e ineguale, senza arte, senza azione, senza maneggio di teatro9. […] Eugenio è il titolo di una delle sue commedie. […] Pietro de Laudun Daigaliers fece stampare una sua tragedia les Horaces; ma non avendola io veduta, dir non saprei nè quanto egli dovesse a Pietro Aretino che il precedè coll’ Orazia, nè quanto a lui dovesse Pietro Cornelio che venne dopo dell’uno e dell’altro. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le principali persone delle sue favole.
Fu stampata per la prima volta in Venezia nel 1558, e il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola qual cosa sua. […] Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143. […] Il celebre Leonardo Bruni, che da Arezzo sua patria é comunemente detto Leonardo Aretino, nato nel 1369, e morto nel 1444, fece una comedia latina, intitolata Polissena, stampata più volte in Lipsia nel principio del XVI secolo. […] Questa commedia poi, quantunque stata fosse dall’autore all’età di trent’anni ritoccata e divolgata come sua, e dedicata al marchese di Ferrara Leonello d’Este, uno de’ più dotti principi della sua età e de’ più splendidi mecenati della letteratura, fu da Aldo Manuzio il giovane pubblicata nel 1588 sotto il nome di Lepido comico poeta antico. […] Errico d’Aragona, marchese di Villena, ch’era una serenata, o favola allegorica, nella quale intervengono la giustizia, la pace, la verità, e la misericordia; e l’altro del poeta Giovanni de la Encina, che il conte de Uregnas fece rappresentare in casa sua, ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposar la regina Isabella.
Prorompe in compassionevoli querele l’infelice benefattore degli uomini immeritamente punito della sua beneficenza. […] La sua magnanimità sveglia nello spettatore una sublime idea del nobile suo carattere. […] Euripide veramente non a torto nella sua Elettra si burla di simili segni; ed in fatti non si prenderà mai per modello delle agnizioni teatrali questa di Eschilo sfornita di verisimiglianza. […] Nel quinto atto il poeta manifesta parimente la sua maestria, mostrando benchè in abbozzo l’infelice situazione di Oreste che trasportato da rimorsi va perdendo la ragione. […] Ασαφις, inintelligible fu da Aristofana chiamata la sua frase nel l’atto 5 delle Rane.
Conobbero così bene e fondatamente per tutte le sue parti gl’Italiani la greca erudizione, che seppero allora mettere alla vista fin anche nel teatro materiale l’antico magistero. […] Ma essa ebbe la ventura di aver veduto dentro il recinto delle sue muraglie nascere un Trissino, che mostrò all’Europa il sentiero della vera tragedia regolare, e insegnò l’architettura all’incomparabile Andrea Palladio. […] In Andria si costruì ancora un teatro nel 1579; ed il famoso cieco Luigi Groto che colà sortì i natali, compose per tal teatro una delle sue commedie intitolata l’Emilia, Essendo così grande il numero di drammatici componimenti rappresentati in tante città Italiane, vi si videro alle occorrenze eretti moltissimi teatri.
La sua vita artistica fu tutta legata a quella del marito. Fors’anche perchè modenese, ella parve avere alcun ascendente su l’animo del Duca Alfonso, che le tenne al fonte battesimale un figliuolo, e a cui spesso si volgeva per soccorsi morali e materiali : e vi han parecchie ricevute sue delle solite dieci doppie, che il Duca le faceva pagare come donativo. […] e n.º 20 Angiola sua figliola 20 Colombina 20 Leandro 20 Orazio 20 Dott.
La sera del 24 febbraio 1525 fu rappresentata una sua commedia a Mantova, la quale — scriveva Vincenzo de Preti — « veramente al judicio de ogni persona fu molto bella, et bene recitata al possibile. […] In data del 14 marzo 1580, il Duca di Mantova eleggeva il giocondo Angeloni, superiore ai comici mercenari, ciarlatani, ecc., in tutti i suoi Stati, decretando che nessuno di essi potesse nè recitare comedie o cantare in banco, ecc. ecc., senza sua licenza in iscritto.
Non ho trovato altra menzione di lui, fuor di quella fatta dal comico Bartolomeo Rossi, da Verona, il quale nel discorso a’ Lettori che è in una sua pastorale, Fiammella (Parigi, Abel l’Angeliero, 1584) al proposito di certa libertà nel dire che debbono avere le parti ridicole, scrive : ……come Bergamino, se bene non osserva la vera parola Bergamascha, non importa, perchè la sua parte e come quella di Pedrolino, di Buratino, d’Arlechino, et altri che imitano simili personaggi ridiculosi, che ogni uno di questi parlano a suo modo, senza osservanza di lingua, differenti da M.
Pier Maria Cecchini aveva proposto con lettera del 1612 da Venezia al Duca di Mantova di mandarlo a Parigi, ove poi non andò, pei raggiri di Tristano Martinelli che vi andò in sua vece il 1613. […] E sua senza dubbio la traduzione dell’opuscoletto, intitolato : Dichiaratione | del Re Christianissimo | pubblicata nel Parlamento | nel qual S.
Alfonso ravveduto alle sue ragioni pronunzia il bando di Rachele e degli Ebrei. […] Questa abbraccia trentacinque favole oltre della sua Rachele e delle sue traduzioni di cui bentosto parleremo. […] Osservo intanto che egli ha preso un cammino che lo conduce al contrario della sua promessa. […] La Motte ne fece la felice sua Inès. […] Io non poteva ignorare il nome di chi per più anni mi onorò della sua amicizia, e volle prima di pubblicarla udir sulla sua tragedia il mio qualunque avviso.
Il Campardon riferisce una querela, sottoscritta appunto De Frécansal, contro il capocomico Cristoforo Selle e sua moglie, i quali, a conferma di molti testimoni, tra cui un Cristiano Briot, saltatore di corda, avevano deliberato e ad essi proposto di assassinare il Fracanzani, che assalito una sera da tre sconosciuti, e riuscito a ricoverarsi a casa, n’ebbe tal febbre e vomito da metterlo molto in pensiero per la sua salute.
Al principio del ’38 era a Dresda scritturato nella Compagnia di Corte assieme a sua moglie Gerolima ( ?) […] Allevò la sua famiglia con decoro, ed essendo passato a Praga, ivi morì l’anno 1755. »
È citato dal Marchese Decio Fontanelli in una sua lettera del 14 agosto 1691 al Duca di Modena. […] In quello stesso anno l’Elettore di Baviera aveva licenziato la Compagnia italiana, e il Fontanelli esorta in questa lettera il Duca a servirsi di alcuno di quei soggetti per migliorar la sua compagnia ; e aggiunge : « giunto hieri sera da Sassuolo in Modona vi trovai Rolenzino famoso primo Zane, hò stimato perciò bene di fermarlo à dispositione di V.
All’avviso fatale che ne riceve Nino si accoppia lo scoprimento che egli fa di esser Dirce sua sorella. […] Manfredi ha congiunte mirabilmente le premesse, i mezzi e le conseguenze della sua favola ingegnosa. […] Ma il campo era troppo vasto, e lo spirito di apologia volle averci la sua parte. […] Con sua buona pace egli s’inganna. […] L’abate Saverio Lampillas con critica piacevolissima, e tutta nuova e tutta sua negò l’invenzione al Trissino perchè ricavò l’argomento della sua tragedia della Storia di Tito Livio.
Pietro Napoli Signorelli, siccome ha acquistata all’Autore non picciola riputazione, per le lodi, colle quali è stata comunemente applaudita nella Repubblica letteraria; così ha suscitato, come suole non di rado avvenire, chi credendo offesi i diritti di letteratura, che vanta in questo genere di teatrali composizioni la sua nazione, ne ha attaccato alcune riflessioni risguardanti il Teatro della Spagna. Col presente Discorso il lodato Valentuomo risponde a tutte le obbiezioni del suo Censore, solidamente confutandole, senza oltrepassare neppur in menoma parte i limiti d’una disputa meramente letteraria: e questo gli somministra opportuna occcasione di arrecar maggior lume a ciò, che aveva egli scritto nella sua Storia. […] Nel sottoporre questo mio giudizio alla sua autorità le bacio divotamente la mano, e mi dichiaro.
Arcelli Emilia, figlia del precedente, allieva di Gustavo Modena, col quale fece le sue prime armi come seconda amorosa e dal quale se ne andò per assumere il ruolo di prima donna giovane con Domeniconi, a fianco della Fumagalli, dell’Aliprandi, della Cazzola, del Morelli. […] Qui capita Tabarrino occupato nei preparativi per le nozze sue con Isabella ; e, richiesta Franceschina del cammino che conduce alla macelleria, gli offre in vendita i due porci che son ne’ sacchi. […] » Corallina Domenica Costantini, veronese (sua moglie).
Fatta poi società con Achille Dondini, all’intento più specialmente di dar libero sfogo alla sua viva passione dell’arte, si buttò a capo fitto nel gran repertorio, facendo una sua particolar fatica dell’Amleto. […] Quindi passò direttore e attor da parrucca in Compagnia di Lorenzo Calamai, ove stette quattro anni, che furon gli ultimi della sua vita nomade di artista.
Moltiplicatesi le compagnie congeneri, e non trovando più il Bergonzoni in Italia quei vantaggi che avea ragione di ripromettersi, risolse di recarsi nell’America meridionale, ove le sorti furono assai prospere ; per modo che nell’ 89 tornò in Italia all’intento di rifare, migliorandola in ogni sua parte, la compagnia, in cui scritturò tutto il buono che già componeva quella del Tomba, col quale doveva poi tornare in America. […] Udita un giorno in sua casa una forte scampanellata, chiamò in fretta la serva e le disse : S’ l’è un creditòur, ciama’ m, ch’a’ j casch adoss ! […] – Quirino Norberto Berilli Bolognese comico, e sua compagnia, che da Piacenza passano a questa Metropoli per divertire la nobiltà della medesima colle loro fatiche, con loro famiglie, servitù, armi all’uso militare, ed attrezzi teatrali esenti di qualunque dazio e gabella.
» Quella specie di ordine del Marchese dovette essere molto arrischiato, dacchè il Bozzo rientrò a’ Fiorentini un anno dopo, facendo dire all’ istoriografo di quel teatro, Adamo Alberti, ch’egli era già divenuto artista pregevolissimo ; e artista pregevolissimo fu davvero, e divenne de’ Fiorentini un idolo, e vi restò sino alla fine della sua carriera, festeggiato, acclamato, senza che mai gli fosse passato pel capo di modificar la sua pronuncia siciliana. […] Ne’ tempi della sua maggior gloria menò vita brillantissima ;… ebbe guadagni e prodigalità senza fine : queste più di quelli…. se ne indovina la fine : la vecchiaja in compagnia dell’indigenza.
Fu co’ primari capocomici, e condusse poi compagnia egli stesso, della quale fu principalissimo ornamento l’Angela Bruni, sua moglie (V.). Rappresentando a Lucca il 6 dicembre 1836 in Compagnia Pelzet il Galeotto Manfredi per sua serata, invitò il pubblico con queste parole : La fiera gelosia che agita la sospettosa Matilde, fomentata dall’ arte scaltrita dell’ambizioso Zambrino, la debolezza del generoso e troppo credulo Manfredi ; infine l’ingenuità della giovine ed onesta Elisa, formano l’inviluppo di questa tragedia, la di cui catastrofe, terribile non meno che esemplare degna la rende di tenere un posto distinto tra le classiche italiane. […] Ad afforzar le sue idee, cita spesso e volentieri le parole della Clairon che non conosceva nè regole, nè convenzioni che potessero inspirare tutte quelle diverse sensazioni e gradazioni di spirito e di sensibilità, che sono necessarie per formare un grand’artista comico.
Punto da tal fatto, volle far pubbliche le sue ragioni ; e stampò all’uopo un libricciuolo in Cremona colla data di Parma. […] E. a continuarmi la sua grazia, e Patrocinio, e con tutto il rispetto mi do l’onore di rassegnarmi Di V. […] Soprascritta : A Sua Eccellenza Il Sig.
Bartoli lo dice « Uomo di molto ingegno, che non solo in Teatro, ma al Tavolino ancora mostrar sapeva uno spiritoso talento. » Non ebbe alcuno mai in società, e cumulò denari quanti volle : ma proprio al momento, in cui credè la sua sorte assicurata per sempre cominciò a esser da essa perseguitato, e con siffatta costanza, che in capo a pochi anni fu ridotto in miseria. […] Si mantenne viva nei repertori del tempo una sua commedia, intitolata La Maga avvocato, che aveva in fine il seguente sonetto : Diede natura all’uom sul proprio Core un assoluto, indipendente impero. […] Metto qui la patente accordatagli dal Duca di Modena, che tolgo da quell’Archivio di Stato, a testimonianza de' suoi meriti, e del conto in cui egli era tenuto : Antonio Marchesini dichiarato attuale Servitore di Sua Altezza Ser.
Io, allora in sua compagnia, ricordo le magistrali interpretazioni de' Vassalli di Castelvecchio, del Duello di Muratori, dello Chatterton di De Vigny, allor vivi nel repertorio italiano per opera sua soltanto, e la Satira e Parini di L. […] I nuovi lavori che accrebber nuove fronde alla sua ghirlanda, furono i Fourchambault di Augier, il Povero Piero di Cavallotti, e il Lantenac d’Interdonato.
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso. La voce pubblica l’acclamava la più bella attrice della sua epoca, e per certo non s’ingannava. » Il 1826 recitò a Padova la Francesca da Rimini. […] Di lei scrisse Paolo Pola nella Galleria de' più rinomati attori italiani (Venezia, Picotti, 1825) : Le belle sue forme assistite dalle grazie le più seducenti cara la rendono agli occhi del pubblico al primo suo apparir sulla scena.
Si vuole che per alcune rappresentazioni della sua Compagnia paresse di assistere a un gran ballo di Viganò. […] Nè è da credere che a questi soli spettacoli egli fosse dedito : nel suo repertorio avean posto d’ onore Goldoni, Alfieri, Nota, Pindemonte, Giraud, e la sua Compagnia era composta dei migliori elementi. […] Rafstopulo, parti d’aspetto DONNE Amalia Pieri Luisa Bologna parti ingenue Margherita Mazzotti, caratteristica Teresa Dal Pino, servetta Anna Pieri, prima attrice Annunziata Fontana Teresa Angiolini, madre nobile Adelaide Angiolini, prima amorosa Marietta Rizzato Adelaide Mazzocchi generiche Nel 1825 (Archivio di Stato di Firenze) Rafstopulo domandò per la sua Compagnia, e per cinque anni, il titolo di Reale Toscana, col sussidio di Duemila Zecchini.
Iniziò la sua vita di artista con Angelo Moro-Lin, seconda amorosa al fianco di Amalia Borisi. Poi, sposatasi al Buccellati, lo seguì nelle varie compagnie or prima attrice giovine, or prima attrice assoluta, traendo tutto il giovamento che potè dalle sue valorose maestre, Anna Pedretti e Adelaide Tessero, la quale, con Luigi Monti, ebbe sempre parole di calda ammirazione e di schietta affezione per la gentile artista, che in pochi anni, dopo di avere esordito l’ ’86 a Torino colla parte di Bérangère nell’Odette, si trovò a interpretare in Italia e fuori, e con plauso dovunque, le più forti opere del teatro moderno, quali Francillon, Moglie ideale, Casa di bambola, Trilogia di Dorina, Rozeno e altre assai.
La sua prima apparizione mi pare facesse il 1865 nell’ elenco della compagnia paterna, per le parti ingenue. […] Vittorio Pieri non ereditò la forza comica del padre ; ma sì la sua semplicità e correttezza…. e però ebbe assai più attitudini alle parti dignitose che a quelle di vero e proprio brillante.
Si diede a sostener la maschera del Brighella, e dice il Bartoli (1781), che egli era comico sufficiente, e musico di molta abilità, e che, data la sua ancor fresca virilità, poteva sperare de' migliori progressi alla sua mediocre fortuna.
Apparteneva alla Compagnia dell’Elettore di Sassonia che cambiò continuamente dimora fino alla sua durata tra Dresda e Varsavia. […] Nel mutamento frequente di comici, egli restò sempre con sua moglie Isabella, come base della Compagnia italiana assieme alla coppia Vulcani, a Foscari, alla Casanova e a Moretti, a cui si aggiunse per parti giovanili, Luisa Toscani, figliuola forse di Gio.
Di fisonomia men regolare forse di quella di sua sorella, ma più viva e animata, fornita delle più chiare attitudini all’arte scenica, fu al suo esordire applauditissima, nè solo come attrice, sì ancora come danzatrice ; chè nel balletto d’uso dopo la commedia, ella eseguì egregiamente un passo a due insieme al signor Dehesse. Ma la maggior fama ella s’acquistò nelle parodie a Vaudeville, ove spiegava con una voce passabile tutte le grazie ond’era piena, specie in quella di Fedra, che fu come suggello alla sua celebrità.
mo In fine, la Suprema bontà, di Sua Altezza Reale là Sig. […] ma Prottetrice è Padrona, cento cinquanta Pezze, è si die[de] tredici Pezze per uno ; beuanda, che serui non per smorzare ma per accendere maggiormente là sete à questo Idropico corpo di Compagnia ; Potati che furono à pena i Rami dei Vechio debito, ripulullorno in breue in tanta copia che mossa di nouo à Pietà là Prodiga mano di Sua Altezza Reale hà ritrouato il modo di sradicare questa infruttuosa Pianta. […] A questo viaggio di Londra si riferisce l’altra sua lettera da Lione al comico Francesco Delli Angioli (V.). […] Antonio Lolli Allias Dottor Brentino Comico, Humil.mo Seruitore di Vostra Altezza Serenissima Doppo di hauere per lo spatio di anni otto seruito con ogni Decoro et honoreuolezza al’ Altezza Vostra fù Già Vn’Anno sà suori di tempo, è senza alcun’Demerito, Dal’Sig.re Don Alfonso, licentiato dal’Ser.mo Seruiggio, à conditione però, di non passare i monti fuori di Itallia, nè di impegnarsi con altri Prencipi ; ondè non hauendo in dodici mesi potuto Impiegarsi nella Comica atteso lè circostanze Sud.te fù neccessitato ricorrere con lettere all’ Sud.to Sig.r Don Alfonso per qualche Sollieuo più Volte Mà sempre senza frutto. ondè ridotto in estrema Neccessità, è Carico di Debiti ; ricorre con Profonda humilta à Piedi di Vostra Altezza Ser.ma Supplicandola à Volere con occhio Pietoso riflettere alla sua Causa non hauendo doppo un’Anno Perduto ; modo di sostentarsi, che di tanta Gratia.
Cominciò, è vero, a pubblicar nel '67 le sue commedie, intitolando la raccolta : Selva Comica Nazionale, ma egli sapeva appena leggere e scrivere (imparò a scrivere poco dopo di esser entrato al San Carlino), e i suoi sgorbi drammatici eran corretti da Marulli e Altavilla, i quali, il primo specialmente, concedevan ch'ei desse commedie loro sotto il suo nome. L'opera del Petito non regge d’avanti alla critica ; e a chi tuttavia volesse chiedere la ragione del successo clamoroso di alcuna delle sue commedie, il Di Giacomo risponderebbe che esso non fu se non il successo personale, comico di Antonio Petito. L'attore era veramente grande, la sua figura illuminava tutta la scena, riempiva tutti i vuoti, raccoglieva tutte le emozioni e gl’interessamenti ; così le volgari stupidaggini della commedia, il suo difetto d’umanità, di nesso logico, di spirito, eran dimenticati in un godimento che pervadeva tutto il pubblico e durava ancor fuori del teatro : una felicità che accompagnava fin a casa gli spettatori, e lasciava ancor sorridere, nel sonno, le loro labbra dischiuse. […] Gran numero di scrittori e nostri e forestieri si occupò della origine della sua persona e del suo nome : in taluni prevalse l’idea che la maschera fosse invenzione moderna ; in altri, specie dopo la scoperta del famoso Macco dell’ Esquilino, ma non ho ancora capito bene con qual fondamento, che fosse discendente in linea retta dal Mimus albus della farsa atellana, come l’arlecchino dal Mimus centunculus ; quelli fecer derivare il nome or da Puccio d’ Aniello, or da Paolo Cinelli, or da pulcino, pulecino, puleciniello ; questi, or da Πολλή ϰιησις (molto movimento), or da Πόλις città, e ϰἔνός o in forma jonica ϰεινός, vuoto, sciocco, come se si dicesse buffone della città.
Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio. […] Gli vietavano i confini del Regno Lombardo-Veneto il coraggio civile e la bella fiamma d’affetto ed intelligenza con cui egli alzava la sua voce a far più bello il grido della libertà e della indipendenza nazionali che usciva dai nostri Poeti, e che il di 8 dello scorso febbrajo metteva all’ ordine del giorno. […] Suppl.), amoroso della Compagnia, nelle sue appetitose « Memorie di un attore » (Milano, 1904).
Il teatro inglese ove l’oscenità trionfa, non ha scena piggiore di quella di Panfilo e Nisa della Celiana di Rotrou, e la sua Crisanta rappresenta una deflorazione. […] Prima però che Corneille si avvedesse delle proprie forze nel genere tragico, e che comprendesse quanto la regolarità contribuisca all’accrescimento dell’istruzione e del diletto col partorir l’illusione, l’anzinominato Giovanni Mairet fece utilissimi passi nelle sue contrade. […] Lasciando di favellare delle sue prime tragicommedie la Criseide, e la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce del Trissino produsse la sua Sofonisba, e benchè nell’imitarlo variasse la condotta della propria favola, osservò non pertanto le tre unitàa, ed il popolo nella rappresentazione seguitane nel 1609, ad onta dei difetti che vi notò e della debolezza dello stile, ne sentì il merito e l’applaudì. […] Il sig. di Voltaire ciò negò in un luogo delle sue opere e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le prèmier, qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unites.
Conchiusa finalmente la pace, buon numero di artisti italiani furono inscritti per le pensioni, e Giovanna Casanova, pe’ suoi lunghi servigi, ne fu tra’ preferiti : e se bene, nonostante la pensione e le sovvenzioni di ogni specie, gli artisti, in genere, fosser costretti a rimpatriare, ella, vissuta durante la guerra a Praga, tornò a Dresda, ove restò, senza mai l’ombra di un lamento, fino alla sua morte, che accadde il 29 novembre del 1776. […] Rappresenta le parti di Rosaura, ma le si attaglierebber meglio quelle di donna cattiva ; per giovani amorose la sua voce è troppo rauca. […] Nullameno tali difetti saranno stati attenuati da una recitazione vivace, spiritosa, intonata, italiana ; e pare che Giovanna Casanova non amasse di seguire il consiglio di darsi alle parti di vecchia cattiva, poichè sino alla fine della sua vita artistica rappresentò le Rosaure, fedele al principio dominante dei ruoli stabili. […] Madre di due pittori di grido, è assai probabile ch’ella fosse da uno di essi serbata ai posteri in una immagine che ne offerisse i tratti caratteristici, e soprattutto togliesse ogni dubbio sulla maggiore o minor sua bellezza, sulla quale i pareri furon diversi, come abbiam visto nell’anonimo critico tedesco, e come vediamo in Carlo Goldoni, che chiama la Zanetta (Mem. […] « Bolognese, nato – dice il Bartoli – da illustri parenti celebri nel foro…. c nelle cattedre della sua Patria, come non meno ne’ gradi eccelsi di Religioni claustrali antichissime ed insigni, » lasciò a mezzo gli studi per darsi all’arte del comico in cui riuscì ottimo per le parti di primo innamorato, e specialmente nella commedia all’improvviso, « da lui travagliata – trascrivo ancora dal Bartoli – con nobili e concettosi sentimenti, facendosi non solo conoscere per buon Rettorico e dicitore forbito, ma altresi per dotto e sentenzioso filosofo, degli affetti e delle amorose passioni in sul teatro scrutatore ingegnosissimo e penetrante.
Ma, entrato a recitar tra' filodrammatici, ov'era già sua sorella, mostrò di punto in bianco le più chiare attitudini al teatro, al quale si sentì irresistibilmente attratto. […] Fu dopo due anni, e per un triennio, con Raffaele Lambertini, a fianco di Peppina Bozzo, Carolina Santoni, Leontina Papà, Enrico Cappelli, ecc. ; poi (1866) con Achille Majeroni al Fondo di Napoli, dove esordì con La gerla di Papà Martin, che dovette replicar per otto sere davanti ad un pubblico ammiratore profondo di Luigi Taddei ancor vivo e malato, e che restò poi fino all’ultimo della sua vita artistica il suo caval di battaglia. […] Uscito dopo un anno dal Majeroni, diventò socio di Alberto Vernier ancor per un anno, poi formò Compagnia da solo, scritturando Emanuel, la Caracciolo-Ajudi, la Pierina sua figlia, poi moglie a Giagnoni, Schiavoni ed altri. […] Egli, nella sua verità e semplicità straordinarie potè sostener parti disparate serie e comiche di primo attore e di caratterista, ma in quelle più manifestò la sua grandezza così dette promiscue, quali : Filippo di Scribe, Michele Perrin, Papà Martin, Malvina, Origine di un gran banchiere, Papà Loriot, Curioso accidente, Don Marzio, Barbiere di Gheldria.
e in altre moltissime opere di ogni genere egli spiegava tutta la forza della sua intelligenza sia per altezza d’interpretazione, sia per forbitezza di dizione, e sia anche per esattezza scrupolosa di costumi ; al cui proposito ci avverte il Bartoli ch'egli stesso ne inventava, disegnava e coloriva i modelli, facendo poi ad altri colla sua assistenza ultimarne l’esecuzione. […] Adunque egli racconta che Amore assottiglia il cervello, commedia in verso sciolto, doveva essere, contro ogni sua volontà, recitata l’estate del 1781 a Verona. […] Egli non bilanciò nè la sproporzione dell’età sua con quella del personaggio, il giovane scimunito Don Berto, « nè la immagine, che il pubblico s’era formata del suo carattere, da cui attendeva soltanto un comico serio naturale, o un tragico maestoso declamatore di sentenziosa armonica gravità, nè la dissuasione del Gozzi stesso ». […] Dopo quell’anno, desideroso di abbandonare le scene, si ritirò nella sua Bologna ov'era ancora la madre più che settantenne, vivente con un figlio, maggiore di Petronio, parroco di un villaggio non molto lungi da Bologna. […] Levato poi di buon mattino, lo fe' tosto atterrare da contadini al par di lui intolleranti, e lieto dell’opera sua se n’andò nella vicina chiesetta a celebrar la messa.
Mortogli nel '40 lo zio materno Vincenzo Zanotti, ne restò erede per testamento, coll’obbligo di assumere la sua arma e il suo cognome. […] Fortunati Tiberio) ; e qui cessano le notizie d’Italia avanti la sua andata a Parigi, ove esordì all’antica Commedia Italiana nel 1660 per le parti di secondo amoroso, passando poi il '67 a quelle di primo, in sostituzione di Giacinto Bendinelli detto Valerio (V.). […] Zanotti detto Ottavio, celebre commediante nella sua parte di Primo Innamorato ch' haveva essercitato ne' primi teatri di Europa, e particolarmente in Francia ove quel Re lo haveva graziato d’ un’ annua provisione di ducento doppie sua vita durante, che li furono sempre puntualmente sborsate. Lasciò la pròfessione molt’ anni sono con buona grazia del Re, disse, per poter salvare l’anima sua, che teneva in dubbio se fosse mòrto in quell’Esercitio ; e venne a stare in Bologna, nel contado della quale era nato, nel Comune delle Caselle, e morì in età di circa ottant’ anni (data, come s’ è visto, erronea), e fu sepolto nella chiesa del Corpus Domini. […] Nella dedicatoria dice che tradusse l’opera del Cid mentre aveva le sue dimore in Francia, trattenuto al soldo di quel monarca.
Entrò l’'81 primo attor giovine con Dondini-Dominici, e l’'82, ahimè, tentò il capocomicato (sfogando – come si dice in gergo – tutte le sue passionacce, fra cui quella del Figlio delle Selve di Halm), che lasciò subito l’anno di poi, per andar primo attore in Compagnia Palamidessi che (altro ahimè) si sciolse a metà d’anno. […] Da quella sera lo Zacconi ebbe coscienza della sua forza, e la visione chiara e precisa di quella specie di fascino che la sincerità e la verità possono operare sul pubblico. […] La sua tempra d’artista e il modo di comprendere e di estrinsecare l’obbiettivo e l’ideale artistico, erano in lui già così nettamente fissati, che no avrebber potuto mutare a un tratto, e a quella età, sotto l’influenza d’un’altra arte, per grande ch'ella si fosse. […] Come avrebbe potuto, egli, così ricco d’intuito artistico, riproduttor della vita sulla scena fin da giovinetto, staccarsi per sentimento d’imitazione da quella sua espressione d’arte, che amava profondamente, perchè espressione del suo cuore e del suo pensiero ? […] E nullameno, davanti la grandezza dell’arte sua, l’entusiasmo ch'egli suscita nelle platee, le acclamazioni più vive, quasi forsennate che riceve ogni sera, e diciam pur anche davanti i suoi guadagni che gli concedon oggi più che l’agiatezza, egli ha serbato intatta una famigliarità di modi particolare.
Rimasto vedovo, continuò nell’ arte sua, specialmente in Compagnia di Pisenti e Solmi, con cui stette più anni, ammiratissimo. […] Parte del suo tempo impiegò anche in tradur commedie dal francese (come s’è visto all’articolo del padre), e delle sue traduzioni, alcune figuran anch’ oggi ne’ repertori delle varie compagnie.
Per l’indole sua e per la sua figura non molto slanciata, poco le si attagliavan parti di sentimento ; ma in quelle comiche profondeva una sì misurata e signorile e spontanea gaiezza, con una dizione delle più nitide da farci sperare che in un tempo non lontano avrebber rivissuto su la nostra scena di prosa le glorie della Romagnoli, della Lipparini, della Cutini.
Oxford conduce artificiosamente la sua tragedia. […] Il dolore riduce Comala agli estremi di sua vita. Torna l’amante vincitore, ed ella spira alla sua presenza. […] Era sua massima che i componimenti teatrali debbano giudicarsi sulla scena e non impressi. […] Un cortigiano in essa può chiudere tutta la sua probità, un verseggiatore tutto il suo danaro.
Agostino Dolce fece imprimere nel 1605 la sua Almida da me non veduta. […] Or vediamo se l’altra sua tragedia delle Gemelle Capuane meritava di entrare in una scelta di buone tragedie. […] Dice che si è piegata a compiacerlo, è ad ammetterlo furtivamente nella sua stanza per ambizione di vedersi moglie di sì gran guerriere. […] Aristodemo greco di Messenia può dirsi un nuovo Agamennone, e Merope sua figliuola una novella Ifigenia. […] S’impresse la prima volta nel 1644, e poi di nuovo nel 1665 con un discorso in sua difesa, nel quale anno si recitò nel Seminario Romano.
Più rari sono tali difetti nelle altre sue favole, benchè alcuno se ne rinvengano anche nel Mitridate, nell’Andromaca e nell’Ifigenia. […] Nelle sue tragedie, come osservò Saint-Evremont, si cerca sovente il dolore, e si trova solo certa tenerezza per lo più intempestiva che degenera in mollezza. […] Anche l’abate Gênet compose altre tragedie rappresentate dalla duchessa du Maine colle sue dame. […] Sembra dunque che l’eroe legislatore diventi nullo nella tragedia, e che non si vegga in essa la sua virtù posta in azione sino a che non ne diviene la vittima. […] Vedi la sua prefazione al Britannico.
Allora Francesco Riccoboni riuscì a ottener dalla Corte un ordine, mercè il quale fu trattenuto pei creditori un terzo della sua paga sino al dì della sua morte, che fu per apoplessia il 24 ottobre del 1731.
Il Righetti, entrato il 1821 con la moglie in detta Compagnia, al momento della sua formazione, vi sostenne ammiratissimo le parti di primo attore, a vicenda con Luigi Romagnoli. Passò poi a quelle di padre nobile, a vicenda col Boccomini, per diventare dal '43 al '49, anno della sua morte, amministratore e direttore della Compagnia, nel qual ufficio fu poi sostituito dal figlio avvocato Francesco.
Calderoni Francesco, pag. 543) : « A capi della Compagnia erano Francesco Calderoni detto Silvio e Agata Calderoni detta Flaminia sua moglie, nonna della mia. » E perchè non : Francesco Calderoni e Agata Calderoni sua moglie, nonni della mia ?
Non abbiam rinvenuta, nè trovasi per quanto si sappia, alcuna cosa poetica della sua Penna. […] Angela D’Orso sostenendo con molta bravura la parte d’un Capitano Generale in una commedia da lei rappresentata in Verona, mosse il Marchese Giovanni Malaspina Accademico Filarmonico a lodarla con un Sonetto, che qui trascriveremo tolto dalle sue Rime impresse in Verona per i Merli l’anno 1653. […] E. ne sia auisata e se cio è la uerita, altro non posso significarle se non che Vicenza non fa per noi in modo alcuno per esser non solo stata sbatuta l’anno scorso, et per non esser hora la sua staggione, mi dò a credere che tutti li compagni insisteranno di non dare la parte alla Moglie di Bertolino, mentre non reciterà, e se ne starà a casa p. la sua insuficienza, non so che cosa andare a fare a Bologna con duoi Morosi che non li uogliono ne sentire ne uedere, e fuori di tempo ruuinando l’Autuno, quando la Compagnia ui debba andare.
VI delle sue Memorie, riferendo un dialogo col padre, così precisa l’origine di quel soprannome : « Come sei qui venuto ? […] Un gatto sprigionossi dalla sua gabbia, ed era appunto il gattino della prima Amorosa. […] Il gatto ch’era feroce come la sua padrona, correva, saltava, si nascondeva per tutto ; ma vedendosi perseguitato per ogni parte, arrampicossi sull’albero. […] Ecco disperata la sua padrona ; ella vuol uccidere tutti gli animali che se le presentano, e vuol gettare la cameriera nella tomba del suo caro gattino.
Ma non andò molto che tornato all’assalto sotto il comando del valoroso Francesco Lombardi, n’ebbe vittoria piena, convertendo quei primi fischi in applausi clamorosi che nol lasciaron più in tutto il tempo della sua vita artistica. […] Giuliano in mirabile modo la parte di protagonista nella sua Plutomania. […] Ammirevole e lodevole per lo studio che egli poneva assiduo per correggere la sua pronunzia romagnuola e rendere simpatica la sua grottesca figura.
Dopo avere fatto gli studi classici, e avere avuto lezioni da sua madre, dallo zio Riccoboni (Lelio), e dalla zia Elena Balletti (Flaminia), si diede all’arte il 1 febbraio del 1742, sostenendo di punto in bianco le parti di primo amoroso nelle commedie così francesi, come italiane, poichè parlava assai bene e l’una e l’altra lingua, delle quali possedeva tutte le finezze. […] Da quando ebbe abbandonato il teatro, sino al giorno della sua morte, egli, secondo il Casanova, passò il suo tempo in operazioni cabalistiche e in ricercar la pietra filosofale. […] Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.
XIII delle sue opere (Ediz. Pasquali) così ne parla : Prima Donna Andriana Bastona Veneziana, detta la Bastona Vecchia, per distinguerla da Marta Foccheri sua figliuola, detta essa pur la Bastona. […] Tanto la Bastona se ne adontò, che andava gridando di avere il Goldoni composto quella sua ciarlantaneria per favorire la sola Ferramonti, che non era che una seconda attrice…. e che il diritto di rappresentazione ne spettava alle prime donne ; e aizzava la Romana, perchè anch’ella si unisse a lei ne’reclami e nelle molestie.
Il Gherardi nella prefazione alla sua Raccolta del Teatro Italiano, dice di non aver conosciuto che Gradelini e Pulcinelli che non piacquer mai ad alcuno ; e però non se ne trova traccia nelle scene della sua raccolta, e se li ha nominati nella prefazione, si è perchè essi sono stati alla Porta del Teatro italiano. Il Costantini dunque, dopo la sua prima comparsa a Parigi, se ne tornò in Italia, ove si trattenne, pare, pochissimi anni per far ritorno alla Commedia italiana, che dovette abbandonare non già per avervi poco incontrato, ma a cagione di una canzonetta satirica da lui composta contro la Francia.
Nata in Livorno il 16 marzo 1835 da genitori commercianti, si diede per tempissimo all’arte dopo alcune ottime prove fra’ dilettanti della sua città. […] Negli ultimi anni di sua vita, diresse per alcun tempo e per suo diletto alcune recite del Circolo Filodrammatico di Roma. Al proposito di una sua beneficiata a Torino colla Cameriera astuta di Riccardo Castelvecchio, fu pubblicato in una gazzetta locale che ad onta delle mende di cui si potrebbe appuntare, la commedia non cadrà mai ove sia eseguita ottimamente, come lo fu in questa occasione, per merito principalmente della signora Cutini-Mancini, delizia di ogni pubblico per quel brio e naturalezza onde sa improntare le parti di servetta, nella quale è veramente l’erede dell’esimia Romagnoli.
La sua vita è tutta legata a quella della Diana di cui prese il nome. « Procurava – dice il Bartoli – di provvedere il teatro di nuove cose, quindi è che applicò sovente l’ingegno nell’invenzione d’alcune commedie a soggetto delle quali anch’ oggi sulla scena se ne suol far uso. » Morì in Romagna nel 1747. […] In Egitto, a Costantinopoli, a Smirne, in Atene, s’ebbe grido di celebrità, e conquistò con l’arte sua due croci : quella dell’ordine del Megediè, e altra datagli dal vicerè Ismail. Fu il ’74 – ’75 – ’76 primo attore della Pezzana, poi di Salvini sino al ’79, nel qual tempo rifece compagnia, che non lasciò più sino al giorno della sua morte, avvenuta per ipertrofia di cuore dopo sei giorni soli di letto, il 22 ottobre del ’95.
Contuttociò gli fu da quel magnanimo Re continuata la pensione, prendendo piacere delle di lui facezie ; Sicchè vedendosi Michelagnolo con mille Luigi d’oro l’anno, con carrozza, e con Servidori, mandò a levar da Napoli Cesare suo Padre, la Madre, col resto di sua Famiglia, e prese per moglie una Donna di onesto parentado, con la quale procreò molti figliuoli ; Questa fu la seconda volta, che Cesare vide la Francia, dove alla perfine mori, e tanto egli, quanto il suo figliuolo dipinsero qualche cosa per semplice diletto. […] Il Fracanzani restò alla Comedia fino alla sua soppressione del 1697, e non si sa la data della sua morte. – Collettore appassionato di libri, stampe e disegni, fu naturalizzato francese, assieme alla moglie Clara Patro, e al figliuolo Antonio, l’agosto dell’anno 1688.
De' primi anni dell’arte sua riferisce il Colomberti il seguente aneddoto : Il direttore Antonio Belloni che trova vasi con la Compagnia Paganini nel 1803 unitamente all’Elisabetta, da poco divenuta vedova, possedeva un piccolo cane, che, divenuto idrofobo, fuggi di casa, e si recò in quella della Marchionni, forse per non mordere i padroni. […] Il Capocomico ed il Belloni lo impiegarono con la Compagnia condotta dal caratterista Francesco Pieri ; e là il disgraziato giovinetto fu obbligato a suggerire, copiare originali e parti, non meno che a far parti adattate alla sua età. […] Entrò il 1825 con l’impresa Tessari, Prepiani e Visetti a' Fiorentini di Napoli, ove stette sino al '64, anno della sua morte.
Ciò detto, intreccia le sue frondi anch'ella. […] Prima, un amico di lui, tornato d’ Egitto, tanto seppe avvilupparla con parole lusinghevoli, descrivendole gl’ingenti guadagni che si potevan fare colà, ch'ella gli affidò due terzi della sua fortuna. […] Nell’album della Internari, che è nella Biblioteca Nazionale di Firenze, si trova una sua lettera a questa, in cui la ring razia di certe medaglie e reliquie mandatele….
