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119. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Ed appunto nel cacciarla fuori (standovi Flavio dentro) sopraggiugne un creditore con gli sbirri, e la vuol torre in pegno. […] Ma no; Temolo non ha tempo d’istruirlo di ciò che ha pensato, e si ritira, per lasciar venir fuori Nibio con la cassa; indi per allontanarlo di là inventa una fola verisimile, e l’accredita con patetica vivezza. Egli vien fuori esclamando: O terra scellerata! […] Picchia: ma il servo ubbriaco, dopo aver detto che Ermino è morto di peste e che Livia è fuggita via, serra l’uscio, ed il lascia fuori pieno di sospetti. […] Nel leggerla non mi trovai molto contento del linguaggio dell’innamorato Licinio, il quale così dice alla sua Delia che gli parla da dentro senza aprirgli la porta: Licinio è quì che come smarrito augello cerca di ridursi nel vostro nido, come aquila che stà per fissar l’occhio in voi suo bel sole: deh uscite fuori, acciocchè i raggi del vostro aspetto illustrino questo luogo, come io illustrato da voi veggio ogni cosa nelle più oscure tenebre della notte.

120. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

Non credo però, che la Storia de’ Teatri vi abbia dato motivo di pensare, che io pretenda destinare i Drammi solo alla lettura de’ Savj, come pare che vogliate insinuare, scappando fuori con quel lectori se credere malunt bene intempestivo. […] I più rinomati Poeti di quel secolo, i quali passarono il centinajo, e scrissero più di mezzo migliajo di Drammi con tale superstizione, che rare volte posero il piede fuori delle Greche vestigia, e senza la scorta di Aristotele in quanto alla forma del Dramma, non si curarono di osservare le più importanti regole?

121. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

In tal commedia interloquisce Prometeo, il quale viene fuori esprimendo il suo timore di esser veduto dal Sole e dagli Dei, e prega Pistetero a coprirlo d’un parasole. […] Dopo ciò, cosa pensereste di un giovane Gaulese, il quale più di duemila anni dopo la morte di questo gran valent’uomo viene a dirci, ch’egli altro non era, che un satirico sfrontato, un parodista, un superstizioso, un bestemmiatore, un buffon da piazza, un Rabelais sulla scena, e che le di lui commedie sono un’ammasso di assurdità, donde qualche volta scappano fuori alcune bellezze inaspettate?

122. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

Nell’atto III Annibale che pur viene fuori col suo confidente, racconta le sue amorose avventure con Trasilla e Pirindra, confessando di amarle ugualmente. […] Posteriore di alquanti anni alle tragedie del Delfino fu il Corradino del lodato Caraccio, essendosi pubblicato la prima volta in Roma nel 1694, cioè quattro anni dopo che ebbe dato fuori il suo poema l’Impero vendicato che egli credeva men difficile impresa, che il comporre una vera tragediaa.

123. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

L’anno del mille cinquecento novantaquattro, che fu il quatordicesimo dell’età mia, dopo lo avere passato per tutte le angustie e patito tutte le necessità, che la carestia universale (gravissimo flagello di Dio) così vivamente gli anni inanti fece sentire, intendendo che mio Padre si ritrovava in Firenze, essendo di ritorno di Sicilia e di Napoli ; esortato dal magnifico Adriano Riccardi (la bontà del quale di molte miserie in quella età mi sollevò) di andare a ritrovarlo ; chiesto licenza alla madre, dopo molte lagrime ottenutala, involto in un pelliccetto, ed un paro di sottocalze per le saccoccie, delle quali spingevo fuori le braccia, mandate a punto dallo stesso M.

124. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

E tali sono ancora le danze fuori di luogo frapposte almeno nella maggior parte, essendo certo che un giorno di lagrime e di lutto quale dovea essere per gli Argivi quello ove perduta aveano ad un solo tratto pressoché tutta la stirpe dei loro re, non era il più a proposito per ordinare quattro balli differenti. […] Io ho divisato non per tanto d’aprire a questo settembre uno spettacolo, e voglio che sia nuovo perché il pubblico è ormai ristucco delle anticaglie di Metastasio, di cui (sebbene sia il primo drammatico del mondo) vuolsi fare quell’uso che si fa nelle case dei vasellami d’argento e delle gioie di gran valore, le quali si cavano fuori in una occasione straordinaria, mentre il restante dell’anno s’adoperano altre masserizie più triviali. […] Il teatro non ha altra poetica che quella delle usanze, e poiché queste vogliono che deva ognor comparir sulle scene un martuffo con un visaccio da luna piena, con una boccaccia non differente da quella de’ leoni che si mettono avanti alla porta d’un gran palazzo, con un parruccone convenzionale, e con un abbigliamento che non ha presso alla civile società né originale né modello; poiché è deciso che cotal personaggio ridicolo abbia ad essere ognora un padre balocco, od un marito sempre geloso e sempre beffato, od un vecchio avaro che si lascia abbindolare dal primo che gli sa destramente piantar le carote, poiché il costume comanda che per tariffa scenica devano mostrarsi in teatro ora un Olandese col cappello alla quakera che sembri muoversi colle fila di ferro a guisa di burattino, ora un Francese incipriato e donnaiuolo che abbia nelle vene una buona dose d’argento vivo, ora un goffo tedesco che non parli d’altro che della sciabla e della fiasca, ora un Don Quisciotte spagnuolo che cammini a compasso come figura geometrica, pieno di falsi puntigli, ed abbigliato alla foggia di due secoli addietro, poiché insomma tutto ha da essere stravagante, esagerato, eccessivo e fuori di natura, voi mi farete la grazia d’accomodarvi mandando al diavolo quanti precettori v’ammonissero in contrario.

125. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

[24] Ma cotesto intervallo non è egli fuori di luogo in quella occasione? […] Ha inoltre da cercare il compositore che il motivo d’un’aria abbia un carattere decisivo che lo distingua da ogni altro del medesimo genere; che le modulazioni, per esempio, ch’entrano nella composizione d’un soggetto patetico, non servano ai caprici ed alle irregolarità d’un argomento giocoso, l’espressione dell’allegrezza d’un coro di contadini a quella del tripudio delle baccanti, la gravità d’un ecclesiastico miserere ai cupi e dolorosi omei d’Alceste, o d’Admeto; che la misura che dà tanta mossa e vigore alla melodia, e gli accompagnamenti che ne aumentan l’effetto servano a far ispiccar il canto senz’alterarlo, e che né questi né quella si prendano la libertà di rappresentar cose staccate dal senso generale dell’aria, e che non abbiano immediata relazione colle parole, essendo certissimo che gli episodi fuori di luogo non sono meno ridicoli nella musica di quello che lo siano nella oratoria e nella poesia. […] Pensieri rancidi e vieti che si replicano mille volte e mille volte si sentono con fastidio delle orecchie, e con iscapito dell’interesse; motivi, a così dire, abbozzati senza finitura e senza carattere; idee buttate all’improvviso come vengono giù dalla penna, senza la lima che vien dallo studio, e senza la sensatezza che acquistano dalla riflessione; tratti raccolti qua e là nelle carte de’ viventi o de’ trapassati maestri combinati poi bizzarramente, onde ne risulta un ritratto che non ha fisonomia determinata; mosaici composti d’altrettante pietre di vario colore quanti sono i diversi stili, che sovente concorrono alla composizione dell’aria stessa; periodi musicali raccozzati insieme senza disegno a formar un soggetto che per lo più è in contraddizione con se medesimo e col tutto insieme del dramma; una fluidità insignificante di melodia che s’oppone alla robustezza e maestà dello stile, che restringe la musica a non trattare fuorché i rondò e le barcaruole, e che esprime la nobile tristezza d’Ezio o d’Achille col tuono proprio delle canzonette per ballo; i vezzi e le frascherie sostituite all’antica, e non mai pregiata abbastanza simplicità; il desiderio di grattar l’orecchio o di sorprender la fantasia con passaggi capricciosi, con arpeggi fuori di luogo, e con ambiziosi ornamenti; per dir tutto in poche parole il secolo del Marini e del Preti, che va succedendo nella musica dietro a quello dell’Ariosto e del Bembo, ecco il vero, il genuino, il per niun verso alterato quadro della presente musica teatrale in Italia. […] Cessa il canto, ma per questo siamo fuori d’impaccio?

126. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO III. Commedie del secolo XVII. » pp. 292-313

Dipigne benissimo le delicatezze e i piccioli nulla degl’innamorati, tirando fuori dal fondo del cuore umano certi tratti così naturali e proprii dell’affetto, che riescono inimitabili.

127. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, ci dica il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senno, non dico in teatro, ma fuori ancora?

128. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Finalmente con abbondantissime lagrime trasse fuori il corpo di Cesare nudo, scoprendo la veste sua piena di sangue e stracciata dal ferro; dal qual lugubre e lamentevole spettacolo il popol tutto fu commosso a piagnere.

129. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

La Ristori fece inorgoglire gl’ Italiani delle loro domestiche glorie tanto ammirate fuori d’Italia ; Gustavo Modena, uomo di Plutarco, artista letterato, patriota e martire vero, fece nascere per l’arte drammatica un culto che non aveva avuto dapprima ; il libero pubblico italiano si affezionò ai suoi migliori allievi, e a quegli insigni che erano sorti a fianco della sua scuola, come la Ristori e il Morelli ; e poichè scarso era il numero dei grandi colleghi, diede la promozione in fama ed in paga agli artisti che più si appressavano a quelli, e spargendo anche sul teatro una tinta di patriotismo si vergognò di non accorrervi quando recitavano i più riputati artisti d’Italia.

130. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VI. Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo. » pp. 389-417

Ma ad onta di tante morti, tanto sangue, e tanti delitti enormi esposti sul teatro inglese, vi si osserva, che ogni dramma é preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico, anche dopo i più malinconici argomenti, e vi si vede sovente l’istessa attrice, che sarà morta nella tragedia, venir fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori. […] Nella Danimarca fiorisce il famoso ministro Klopstock, il quale vi ha pubblicato due buone tragedie applaudite anche fuori della Germania, il Salomone, e la Morte di Adamo 258.

131. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Egli si contentò solo di porompere in invettive generali fuori di tempo contra Filostrato, perchè ella Vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici.

132. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, potrebbe dirci il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senso, non dico in teatro, ma fuori ancora.

133. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

Le guancie nella calda ed animata neve rosseggiando senza artificio alcuno, eran da vaghi fioretti dipinte ; la bocca, anzi il Paradiso, chiuso da due preziosissime porte di rubini e di perle, non solo alla vista porgeva contentezza estrema, ma all’udito ancora, mentre le accorte parolette e l’angelica armonia del canto mandava fuori.

134. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

Sul cadere dell’ 88 egli morì sopra una nave nel tragitto da Genova a Marsiglia ; ed ecco come la Gazzetta Urbana Veneta del 19 novembre 1788, n. 93 dà l’annunzio del triste caso : Quest’uomo famoso che ammirare si fece sino a'confini d’Europa : che fu chiamato fuori d’Italia, dove non intendesi la nostra lingua : che volar fece il suo nome appresso tutte le nazioni dove conoscesi e pregiasi la comic’ arte : che nelle nostre parti rese col suo valore angusti al concorso i maggiori teatri, è morto indigente nel suo tragitto da Genova a Marsiglia e il suo cadavere soggiacque al comune destino de'passeggieri marittimi, d’essere gettato in mare.

135. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Era Sofocle già vecchio, quando Euripide, lasciata la palestra degli Atleti, tutto si dedicò alla poesia tragica e di anni diciotto osò metter fuori la prima sua tragedia (Nota XII). […] E’ questo il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il quale non iscintilla per chi non lo cura o non sa l’arte di farlo scappar fuori. […] Il Dolce così l’espresse: Poichè fu l’innocente al loco giunta, Dove i Greci facean larga corona Al nostro re, come venir la vide, Benchè fuori di tempo e troppo tardi, Da paterna pietà gelossi il sangue, E la pallida faccia addietro volse, Indi col manto si coperse il volto. […] Nel patetico racconto della morte di Polissena nell’atto secondo si ammirano varj tratti pittoreschi e tragici, come il nobile contegno di Polissena, che non vuole esser toccata nell’attendere il colpo: il coraggio che mostra nel lacerar la veste ed esporre il petto nudo alle ferite, Ella poichè si vede in libertate Volgendo gli occhi in certo atto pietoso, Che alcun non fu che i suoi tenesse asciutti, La sottil vesta con le bianche mani Squarciò dal petto insino all’ombilico, E il suo candido seno mostrò fuori: e finalmente l’atto grande e nobile di cadere con decenza dopo il colpo così espresso dal Dolce, cui appartengono anche i versi precedenti, Cadd’ ella e nel cader mirabilmente Serbò degna onestà di real donna. […] A un furor da baccante che trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto?

136. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Fece anche venir fuori quei che prima cantavano dietro della manta, e forse egli stesso gli rendè più accetti coll’ accompagnamento della chitarra, che si è veduta uscire sulle scene Spagnuole sino a’ nostri giorni. […] Il Nasarre che cercava fuori di Lope e Calderon le glorìe drammatiche della sua nazione, ed il Lampillas che faceva pompa di molte commedie per lo più cattive da lui mentovate per le relazioni avutene da Madrid, doveano anzi di simili erudite produzioni andare in traccia, e non attendere che uno straniero le disotterrasse. […] Huerta uscì fuori colla grand’opera del suo Prologo compreso in dieci foglietti di picciolo ottavo in gran carattere silvio nel 1784.

137. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Ella è venuta fuori per attendere Zelinda, che pur sarebbe andata nel di lei appartamento. […] Un legato fuori della scena che fosse così grossolano e puerile ne’ suoi raggiri, si manifesterebbe più atto alla zappa che a’ maneggi di stato. […] Il male si è, che i nostri Zerbinotti, che profondono a braccia quadre per le loro signorine, quando si tratta poi di pagar le gravezze, dicono che non sono in istato di metter fuori un quattrino. […] Ciò è ben duro e fuori del verisimile. […] Elfrida dando voci di dentro e contrastando col padre vien fuori con impeto dopo di aver chiamate in soccorso (poderoso al certo!)

138. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

., si figurava che scappasse fuori pel ventre insieme colle interiora, Gesù Cristo sulle spalle di Satana volava sul pinnacolo ec.

139. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Fece anche uscir fuori la musica che prima cantava dietro della manta, e forse la rese più grata colla chitarra che l’ha accompagnata fino a’ nostri giorni.

140. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii o farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi, e in generale pochissimo considerati fuori della scena.

141. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

I quali nel pronunciarsi con certa cantilena e con espressivo atteggiamento diedero la vita anche alla pronunziazione, che è la prima musica della natura, e poi alla musica stessa artificiale; da che l’uomo solingo posto in mezzo alla silenziosa amenità della campagna sentesi sensibilmente invitato e rapito a mandar fuori di se i versi e a modular la propria voce per incantar dolcemente i sensi di chi l’ascolta; prendendone l’esempio dal concorde suono del grato mormorar de’ ruscelli, del susurrar dell’aure leggiere, del frascheggiar de’ teneri frondosi virgulti, e del lieve aleggiare e del gorgheggiar soave de’ canori augelletti.

142. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati, era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii e farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi e in generale pochissimo considerati fuori della scena.

143. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Quinaut nell’Iside ci fa vedere una furia, che afferrando pei capegli una fanciulla, la cava fuori del mare cogli abiti bagnati. […] [26] Nessun altro poeta dentro o fuori d’Italia è paragonabile con lui in questo genere. […] Chi può soffrire che un feroce principe dei Parti venga fuori con questa scapata amorosa, che starebbe assai meglio negli stemperati endecasillabi del Pontano, ovvero del Cotta? […] [54] Io non vorrei esser tacciato di soverchia stitichezza nei giudicare, ma tradirei i propri sentimenti se non dicessi che tutta questa scena mi sembra una diceria bella bensì, ma fuori di luogo.

144. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Ingrossando le corde del violino troppo fino allora sottili e fievoli, e stangandone alquanto l’archetto, raddolcì l’asprezza di quello stromento che sarebbe stridente di sua natura, e studiando sulla maniera di guidar l’arco di sotto e di sopra, di rallentarlo, d’affrettarlo, e di premerlo, giunse a trar fuori suoni dolcissimi, e maravigliosi. […] Serve d’argomento a provar la diligenza di questi eccellenti maestri il costume che avevano, siccome riferisce il Buontempi illustre allievo della scuola romana, di condurre a spasso i loro discepoli fuori delle mura di Roma colà dove si ritruova un sasso famoso per l’eco, che ripete più volte le stesse parole.

145. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Ma egli non ha capito che Aquilio si vale di quest’immagine come di un paragone conveniente a un cortigiano guerriero, il quale risveglia anzi idee marziali, e manifesta un contrasto di calore e di brio che Aquilio ha bisogno di contenere; e un Piccini e un Paiselli fanno coll’armonia animar questo pensiero vivace, imitar l’impeto guerriero che scappa fuori, e che la prudenza si sforza di raffrenare, e conchiudere col poeta col fare scoppiar il colpo ben guidato, e mostrar il trionfo che produce, ch’é quello che tuttoriempie il cuor d’Aquilio. […] Ma se non si dee cantar quest’immagine piena d’affetti vigorosi, e attivi, ch’egli chiama massima fredda, tuttoché io sappia che i greci animavano colla musica tutte le parole d’una tragedia, domando al signor Sulzer, quali sono le cose che si possono cantare senza offender la ragione, non dico in teatro, ma fuori ancora?

146. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Non vedeva fuori del suo recinto nè Noverri, nè Vestris, nè Hilverding, anzi inviava i suoi ballerini oltramonti, e i Francesi stessi scendevano dalle Alpi per apprendere la danza a.

147. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

I nominati autori spagnuoli, de’ quali molti fiorirono anche sotto Filippo III, scorrendo con piede ardito per ogni parte del Parnasso, osarono calcar nella scenica un nuovo sentiero, e l’intemperanza e la soverchia fiducia gli menò sovente fuori di strada; a somiglianza di un fogoso destriero che trascorrendo a salti per iscoscesi dirupi urta, rovescia, calpesta quanto incontra, e finisce la carriera in un precipizio. […] L’uditorio si scompiglia; chi grida da’ palchi, chi dalla cazuela, chi dalla grada; il Grazioso marito della Baltassarra ed Eredia capo della compagnia vengono fuori confusi e disperati per le loro perdite, e termina l’atto. […] Perchè egli più di una volta ha mostrato disprezzo del valor personale del re che si teneva per prode, per ordine secreto del sovrano è condotto fuori della prigione e di Madrid. […] Sebbene per le passioni generali e per l’intreccio si è veduto con piacere anche ne’ teatri italiani, tutta volta fuori delle Spagne è impossibile ritenere i tratti originali della dipintura degli zingani Andaluzzi che acquistano ancor grazia maggiore nella rappresentazione che ne fanno i nazionali.

148. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

I nominati autori Spagnuoli, de’ quali molti fiorirono anche sotto Filippo III, scorrendo con piede ardito per ogni parte del Parnasso, osarono calcar nella scenica un nuovo sentiero, e l’intemperanza e la soverchia fiducia gli menò sovente fuori di strada, a somiglianza di un fogoso destriero che trascorrendo a salti per iscoscesi dirupi urta, rovescia, calpesta quanto incontra, e finisce la carriera in un precipizio. […] L’uditorio si scompiglia, chi grida da’ palchi, chi dalla cassuela, chi dalla grada, il Grazioso marito della Baltassarra ed Eredia capo della compagnia vengono fuori confusi e disperati per le loro perdite, e termina l’atto. […] Ma perchè egli più d’ una volta ha mostrato disprezzo del valor personale del re che si teneva per prode, per ordine secreto del sovrano è condotto fuori della prigione e di Madrid. […] Sebbene per le passioni generali e per l’intreccio si è veduta con piacere anche ne’ teatri italiani, tuttavolta fuori delle Spagne è impossibile il ritenere scrivendo i tratti originali della dipintura degli zingani Andaluzzi che acquistano ancor grazia maggiore nella rappresentazione che ne fanno i nazionali.

149. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Morì questo gran tragico strangolato da un grano d’uva d’anni novantacinque27, Era Sofocle già vecchio, quando Euripide lasciò la palestra degli atleti per darsi tutto alla tragica poesia, e d’anni diciotto osò metter fuori la prima sua tragedia. […] Finalmente con somma conoscenza del cuore umano quello grande ingegno mostra più eloquentemente l’immenso dolore del padre di quello che altri fatto avrebbe con una lunga declamazione: Poiché fu l’innocente al loco giunta Dove i greci facean larga corona    Al nostro re, come venir sa vide Benché fuori di tempo e troppo tardi Da paterna pietà gelossi ’l sangue, E la pallida faccia addietro volse, Indi col manto si coperse il volto. […] Nel patetico racconto della morte di Polissena nell’atto III si ammirano varj tratti pittoreschi e tragici, come il nobile contegno di Polissena che non vuole esser toccata nell’attendere il colpo, il coraggio che mostra nel lacerar la veste ed esporre il petto nudo alle ferite: Ella poiché si vide in libertade Volgendo gli occhi in certo atto pietoso Che alcun non fu che i suoi tenesse asciutti, La sottil vesta con le bianche mani Squarciò dal petto infino all’ombilico E ’l suo candido seno mostrò fuori ec.

150. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Venuto Ercole, il poeta fa ch’egli intenda lo stato del regno, e voli a trucidar il tiranno; ma mentre la sua famiglia dovrebbe mostrarsi sollecita dell’esito dell’impresa, Anfitrione si diverte ad ascoltar da Teseo l’avvenimento di Cerbero tratto fuori dell’Inferno, e a domandar, se in quelle regioni «si trovino terre feraci in vino e in frumento». […] Narrali nel V, come il tumulto é già sedato, Nerone comanda, che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria oggi Ventotiene; e in fatti viene ella fuori condotta da soldati per imbarcarsi. […]  «Orazio, giudiciosissimo poeta e precettatore ( scrive Anton Maria Salvini ) rende ragione, perché i comici latini non abbiano aggiunto all’eccelezza de’ greci, zoppicando in questa parte la commedia latina, per usare in questo proposito la frase di Quintiliano, uomo di squisito giudicio, seguito in ciò dal Poliziano nell’erudita selva de’ poeti; dice, che di questa inferiorità n’é cagione, che i Latini non hanno amata la fatica della lima, e dati sono impazienti d’indugio, mandando fuori troppo frettolosamente i lor parti, ne’ quali più ingegno che audio si scorge».

151. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Giugurta … quì si trattiene soggiungendo… ma viene Megara frettoloso, te lo dirò poi ; e finisce l’atto così, senza che niuno nè frettolosò nè a bell’agio venga fuori. […] Oggi si esige che l’azione inevitabilmente si avanzi al suo fine o sulla scena o fuori di essa. […] Mentre Fañez pensa a fare uccidere Rachele, Ruben in mezzo a tanti robusti armati solo debole e vile cava fuori un pugnale (come dice) per difendersi.

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Giovanni Campistron diede fuori la buona commedia il Geloso disingannato rimasto al teatro. […] Del resto senza pregiudizio di qualche merito del Marivaux, nulla prova, una traduzione di un’ opera infelice fuori del paese nativo, se non che l’analogia di meschinità tra l’autore, ed il traduttore.

153. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Venuto Ercole il poeta fa che egli intenda lo stato del regno e voli a trucidare il tiranno; ma intanto che la sua famiglia dovrebbe mostrarsi sollecita dell’esito dell’impresa, Anfitrione si diverte ad ascoltar da Teseo l’avvenimento di cerbero tratto fuori dell’inferno, e a domandare, se in quelle regioni si trovino terre feraci di vino e di frumento. […] Nerone comanda che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria del golfo di Gaeta, che nel Napoletano dialetto oggi dicesi Vientotene; e in fatti ella viene fuori condotta da’ soldati per imbarcarsi.

154. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Sarebbe lo stesso che se ad uno che anela nel corso, altri gettasse fuori di strada alcuni pomi bellissimi, acciocché trattenendosi egli a raccoglierli, non potesse mai toccare la meta. […] Quando il pensier musicale d’un aria si è presentato adorno di certa classe di ornamenti, non si dee replicarlo di nuovo vestito in foggia diversa; perché s’hai colpito nel segno la prima volta, saranno necessariamente fuori di luogo i vezzi chc le aggiugni nella seconda. […] Talmenteché gli attori tragici mandavano fuori al dire di Cassiodoro (Epist.

155. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Stravagante e senza utilità pel tiranno mi sembra la seconda scena dell’atto V, in cui egli vien fuori unicamente per dire all’ardito eroe: vieni a piè dell’altare Me jurer à genoux un hommage èternel. […] Ma il V atto cui non rimane materia sufficiente, non contenendo che un lungo monologo di Medea, e Teseo che viene fuori a dire che ha vinto, mancò poco che non tirasse seco a terra tutta la tragedia. […] Voltaire afferma ch’egli nel medesimo anno ne mandò fuori due, l’uno in versi che si rappresentò e l’altro in prosa non mai recitato.

156. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Nato però e allevato fuori dell’Italia nella regione Gallica inserì sovente ne’ suoi drammi voci non latine, e per tal mescolanza fu da Cicerone chiamato malus latinitatis author 95. […] Esce egli dalla casa della moglie pieno di tristezza, e al veder la madre si sforza di dissimular la sua pena, benchè i segni ne scappino fuori ad onta della sua industria. […] Ma la tempesta de’ poderi nostri Ecco fuori sen vien, che i dolci frutti Che noi coglier dobbiam, via se ne porta.

157. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

Vedeasi spesso misero ed afflitto Zanni dal Cantinella sopraffare, che gli correva addosso a naso ritto ; poi si sentiva il Cantinel cagliare, chè Zanni gli faceva un sopravento, ch’ il meschin non sapea dove s’entrare : e così gli altri ancora e fuori e drento facevan gli atti lor si gentilmente, ch’ ognun restava al fin lieto e contento.

158. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Venuto Ercole il poeta fa che egli intenda lo stato del regno e voli a trucidare il tiranno; ma intanto che la sua famiglia dovrebbe mostrarsi sollecita dell’esito dell’impresa, Anfitrione si diverte ad ascoltar da Teseo l’avvenimento di Cerbero tratto fuori dall’inferno, e a domandare, se in quelle regioni si trovino terre feraci di vino e di frumento . […] Nerone comanda che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria del golfo di Gaeta, che nel dialetto napoletano dicesi Vientotene; e in fatti ella viene fuori condotta da’ soldati per imbarcarsi.

159. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Dipigne benissimo le delicatezze e i piccioli nulla degl’ innamorati, tirando fuori dal fondo del cuore umano certi tratti così naturali e proprii dell’affetto che riescono inimitabili. […] Quando con ardir felice il Rinuccini accoppiava al dramma una musica continuata e tirava l’attenzione dell’Europa con uno spettacolo che tutte raccoglieva le sparse delizie che parlano efficacemente a’ sensi; quando, dico, nacque l’Opera, l’Italia trovavasi ricca di opere immortali di pittura, scoltura ed architettura: gloriavasi de’ talenti e delle invenzioni di varii celebri pittori e machinisti che seguirono Girolamo Genga e il matematico e architetto Baltassarre Peruzzi: possedeva illustri pittori di quadratura, come Ferdinando da Bibiena, Angelo Michele Colonna Comasco scolare del Dentoni, Agostino Mitelli Bolognese, il cavalier d’Arpino architetto e pittore insigne: non vedeva fuori del suo recinto nè Noverri, nè Vestris, nè Hilverding, anzi inviava i suoi ballerini oltramonti, e i Francesi stessi scendevano dalle Alpi per apprendere la danza (Nota IV): i suoi Peri, Corsi, Monteverde, Soriano, Giovannelli erano allora quel che oggi sono i Piccinni, i Gluck, i Sacchini, i Paiselli.

160. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

E prosegue dicendo cose che sembrano totalmente fuori di ragione, benchè vi si osservi certo metodo e molta acutezza.

161. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 148-185

Ma io che penso di avere una coscienza un pò più delicata de’ gazzettieri di queste contrade, le dico che si astenga di trarre il capo fuori del suo telonio e di frammischiarsi in ciò che ignora, e stia ad ascoltare chi sa più in là delle gazzette.

162. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Fra gli oggetti, che in un ingente furto commesso in suo danno un giorno che egli era andato a desinar fuori di casa gli furon rubati, era anche un orologio antico portante incisa in un sigillo di pietra nera inglese la testa del celebre attore Garrick, amico e ammiratore profondo del nostro Arlecchino.

163. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Nato però e allevato fuori dell’Italia nella regione Gallica inseri sovente ne’ suoi drammi voci non latine, e per tal mescolanza fu da Cicerone chiamato malus latinitatis author a Tullio stesso nel libro de Senectute cità i di lui Sinefebi, e Aulo Gellio la commedia intitolata Plotium, favole di Menandro da Cecilio imitate. […] Esce egli dalla casa della moglie pieno di tristezza; e al veder la madre si sforza di dissimular la sua pena, benchè i segni ne scappino fuori ad onta della sua industria. […] Ma la tempesta de’ poderi nostri Ecco fuori sen vien, che i dolci frutti Che noi coglier dobbiam, via se ne porta.

164. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Il parlare troppo elegante de’ pastori in questa favola ebbe anche fuori dell’Italie un censore nel Rapin, che misurava que’ pastori colla squadra de’ caprai delle moderne campagne; senza avvertire che nell’ipotesi della pastorale del Guarini i pastori Arcadi fingonsi discendenti di Silvani e di Fiumi deificati, e formano una famiglia o repubblica pastorale, di cui i sacerdoti, a somiglianza degli antichi patriarchi, erano i legislatori e maestri.

165. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Più picciolo è il teatro di Mompellier benchè regolare e di migliore apparenza al di fuori.

166. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Il parlare troppo elegante de’ pastori in questa favola ebbe anche fuori dell’Italia un censore nel Rapin, che misurava que’ pastori colla squadra de’ villani e caprai delle moderne campagne; senza avvertire, che nell’ipotesi della pastorale del Guarini i pastori Arcadi fingonsi discendenti di Silvani e di Fiumi deificati, e formano una famiglia o repubblica pastorale, di cui i sacerdoti, a somiglianza degli antichi patriarchi, erano i maestri e i legislatori.

167. (1878) Della declamazione [posth.]

Ma se la fate durare ventiquattr’ore, bisognerà che lasciate fuori il più essenziale, la pittura dell’animo di Nerone che si pervertisce per gradi, o bisognerà che storpiate la pittura, come ha fatto Racine76. […] Si prende gioco tuttavia di quegli attori che, infrangendo il muro della finzione, assumevano gli atteggiamenti dei re e delle regine che interpretavano anche fuori dalla scena. […] Quindi diciamo l’uno più o meno operativo dell’altro, quanto più o meno produce e spiega al di fuori di tali effetti. […] Sia la forza superiore, della quale è l’uomo informato, sia la sua organizzazione più estesa e moltiplice, sia la combinazione dell’una e dell’altra, esso genera ed esprime al di fuori assai più che gli altri non fanno. […] Noi diciamo: Tu non sei in tuono, tu sei fuori di tuono, come se dir volessimo: Tu non sei in consonanza ed in accordo, tu non rispondi a quella norma, alla quale dovresti rispondere. — Ma qual è questa norma generale che può determinare sicuramente il tuono che la voce ne’ vari incontri dee prendere?

168. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Egli si contentò solo di prorompere in invettive generali fuori di tempo contra Filostrato, perchè nella Vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici.

169. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

V’ è chi è andato a tirar fuori l’Angeleide del Valvasone, e la Strage degli Innocenti del Marini, ed altro.

170. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Nel tamburo quantunque non ammetta alcuna varietà di suono, vedesi non per tanto che a forza delle varianti percosse escono fuori certi suoni esprimenti l’evoluzioni militari che dispongono i soldati al coraggio, e gli aiutano nella fatica118. […] Attalchè la musica si trova in oggi agguisa di quelle città, le quali fabbricate in origine su una pianta assai ristretta, e dappoi lentamente aggrandendosi, hanno qua un veicolo senza uscita, là una strada di diversa spezie, colà un borgo fuori delle mura, dappertutto aggiunte posticele che ne turban l’ordine e ne sfigurano la simmetria.

171. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Fece anche venir fuori quei che prima cantavano dietro della manta, e forse egli stesso gli rendè più accetti coll’acccompagnamento della chitarra, che si è veduta uscire sulle scene ispane sino a’ giorni nostri. […] Il Nasarre che cercava fuori di Lope e Calderòn le glorie drammatiche della propria nazione; ed il Lampillas che faceva pompa di molte commedie per lo più cattive da lui nominate per essergli state sugerite da Madrid; ed altri che ora non vò ripetere, doveano anzi di simili erudite produzioni andare in traccia, e non attendere che uno straniero le disotterrasse.

172. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Aluro amante sì paziente vuol saperne la cagione, ed ella dopo di aver posto in contrasto l’amore ch’egli ha per lei con quello della patria, dopo di aver tenuto sulle spine l’ ascoltatore per altri ottanta versi, gli dice: senti la tua pena e la mia angustia; Giugurta . . ma viene Megara frettoloso, te lo dirò da poi; e finisce l’atto così, senza che niuno nè frettoloso nè a bell’ agio venga fuori. […] Oggi si esige che l’azione inevitabilmente si avanzi al suo fine o in iscena o fuori di essa.

173. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

“Non potendo” (sono le parole da Voi addotte con qualche mutilazione) “i Poeti osservare gl’indiscreti e puerili precetti ad Aristotile attribuiti, hanno anche spezzato ogni legame di natural ragione, uscendo affatto dalla verisimilitudine, decoro, e proprietà, come spesso avviene che gli uomini rompendo il freno di eccedente rigore, trascorrono fuori della norma comune ad una immoderata licenza”.

174. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Ma il sig. di Surdéac sotto pretesto d’aver anticipato molto denaro, s’impadronì del teatro e della cassa, cacciò fuori il Perrin, e si valse della penna di Gilbert, il quale compose le Pene, e i Piaceri d’Amore, seconda opera francese posta pure in musica dal Cambert e rappresentata nel 1671.

175. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

A un tratto poi nel IV si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici, così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe ; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio ferito.

176. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Lampillas mostrare che gl’ Italiani di que’ miseri tempi erano nel latino idioma più barbari degli oltramontani, dovrebbe far vedere che fuori dell’Italia si scrivesse latinamente con più purità ed eleganza del famoso lodato storico de’ Longobardi Paolo di Varnefrido, e che non fussero stati Italiani ma Spagnuoli quelli che Carlo Magno chiamò in Francia per insegnarvi la gramatica, l’aritmetica, il canto ec.

177. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

La traduzione di un’ opera infelice fuori del paese nativo altro non pruova se non l’analogia di meschinità trall’autore e ’l traduttore.

178. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

[4.4.4] Per mancanza di cotale avvertimento in più tragedie è dunque successo che la comparsa delle persone sia fuori di tempo o di luogo, il che talora diviene anche meno soffribile quando s’offendono le usanze particolari delle genti. […] Contuttociò, s’io mal non m’appongo riflettendo sopra di esse, que’ poeti guari non si curarono di qualificare altri caratteri fuori che quello de’ primi personaggi, traendo per lo più non dalle morali disposizioni, ma da’ fatti i sentimenti degli altri interlocutori. […] Cominciossi a frequentare tal sorta di fiori nella Canace dello Speroni, uomo per altro dotto, ma che per la tema d’incorrere nella noia delle altre favole e per l’avidità di far pompa di tutte le ricchezze della sua eloquenza, si lasciò trasportare a sparger queste oltre misura fuori di tempo e di luogo in ogni tragico intertenimento. […] Nel Torrismondo 58 è notabile la geografia che fuori di tempo mostra la cameriera, che verisimilmente doveva ignorare anche i nomi de’ seguenti versi. […] [7.4.1] Per conoscere quanto disconvenga la rima alle tragedie basta considerare ch’ella fu ritrovata per produrre insieme il piacer dell’udito e la maraviglia dello intelletto, perocché quindi appare che, siccome lo studio della medesima è proprio per le canzoni, così non è compossibile né colla gravità de’ tragici interessi, né collo spensierato sfogo delle passioni, poiché l’artifizio non può rimanerne nascosto a guisa della misura ch’hanno i versi greci e latini, ma tutto al di fuori si sente, come bene osserva il Gravina141.

179. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

[19] Molto maggior fortuna sortì in appresso un altra sua pastorale intitolata L’Euridice Tragedia per musica, la quale fu con più accuratezza modulata nella maggior parte dal Peri fuori d’alcune arie bellissime che furono composte da Jacopo Corsi, e quelle del personaggio d’Euridice e dei cori, nelle quali ebbe mano il Caccini.

180. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Lampillas mostrare, che gl’Italiani di que’ miseri tempi erano nel latino idioma più barbari degli oltramontani, dovrebbe far vedere che fuori dell’Italia si scrivesse latinamente con più purità ed eleganza del famoso storico de’ Longobardi Paolo di Varnefrido; e che non fossero stati Italiani ma Spagnuoli quelli che Carlo Magno chiamò in Francia per insegnarvi la gramatica, l’aritmetica, il canto ecc.

181. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

L’eremita allora cava fuori una gran croce, veggendo la quale il diavolo piglia la figura di porco, e va via grugnendo.

182. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Non sì tosto la scopersero che si fecero un religioso divieto non dico di corromperla ma persin di metterla fuori di luogo; cosicché ne’ templi ch’essi ergevano agli dei, non solo faceano mostra delle più belle proporzioni, ma applicavano ad ogni divinità l’ordine che più s’acconciava al suo carattere.

183. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

[21] Sviluppiamo questo garbuglio d’idee, dal quale come dall’uovo di Leda verranno fuori delle cose pellegrine. […] Che vuol dire che se Gluk, Paisello, e Mazzoni metteranno sotto le note le stesse parole dalle mani del primo verrà fuori per lo più un lavoro esatto, ragionato e pieno di forza, da quelle del secondo una composizione vaga, ricca, e brillante, e da quelle del terzo probabilmente una cosa mediocre, o cattiva?

184. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

La sfera delle belle idee in materia di belle arti e essendo molto stretta fecondo che c’insegna Platone, di leggieri l’ingegno umano dà in un pensar fantastico e stravagante quando vuol di quella uscir fuori; é perciò reputasi cosa lodevole e necessaria le imitar i migliori tratti di que’ sagri Ingegni che nelle loro opere seguitando più dappresso la bella natura, han saputo contenersi nella sfera del bello.

185. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Stravagante, e senza utilità pel tiranno mi sembra la seconda scena dell’atto V, in cui egli vien fuori unicamente per dire all’ardito eroe: vieni a piè dell’altare Me jurer à genoux un hommage éternel.

186. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Ma nell’atto V torna fuori senza avere nulla eseguito nel vuoto de i due atti.

187. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Ma nell’atto V egli torna fuori senza avere nulla eseguito nel vuoto dell’uno atto e dell’altro.

188. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Le scene sono tutte concatenate alla maniera moderna ad eccezione dell’atto II, in cui rimane una volta la scena vuota partendo Arsinoe nella quarta e venendo poi fuori Berenice ed Araspe.

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