Non potendo l’Apologista presentare data veruna da contrapporre all’epoche fisse de’ componimenti, e degli Scrittori Italiani, ricorre alle sue famose congetture. Ed io perchè di me ancora non dica che gl’Italiani dissimulano le sue ragioni, vo’ rapportarle. […] Con poche altre di queste opere pie ch’egli presti alla sua Nazione, possiamo dire addio alla Letteratura Spagnuola. […] Non è però che ignoriamo che a Garcilasso s’imputi la mancanza della lima, e che l’Albanio sua seconda Ecloga ceda in perfezione alla I. dedicata a D. […] L’istesso Garcilasso mai non pensò a convertire la sua Ecloga in una produzione drammatica, che subito ne diverrebbe insulsa, mostruosa, e fanciullesca.
Terenzio si prevalse di entrambe nell’accozzar la sua favola, e ritenne il titolo della prima. […] Esce egli dalla casa della moglie pieno di tristezza; e al veder la madre si sforza di dissimular la sua pena, benchè i segni ne scappino fuori ad onta della sua industria. […] Clinia attende la sua Antifila che egli lasciò povera con una sola fante. […] In grazia sua non svigno. […] E Demifon sostiene, Che questa Fannia non è sua parente?
Benchè framischiato di qualche ornamento lirico, spicca per la tenerezza e pel patetico il lamento di Credulo che vuol morire per la durezza della sua ninfa. […] Tenta l’animo di lui ricordandogli acconciamente la prima sua diletta, e comprende che ne ama la memoria, ma che ha tutto rivolto l’amore a Laurinia. […] Silvano intende che il finto Tirsi era la sua Cintia morta per la sua crudeltà; ne conosce l’innocenza e l’amore, e cade in disperazione. […] In Milano nel 1597 se ne fece una edizione corretta dall’autore, il quale giunto all’ultima vecchiezza morì nella sua patria pieno di onorata fama per le molte sue opere ingegnose che produsse. […] Il Guarini amato per la sua dottrina e prudenza da’ principi della sua età, specialmente dal papa Gregorio XIII, e dal duca Ercole d’Este, i quali l’impiegarono in affari importanti, morì in Venezia nel 1613.
A Guglielmo Pitt Francesco Algarotti [Dedica.2] Sembrerà ad alcuni assai strano che a voi, uomo immortale, che nella vostra nazione sapeste riaccendere il nativo valore, sapeste provveder per sempre alla sua difesa e la faceste in un medesimo anno trionfare nelle quattro parti del mondo, venga intitolato uno scritto che ragiona di poesia, di musica, di cose di teatro. Ma pare che ignorino costoro, come il restitutore dell’Inghilterra, l’amico del gran Federigo, sa ancora munire il suo ozio co’ presidi delle lettere, e come quella sua vittoriosa eloquenza colla quale egli tuona in senato, non è meno l’effetto della elevatezza del suo animo, che dello studio da lui posto nei Tulli e nei Demosteni, antecessori suoi.
Venutagli a mancar la voce, dovè abbandonar l’arte come attore, ma dedicandovisi con tutte le sue forze come capocomico, in società prima col Giardini, poi col Pezzana, poi col Marchi ; poi solo colla figlia Emilia prima attrice. […] L’Arcelli, ottimo uomo, di rara integrità, fu pianto da’ suoi compagni, ed ebbe onori funebri degni di lui : l’attore Pilotto disse su la sua fossa commoventi parole.
III, pag. 237) – detto in commedia Arlichino, servì colla sua Compagnia Filippo II Re delle Spagne, ne’ principii del Suo Regno : e fu sì valente nell’arte sua, che moltissima fama si acquistò nella Spagna.
Della Bon-Martini dice il Rossi nel 1° volume delle sue memorie (pag. 44) : …. mi occupai molto della direzione della compagnia, e specialmente della nuova prima donna, la quale, poveretta, faceva tutto quello che poteva ; ma le piaceva più cantare che recitare : e tale era la sua passione, che indusse anche me a cantare con lei.
Si sposò ad un parrucchiere della città, Brangis, che da lei stimolato, abbandonò il suo negozio per darsi al teatro, in cui riuscì mediocremente, e per formare poi una Compagnia discreta, in cui potesse la moglie mostrare tutte le sue attitudini a quell’arte alla quale fu chiamata fin da giovinetta. Eccone l’elenco : DONNE Buzzi Isabella, prima donna Biagini Rosa, altra seconda donna Fava Giuseppina, madre Petrucci Luigia, serva Alberti Annetta, altra Alberti Bettina parti ingenue Brandi Santina, seconda donna Buzzi Augusta UOMINI Bosio Giuseppe primi uomini Fava Filippo, parti d’aspetto Mancini Carlo Petrucci Lorenzo, caratterista Brunacci Tommaso, padre Brandi Luigi, secondo caratterista Ringhieri Giuseppe, tiranno amorosi Bianchi Francesco generici Checchi Candido Alberti Luigi Brunacci Bernardo Didiè Giuseppe Petrucci Achille, parti ingenue Dopo quattro anni di studio e di lotte artistiche, l’Isabella fu annoverata fra le migliori artiste dell’epoca sua.
Quando colla Compagnia Coltellini fu al Teatro dell’ Aquila in Tolentino, s’ebbe nella sua beneficiata applausi e onori di epigrafi varie, tra cui la seguente : Antonio Feoli – Anconitano – Attore celebratissimo – pe’suoi modi cortesi caro ad ognuno – venne per la quarta volta – a dilettare i Tolentinati coll’arte sua – e da essi ottenne – onori e plausi – se non adeguati al suo merito – sinceri almeno – siccome quelli – che nascono dal cuore.
Allora il Pisani toscano compose le sue favole sul medesimo gusto. […] Ho detto che rettificò (con pace del Lampillas) i difetti principali degli originali, perchè in fatti ne tolse le irregolarità manifeste sebbene non vò lasciar di dire che alle favole che fece sue traducendole liberamente, manchi la grazia e la purezza e l’eleganza della locuzione del Solis e del Calderòn, e l’amabile difficoltà della versificazione armoniosa. […] Piacque il sua giuoco scenico naturale e grazioso ma come poteva dilettar pienamente in Francia un carattere di cui non aveasi idea veruna, ed un dialetto sconosciuto come il napoletano? […] Egli seppe meglio mostrare a’ Francesi i suoi talenti facendo valere la somma sua arte pantomimica di maniera che poco o nulla gli nocque il patrio linguaggio. […] Di lui parla Andrea Perrucci nella sua Arte rappresentativa.
Bartoli di questo comico egregio per le parti d’ innamorato, sotto nome di Florindo, e non meno egregio istoriografo della sua patria. […] Nell’Archivio di Modena giacciono, tra l’altre, inedite alcune lettere di lui, o lui concernenti, dalle quali possiamo avere qualche notizia sicura sull’arte sua e sulla sua vita di comico. […] Anche il 9 aprile del '76, il Duca di Mantova ringraziava quello di Modena dell’avergli ceduto Florindo pel futuro carnevale ; e promette di proteggerlo in riguardo dell’efficaci raccomandationi che Sua Altezza à di lui prò gl’ingiungeva : e il 29 marzo '77 lo rimanda a Modena, con grandi elogi all’ artista per le recite di Venezia e per quelle di Mantova. Il 7 giugno '77 da Genova scrive distesamente al Duca di una aggressione a mano armata per opera di certo Filippo Castellano di Napoli, che n’ebbe mandato da cotal feudatario di Monferrato, il quale a sua volta avrebbe agito d’ordine del Duca di Mantova in persona, indignato contro Florindo che ricusò di servilo, allegando in iscusa il suo prossimo ritorno in patria, e passando invece al servizio del Duca di Modena. […] Egli mandava a richiedere col mezzo d’un cavaliere e d’una lettera le sue cinque casse già pervenute a Verona, ove doveva recitare nella compagnia del Duca di Mantova, e dal Lolli ritirate.
E però mal a proposito è stato annoverato fra gl’inventori del melodramma da quegli eruditi che non avendo mai vedute le opere sue, hanno creduto che bastasse a dargli questo titolo l’aver in qualunque maniera messo sotto le note alcune poesie teatrali. […] Da ciò anche nasceva l’irregolarità ed ineguaglianza di movimento nelle parti e nel tutto; poiché molte volte mentre la parte del basso a mala pena si muoveva per la pigrizia delle sue note, quella del soprano volava colle sue, il tenore e il contralto sen givano passeggiando con lento passo, e mentre alcun di questi volava, sen giva l’altro passeggiando senza farne quasi alcun movimento; la quale contrarietà e disordine quanto nuoca alla espression musicale non occorre altramente ragionare. […] La sua lira di tempra affatto originale avea bisogno delle dita del proprio artefice per vibrar que’ suoni celesti. […] Per quel vago boschetto, Ove rigando i fiori Lento trascorre il fonte degli allori, Prendea dolce diletto Con le compagne sue la bella Sposa. […] Ma siccome l’anima non è fatta soltanto per sentire, ma anche per pensare, e che l’atto di pensare, apporta seco deduzione degli effetti da una tal causa, o cognizione riflessa della convenienza dei mezzi con un tal fine; così l’unità, la quale, presentandoci d’un colpo occhio nell’oggetto tutte le sue proprietà e relazioni, ci fa vedere più presto siffatta diduzione o convenienza, deve per conseguenza piacere all’anima unitamente alla varietà, la quale nelle diverse sensazioni che le procura, le somministra la materia su cui esercitare la sua facoltà pensatrice o comparativa.
Don Martino simile a Demea burbero, difficile, avaro, intrattabile, rileva la sua figliuola Chiara con tanta asprezza che ne altera l’indole e la rende falsa e bacchettona. Don Luigi simile a Mizione nella dolcezza ma con più senno indulgente, e più felice ancora nel frutto delle sue cure paterne, educa la sua Agnese con una onesta libertà, la forma alla virtù, alla sincerità, alla beneficenza. […] Egli volea lasciar Chiara erede del suo, ma sapendo che si faceva religiosa, fa la sua disposizione a favore di Agnese e muore. […] Mariano indica ch’egli venga a casa prima dell’ora del pranso; e se egli non ha desinato in sua casa, non faceva uopo dirsene un motto? […] Le sue picciole farse sono state spesso ricevute con applauso, e per esse si sono talvolta tollerate goffissime commedie o scempie traduzioni del medesimo La Cruz.
Ma non tollerando il Governo di veder delusa la sua speranza di correggere la mordacità de’ poeti, vietò il far uso in qualunque modo di soggetti veri, ed impose silenzio al Coro incapace di cambiar naturaa. […] Secondo Plutarco l’eccellente comico Alesside finì di vivere sulla scena in mezzo agli applausi essendo stato coronato per una delle sue favole. […] Appartiene a questa commedia ancora Antifane che fiorì al tempo di Filippo il Macedone, e tralle sue commedie tutle perdute si mentova particolarmente L’Auleto, ovvero il Flautista, in cui per ischerno introdusse Beralo sonatore di flauto inesperto nel suo mestiere, di che vedi Plutarco nella Vita di Demostene. […] Questo poeta di vantaggiosa statura amico di vestire pomposamente e di cavalcare, fu così altiero, che soffriva con impazienza che le sue favole rimanessero superate nel certame, e tal dispetto ne concepiva che incontinente le lacerava. […] I della sua opera su di ogni Letteratura pone Anassandride tra’ poeti tragici Agatocle, Aristarco, Tegeate, e Carcino, la qual cosa non parmi che altri dica.
Giovanni Aliprandi fu primo a dar nome al cognato Ettore Dominici, rappresentando con ottima riuscita le sue commedie Un passo falso, La legge del cuore, La Dote, La Moda, Una società anonima. […] Di un’attrice Aliprandi, cremonese, sua ava, non mi fu dato trovar notizie.
Luigi Bellotti-Bon che ben conosceva le qualità dell’Artale come capocomico, strinse con lui contratto per affidargli la guida della sua seconda compagnia…. contratto che la morte fatale del Bellotti non mandò ad effetto. Francesco Artale oggi è stabilito a Napoli, ove, in unione alle sue due figlie prime attrici giovani e amorose, dotate di non comuni pregi artistici, trae vita modesta e onorata in mezzo alla stima e all’affetto di chi lo circonda, recitando pur sempre, e pur sempre applaudito.
Ma così non fu ; chè alle supplicazioni degli sposi, alle affettuose intromissioni degli amici, egli ebbe a dichiarare sua figlia morta per lui. […] Capitato a Venezia un vecchio comico, il quale stava formando una modesta compagnia, scritturò la misera coppia ; e la moglie, giovinetta, dotata di singolar bellezza e di pronto ingegno, salì in brevissimo tempo al grado di prima donna ; per modo che, fattosi il marito a sua volta capocomico, rigenerato materialmente dai non pochi guadagni, e moralmente dall’amore e dalla virtù della sposa, fu richiamato dal suocero, che, perdonato a entrambi, lasciò la figliuola erede di un pingue patrimonio.
Luca, prima donna a vicenda colla Marta Bastona, della quale divenne un’emula fortissima ; lasciò giovane il teatro, e viveva ancora nel 1782 a Venezia, avendo – aggiunge il Bartoli – il marito impiegato in cariche civili, che a lui procacciavano un utile guadagno, ed a sè stessa una quiete più tranquilla nell’età sua, che a gran passi alla vecchiezza s’incamminava. […] VIII), dice : Se il Sacchi avesse que’due compagnoni, (Antonio Vitalba e Rodrigo Lombardi, morti) e la Davia crudel che l’abbandona, (che noi preghiamo tutti ginocchioni a ridonarci ancor la sua persona) ben potrieno i poeti co’ Bordoni, e con la cetra in spalla che mal suona, andarsi nella Persia e nella China, donde hanno tratto la miglior dottrina.
Figlia del precedente, nata a Bassano veneto il 1875, fu prima educata nel Collegio di Oneglia, poi, giovinetta ancora, ne uscì per seguire il padre nelle sue peregrinazioni artistiche. […] La sua figurina slanciata, il volto piacevole, la giovinezza fiorente, la disinvoltura acquistata col lungo esercizio, la fecero guardar benevolmente dal pubblico, il quale nella gentile prima attrice giovine vide, o gli parve, una futura pregevole prima donna.
È poeta improvvisatore, e riuscirono graditissime le di lui ottave, cantate una per ciascheduna delle sue recite nel suaccennato Teatro. […] E dopo di aver pubblicato le due ottave per l’ Indigente (4 ottobre 1773) e per Le Trentatre disgrazie (6 gennaio 1774), continua : Iacopo Corsini, che sino ad una età avanzata non mai da Firenze partissi, nell’anno 1780 ha cominciato colla Compagnia del suddetto Roffi a farsi conoscere anche in altre città, come Milano, Torino, Genova e simili ; e per tutto ha riscossi de’sinceri applausi, ben dovuti alla sua abilità di Recitante e alla sua Musa naturalmente piacevole. […] A dare un saggio della mente poetica e della prontezza di spirito di Iacopo Corsini, metto qui le tre ottave cantate nelle tre recite delle Donne curiose : 22 maggio 1778 Quanto rider mi fe’ quell’ assemblea di Donne fisse all’ uscio unitamente, che una dal posto l’altra rimovea, e l’altra l’una ne traea sovente ; felice era colei che più vedea dallo spiraglio la racchiusa gente : e ve n’era una sì ostinata e dura che ceder non volea la sua fessura.
Onde seguire l’irresistibile inclinazione per il teatro, non si curò di conseguire, come gli altri fratelli, un grado accademico, ma seppe però corredarsi di buona coltura, cosi che se la sua recitazione fu enfatica, colla cadenza dovuta al sistema di battere il sostantivo, come si dice in gergo comico, seppe però farsi apprezzare ed ascoltare con attenzione dal pubblico per la intelligente chiarezza con cui rese sempre il giusto significato di quanto esponeva. […] Con gli averi, anche la sua forza ed il suo coraggio mise al servizio degli infelici e dei deboli, sicchè di molti e non dimenticati pugni seminò la via percorsa, sempre però per giustificati motivi e non per brutale prepotenza o per vana spavalderia. Per tale sua qualità fu detto il più forte cazzottatore dell’arte. […] 1 Afflitto da un male terribile, conseguenza forse della riportata ferita, morì nella sua Bologna, il febbraio del 1885.
Tale è poi l’aggiustatezza e la verisimilitudine che trionfa ne’ piani delle sue savole, che senza contrasto vien preferito a tutti i tragici per l’economia dell’azione. […] Il dolore di Elettra in tutta l’azione si trova espresso a meraviglia, ed il di lei carattere ottimamente scolpito spicca con ispezialità nella scena con Crisotemi sua sorella. […] Ella giusta la maniera di Sofocle esprime col silenzio l’intensità della sua pena ed il funesto disegno che indi a poco eseguisce. […] Vedi la sua Nota al I tomo della mia Storia de’ Teatri in sei volumi del l’edizione Napolitana. […] Tra’ frammenti di Euripide trovansi alcuni versi di una sua tragedia sul medesimo personaggio.
Agata, e si dilettò di Poesia Burlesca, ma non aveva fatti grandi studi, ed era solo ajutato nel comporre da una naturale disposizione ; e pretendendo di vendicar la sua Patria dalla burla, che gli aveva data il Tassoni nella sua Secchia rapita, diede alle stampe un Poema tragicomico diviso in XII Canti intitolato : Le passie de’ Savj ovvero il Lambertaccio, nel quale si parla con poco rispetto de’ Modonesi. […] Quando Scappino invita Muzzina a far la prova dell’arte sua, gli dice : « ma avverti ben de non te dar di bianco. […] Lombardo), Gonella (citato da Ludovico Domenichi nella sua raccolta di facezie), Fregnocola (V. […] Anche a Lugano, Canton Ticino, quando si voglia rimproverar taluna di certe sue sciocchezze, si suol dirle : fa minga la Zana ! […] Fatta in una bellissima Matinata, alla sua cara innamorata detta D.
Sempre giusto senza timore e senza impeto tutto della sua sapienza egli riempie il picciolo suo senato. […] Torna l’amante ed ella spira alla sua presenza. […] Era sua massima che i componimenti teatrali debbano giudicarsi sulla scena e non impressi. […] Kelly dedicogli una sua commedia la Falsa delicatezza rappresentata nel 1768. […] Un cortiggiano in essa può chiudere tutta la sua sincerità, un curiale tutta la sua probità, un verseggiatore tutto il suo danaro.
Andres nella sua insigne opera sopra ogni letteratura nulla d’ importante aggiugne a quanto io scrissi allora del teatro Spagnuolo. […] Girolamo Bermudez di Galizia nella sua Nise lastimosa, senza che ne avesse fatto menzione. […] Il Malara nella sua opera intitolata Philosophia vulgar 53, più ingenuo del suo lodatore e de’ moderni apologisti, non ci ha conservata memoria che di una sola sua tragedia intitolata Absalon; ed il Sig. […] S’impresse, è vero, più tardi; ma il Bermudez senza dubbio l’ebbe nelle mani, giacchè l’ha copiata nella sua Nise lastimosa. […] Ma se non si sa quando egli scrisse le sue tragedie, qual fondamento ha l’ asserzione del sig.
All’edizione delle sue belle tragedie premise il chiar. […] In molte sue parti si desidera quel verisimile che accredita le favole sceniche e chiama l’attenzione dello spettatore. […] Non sai tu che per le sue orazioni Monna Lucrezia Calfucci che era sterile, ingravidò? […] E’ di sua mano. […] Il Lombardo altro attore di professione diede alla luce nel 1583 l’Alchimista sua commedia lodata.
Stanco dell’ arte sua, abbandonò la terra natale, e dopo alcune vicende si aggregò a una Compagnia comica di secondo ordine, recitandovi le parti di tiranno. […] Tornò col Pani il '23, fece società il '24 con Nicola Vedova, e divenne poi conduttore di Compagnia egli stesso, che tenne fino alla sua morte.
Ma, avviluppato dalle lusinghe di Angiola comica, per opera specialmente di sua madre, Isabella, la sposò, ed entrò con esse nella Compagnia del Serenissimo di Modena, recitandovi gl’Innamorati sotto il nomedi Orazio. […] Ascoltate il Duca di Modena le dichiarazioni di lui, parve piegare all’ indulgenza, e risolversi forse per la liberazione ; ma le due donne gli inviarono una supplica, in cui raccomandavan fosse fatta giustizia, poichè il Raparelli aveva in dosso le pistole al solo intento di ucciderle, il che a ogni modo avrebbe fatto, secondo le sue dichiarazioni, non appena uscito di prigione.
Si vuol dunque in prima apporre in fine del capo I alla pagina 31 di questo tomo, dopo le parole curiosamente si rintracciano, la seguente nota: (1) Con singolar nostro compiacimento vediamo che il chiar. cavalier Tiraboschi nelle sue addizioni al tomo IV pag. 343 siasi mostrato egli stesso propenso a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni del secolo XIII della Compagnia del Gonfalone, ed altre simili. […] Ecco poi le due enunciate correzioni al tomo II che presento a’ miei gentili lettori, approfittandomi delle dotte insieme ed obbliganti insinuazioni di un valoroso nostro Letterato che mi onora della sua preziosa amicizia. […] Amaduzzi nella sua seconda edizione dell’Alfabeto Etrusco premessa al tomo III Pictur.
Il tipo del padre è drammaticamente perfetto ; e tale oserei chiamare nelle sue ribellioni il figliuolo traviato. […] Re di Francia Henrico Secondo di questo nome fatta nella nobile et antiqua Città di Lyone a luy et a la sua serenissima consorte Chaterina alli 21 Septemb. 1548, fu deputato il Barlacchi, il quale, trattandosi di festa fiorentina, e di esecutori fiorentini, mutò il luogo di azione della commedia, di Roma che era, in Firenze, recando così sulla scena i leggiadri e ricchi vestimenti della sua terra : e tanto piacque la rappresentazione di detta Calandra, che fattasene la replica a preghiera de’ lionesi che non la poteron vedere la prima volta, il Re e la Regina e la Corte vi intervennero inattesi, e dichiararon esser loro piaciuta la commedia assai più che la prima volta : e innanzi di partirsi di Lione il Re fe’ dare a’comici 500 scudi d’oro, e 300 la Regina, dimodochè — chiude la descrizione — il Barlacchi et li altri strioni che di Firenze si feciono venire in giù se ne tornarono con una borsa piena di scudi per ciascuno.
» E meglio lo sappiamo da Messer Ludovico Dolce, che nella lettera di dedica a Giacomo Contarini del poemetto di Burchiella i fatti e le prodezze di Manoli Blessi strathioto, ci dice di lui che nel recitar commedie passò così avanti, da poter essere meritamente chiamato il Roscio dell’età sua. – E de’versi che il Burchiella lasciò in italiano e in greco, dice il Dolce ch’e’ potean contendere con quelli del Bembo e del Petrarca. […] Il detto Capaccio inviò a questo Lucio la sua commedia, perchè colla sua compagnia la recitasse, come si ricava da una lettera dello stesso Capaccio posta nel Libro I del suo Segretario.
Pregio sarà, che sovra ogn’altro ascenda, Se l’onor d’un sol guardo or le donate, Benchè per sua viltà già non l’attenda. […] acompiacersi d’accordare Alla medesima la permissione che possa fare le sue recite in cotesta Città doppo le Feste della prossima Pasqua etc. etc. […] La sera del 27 dicembre, con pompa funebre fu portato alla sepoltura alla sua chiesa parrocchiale di S.
Forse alle sue interpretazioni mancava .quello studio paziente, analitico, profondo che accoppiato alle naturali attitudini, innalza l’artista alle sfere più alte ; forse allo addentrarsi in esse profondità mancava in lui l’acume indispensabile ; forse…. ma lasciamo a tale proposito discorrer Tommaso Salvini, che il valoroso giovane seguì amorosamente a traverso le varie fasi : Andrea Maggi è uno dei più prestanti attori che abbiano calcate le scene nostre da mezzo secolo in qua. […] Può egli asserire di avere assiduamente e profondamente studiata l’arte sua ? […] Se per poco questo pur giovane artista avesse potuto persuadersi nel principio della sua carriera che l’arte va coltivata con maggior cura e serietà, con indagini perseveranti, con profonde meditazioni, affinchè renda frutti maturi e prelibati, non ne raccoglierebbe degli scialbi ed acerbi.
Ma le sue opere si pubblicarono quaranta anni dopo che cessò di vivere, cioè nel 1598 da Michele suo figlio che lasciato aveva fanciullo. […] In esse, oltre a i soliti difetti circa le unità e lo stile, vedesi la stessa mescolanza di compassione e di scurrilità che regna nelle altre sue favole. […] S’impresse, è vero, più tardi; ma il Bermudez senza dubbio l’ebbe nelle mani, giacchè l’ha copiata nella sua Nise lastimosa. […] Trascrivo le medesime sue parole. […] Vorrebbe che tutto il mondo esistesse sol quanto bastasse ad ajutar la sua sterilità, e vorrebbe, dopo il latrocinio, annientarlo.
Viene per quarto Dulcidio, e benchè di notte riconosce Aluro, che pur avea confuso un Affricano con la sua innamorata. […] Il Diamante in questa medesima guisa dipinse la sua Rachele, ed il sig. […] La Motte ne fece la felice sua Inès. […] E come io poteva ignorare il nome di chi per più anni mi onorò della sua amicizia e volle prima di pubblicarla udir sulla sua tragedia il mio qualunque avviso? […] Questa collezione che abbraccia 35 favole, oltre della sua Rachele e delle sue traduzioni, non è nè ragionata, nè completa, nè scelta.
Nata a Torino, recitò coi genitori parti di bambina, poi fu lasciata per la sua istruzione a Trieste presso una famiglia di amici. […] Non è cosa tanto facile rintracciare le sue lettere annunciate dal Bertolotti, essendo stata la notizia buttata là senza indicazioni di sorta. […] ma l’avviso, qui si sta in pace ne vi è tra di noi pure una parola, resta solo la cità un poco disgustata perchè il Dottore non ha voluto far la sua pazzia. Questo gli lo scrivo confidentemente ; lui dice che non l’ha fatta per dubio di non si amalare per una sua indispositione, intanto havendo io posto fin un opera nova per render più diligenti questi compagni a impararla, suplico V. […] mo Ricevo la cortesiss.ª sua con l’anessa per la Gabella di Ferrara, rendo a V.
Secondo ciò che ne scrive lo stesso Sulpizio nella dedicatoria delle sue Note sopra Vitruvio al cardinal Raffaello Riario nipote di Sisto IV, essa fu la prima veduta in Roma dopo molti secoli. […] Leonardo Bruni che da Arezzo sua patria portò il nome di Aretino, nato nel 1369, e morto nel 1444, avea composta una commedia intitolata Polixena stampata più volte in Lipsia nel principio del secolo XVI. […] Il Bibliotecario di Parma nel 1776 fe pubblicarlo in Venezia, così intitolandolo: L’Orfeo tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici, ed alla sua integrità, e perfezione ridotta ed illustrata. […] VI della sua Storia della Lett. […] Fu poeta, filosofo, istorico, giureconsulto e musico, se crediamo a ciò che se ne dice in una orazione detta in sua lode nel 1437 pubblicata dal Ludewig nelle Reliquiae Manuscriptorum t.
Compose eziandio alcune di quelle farse chiamate Moralità che portarono il titolo di pastorali fatte da lei rappresentare alle damigelle della sua cortea. […] Le sue languide tragedie, per avviso de’ medesimi Francesi, sono scritte in istile assai basso ed ineguale, senza arte, senza azione, senza maneggio di teatro. […] Eugenio è il titolo di una delle sue commedie. […] Pietro de Laudun Daigaliers fece stampare una sua tragedia Les Horaces; ma non avendola io veduta dir non saprei nè quanto egli dovesse a Pietro Aretino che il precedè coll’Orazia, nè quanto a lui dovesse Pietro Corneille che venne dopo dell’uno e dell’altro. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole.
Pavoni Ginevra, romana, figlia di un medico, nata, si può dire, con la passione per la scena, che fu divisa dalle sue sorelle, esordì a quattordici anni nella Compagnia di Bellotti-Bon, rivelandosi attrice di assai liete promesse con la parte di Margherita nelle Due Dame di Ferrari, di cui era protagonista Virginia Marini. […] La morte della madre che l’aveva accompagnata sempre nelle sue peregrinazioni artistiche, le diè tale intensità di dolore, che la poveretta fu per morirne.
Salì nell’ '82 al grado di prima attrice assoluta in Compagnia Morelli, in cui la rappresentazione di Maria di Magdala di Pietro Calvi fu il suo maggior trionfo, dovuto all’arte sua e alla sua bellezza, ch'era meravigliosa.
A testimoniar dell’ arte sua metto qui il seguente sonetto, stampato in foglio volante a Modena dagli eredi di B. […] Certo quell’occhio che sfavilla in viso A te compose di sua mano Amore ; Onde a chi 'l mira dolcemente al core Un dardo giunge da cui vien conquiso.
Questo il breve e fortunato stato di servizio di Vittorio Zampieri, il quale, recando sulla scena, oltre allo studio e alle chiare attitudini, tutta la gentilezza, tutta la dolcezza dell’indole sua, sa farsi ammirare e applaudire dai pubblici di ogni specie, al fianco della sua egregia compagna.
ma Casa d’Este, che era l’unico sostegno della sua povera famiglia. A un famigliare del Duca, il conte Maresciano, scrisse da Orvieto il 2 ottobre 1694 al fine di ottenere il passaporto per sè e uno per tutta la sua Compagnia : il che fa credere esserne stato lui il conduttore.
Riflessioni sulla sua maniera di trattar l’amore. […] Atene avealo ignominiosamente bandito dalle sue mura. […] Questi può vendicarsi della sua patria, viene anzi sollecitato a farlo non meno da i benefizi di Serse che da un ordine assoluto. […] Ed è appunto per questo pregio inarrivabile che l’autore ebbe ragione di dire parlando colla sua cetra. […] Egli sarà sempre lume sovrano della sua nazione, e il primo poeta drammatico lirico dell’universo.
Lo pubblico nella sua integrità per alcune frasi di non poco interesse nella storia intima, dirò così, dell’arte drammatica. […] Ah, si, me ne ricordo : Aristotile nella sua Politica…. […] Giuro per la bassetta sinistra di Marte, che questa notte invidiosa fa sempre delle sue al Capitan Maramao. […] Gian Farina), sotto il cui nome, divenuto omai tipico, tante barzellette non sue furon pubblicate. […] cit.) che nella sua dotta introduzione a pag.
Della sua applicazione al teatro. […] Della sua applicazione e uffizi ai teatro. […] Questo elogio non è che un ritrovato dell’amor proprio per accumulare nella sua famiglia tutte le glorie possibili. […] Quella ch’era arrivata l’ultima fa degli sforzi per sottrar se stessa e la sua compagna dalla invasione. […] Le sue vestimenta sono ancor bagnate dalla pioggia.
Le sue favole veramente sono assai più complicate delle greche di modo che talvolta stenta a rinvenirvi l’unità dell’azione; ma vari suoi caratteri son pennelleggiati con maestria e vivacità. […] L’Oreste della sua Elettra, a mio credere, é ben delineato; e tutto quello che appartiene alla vendetta di Agamennone é maneggiato con vigore. […] La Semiramide non parmi la migliore delle sue tragedie. […] A vista della manifesta ribellione de’ suoi é così inetta, che non sa prender niun partito per la sua sicurezza. […] Clement nelle sue Osservazioni critiche sul Poema della declamazione teatrale di M.
Ebbe dunque torto Nasarre a gloriarsi di siffatte commedie come delle migliori della sua nazione, ed é interessa della gioventù di ben conoscerle per non prenderle per esemplari. […] Egli dice che nella sua gioventù avea scritti quarantotto componimenti inediti sopra argomenti sacri, dorici, morali, e tra essi erano alcune tragedie di Assalone, Amone, Saule e Gionata. […] Questo maestro de Oliva prima del 1533 stava in Italia, dove fece le sue traduzioni. […] Antonio Eximeno quando nella sua peraltro pregevole opera dell’Origine e delle Regole della Musica, parlando di Lope non gliene attribuisce più di mille e cinquecento. […] Non si ricordò che Bernardino Daniello fece imprimer la sua poetica nel 1536, cioé 26 anni prima che fosse conceputo Lope de Vega?
Provvida nonpertanto la Natura lo fornì di tali secreti efficaci espedienti, che nella propria essenza e nelle circostanze della sua esistenza egli rinvenne i mezzi d’escire dallo stato ferino e selvaggio e di respingere e tener lontano ogni assalitore. […] Lo veggiamo agiato non solo e fornito di quanto bisogna alla sua sussistenza, ma disdegnoso de’ primi cibi non compri, dell’erbe su cui giaceasi ne’ tugurj, delle lanose pelli onde copriva la sua nudità, passare alle delizie più ricercate della gola, alle soffici oziose piume, alla delicatezza delle sete, de’ veli, de’ bissi, alla pompa degli aironi, degli ori, delle perle, dei diamanti di Golconda, in somma al fasto Persiano e Mogollo, e alla mollezza Sibaritica e Tarentina. […] Il vostro Governo composto de’ vostri migliori Concittadini volge tutte le sue mire a rendervi felici e tranquilli e scienziati e grandi artisti; secondatelo. […] È il poeta, è l’autore che col suo fuoco ispira l’anima nella sua favola; è quest’anima questo fuoco che dee passare agli attori e rendergli grandi ed originali; è Moliere che forma i Baron; è Voltaire che produce le Clairon. […] Cleone perseguitato negli Equiti fu contraffatto e rappresentato dal medesimo Aristofane; se non rappresentò Sofocle, ne fu cagione il difetto della sua voce.
Così le vibrazioni non verranno ad accavallarsi l’una con l’altra, e più regolarmente ripercuoterà le onde sonore quel legno che in ogni sua parte verrà a vibrare d’un modo. [6.3] Stimano i più che molto faccia alla bellezza del teatro la vastità sua. […] La figura concava della campana con quelle sue labbra che mettono all’infuori, è attissima a spandere per ogni verso il suono del battaglio che batte in su quelle labbra medesime. […] La congegnazione e l’ornato dei palchetti fornirà all’architetto, non meno che il restante dello edifizio, materia da mostrare l’ingegno e la discrezion sua. […] Conte Girolamo Dal Pozzo, che colle sue opere rinfresca in Verona sua patria la memoria del Sanmichele.
lli Parfait (pag. 105) — che Dominique (Domenico Biancolelli, il celebre figlio d’Isabella) avea comprata nel villaggio di Bièvre, vicino a Parigi, era un ritratto di sua madre in abito di città, con un paniere in mano, contenente due colombi, per allusione al nome di Colombina, ch’ella portava in teatro. […] Ma ventura volle che Buffetto, il quale era comico al servizio del Principe Francesco Maria Farnese, dovesse andar con la sua Compagnia a Venezia ove si trovava a recitar Colombina. […] Il quale atto commosse per modo Isabella, che volle per la pace comune, e perchè nel loro contratto di nozze nulla esistesse che potesse dare appiglio a quistion d’interesse, mutar l’istrumento nella seguente maniera : che si leuasse a suo tempo di tutto l’haver di Colombina la prouisione douuta alli suoi tre figliuoli, e per lei le sue gioje, & argenteria al prezzo come fu stimato ; del resto fosse a metà tra marito e moglie, con il guadagno venturo, lasciandosi dopo la lor morte heredi uno dell’altro. […] La sua vedovanza non poteva esser dunque che breve. […] Ma la più celebre per versatilità, per istruzione, per viscomica, fu la seconda che recitò acclamata sino al 1697, e di cui avrò molto da dire, analizzando il tipo di Colombina nelle sue svariate forme.
In una lettera da Bologna della Pelzet a Niccolini del 27 luglio 1843, sono queste parole : « Poi è venuta la Job, la quale dopo aver rovinato Verniano colla sua pros…… (prosopopea), cerca d’insinuarsi verso Coltellini per farmi onta e spauracchio. » E più oltre : « Anche la Job prima donna comica, vil…… (vilissima) creatura, ha scelto una tragedia per sua beneficiata. » Ma non è da prestar troppa fede ai pettegoli risentimenti di una artista che si trova tra compagni inesorabili e crudelmente accaniti contro la sua poca abilità ; sono sue parole. […] Leggiadri in atto ed in galante foggia Sul francese teatro ivan gli eroi De la Grecia e del Lazio in pria che grande In sua simplicità Talma apparisse Con la toga ed il pallio a offrir l’imago De’ signori del mondo ; e tale allora Dal labbro di quel fiero avvalorati I carmi di Cornelio ebbero un suono, Che da la corte del maggior Luigi Non fu udito giammai.
Se ne servì il Goldoni per far eseguire una sua canzone musicata da Francesco Brusa, quando non era ancora moglie dell’armeno Amurat […] « L’Agnese – dice Goldoni – cra la cantante di moda per le serenate, e colla bellezza della sua voce, e la chiarezza dell’espressione, fece gustare la musica e applaudir le cabalette.
Appassionato per l’arte comica, cominciò a recitare con plauso in Compagnie di poco valore, sostenendo la parte di primo innamorato, finchè la sorte non lo condusse in quella ben nota di Francesco Paganini, ove potè far apprezzare maggiormente le sue ottime qualità artistiche. […] femmineo sesso, e a la sua pena turbar la fronte, e inumidir le gote.
Fu il 1880 con Antonio Colomberti, che in una sua nota inedita dice di lui : …. avemmo campo di apprezzarne le doti artistiche nel dramma di Gualtieri, Silvio Pellico, nell’Antigone di Alfieri, nella Signora dalle Camelie di Dumas, in varie commedie di Gherardi Del Testa, ecc. […] Te dalla curva arena il Popol folto applaude, e oblia de le sue cure il pondo, tanto gioir sta ne’ tuoi detti accolto chè a Te dell’arti il genio almo, fecondo diè un leggiadro sentir pari al tuo volto, le grazie, il riso e il favellar facondo.
Fu poi il 1804 e 1805 come primo e secondo amoroso in compagnia Petrelli, nel qual tempo, innamoratosi a Fossombrone di una giovinetta, Caterina Rinaldi, figlia di onesto negoziante ; e, dopo lagrime e preghiere di ogni parte e intrommissioni di Vescovi, ottenutala in moglie, l’ addestrò nell’ arte sua per modo, che in poco tempo diventò una non spregevole servetta. […] Amputata a lui una gamba per tumor bianco nella clinica di Bologna, il 1844, e recatosi per ordine di medici a Pisa, vi stette mantenuto dal figlio Antonio fino all’ anno della sua morte che fu il 1859.
Di questa attrice, prima donna e capo comica, abbiamo la seguente lettera del 1663 al Duca di Modena : Serenissima Altezza Hippolita Gabrielli comica hunita con suoi Compagni ricorono alla benignità di Vostra Altezza Serenissima supplicandola a uolerli far gratia col suo benignissimo rescritto di concederli licenza di poter recitar opere, e Comedie per il suo felicissimo Statto come altre uolte à sempre hauto fortuna di seruire al Altezze Sue antesesori che di tal gratia l’oratrice e suoi Compagni pregarano Sua divina Maesta per la Sua Esaltatione, che della gratia quam deus…… Volendo dar principio al Finale, e poi a Reggio.
Passò poi con Onofrio Paganini, e recitava il 1748 al Teatro degli Obizzi in Padova, ove s’acquistò molta lode, specialmente per una sua commedia intitolata Il Par onzino, in cui produsse una difesa dell’arte comica dettatagli dal Paganini, che terminava col seguente SONETTO Aver in finto oprar pompe d’onore, mostrar ne' scherzi sollevati ingegni, mover tutti gli affetti in un sol core, passar dal genio a provocar gli sdegni : Eccitar in un punto odio ed amore, di politica idea mostrar gl’impegni, esser scuola di speme, e di timore, aprir ad ogni mente alti disegni : Sollevar con virtù gli spirti oppressi, rinovar con piacer le altrui memorie, i fasti rammentar de' Numi istessi : I giorni degli Eroi colle vittorie in un fascio di scene avere annessi della comica azion tutte son glorie. […] Fu – dice il Bartoli – attore nella sua maschera molto esperto ; e accenna a un amore per una donna di elevata condizione che gli fe'dar di volta al cervello, non tanto però da vietargli di fare al cospetto del pubblico il più scrupoloso dei doveri.
M. il Re di Polonia, allora a Venezia, pel viaggio in Sassonia passando per Vienna e Praga, della Compagnia di cui faceva parte sua moglie Caterina, di cinquantotto anni, sua figlia Maria di diciotto, e suo figlio Giovanni che tanta importanza s’acquistò più tardi all’Opera di Dresda, ove morì del 1753, di ventidue.
Attore brillante di pregio per una sua singolar vena di comicità, nacque a Casaltone di Sorbolo, provincia di Parma il 4 ottobre del 1849 da Gaetano, e Maria Grimaldi, non comici, ed ebbe domicilio a Guastalla. […] Dal '95 cominciò le sue fortunate società, con Compagnie essenzialmente comiche, e con artisti egregi nel genere, quali : Talli, Tovagliari, Zoppetti, Guasti, Falconi, Ciarli.
Le sue prime sette commedie, benché difettose, promettevano un grand’ingegno nascente, il quale cominciò dal purgar le scene dell’indecenze, e terminò con diventarne il padre e ’l maestro. Soccorso poi da Seneca, fece colla Medea un saggio delle sue forze, e spiegò il volo verso il tragico più sublime, fino a quel punto sconosciuto in Francia. […] L’abate Genêt ne scrisse altre rapprentate dalla duchessa du Maine colle sue dame. […] Studiò poi l’uomo e la sua nazione scorrendo per le provincie, e i cortigiani frequentando Versailles. […] Le sue commedie hanno un dialogo felice e grazioso, e vanno in dieci tomi, benché si vuole, che molte ne pubblicassero alcuni anonimi sotto il di lui nome.
Più non vò discovrir qual donna sia; Che per le proprietà sue conosciute, Chi non merta salute Non speri mai d’aver sua compagnia.» […] Ma l’autore di questo libricciuolo, il quale, benché comparisca anonimo, fu lavoro d’un certo Avvocato Macchiavelli celebre nella sua patria per le sue letterarie imposture, ci vieta di contar molto sulla sua asserzione. […] A due generi egli riduce le sue accuse contro di me, al non aver cioè lette, né attentamente esaminate le sue ragioni, e all’aver avanzato delle proposizioni, che a lui non sembrano abbastanza fondate. […] I poeti e i musici, ond’egli arricchì la sua corte, si devono forse confondere coi buffoni da piazza? […] [NdA] In Nuptiis Ducium Mediolanensium che serve d’appendice al Libro XXII delle sue storie.
Mi contenterò d’osservare che in qualunque sentenza a cui ci appigliamo (nè trovasi alcuna, che alla proposta quistione in ogni sua parte risponda) il canto si distingue specificamente dalla voce pei seguenti caratteri. […] Non dee averla nasale, perché facendosi una risuonanza troppo confusa nella cavità della bocca, e delle narici, il suono s’offusca, e l’accento perde molto della sua chiarezza. […] [17] Se fosse mio avviso il diffondermi su questa materia, molto ancora rimarrebbe adirsi intorno agli altri pregi dell’italiana favella, della evidenza delle sue frasi imitative, delle quali si trovano esempi maravigliosi negl’autori, della ricchezza determini cagionata dal gran numero di dialetti, che sono concorsi a formarla, della sua varietà nata appunto dalla ricchezza e moltiplicità delle sue forme, dell’abbondanza d’augmentativi e di diminutivi, che la rendono opportuna quelli per lo stile ditirambico, questi per l’anacreontico, e della pieghevolezza che in lei nasce dal concorso di queste e d’altre cause. […] Oppure si credeva abbastanza ricompensato dal dispregio, che meritano dagli stranieri le sue decisioni coll’applauso di qualche scioperato parigino19? […] Se quella ammette liberamente elesioni, e troncamenti per facilitarne i passaggi, anche questa si mantiene assai meglio colla maestà, e pienezza che le somministrano le sue sillabe finali.
Troppo lungo sarebbe il narrare le penose vicende della sua vita artistica, e i patimenti continui da lui procacciati alla povera moglie, la quale anche nell’arte omai non trovava più che fuggevoli ebbrezze. […] Ecco, a titolo di curiosità, un saggio del suo repertorio : Agnese Fitz Henry Fitz Henry Il sospetto funesto Don Flavio Il gran giudizio di Carlo Magno Carlo Magno Spartaco alle mura di Roma Crasso Polinice Eteocle Rosmunda L’Esarca I due sergenti Incognito Bianca e Fernando Carlo V Eloisa della Vallière Condè Le due regine di Siria Oropaste Quest’ultima rappresentò a Lucca il 26 maggio del’ 27 per sua beneficiata, invitando il pubblico colle parole seguenti : « L attore che osa porgere il presente invito, ha cercato nel tragico grandioso spettacolo, Le due Regine di Siria, e nel giocosissimo comico, Uno vale per dieci, di riunire ciò che può appagare l’occhio, interessare il cuore e rallegrare lo spirito. […] Giovanni Andolfati figlio di Pietro Andolfati Direttore dell’Accademia Filodrammatica di Milano, dopo aver fatto cattivi affari nel teatro Comunale Milanese (Scala) nell’estate del 1808, domanda al Vicerè un sussidio pecuniario per passare nell’autunno a Trieste, colla sua compagnia.
Ma pare che le galanterie dell’amore non si attagliassero all’indole sua. […] In tale stato soffriva infinitamente, vedendo sotto i suoi occhi applauditi i compagni, senza che riportasse dal pubblico ancor egli la sua parte di applauso. Aumentavano perciò le sue malinconie un giorno più dell’altro, di modo che i colloqui che frequentemente seco avevo su tal proposito le avevano risvegliate anche in me.
Ne’ dialoghi famigliari cogl’ innamorati e colle donne, sentivasi raziocinando persuaderli a non seguire gli stimoli dell’amore, quando non acconsentiva che un suo figlio, o una sua figlia in matrimonio s’accoppiasse con un oggetto a lui medesimo dispiacente. […] Giunto alla vecchiaja (1735), nè potendo più resistere alle fatiche del teatro, pensò d’alienarsi dalla Professione, e di sostituire invece sua il comico Francesco Rubini, e fecelo in questo modo. […] Disse all’uditorio che la sua vecchiezza non permettevagli di farli una più lunga servitù, che avrialo servito con pari attenzione quel suo collega, e che lo raccomandava all’ amore de’suoi affezionatissimi veneziani.
Sebastiano la Compagnia di Nicodemo Manni, il quale ben volentieri avrebbe voluto liberarsi della sua prima donna, una certa Faluggi, accademica fiorentina. […] In breve sostituì la Faluggi nel posto di prima donna assoluta ; e, prima a Pisa, poi a Lucca, a Bologna, a Genova, potè sviluppare le sue grandi attitudini alla scena, diventando una delle più valenti attrici del suo tempo. […] Fu in varie compagnie e a Palermo. « Se – aggiunge il biografo – a quel fuoco giovanile che lo fa essere poco costante nelle cose sue sapesse egli mettere un po’ di calma, potrebbe rendersi a sè medesimo più giovevole, e potrebbe agli onorati suoi genitori apportare in seguito una più perfetta consolazione. »
La rinomanza sua era giunta a tale, che non gli occorreva più spedir l’ elenco della Compagnia a'vari teatri : il suo nome era più che sufficiente. […] Talvolta anche uscì dal suo ruolo, come ad esempio, nella Satira e Parini del Ferrari, in cui passò a quello di caratterista, recitando il Marchese Colombi, e nel Goldoni e le sue sedici commedie pur di Ferrari, in cui passò a quello di primo attore, recitando il protagonista. […] Per mia beneficiata feci il Goldoni e le sue sedici commedie, in cui sostenevo la parte del protagonista ; ebbene, quantunque stravecchia la commedia, pure il teatro era quasi pieno, e rimasero nette 314 lire, senza alcuni regali che mi vennero fatti, mentre in festa con Dramma nuovo, non abbiamo mai incassato più di 160 lire.
Comico egregio, che recitava nella prima metà del secolo xvii le parti di secondo Zanni sotto il nome di Bertolino, e di cui Niccolò Barbieri, detto Beltrame, nel Capitolo VII della sua Supplica, dice : Il Signor Nicolò Zeccha detto in Comedia Bertolino giouane di gran coraggio, e di qualche eccellenza nel giuocar d’armi, e nel danzare, ha riceuuto honore di seruir molte volte nella Caccia la Sereniss. Altezza di Vittorio Amedeo Duca di Savoja, e per tirar assai bene a gli uccelli in aria, e correr con qualche grazia e velocità a' cervi, et averne ucciso alcuno, è stato honorato oltre alli molti regali d’un singolar appatente di poter levar cavalli dalla Ducale Scuderia a suo beneplacito, e cacciar in ogni luogo riserbato a Sua Altezza Sereniss. con priuilegio, che per qual si uoglia bando, che potesse sospender la permissione a priuilegiati da S. […] Se non della grandezza del valor comico, abbiam certo una prova della versatilità dell’ingegno artistico dello Zecca in una sua lettera da Parma del 29 aprile 1646 al Duca di Mantova, a cui manda un libretto della prima opera cantata a Piacenza, ed altro ne manderà presto del compositore Marelli. « E mi dispiace – dice – non poter essere a Piacenza a sentirle, convenendomi recitar per interim in Parma da primo Zanni nella Compagnia dell’E.
. – prelude alle sue noterelle biografiche – rimontando ai tempi di Noè ? […] – Ella conchiude nelle sue noterelle. – Oh, basterebbe anche a me ! […] E Le auguro, o meglio, auguro a me e a tutti gli spettatori d’ Italia, di provar lungo tempo le gioie ch'ella sa dar dalla scena con le incomparabili sue riproduzioni artistiche.
Dal Regno di Napoli, dove per qualche tempo esercitato aveva la sua comica professione, passò egli in Lombardia ; e quindi in Firenze, in Bologna, in Venezia, ed in altre principali città fecesi conoscere per un gran Commediante. […] ecc., dedicata al Conte Ercole Pepoli, che consta di 13 pagine di stampa, compreso il frontespizio, la lettera dedicatoria e una breve prefazione ai lettori, riportata da Francesco Bartoli nelle sue notizie. […] Fama volat ; la quale non sa spifferare dalla sua sonora sampogna altro che le lodi di questo Dottore, Plusquamdottore, Archimandritta di tutti i Dottori. […] Voleuano tutti quanti replicare, e mandar la cosa in infinito : anzi Saturno haueua già preso in mano la sua falce fenaja, Gioue vn buon tizzon di fuoco, Apollo la piua, Marte un’archibugetto a ruota, Venere s’era messa a parata, Minerua haueua scoperta la sua rotella, e Mercurio s’era armato del baculo ordinario ; quando questo petto informato in facto, e resoluto in jure, impostogli il debito silentio, così pronuntiò. […] Il che fatto viuo vocis oraculo, gli poneste quel bel nome Bononia in latino, per dimostrar, che Bona omnia in ea sunt, e Bologna in volgare, perchè la fama sua Boat longe, cioè rimbomba, e si fà sentire da lontano.
L’opera è in quarto, di nitida scrittura (certo del ’600), e ha per titolo : Dialoghi Scenici di Domenico Bruni detto Fulvio, Comico Confidente fatti da lui in diverse occasioni ad istanza delle sue compagne, Flaminia, Delia, Valeria, Lavinia e Celia ; cioè : Orsola Cecchini, Camilla Rocca Nobili, l’Austoni, Marina Antonazzoni e Maria Malloni. […] L’Alice dopo morte, mercè del sale, per gusto dell’uomo molto tempo si conserva ; e Celia benchè morta nella vostra gratia, mercè della costanza sua, per vostro gusto, credo, si conserverà vostra sino tanto che si conserverà il mondo. […] Torno a dire che ragionevolmente fate della sua persona buon giudicio : mouendoui a ciò, potrebbe essere la forza delle stelle che forsi nel uostro natale, nello stesso modo all’uno et all’altro concorsero. […] E quando, vinto dalla umile e calda intercessione di Flaminio Scala, il direttore, scrisse di continuar la protezione a’comici con patto di fraterna concordia, il Bruni che a detta dell’Antonazzoni aveva più volte affermato voler fare d’ogni erba fascio, ove dovesse restare in compagnia, e che sembra fosse stato davvero la pietra dello scandalo, mandò pel primo a Don Giovanni colla seguente lettera le sue giustificazioni e le sue proteste di obbedienza e di reverenza. […] r Flavio per parte sua m’imporrà, che mi governerò, non potendo interesse di odio o di benevolenza farmi bramare nè ricusare più uno che altro compagno, nè ambire a preminenze o negare obedienza.
Andrea Grifio corrotto dallo spirito secentista dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, e Carlo Stuardo tragedie; di più Santa Felicita tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gabaoniti tradotta dalla mentovata tragedia olandese del Vondel, la Balia tradotta dalla commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante tradotto da un’ altra francese di Giovanni De la Lande; e finalmente due sue commedie gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, e due opere Piasto e Majuma. […] Le sue favole comiche e tragiche si rappresentarono da’ collegiali dal 1677 in poi. […] Secondo che scrivesi da’ signori Juncker e Lieubault nella dissertazione premessa al Teatro Alemanno uscito in Parigi nel 1772, Opitz imitò la sua Giuditta da un’ opera italiana. […] Fu dunque la sua una sempljce asserzione, che ci lascia nella nostra opinione sostenuta da’ nominati Francesi.
Il domani una lettera di Quinault gli annunziò il suo arrivo, e infatti alle quattro del giorno stesso egli fu in Basilea, e rivolse le sue prime cure all’abbigliamento del suo nuovo compagno d’arte, che, condotto subito a Strasburgo, vi esordì in capo a qualche giorno con molto successo. […] Egli lo declama meravigliosamente, ma gli altri fan pena. » Molte delle sue opere si trovano sparse nelle varie raccolte del Théâtre italien e delle Parodies du Théâtre italien. […] I molti pregi di alcune sue parodie dettarono i seguenti versi : Comédien sensé, parodiste plaisant, en traits fins et légers Romagnesi fertile couvrit les plats auteurs d’un ridicule utile ; qu’on doit le regretter dans le siècle présent. […] Bartoli che « piacque la sua maniera di recitare lepida ed arguta, e per sapere a tempo cogliere l’occasione di motteggiare co' frizzi spiritosi e faceti. »
Luigi Rasi ha questi due requisiti ; e la sua opera I Comici italiani, di cui sin dal ’94 ha incominciato l’edizione in fascicoli la casa Bocca con ricchezza di tipi e d’incisioni, promette di essere magistrale sotto ogni aspetto. […] Poichè l’opera Sua, come si può già conchiudere dalle dispense pubblicate, è magnifica, è una vera miniera di materiale interessante e degno di fede, come può produrre soltanto la ricerca infaticabile conscia dello scopo e (come traspare da ogni linea), entusiastica. […] Poichè a un’opera, come quella che Ella ha così coraggiosamente intrapreso, ognuno ha l’obbligo di recare aiuto con tutte le sue forze. […] Scorrendo queste pagine – stampate in un nitidissimo e largo elzevir, in cui si alternano fregi della più appropriata eleganza, riproduzioni di disegni antichi, tavole cromolitografiche ed autografi inediti di singolar valore per la storia dell’arte – abbiamo provato centuplicato quel piacere che De Amicis seppe tanto abilmente descrivere nella sua Lettura del Dizionario. […] Il Rasi, ora direttore della Scuola di recitazione in Firenze e un tempo attore, consacra a quell’opera, che è il fior della sua anima, l’ingegno, l’esperienza e la coltura : quella coltura che per un attore è addirittura oltre l’incredibile, e che resta particolarmente notevole e superiore anche fuori il palcoscenico ; e vi consacra ancora il frutto del suo lavoro quotidiano, perchè i risparmi che dovrebbero rappresentare il premio e la tranquillità della vita di lavoro e di studio nobilmente spesa, nella mirabile sua pubblicazione egli profonde ; senza contare la immane fatica che dura e le difficoltà che incontra, tali da fiaccare i più tenaci, nella raccolta dei documenti.
La Fiorillina, così la chiamarono i comici dalla sua infanzia, cominciò a percorrer la via della gloria a nove anni, in cui diè prova di gran valore artistico sì nelle parti scritte come nelle improvvise. […] Ma alla metà dell’anno 1816 fu colpita da tale malattia che la toglieva per sempre alle scene, relegandola collo sposo nella sua villa di Avesa, presso Verona, che dovette pur troppo abbandonare, pei continui dissesti finanziari di cui fu causa il marito di sua figlia. […] Andato il Colomberti a visitarla nella sua villa di Avesa, riferisce ne’ suoi scritti inediti, come, alludendo alle memorie artistiche che adornavano il suo salotto, ella dicesse : « Sono memorie di oltre tomba, e mi ricorderanno a mia figlia e a’ miei nipoti. » E domandatole perchè non avesse in sua figlia lasciata di lei una ricordanza sulla scena, rispose : « E perchè ? […] » Molte son le testimonianze che abbiamo del valore di lei ; fra cui quella del Sografi, che nella prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816) scriveva : Si distinsero nella esecuzione di questo non facile a rappresentarsi componimento moltissime attrici ed attori.
Mi dice, che a sua posta fa risplendere La notte, e il di oscurarsi. […] Non sai tu che per le sue orazioni Monna Lucrezia Calfucci che era sterile, ingravidò? […] Oh dio, questo è l’anello con che la sposai, e questa è sua lettera. […] È di sua mano. […] Che tutti i fattor ch’hanno le sue faccende in man il rubino ecc.
I pratici di questa nazione non l’hanno considerata finora se non come un affare di puro istinto e d’abitudine, né si sono inalzati al di là della sua parte grammaticale. I teorici non si sono occupati che di regole, combinazioni e rapporti fra i suoni; in una parola, della sua parte matematica o dottrinale.
Concediamo licenza in uirtù della presente a Simone Basilea, hebreo, che con la sua sola uoce suole rapresentar comedie di molti personaggi, di poter, a nostro bene placito, però andar et stare in qualsivoglia città et luoghi dei nostri Stati et recitar comedie senza portar segno alcuno al capello o in altri luoghi come fanno gli altri ebrei eccetto che in Mantoua doue uogliamo che porti il solito segno, comandando perciò espressamente a tutti li ministri ufficiali et Datiari nostri non gli debbano dar molestia alcuna per tal conto ne fargli pagar datii per li suoi panni da dosso ne per quelli che adopera nelle comedie. […] Giovanni De Medici. » E dall’Appendice di Paglicci Brozzi alla sua opera : Il Teatro a Milano, apprendiamo che « Simone Basilea, comico veronese, ebreo, come ben si comprendre dal suo cognome medesimo, ottenne nel 1619, in occasione che recavasi a Milano onde recitare con alcuni suoi compagni, di poter portare la berretta nera, in luogo della gialla, colore allora obbligatorio pei seguaci della fede giudaica. »
È sua la traduzione della vita di Tiberio Fiorilli (V.), scritta in francese dal Costantini (V.), e inserita nell’ operetta del Bartoli al nome di Scaramuccia. […] Innamoratosi poi della Gaetana Andolfati, e ottenutala in moglie, si unì prima in società col padre di lei, poi condusse da solo una compagnia, colla quale percorse trionfalmente l’Italia, lasciando alla sua morte, che fu nel 1818, più di centomila franchi di eredità, e la fama di gran capocomico.
., e più ancora nei Oci del cuor, la sua ultima creazione, fu artista unica. Il Covi, che le fu compagno e consigliero al suo esordire, assistè anche all’ultima sua recita.
Nelle Commedie fa valere il suo spirito e parla con eleganza e con facondia : e la sua rettorica potrebbe riputarsi studiata, quando non si sapesse che ella crea i suoi concetti in quel momento appunto che gli escono dalla bocca. Andò in Lisbona con sua madre Chiara, comica anch'essa, nella Compagnia di Onofrio Paganini, del quale sposò il figliuolo Francesco, restando sempre con lui, principale ornamento della propria compagnia.
Era la seconda donna dei Comici Gelosi, citata da Francesco Andreini nelle sue Bravure del Capitano Spavento. Il Cinelli racconta « che una volta (Curzio Marignolli, poeta, nato a Firenze il 1563 e morto a Parigi il 1606) sgridato dal padre, perchè i suoi averi licenziosamente spendesse, arditamente rispose : Anzi, tutto il mio spendo con prudenza, intendendo dire con una donna sua amica che Prudenza chiamavasi. » E l’Arlia che varie rime di Curzio raccolse e pubblicò nelle Curiosità letterarie del Romagnoli (Bologna, 1885) aggiunge : era costei una comica, alla quale poi impazzata, o davvero, o per meglio accalappiare i merlotti, quell’altro capo ameno di Francesco Rovai scrisse il seguente sonetto, che pizzica di secentismo un buon poco : Folle è Prudenza : oh che follie soavi folli fan per dolcezza i saggi amanti !
Non poche parti, nullameno, le diedero buon nome, cominciando da quelle dei Diritti dell’anima e di Anime solitarie ch'ella interpetrò lodevolmente all’inizio della sua vita artistica, e terminando col Malatestino in Francesca da Rimini di D'Annunzio, che seppe esprimere con colorito vigoroso. […] Una sua sorella minore, Olga, s’è pur data all’arte drammatica, e oggi è gentile ornamento della Compagnia Caimmi-Zoncada.
Del '45 fu soldato nel secondo Cacciatori, e compiuto il biennio d’obbligo, si unì a sua madre e a sua sorella Anna, venute a Parma a recitare in quel teatro ducale.
Ciò sarebbe lo stesso che levare ogni sua influenza alla storia, ogni sua forza alle prove critiche e morali. […] È inutile il dimandarglielo poiché altro non apporta che la sua sola e semplice asserzione. […] Come prova la sua tesi? […] Il giornalista ha le sue cagioni segrete, onde bramare di vedere alquanto umiliati cotesti evirati. […] Ei si dispensa dal ragionare, e in ciò mostra la sua prudenza.
Fu il ’50 con Majeroni, la Rosa e Branchi ; e il ’53 formò società con Francesco Paladini e sua moglie Clotilde, la celebre servetta. […] Mio padre le fece conoscere l’impossibilità di eseguire la sua commissione, e non volle accettare la lettera. […] Lo ringraziai e lo pregai di dirci il suo nome : « Io sono Francesco Voller, comico, » mi rispose. « Ed io ho una lettera di sua madre da consegnarle ; » e glie la diedi. […] La sola bella avventura della sua travagliatissima vita, in cui pare fosse guidato da un genio malefico. […] Postolo in barca vidi che all’ estremità delle sue lunghe treccie di capelli, l’alga marina aveva formato due grosse palle, le quali impedivano a quel povero corpo di venire a galla !
S. mi gioua anche il credere che lei sia per superare ogni mal officio che fosse fatto contro la sua liberacione si che, e per la promessa fatta, et per la speranza ch’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V. […] S. facia ch’ io l’habbia questa sira a Casa che oltre jl pregar nostro Signore per la sua salute sforzarò insieme il mio seruicio per acrescer il gusto dell’A. […] Non son l’altre sue parti…. auorio schietto ? […] DELL’AFFINATO (27) Questa, che sue virtuti inalza tanto, ch’altra frà Scene ancor non l’assimiglia, È questa, ch’ ogni huom move à meraviglia, Flamminia de’ Theatri honore, et vanto.
, il gran Metastasio ha colle sue liriche bellezze contribuito a propagare il medesimo difetto. […] Certo è ch’egli farebbe schiamazzar dalle risa tutta l’udienza se accingersi volesse all’impegno di esprimer colla sua voce tai cose. […] Per cosa del mondo non si leverebbe dal capo ai maestri l’usanza di premettere a qualunque aria la sua piccola sinfonia o concertino. […] Desideroso di esser grande piuttosto colla lode propria che coll’altrui, cerca d’avanzarsi nella sua carriera per sentieri non battuti dai concorrenti. […] Chi scrive sa benissimo che ogni regola patisce la sua eccezione e che in ciascuno dei rami della facoltà musicale può questa nazione vantare più d’un professore di sommo merito.
Leggi sue costitutive derivanti dalla unione della poesia, musica e della prospettiva. […] L’anima stanca delle sue incertezze si risolve finalmente, e abbraccia quel partito che più confacente le sembra. […] L’amante, che prostrato a’ piedi della sua bella, chiede la sospirata mercede de’ suoi lunghi sospiri, sa benissimo ch’egli non è debitore né al suo ingegno, né alla sua dottrina della fortuna d’essere riamato. […] Le lagrime sono li suoi argomenti: la fedeltà, e la costanza sono i suoi titoli: tutta la sua logica consiste nel far valere la sua tenerezza, e la sua sommissione. Sarebbe dunque inutile anzi contrario al fine ch’ei si propone, l’assalire il cuore della sua amata con teoremi, o con principi tratti da una filosofia, che l’amore non riconosce.
Il teatro inglese ove l’oscenità trionfa, non ha una scena peggiore di quella di Pamfilo e Nisa della Celiana di Rotrou, e la sua Crisanta rappresenta una deflorazione. […] La sua Antigone vien censurata dagl’ intelligenti per non aver saputo l’autore condurre sino al fine il suo assunto senza indurre verso la metà dell’azione principale una peripezia di un’ altra azione differente. […] Voltaire negò questo in un luogo delle sue opere, e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le premier qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unités.
Il collega rifiutò l’incarico e lo pregò di darlo in sua vece a Tommasino, altro collega, del quale era ben nota la probità, e il quale in fatti dopo aver avuto l’assentimento di un fratello dell’Alborghetti all’intiera esecuzione del testamento, pare l’acconciasse nel miglior modo con la vedova che molto ebbe a lodarsi di lui, e che poi andò a seconde nozze con un comico italiano, Francesco Materazzi, detto il Dottore. Pietro Alborghetti fu sepolto a Sant’Eustacchio, sua parrocchia. […] La squisita cortesia e la soavità dell’indole sua, che traspaiono in ogni parola, in ogni atto, posson far credere non ingiusta la osservazione che troviamo stampata nel’57…, su certe abituali inflessioni troppo melliflue ed ingenue, generate forse dall’eccessivo studio d’esser vero e d’evitare il convenzionale.
Il nonno, orefice, non avuto in troppo odore di santità, dovette abbandonare Roma, sua patria, col figliuolo, giovanissimo, e rifugiarsi a Buje nell’ Istria, dove continuò a esercitar l’arte sua, e dove Augusto, era il nome del figlio, si unì con Antonietta Mazzari, istriana, in matrimonio, dal quale nacque il maggio del 1841 Florido Bertini. […] Il Bertini ebbe campo nella sua lunga vita artistica di mostrare quanto egli valesse, creando parti disparatissime in versi e in prosa col miglior de’successi dovunque.
— I singulti, e sospiri, Le lagrime, e gli homei Del moribondo son cari trofei, Cosi fra gente amate, Così fra gente amate, L’ultima fa Scappin di sue cascate, Di sue cascate. […] r Marchese Nicolò Tassone domenica alle quattro hore di notte mentre recitavo mi fu datta una sua, la quale aperta a casa, dall’intendere il buon animo che S. […] Et a sua moglie essendo vecchia molto gli disdice il voler fingere una semplice fanciulla, essendo che a questo tempo la scena vuol la gioventù. […] Flavia era sua moglie Garavini Luciani Margherita. […] Francesco Bartoli fa cader la sua morte intorno il 1654, ma non sapremmo di essa precisare nè la date, nè il luogo.
Volle ancora il celebre Racine conservarla nella sua Ifigenia. […] Contiene la morte d’Ippolito per la falsa accusa di Fedra sua madrigna ed amante. […] Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile. […] In questa tragedia ancora Euripide nulla omette che possa ridondare in onore di Atene sua patria. […] Nel componimento di Euripide si osserva un carattere differente dalle altre sue tragedie.
Ebbe una sorella minore di nome Margherita, che apparteneva alla Compagnia italiana, in qualità di danzatrice, nota non meno di sua sorella per la sua…. prodigalità….
Bartoli – ne’ Teatri di Roma sua patria, dove molto esercitossi nel carattere d’Innamorato, e dove fu molto gradito. […] La parte poi, tolta al Benedetti per raggiri del Sacchi, fu recitata da Giovanni Vitalba, che cedè al Benedetti la sua, quella di Don Alessandro gran Cancelliere del Duca ; essendo la quale di carattere d’un geloso furente, molto comica e teatrale, il Benedetti, attore di maggior fuoco del Vitalba, avrebbe, a detta del Sacchi, sostenuto quel carattere molto bene, e tenuta allegra una gran parte della Commedia (V.
Esprimeva le sue parti con energia e con verità, ed intendeva assai bene l’arte di piacere recitando in sui Teatri. […] Se bene esperto nell’arte sua e nutrito di buoni studi trasse ognora vita meschina, tal che piuttosto s’ebbe nome di Domenico Sfortunato.
Le compagnie che l’accolsero furon due soltanto : la Napoletana Tessari e Socj sino al 1836, e la Real torinese dal ’36 al ’49, anno della sua morte. […] Giudizio che troviam confermato in queste parole del Regli : Le parti passionate erano da lui preferite alle altre, e male non s’apponeva, poichè quando si ebbe in dono dal cielo un’anima non volgare e che sa infiammarsi ai più nobili affetti, d’uopo è lasciarle libero il campo e abbandonarla alle sue inspirazioni.
Recatasi a Tunisi, vi dimorò parecchio tempo, maestra di filodrammatici ; indi, fatta compagnia la figlia Zaira (un’ artista mediocre per le parti di prima attrice, che pervenne a un certo grado di rinomanza per la rappresentazione della Frine di Castelvecchio, in cui mostrava all’ultima scena tutta la opulenza delle sue forme ; e che oggi trovasi a San Paulo di Brasile), essa andò a farne parte qual madre nobile, e tale passò l’anno dopo con Novelli, con cui stette sette anni ammiratissima. […] Attrice modesta e amantissima dell’ arte sua, fu sempre decoro delle compagnie in cui militò.
Mentre tutte le sue colleghe di ruolo si tuffavano a capo fitto come prime donne assolute nel gran repertorio, ella, per una cotal deficienza di mezzi vocali, rimaneva nella sua modesta cerchia amorosa, facendosi ovunque notare per le grazie del volto, la forza del sentimento e la soavità del dire.
Il teatro e la casa sono le sue sole occupazioni ; e nella casa l’artista spesso e volentieri diventa lo scienziato : fotografo, proiezionista, meccanico, elettricista, e anche inventore. […] Nè gli studi scientifici gl’impedirono mai, nonostante la sua piccola statura poco teatrale, di farsi applaudire come caratterista e promiscuo, sia per la diligenza scrupolosa nello studio de' caratteri, sia per l’ingegno pronto nella loro interpretazione, sia per una certa vivacità, soverchia forse tal volta, di recitazione.
S. che da che Le mandai la lettera scritta dalla Regina a sua Altezza Ser. […] Il Cavalier Marino dettò per la sua morte il seguente sonetto, riferito anche da Fr. […] sua lode intorno scorre, Ed hà solo per meta i Poli, e’l Cielo Dou’hor si posa la bell’alma, e lieta Vagheggia à voglia sua quel che noi tanto In dubbio pone. […] Mi ricordo hauerla udita, et sò che molti bei spiriti, inuaghiti delle sue rare maniere ; gli hanno fatto et sonetti, et epigramme, et molti altri componimenti in sua lode. […] Et spinger fuori ogn’ un d’ essi, alla sua desinenza, e porli anco in bocca la parola, con che haurà da cominciare.
Allora il Perrin vide ravvivarsi le sue speranze di fondare un’ opera musicale francese, e nel 1661 compose l’Arianna ancor più infelicemente verseggiata; ma la morte del Mazzarini deluse ancor questa volta i suoi disegni. […] Lulli celebre violinista maestro di musica, e poi segretario del re, di cui ebbe in seguito tutto il favore sino alla sua morte, fece tosto sentire la superiorità del suo ingegno, e con alcune arie di balletti composti pel re, e colla musica posta ad alcuni versi di Quinault nella tragedia-balletto di Psychè. […] La sua esitazione è bene espressa; la sua avversione si dissipa; desidera di renderlo suo amante; ordina a’ demoni che la trasportino insieme con Rinaldo au bout de l’univers . […] E ciò egli manifestò nel consigliar Tommaso Corneille a regolarsi col Quinault nel tessere il suo Bellerofonte; ed anche nell’inviargli i proprii versi de’ divertissemens perchè a quella misura ed a quel numero altri ne facesse migliori per la sua musica. […] Egli copriva le sue cantilene di stromenti quando non aveva ricevuta scena veruna dal poeta.
Allora il Perrin vide ravvivarsi le sue speranze di fondare un’ opera francese, e nel 1661 compose l’Arianna ancor più infelicemente verseggiata; ma la morte del Mazzarini deluse tali speranze. […] La sua esitazione è bene espressa; la sua avversione si dissipa; desidera di renderlo suo amante; ordina a’ demonj che la trasportino con Rinaldo au bout de l’univers. […] Nel V si vedono benchè in iscorcio i vaneggiamenti de’ due amanti, la sorpresa di Rinaldo al raffigurare nello scudo incantato la propria mollezza, la sua deliberazione di partire, l’arrivo e gli sforzi d’Armida per trattenerlo, il suo svenimento, la partenza de’ guerrieri, i pianti disperati della maga. […] Lulli operava colle sue note i medesimi prodigj ancor quando non componeva sulle parole di Quinault, il che ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte del Cornelio nel 1679, quanto l’Aci e Galatea del Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la stessa Armida. […] Egli copriva le sue cantilene d’istromenti quando non avea ricevuta scena veruna dal poeta.
Sua differenza da quello dell’antica tragedia. […] Ma il protagonista del melodramma, avendo colle sue qualità guadagnato il nostro affetto, c’interessa mirabilmente nelle sue disgrazie. […] La prima si è, che la sua immaginazione vesta bene il personaggio, che rappresenta. […] Il genere delle sue favole è comico e tende a muoverci a riso. […] Le sue favole sono anche comiche, ma d’un genere più nobile, da taluni detto alto comico.
Di più dico, che l’aspetto della sua disGrazia è sì momentaneo e sì privo di quella parte che chiamasi da greci πάθος, che la sua morte pare così accessoria alla tragedia. […] Chi crederebbe che Tommaso Cornelio avesse voluto procacciare ad Achille la compassione che dovevasi alla sua morte, mentre in tutta quella favola ad altro pare che non attenda se non a renderlo odioso con dare risalto ora alla sua perfidia verso Briseida, ora alla sua violenza contro Polissena. […] Se la rabbia ed i trasporti dovevano venirgli solo in virtù di tale chiamata, gli uditori avran per aspettar lungamente la sua morte dalla sua disperazione. […] Spandi tu pria di sua sorella il sangue: apri tu pria di sua consorte il fianco. […] Monsieur de la Motte qui si scosta con esso dalla natura più che nell’altre sue tragedie.
Nata da artisti di pregio, cresciuta sulle tavole del palcoscenico, all’ombra, direm quasi, della grande zia, non è a stupire ch'ella divenisse grande a sua volta, dando i primi segni di una eccezionale intuizione a soli nove anni, quando al Teatro Re di Milano si presentò a recitare nella Giovannina dei bei cavalli. […] Debbo dirlo a onor del vero : quest’ultimo lavoro, nella sua semplicità originale e poetica, fu una vera rivelazione artistica per la nostra Adelaide…. […] Unitasi in matrimonio con Giovanni Guidone, si allontanò per due anni dalle scene, alle quali tornò più entusiasta che mai, scritturata da Bellotti-Bon (Compagnia n.° 1, 1873), dopo il clamoroso successo avuto nella Marcellina di Marenco al D'Angennes di Torino, in unione a Giacinta Pezzana, quella che raccolse degnamente la sua eredità artistica in Compagnia Toselli. […] » E dopo quella memorabile recita, ella tornò a Sampierdarena, ove faceva il carnevale con una compagnia…. non sua.
Come non ha dovuto perder la musica la sua antica influenza sugli animi? […] S’avvicina, piange, le parla colla eloquenza propria d’un’anima che conosce tutta la sua umiliazione, e che vorrebbe pur patteggiare fra la religione e l’amore. […] Ivi l’estensione della voce è maggiore, le sue inflessioni più decisive, i riposi sulle vocali più lenti, la successione armonica degli intervalli diviene più sensibile e più frequente. […] Sua incombenza è di aggiugnere all’oggetto imitato quei lineamenti che gli mancavano nella prima sua impronta acciò più chiara e più sensibile apparisca l’imitazione. […] Però non diffido che dal lettore mi venga perdonata la lunghezza dello svagamento in attenzione alla sua utilità.
87.) togliere al Trissino anche il merito dell’invenzione per una ragione tutta sua: “Non può pretenderla poichè trovò in Tito-Livio e l’argomento e il piano della sua Tragedia”. […] 79.]: “Ora avendo egli composte le sue Tragedie nel tempo in cui dimorò in Italia, dovettero esse comporsi nel 1515., o 1516.” […] Dite, ora avendo egli composte le sue Tragedie in Italia: E quando Voi, o i vostri nazionali, avete provato che in Italia le componesse? […] E perchè non additare a’ leggitori il fondamento della sua credenza? […] Dico però che l’Apologista, nel volere assegnare alcuna di quelle sue convincenti ragioni a favore della prosa nelle Tragedie, cavalca a disdosso, dicendo [p.
Sempre in Compagnia del Bazzigotti fu il carnovale del '70 in Ferrara, dove, scoperto alla fine, risolse di palesare il suo stato al Marchese Camillo Bevilacqua, coll’aiuto del quale potè ottenere la protezione del Cardinal Crescenzi, Legato di Ferrara, che inviollo a Roma a'piedi di papa Clemente XIV, dal quale ottenne la più ampia assoluzione di ogni sua colpa. Tornò all’ordine de'cappuccini, e da una sua lettera a un Facchini di Ferrara, in data del 2 febbraio 1771, firmata Fra Gian Fedele d’Alessandria, studente cappuccino indegno, e pubblicata per intero da Fr.
Teatro del Giglio ; e benchè, tormentato dalla podagra, non potesse più volte che recitar tutta la sua parte seduto, Ella non mancava mai alle rappresentazioni di lui. […] Figlio, il primo, del precedente, e buon caratterista anch'esso, fu scritturato dai migliori capocomici, insieme a sua figlia Elena, egregia amorosa.
Da alcuni manifesti di sua serata, rilevo che Stenterello non era la sola maschera che figurasse nella Compagnia. […] Il numero dell’Arte di Mercoldì 9 agosto 1855 recava in terza pagina queste poche parole listate a nero e sormontate da una croce : L'artista comico per eccellenza, il conscienzioso ed esperto agente teatrale, attaccato jeri dal cholera, spirava questa mattina a ore 4 antimeridiane, fra il pianto dei suoi più cari e il lamento di tutti quelli che apprezzavano il di lui talento e le sue rare virtù.
Andò poi a sostituir l’amoroso Tollo in Compagnia Peracchi, esordendo colla parte di Maurizio nell’Adriana Lecouvreur, e di qui ebbe principio la sua vita di artista, nella quale s’ebbe comuni gli onori, e ahimè comune la sorte ultima con Giovanni Ceresa. […] Il periodo migliore della sua vita artistica è quello, in cui egli si trovò sotto l’occhio e la mente di Bellotti-Bon a fianco di Adelaide Tessero.
me auertendo m’intendo di non darli cosa alcuna, se non quando si farrano Comedie e che per sua sicureza della sodisfaccione, tutto il danaro, che si esigierà uada nelle sue mani : La Compagnia, che faremo sij durante la mia uita, o uinti anni che in questo mi rimetto nella benignita delle Signorie loro Ill.
La sua carriera artistica incominciò nella primavera del 1864 a Bologna, in Compagnia del cognato Giovanni Aliprandi. […] Egli il quale non aveva che un fine nella vita : lo studio ; e un fine nello studio : l’arte ;…. che, vittima di una modestia fuor di misura, il più bello e il più fatale degli ornamenti umani, avea l’animo delicato a segno da accoglier ogni dolorosa sensazione che la superbia e ignoranza e invidia gli venivan man mano generando, egli, dico, inconscio della sua forza, si ritrasse alla fine dalla battaglia, più rassegnato che sfiduciato. […] E oggi, lo sconosciuto Dominici, del quale i giovani autori d’Italia non sanno pur l’esistenza, in un paese di tristi ricordi e di dolci illusioni, oggi, dico, da un tedesco, il Duca di Meiningen, è invitato ad ornare di una copia delle opere sue la grande biblioteca del nobile artista, e ne riceve in premio la Croce di cavaliere dell’ordine Ernestino.
S. e in conformità de suoi da me ambiti comandi ho recapitato subito la sua al S. […] Sotto questa data abbiamo un ordine di pagamento dal tesoro reale a Domenico Locatelli di lire 1200 per la sua pensione dell’anno stesso. […] Robinet, continuatore della Muse historique di Loret, così annunzia la morte di Locatelli nella sua lettera del 2 maggio 71 : La Parque souvent très-cruelle, (o justes cieux !
Sulla fine di ottobre entrò in Compagnia Cavicchi e Bertotti diretta da Domenico Verzura, padre nobile, dal quale il Papadopoli si ebbe la sua prima e salda educazione artistica. […] Prese, ne l '54, il posto di Luigi Bonazzi nella Compagnia Lombarda, ammiratissimo dovunque, specialmente per la spontaneità e la verità della dizione che furon sempre le principali qualità dell’arte sua. […] Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole di Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni di tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e di una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua.
Non furono così bene accolte le altre sue commedie. […] Per sua difesa altro egli non dice che di essere innocente. […] Sono già sua. […] La gelosia gli fa vedere la sua Marianna in potere del nemico che ne tiene varii ritratti. […] Marianna gli dice che la sua prigionia è volontaria.
La sua infanzia fu un succedersi continuo di patimenti. […] In quella maniera di scrivere era qualcosa della sua recitazione. […] E come varia l’età sua nel variare de’ sentimenti ! […] E questo fu il motto di tutta la sua vita, al quale ella deve gran parte di sè. […] E oggi, che abbiam potuto studiarla nelle sue varie manifestazioni !!..
Il primo saggio che fe delle sue forze nel tragico aringo, fu la Medea. […] Muovasi un Polifonte per ambizione all’esterminio di qualche famiglia legittimamente sovrana, o apporti un Paride per la cieca sua passione per un’ Elena le fiamme nella sua patria, un ingegno grande saprà usar con arte di entrambe queste furiose passioni per destar le vere commozioni tragiche. […] Racine nelle sue belle favole non sempre si appressa alla perfezione, benchè sempre sia nobile, elegante, armonioso e saggio. […] Nelle sue tragedie, come osservò Saint Evremond, si cerca sovente il dolore, e vi si trova solo certa tenerezza per lo più intempestiva che degenera in mollezza. […] Gênet compose alcune altre tragedie rappresentate dalla duchessa du Maine colle sue dame.
La ristampa nel’20, poi ancora nel’52, il settantatreesimo dell’età sua, tagliata, ridotta in tre atti, rimpolpettata secondo le esigenze della scena. […] Bartoli) egli si unisce in seconde nozze a un’attrice della sua compagnia per nome Lidia. […] Battista Andreini, degno figlio di così degna madre, non si può dire a bastanza, poichè se Cleante mendicava la notte il vivere per potere poi il giorno impiegarlo nell’ udire i filosofi di Atene ; questo ne’ travagli della sua gioventù, tra le maggiori avversità, tenendo sempre in pronto la penna, ha fatto con le sue opere chiaro che il vero comico deve affaticarsi, se vuole giungere al termine d’onoredove egli è arrivato. […] Venga terrena Dea entro sua celsitudine svelata cognita e lucicante nel Cielo a tragittar Donna dannata. […] « Se avesse seguito lo stile d’ Isabella sua madre — esclama Francesco Bartoli — oh quanto migliori sarebbero gli scritti dell’ Andreini !
Per dare un saggio della declamazione teatrale e della melopea de’ Greci, fe recitare quella sua favola senza farne cantar le parole. […] Elmotte ha voluto imitare il Pigmalione colla sua scena lirica le Lagrime di Galatea, la quale benchè lontana dall’originale non lascia tal volta di commuovere. Quanto a’ maestri di musica, oltre ai nominati, si sono distinti in Francia Campra, Destouches, Mouret, Coignet, Rameau anche musico teorico, e singolarmente il gran Rousseau per le sue composizioni teoriche e pratiche, oltre a i profondi esami che dopo del Sauveur ne fecero i noti matematici d’Alembert e la Grange. […] Le Sage è uno de’ drammatici che ha tirato il maggior concorso colle sue piacevoli farse musicali. […] La sua Chercheuse d’esprit, dice Palissot, si stima meritamente la più ingegnosa opera buffa francese.
VI, epist. 17, che allor quando alcuno de’ suoi amici esortavalo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie, e che egli nol giudicasse opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo, e ritenere ciò che esso col suo applauso approvasse. […] Pur della tragedia di Seneca parlando per incidenza Luigi Racine, dotto figlio dell’immortal tragico Francese Giovanni, parmi che troppo severamente ne giudichi, quando nelle sue osservazioni sopra la Fedra del Padre, e l’Ippolito di Euripide, fassi a dire: Cet auteur s’écartant entierement d’Euripide, n’observe ni conduite, ni caractére. […] Vi si osserva di più, che Seneca, per dar lieto fine alla sua favola, ne scioglie ragionevolmente il nodo per macchina, facendo comparire Ercole deificato a consolare e rallegrare Alcmena sua madre. […] Son quest’esse le sue parole: . . . . . . […] VI delle sue Divine Istituzioni: Quid de Mimis loquar corruptelarum præferentibus disciplinam, qui docent adulteria, dum fingunt, & simulatis erudiunt ad vera?
Così il canto fermo nella sua prima origine era il perfetto genere chiamato diatonico degli antichi, il quale, o per la maggior divozion de’ cristiani, o per la naturale sua semplicità era più atto a commuovere di quello che sia la sfoggiata pompa della musica presente. Ne faccia testimonianza il pianto, che il canto ambrogiano espresse dagli occhi di Sant’Agostino, come narra questi nelle sue confessioni. […] Il cristianesimo, quella religion santa, che trae dal cielo la sua origine, ci dà della natura divina, e delle cose che le appartengono, una idea troppo rispettabile, perché possano servir sulla scena di spettacolo agli uomini. Incomprensibile ne’ suoi misteri, perché le operazioni dell’Esser infinito oltrepassano la debole potenza della finita ragione, esso ricava maggior motivo di venerazione della sua medesima oscurità. […] Un Francese dottore in teologia giunse a sostenere in una pubblica tesi che la surriferita festa era non meno grata al nostro Signore di quello che fosse alla Madonna la festa della sua Concezione.
Di Demofilo e Posidio incontriamo altresì alcuni frammenti; ma da una commedia del primo detta Onagos Plauto compose la sua Asinaria. […] L’opera sua per attastare il falso. […] Ma perchè le mirabili sue dipinture della vita civile e le preziose sue riflessioni filosofiche riferivansi a gara nelle migliori opere de’ sacri scrittori Cristiani, non che de’ più illustri filosofi gentili, se ne sono conservati molti versi. Il più onorevole testimonio del merito di questo Comico filosofo, si è il verso di una sua commedia che leggesi nella I epistola dell’Apostolo san Paolo a’ Corintii. […] Winckelmann nella Storia delle Arti di Disegno osservò ancora che Menandro fu il primo a cui la grazia comica mostrossi in tutta la sua beltà, e comparve sulla scena menando seco le grazie e le venustà di un polito linguaggio, una misura armonica, un dolce concento, purgati costumi, il piacevole mescolato coll’utile e la fina critica condita di sale attico.
Così nelle nozze d’un Gonzaga al 1346 si distribuirono in Mantova a tal gente 338 vesti; nè queste erano di poco prezzo, leggendosi nelle Cronache di Verona, che delle 200 date loro da uno Scaligero per le sue nozze, la minore costava dieci docati, che allora era non poca moneta, come ognun sa. […] II della sua pregiatissima Storia d’Inghilterra) barbara, ma non assurda, radunati in un luogo tutti i Bardi del paese, ordinò che fossero uccisi. […] Il Poliziano fu il primo a introdurre nella nostra poesia il Ditirambo, e ne diede l’esempio in questo dramma, ed ancora nelle sue Rime scritte a penna, secondo che ci accerta il Crescimbeni. […] Luigi di Pietro Alamanni che fu bandito di Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita del Cardinal Giulio de’ Medici, e che si ricoverò in Francia, dove di tal sorte incontrò la grazia del Re Francesco I, che n’ ebbe cariche onoratissime, e premj considerabili, morì in Amboise nel 1556. […] IV dell’opera sua ebbe a dire con sensi di verità: Si distingueva l’Italia sopra le altre nazioni per la superiorità di parlare con tanta cultura la propria lingua, come se di questa sola facesse tutto lo studio.
Già la tromba propagatrice delle umane vicende gli dà il nome di terribile, e le opere sue singolari di beneficare i poveri, e perseguire i scellerati, sono ammirate da tutti ; ma ciò non basta a toglierli la taccia di scellerato che gli empi suoi delitti hanno scolpita a caratteri di sangue nel libro eterno delle Leggi. […] L’Aglebert fu anche autore drammatico, e la sua commedia Di male in peggio fu rappresentata il 1843 dalla Reale Compagnia Sarda.
La sua carriera fu rapidissima e brillante ; e molto egli deve senza dubbio alla signora sua, la Celeste De Paladini, la quale, capocomica e attrice di molto merito, slanciatolo di punto in bianco nel campo dell’arte, non gli lasciò il tempo di compier gli anni del noviziato, i più scabrosi della vita artistica, ai quali sono soggetti i principianti.
Dice di lui Francesco Bartoli che « la sua prontezza nelle risposte, la sua pantomima naturale e graziosa, e una profonda intelligenza delle commedie improvvise, furono tutti meriti, che gli acquistarono fama e riputazione. » Domenicantonio di Fiore, nato il 1711, s’era dato giovanetto alle scene.
Giunto a Napoli, si fece visitare dallo Scottugno, una celebrità medica d’allora, il quale, per mettere in opera ogni mezzo, all’intento di strapparlo alla morte, gli fe' dividere la sua casa e la sua mensa ; e tali e tante furon le cure affettuose di lui, che il povero giovane si riebbe alquanto.
Piemontese, un de'migliori capocomici, fiorito dal 1790 al 1820, anno della sua morte, si diede alla scena giovanissimo, come primo amoroso, ma con poca riuscita. […] Egli assegnò alla moglie con regolare contratto la paga di quattrocento zecchini veneti all’anno, e una mezza serata per ogni piazza, ove le recite non fosser minori di venti ; e stabilì sul contratto ch'ella dovesse fornirgli un panciotto della stoffa di ogni nuovo abito ch'ella facesse, o per la scena o per fuori, o in costume o in borghese ; tal che alla sua morte si trovò una gran quantità di panciotti di ogni specie e di ogni colore, naturalmente, non mai indossati.
Robotti Antonietta, nata a Como il 1817 dai conjugi Rocchi, fu raccolta, educata e amata qual figlia dalla famiglia comica Torandelli, che l’ebbe sostegno prodigioso delle sue travagliate peregrinazioni, in cui si mescolava la recitazione alle farse in musica e ai balletti giocosi. […] Volle ventura che l’attore Luigi Robotti, uditala appena, la togliesse dall’ambiente pernicioso per farla sua moglie, e condurla per vie migliori.
.), che gli pose in volto di sua mano la maschera, presentandolo al pubblico. […] E Goldoni mette in nota : Elogio ben dovuto alla memoria di Francesco Rubini, il quale quantunque di nascita mantovano, e non del tutto in possesso della lingua veneziana, ha saputo tanto piacere in virtù del suo talento, e della sua buona grazia.
Martelli al suo Ostello di Tavanne mi ha letta la sua quarta giornata con Aristotele nel teatro delle Tuillerie31.» […] [2.121ED] Ciò pure era con più decoro e con più profitto nelle sue stanze, tanto più che né la madre né il padrigno erano nella reggia. [2.122ED] Vi è ben di peggio. […] Chiabrera trascorse gli ultimi anni della sua villa appena fuori Savona, a villa ‘Siracusa”, con ogni probabilità la casa cui allude M. […] Da qui la sua tradizione presso le repubbliche oligarchiche del Cinque-Seicento italiano, ma anche la sua inattualità nella Francia del XVIII secolo, retta non dalla tirannide, ma da una giusta monarchia. […] Crescimbeni, Comentarj intorno alla sua Istoria della volgar poesia, I, Roma, per Antonio de Rossi, 1702, pp. 24-25.
Certo è che il Biancolelli visse maritalmente con una delle sue compagne, Maria Teresa di Lalande, dalla quale ebbe una figlia nel 1723. […] Morì a Parigi il 18 aprile 1734 in sua casa, via Montorgueil, munito dei SS. Sacramenti, e fu sepolto a San Salvatore, sua parrocchia.
Ella giusta la maniera di Sofocle esprime col silenzio l’intensità della sua pena ed il funesto disegno che indi a poco eseguisce. […] Volle ancora il celebre Racine conservarla nella sua Ifigenia. […] Contiene la morte d’Ippolito per la falsa accusa di Fedra sua madrigna ed amante. […] L’anima di chi si trattiene negli spettacoli moderni è così sovente sollevata dall’ ammirazione e dall’entusiasmo che abbattuta dal terrore e dalla pietà; sente in somma la sua forza mentre indi a poco si accorge della sua debolezza. […] Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile.
Compiacevasi anche della pittura, e Gentile Belino pittore Veneziano per alcun tempo dimorò nella sua corte, e se ne tornò carico di doni75. […] Ibraim Gran Visir e genero dell’imperadore Acmet III, è stato un poeta che ne’ versi fatti per la sultana che poi fu sua moglie, ha mostrato d’ intendere e sapere esprimere le delicatezze dell’ amore78. […] Nell’assenza del padre se ne invaghisce anche il figliuolo, manifesta la sua passione, ed è ascoltato e corrisposto. […] Tenero il padre indaga l’origine della sua malinconia, la trova, riflette, compatisce, si vince e cede al figliuolo la bella Giorgiana.
… Nelle prefazioni alle sue rappresentazioni teatrali stampate a Firenze nel ’91 e dedicate all’Illustrissima Accademia del R. Teatro degl’ Infuocati, egli accenna all’ indole sua piuttosto viva :…. […] » Gli dedicò il comico Bartoli per la sua tragica rappresentazione Le glorie della Religione di Malta il seguente sonetto : Se de’ Maltesi Eroi su finte scene le gesta vittoriose esprimi e mostri, or ben vegg’io che ne’ tuoi dotti inchiostri evvi quanta in piacer arte conviene. […] » E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Recitò le parti di caratterista con molto favore, prima nella Compagnia di Onofrio Paganini, poi in quella di Gerolamo Medebach a Venezia, l’anno 1772, finchè si fece conduttore di una Compagnia propria, che intitolò dal nome di sua moglie, la rinomata Maddalena, e pella quale scritturò, dice il Bartoli, una scelta de’ migliori commedianti che vantasse allora l’Italia. […] Grisostomo per tre anni dopo l’azienda Medebach, durante i quali potè mostrare la sua grande perizia e come direttore artistico e come amministratore.
La versatilità delle sue illustrazioni drammatiche le attiravano la stima di Gustavo Modena che la teneva in grande considerazione ; ed infatti, nessuna attrice, nè prima nè dopo di lei, interpretò con maggior giustezza d’espressione e di verità i differenti personaggi di Sofia nei Due Sergenti, della qual parte faceva una vera creazione, della moglie di Jacquart nel Jacquart, di Cate nella Putta onorata di Goldoni, di Numitoria nella Virginia di Alfieri, e finalmente della Marchesa di Savné nella Calunnia di Scribe. […] Dal suo secondo matrimonio ebbe una bellissima figlia, Elisa Mayer, che per parecchi anni esercitò l’arte della madre, per la quale addimostrava tendenze non comuni, ben lontana però dal pervenire all’eccellenza della madre sua.
. — Dopo di avere recitato, bambina, tra’ filodrammatici della città, dopo di avere studiato il ballo, preconizzata dalla celebre Mayvood una futura ballerina di cartello, dopo di avere studiato il canto a Firenze col maestro Romani e il suo alunno Vanuccini, e di aver cantato a quel teatro della Pergola e ne’ maggiori d’Italia, scritturata per un triennio dal celebre maestro Lanari, eccola finalmente entrare nella Compagnia formata allora da Giuseppe Peracchi, poi in quella di Ernesto Rossi (’63-’ 64), che la chiama nelle sue memorie servetta e seconda donna pregevolissima, e al quale ella tributa la più profonda riconoscenza di scolara. […] L’arte la sua grandezza, la letteratura il suo debole. « I miei cari libri — ella scrive — nell’ assenza de’corteggiatori, rappresentano gli amici della mia vita intima solitaria !
Benchè non più giovane, essa continuava a farsi ammirare ed applaudire nelle sue vecchie interpretazioni. […] Fu pianta sinceramente da molti amici, dalla stampa e da ogni specie di pubblico che si vide rapir d’improvviso una delle sue più dilette artiste.
Nel 1780 cominciò a uscir di Firenze, sotto la protezione di Pietro Leopoldo, con privilegio di occupar egli solo con la sua comica compagnia i teatri varj della Toscana ; e lo vediamo l’autunno di quell’anno a Livorno, ove per l’apertura del Teatro di San Sebastiano fu composto un prologo (Livorno, Falorni), che finisce con queste parole di Minerva volta alla Compagnia schierata in sulla scena : ….. scendete O miei figli scendete ; eccovi aperto Vasto campo al valor ; dell’arti mie Fate qui prova ; Io non vi guido al varco D' incognita region ; del patrio Mare Rivedete le sponde ; in ogni volto Distinguete la gioia ; in voi si scorga Un’umiltà non vile ; assai decente Abbia lo scherzo il suo confin ; il gesto Non si avanzi di troppo, il fasto improprio Nel vestir non deformi Il carattere altrui ; fate che sia Esatta ognor l’esecuzion, ma prima, Lungi dall’adularvi Fate che ognor risulti Ad eterna memoria, Dall’altrui perdonar la vostra Gloria ; Solo pregio del terreno Non è il darne il frutto, o il fiore Pregio è pure del calore Dell’umore È pur mercè. […] Infatti un elenco della sua compagnia, senza data, ma certo prima assai dell’ '80, ci dà i seguenti attori : SIGNORE Anna Roffi Maria Zocchi Anna Cesari Amalia Gattolini-Brunacci, serva SIGNORI Gaetano Brunacci Giuseppe Mancini Angiolo Marchioni Luigi Lensi MASCHERE Gaetano Cipriani, Pantalone Baldassarre Bosi, Trastullo Nicola Bertoni, Arlecchino e subalterni.
L’altre sue tragedie più celebrate sono Ifigenia in Tauri, e Alceste. […] La condotta delle favole n’é sommamente giudiziosa; lo stile grande e sublime, e i versi liberi da lui usati con destrezza rendono le sue tragedie superiori a quelle del Martelli e del Gravina. […] Ma Scudery e Boisrobert aveano scritte in Francia due tragedie su Didone; e in Ispagna molto prima di essi Cristofano Virues avea pubblicata la sua intitolata Elisa Dido. […] La sua rima é discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto lo permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però facili d’adattarsi alla musica. […] Ella dee, come tutte le arti, la sua origine al bisogno, e quello bisogno fu il piacere.
La sua tragedia di Tommaso Overbury fu da lui composta nelle taverne e per le strade nella maggiore indigenza. […] La tetra sua morale quanto tempo dopo la rappresentazione tragica permette che si possa ridere? […] La sua Sposa in luto é stata molto applaudita. […] Era sua massima che i componimenti teatrali, doveano giudicarsi sulla scena, e non impressi. […] Sarmiento impresse nel 1775 nel I tomo delle sue opere postume.
I caratteri di don Mariano mal educato, di sua madre che chiama amor materno la cieca sua condiscendenza, di donna Monica avventuriera che si finge dama, e serve di zimbello in una casa di giuoco, sono comici ed espressi con verità e destrezza. […] Ella amava un giovanetto della sua età che era andato in Madrid, e per dissiparne la ripugnanza, le danno a credere con false lettere che egli abbia colà preso moglie. […] La virtù della fanciulla è a cimento colla sua passione. […] Don Luigi simile a Mizione nella dolcezza ma con più senno indulgente, e più felice ancora nel frutto delle sue cure paterne, educa la sua Agnese con una libertà onesta, la forma alla virtù alla sincerità alla beneficenza. […] Le sue picciole farse spesso si riceveano con applauso, ed in grazia di alcune di esse talvolta si tollerarono goffissime commedie e scempie traduzioni del medesimo autore.
Secondo ciò che ne scrive lo stesso Sulpizio nella dedicatoria delle sue Note sopra Vitruvio al cardinal Raffaello Riario nipote di Sisto IV, essa fu la prima veduta in Roma dopo molti secoli. […] Leonardo Bruni che da Arezzo sua patria si disse Aretino, nato nel 1369 e morto nel 1444, avea composta una commedia intitolata Polixena stampata più volte in Lipsia nel principio del secolo XVI. […] L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando la scrisse in tempo di due giorni (com’ egli accenna in una lettera a Carlo Canale) intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano Francesco Gonzaga, in occasione che questi da Bologna, ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ov’era vescovo, nel 1472, come col Bettinelli stabilisce il lodato P. […] In Firenze il celebre traduttore di Tito Livio Giacomo Nardi, secondo il Fontanini, al più tardi produsse nel 1494 la sua commedia composta in vario metro intitolata l’Amicizia. […] V. il Tiraboschi nel tomo ultimo della sua Storia.
[5.3] Quantunque la pittura sia arrivata al colmo della perfezion sua nel secolo felice del Cinquecento, non è però che l’arte del dipingere le scene non abbia per molti riguardi ricevuto nella trascorsa età di considerabili aumenti. […] Di tali scene fu l’inventore Ferdinando Bibbiena, il quale con la nuova sua maniera chiamò a sé gli occhi di tutti. […] Rivolti costoro ad imitare ciò che nelle sue invenzioni vi era di più facile, cioè la bizzarria, e lasciato il fondamento dell’arte che le rendea verisimili, si allontanarono via via da lui, facendo professione di seguirlo. […] I giardinieri della Cina sono come altrettanti pittori, i quali non piantano mica un giardino con quella regolarità ch’è propria dell’arte dell’edificar le case; ma, presa la natura come esemplare, fanno quanto sanno d’imitarla nella irregolarità e varietà sua. […] La grandezza apparente di un oggetto dipende dalla grandezza della sua immagine congiunta col giudizio che si forma della distanza di esso.
, che si recò a Dresda nel 1740, a far parte della Compagnia di Corte, formata e diretta da Andrea Bertoldi, la quale cominciò il corso delle sue rappresentazioni la sera del 12 maggio 1738, in occasione delle nozze per procura della Principessa Maria Amalia di Polonia e Sassonia, col Re Don Carlos di Napoli, a Pillnitz. […] Ne’primi anni della sua scrittura, la Compagnia seguiva d’inverno la Corte a Varsavia, e v’era il signor di Breitenbauch incaricato dell’alloggio dei comici, i quali in codesto andare e venire tra Dresda e Varsavia eran diventati artisti nomadi come quelli d’oggidì.
Tornato sulle scene, vi fu poi applauditissimo, dal ’37 al ’40, con Luigi Domeniconi ; che, scritturatosi a’ Fiorentini, e non volendo pagar penali agli artisti, gli affidò pel ’40 41-42 la condotta e direzione della sua compagnia. […] Ma ormai il teatro non era più il principale scopo della sua vita : e sul finire del ’51, abbandonato Napoli, si recò a Bologna, ove diventò in breve esperto negoziante di quadri ed oggetti antichi.
Se tu lo avessi veduto nelle parti di Balandar, nella Catena di Scribe, nel Marchese Ciabattino e nel Bruno filatore, nel Capitano Carlotta, nelle Damigelle di Saint-Cyr, come l’ho veduto e udito io, comprenderesti come abbia potuto trasfondere il suo brio e la sua vivacità al figlio Claudio, che molto rammenta il padre suo. […] Chi mai ha potuto come lui dar vita alla parte di Ludretto nel Ludro e la sua gran giornata di F.
.), e a sua moglie Marzia, della quale il Narici era parente ; probabilmente fratello (V. […] Sua moglie recitava con lui le ultime parti.
Era Lucilla, conosciuta anche sotto il nome di Rosalba, restata lungi dal marito, che seguiva la sua compagnia ; e sotto pretesto di penitenza erasi ritirata in una casa presso le Maddalene, ove però di nascosto riceveva visite, doni e cibi dal bel sergente, che la stimolava a lasciar per lui il buon comico marito. […] Il sergente in forza della propria patente militare e perchè così richiedeva il benefisio e il servisio di Sua Maestà, si credette autorizzato a portar le terzette e richiese in grazia al Governatore che il Podestà di Cremona desistesse durando il servizio di dare alcuna molestia al supplicante il quale con ogni accurata diligenza invigila alla cura e difesa della città.
Tali sono i rottami delle sue Mura formate di grandi pietre squadrate, levigate e connesse all’usanza de’ Toscani imitati poi da’ Romani. […] Gio: Cristofano Amaduzzi nella seconda sua edizione dell’Alfabeto Etrusco premesso al tomo III Pictur. […] Anzi Plauto, nella sua commedia Miles gloriosus at. 2, sc. 2, fa che Palestrione greco personaggio lo chiami poeta barbaro, cioè non greco, ma latino, la qual cosa non avrebbe potuto dire senza sconcio, se Nevio nato fosse nella Magna Grecia. […] Noto è pur troppo che barbaro di sua origine significò straniero, quale si considerava da’ Greci chi nasceva fuor della Grecia, e da’ Romani chi alla lor nazione non apparteneva. […] Il signor Denina par che abbia scritte le ultime sue cose in fretta, fermandosi sul primo pensiere senza esaminarlo, come può comprovarsi con varie osservazioni sull’indicato Discorso, e sul Proseguimento delle Rivoluzioni d’Italia.
Ma quel che fu la Pelzet si vede più chiaramente dalle lettere sue al Niccolini e del Niccolini a lei. […] Un po' di tara dobbiamo fare alle lodi del Niccolini, il quale, con la debolezza di quasi tutti gli autori di teatro, ha lodi per gli artisti che han fatto piacere l’opera sua. […] Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche. […] Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole. […] Ma ancora due anni di pazienza, e avrà lasciato per sempre la galera comica, com’ella dice in altra sua da Roma del 20 luglio '44 allo stesso Niccolini, al quale si raccomanda perchè sia dato un impiego a suo figlio, alla cui sussistenza non può pensare, avendo appena il pane per sè.
Le sue tragedie col Baile possono chiamarsi di controversia 13. […] Le due sue tragedie sono tratte dal libro I e dal IV dell’Eneide. […] Sperai allora di potermi alla mia volta approfittare della sua fatiga riguardo alla drammatica del secolo XVI; ma nulla di più di quello che io ne avea detto vi ritrovai prima di Opitz. Anzi per essersi forse voluto circoscrivere alla sola poesia scritta nell’idioma tedesco, manca alla sua Idea quanto gli Alemanni scrissero in latino pel teatro, che io nella prima mia Storia registrai, e che ora con nuove giunte riproduco.
L’economia delle sue favole è verisimile, semplice ed animata da piacevoli colpi di teatro. […] Pari industria si scorge nella sua Sorella. […] Allora il Pisani Toscano compose le sue favole sul medesimo gusto. […] Di lui parla Andrea Perrucci nella sua Arte Rappresentativa. […] Tiraboschi nel libro III del tomo VIII della sua Storia della Lett.
Di fatti uscirono in Teatro, ed il Vitalba incominciò a ragionare con quello spirito, ed eleganza, che era sua propria dote. […] E a proposito dell’ arte sua, lo stesso Bartoli aggiunge : Il Fiorilli è sulla scena un gran Comico, e per tale fu adottato da tutta l’Italia.
ma circa della Compagnia la qualle deba star in cori io son a ubidire li suoi comandi si come ò fatto per lo pasato ma suplico ben Sua Altezza Ser. […] , 784), con Lavinia, similmente comediante, e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, ed altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
Attila Flagello di Dio, Ezzelino da Romano, Fazio nel Ratto delle Sabine, Talbot nella Giovanna d’Arco, e moltissime altre parti furon da lui interpetrate alla perfezione, e nessun attore potè vantarsi mai di avere nella sua beneficiata un incasso maggiore di quello che nella sua beneficiata aveva il Vedova ; il quale se sollevava all’entusiasmo il popolino delle recite diurne, era anche molto apprezzato in quelle serali, dal pubblico eletto, come padre nobile, non che come attor di tragedia.
p. 91. v. 2. e il passaggio o il passaggio p. 92. v. 24. per vostra scoperta per la sua scoperta p. 94. v. 25. no puode no puede p. 97. v. 3. […] Esteri Esseri p. 152. v. 11. le bellissime Opere le bellissime sue Opere p. 152. v. 13. e 18. […] Tenoro Tenore p. 160. v. 13. di sua natura di natura p. 163. v. 2. riscutevano riscuotevano p. 164. v. 6. in genere in quel genere p. 166. v. 18. rappresentanti rappresentati p. 169. v. 2. uomini umani p. 169. v. 21. nel Canto del Canto p. 171. v. 14.
Ci è noto il suo valore artistico per questi versi del Loret pubblicati nella sua Muse historique del 16 agosto 1653 : Une troupe de gens comiques, venus des climats italiques, dimanche dernier, tout de bon, firent dans le Petit-Bourbon, l’ouverture de leur théâtre, par un sujet assez folâtre, où l’archiplaisant Trivelin, (Domenico Locatelli) qui n’a pas le nez aquilin, fit et dit tout plein de folies qui semblèrent assez jolies. […] Fiorillo, del quale fa bella menzione Bartolommeo Cavalieri nella sua Scena Illustrata. […] Il Sand che a pagina 52 della sua introduzione a Masques et bouffons (Paris, 1860), parlando della Compagnia del 1653, dice : « vi troviamo attori che eran già venuti in Francia più volte, come Fiorilli, Locatelli, Brigida Bianchi, » avrebbe certo fatto alcuna menzione di quell’Adami già tanto celebre.
Prima di tutto egli seppe accoppiare una grande intelligenza a una grande modestia ; e in ciò stette la sua forza. […] … Certo non era ingiusta la pecca che trovaron nella sua dizione, saltellata e martellata talvolta in una pronunzia dialettale che non l’abbondonò più…. […] Sette anni più tardi la sua Silvia gli morì dopo un anno e mezzo di malattia da lei ignorata, e che fu per lui la più atroce agonìa….
Il circuito delle sue mura, descritto all’usanza religiosa dell’Etruria da un solco fatto coll’aratro tirato da un toro e una vacca61; il pomerio a imitazione degli etruschi aggiunto da Romolo alla sua città62; tanti riti, divinità, regolamenti politici e spettacoli da essa adottati, dimostrano che fin dalla sua origine Roma presa l’Etruria per esemplare. […] Contava Roma circa cinquecento e tredici anni dalla sua fondazione, e presto a cento ventiquattro anni dalla venuta degl’istrioni etruschi, quando nel consolato di C. […] Cresciuta poi la sua potenza, le ricchezze apportatrici dell’ozio e del riposo rendevano più necessarie le arti di pace. […] Aulo Gellio anche dimostra, che Cecilio avea deteriorati nelle sue favole molti pasti originali di Menandro. […] Il dolore, i rimorsi, le furie della matrigna, la sua funesta risoluzione di seguire Ippolito, tutto é con vigore espresso.
Non furono così accette ed applaudite le altre sue commedie. […] Ma il Roxas ha prodotte molte favole interamente sue. […] La gelosia gli fa vedere la sua Marianna in potere del nemico che ne tiene varj ritratti. […] Le sue giuste querele sono patetiche ma confuse in un mucchio di espressioni fantastiche. […] Calderon incorse nel medesimo difetto nell’altra sua favola reale la Vida es sueño.
[1] Ritornando all’Italia, il dramma giacque fin dalla sua origine affastellato ed oppresso sotto lo strabocchevole apparato delle macchine, dei voli e delle decorazioni. […] Il primo atto conteneva la partenza di Arione da Lesbo sua patria. […] Nel terzo si trovava a Corinto dove il re Periandro volle udir narrare le sue disavventure, facendolo dappoi riconoscere dai marinari che l’aveano tradito. […] Un soldato fa la medesima cosa perché la verità lo beffeggia per le sue millanterie. […] Marco Meibomio critico di prima sfera fortemente il riprende di ciò, stendendo la sua accusa a tutta l’Italia, e «maravigliandosi (sono le sue parole) che non solo dal più celebre paese del mondo ma da uomo così famoso potessero venir fuori cotante inedie.
Era cosa comune a’ tempi di Calderone, che un cavaliere prendesse di notte il mantello, la spada e ’l pugnale, e andasse in ronda corteggiando in istrada le finestre della casa della sua dama, e si battesse per nulla con chi passava. […] Secondo il gusto della nazione frammischia Shadwell nella sua commedia meretrici, ruffiane, dissoluti, la cui sfacciatezza é posta in tutto il suo lume. […] Le sue commedie passano per le più piacevoli e graziose di tutto il teatro inglese. […] Le sue commedie hanno invenzione, moto, interesse, e stile grazioso e proprio della commedia. […] Nell’atto II della sua Donna di Contado così favella un nobile sciocco che teme la sferza comica: «Gli autori drammatici oggigiorno per un nulla son capaci di esporre una persona nobile in commedia.
Ella tentò di schermirsi, non credendo, nè alcuno lo credeva in compagnia, di poter colle sue tenui corde arrivare a tanto : ma con inaudita sorpresa trascinò il pubblico all’entusiasmo, riducendo la parte a’suoi mezzi con sapere profondo e con fine discernimento d’arte. […] Deve al Teatro de’ Fiorentini la maggior sua fortuna artistica.
La sua truccatura meravigliosa gli procurò un fragoroso applauso al suo primo apparire. […] Ma il Domeniconi andava di sera in sera acquistando terreno, e di sera in sera l’Asti ne andava perdendo, a cagione più specialmente della sua poca mente e della niuna istruzione.
Formò, il ’46, società con la Fusarini e Marchi, della quale discorre largamente Ernesto Rossi nelle sue Memorie (vol. […] Per lui ebbe il Modena amicizia grandissima ; e di qual dimestichezza l’onorasse sappiamo dalle sue lettere (Roma, 1888), tre delle quali, le migliori politiche (18, 129, 179) furono a lui dirette.
1ª sera Quando io penso al primier tempo passato, qual mi facea stentar più del dovere, dico fra me ; ch’il ciel sia ringraziato che diede alla mia figlia un gran sapere : per opra sua mi trovo in altro stato, ma in oggi così va ; chi vuol potere vestir lindo e mangiare a crepapelle ci vuol per casa almen due reginelle. […] Tra poco s’avvedrà la sfortunata, che non può aver effetto il matrimonio, perchè manca alla sua consolazione la forma, la materia e l’intenzione.
E in gran conto dovè il Duca di Modena tenere il Cimadori, dacchè in due lettere del Duca di Mirandola al Principe Cesare D’Este in data dell’ ’81, è descritto il grande affanno patito dal Conte Cornelio Pepoli per la voce sparsasi di aver egli potuto mancare a Sua Altezza col far battere Finocchio comico. […] Fra i documenti che concernono il Cimadori abbiamo anche una sua polizza di debito in data 28 aprile 1677 verso Don Alfonso d’Este per doppie n.° sei da restituirgli a suo beneplacito : ed è firmata io Gio.
za Vra per lui et per la sua famiglia. già mi persuado che questi incontrerà ne suoi occorrenti l’assistenza delle gracie dell’A. V. che uantaggiosissime senza dubbio le riusciranno quando la Casa sua che si troua in Bologna, ne hà cosi vicino l’influsso.
Ella è molto vivace, ed è inclinata a que' caratteri dimostranti tenerezza ed umiliazione, o abbattimento di forze con rammarico, ed afflittivi, appassionati contrasti. » E più oltre : « Merita questa attrice le più sincere lodi pel suo valor teatrale, e più per i di lei irreprensibili costumi, spiegando a sua gloria il candido vessillo d’una incorrotta onestà. » La brutta commedia del Cerlone, Le avventure di Donna Irene, sollevava, rappresentata da lei, all’entusiasmo. […] Sepolcro la sera del 12 agosto la sua Benefiziata col Viaggio dei Pianeti, ossia Giove e Mercurio in Tianèa, azione allegorica spettacolosa, con promessa in un manifesto reboante, di mutamenti di scena a vista prodigiosi, di macchinismi non più veduti, ecc.
Sposatosi finalmente, fece parte della Società Internari-Paladini, e si recò del '30 a Parigi, lasciando la moglie malata in Italia presso la sua famiglia, sostituita per favore nel suo carattere di serva dalla moglie del caratterista Taddei. […] Avanti di entrare in Compagnia Modena, trovavasi a Forlì, ove per la sua beneficiata si pubblicò, in foglio volante, la seguente epigrafe : A GIVSEPPE SALVINI livornese per felice natura potente ingegno accurata industria fatto esempio singolare del decoro della proprietà della grazia onde la drammatica recitazione dilettando governa le menti e i' cuori a figurare gli umani affetti una cosa col vero fra l’unanime applauso dei forlivesi che nel teatro del comune il carnovale del m dccc xliii ammiravano tanta eccellenza i soci delle barcacce ghinassi versari e minardi vollero rendere onore con questa memoria ed augurare all’arte lodatissima perfetta giusta mercede e che italia schiva una volta di usanze forestiere le liberalità rimuneratrici della danza e del canto serbi a più utili studj e non torni in bas tarda
[5] Questa avvivata dalle due passioni più naturali all’uomo, il timore cioè e la speranza, giunse perfino a credere le sue finzioni medesime e a compiacersene. […] [8] Indicati i fonti del diletto che nasce dal maraviglioso, avviciniamci al nostro argomento, ricercando brevemente la sua origine storica in quanto ha relazione col melodramma. […] Tra le prede che più avidamente cercavansi, eran le donne, come oggetti fatti dal cielo per piacere, e che in tutti i secoli e dappertutto furono la cagion prossima de’ vizi dell’uomo e delle sue virtù. […] Noi abbiamo veduto che non fu se non assai tardi che s’incominciarono a intavolar le melodie ad una voce sola, le uniche che potevano contribuire a dirozzare la musica e a facilitar la sua applicazione alla poesia. […] [21] In appresso la musica, per le cause che si esporranno nel capitolo ottavo, rimase nella sua mediocrità dai tempi del Caccini e del Peri fino a più della metà del secolo decimosettimo.
Le sue tragedie possono col Baile chiamarsi di controversia a. […] Le due sue tragedie sono tratte del libro I e dal IV dell’Eneide. […] Sperai allora di potermi alla mia volta approfittare della sua fatica riguardo alla drammatica del secolo XVI; ma nulla di più di quello che io ne aveva detto vi ritrovai prima di Opitz. Anzi per essersi forse voluto circoscrivere alla sola poesia scritta nell’idioma tedesco (o perchè d’altro non ebbe contezza) manca alla sua Idea quanto gli Alemanni scrissero in latino pel teatro, ciò che io nella mia Storia teatrale in un volume non lasciai di registrare, e che indi nel produrla in sei volumi con nuove aggiunte riprodussi.
Passò, dopo un triennio, nella Compagnia di Luigi Santecchi, ov'era Enrichetta Abati, che divenne poi sua moglie, indi, assunto il ruolo di primo attore assoluto, nella lombarda diretta da Zamarini. […] E questa sua rettitudine senza pari gli costò la vita. […] Fu il Lombardi anche autore di una commedia in prosa, intitolata l’ Alchimista, e dedicata a Giulio Pallavicino (Ferrara, Baldini, 1583, poi Venezia, Sessa, 1586, e Spineda, 1602), in cui, scrive Adolfo Bartoli nella sua introduzione agli Scenarj, « noi troviamo quello che è così raro nella commedia italiana del secolo xvi, qualche carattere studiato e disegnato. […] & sono decinoue miglia sonate in torre di Nona, & non ho finito ancho il primo sonno, & la patrona della sua serua mi manda, per ch'io parli col mio padrone : ma eccolo a fede mia, e nò burlo già, che volete voi da me ?
Se leggono Omero, lasciando da banda le inesprimibili sue bellezze, si fermeranno a cercar nell’Odissea la geografia antica, e nella Iliade l’armatura dei Greci, o la figura delle loro fibbie, seppur le avevano. […] Se la simmetria, la vaghezza, e il disegno della fabbrica sono del gusto, sua ne è la raccolta de’ materiali, e il tragitto. […] Attalchè quelli autori, che hanno sensatamente parlato d’ogni altro genere di poesia, vanno tastoni nel ragionare del melodramma, ora rilegandolo ai mondi della favola, ora mettendolo tra le cose per sua natura difettose, ed assurde, ora sbadatamente confondendolo colla tragedia. […] Egli abbraccia in tutta la sua estensione il suo oggetto. Le sue osservazioni circa le belle arti in genere, e circa la musica, e direzione del teatro in particolare sono assai giudiziose, e proficue, e dappertutto respirano l’onestà, la decenza, e il buon gusto.
La sfortunata riuscita delle sue prime fatiche fecero capire a Quinaut essere il suo talento poco a proposito per la tragedia, e che meglio gli tornerebbe volgendolo ad altri generi di poesia. […] Il sistema della mitologia e delle fate, sorgente perenne di deliri non meno sul teatro italiano che sul francese acquistò fra le sue mani del vigore, della forza e dell’ordine. […] [4] Si vuol rappresentare il tormento più squisito e più crudele che possa trovar ricetto nel cuor d’un amante, la certezza, cioè, d’essere stata l’involontaria cagione della morte della sua amata? […] Tra le molte imprese a cui porse mano con gran vantaggio della sua nazione, una fu quella di migliorare il dramma. […] Le commedie musicali eziandio, ovvero siano le opere buffe, ricevettero maggior lume dalla sua penna, tra le quali merita particolar menzione il Don Chisciotte benché i caratteri vi si dipingano con troppo languidi colori a paragone dell’immortale spagnuolo autore di quel romanzo.
Nel’46 risolse di far rivivere il teatro, più specialmente dialettale, di Goldoni, scegliendo a ciò attori provetti, e le commedie allestendo con minuziosità di particolari, e decenza e fedeltà di arredi, e interpretazione accurata, e recitazione viva e spontanea : e tanto vi riuscì, che la sua Compagnia si acquistò allora fama di Compagnia modello ; e le rappresentazioni della Casa Nova, delle Morbinose, delle Donne Gelose, del Campiello, del Maldicente, del Bugiardo, della Puta onorata, della Bona Mugier, del Ventaglio, del Sior Todero Brontolon, delle Done de Casa Soa, delle Baruffe Chiozzote, del Molière, dei Quattro Rusteghi, non ebbero più chi le superasse nè chi le uguagliasse. Venuta la rivoluzione del’48-49, accusato di avere in qualche sua recita a Padova alluso con motteggi all’eroica resistenza di Venezia, bloccata dall’Austria, trovò chiuse le porte di quei teatri che altra volta l’avean accolto con tanto entusiasmo ; il favore del pubblico finito. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img091.jpg] Una delle grandi prerogative di Luigi Duse, non più accordata, ch’io mi sappia, ad alcuno, fu quella di poter negl’intervalli della commedia, uscire alla ribalta a sipario calato, e vestito com’era del costume teatrale, discorrer degl’interessi di casa sua, ch’ei raccontava con una famigliarità e una comicità siffatta da far andare in visibilio il suo pubblico ; il quale anche, tal volta, sopperiva dicesi, lì per lì a’bisogni di lui, ora per soddisfare a quelli dello stomaco, il più spietato de’creditori, ora, ed eran le più volte, per pagargli una qualche cambiale alla vigilia della scadenza. Venezia e Padova erano ormai città sue ; il pubblico non diceva più di andare a sentir la Compagnia Duse ; ma a far visita all’amico Duse ; e anche sapendo che tutti i salmi finivan in gloria, e che la mano avrebbe dovuto correre al borsellino, pareva che gli mancasse qualcosa se non vedeva fuor del sipario il suo Giacometto. […] Amico intrinseco di Francesco Augusto Bon fu uno de’primi e più valorosi interpreti della sua Triologia di Ludro, e, contemporaneo di Gustavo Modena, ne faceva con gran successo la parodia, rivaleggiando con lui nel Gigi undese, ch’egli stesso aveva composto.
I signori Juncker e Lieubault nella dissertazione premessa al Teatro Alemanno uscito in Parigi nel 1772, affermarono parimente che Opitz imitò la sua Giuditta da un’ opera italiana. […] Così la sua fu semplice gratuita asserzione, che ci lasciò nella nostra opinione sostenuta da’ signori Juncker, Lieubault ed Arnaud. […] Le sue favole comiche e tragiche si rappresentarono da’ collegiali dal 1677 in poi.
ma Altezza Son già ott’ Anni, che Giuseppe Coppa detto Virginio, con Aurelia sua Moglie Comici, e Seruitori Vmilissimi di Vostra Altezza Ser. […] Di fuori : À Sua Altezza Serenissima Per Virginio, et Aurelia Comici. […] S. alle sue Seren.
Però nel 1633, quarantesimo quinto dell’età sua, ne fu stampato a suo onore il ritratto, che fu inciso da Agostino Caracci ; e sotto all’immagine vi furono impresse queste parole : Solus instar omnium ; volendo dire ch’egli valeva per un’intera compagnia di comici. […] Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita. In tal modo Sivello dava trattenimento al popolo, appagandolo con argute facezie, e co’ diversi Personaggi da lui figurati, cangiando d’abito, trasfigurandosi il volto, ed alterando la voce, secondo l’occasione, e come tornavagli più a proposito a norma di quelle scene, che nella sua testa s’aveva divisato di voler eseguire.
Croce pubblicò la sua Libraria (V. […] co), con data di Venezia 1587, annunzia l’invio di qualche sua opera, che il D’Ancona ritien probabile fosser le Conclusioni, di cui parlo più innanzi, stampate appunto in quell’anno. […] , II, 30) : La maschera nera che non copre se non la fronte e il naso del Dottore, le sue guancie d’un rosso esagerato, son la satira personale d’un giureconsulto bolognese del decimosesto secolo, che avea una gran macchia di vino in tutto un lato della faccia. […] Egli cita in prova della sua asserzione i seguenti versi macaronici : Ego Gratianus sum Franculinensis Filius quondam d’ Mser Tomas ; Nobilis civis erat Mutinensis Oculos habens d’fora dal nas. […] Anzi dalle parole del Petrarca il Napoli Signorelli desume anche la frequenza di rappresentazioni teatrali nel secolo xiv, chiedendo : Se non avesse questo ferrarese dati in Italia continui saggi della sua eccellenza in tale esercizio, l’avrebbe il Petrarca paragonato a Roscio ?
Vuolsi che un villanello, non potendo altramente dar segno di sua divozione al gran Serse, fatta coppa delle proprie mani, gli porse dell’acqua pura, ed il Re Persiano l’accolse con quella umanità che accompagna sempre la vera grandezza. […] E che diverrà poi, se si consideri che questo Personaggio illustre congiugne all’amor sommo di ogni profonda dottrina, alla celebritá delle sue opere, la nobiltà più distinta ne’ fasti della Sicilia?
Della sua andata a Parigi così parla il Des Boulmiers nella sua Storia del Teatro italiano (Tomo VII).
Non aveva al principio della sua vita artistica portato maschera, e sosteneva in iscena il carattere dell’Abate. […] Indi a eterna sua memoria decretò di propria mano che mai più nel Regno Comico sorga un altro Cammarano.
Francesco Bartoli cita ancora I quattro Zanni, come sua particolar fatica. […] Sebbene molto inoltrato negli anni, non lascia tuttavia di essere sempre il bene accetto caratterista Toto ; ed è un compenso giustamente dovuto alle sue fatiche la stima che costantemente gli viene accordata.
Dal '55 al '75, anno della sua nomina a direttore artistico nell’Accademia de' Filodrammatici di Milano, fu con Santecchi, ancora col Giardini, col Tassoni, colla Baraccani, col Boldrini, coll’Aliprandi, coi Duse, coll’Ajudi, colla Biagini-Pescatori, col Bozzo, col Lambertini, col Moro-Lin, col Mazzola, col Pascali, con Tommaso Salvini, con cui fu in America generico primario di nuovo coll’Aliprandi, e con Codecasa-Senatori…… 2. – I Comici italiani. […] E se come attore e direttor di compagnie s’ebbe moltissime lodi, non minori furon quelle tributate al direttore de' filodrammatici, l’affetto e il rispetto dei quali l’accompagnarono fino all’ultimo giorno di sua vita che fu il 6 maggio dell’ '88.
L'aver avuto dinanzi agli occhi, per tutto un anno, esemplare sì egregio, fu gran bene pel Perelli, che potè davvero perfezionarsi nell’arte sua, gloriandosi di potersi dire discepolo del Sacco. […] Firmò alla fine dell’ '81 un contratto con cui gli si accordava di poter occupare con la sua Comica Compagnia un Teatro della Dominante per dieci anni di seguito e nelle stagioni di autunno e carnovale.
.), che furon poi chiamati a Venezia, l’uno al San Samuele, l’altro al San Luca ; e Goldoni scrisse per lui Il Gondolier veneto, la prima commedia alla sua maniera, comparsa in pubblico (autunno 1833) e stampata poi successivamente (Milano, R. […] Il Goldoni aggiunge che trovasi nel quarto volume delle sue commedie (ediz. veneta del Pasquali) : errore questo, sul quale non ricordo di aver letto correzioni.
Ella, giusta la maniera di Sofocle, esprime col silenzio l’intensità della sua pena e ’l funesto disegno che poco dopo eseguisse. […] Tra’ frammenti di Euripide si trovano alcuni versi d’una sua tragedia su questo Filottete. […] La felice distrazione accennata nella sua Fedra da M. […] L’anima dello spettatore negli spettacoli moderni é così sovente sollevata dall’ammirazione e dall’entusiasmo, che abbattuta dal terrore e dalla pietà, sente in somma la sua forza, mentre indi a poco si accorge della sua debolezza. […] Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile.
Ma ricevé tal commedia tutta la sua perfezione dall’Attico Aristofane che sempre colla grazia e colle facezie temperava mirabilmente l’amarezza della satira. […] Strepsiade batte alla di lui porta, e ’l servo del filosofo si lagna del modo indiscreto di picchiare, onde si é interrotto il filo delle sue riflessioni. […] Nel coro dell’atto I si accenna che Aristofane diede al pubblico la sua prima commedia anonima, mancandogli l’età di trenta o quarant’anni richiesta per darne col proprio nome. […] Potino con esse rappresentò (benché con indignazione de’ buoni, cioé de’ pochi) alcune burlette in Atene e in quella medesima orchestra, in cui Euripide declamava le sue tragedie immortali. […] I loro commedianti chiamanvansi dicelistae; e secondo Suida, il grammatico Sofibio spartano avea composto un trattato sul genere di commedie usato dalla sua nazione.
Leone X che illustrò i primi anni di sì gran secolo, amando l’erudizione e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma in varie guise, come gli avea favoriti nella sua patria. […] Castilhon, e l’ha pubblicato nelle sue considerazioni, asserendo che «in Spagna e in Italia i poeti comici, toltone il solo Goldoni, non hanno ancor pensato a dare alle donne caratteri nobili». […] Se il gusto fino di cotesto anonimo non può sostenere la lettura di quelli capi d’opera, io compiango l’anonimo ancor più di Marmontel, e non invidio il suo gusto, il suo spirito, e la sua lettura. […] » Per dare più chiaro saggio della sua stoltezza, il famoso traduttore o piuttosto traditore di Svetonio, Monzù de la Harpe, reca poco appresso nel sopraccitato articolo del suo Mercurio questa ridicolosa rodomontata di M. […] V delle sue amene selve novera fra i molti pregi della città di Napoli sua patria il bel magnifico teatro, in cui rappresentavansi le commedie di Menandro, descrivendo nel libro II Carm.
Si esercitò nella sua Maschera con impegno, e fu ricercato nelle migliori Compagnie.
Era il ’20 nella Compagnia Bazzi ; il ’21 nella Reale Sarda, in cui stette col medesimo ruolo sino al ’41 che fu l’anno della sua morte.
P. 35, v. 1 aurihus auribus P. 50, v. 3 1489 1492 P. 74, v. 18 difficilmrnte difficilmente P. 100, v. 16 nomini uomini P. 224, v. 3 fua sua P. 237, v. 24 Il Trappa Il Frappa P. 262, v. 9 zima Zima
Nel registro passaporti dell’Archivio di Milano, N. 780, in data 26 settembre del 1739, è scritto : Antonio Belingeri comediante con sua moglie ballarina, per passare a Venezia con loro bagaglio (Comunicazione Paglicci-Brozzi).
Dopo la sua morte gli successe nel comico esercizio Antonio Camerani. »
I delle sue Memorie artistiche : …… attrice intelligentissima : se avesse voluto, avrebbe potuto essere di decoro all’arte e di utile a sè stessa : disgraziatamente non aveva tutti i giorni della settimana ; credo glie ne mancasse qualcheduno : però era sempre una buona compagna, più dannosa a sè stessa che agli altri, e quando voleva era bravissima. […] Una volta, a sollevarla dalla indigenza nella quale fu trascinata un po’dalle vicende dell’arte e molto dalla sua natura, si unirono con pietoso e gentile proposito i migliori artisti nostri, i quali dettero una di quelle rappresentazioni che segnano una data nella storia dell’arte.
È questo un Prologo fatto da lui in occasione d’incominciare le sue recite in Bologna l’estate dell’anno 1624. […] Anche il Veilen nella sua Storia dei Teatri di Vienna (Cap.
Io ho sentito il Pezzana, capocomico, negli ultimi anni della sua vita artistica, rappresentar tra l’altre con molta verità e molta efficacia la parte di Vincenzo Monti nell’ Ugo Foscolo di Castelvecchio (il Foscolo era Giovanni Ceresa, un artista di gran pregio, formatosi sotto i savj ammaestramenti di lui). […] Non ancora spirato il secondo anno di studj, s’era nel 1833, il futuro avvocato, appassionatissimo dell’arte, in cui ebbe lezioni, dicono, dalla celebre Pellandi, e in cui fece prova eccellente nella filodrammatica della sua patria, si scritturò primo attore nella Compagnia di Marco Fiorio, di cui era prima attrice Carlotta Polvaro, vedova del brillante Angiolini, la quale egli sposò dopo alcun tempo.
Abbiamo molte testimonianze della sua arte e della sua bontà.
Fu lodato e stimato non solamente dal pubblico, ma sì dai comici, e morì nel miglior tempo della sua vita artistica l’anno 1761.
Nota alla nota d’autore n. 4: «Se la pittura è inferiore alla poesia, la musica, considerata un’arte imitativa, deve essere molto inferiore alla pittura: poiché la musica non ha mezzi per spiegare i motivi delle sue varie impressioni, le sue imitazioni dei modi e delle passioni devono per forza essere estremamente vaghe e indeterminate: per esempio, i toni teneri e struggenti che possono esprimere la passione amorosa, potranno ugualmente rappresentare i sentimenti equivalenti di benevolenza, amicizia, pietà e simili. […] [commento_3.5] Dante, Inferno, V, v. 56: «che libito fé licito in sua legge». […] La sua opera principale si intitola Opinione de’ cantori antichi e moderni, o sieno osservazioni sopra il canto figurato, Bologna, Lelio della Volpe, 1723. […] La sua opera più importante relativa al teatro è Il primo libro d’architettura, pubblicato in edizione bilingue a Parigi nel 1545, con il privilegio del Re e diviso in Primo libro di geometria e Il secondo libro di perspettiva, che comprende a sua volta un Trattato sopra le scene composto da sei capitoli dedicati all’allestimento scenico. […] Brizio: probabilmente Filippo Brizio (Bologna, 1603-1675) pittore noto per la sua attività didattica.
Sorella della precedente, recitò in sua compagnia e da lei separata le parti di donna seria.
Priamo prega gli dei tutelari di Troia d’inspirargli quello che sia per lo migliore; e intanto sacrificano al Xanto e alle Ninfe dell’Ida, invitandole a scendere dalla montagna per unirsi con Venere, la quale fra giubilo di suoni e cantici è per guidare le festevoli sue danze là dove prima, tra gli urli e i gridi, Marte guidava la fiera sua tresca. […] Sinone racconta a Calcante e a Pirro, sortiti dal cavallo, come l’arti sue riuscirono quasi a vuoto per la opposizione di Enea; mostrando quanto sia necessario, innanzi ad ogni altra cosa, spegner costui, come il più forte guerriero che, dopo la morte di Ettore, vanti Troia.
Ma l’indole sua gaia e gioviale trovò modo di esplicarsi maggiormente dinanzi al gran pubblico, giudice immediato. […] E tanto riuscì come attore nella riproduzione ammodernata del Senex latino, che fu poi il Pantalone, o del Pedante, che fu poi il Dottore [se ci facciamo a ricordar le lettere sue, nelle quali è sparso in larga copia l’elemento di quella lingua a travestimenti che fu poi nella Commedia dell’arte detta Graziana (V. […] Nullameno, dopo tanti allori mietuti, dopo di aver dato l’anima all’arte sua, egli, che trovandosi al cospetto del pubblico, sentiva il sangue fluirgli vivo nelle vene e una ricreazione immediata e nuova dello spirito ; dopo di avere impegnata assieme al Burchiella una lotta gagliarda e pur troppo infruttuosa contro l’avversione o apatia del pubblico, dovette piegarsi, e abbandonar la scena a cinquant’anni circa, per godersi il danaro che s’era guadagnato, in mezzo alle attestazioni di stima e di affetto che gli venivan certo da ogni parte, ma che non gl’impediron mai forse di menare una vita di rimpianto.
Carlino, rifacendo di pianta il repertorio ; a cotesta riforma cooperò validamente Filippo Cammarano, il quale ebbe in Aldigonda Colli la più forte e valorosa interprete dell’opera sua varia e copiosa. […] Siccome una gran parte di quella commedia era a soggetto, ha fatto credere agli amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel che diceva, lo diceva all’ improvviso. […] Trovarono il soggetto buono ; accennai qualche cosa per istruire gli attori sopra quel che dovevan dire ; la Commedia andò in iscena e non dispiacque ; ma il Golinetti andò in terra, perdette affatto il suo spirito, la sua facondia ; e non riconoscevan più quel bravo Momolo che li aveva incantati.
E tanto quegli collo studio e l’amore in essa progredì, che divenne capocomico a sua volta e il primo artista del suo tempo. […] Tenne fronte per alcun tempo il Cotta alla opinione allor prevalente, sperando di condurre un po’alla volta il pubblico dalla sua ; e recitò Rodogona, Ifigenia in Aulide e altre opere tragiche : ma si trovò solo nella lotta. […] Quindi gran confusione ; quindi lo scoraggiamento del Cotta, la sua sconfitta, il suo abbandono del teatro per sempre.
Così venne a indebolirsi l’indipendenza de’ baroni, le corone accrebbero la propria prerogativa, ed il popolo spezzate gran parte delle sue catene diede allo stato cittadini utili e industriosi. […] In conseguenza coll’usata sua moderazione e dottrina ribatte la comune opinione adottata da uno de’ nostri pregiati scrittori qual è il chiarissimo Carlo Denina. […] Ma con sua pace legga con gli occhi aperti, e vedrà che il Tiraboschi punto non reca in testimonio di buona latinità le opere di Adriano. […] Vedi il volume II della sua pregiatissima Storia d’Inghilterra. […] Si veggano le sue Annotazioni all’Eloquenza Italiana di Giusto Fontanini p. 487, e le di lui Lettere t.
La sua vita artistica passò colla famiglia.
Il Warburton nella sua Divina Missione di Mosè validamente sostiene la necessità della religione per la società. […] Ciò ne sugerisce un fondato raziocinio sostenuto da antichissime tradizioni, e dalla storia; che che ne abbiano pensato in contrario Ludovico Castelvetro nelle sue Esposizioni alla Poetica di Aristotile, le Battaux nella sua opera le Belle Arti ridotte ad un principio, e l’autore del l’articole Prose nel Dizionario dell’Enciclopedia. […] Questo famoso Bardo Celtico di Scozia figliuolo di Fingal, che scrisse in lingua Ersa o Gallica, merita un posto distinto tra’ poeti, benchè al pressochè immenso e nelle sue grandi fabbriche mirabilmente variato Omero, non sembri paragonabile un poeta limitato e non, rare volte ridotto a ripetere le stesse immagini e dipinture come Ossian.
Sotto la data del 1612, è in quell’Archivio municipale una nota di concessione per una sua casa sopra la porta del Mercato.
[Frontispizio] Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente.
Passò poi in compagnie vaganti, sempre ammirato, e finì, a motivo della sua condotta disordinata, in piccole accolte di Comici Castelleggianti, cessando di vivere miseramente in Vigevano l’anno 1769.
Samuele, dove si fece molto onore, avendo lasciato dopo la sua morte un chiaro grido del suo valore alla comica professione. » Così Francesco Bartoli.
Dones Francesco, milanese, nacque verso il 1785, e tenne dal 1810 al 1830 il posto di caratterista con grandissima lode nelle primarie Compagnie, quali di Consoli, Zuccato, Goldoni e Perotti, e in quella poi ch’egli formò al finire della sua carriera.
Sufficientemente fece conoscere i suoi talenti per la comica professione, e morì in fresca età lasciando molti figli alla vedova sua moglie. » Così Francesco Bartoli.
Angelo di Venezia il 1795-96, in compagnia sempre di sua moglie Caterina, senese, attrice di qualche pregio.
, 87) riferisce un documento ove sono il rimborso delle spese di viaggio, e una somma di trenta scudi (novanta lire tornesi) per aver recitato più commedie dinanzi a Sua Maestà.
Sposatasi al Romagnoli diventò la prima donna della sua compagnia ; e rimasta vedova in quella di A.
Il Signor Abate Lampillas pel suo tenor di vita, per l’istituto, e per gli studj severi che avrà coltivati, si sarà ben poco mirato in questo specchio, in cui la sua gentil Dama non fa la migliore, nè la più decente figura. […] Perciò fremeva Cascales nelle sue Tavole Poetiche contro tali mostri teatrali. […] Assai velocemente scarabocchiò Lope la sua Gerusalemme; ma quale uscì dalle sue mani! […] Ma l’istesso Goldoni tacitamente riprovò queste sue prime fatiche; ed in tante Edizioni delle sue seconde Commedie l’amor proprio non l’ha mai spinto ad imprimere nè anche una sola delle prime; ciò che dimostra che n’ebbe onta, e pentimento, e si avvide della mal fida scorta, e del gusto del secolo cangiato in meglio. […] Disingannatevi leggendo la sua Commedia Il Teatro Comico, ove si ride degli antichi pregiudizj Istrionici, e mette in bocca del Capo di Compagnia tutte le regole conosciute tanto per comporre, quanto per rappresentare.
Forse l’elegantissimo Racine, che può dirsi l’Euripide Francese, non ebbe ne’ suoi Drammi la più invidiabile riuscita presso la sua Nazione? […] Le sue Opere-Tragedie non saranno mai sempre da chi ha senno, e buon gusto collocate accanto a quelle composte nella Caverna di Salamina? […] Così, ad onta della sua vasta fantasia, e della fluidità della versificazione, si rimase nel luogo meritato; e la maggior parte delle sue favole sceniche restò inedita, negletta, e sepolta, e non so quanti nazionali, e stranieri oggi leggono le impresse1. […] Egli indubitatamente colla sua feracità, e colla ricchezza della sua fantasia avrebbe scritto meno, e riscosso maggiore, e più giusto, e più suffistente applauso, sviando col proprio esempio dalla Penisola il torrente limaccioso delle Favole stravaganti, e divenendo in tal guisa il Padre del buon Teatro Castigliano, come del Francese lo divenne Pietro Corneille. […] A mostrare questa sua astiosa ugualmente, che falsissima accusa egli si vale di un passo del Gravina, nel quale si trova quel che il Sig.
Vedendo poi le vivande preparate vuole la sua parte delle interiora. […] Trovano Caronte che ammette solo Bacco nella sua barca, e Santia è costretto a fare a piedi il giro della palude. […] Socrate comincia a spiegare la sua dottrina; ma Strepsiade uomo materiale nulla ne comprende. […] Viene una vecchia per querelarsi della sua sventura. […] Vedi la Nota (a b) pag. 234 e 235 del Tomo III della sua Traduzione di Demostene.
Il Rossi descrive di quella morte particolari nelle sue Memorie (I, 43) ; dell’artista, dice che fu discretissima attrice, piena di zelo e di buona volontà, educatissima signora, intelligente, istruita, bene equipaggiata.
La sua dizione infantile, spontanea, semplice, dettò articoli di ammirazione e di commozione a critici egregi.
Ma desideroso della patria, si restituì alla sua Bologna, dove, fatto vecchio, morì verso il 1780.
Grisostomo di Venezia, sotto la direzione di Onofrio Paganini, col quale restò fino al dì della sua morte, avvenuta intorno al 1760.
Della musica [2.1] Che se niuna facoltà o arte a’ giorni nostri di ciò abbisogna, la musica è dessa; tanto ha ella degenerato dall’antica sua gravità. Messo da banda ogni decoro e oltrepassati i dovuti termini, s’è lasciata andare a ogni generazione di capricci, di fogge, di smancerie: e sarebbe ora il tempo di rinnovare quel decreto che fecero già i lacedemoni contro a colui il quale, per lo stemperato amore della novità, avea di sue bizzarrie infrascato la musica, e di virile ch’ella era, l’avea resa effeminata e leziosa. […] E con ciò la musica vocale era quale ha da essere secondo la vera instituzione sua: una espressione più forte, più viva, più calda dei concetti e degli affetti dell’animo. […] Quando ecco fu udito in Francia lo stile naturale ed elegante insieme della Serva padrona con quelle sue arie tanto espressive, con que’ suoi graziosi duetti; e la miglior parte de’ Francesi prese partito a favore della musica italiana. […] In tal modo adoperando, saremo sicuri che la musica ne darà bene spesso sul teatro un qualche saggio di quella vittoriosa sua forza che mostrava ne’ tempi addietro, e che presentemente nelle dotte composizioni dispiega di Benedetto Marcello, uomo forse a niun altro secondo tra gli antichi e primo certamente tra’ moderni.
Sileno vecchio si trattiene seco stesso delle giovanili sue imprese e de’ travagli che stà soffrendo in vecchiaja, per aver voluto per affetto verso Bacco seguir le tracce de’ pirati Tirreni, i quali favoriti da Giunone aveano rapito questo nume a se caro. […] Affè che le avrei dato il premio delle sue belle opere. […] Polifemo pieno di vino esce brancolando, e secondato dal Coro canta una specie di ecloga invitando la sua Galatea. […] Platone che dalla sua repubblica escludeva i poeti, pregiava altamente i Mimi di Sofrone. […] Si è di lui recato nell’Introduzione alle Vicende della Coltura delle Sicilie un frammento della sua favola intitolata Πορφυρα.
Sileno vecchio si trattiene seco stesso delle giovanili sue imprese e de’ travagli che sta soffrendo in vecchiaja, per aver voluto per affetto verso Bacco seguir le tracce de’ pirati Tirreni, i quali favoriti da Giunone aveano rapito questo nume a lui caro. […] Affè che le avrei dato il premio delle sue belle opere. […] Polifemo pieno di vino esce brancolando, e secondato dal coro canta una specie di ecloga invitando la sua Galatea. […] Platone che dalla sua repubblica escludeva i poeti, pregiava altamente i mimi di Sofrone. […] un frammento della sua favola intitolata πορφυρα.
Artista egregio per le parti di tiranno tragico, soprannominato il Gnudon a cagione della sua erculea persona, nacque a Padova il 1760.
Di lui disse Francesco Bartoli : « Bravo Comico, che ne’suoi primi anni giovanili apprese l’Arte della Pittura sotto gl’insegnamenti di Felice Boscarati celebre dipintore della sua Patria. […] Merita il Fiorio molte lodi per i suoi meriti Teatrali, ed egualmente per la bontà de’suoi costumi, che lo palesano un Uomo onesto, un Marito amoroso, ed un Padre prudente. » Pubblicò il Fiorio a Venezia del ’91 le sue commedie in quattro volumi in-8° col titolo Trattenimenti teatrali ; i quali contengono : La nobil vendetta, Imelda e Bonifacio, Meleagro, Il sogno avverato, L’oppresso d’animo, felicitato (dal tedesco), Il Vincislao di Lituania, Ines de las Cisternas, I pazzi corretti, Un momento c’è per tutti, Alberto e Mastino secondo, Signori di Verona, Agnese di Bernaver, La vedova medico e filosofo, Sei piatti e nulla più (dal tedesco), Carlo Goldoni fra’comici, Il matrimonio di Carlo Goldoni, Introduzione comica.
Cuniberti Luciano, torinese, uscito da una società di dilettanti, fece le sue prime armi in arte con Gustavo Modena.
Sposò Brigida Sgarri, ballerina, divenuta poi comica anch' essa, e dalla Compagnia del Rossi passò nel '70 in altre di giro, abbandonando le parti d’ amoroso e sostituendo, alla sua morte, il suocero Francesco Sgarri (V.), nella maschera dell’ arlecchino.
Dopo d’esser divenuta moglie di Pietro Spolverini, diede le più chiare prove della sua somma abilità, e passò agli eterni riposi intorno all’anno 1735 nella città di Napoli. » Così Fr.
Vedendo poi le vivande preparate vuole la sua parte delle interiora. […] Trovano Caronte che ammette solo Bacco nella sua barca, e Santia è costretto a fare a piedi il giro della palude. […] Socrate comincia a spiegare la sua dottrina; ma Strepsiade uomo materiale nulla ne comprende. […] Vien e una vecchia per querelarsi della sua sventura. […] III della sua traduzione di Demostene.
Trovavasi il 1781 nella Compagnia di Faustina Tesi, e per la sua pronunzia corretta, la graziosa figura, la innata vivacità e la leggiadria del volto era in ogni città festeggiatissima.
« Sa cantare – scrive il Bartoli – con qualche grazia, e benchè pieghi a quegli anni che dalla gioventù son lontani, pure la sua gracile e piccola figura le serve ancora di qualche schermo contro l’ ingiurie del tempo. »
« Giovane fiorentino – dice il Bartoli – che uscito dalla sua patria, diedesi a recitare fra’comici.
La sua azione consisteva in un esagerato agitar delle mani, con assoluta mancanza di spontaneità.
È stata l’anno appresso con la truppa d’Antonio Camerani ; ed oggi trovasi con una vagante compagnia, esercitandosi con impegno, e procurando d’acquistarsi qualche concetto nella sua Professione. » Così Fr.
Pantalone di buon nome, nato in Udine di famiglia veneziana, fu prima nella Compagnia de' Lombardi, poi (1776) in quella di Pietro Rossi, assieme a Vincenza sua moglie.
Fu in alcune vaganti compagnie, ed oggi ha fermata la sua dimora in quella, che scorre l’Italia sotto la direzione di Pietro Ferrari. » Così Fr.
Passano per le migliori sue tragedie Venezia salvata e l’Orfana. […] Le sue commedie hanno invenzione, interesse, e stile proprio per la commedia. […] Nell’atto II della sua Donna di Contado così favella un nobile sciocco che ha timore delle sferzate comiche: ”Si contentavano prima gli autori drammatici di trarre i loro personaggi ridicoli dal ceto de’ servi; ma questi baroncelli oggidì cercano i loro buffoni fra’ gentiluomini e cavalieri; di modo che io da sei anni vò differendo di prenderne il titolo per timore di esser posto in iscena, e di farvi una figura ridicola”. […] Vedi la sua seconda epistola a Fakener.
A questo tempo il Martinelli, che, avido com’ era, non lasciava nulla d’intentato pel mantenimento sollecito d’ogni promessa che gli veniva fatta, pubblicò un libro per ottenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro, del quale il Baschet, alla cui opera magistrale più volte citata vo queste notizie attingendo, ha fatto un largo cenno, ma il quale per la sua curiosità e rarità, riporto qui per intero. […] Quando il Re annunciò la sua partenza nel mezzogiorno della Francia per andarvi a raggiungere la sua armata, confermò i comici a Parigi, per trovarveli al suo ritorno ; ma Arlecchino, allegando in iscusa l’età avanzata e il bisogno di riposo, domandò umilmente congedo, il quale poi, non essendogli stato accordato, si prese da sè dopo una serie non breve di accuse e di difese di tutta la Compagnia, dinanzi a cui Messer Arlecchino non era più il conduttore, ma il tiranno. Egli fuggì alla fine di giugno, e si restituì a Mantova, a godervi la pace sospirata nella sua casetta di via dell’ Aquila ; pace, che non fu, pare, di molta durata ; giacchè vediamo il Martinelli co'Fedeli a Venezia il carnovale del '23 ; e il luglio del '26 accennava ancora al desiderio di comparir novamente in Francia.
Figlia dei precedenti, continuò l’arte di sua madre, diventando una servetta non comune.
Fu prima attrice pregiata, ma le sue qualità d’artista non potè mai far emergere, avvolta com’era nelle disgrazie, non mai interrotte, e perciò nel guittume della Compagnia del suocero, che non volle abbandonare finchè egli visse.
Rimasta vedova, condusse per due anni ancora la Compagnia ; poi passò a seconde nozze con un agiato mercante di Milano, col quale visse ritirata dall’arte fino al 1761, anno della sua morte.
Rinomatissimo capocomico e artista egregio per le parti d’innamorato nelle commedie scritte e improvvise. « Fu uomo di molta intraprendenza – scrive il Bartoli – ed ebbe in sua Compagnia degli abili Personaggi, a’ quali però all’ occorrenza non mancava di dar loro delle buone instruzioni intorno al mestiere. » Mortagli la moglie, abbandonò per sempre il teatro, aprendo in Venezia nel Campo di Santa Margherita una scuola per fanciulli che gli procacciò una decorosa esistenza.
Tuttavolta di lui si divulgò questa taccia, ch’era freddo : ma non per altro motivo, se non perchè dalla sua bocca non si sentivano motti impuri giammai. » Così il Quadrio (V. 237).
Dopo di essere stata seconda donna, prima attrice giovane e prima attrice, in compagnia del marito, cui tutta è legata la sua vita artistica, e con cui sempre divise ansie e dolori, privazioni e soddisfazioni, andò quest’ anno a far parte della Compagnia Vitaliani, quale seconda donna e prima dopo la scelta di lei.
La sua vita artistica è intimamente legata a quella del marito.
L’ ’82 era, ancor giovanissimo, nella Compagnia di Pietro Ferrari, « facendosi molto onore — dice il Bartoli — e mostrando chiaramente nella sua abilità d’esser egli un comico studioso, da cui l’arte poteva in appresso molto promettersi in virtù de’ suoi perspicaci talenti. »
Fu artista il Nicolini di non comune versatilità, uno degli ultimi e fortunati campioni della commedia improvvisa, la quale, mercè la pratica ch'egli avea cogli scenarj dell’arte, e la sua prontezza di spirito, sapeva ancor concertare con rara intelligenza.
Recitò sempre nella compagnia del marito, ma, a Firenze, nell’autunno del 1771, rappresentando La Vedova Scaltra del Goldoni, nell’atto di porsi il zendado alla veneziana, fu colpita d’apoplessia, che la condusse a morte in capo a poche ore, compianta da tutti e pei suoi pregi e per la sua sciagura.
Fu prima attrice assoluta della sua compagnia la moglie Giuditta.
Ma bisogna che un interesse personale determini il primo osservatore a fissarvi lo sguardo: che la sua osservazione per un interesse più generale si communichi a’ circostanti: e che vada così di mano in mano continuando a prender forma, finchè pervenga a costituire un’epoca notabile. […] Ma quell’abitatore d’Icaria, che ne sorprese uno nel suo podere, fu per sicurezza della sua vigna consigliato dal proprio interesse a sacrificarlo a Bacco, e quei paesani che ciò videro, ricordandosi delle proprie vigne per somigliante interesse applaudirono al colpo, si rallegrarono, e saltarono cantando in onor del nume. […] Vatry nelle sue erudite Ricerche sul l’origine della Tragedia nel tomo XV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle-Lettere di Parigi.
Delle poesie di lei vider la luce alcune Poesie musicali composte in diversi tempi, aggiunte alla prima edizione dell’Inganno fortunato, e una raccolta di rime, intitolata : Rifiuti di Pindo, edita in Parigi nel 1666, in 12°, sotto’l nome di Aurelia Fedeli, a proposito del quale si levaron dispute e contese fra’letterati : quello sostenendo che fu per semplice error di proto stampato Fedeli e non Fedele, cioè Aurelia, comica fedele ; questo immaginando che il nome di Fedeli sia quello d’un secondo marito, dovendosi escludere l’error del proto, il quale sarebbe stato continuato da lei e dal figlio di lei, che nelle sue liriche indirizza una poesia a Brigida Fedeli sua madre, a cui tien dietro subito la risposta della signora Brigida Fedeli, madre dell’autore. […] Comunque sia, quel che più preme, che cioè l’Aurelia Fedeli e la Brigida Bianchi fosser la stessa persona, è omai fuor di dubbio ; com’è fuor di dubbio che, dagli esempj che ne dà il Bartoli, e più specialmente il Moland in una sonetto che qui riproduco, si capisce chiaro come questa donna, al pari delle sue gloriose preceditrici, riuscisse nel poetare assai più che sufficientemente.
Ma sgomberata mercè del Lampillas, la mia mente delle antiche sue fallaci idee, potrò quindi innanzi approvare, trascrivere, adottare senza esame, non solo quanto pensano i Ch. […] Che importa che si dovrebbe supporre questo Scrittore assai stupido e nemico della propria riputazione, perchè sotto gli occhi suoi vedesse e tollerasse cotal forfanteria senza ricercare novella delle sue Commedie soppresse? Che importa che sopravvivesse un anno a cotale oltraggio fatto al suo nome con simile soperchieria, e non ne procurasse il risarcimento, e non se ne lamentasse almeno, quando di molte minute particolarità delle sue cose ebbe egli cura di lasciar memoria ne’ suoi scritti? […] Il Signorelli lesse che, citato Lope dall’Accademia a discolparsi delle sue comiche stravaganze, recitò il suo discorso senza veruno intoppo. […] Nè di altri Autori corretti in esso ei favella, e le sue lodi si profondono su i contempoeanei seguaci del sistema Lopense.
Fu all’inizio della sua carriera in compagnie di niun conto, poi, fattosi esperto dell’arte, potè, liberatosi dal vincolo di quella donna, entrare nella Compagnia Medebach, in cui trovavasi ancora l’anno comico 1781-82.
Fu poi scritturata prima attrice giovine da Andrea Maggi ; ma il Reinach ne sciolse il contratto per farla sua sposa.
La sua versificazione è una specie di Selva (come chiamasi in Ispagna) entrandovi assonanti, consonanti e versi sciolti ad arbitrio del poeta. […] M., Ma se quest’autore ricusò di riconoscere per sua tal commedia, non è convenevole attribuirgliela, benchè gli appartenga; tanto più che si è nominato in altre due favole migliori, delle quali dovrà farsi parola. […] La giovane Rufina carattere freddo ma di buona morale nella scena II del II vorrebbe che Cortines suo padre (sarto di mestiere che si adira se altri se ne sovvenga, e vuol passar per nobile) venisse richiamato alla ragione col mostrarglisi per qualche via gl’inconvenienti della sua vanità; ma come buona figliuola teme che tal disinganno accader possa con danno o dispiacere del padre. […] Al Capo I, pag. 7, lin. 8, dopo le parole, la prima sua tragedia la Lucrezia. […] Molti frammenti potrei indicarne, che esprimono la forza dell’autore ben rilevata dal traduttore; ma basti per ora segnalar quello dell’atto III, dove parlando Amlet con la Regina sua madre, comparisce l’ombra del Re defunto da lei non veduto.
Chi finalmente é fornito d’una mente più vivace e robusta, e fa uso infame di sua penetrazione, concepisce di mezzo a’ que’ velami, onde il poeta filosofo ha involto le più sublimi verità, che averebbero minore attrattiva, se presentate venissero così nude, concepisce, io dico, sentimenti di onore e di virtù, ed una abituale disposizione a riguardare il vizio con orrore e disprezzo. […] S’introduce egli con una filosofica prospettiva, che a rintracciarlo mena dalla più alta sua sorgente l’origine e lo sviluppo de’ drammi, e che si stende passo passo or occulta or palese per tutte le parti o essenziali o integranti dell’opera. […] Né deve essere che molto condonabile qualche lieve travedimento (se forse avvenne) ad uno scrittore che stende coraggiosamente e con riuscita così alla lunga e alla larga le sue mire, e restringe in brieve spazio tanti vari oggetti di varie nazioni e varj tempi. […] Aggiugnetevi la necessità di dover dare il suo libro alle stampe di Napoli sua patria, lungi, vale a dire, da’ suoi occhi e dalla felice opportunità di poter ritoccarlo coll’ultime pennellate, che soglion darli talvolta a’ misura che si diviluppano nuove idee, anche sotto lo stridere de’ torchi. L’unica sua fortuna in tali fastidiosi rincontri é stata il poter affidare questo suo parto alle vostre mani, riveritissimo signor D.
Egli è il vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea da lui composta in vecchiezza; ma egli è pure il vero, che le sue fole, e i suoi sogni (come dice bene Longino de sublim. cap. […] Eschilo, secondo il testimonio di Sofocle, e secondo che dice Callistene presso Luciano, e Plutarco nel Simposio, scrivea le sue tragedie tra’ bicchieri, quando era già caldo di vino. […] Rollin dicono, Euripide dovette morire il secondo anno dell’olimpiade XCII, e non nella XCIII; perciocchè Aristofane nelle sue Rane, le quali furono certamente rappresentate nell’olimpiade XCII, parla di Euripide come di un uomo ch’ era già morto; e Sofocle, per quanto ci assicurano parecchi autori, sopravisse di sei anni ad Euripide, e morì nonagenario nel quarto anno dell’ Olimpiade XCIII. […] Winckelmann nella sua Storia delle Arti del disegno) il primo, a cui la grazia comica mostrossi in tutta la sua beltà, comparve sulla scena, menando seco in treno le grazie e venustà di un polito linguaggio, un’ armonica misura, un dolce concento, purgati costumi, il piacevole mescolato coll’ utile, e la fina critica condita di sale attico.
Entrando da mano dritta nella Chiesa dei frati conventuali a Bagnacavallo, in una cappella vi è la sua sepoltura ; e scolpita sul marmo questa quartina : col figlio suo fu tolta da cruda morte amara Teresa Baldigara sul fiore dell’età.
Ma se come artista non seppe levarsi a grandi altezze, come amministratore si acquistò la più bella delle rinomanze dovuta alla sua specchiata e rigida integrità.
Ettore se ne distaccò per diventare a sua volta capocomico e passare dalle parti di generico a quelle di brillante, poi di caratterista, che sostenne fino a tardissima età e come scritturato, e come capocomico, ora solo, ora in società, e in cui riuscì non men pregiato attore del fratello Achille.
Giulietti Giulio, ferrarese. « Dall’arte meccanica di fabbricator di mastelle, volle il Giulietti – scrive il Bartoli – passar sulle scene a recitare, e fecelo prima cogli Accademici della sua Patria ; e poscia unitosi alla Truppa di Pietro Colombini l’anno 1768, incominciò a farsi conoscere anche fra’commedianti.
Una lettera dell’ Arlecchino Martinelli a un famigliare del Duca di Mantova, con data di Cremona 4 decembre 1595, ci dà notizia di questo comico in Compagnia della Diana, al quale il Martinelli fa indirizzar le sue lettere per maggior sicurezza.
Rimasto vedovo, abbandonò l’arte, e vestì l’abito talare, lasciando – dice il Bartoli – delle azioni sue una fama onorata, e morendo in quella città (Venezia) per lui tanto benefica nel decorso dell’ anno 1766.
Tornò col padre, e fu con lui in Portogallo ove sposò la Corona, assunta la quale al grado di prima donna, al suo ritorno in Italia, si distaccò dal padre per farsi a sua volta capocomico non troppo — a detta del Bartoli — fortunato, negli ultimi anni almeno, nonostante i grandi meriti della moglie.
Sorella minore della precedente, fu prima attrice giovine di qualche pregio, e la vediam la prima volta insieme all’Adelaide del 1861 in Compagnia Morelli, dove la troviamo ancora il '79, e l’80 quando ne fu socia la sorella, con cui trascorse gran parte della sua vita artistica.
Fu impiegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con quella di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera del Dottore, ma poco ivi potè far valere il suo spirito e la sua lodevole abilità, poichè giunto a Modena, tocco da apoplessia, vi morì in quell’estate in età d’anni 38. » Così Fr.
Comico del Duca di Mantova, del quale trovo notizie in una sua lettera da Fiorenza del 1° dicembre 1648 al Sig.
Quello è come in embrione; questo è spiegato in ogni sua parte e compito. […] Dove ho seguito Racine mi san servito, per quanto ho potuto, delle sue parole medesime; e dove Euripide, della traduzione del Brumoy; ben sicuro che il poeta greco non si poteva meglio esprimere in francese.
Nel 1645 il duca di Ghisa, partendo per l’Italia, fece dono della sua guardaroba ai principali attori di Parigi : essa fu divisa fra Beauchâteau dell’ Hotel de Bourgogne, Giosia di Soulas detto Floridor del Teatro del Marais, il Capitano (Giuseppe Bianchi, direttore ?) […] Come si vede, le due varie foggie di vestire del Capitano Spezzaferro non han che vedere colla terza prodotta da Maurizio Sand, la quale, per quante ricerche io abbia fatte, non mi fu dato trovare in nessuna antica incisione : nè mi fu dato rintracciar notizie de’ colori che il Sand assegna in modo assoluto alle sue figure.
Com’era apparsa in su la scena, avea già fatto metà della parte con una figura delle più convenienti al personaggio, con una espressione del volto nobile e serena, con un sorriso incantevole, con uno sguardo affascinante in cui era tutta trasfusa la soavità dell’indole sua. […] Non vi fu chi la conobbe che non restasse vinto dalla mitezza dell’anima sua.
La sua figura atletica non si accorda con le espressioni tenere e melliflue, che disdicono anche alla sua voce robusta, altisonante ; come pure i suoi gesti imperiosi e decisivi si mostrano soggiogati da una volontà che si ribella all’istinto….
Il suo nome è intimamente legato a quello del marito, col quale passò la sua vita artistica sotto nome di Flaminia, attrice acclamatissima.
Lo vediamo in tal ruolo il 1820 con la comica Compagnia Toffoloni al San Luca di Venezia, e il Giornaletto ragionato teatrale disse di lui : « nelle parti odiose questo comico spiega la non poca sua abilità, che sovente lo trasporta forse al di là del giusto confine.
Vive in Cadice anch’oggi (1780) insieme al di lei marito, e la fanciullesca sua prole. » Così Francesco Bartoli.
Pedretti Carlo, veneziano, e perlaro, si sentì attratto alla scena per modo, che, abbandonata un bel giorno l’arte sua per quella drammatica, si scritturò in una modesta compagnia, in cui riuscì egregio Tartaglia, maschera ormai abbandonata dopo la morte di Agostino Fiorilli.
La fede del guardiano di Chambéry della morte di Leandro fu spedita a Venezia, senza dubbio sua patria.
Bartoli, non so la fonte di tal notizia, dice che del 1580 la Roncagli era nel fiore della sua giovinezza.
Fu poi per le condizioni della famiglia sua, della quale era unico sostegno, in compagnie modeste, e morì del’ 74.
Per quel che narra Suetonio l’imperador Claudio fe recitare nel certame Napolitano una sua commedia greca per onorare il soprallodato suo fratello Germanico. […] Il dolore, i rimorsi, le furie della madrigna, la funesta sua risoluzione di seguire Ippolito, tutto è con forza espresso. […] Anfitrione gl’insinua d’implorar da Giove il termine delle sue fatiche. […] Nel frammento dell’atto II Edipo comparisce un mentecatto, perchè pregato a interporre la sua autorità fra i due fratelli, egli al contrario fulmina contro di loro varie maledizioni. […] Seneca dà lieto fine a questa favola facendo comparire Ercole deificato a consolare e rallegrare Alcmena sua madre.
La Didone del Dolce è da lui dedicata al senatore Tiepolo con queste parole : « avendo il padre mio questo carnevale passato (1546), aperto in Venezia la strada ad altrui di avvezzar le orecchie, corrotte per tanti anni dai giuochi inetti di certi moderni comici, alla gravità tragica, ed essendo io stato il primo che, secondo la debolezza de’miei teneri anni, sotto abito di Ascanio rappresentai la Didone di messer Lodovico Dolce, ecc. » A lui virtuoso fanciullo dedicò poi il Dolce la sua commedia Il Capitano (Venezia, Giolito, 1545).
Attore accurato e diligente, molto deve della sua vita artistica alla comicità della persona che ricorda, anche nel volto, Pasquale De Angelis, il celebrato buffo barilotto del Teatro S.
Addestrossi nell’arte del recitare fra gli accademici della sua Patria ; e poi passò a Napoli, dove si fece onore.
È questi il famoso Gabriele da Bologna, che sosteneva le parti di Zanni nella Compagnia de' Comici Gelosi sotto il nome di Francatrippe, lodato da Francesco Andreini (V.) nel Ragionamento XIV delle sue citate Bravure.
Anche sua moglie Cecilia, veronese, fu comica, ma di meriti assai mediocri.
Da un documento estratto dai Registri del Municipio, in data 12 dicembre 1530, e pubblicato da Emilio Picot nel suo opuscolo « Pierre Gringoire et les Comédiens italiens » (Paris, Morgaud et Fatout, 1878) sappiamo che Maestro Giovanni di Pont-Alaix (Jean de Lespine de Pontalletz dit « Songecreux, » come dice una nota del 1538, a proposito di somme largite dal Re a lui e a quelli della sua banda) in quella stessa occasione aveva consentito a riconoscere Maestro Andrea per capo e direttore.
Il Giraldi poi scrive che non si vide mai uomo che avesse ugualmente i risi e i pianti in mano a sua voglia, e la voce e i gesti acconci a questi e a quelli, come egli ha, e fa avere a tutti coloro che sono ammaestrati da lui, tal ch’egli solo si può dire l’Esopo e il Roscio de’nostri tempi.
Fu con la Ristori, con la Robotti, con la Cazzola, con Pezzana, col Moro-Lin, (col quale stette sei anni, caratterista, e col quale iniziò la sua nuova carriera di attore dialettale), con Gallina e con Corazza.
La sua carriera artistica fu gloriosa, ma brevissima ; chè nell’autunno del’ 35, scritturata al Carcano di Milano, morì di consunzione a soli trentadue anni.
In questa, una delle sue ultime e più belle interpretazioni fu della protagonista in Odetta di Sardou, che replicò acclamatissima per più sere al Teatro Alfieri di Torino.
Figlia dell’arte, e moglie del capocomico Gioacchino Petrelli, il quale vediam già nel 1800, a dar quaranta recite con la sua Compagnia a Tolentino, riuscì una egregia prima donna per compagnie di second’ordine.
Secondo che scrive il Piazza nel Teatro, egli era ancora quarant’anni dopo la sua morte nella memoria de'comici, come valentissimo arlecchino, sotto il nome di Truffaldino, e autore di scenarj, pei quali esso Piazza lo qualifica autore di commediacce.
È citato da Trajano Boccalini nei suoi Ragguagli di Parnaso, là dove dice (I, 242) : « ed in particolare tanta dilettatione ha dato a Sua Maestà il signor Cola Francesco Vacantiello, personaggio napolitano, che ha detto che anche nell’ introdurre il napolitano nelle comedie per rappresentar la fina vacanteria, havevano gl’Italiani mostrato il loro altissimo ingegno…. » Concordando le date, io credo potersi identificare in questo il Cola che fu mandato dal Duca di Mantova a Parigi il 1608 in sostituzione dell’arlecchino Martinelli, omai troppo vecchio.
Valentini Rosa, detta la Diana, fu moglie del precedente, e nacque – dice il Bartoli – in Polonia, « mentre la madre sua trattenevasi al servizio di quel monarca, da lui cotanto favorita, che donolle il suo proprio ritratto tempestato di gemme d’inestimabil valore. » Cresciuta in bellezza (vuolsi che dalla maestà di tutta la persona, e dalla ricchezza dei biondi capegli trasparisse la nobiltà del seme di cui dicevasi frutto), e divenuta artista preclara, si sposò a Giovanni Valentini, percorrendo con lui l’Italia, ammiratissima e per le doti fisiche, e per le artistiche.
Ma l’amor della poesia in genere e della rappresentativa in ispecie, lo fece abbandonar per questa foro e pandette. « I suoi naturali talenti – si scriveva il 1821 nelle Varietà teatrali di Venezia – la sua coltura, e la prontezza del suo spirito, giunti che sieno a farsi conoscere dal pubblico, mirabilmente coprono lo svantaggio in lui di una voce monotona e non insinuante, e di uno sceneggio sovente, se naturale, troppo confidenziale, se nobile, troppo ricercato. »
Compiacevasi della pittura, e Gentile Belino pittore veneziano per alcun tempo dimorò nella sua corte, e se ne tornò carico di doni a. […] Nell’assenza del padre se ne invaghisce anche il figliuolo, manifesta la sua passione, ed è ascoltato e corrisposto. […] Tenero il padre indaga l’origine della sua malinconia, la trova, riflette, compatisce, si vince e cede al figliuolo la bella Giorgiana.
Il Fabbrichesi fu il primo a stabilire che i comici pensasser da sè a tutte le spese di vestiario (prima d’allora non dovevan provvedersi per gli abiti in costume che del così detto basso vestiario, cioè scarpe, calze, parrucche, spade, ecc.) e a quelle di viaggio ; ma tale aggravio fu compensato dalle nuove paghe salite a cifre non più sognate : mentre il gran Zenerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non aveva potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne aveva 601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400. […] Il Governo poi si riserbava a sua volta la scelta od approvazione degli artisti principali e delle produzioni vecchie e nuove di ogni genere, esigendo la più scrupolosa esattezza di ambiente sia pel vestiario degli attori, sia per gli scenarj, le comparse, gli attrezzi, gli addobbi di palcoscenico. […] Fra questi si annoveravano i già nominati Tessari, padre nobile, con la signora Carolina sua moglie, prima donna ; Prepiani e Visetti, primi attori.
La sua accettazione alla Commedia italiana fu dovuta alle vive sollecitazioni di tutti i comici, che dopo la morte di Collalto la condussero essi stessi dinanzi al Gentiluomo della Camera, e vivamente la raccomandarono in memoria del loro amato e illustre compagno.
– È notato nel Diario di Cesare Gallo che sta nella miscellanea politica dell’Archivio di Roma, che essa dette la sua beneficiata in Osimo il 14 gennaio 1815, e che lo stesso Gallo compose per lei un sonetto. – Teodora Dondini morì in Livorno nell’anno 1866.
Il 20 luglio 1691, col mezzo di Dario Fontanelli, il Gabrielli si rivolge al Duca, a disposizion del quale era stato fermato, per avere un qualche solieuo in souuenimento di sua persona, che si ritroua in bisogno grande ; nella supplica è chiamato da esso Fontanelli famoso Pantalone.
Il D'Origny annunzia così la sua morte : s’il ne fit pas regretter le Comédien, on regretta sincérement l’honnête homme, l’homme vertueux, l’époux tendre et le bienfaiteur des pauvres.
Lo vediam terzo amoroso nella Compagnia di Giuseppe Imer ; e dice il Goldoni ch' egli fu cattivo comico finchè fece la parte dell’amoroso, e che poi divenne eccellente, quando dopo la morte di suo padre prese la maschera del Dottore, nel qual Personaggio la sua grassa e goffa figura non disdiceva, anzi lo rendeva di piacevole caricatura.
Bartoli dice di lui che « fu comico di molta abilità, e piacque sulle venete scene. » Una sua figliuola, ballerina, si ritirò dal teatro per vestir l’abito religioso.
Morì a quarant’anni il 28 febbrajo del 1731, dopo di aver lasciato il teatro ; e fu sepolta l’indomani a San Lorenzo, sua Parrocchia.
Passato come secondo amoroso con Tommaso Salvini, ebbe la fortuna, per la insufficienza del primo attor giovine Bregaglia, di averne tutte le parti e di poter mostrare tutte le sue attitudini. […] Vale la pena ch’ io metta qui alcune parole che tolgo da una sua lettera, e che concernon l’andata in scena appunto della commedia Cossiana.
Fortunatamente ognuno è padrone di andarsene quando più gli aggrada ; ed invero questo è il solo mezzo che rimane, quando si è nauseati di vedere un pubblico, che fra le più volgari bassezze, dimentica interamente la sua dignità, fino al punto di far credere a chi non lo conosce, che esso non ha più nè buon senso, nè gusto, nè moralità, nè pudore. […] Dove il Cannelli poteva mostrar la sua vena satirica, era più specialmente a lavoro finito, quando s’intratteneva col pubblico invocante e reclamante l’ottava di prammatica.
Lasciò la Compagnia Sadowski per entrar in quella di Luigi Bellotti-Bon, dalla quale fu strappato per rammollimento cerebrale che dopo vario tempo di vita ebete lo spense a Milano sua patria, in una casa di salute, il 18 febbraio 1884, a ore 3 di mattina. […] La domenica 24 dicembre dell’ ’82, la Compagnia di Francesco Pasta chiuse il corso delle sue recite al Teatro Manzoni di Milano con una commovente solennità artistica a favore del povero Ceresa, al quale pervenner oltre duemila lire.
La sua valentia nel recitare era sì grande che propriamente incantava gli spettatori. […] Il Bartoli riferisce in sua lode il seguente sonetto caudato in lingua veneziana : Per la signora Diana bella ed eccellentissima Comica giunta in Reggio Zonta, che me xe sta la niova cara che in Rezo siè arivà, bella Diana xe corsa a sbatochiar la gran campana de Pindo la mia musa campanara.
Di questa il Bartoli dava nelle sue notizie speranza di ottima riuscita, unendo essa una perizia singolare a una rara bellezza.
Passò tutta la sua vita artistica in compagnia di suo marito ; e tanto e così fortemente volle, che salita audacemente al posto di prima attrice assoluta in una compagnia di gran conto da quello di semplice amorosina, seppe in breve tempo acquistarsi fama di brava artista accanto ai nomi della Pellandi, della Perotti, della Bazzi e della Goldoni, i più grandi astri del suo tempo.
Toltosi dal teatro e stabilitosi a Venezia, passò gli ultimi suoi anni nelle sale dell’Accademia, e tra’monumenti, che egli riproduceva con assai gusto, realizzando in parte il sogno di tutta la sua vita.
) si dice ch’ell’era una cara giovinetta, che tanto prometteva nell’arte, e di cui certamente sarebbe divenuta una sacerdotessa, se un importuno Giasone, non fosse venuto a spegnere il fuoco della sua ara, quando appunto tutto a lei sorrideva ; bellezza, talento, l’amore dei suoi parenti, dei suoi amici e le simpatie del pubblico.
Ferdinando I Duca di Parma, il quale ne faceva l’uso divoto di esporvi il Venerabile in certe pie funzioni, ch’ egli faceva celebrare nella sua Reale Cappella di Colorno.
In pieno il pubblico si mostrò di lui appagato, e donò alla sua buona volontà ed indefessa applicazione quei difetti, in cui cade per colpa in parte di una pronuncia non troppo invidiabile e di un limitato talento ».
Eugenio é un abate, il quale marita a uno sciocco chiamato Guglielmo una giovane ch’egli ama e fa passar per sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme et avec elle Je me couche le plus souvent, Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole. […] Giovanni Fletcher di lui contemporaneo contribuì ancora agli avanzamenti del teatro brittannico, e tra le sue favole passa per eccellente quella che intitolò Il Re non Re. […] i cui personaggi sono Coridone, Menalca, Melibeo Anabattista, Tefila sua moglie, Lutero, Brenzio, Zuinglio, Carlostad, Francesco monaco, Brigida religiosa, Satana, il Papa Pio IV, il cardinal Campegio, Ozio vescovo, Gesù-Cristo, San Paolo, San Pietro.
.), seppe serbare coll’ arte sua la bella rinomanza nella quale era salita come prima donna.
Beccarina…… Il Bertolotti a pag. 115 della sua Musica in Mantova, riporta un brano di lettera del Farnese da Piacenza al Duca di Mantova in data 12 aprile 1688, in cui ringrazia per la Beccarina gionta qua in tempo di portarsi a recitare nell’opera che dovrà farsi fra poco a Piacienza.
Le principali sue creazioni furon Ciniro nella Mirra, Ugo nella Pia de’ Tolomei, Mortimer nella Maria Stuarda, e Orfeo nella Medea.
Troviam prima un Bartolomeo citato dall’Andreini nella sua lettera del 1609 al Duca di Mantova da Torino (V. le lettere di comici italiani, pubblicate per le nozze Martini-Benzoni dal D’Ancona), che altri non dovrebb’essere che il Bongiovanni stesso, forse non ancora scritturato per le parti di Graziano ; forse Graziano a vicenda (un per le parti italiane, un per quelle dialettali) con Messer Aniello Soldano facente parte di quella compagnia, noto col nome teatrale di Dottor Spaccastrummolo napoletano.
Esordì con la Battaglia, come generico di niun conto, poscia, a dar pieno sfogo alla sua viva passione per l’arte, entrò in una compagnia di infimo ordine, ove s’innamorò della prima donna, giovinetta di qualche pregio, che sposò più tardi e col padre della quale formò compagnia.
La Casalini alienossi poi dall’arte, e vive anch’oggi, seguendo ne’suoi viaggi una figliuola ballerina, dall’onorate fatiche di cui ella ha pensato di poter in miglior modo passare il restante della sua vita. » Forse ell’è quella stessa che Goldoni trovò a Rimini il 1743, buonissima attrice, principale ornamento, insieme alla Bonaldi servetta, della compagnia che recitava allora in quella città.
Il servizio però non fu lungo, poichè la vediamo esordire nell’aprile del 1697 a Parigi alla Commedia italiana, un mese avanti la sua chiusura, nello Scenario : Spinette Lutin amoureux, in cui rappresentò cinque o sei personaggi con una verità sorprendente.
Egli conduceva la sua Compagnia « con buoni regolamenti – dice il Bartoli – vantaggiosi per se stesso e pe’suoi compagni.
Bianca Iggius, la più elegante forse delle nostre attrici, è anche fra le più innamorate dell’arte sua, nella quale mostra certe attitudini, specialmente per le parti comiche.
Era la prima donna della Compagnia di tal bellezza maravigliosa, che il Laurenziis se ne invaghì, corrisposto : e provò, pare, tutti i tormenti della gelosia pel pittore napolitano Domenico Brandi, il quale, affascinato dalle rare doti di lei, riuscì a entrar, con donativi da pazzo, nelle sue grazie.
Lucca di Venezia nel venturo carnevale in precio di mille ducati effettivi e casa finita, ha fatto ch'io mi impegni a servirli mentre m’ hano in tutto sodisfatta di quanto richiedevo ; onde mi dispiace n’ poter sortir fortuna di ricevere le sue gracie con Sig.
Nel '75, assieme al Turri Pantalone e all’Allori Valerio, fa istanza al Serenissimo di Mantova di appartenere alla sua compagnia : istanza che vediam poi accettata, dacchè in data 30 marzo scriveva da Venezia a un famigliare del Duca, avvertendolo di essersi abboccato con Valerio e di esser pronto a partire, secondo i comandi di S.
Fu attrice di molto pregio, e si deve forse alla sua mente scomposta, se non potè esser noverata fra le primissime del suo tempo, com’avrebbe meritato.
Restituitosi a Livorno il luglio del 1890 per l’aggravarsi della sua malattia di cuore, vi morì l’ 11 di ottobre, compianto da tutta l’arte.
Bergamo, Lancellotti, m. dcc lix) : Dimorava in quel tempo in Fossano una Compagnia di Comici assai faceti, capo de'quali era uno chiamato Toscano, che si tirava dietro un gran numero di sfaccendati, pure sonando un giorno, giusta l’ordine di Giovenale (Santo Prelato Giovenale Areina), la campanella, che dava il segno, che si principiavano gli esercizi dell’oratorio, restò solo co' suoi compagni abbandonandolo tutta l’udienza, con sua gran confusione e scorno, per andare ad udir Giovenale, che ragionava ; ciò che essendogli poi più d’una fiata succeduto, stimò meglio il ciarlone di mutar paese, e nel partirsi ebbe a dire : « In Fossano non vi è guadagno per esservi un altro Saltinpergamo.
Bartoli, per una particolare sua versatilità che gli permetteva di rappresentar degnamente caratteri disparatissimi.
Il '70, sollecitata dall’ agente Eugenio Lombardi, andò a sostituir la moglie di Alamanno Morelli, e con quell’anno chiuse per sempre la sua carriera artistica.
Occhi, fisionomia, mani, piedi, tutto parla nella sua persona. » Pare fosse qualcosa più di un semplice attore, dacchè aveva a Varsavia, per lui la moglie e il ballerino Vulcani, tre camere, fra le quali una grande per le prove.
Anchora che da Mantoua non habbia hauuto tal auiso nondimeno qua si dice ch' essendo uenuto capriccio al Duca di uedere una Comedia dai Gelosi che fosse tutta redicolosa et faceta, i recitanti lo seruirno con farne una ingieniosissima et ridicolosissima solo che tutti i recitanti erano gobbi della qual cosa Sua Altezza rise tanto, et tanto piacere se ne prese che niente più, finito il spasso, chiamo quei Principali comedianti et disse qual di loro era stato l’inuentore. […] E in uno degli Scenarj corsiniani, Terza del Tempo, lo vediam tenuto sulle spalle a braghe calate dallo Zanni, e frustato a nudo…. da Lidia sua moglie. […] Un imperio dove l’ huomo per la rason vien coguosuo della razza real ; e un corpo che per le sue alterazion o vicisitudini ne fa vegnir in cognizion delle sue infirmitae. […] A ben sostenere la parte di Pantalone nella commedia a soggetto, il Perucci dà questo insegnamento : Chi rappresenta questa parte ha da avere perfetta la lingua veneziana, con i suoi dialetti, proverbi e vocaboli, facendo la parte d’un vecchio cadente, ma che voglia affettare la vioventù ; può premeditarsi qualche cosa per dirla nell’occasioni ; cioè, persuasioni al figlio, consigli a' Regnanti o Principi, maledizioni, saluti alla donna che ama, ed altre cosuccie a suo arbitrio, avvertendo che cavi la risata a suo tempo con la sodezza e gravità, rappresentando una persona matura, che tanto si fa ridicola, in quanto dovendo esser persona d’autorità e d’esempio e di avvertimento agli altri, colto dall’amore, fa cose da fanciullo, potendo dirsi : puer centum annorum, e la sua avarizia propria de'vecchi, viene superata da un vizio maggiore, ch'è l’Amore, a persona attempata tanto sconvenevole ; onde ben disse colui : A chi in Amor s’invecchia, oltre ogni pena si convengono i Ceppi e la catena.
A lui niuno negherà l’aver saputo internarsi negli avvolgimenti tortuosi del Cuore Umano, e filosofare, e meditare, senza punto ammortire la forza sensitiva della natura; di che ha date varie pruove (non fredde riflessioni) e colla sua eloquenza che porta il fuoco da per tutto, e colla vaghissima Pastorale le Divin du Village. […] Ma come in questo articolo obbliare il tenero, il sensibile alle amicizie dalla sua verde età sino alla decrepitezza, l’immortale Metastasio? […] col numero degli anni sentirà ammortiti i suoi sensi e la sua fantasia, e si ravviserà già diventato indifferente agli oggetti, che quelli e questa riguardano; là dove la gioventù tutta senso e fantasia vivacissima, si attacca agli oggetti, che la solleticano con una sensibilità eminente. […] Ma con tutte le sue ottime Riflessioni fatte sulla Poetica in generale, egli intanto conchiude, che solo “Omero l’incoraggisce, e Virgilio lo riscalda, e gli altri Poeti lo assiderano, tanto sono essi per lui languidi e freddi”. […] Dico solo, che troppo vi è da spigolare nelle di lui bellissime Riflessioni, e che un cuore, che si è mostrato sì poco sensibile alle grazie, alle delicatezze, al calore, al patetico della maggior parte degli ottimi Poeti antichi, e moderni, poca impressione dovea fare nel vostro buon gusto, e non riscaldare il vostro zelo in sua difesa, perchè io dissi, che in quanto accennò delle Tragedie del Trissino, e del Tasso, dimostrò mancar di cuore per giudicarne drittamente.
Paolo Abriani nelle sue rime indirizza a’suoi meriti il seguente sonetto : « Tu sei così brillante e sollazzevole, Armellina gentil, che monna Urania ci vorrebbe a lodarti, o quella smania, che fa la poesia tanto aggradevole.
Morì a soli 20 anni in Pavia l’anno 1769 ; e la morte sua fu prima e forte cagione delle sciagure del padre, che non lo abbandonaron più mai. »
Prencipe Alessandro, il quale ha negata altra volta il Milanta Dottore richiestole per il medesimo effetto, habbia voluto adesso permettere che Capellino Pantalone lasci la sua Compagnia per andare in Francia, mentre hauendo l’A.
La sua figura gentile e una grazia singolare la rendono anch’essa degna delle pubbliche lodi, nè lasciano che gli oltraggi del tempo cagionino in lei quelle perdite, che pur troppo inseparabili sono dalla caducità di quei pregi, che tanto soglionsi stimare dagli uomini nel gentil sesso. » Così Francesco Bartoli.
Il Gueullette in una delle sue preziose note manoscritte allo Scenario del Biancolelli, dice che il Mezzettino del Riccoboni, che qui riproduco, è il ritratto di Anna Elisabetta Costantini.
E dice il Colomberti nelle sue note che la Compagnia del Lipparini, non mai primaria per celebri attori, non fu mai secondaria a nessun’altra per piacere al pubblico delle primarie città d’Italia.
Affetto da aneurisma nel collo, dovè, dice il Bartoli, abbandonar le scene del '65, e stabilirsi a Milano sua patria, dove morì del '68.
Nata il 1764 in Ancona da un garzone di sarto e da una rivendugliola di abiti vecchi, s’innamorò a vent’anni di un giovane della sua condizione, dal quale, abbandonata, fu per morirne.
Giuocatore espertissimo di bigliardo e di pallone, fu anche dedito a disordini non fatti per la sua complessione gracilissima ; talchè, prostrato dal male, si recò da Napoli a Bologna colla speranza di recuperar le antiche forze nella città natale : ma, le cure de' medici riuscite vane, dovè soccombere, ancor giovane, nel 1775.
Uscitane la Colomberti per darsi al canto, e non essendo la celebre Tessari più giovine, la Pieri la sostituì in tutte quelle parti convenienti alla sua età.
. – Fortunatamente non restò lungo tempo in quello stato di alterazione, e viveva ancora tranquillamente in Bologna nell’anno 1782 al tempo del Bartoli, il quale, alludendo alla sua separazione dal marito, di cui ella apprese con dolore la morte, le dedicò colla solita vena dozzinale il seguente epitaffio : Moglie fui per virtù di quel gran sì, che detto retroceder non si può.
… Che finalmente si possa identificare in questo Testa l’Aurelio conosciuto fin qui col solo nome di teatro, che il Bartoli dice fiorito verso il 1630, che il Belgrano trova il 1610 a Genova direttore di una accolta di nobili dilettanti, che il Martinelli cita in una sua lettera da Milano del 1620, e di cui il Bertolotti riferisce una lettera del 7 luglio 1621 da Napoli al Duca di Mantova, firmata « Aurelio fedele comico » (V.
.)) ; e cagione della sua morte fu appunto il saper sempre entrare profondamente in ogni parte ella rappresentasse.
Bartoli – « mostravasi tanto d’esser investito, che non poteasi desiderare in lui una miglior perfezione. » Il Bartoli cita anche una sua « Rappresentazione d’argomento spagnolo scritta in versi sciolti, intitolata : L'Usurpator d’Aragona ; che fu recitata replicatamente nel Teatro di San Gio.
Per dare un saggio della declamazione teatrale, e della melopea de’ Greci, fe recitare quella sua favola senza che se ne cantassero le parole. […] Elmotte volle imitare il Pigmalione colla sua scena lirica le Lagrime di Galatea, la quale lontana dal suo originale, non lasciò tal volta di commuovere. […] La sua musica di un’armonia sostenuta appartiene a Boïeldieu. […] La sua Chercheuse d’esprit, dice Palissot, si reputa la più ingegnosa opera buffa francese. […] Convenne indi far tacere l’uno e l’altro, finchè il solo Vaudeville forse per certa sua naturale insolenza rimase bandito e sacrificato per alquanti anni.
Questo abbominevole scellerato, il cui carattere così ben espresso avrebbe dovuto far fremere sopra loro stessi tutti quelli, che hanno la disgrazia di rassomigliargli, parve un carattere affatto mancato; e le sue nere perfidie passarono per galanterie, imperciocchè tale che tenevasi per molto onesto uomo, vi si ritrovava tratto per tratto. […] Sua moglie, la sig.
La supplico adunque con ogni humiltà e col maggior affetto ch’ io posso, che per sua benignità si degni concedermi licenza di poter venire a Mantova con una compagnia di Comici a recitar comedie, assicurandola che la Compagnia è tale, che merita esser favorita da V. […] Ser. di questa gratia, et perchè son certo che secondo la sua solita benignità è per concedermi questa licenza, non glie ne farò maggior istantia, ma supplicandola a tenermi per quel vero servitore che sempre le sono stato e le sono, le faccio humiliss.ª reverentia, et prego il Sig.
Nel novembre del 1685 sposò a Fontainebleau Pietro Lenoir de la Thorillière, egregio comico del Re, della Compagnia francese, e continuò a recitar le servette alla Commedia Italiana sino all’epoca della sua chiusura che fu il 1697. […] Trascelgo dall’Arlecchino Proteo, nel quale la Caterina Biancolelli esordì colla sorella Francesca, e il quale suggerì al signor Devizé l’articolo del Mercurio di Francia, che s’è visto al nome di Francesca, la scena dell’incendio che precede la parodia di Berenice, originalissima nella sua mescolanza delle due lingue. […] Il Watteau, uno de’ più geniali illustratori della Commedia italiana, del quale verrò riproducendo le principali opere, ci ha dato il costume dell’ Arlecchina in una delle sue incomparabili acque-forti (pag. 441) : e ce lo ha dato Geremia Wachsmuth col suo Inverno (pag. 439), nel quale, come si vede, figurano, a lato di Arlecchina, il Dottore, Scaramuccia, e altri tipi del nostro antico teatro.
Recitava la sua Compagnia nel 1836 al Teatro Nota di Lucca.
Carlo stabilì la censura per le bozzature delle commedie, su poche delle quali però appose la sua firma, perchè, pei molti affari di quell’ uffizio, fece tralasciar l’ordine, fidando nella parola dei comici, i quali giurarono che non sarebbero stati gli altri soggetti meno honesti de i riveduti.
Fu ne’primi tempi dell’arte sua di pessima condotta.
Figlia della precedente, ebbe dalla madre sua una educazione non comune : addestratasi nell’arte comica, del ballo e del canto, sapeva già, nel 1782 se ben giovanissima, farsi molto ammirare dal pubblico.
Era nel 1782 con Giuseppe Lapy, e il Bartoli ha parole di molta lode per codesta attrice che all’inizio della sua carriera dava sì belle speranze di sè, avendo sortito dalla natura una bella e grata voce, e un portamento maestoso e gentile a un tempo, alle quali doti accoppiava lo studio indefesso, e una instancabile volontà.
Domenico Ottonelli nella sua Cristiana moderazione del Teatro.
Tenti Florante ogni lusinga e frode, per oscurar della gran Donna il nome, che ancor cattiva ha la sua gloria a core.
Per quel che narra Suetonio l’Imperador Claudio fe recitare nel certame Napolitano una sua commedia Greca per onorare il soprallodato Germanico suo fratello. […] Racine che l’ha presso che interamente copiata nella sua Fedra, ne ha renduta meno vivace l’introduzione. […] Il dolore, i rimorsi, le furie della madrigna, la funesta sua risoluzione di seguire Ippolito, tutto è con vigore espresso. […] Querelasi Ecuba nobilmente de’ mali della patria e della sua famiglia nell’atto primo, mal grado di quel falso pensiero, Priamus flammâ indiget ardente Trojâ. […] Nel frammento dell’atto secondo Edipo comparisce un mentecatto, perchè pregato a interporre la sua autorità fra i due fratelli, egli al contrario fulmina contro di loro varie maledizioni.
Pasquale Almirante, noto per la sue ottime qualità d’onest’uomo, morì compianto da tutti a Sant’Angelo di Sicilia nel 1863.
Il Bertolotti nell’opera sua « Musici alla Corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo xv al xviii » (Milano, Ricordi), così lo cita : « 1592, 1 gennaio.
– Passaporto al comico Giuseppe Bresciani detto il Ferrarese, che colla sua compagnia, loro armi etc. di misura, robbe ed arnesi passa da questa Città all’ Imperiale di Vienna ed altre di Germania per distribuirne de’ suoi medicamenti.
Di principj ultra liberali (il sangue del padre, terribile e fanatico giacobino, circolava nelle sue vene), nella fatal giornata del 15 maggio 1848 a Napoli egli era su le barricate co’ due figliuoli.
Morto il Re Carlo, passò con la Compagnia a Palermo, dove un frequentatore assiduo di casa, conosciute le sue non poche ricchezze, ed entrato una sera per la finestra, mentre tutti erano in teatro, gli rubò quanto più potè.
Oggi, padre di quattro figliuoli, ha dovuto assumere l’ufficio di amministratore in Compagnia di sua cugina Italia Vitaliani.
xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
Filippo Foscari, dato un ultimo sguardo al Palazzo magnifico, dal quale, lui tuttavia padrone, Vittorio Emanuele assisteva alle Regate, domandò alla scena un qualche sollievo all’angoscia sua ; e l’arte lo accolse pietosa, e Filippo Foscari doventò di punto in bianco un buon mamo, sotto le spoglie di giacometto, la maschera inventata da Luigi Duse, poi un mediocre caratterista.
Nel seguito lodasi, a detta del Bartoli, « la sua bellezza come cosa rara, e specialmente i suoi capelli sono infinitamente encomiati. » (V.
Lasciata poi la milizia per l’arte della scena, si scritturò quale amoroso dando subito prova di certa riuscita, mercè le sue doti fisiche e intellettuali che mostrava con ugual successo e nel premeditato e nell’improvviso.
Serenità non puo più aggiutare la sua famiglia, la quale è in necesita grandissima, io mi spiace non potere solo che in cosa minima soleuarli : V.
Cedè, il 1826, il ruolo di prima donna a sua figlia Amalia, passando essa a quello di madre nobile, sino al '34, anno della morte di Pieri, dopo il quale scritturò le figliuole Amalia e Luigia a' Fiorentini di Napoli, e il’35 andò a viver con esse fuor dal teatro.
, figlio di Giovanni, artista drammatico, fu così grande promessa artistica nella sua infanzia, che lo stesso De Marini si vuole ne avesse invidia.
In esso il Preda rappresentò la sua parte in dialetto, al fine di riuscir più efficace e acquistar popolarità ; e tale n’ebbe successo, che, abbandonate le fisime del coturno, si diede alla maschera del Meneghino, ammodernizzandone costume e repertorio, e diventando in breve non indegno successore del celebre Moncalvo.
. – Una sua sorella, Giulia, moglie di Leopoldo Orlandini, prima, poi di Giacomo Brizzi, ebbe dal suo primo marito i figliuoli Leo e Giulio, e fu con Ernesto Rossi dal 1863 al 1884 in qualità di seconda donna pregiata.
Il 1572 era capo di una Compagnia italiana in Francia, e Carlo IX, messosi a un regime per venti giorni, ordinò a' comici italiani di recarsi da Parigi a Blois ov'era la Corte, per divertire Sua Maestà durante il suo periodo di dieta ; e per rimborso di spese di viaggio e per onorario delle rappresentazioni (Comédies et plaisants jeux) ordinò in data 2 marzo 1572 a Claudio Marcello, proposto de' mercanti della città di Parigi, di pagare a esso Soldino e agli altri comici italiani lire tornesi 135, da dividersi tra loro in parti eguali, e di cui non doveva esser fatto cenno ne' registri delle spese (V.
Il dottor Paglicci-Brozzi pubblicò (Scena ill.ª del 15 ottobre 1890) una Supplicatione di lui al marchese d’Ayamonte don Antonio de Guzman governatore per Sua Maestà Cattolica in Italia, in data 25 di giugno 1574, la quale comincia : « Alli giorni passati essendo a Cremona la Compagnia dei Comici Confidenti, et fra loro il fidelissimo servo di V.
Sposò il 30 luglio '42 l’attore della Comedia italiana, Dehesse (il suo vero nome, dice una nota manoscritta del Gueullette, era Hesse), olandese, figlio di francesi, dopo cinque anni almeno di contrasti penosi, cagionati da certa Maria Maddalena Hamon, la quale, vissuta lungo tempo con lui, e presentata a più persone come sua moglie, pretendendone i diritti legali, si opponeva al matrimonio.
Annunciava, secondo l’uso, la sua entrata in scena con qualche parola : va bene, va bene, ecc. ecc. […] Con questa lettera obbligatoria in via commerciale da valere come un rogito del notaro dottor Bellini, rinunzio per me ed eredi, in favore dell’egregio artista Amilcare Belotti, ad ogni e qualunque direzione di dilettanti drammatici, nata e nascitura nell’ Orbe terraqueo illuminato dal sole e dalla luna ; assoggettandomi in caso di mancanza alla mia obbligazione, a rifondere il valsente delle penali pagate e da pagarsi dal capocomico Domeniconi, più i danari spesi e da spendersi dal sullodato capocomico in viaggi d’andare e venire colla sua nomade Compagnia.
Nonnio, Prisciano, Carisio, Festo e Macrobio, hanno conservati i nomi di moltissime sue favole. […] L’eroe, il filosofo Trasea Peto, nel quale, al dir di Tacito, volle Nerone estinguere la virtù stessa, in Padova sua patria cantò vestito da tragedo ne’ Giuochi Cestici istituiti dal Trojano Antenored. […] Andò questo mimo cavaliere dopo la rappresentazione a prender luogo tra gli altri della sua classe, e si abbattè in Cicerone, il quale mostrandosi imbarazzato diceva non potergliene dar molto a cagione della gran folla che vi era, alludendo al gran numero di senatori e cavalieri creati da Cesare. […] Di questo liberto sono a noi pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e l’eleganza che vi si ammira ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] E in quale altra guerra avrebbe fatte le sue prodezze un imperadore che si gloriava di esser contato tra’ musici ed istrioni?
Nonnio, Prisciano, Carisio, Festo e Macrobio, hanno conservati i nomi di moltissime sue favole. […] L’eroe, il filosofo Trasea Peto, nel quale, al dir di Tacito, Nerone volle estinguere la virtù stessa, in Padova sua patria cantò vestito da tragedo ne’ giuochi Cestici istituiti dal Trojano Antenore139. […] Andò questo mimo cavaliere dopo la rappresentazione a prender luogo tra gli altri della sua classe, e si abbattè in Cicerone, il quale mostrandosi imbarazzato diceva non potergliene dar molto, a cagione della gran folla che vi era, alludendo al gran numero di senatori e cavalieri creati da Cesare. […] Di questo liberto ci sono pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e la di loro eleganza ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Non est de tetricis, non est de magna professis; Vult sua plebejo sacra patere choro.
Egli ha segnate con ciò le vie tutte che ha da tenere; non può metter piede in fallo quanto alle differenti inflessioni e durate delle voci sopra le parole della parte sua; che a lui esattamente le prescrive il compositore. […] Oltre il gesto, che è tutto proprio dell’attore, certe sospensioni, certe piccole pause, il calcar più in un luogo che in un altro già non si possono scrivere; dipendono in tutto anch’esse dalla intelligenza sua propria. […] Lo studio delle maggiori difficoltà della musica dee senza dubbio farsi anch’esso da’ giovani cantori, perché la voce divenga in ogni occasione ubbidiente, perché si dirompa a far quello che pare al di là di sua portata, che pare infattibile. […] E se una melodia espressiva accompagnata da strumenti convenevoli avesse per base una bella poesia, e fosse dal cantore eseguita senza affettazione e animata con un gesto decente e nobile, la musica avria potere di accendere a voglia sua e di calmare le passioni; e si vedrebbe ai dì presenti rinnovare forse anche tra noi quegli medesimi effetti che cagionava anticamente, perché accompagnata appunto e fortificata dai medesimi sussidi della espressione, del conveniente accompagnamento, della energia dei versi, dell’azione e dell’arte del cantore.
Sacontala è una principessa allevata da un Eremita in un boschetto sacro, la quale dovendo andare a nozze nella corte di un re, prende congedo dall’Eremita chiamato Cano, dalle pastorelle sue compagne, ed anche da un arbuscello, da una gazella e da un caprio. […] Deh Padre mio, poichè questa cara gazella, che ora pel peso che porta nel ventre, cammina con tanta pena, avrà partorito, ti prego di mandarmene il dolce avviso, e di farmi sapere lo stato di sua salute; nol dimenticare» «Can. […] E il tuo figlio adottivo, il cavriuolo, che feritosi nella bocca colle acute punte del cusa, venne da te curato stropicciandovi l’olio salutare del l’incudi; non vuole abbandonare la sua liberatrice» «Sac. […] Io rimandai al prelodato Catanti le sue commedie Cinesi.
Invita a leggere l’episodio di Jante ed Alcasto dell’atto I, in cui si spiega l’origine della festa di Arcadia: curioso è quello dell’atto III degli amori di Logisto colla Maga che gli donò l’arco incantato: patetico l’equivoco preso da Alcippo nel IV atto, pensando di aver trafitta la sua Meganira nel provar l’arco. […] Montano obbliga Alcippo a parlare in sua difesa; egli con candidezza manifesta l’innocente suo disegno di acquistar la benevolenza di lei per poi scoprirsi ed ottenerla in consorte. Commuove il suo semplice appassionato racconto; tutti intercedono per lui, ed ottiene il perdono e la sua bella Clori. […] L’una s’intitola Procri che dal canonico Negri guastallese si pose per appendice alla sua Istoria di Guastalla.
Interessante è l’ episodio di Jante ed Alcasto dell’atto I, in cui si spiega l’origine della festa di Arcadia: curioso quello dell’atto III degli amori di Logisto colla Maga che gli donò l’arco incantato: e patetico l’equivoco preso da Alcippo nel IV atto, pensando aver trafitta la sua Meganira nel provar l’arco. […] Montano obbliga Alcippo a parlare in sua difesa; egli con candidezza manifesta l’innocente suo disegno di acquistar la di lei benevolenza, per poi scoprirsi ed ottenerla in consorte. Commuove il suo semplice appassionato racconto; tutti intercedono per lui, ed ottiene il perdono e la sua bella Clori. […] L’una s’intitola Procri, che dal canonico Negri Guastallese si pose per appendice alla sua storia di Guastalla.
Ma il Bentivogli non diè troppo peso alle promesse dell’ Andreazzo, e chiuse la sua lettera al Donati, in cui dava relazione delle trattative per la scrittura dell’ Andreazzo, con queste parole : « Sappia bene V.
Passata a seconde nozze col celebre attore e autore Francesco Augusto Bon, che la sposò per procura, trovandosi egli allora in compagnia Perotti, diventò la migliore interprete dell’opere sue, vuoi comiche, vuoi drammatiche, serbando intatta la fama che s’era prima acquistata.
Comico di Sua Altezza serenissima il Duca di Modena recitava le parti di amoroso, come ci apprende la seguente lettera di non lieve interesse del comico Lolli (Dottore Brentino), che traggo dall’Archivio di Stato di Modena : Carissimo Sig.
ripubblicato poi e restituito alla sua vera lezione dallo Spinelli ne’ Fogli sparsi del Goldoni.
Mortogli il padre, si restituì nella città natale, ove, ad acquetar l’anima sua, volle compier la volontà dell’estinto, vestendo l’abito sacerdotale, e celebrando la prima messa del 1806.
Vissuta a poco più di sedici anni in un fasto, ch’ella accettò da famiglia non sua, entrò a vent’ anni circa e nel 1876, in Compagnia di Alamanno Morelli prima attrice giovane, facendovi le migliori prove sotto l’insegnamento di Adelaide Tessero.
Formò poi compagnia per far salire al grado di prima donna assoluta sua moglie Giovanna, avvenente e pregevole prima amorosa ; e dopo dodici anni di capocomicato, or fortunato or disastroso, si scritturò per un triennio in Compagnia Perotti, poi, il 1820, coi figli Luigi e Adelaide (Luigi, sposatosi alla figlia del capocomico Cavicchi, abbandonato dalla moglie, ridotto alla più squallida miseria, si suicidò, avvelenandosi, verso il 1828), in quella di Velli e Mascherpa, nella quale cessò di vivere la primavera del 1823.
Stanchi i bavaresi della Compagnia tedesca capitanata dal Treu, e desiderosa forse la stessa Adelaide di Savoia, riandando la sua giovinezza e i godimenti provati alla rappresentazione del Cid di Corneille, di riviver quell’ore di esaltazione dello spirito, risolse di chiamare a sè una buona Compagnia francese, che si recò a Monaco l’estate del 1671, condotta da Filippo Millots, e vi rimase fino alla morte della principessa elettorale.
E mercè la direzione di tanto maestro e la volontà e l’intelligenza sua, egli salirà certo in maggior fama, avendo già dato prova di un prospero avvenire con le felici rappresentazioni di alcuni personaggi, tra cui primo quello del protagonista in La satira e Parini di Paolo Ferrari.
Dal libretto della Scena Illustrata Francesco Bartoli riferisce : « Comica che recitava la parte della serva in età avanzata in un carattere grave e prudente, all’ opposto di Fiammetta sua compagna, nella unione de' Comici affezionati.
Tornò a recitare in Provincia ; e finalmente, accasciato dai malanni, fe'l’ultimo ritorno a Parigi verso il 1725, trascinandovi una vita di languore e di stento, fino al 9 marzo 1731, giorno della sua morte.
Naturalmente i pregi della donna soverchiano ancora quelli dell’artista ; ma la promessa c’è davvero, e chiara ; e perseverando nello studio, nella tenacità di propositi, nell’amore all’arte, poichè ella è una delle più innamorate dell’arte sua, la signorina Severi arriverà certo ad attenuare una cotale ineguaglianza di recitazione, prodotta forse da mancanza assoluta di guida artistica.
Ma quivi la non si potè mantenere, come è ben naturale a pensare, col tanto apparato e splendore che tratti avea dall’origin sua. […] Tale è per esempio nel teatro francese il ballo dei pastori che celebrano le nozze di Medoro e di Angelica, e fanno venire Orlando, che in essi si abbatte, in cognizione dell’estrema sua miseria. […] [1.5] Contro a tali inconvenienti non potrà il poeta far riparo se non collo scegliere il soggetto della sua favola con discrezione grandissima.
Tali sono i rottami delle sue Mura formate di grandi pietre squadrate levigate e connesse all’usanza de’ Toscani imitati poscia da’ Romani. […] Ad imitazione degli Etruschi aggiunse Romolo il pomerio alla sua cittàb. […] Passeri, favella parimente il già mancato mio amico Giovanni Cristofaro Amaduzzi nella seconda sua edizione dell’Alfabeto Etrusco premesso al Tomo III Pictur.
E tale e tanta la sua spontaneità, che il tipo così fortemente e profondamente studiato, non solo come attore, ma come autore, è, quasi ogni sera, nelle parole, nella voce, nei gesti, non già nell’essenza, rinnovato dal soffio potente e immediato dell’arte. […] di lui, che non ha capito un’acca, è una graziosa trovata ; quando la prima donna, ormai sulla quarantina, dice al Maester Pastizza di aver ventun anno, quel io ne ho dodici di lui è una graziosa trovata ; quando, detto al servitore di togliersi di testa il cappello, el sur Pedrin si sente rispondere : « ma anche lei ha il cappello in capo, » quella sua replica : « ma io sono il padrone, ignorante vigliacco » è una graziosa trovata ;…. […] Sommo all’inizio della sua carriera, si è serbato sommo sino a oggi, percorrendo l’Italia, attore, autore e capocomico.
Agocchi Giovan Paolo, o Gioanpaulo dalli Agochij, detto Dottor Gratiano Scarpazon : così egli si sottoscrive in una lettera indirizzata da Roma al Duca di Mantova il dì 13 di novembre 1593, nella quale egli racconta come, perseguitato da un parente, fosse stato, senz’essere esaminato, due anni in prigione, poi lasciato in libertà, per la qual cosa si raccomanda al Duca di mandargli, o fargli avere qualche soccorso di danaro, acciò possa partire da Roma e fermarsi alcun po’a Bologna sua patria, per poi, di là, recarsi a Mantova a spasso a S.
Toltala il Monti, artista, dalla casa paterna, l’avviò alle scene, in cui diè prove subito delle sue grandi attitudini al teatro.
Morto il Campioni, ella entrò col marito nella Compagnia di Pietro Rossi, dove, al fianco dell’amoroso Leopoldo Maria Scherli, potè mostrare tutta la sua valentìa.
I tre superstiti. sono : Amelia, egregia attrice al principio della sua vita artistica in compagnie napoletane, e di Napoli più specialmente, poi bella e brava seconda donna in Compagnie nostre di maggior conto, quali di Marchi-Ciotti-Lavaggi, di Tommaso Salvini, di Sterni, di Alessandro Salvini, ecc., sposatasi a Corrado Di Lorenzo, n’ ebbe tre figliuoli, di cui seconda la Tina (V.) che ha saputo coll’ arte, accoppiata alla leggiadria, salire in gran rinomanza ; Adolfo, egregio artista per le parti di primo attor giovine e di primo attore, appartenne sempre a compagnie di buon nome, e sposò l’attrice Pia Pezzini ; Pia, si ritirò per malattia dall’ arte, e si recò in Roma col marito Icilio Brunetti (V.).
) che, affidatogli il Paolo nella Francesca da Rimini del Pellico, la bella sua voce che era tanto unisona a quella della Marchionni, vi produceva un mirabile effetto.
Dopo un solo triennio si ritirò in una sua villa, presso Cremona, ove morì nel 1817.
In tuttociò è probabilmente una grande fantasticheria del Bartoli, dacchè un tal Nardo Ferrasani esistesse davvero semplice servitore, il quale per la sua balordaggine passò in proverbio ; e solevasi dire in Palermo : Stupido come Nardo Ferrasano !
Fiorillo), e soprattutto di volersene fuggire, come fece poi, ora che avea fatto bottino ; e faceva istanza, conforme i desiderj di Sua Maestà, di restare a Parigi un anno ancora…. istanza, che fu accolta favorevolmente, rimanendo allora alla testa della compagnia Giovanni Battista Andreini.
Abbandonato il padrone, il Paderna si diede a girar l’Italia or con l’una, or con l’altra compagnia di comici, rappresentando sempre la sua parte dialettale di secondo vecchio.
Morto improvvisamente il primo attore della Compagnia Battaglia (annegò nel Po con altri comici, mentre si recava da Pavia a Piacenza), il Patella andò a sostituirlo ; e, trovatosi in un campo adatto alle sue eccellenti qualità artistiche, potè ne'primi teatri d’Italia ottener successi clamorosi, confermati poi nel San Giovan Grisostomo di Venezia, dove, esordito col dramma di Monvel Clementina e Dorigny, tanto vi piacque, che la veneta aristocrazia disertò gli altri teatri per recarsi ogni sera a sentir lui, il quale, dopo alcune sere, nella creazione dell’Aristodemo di Monti e di Nerone nell’Agrippina di Pindemonte raggiunse il sommo del trionfo.
Ritornò la quaresima in Italia, e fu per un anno in Compagnia Rossi, passando poi nella sua prima del Medebach.
E l’ombra intanto io vidi i stigj laghi Varcar più lieta, e girne al bel soggiorno Quasi sull’opre sue tutta s’appaghi.
Poi sue luci tornar chiare e serene, ed al comico riso e ai dolci accenti tutte starsi vedea le accolte genti di maraviglia e di piacer ripiene.
Nata l’Amalia Borisi in tale ambiente…. di ristrettezze, non appena fu utilizzabile, naturalmente, recò anch’ essa la sua parte di aiuto alla Compagnia, recitando a tre anni, per la prima volta, nel Vagabondo e la sua famiglia di Augusto Bon, e declamando poi poesie, col profitto delle quali potè una volta a piccole tappe compiere col padre suo, che improvvisava pe’ caffè qualche scena di arlecchino, un viaggio in Isvizzera.
Dopo che Fiammella ha promesso a Titïro, se cessi dalla sua crudeltà, un vaso per attinger acqua, fatto d’un teschio d’un uccello, ch'in aria si nutrisce di rapina, ………… e n’è intagliato con sottil lavoro tutt’all’intorno d’ogni sorte uccelli, ………… Ardelia dice : E tu, Titiro mio, se mi compiaci, ti vo' donar una bella ghirlanda da verginelle mani ben contesta di Rose, di Ligustri, e d’Amaranti, con molte foglie d’Ellera e d’alloro, nelle quali son scritte le mie pene, e come fui per te d’amor trafitta, con fregi che circondano le foglie ch'in esse si comprendono il trionfo del faretrato Dio, e di sua madre.
Fin dalla prima redazione tuttavia Algarotti, nonostante il carattere apparentemente discorsivo dello scritto, è ben consapevole di intervenire in un dibattito che attraversa tutto il XVIII secolo, sullo statuto dello spettacolo operistico e sulla sua collocazione nella gerarchia dei generi letterari. […] Coltellini è a sua volta un librettista e quindi particolarmente motivato nella pubblicazione dello scritto algarottiano, questa volta non più dedicato al sovrintendente del teatro di Berlino, ma all’uomo politico inglese William Pitt, italianizzato in Guglielmo Pitt. […] Per ottenere questo scopo Algarotti raffina la sua scrittura, inserisce esempi e dettagli e nella redazione ulteriore del 1764, quasi uguale a quella precedente, correda il testo con un apparato di note d’autore più sviluppato. […] L’edizione qui riprodotta è l’ultima curata da Algarotti per il tomo II dell’edizione completa delle sue opere approntata dal libraio livornese Marco Coltellini, alla quale Algarotti collaborò solo per i primi tre tomi prima di morire. […] Il marito frattanto (perché fra il Popolone de’ pigmeiha scroccato fama di savant come l’Algarotti e il ***) gemmando il suo pretto favellare toscano di mille frasi francesi, magnificava il prezzo di quelle inezie, e il buon gusto della sua sposa.»
Nel carnevale 1832-33 lo troviamo generico della Compagnia Pisenti e Solmi, insieme a sua moglie, Amalia Appelli, artista di pochissimo conto, e che recitò poi qualche volta anche ai Fiorentini di Napoli con Adamo Alberti e Pietro Monti, quando il marito fu accettato come sorvegliante alla porta di quel teatro in Compagnia Prepiani, Tessari, Visetti.
Università, e riuniti alcuni dilettanti rappresentò tre sue commedie, l’Otello, Il Precettore, e Il vampiro per prova.
Passò il ’64 in Compagnia Arcelli, con Alessandro Salvini primo attore ed Emilia Arcelli prima donna ; e fu in quell’anno che al Corea di Roma nella Preghiera de’Naufraghi, una comparsa, investendosi troppo della sua parte, gli sparò a bruciapelo una fucilata nel petto, fratturandogli due costole.
Così ne riferiva il Robinet nella sua lettera in versi del 5 gennaio ’75 : Il faut bien dire aussi deux mots, d’arlequin Berger de Lemnos.
Sentito recitare il Ferravilla, s’innamorò siffattamente di quell’arte finissima e varia, che desiderò di entrare in sua Compagnia.
Egli soleva tra il penultimo e l’ ultimo atto della rappresentazione invitare il pubblico, secondo il costume, alla recita del domani : e tale e tanta era la grazia delle sue parole, tanta la varietà ed elevatezza dei concetti, e tale ancora la dovizia delle trovate, che molti degli abbonati recavansi a teatro in quell’ ora solamente.
Paolo Abriani nella prima parte delle sue rime, recitando essa Lo Spirito Folletto, dettò il seguente SONETTO Spirto sei finto, e con veraci incanti stilli ne' sensi altrui gioje e dolori.
Salvatore sua parrocchia, ove fu sepolto il dì seguente, per la cristiana, davvero esemplare, rassegnazione colla quale sopportò il male e passò alla nuova vita.
Da padre filodrammatico e avvocato, nacque a Pisa il 1840 circa ; e datosi con l’esempio paterno agli studi legali e del teatro, diventò in breve alla sua volta avvocato e filodrammatico.
Il Goldoni, a proposito dell’arte sua, dice che eccettuata qualche caricatura sosteneva benissimo l’impiego di Cameriera ; ma, avverte saviamente il Löhner, egli la « giudica un po'severamente, forse perchè era cresciuta nelle tradizioni un poco sgangherate delle farse “à Canevas” d’allora. » Sposò il 9 gennajo 1739 in prime nozze il bravo dottore Rodrigo Lombardi (V.), dal quale s’ebbe più figli, tra cui Benedetto e Rosa, di cui è parola al nome di Lombardi ; e dieci anni dopo Atanasio Zanoni, celebratissimo brighella, da cui si ebbe due figli, Teresa e Idelfonso (V.).
Costantini Pietro, detto el Putin, a cagione della sua piccola statura, era figlio di un suggeritore non maggiore di lui nella persona.
Si fermò a Chioggia, ove trasse agiatamente gli ultimi anni della sua vita.
Ma toltosi dalle principali compagnie, la sua rinomanza si arrestò come d’un tratto, ed egli dovette contentarsi di percorrere con compagnie modeste, per quanto decorose, i teatri di minor conto.
Fu, come sua moglie Orsola Astori (V.), scritturato per cantar negl’intermezzi, ma poi cominciò col sostenere in commedia parti di poca importanza.
È questo, senza dubbio, il più gran momento della sua vita artistica : momento fuggevole, pur troppo, chè, ammalatosi il Leigheb, la Compagnia si sciolse, e Tovagliari formò società con Enrico Reinach e con poca fortuna.
Fratello della precedente, nacque a Parigi il 2 maggio del 1728, e fu tenuto al fonte battesimale l’ 8 dello stesso mese da Francesco Gioacchino Potier, Duca di Gesvres, Pari di Francia e Primo Gentiluomo di Camera del Re, e da Renata di Romilly, Duchessa di Cheures ; rappresentati l’uno da Michele La Caille de La Tour, suo scudiere, l’altra da una sua damigella Anna Cordier.
Alle sue insistenti premure deve Livorno il sorgere e il fiorire del Politeama di cui fu col fratello Salvatore dirigente attivo e appassionato.
Oggi, ancor giovine, vive col marito in Livorno, ritirata dalle scene, lieta di potere di quando in quando offrir l’opera sua d’artista in pro di qualche sciagura.
Scritturato il ’90 qual primo attor giovine col Favi, potè, sostituendo il primo attore Rosaspina ammalato, mostrar tutte le sue egregie qualità di artista.
E il padre Ottonelli nella sua Cristiana moderazione del Teatro, riferisce al proposito del gran conto in che eran tenuti i comici da Principi e da Re e da nobili in genere, come il Chiesa gli dicesse un giorno in Firenze : « Io ebbi in Francia il mio primo figliuolo, e fu tenuto a battesimo dal Duca N.
Al gratioso suo girar dei lumi, languiscon l’alme e van le grazie ancelle, apprendendo da lei leggi e costumi ; A le mutanze sue leggiadre e belle sian palchi i cieli e spettatori i Numi e per lampade e faci ardan le stelle.
Questa brava Attrice conservava nella sua età avanzata un resto di quella bellezza, che la rese amabile ne’ suoi begli anni, e che meritò le attenzioni dell’ Imperator Giuseppe.
Dopo una infinità di peripezie dolorose, il piccolo Alfredo riuscì a tornare nella città nativa, in cui, col soccorso di uno zio materno, si dedicò se ben disordinatamente agli studj, balzando dalle tecniche al ginnasio, dalla medicina alle lettere, e abbandonando poi scartafacci di formule e ricette e poesie per l’arte drammatica, la quale cominciò a esercitare per affettuosa devozione verso il padre capocomico, cui eran mancati di punto in bianco e suggeritore e attori ; e alla quale diede poi, avuti i primi successi, tutta l’anima sua.
Giunto all’età di trentun anni, egli forse non sa ancor bene qual sia la sua strada.
Vivo, s’acquistò con la sua operosità e integrità, l’amore dei compagni, le lodi del pubblico e della critica ; morto, ebbe tributo di lagrime da quanti lo conobbero.
Le sue note biografiche son presto scritte : fu prima attrice giovane con Pietriboni e con Bellotti, poi prima attrice con Emanuel, in Compagnia Nazionale, e con Cesare Rossi.
) : Nel 1662 era a Napoli, tra i comedianti lombardi, ano chiamato Zaccagnino, che recitava da Zanni, « qual godeva una donna chiamata Lavinia, similmente comediante e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’ è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza, e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, et altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
Il di lei spirito, le grazie, la civetteria decente e gastigata, una profonda conoscenza del carattere della sua parte, e tutto ciò unito ad una figura non alta ma proporzionata perfettamente, congiunta ad un bel volto adorno da due occhi nerissimi pieni di malizia, e ad una voce, benchè un poco nasale, gratissima all’orecchio : tutte queste belle doti la rendevano la favorita del Pubblico.
Altre due lettere (entrambe dell’archivio Rasi) si hanno di lui : una da Venezia del 2 dicembre 1673, non sappiam bene a chi diretta, nella quale sono i ringraziamenti per l’avuta parte intera, e le assicurazioni della concordia completa della compagnia ; e l’altra da Bologna del 4 aprile 1679 appena decifrabile, nella quale domanda una lettera di raccomandazione pel Cavaliere Bartolomeo Longhi a Genova, a favore di sua moglie, comare della persona sconosciuta, a cui è indirizzata la lettera.
Dopo di aver fatto parte di molte Compagnie di giro, si fermò il 1774 con quella di Lapy al Sant’Angelo di Venezia, ove recitò La pazza per amore, sua particolar fatica, in cui oltre al rappresentar vari personaggi, cantava ariette musicali non senza grazia.
Dopo di aver recitato co' dilettanti della città, si diede al teatro, esordendo primo innamorato con Fedele Venini, e passando poi con Francesco Paganini, col quale ebbe campo di mostrare le sue ottime qualità di artista, specialmente per le parti di genere serio.
Fu direttore di una Scuola di declamazione, creata a posta per lui nella sua terra natale, ove morì il 17 di novembre del '91, compianto da tutti.
Sono lieto di mettere qui il nome di Giuseppe Strini, mio caro compagno del tempo della Sadowsky (1873), il quale ebbe a sostenere dure lotte in arte, per la figura e soprattutto per il volto, poco in armonia col suo ruolo di amoroso ; dalle quali uscì vittorioso con la rara correttezza della sua dizione.
Cominciò a recitar giovinetto, e abbandonata la famiglia, percorse l’Italia in compagnie secondarie ora scritturato, ora socio, cominciando la sua vita artistica propriamente detta, nella Reale Compagnia Sarda, in cui apparve il 1836 in qualità di tiranno tragico e famigliare, e in cui restò fino al disciogliersi di essa.
Figlio di parenti facoltosi, che vedevano in lui un futuro letterato, dovè interrompere gli studj, giunto a filosofia, còlto da una passione, per la quale fu costretto a fuggire, lasciando la sua in lite con la famiglia della…. fanciulla : lite che cessò coll’isborso da parte di quella, di alcun migliajo di scudi.
L'ultima sera del carnovale 1754, la Torri recitò un addio, di cui ecco alcune strofe allusive all’abbandono del Sacco e al suo mancato impegno : Chi di sorte il cieco dono amò più del suo decoro loro infuse l’abbandono per saziar sua fame d’oro, e noi pochi, e senza lena, travagliammo con gran pena.
Fu di nuovo e per un triennio con Salvini, poi di nuovo capocomico con varia fortuna ; poi, venuta in nome di attrice assai promettente sua figlia Giannina, si adattò a' ruoli secondari pur di non separarsi da lei ; e dopo alcune buone scritture, tornò a condur Compagnia, lei prima attrice assoluta, ora solo, ed ora in società.
Morì il 18 febbrajo 1740, dopo di aver già lasciato le scene senza nemmeno dar tempo agli spettatori di accorgersi della sua bellezza.
Il '64 lo vediam direttore di una Compagnia, di cui faceva parte il Meneghino Luigi Preda, e di cui erano prima attrice sua figlia Antonietta, distinta artista, e primo attore suo genero Achille Cottin : poi, finalmente, amministratore di quella di Luigi Bellotti-Bon, di cui fu più che scritturato, amico, e da cui si tolse sol quando per la vecchiezza e gli acciacchi fu costretto a ritirarsi a Firenze.
Sua moglie, Rosa Bresciani, figlia d’arte, e discendente forse dalla celebre Caterina, recitò sempre con lui, e morì a Mestre nel 1888.
Il Malara più ingenuo dell’Esaminatore ci ha conservata memoria di Una sola sua Tragedia intitolata Absalon 2. […] Non così quando tal testimonio censura il compatrioto morto due secoli indietro, come il Cueva; perchè se tal testimonio nazionale è intelligente nella materia, come il Montiano, la sua censura conserva un pieno vigore. […] Egli fa nelle sue Opere serpeggiare il bellissimo cappio della Finzione, e del Vero; e in aspetto più gentilesco del Castelvetro, e non meno filosoficamente disviluppa le idee del Verisimile poetico, vero perno su cui si volge il Teatro, anzi la Poesia tutta, e le altre arti imitatrici. […] Apologista, poichè ha soddisfatto alla sua curiosità a mie spese, volesse distruggere la censura, cominci dal bombardare e incenerire questi fondamenti. […] Lampillas che l’istesso Virues fece la sua confessione nel Prologo della Semiramide, manifestando di aver mancato all’arte antica, e insieme alla usanza moderna.
In conseguenza coll’ usata sua moderazione e dottrina ribatte la comune opinione adottata da uno de’ nostri più accreditati scrittori il chiar. […] Ma con sua pace legga con gli occhi aperti, e vedrà che il Tiraboschi punto non reca in testimonio di buona latinità le opere di Adriano. […] Lampillas, che ci permetterà di dirgli che de’ fatti di sua casa tanto sa egli quanto un Otentotto. […] V. le sue Annotazioni all’Eloq. […] IV della sua Storia e ragione d’ogni poesia, e dal P.
Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa. […] Evremond nel tomo III delle sue opere: «Une sottise chargée de musique, de danses, de machines, de décorations, est une sottise magnifique, mais toujours sottise.»
Il re O-Too padrone di tutta l’isola di O-Taiti essendosi recato in Oparre il mentovato capitano Cook nel 1777 nel terzo suo viaggio, volle fargli godere nella propria casa un heevaraa spettacolo pubblico, nel quale le tre sue sorelle rappresentavano bellamente i principali personaggi, seguito da alcune farse che riescirono assai grate al numeroso concorso. In un altro giorno il re per trattenerlo piacevolmente fe rappresentare una specie di commedia, di cui pure furono attrici le tre sue sorelle vestite bizzarramente con abiti nuovi ed elegantia.
Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla scena del mondo, potrebbero invidiare il senno e il cuore di questo attore brillante, di questo Commediarolo, come si chiamava modestamente da sè, quando sentiva gli applausi degli amici rapiti dalla sua parola colta e vivace. […] E a dar prova luminosa della vivacità e festività dell’indole sua e del suo ingegno, festività e vivacità che trasmetteva poi da la scena in tutto il pubblico, a lui prodigo sempre delle più affettuose dimostrazioni, riferisco parte della gaja lettera che scrisse da Napoli ad un amico, Antonio Fiacchi, il 20 aprile del….
Avvegnaché la prima Accademia scientifica dei segreti della natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (come afferma il dotto abate Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) dal chiarissimo Giambatista la Porta, fertile ed elevato Ingegno, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che del regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi membri di essa col lor capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei istituita in Roma l’anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca d’Acquasparta, il quale «con raro immortale esempio», secondo che ci dice il signor abate Amaduzzi nel Discorso filosofico sul fine ed utilità dell’Accademie, «la sua casa e le sue sostanze per essa consecrò, e di museo, di biblioteca, e d’orto botanico generosamente la arricchì».
Passano per le migliori sue tragedie Venezia salvata e l’Orfana. […] Le sue commedie hanno invenzione, interesse e stile proprio per la commedia. […] Nell’atto II della sua Donna di contado così favella un nobile sciocco che ha timore delle sferzate comiche.
Un’ altra religiosa disperata che si avvelena per essere stata dal padre astretta a monacarsi, ha dipinta M. de la Harpe nella sua Melania. […] Egli non sa far altro che piangere a tutte le ore, e filosofar cicalando mentre è tempo di operare: non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose: è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio.
Contiamo tra gli errori l’essersi omessa la seguente nota (1) nella pagina 275, lin. 15, dopo le parole, e colla sua dote: (1) Questa favola del Federici è copiata dalla novella del sig.
All’amico Iacopo Ferretti dovè se gli ultimi anni della sua vita non furono passati in mezzo agli stenti ; a settant’anni aveva sposato in seconde nozze, per compassione, la vedova d’un Pieri suggeritore.
Germano di Drancy-le-Grand, presso Parigi, una sua compagna d’arte, la Giovanna Benozzi, artista rinomatissima sotto il nome di Silvia, dalla quale ebbe quattro figli, di cui uno solo, Antonio Stefano, seguì l’arte de’genitori.
ma Sig.ª Sua sia meritevolmte eletto Giudice de Saui in Ferrara, tal nuoua mi ha Resa tanta Consolatione p la deuota servitù che li professo, che mi ha stimolato ancora ad incomodare V.
La figura, se bene elegante nelle sue piccole proporzioni, non le consentì di abbracciare i grandi ruoli, ma alla deficienza della figura supplì sempre una intuizione artistica vivissima, uno slancio senza uguali, una vena inesauribile di comicità.
Fu attore assai fortunato, se non di vero merito, se dobbiam credere a Carlo Gozzi, il quale dice di lui nel tomo secondo delle sue Memorie inutili : Un nuovo Truffaldino detto Bugani nel Teatro di S.
Dice il Bartoli che « fatto vecchio ed incapace di montar più sul teatro, gli vennero retribuite le beneficenze, che ad altri egli aveva impartite, trovando que’sussidj ch’erano necessari alla sua cadente vecchiezza. » Morì a Venezia il 1767.
Si vuole che nel Teatro di Treviso, la vigilia della sua beneficiata, si esprimesse innanzi al pubblico testualmente così : Colto pubblico ed inclita guarnigione.
Tornato in patria, e datosi a recitare tra’ filodrammatici, spiegò tale attitudine alle scene, che risolse di far dell’arte drammatica la sua professione ; e si scritturò nella Compagnia di un certo Giambattista Pucci, del quale sposò poi la figlia Teodora.
XLV delle sue Memorie ; che tra il giugno e il luglio del 1743 era in riposo a Bologna, alla vigilia di recarsi a Rimini, scritturato da una compagnia comica che quivi recitava al servizio del Quartier generale Spagnuolo, era, come afferma il Loehner, marito dell’Antonia.
Alle sue belle qualità di artista, il Bartoli mette come contrapposto quelle dell’uomo tutt’altro che lodabili.
.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V.
Tutta la dignità del Senato latino sedeva sulla sua fronte, e come ne'suoi atteggiamenti, e particolarmente nella morte, tutta la forza, e la fermezza d’un cittadino romano.
Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte.
.), e di qui cominciò la sua fortuna ; chè, avuto un grande e schietto successo, trovò modo di formar da solo una compagnia che condusse poi in ogni parte dell’America del Sud con ottima riuscita artistica e finanziaria.
Figlio il primo del precedente, fu attore e capocomico, e abbiamo l’elenco della sua compagnia pel 1857 : anzi due elenchi, uno dello Scaramuccia (n.° 40), l’altro di G.
Torello Saraina Veronese rammenta il teatro della sua patria157, oltre all’anfiteatro superbissimo che ancor si ammira e si conserva col nome di Arena. […] Diede a una mima la tunica di sua madre, a un mimo la lacerna del padre, a un tragedo il pallio dorato di color di porpora di sua nonna, e ad un coraulo un altro pallio in cui era ricamato il proprio nome e quello della moglie172. […] Ausonio gl’ indirizza sette delle sue epistole. […] Don Blàs de Nasarre letterato Spagnuolo in una sua dissertazione pubblicata nel 1749, faceva sperare monumenti drammatici nella letteratura Araba ricavati dalla Biblioteca dell’Escoriale195. […] Cadde colla Grecia stessa la sua bella commedia per rinascere indi nel Lazio per mano di un Affricano.
E nella pagina seguente : Nel secondo anno della sua impresa, all’Adelia già grande nelle parti comiche, specialmente nelle aristocratiche, ma non ricca di mezzi per le parti di forza, aggiunse con provvido consiglio la Sadowski. […] Bellotti-Bon e di Iannetti, il famoso dilettante romano ; e, fatto per sua beneficiata il Bicchier d’acqua di Scribe al Teatro Re di Milano, la sera del 3 febbraio ’46, tutti i giornali ebber già grandi parole di lode per questa giovine ben promettente, che aveva rappresentato il personaggio della Duchessa di Malborough, con una dignità vezzosa e piacente, non ancor riscontrata in altre attrici. […] Al caso, triste caso, ella dovè lo sviluppo largo e immediato della sua innata e ignorata attitudine all’arte. […] Ella sin allora vezzeggiata, amata da tutti, trovò dal momento di quella sua risoluzione tal voltafaccia che le fu cagione poi di continua e profonda amarezza….
Si presentò ai Fiorentini di Napoli per la prima volta nella commedia di Bon, Niente di male, la sera di Pasqua del 1835 (19 aprile), in sostituzione della Barberis, vecchia attrice che si ritirava dal teatro per sua volontà, e non lasciava piacevoli rimembranze, e vi fu applauditissima.
« Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
Cardosi Chiara, lucchese, attrice di molto merito per vivace ingegno e non comune coltura, fu in varie compagnie ; poi, sino al 1779, in quella di Luigi Perelli, ove potè più specialmente mostrare le sue rare qualità di artista.
Dicono i fratelli Parfaict che il Padre di Riccoboni lo conobbe, e più volte sentì la sua messa.
Instituitasi nella sua Ravenna una Società filodrammatica, egli vi mostrò subito attitudini chiare alla scena : e trasferitosi il '67 con la famiglia, a Firenze, dopo la morte del padre, entrò nell’ Accademia de'Fidenti, di dove uscì dopo breve tempo (1871), per entrar quale amoroso nella Compagnia della Sadowski, diretta da Cesare Rossi.
La sua primogenita Adelaide Ristori Del Grillo con disperato accento esclama : Oh Madre mia tu sai quanto in terra t’amai ; Dal luogo ove tu sei or tu vedi il mio duol, gli affanni miei ; benedici i miei figli, il mio consorte nel cammin della vita ed anche in morte ; io con lagrime e fior vuo' darti addio fino a quel di che ti rivegga in Dio.
Tornato il marito, e scritturatosi anch'egli col Rossi, ella ebbe occasione di assumere il grado di prima donna, che sostenne con molto buon successo, meritandosi la primavera a Piacenza il seguente sonetto che il padre Francesco Ringhieri pubblicò nella seconda edizione della sua tragedia Ortoguna, di cui la Sacchi fu prima e fortunata interprete.
Balestri), e il 1594 a Firenze, come da una sua lettera in data dell’ 8 dicembre al cav.
Io ho qui sott’occhio la prolusione alle sue lezioni di arte drammatica recitata nella solenne apertura della scuola la sera del 9 novembre 1859 ; e molto mi maraviglio che nulla vi apparisca di quel pedante, che in un maestro di oltre mezzo secolo a dietro parrebbe doversi inevitabilmente trovare.
Veggasi ciò che sopra questo passo dice il dotto e giudizioso abate Tiraboschi nella citata sua bell’opera tom. […] I pag. 173 ec.) ha pubblicate tredici lettere latine scritte verso la fine di questo secolo, in una di esse parla di una sua tragedia, che avea scritta sopra la caduta di Antonio dalla scala, quando gli fu tolto il dominio di Verona, e ne reca egli medesimo alcuni versi che non ci fanno desiderar molto di vederne il rimanente.
A imitazione degli Etruschi aggiunse Romolo il pomerio nella sua città14. […] Ciatti nella sua Perugia Etrusca, e di poi Mons.
Il Gherardi recitò alla Comedia italiana fino alla sua soppressione che fu nel 1697. […] E la ragione di tale impossibilità è così descritta dal Gherardi stesso nel principio della premessa all’opera sua : Non si creda di trovare in questa raccolta delle intere comedie, poichè la comedia dell’ arte non potrebbe essere pubblicata distesamente.
L’EDITORE A CHI LEGGE Dopo che il noto autore della Storia Critica de Teatri antichi e moderni l’ebbe pubblicata in Napoli in sei volumi dal 1787 al 1790, malgrado delle sue gravi cure e fatighe non mai perdè di mira il suo argomento, ed andò raccogliendo non solo ciò che potesse vie più illustrare la storia e l’erudizione teatrale antica e moderna già descritta, ma quanto rimaneva a narrarsi comparso posteriormente sulle scene Europee o per le stampe nel corso degli ultimi sette anni.
Sceso con l’andar degli anni di gradino in gradino, tentò anch’egli l’America in compagnie secondarie ; ma dopo alcuni anni giunse la fatal nuova della sua morte volontaria.
Il Bartoli riporta il seguente sonetto del Marchese Girolamo Ugolani Milanese, tratto dalle sue Rime (Milano, Marelli, 1667) : Allude l’Autore al soprannome di Rotalinda Ruota Ission, e la volubil ruota l’eternità ne’giri suoi predice ; e neppur una (ohimè) sperar ti lice dal tuo lungo girar un’ora immota.
Attrice di mezzi limitati, d’intelligenza mediocre, di voce aspra e chioccia, di dizione lagnosa, riuscì a occupare lodevolmente il suo posto di prima attrice, un po’per volontà sua, molto per volontà del marito, istruttore de’più intelligenti, e moltissimo poi per la meravigliosa armonia di tutta la persona, che fece di lei per lungo tempo il tipo esemplare della bellezza, intorno al cui fascino corrono aneddoti de’più strani e de’più salaci.
La sua troppo piccola statura gli fu di qualche svantaggio, nè potè nel suo carattere d’innamorato interamente brillare.
Il Tralage in una sua nota manoscritta parla della eccellenza de'costumi di Lolli, il quale, un po'fors’anco per questo, e un po'pel suo nome di Angelo, era noto più specialmente col nome di l’Ange, o Lange, col quale anche talvolta si firmava.
ma come in ubidienza de suoi sourani commandi procurai d’obbligar li comici nominati nella lettera sua di 2 spirato, a seruir per questo prossimo carnevale V.
Morto il Vestri in Compagnia Nazionale, e uscitone il Novelli, furon sostituiti dal Privato, che vi restò sino all’anno '88, in cui si unì con Emilio Zago, il celebre comico veneziano, col quale trovasi tuttavia assieme alla sua seconda moglie Elettra Brunini.
Innamoratosi della seconda amorosa della Compagnia, Rosa Pasini, la tolse in moglie, e con essa vi restò alcuni anni, per passar poi il 1821 in quella Reale Sarda, al momento della sua formazione, primo attore a vicenda con Domenico Righetti.
Ma vinto il concorso alla cattedra di declamazione nel Liceo musicale di Pesaro, quivi ormai si è stabilita, paga della vita di pace che s’è venuta creando col suo ingegno e colla sua bontà.
Ella potrà sì bene stimare insufficienti le mie risposte, ma non già dire, che io abbia o dissimulate le sue ragioni, o risposto ad argomenti con invettive. […] A lei, nel diffondersi nelle sue lodi, piacciono le iperboli, che le suggerisce l’innamorata fantasia: a me piace quell’elogio, cui la verità, e l’Istoria è scorta e compagna. A lei essa par bella ancor nella guisa che si raffazzonò con affettazione in tempo de’ pedanti: a me l’amore dà luogo a riflettere, che quanto più essa sarà naturale nell’abbellirsi, come fa oggi giorno, tanto più mostrerà la nativa sua maschia venustà, e trarrà a se tutti gli sguardi.
Null’altro sappiamo di questa Comica per poter soggiungere di lei una più lunga, ed accertata notizia, e solo abbiamo in sua lode un sonetto, tolto alle Gemme liriche, libro citato altra volta da noi, ed è il seguente : O splendori, o cinabri, o fiamme belle, chiome, bocca, zaffiri, in cui si giace il colore, il rossore, il bel che piace degli ori, dei coralli, e delle stelle.
VI), dopo aver parlato del Tonin Bonagrazia, pel quale egli poteva a ragione esser chiamato il Demarini faceto, conchiude : « da ciò si comprenderà facilmente che quando il Bellotti assume il carattere grave ed eroico, è ben difficile che gli riesca di sopprimere negli astanti quella giuliva impressione che la sua sola presenza ridesta. »
E. creda, io lo lascierò andare ; ma sottopongo che quest’attore se non è perfetto, ha tutti i doni della Natura, e che per primo amoroso non saprei come rimpiazzarlo, salvo sempre che la sua salute sussista (?)
Francesco Maja Materdonna tratto dalle sue Rime (Venezia, Deuchino, 1629) : Alla Signora Isabella Chiesa, comica, per averla veduta rappresentare la persona d’una Regina.
2 (sic) pigliandosi sua moglie Flaminia per 2ª Donna, e elegendosi Lucindo Odoardo à Vicenda con Leonardo 2º, e 3º moroso.
Recitava le parti di amoroso il luglio del 1659 a Livorno nella Compagnia del Principe Alessandro di Parma, come si ha da una sua lettera al Card.
Mise in iscena il 1765 una sua commedia, parte scritta, parte a soggetto, intitolata : Chi la fa l’aspetta, ossia I due fratelli veneziani perseguitati dalla calunnia e resi felici dalla magia, che « travagliata – dice Fr.
Fu poi con Elena Tiozzo, con Trivelli, con Ernesto Rossi, col quale fu in America, e salì in bella rinomanza, che non si attenuò mai per la sua gran dovizia di comicità schietta e spontanea.
Questo famoso Bardo Celtico, figliuolo del rinomato Principe Fingal, merita un sublime posto tra’ Poeti; benché al pressoché immenso e nelle sue gran fabbriche mirabilmente variato Omero non sembri paragonabile un Poeta limitato e non rare volte ridotto a ripetere l’istesse immagini e dipinture come Ossian. * Si può anche aggiugnere, che le sublimi e vive dipinture, e le grandi e robuste immagini d’Omero faceano dire al celebre Scultore Bouchardon: «Lorsque j’ai lu Homère, j’ai cru avoir vingt pieds de haut». E’ vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea, da lui comporta nella vecchiaia; ma egli é ancor vero, che le sue sole e i suoi fogni (come dice bene Longino de sublim.
La cieca devozione e un sentimento profondo di gratitudine verso il monarca, che a lui tante prove avea dato di benevolenza e di famigliarità, il desiderio vivissimo di servirlo fedelmente ogni qualvolta se ne porgesse occasione, furono il vero motivo della sua morte. […] — Che lingua – disse al Re il bizzarro attore – vuol Sua Maestà ch’io parli ?
Ma se l’arte le arrise dal suo inizio, non le arrise fortuna materialmente : chè, sbalzata di compagnia in compagnia di varia specie e non certo delle migliori, trascinata di paesucolo in paesucolo, ebbe a patire ogni sorta di peripezie, sin chè, nel ’70, scritturatasi come prima donna assoluta con Achille Dondini, cominciò la sua vita nuova, che fu vita dell’arte propriamente detta.
Ebbe fra i suoi stipendiati i migliori artisti della sua epoca ; e fra gli altri Demarini e Vestri.
E questa separazione troverebbe la sua ragione nella condotta poco riservata della Diana ?
Leontina Papà nella sua vita non breve di teatro ebbe momenti d’arte felicissimi, e molte lodi sincere, a volte entusiastiche.
L'autunno dell’ '86 era a Torino, raccomandato da Sua Altezza al signor Marchese di Dronero ; e 1' '88 a Milano, ove gli furon pagate lire 740 dal tesoriere Zerbini (V. l’elenco di quest’anno al nome di Torri Antonia).
Sin tra gli Assiri, se crediamo ad Ammiano Marcellino, Semiramide introdusse nella sua reggia l’uso di mutilare i cortigiani, allorchè ella regnava sotto il nome e gli abiti del suo figliuolo, per confondere la propria voce femminile colle altre effemminate per arte. […] Ma chi sa quando l’Italia si purgherà di tal macchia colla gloria di bandir dalle sue scene la nojosa uniformità recatavi dagl’invincibili pregiudizii di tali attori che per tanto tempo ne ha scemato il diletto? […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce de’ veri dotti a muovere la potenza e la pietà de’ principi spagnuoli ed italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazionea ? […] Accenneremo solo di passaggio che Alessandro Guidi pavese dagli Arcadi convertito alla buona poesia, scrisse prima della sua conversione letteraria l’Amalasunta in Italia rappresentato in Parma nel 1681. […] Du Bellai (adduce questa testimonianza nell’Entusiasmo il Bettinelli) in un suo sonetto dice che spera, venendo in Italia, di apprendère il ballo e la Marchesa di Mantova andando in Baviera sua patria condussevi ballerini Italiani siccome una rarità prima del 1500.
In Suida troviamo ancora che il gramatico Sosibio Spartano compose un trattato sul genere di commedia usato dalla sua nazione. […] E per finirla in grande stima era Satiro celebre attore, al quale secondo il racconto di Plutarco dovè Demostene tutto il vantaggio che ricavò dalle sue aringhe, avendo da lui appreso ad animarle con azione vivace e con tuono decente e alle cose accomodato. […] La sua figura era rettangola dalla parte che serviva alla rappresentazione, e circolare da quella dell’uditorio. […] II pag. 9 della sua traduzione di Demostene.
Dato il caso che alcuno de’compagni et compagne si ammalasse o andasse in prigione per causa di detta compagnia, gli altri dovevano corrispondergli la sua parte di guadagno giornaliero, e portargliela sì in casa, sì in carcere, ecc.
E di quei giorni, in cui artisti ed autori, veri autori e veri artisti, pareano spuntare dal suolo, in cui la febbre dell’arte, la curiosità d’ogni artistico evento affollava i teatri, rendeva secondi i confrontie le gare di quei giorni, una luce avvolgeva ancora la Giagnoni : cosi la sua mirabile artistica natura s’era venuta via via formando alle perfezioni di un’arte, che non già sostituiva al convenzionalismo antico un altro convenzionalismo più melenso e più povero, mache assorgeva dalle raffinatezze e dalle delicatezze più squisite del gusto e della modernità alle energie, agli impeti, alle lagrime della passione, alle grazie della comicità più festiva, ai fascini di un’idealità che si rispecchia nel vero.
r Tenente Borghi che spedischi la sua causa con somma giustizia rimosse, ecc.
Trasportato a braccia su di una poltrona a casa sua, non discosta dal teatro, in quell’abito goldoniano, con quel viso truccato, angoscioso contrasto con la inerzia mortale del povero corpo, visse ancora per una settimana una vita di morte, e circondato dall’affettuosa moglie e da tutti i compagni, si spense la domenica sera 20 gennajo alle 11, 25.
E quando un compagno gli disse che la recita era sul finire, e ch' egli aveva ripiegata la sua parte, il Vidari trasse di tasca il borsello, vi diè dentro un’occhiata, e tornò pacifico all’osteria.
Torello Saraina Veronese rammenta il teatro della sua patriab, oltre all’anfiteatro superbissimo che ancor si ammira e si conserva col nome d’Arena. […] Diede a una mima la tunica di sua madre, a un mimo la lacerna del padre, a un tragedo il pallio dorato di color di porpora di sua nonna, e ad un coraulo un altro pallio in cui era ricamato il proprio nome e quello della mogliea.
Un’altra religiosa disperata che si avvelena per essere stata dal padre astretta a monacarsi, dipinse il prenominato La Harpe nella sua Melania. […] Non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose; è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio.
Il teatro di Parma non fu opera del Palladio terminata dal Bernino come alcuno affermò nè si chiamava Giambatista Magnani l’architetto che vi fu impiegato, come leggesi nel trattatodel Teatro, e nelle Lettere sopra la Pittura dell’Algarotti, e nel Discorso premesso alle sue tragedie dal Bettinelli. […] Quello di Tordinona fu opera di Carlo Fontana, e la sua figura inclina alla circolare, avendo nel maggior diametro piedi 52, e nel minore 48.
Alla testimonianza Gabbrielli, va subito congiunta quella del Beltrame Barbieri, che nella Supplica (1634) chiama la Celia giovane di belle lettere e comica famosa ; alle quali poi tengon dietro quelle di letterati illustri, e, prima, del Cavaliere Marino, che, nell’ottave 68, 69 e 70 del Canto XVII dell’ Adone, la mette quarta fra le Grazie : Un’altra anco di più, che 'l pregio ha tolto D'ogni rara eccellenza a tutte queste, Aggregata ve n’è, non è già molto, E sempre di sua man la spoglia, e veste, Celia s’appella, e ben del Ciel nel volto Porta la luce, e la beltà Celeste ; Ed oltre ancor, che come il Cielo è bella, Ha l’armonia del Ciel nella favella. […] Ch'ella accoppiasse al grande valore artistico un’altrettale bontà dell’animo non pare : si sarebbe anzi portati a credere che avesse con le compagne di palcoscenico e di ruolo comune la diavoleria ; scusata in parte dal fatto, che mai madre di comica spinse la petulanza, il pettegolezzo, la malignità, l’abbiettezza sì alto, come la madre di Maria, a cui s’aggiungeva poi come braccio destro delle sue male azioni un figliuolo, fior di canaglia, disperazione vera del povero direttore Flaminio Scala.
. – O del Coturno gloria e del Socco, onde ti guarda e freme l’emula Francia a noi rivale eterna, vedendo dalla sua fronte rapita d’arte sì bella la corona illustre della gentile Italia !
Celestina De Paladini, sposa a Flavio Andò, primo attore e direttore della Compagnia da lui formata in Società con Tina Di Lorenzo, è oggi di essa compagnia pregiato ornamento nelle parti di madre, ch'ella sostiene con quella innata signorilità, che non è facile di ritrovare nelle sue compagne di ruolo.
quanta ne rimane all’uomo per norma delle sue passioni allorchè crescono coll’ età e diventano più robuste e imperiose? […] Anzi questo valoroso letterato si è compiaciuto di sostituire ad alcune sue prime note che rimanevano fuor di luogo nell’essersi la mia storia dilatata, altre non meno pregevoli, interessanti ed erudite. […] (*) V. la di lui prefazione alla ristampa di tutte le sue opere, dove nel tempo stesso si abbassa a riprendere sette o otto voci da me usate nella Storia de’ teatri del 1777. […] A quello però ch’ egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori, o per non avergli intesi, dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua gentile asserzione.
Il caratterista Miutti che poco piaceva al pubblico si licenziò, e venne in sua vece scritturato Daniele Alberti mio padre, valentissimo artista, che aveva più volte contrastata la palma al Pertica e al Vestri.
La sua vita artistica fu delle più brevi.
Recitando colla Compagnia Ciarli e Falchetti, nel carnovale del 1831 al Teatro Alfieri di Firenze, ottenne di poter fare la sua beneficiata, dietro informazione favorevole del Commissario di S.
La vecchietta piangeva, silenziosamente, con le mani sotto lo scialle ; le sue labbra si movevano, come mormoranti una preghiera.
Con quale furore balza alle rinnovate calunnie di Jago, lotta un’ultima volta contro di lui, s’abbandona tutto alle sue furie, giura vendetta.
Scritturatosi colla moglie nella Compagnia di Alamanno Morelli, si recò in America, dove (1881), un colpo d’apoplessia, prostrò d’un tratto quella fibra gagliarda d’artista, che, moribondo, sorretto dalla compagna sua, volle subito essere restituito in patria.
Ma il Duca di Modena non si lasciò intimidire dalle minaccie di quei cavalieri, e diè ordini, col mezzo dell’ Obizzi, al Podestà di Padova, perchè senz'altro la sua compagnia si recasse a recitar colà, com’era già stabilito.
Leone Fortis scrisse per lei Cuore ed Arte, e io stesso l’ho sentita nell’ultimo tempo della sua vita artistica, recitare con passione fervida la figura alta e poetica della Gabbriella di Teschen.
Rousseau racconta, nelle sue Confessioni, come, essendo segretario dell’ambasciatore di Francia, il carnovale 1743-44, con un audace colpo di mano costrinse a recarsi a Parigi per il Teatro Reale il Veronese, il quale non voleva tenere il contratto, e s’era invece impegnato col Teatro Giustinian a S.
Ci volea dunque a quegli magnifici avanzi pruova sufficiente per distinguerli col nome di teatrali: e il Signorelli lesse bene, e non alla sfuggita il passo del Velazquez, e la sua pretensione fu giusta; ed è il Signor Lampillas che alla bella prima prende quì per Giunone una nuvola, per dimostrazione geometrica un’ asserzione. […] Non entro frattanto di proposito a seguitare l’ Apologista nelle sue congetture sul Teatro Saguntino, cioè che i Saguntini presero i Giuochi Scenioi da’ Greci, pensando io in questo discorso a ristrignermi a quello soltanto che a me appartiene.
Chiamato a Mantova dal Duca il 1599, non potè recarvisi per malattia della suocera e sua ; ma vi si recò il 4 aprile del 1600, nel qual giorno, secondo che abbiamo dal Bertolotti, giunse in casa di Tristano Martinelli, arlecchino, sovrintendente di tutti i comici dello Stato mantovano, passando poi all’Albergo della Luna, ov’ erano l’Austoni e Antonio (?). […] Le dedicatorie che precedon l’opere sue a stampa ci dànno indicazioni precise di data : L’Amor giusto, Egloga pastorale in napolitana e toscana lingua, fu stampato il 1605 da Pandolfo Malatesta a Milano, e dedicato al Conte Antonio Litta con lettera in data del 3 agosto.
Pregevoli singolarmente si reputano i ruderi esistenti del teatro di Siracusa chiamato massimo da Cicerone contra Verre, cui a giudizio di Diodoro Siculo cedeva anche il teatro di Agira sua patria, che egli appellò il più bello della Siciliaa. […] In Suida troviamo ancora che il gramatico Sosibio Spartano compose un trattato sul genere di commedia usato dalla sua nazione. […] Neottolemo stabilito in Macedonia, mentre Filippo si accingeva alla spedizione meditata contro la Persia, e celebrava le nozze di Cleopatra di lui figliuola con Alessandro re de’ Molossi, rappresentò un suo componimento intitolato Cinira, di cui Diodoro Siculo ci ha conservato un frammento notabile, tradotto o imitato dal chiarissimo Cesarottia E per finirla in grande stima era Satiro celebre attore al quale secondo il racconto di Plutarco dovè Demostene tutto il vantaggio che ricavò dalle sue aringhe, avendo da lui appreso ad animarle con azione vivace e con tuono decente e alle cose accomodato. […] La sua figura era rettangola dalla parte che serviva alla rappresentazione, e circolare da quella dell’uditorio.
S. del suo favore, nella cui benignità havendo ella prima fondata ogni sua speranza, stima che la intercessione mia, come di servitore tanto obbligato et divoto di V.
Che la Lidia fosse una donnina allegra, credo si possa affermare, richiamandoci alla memoria quei versi di Bartolommeo Rossi, veronese, comico confidente, il quale nella sua Fiammella (Parigi, Abell’ Angeliero, 1584) fa dire nell’atto III, scena VI, a Bergamino : Ho vist la Lidia, ma quel so marit mai non l’ho vist, ma pens che 'l sia andat dentr'el Zodiaco, per formar quel segn che scomenza l’invern…… Intanto dunque la Lidia, giacchè d’altre Lidie di quell’epoca non è pervenuta a noi notizia, aveva marito.
Bartoli che appartenne alla sua Compagnia – era buon direttore, e buon attore ; e recitava assai bene le parti serio-facete, specie quella di negoziante Friport nella Scozzese di Goldoni.
Il Warburton nella sua Divina Missione di Mosè validamente sostiene la necessità della religione per la società. […] Questo famoso Bardo Celtico di Scozia figliuolo di Fingal, che scrisse in lingua Ersa o Gallica, merita un posto distinto tra’ poeti; benchè al pressochè immenso, e nelle sue gran fabbriche mirabilmente variato Omero non sembri paragonabile un poeta limitato e non rare volte ridotto a ripetere le stesse immagini e dipinture come Ossian.
Mi fece poi brevemente la narrazione delle sue avventure, che eran quelle di un povero diavolo ; e fini col dirmi ch’egli andava a Venezia, ov’era sicuro di far fortuna nel carnovale. » Povero Bassi !
Fra le prime il Des Boulmiers cita Les Caquets ; ma si sa dallo stesso autore che i primi due atti sono opera di sua moglie.
Ma Pasquariello (non so bene da chi inventato ; probabilmente da Salvator Rosa, e incarnato poi da Giuseppe Tortoriti) non è nè padre, nè vecchio, nè parte nobile di alcuna specie ; ma sempre servo : e caratteristica sua è più che la parola la mimica, apparendo prima ballerino da corda, come lo ritrasse il Callot insieme a Meo Squacquera, poi un de' più agili saltatori della Compagnia italiana di Parigi nella seconda metà del secolo xvii.
Agamennone chiamato re de’ mortali (titolo per altro dato nella poesia greca e latina al solo Giove) lodando Achille dice che il di lui nome solo è definizione degna di lui: di Agamennone si dice che gli eroi della Grecia si gloriano d’essergli soggetti, nivelando su conducta por su prudencia: de’ Greci si dice, separamos los brazos de los cuellos de las esposas, volendosi dire che si sono distaccati dagli amplessi delle consorti, benchè separar le braccia da i colli possa parer piuttosto un’ esecuzione di giustizia: di un reo che involge gl’ innocenti nella sua ruina, dicesi con espressione propria, felice ed elegante, hizo participantes del castigo agl’ innocenti: si danno braccia ad una pecora, dalle quali il lupo strappa gli agnelli: per dirsi che Agamennone nè vuol cedere Criseida nè permettere che sia riscattata, si dice con tutta proprietà castigliana che ni cederla quiere ni redimirla, quasi che dovesse egli stesso riscattarla da altri. […] Dopo alcuni soporiferi discorsi di Briseida e Crisia Achille annunzia a questa la sua libertà, ed ella grata gli augura una corona di lauro che Apollo idolatra; ma immediatamente poi nell’aria gliene augura un’ altra di mirto, nè le basta se non vede su i di lui capelli fiorire i rami di tal mirto; e nella seconda parte (che conviene alla prima come il basto al bue) si dice y de nuestras vidas con afectos nobles aprehendan los robles à permanecer. […] La sua forma è circolare alla foggia moderna con platea e con palchi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di belle pitture del fu Amiconi pittore Veneziano assai caro a Ferdinando VI. […] Era bagattella quel che aggiugne senza avvertire alle conseguenze delle sue parole? […] Il di lui Prologo decantato (in cui declama in 106 pagine contro l’imbecille Racine, l’ignorante Voltaire e tutti i Francesi e gl’ Italiani che non dicano che il teatro della sua nazione sia il primo del mondo, ed egli il Principe de’ Letterati del secolo XVIII) serve di scudo a una Collezione di commedie Spagnuole di figuron, di capa y espada, ed heroicas.
Dice di lui Carlo Goldoni nella Prefazione al Tomo XIII delle sue opere (Ediz.
, p. 58) dice di aver conosciuto nella sua gioventù una vecchia comica, detta in teatro Lavinia, amica dell’Agata Calderoni, che possedeva scenarj firmati da S.
Già coi dilettanti della città potè mostrare le sue chiare attitudini alla scena, esordendo poi attore stipendiato in Compagnia di Niccola Petrioli, nella quale fu a Genova il 1758.
Racconta l’attore Mazzocca nelle sue Memorie (Milano, Pulzato, 1904), che « solo negli ultimi mesi del 1858, agli indubbi segni di dissoluzione che in lui si manifestavano, si prevedeva la sventura.
Nè anche si verifica la sua asserzione ne’ Latini. […] Quanto a’ moderni molto più lontana dal vero parrà la sua proposizione.
In Ispagna si è continuato a mostrar su quelle scene fino a tanto che Antonio de Zamora non vi espose la sua commedia sul medesimo argomento trattato con minori assurdità. […] Alcuni capitani suoi vassalli che aspirano alle sue nozze, per turbare il trattato assaltano il campo de’ Mori e rimangono uccisi.
Don Blàs de Nasarre, letterato spagnuolo, mancato da non molti anni, in una sua dissertazione pubblicata nel 1749, faceva sperare monumenti drammatici, nella letteratura araba, ricavati dalla libreria dell’Escuriale111. […] Costui nelle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, di che gli saremmo tenuti, se ne avesse addotta qualche prova; ma egli non appoggia la sua assertiva con veruna ragione o autorità113, e solo prorompe in invettive contra Filostrato, perché nella vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici.
La Czarina ha fatto a sue spese viaggiare molti attori nazionali in Francia e in Inghilterra per perfezionarsi nella rappresentazione.
Oltre della traduzione ch’ella fece del Filosofo Inglese e del Don Quixote, e di varie sue poesie, ella compose pel teatro in più di un genere.
Battista Mamiano, che è tra le sue rime edite in vecchiezza nel 1620 : Per la Signora Olivetta Comica Pace promette il nome d’Olivetta gentile, ma le parole, il volto, e quei lucenti occhi crudi omicidi minacciano al mio cor guerre e tormenti.
Il secondo Scrittore, che censurò Metastasio per aver composte le bellissime sue Opere per esser cantate, fu l’erudito Sig. […] Ma che male ciò sarebbe, sempreche l’Opera fosse buona in tutte le sue parti, ed equivalesse alla buona Commedia, e alla buona Tragedia? […] Così la introdusse in Francia il celebre Fiorentino Lulli, il quale facea declamare le scene alla Champmelè, ed afferrandone i tuoni espressivi componeva la sua Musica. […] Voglio dire a quella parte, dove l’Apologista spiega la forza della sua Filosofia, e vuol mostrare poco soda la ragione da me addotta delle supposizioni ammesse in Teatro, come verisimili per una tacita convenzione tra’ rappresentatori, e l’Uditorio. […] Dunque, posto che la Spagna ascolta con attenzione la sua Commedia sregolata, raffigurandola per tale, è segno evidente, che supplisce alla imperfezione della rappresentazione con una tacita indulgenza.
E un ballo ha da avere anch’esso la sua esposizione, il suo nodo, il suo scioglimento: ha da essere un compendio sugosissimo di un’azione.
Oltre della traduzione da lei fatta del Filosofo Inglese e del Don Quixote, e di varie sue poesie, ella scrisse pel teatro in più di un genere.
Metastasio, dite, conserva nella sua Libreria le Opere di Calderòn. […] Calderòn in tali sue favole espone tutta la filastrocca de’ fatti, alterandone bensì le circostanze ad arbitrio, confondendoli con frequenti anacronismi, e colorendo i caratteri, secondochè glie li presenta la propria immaginazione.
Ausonio gl’indirizza sette delle sue Epistole. […] Don Blas de Nasarre letterato spagnuolo in una sua dissertazione publicata nel 1749, faceva sperare monumenti drammatici nella letteratura Araba ricavati dalla Biblioteca dell’Escorialeb. […] E quale orrore non doveano destare ne’ Padri Cristiani, ne’ Cirilli, ne’ Crisostomi, ne’ Basilii, ne’ Cipriani, ne’ Lattanzii, negli Agostini, quelle detestabili rappresentazioni di nefandi stupri, che Marsiglia gentile, ma non corrotta, escluse dalle sue scenea?
L’impugnò Saverio Lampillas, ma in un modo così grazioso nel suo Saggio Apologetico, che mi diede motivo di rilevare la piacevolezza delle sue opposizioni nell’articolo XII del mio Discorso Storico-critico. Piacque poì al signor don Tommaso Yriarte di porre in versi castigliani il mio raziocinio non solo, ma le mie parole trascritte nella sua lingua, facendone una parafrasi nel canto IV del suo poema della Musica pubblicato due anni dopo della prima edizione della Storia de’ Teatri, cioè nel 1779. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo che abbia illustrato il teatro musicale, non ha poi torto allorchè afferma, che l’opera merita d’essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
mo Hauendo la Diana Comica unita in Ferrara ad’istanza mia una buona, et numerosa compagnia, con obligo di uenir à seruirmi ad’ogni mia richiesta, desiderarei, che potesse per qualche tempo trattenersi in Modena ad’essercitar l’arte sua, assicurandomi, che sia per dar molto gusto, et ricorro alla benignità dell’Altezza Serenissima supplicandola à degnarsi di concedergliele in gratia mia, ch'io le ne restarò singolarissimamente obligato, et facendole humilissima riuerenza, le auguro da Dio ogni felicità.
Ed eccovi il vasto grandioso edifizio della scenica poesia per la stessa antichità, varietà ed ampiezza in ogni sua parte ammirabile.
L'ultima sua scrittura fu pel triennio '65-' 66-' 67 con Achille.
La sua forma è circolare alla foggia moderna con platea, e con palehi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di belle dipinture dall’Amiconi pittore veneziano assai caro a Ferdinando VI. […] Era bagattella quel che soggiugne senza avvertire alle conseguenze delle sue parole? […] Il di lui Prologo decantato (in cui declama in 106 pagine contro l’ imbecille Racine , l’ ignorante Voltaire e tutti i Francesi e gl’Italiani che non dican o che il teatro della sua nazione sia il primo del mondo, ed egli il Principe de’ letterati de’ suoi giorni) serve di scudo a una Collezione di commedie spagnuole di figuron, di capa y espada ed heroicas.
mangiar de’ pomi ridendo con sua Madre, dire de’ paternostri cogli apostoli, e risuscitare e giudicare i morti: vi si udirono i beati cantare in paradiso in compagnia di circa novanta angeli, e i dannati piangere in un inferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano del loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima semplice clerico, indi di mano in mano vescovo, arcivescovo e papa, sempre cibandosi di polli e pulcini .
S. mangiar de’ pomi ridendo con sua Madre, dire de’ paternostri cogli Apostoli, e risuscitare e giudicare i morti: vi si udirono i beati cantare in paradiso in compagnia di circa novanta angeli, e i dannati piangere in un inferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano del loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima semplice clerico, indi di mano in mano vescovo, arcivescovo e papa, sempre cibandosi di polli e pulcini.
Massimo Trojano, quando appunto la commedia italiana pareva metter per opera di questi tre, intelligentissimi, radici solide e profonde nella Corte (si vuole che lo Scolari fosse uno Zanni perfetto), spirito bizzarro, irrequieto, indipendente, rimproverato da un collega in Landshut, il violinista italiano Battista Romano a cui doveva danaro, per la sua vita oziosa e sregolata, tócco nell’orgoglio, appostò un giorno l’odiato nemico, e lo freddò con un colpo di fucile.
Della sua vita artistica sappiamo che l’estate del 1724 si trovava a Padova, poi a Treviso, d’onde scrive a un medico due lettere : per ottenere alcuna commendatizia, e per dargli avviso di avere sputato un po' di sangue, il che l’aveva messo in grande apprensione.
Di Agamennone si dice che gli eroi della Grecia si gloriano di essergli soggetti, nivelando su conducta por su prudencia , livellando la sua condotta dalla sua prudenza.
Nuova rinomanza ha questo poeta acquistata a’ giorni nostri per l’elegante versione fatta delle sue poesie dal chiarissimo Giuseppe Maria Pagnini Escarmelitano che oggi ha ripigliato l’antico nome di Luc’Antonio e presiede al l’Accademia Imperiale in Pisa.
Cadde nella Grecia stessa la sua bella commedia per rinascere indi nel Lazio mercè dell’ingegno di un Affricano.
Coltellini toscano fornì qualche melodramma al teatro Russo, e vi fu applaudita la sua Antigona.
Quando il Goldoni, dopo il successo a Parigi della sua trilogia a soggetto di Arlecchino e Camilla pensò di trascriverla distesamente pel teatro di S.
Sa il Lampillas che così ha scritto il lodato dottore Robertson nel 2 libro della pregevole sua Storia di America. […] Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dal l’Acostae dal Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale ?
Sa il Lampillas che così ha scritto il lodato Dottore Robertson nel II libro della sua pregevole Storia di America. […] Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dall’Inca Garcilasso, si trascrisse dall’ Acosta e dall’Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale?
Io non so come in sì deboli argomenti fondi la sua Apologia il Signor Lampillas uomo per altro di talento!
Il Lombardo altro attore di professione diede alla luce nel 1583 l’Alchimista sua commedia lodata.
L’abate Coltellini toscano fornì alcun melodramma al teatro Russo, e vi fu applaudita la sua Antigona.
Nel Mattino di Napoli dell’ 11 agosto '97 un abbonato milanese dice che Meneghino trae la sua origine da Domenica, essendochè era uso in Milano, nei secoli passati, di chiamare in servizio, per tutta la giornata di Domenica, un uomo del popolo, il quale si prestava al disimpegno di molteplici faccende, acconciandosi anche a fungere da servo straordinario.
Lope de Vega chiamò così ancora sei delle sue Favole, che non erano Tragedie a verun patto.
Si annunzia ad un personaggio la notizia della sua condannagione a morte?
Ecco aperta la scientifica strada con una Università, che sino a questi dì era stata infruttuosa sin dalla sua fondazione avvenuta nel secolo passato. […] Il passo di Appiano addotto nella Storia Letteraria è stato tratto dalle traduzioni, e perciò si attribuisce a questo Scrittore l’aver detto, che i Fenici vennero in Ispagna sin da’ primi tempi; là dove egli dice soltanto ἐξ πολλοῦ, o come diremmo in nostra lingua da gran tempo, e come dice nella sua l’Autore della Lettera citata mucho tiempo ha. […] Una Nazione non vinta, ma tratta dalle divisioni delle sue membra, sotto il dominio Romano?
– Gustavo Modena e l’arte sua. […] — Memorie inutili della sua vita scritte da lui medesimo e pubblicate per umiltà. […] — Compendio dell’opera della Christiana Moderazione del Theatro per via d’interrogatorio colle sue risposte.
quanta ne rimane al l’uomo per norma delle sue passioni, allorchè crescono coll’età e diventano più robuste e imperiose? […] A quello però che egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori , o per non avergli intesi , dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua magistrale se non gentile asserzione.
L’impugnò il Lampillas, ma in un modo così grazioso nel suo Saggio che mi diede motivo di rilevare la piacevolezza delle sue opposizioni nell’articolo XII del Discorso Storicocritico. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo ch’abbia illustrato il teatro musicale, egli poi non ha torto quando afferma che l’opera merita di essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
Se il Goldoni che ha mostrato a’ Francesi coll’ ultime sue favole la vera guisa onde scuotere e gettar via il fosco corrotto de’ Sedaine e de’ Diderot, se l’Albergati, il Pepoli e qualche altro, scrittori non ignobili di vere commedie, lasciano pur vuoto il seggio di Moliere, a quanti ed a quanti comici della Senna non son essi superiori?
secondo trattenimento Una grasiosa commedia nuovissima tutta da ridere, di fatica dello Stenterello, intitolata IL COVO DEGLI AMANTI ovvero Stenterello disperato per i pasticci di sua moglie.
Si dispera di pervenire all’altezza del drammatico romano, perché s’ignorano le cose che meritano riforma nell’ottima sua carriera; e che si é pensato? […] Il signor Palissot in una nota posta sotto questi due versi del canto II della sua ingegnosa Dunciade, On y voyait et le sombre Falbaire, Et Beaumarchais, et l’ennuyeux Mercier , dice, auteurs de drames, bien ampoulés, bien sombres, bien lugubres, et plus ennuyeux encore.
Se però all’Apologista parrà dicevole l’usarle, vediamo noi, senza impacciarcene, di ribattere le sue parole.
E per rendere lo spettacolo più ragguardevole, cominciò dal far dipingere varie vaghe vedute di Scena, e dallo stabilire in ciascun Teatro una Orchestra competentemente numerosa composta di non inetti Professori, e così ne scacciò non solo le ridicole bandine, ma la più ridicola ancora, e inverisimile Chitarra, che, nel doversi cantare alcuna cosa, portava fuori alla vista dello spettatore un Sonatore vestito alla foggia del paese, e colla sua parrucca talora in mezzo degli Attori Turchi, o Persiani coperti di un turbante.
Questa che alla prima satireggiava i personaggi viventi, come Cleone, Lamaco, Demostene, Nicia, Socrate, per farli riconoscere dall’uditorio, oltre al nominarli, ne imitava esattamente i volti e gli abbigliamenti, marcandoli, per così dire, con ferro rovente alla presenza di un popolo fiero e geloso della sua libertà.
E non ostante il titolo di tragedie e commedie, esse altro non erano che meri monologhi, o dialoghi satirici senz’azione, posti in musica da lui stesso118, e cantati insieme con sua moglie, ch’egli menava seco in cambio di menestrels, o jongleurs, da noi detti giullari.
La narrazione dello-Scoliasta di Aristofane fu ancor più disviluppata da Giano Parrasio nella sua Epistola 64.