Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la cultura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri. […] Da tal punto i poeti teatrali tutta rivolgono la curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli evenimenti mediocri, ne scuoprono le ingiustizie, le stravaganze, le ridicolezze, ne tentano la correzione, e i teatri fortunatamente si cangiano in tante scuole di sana morale. È questo il terzo fatto osservato in tutti i teatri. […] Ma questo freno che apparentemente avrebbe dovuto inceppare l’attività degl’ ingegni, in tutti i teatri che conosciamo bene, ha prodotto avventurosamente un effetto assai diverso. […] Ed è questo il quarto fatto da notarsi, che noi troveremo avverato in tutti i teatri Europei, e dall’analogia delle idee ci sentiamo inclinati a conchiudere, che troveremmo eziandio ne’ teatri orientali e in quello del Perù, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto noi possiamo instruirci sulla legislazione e la poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nel punto di vista che quì presentiamo.
Molti teatri si eressero in Italia nel secolo XVII da’ valorosi architetti ma i più considerabili furono quello di Parma, di San Giovanni Crisostomo in Venezia, di Fano, e di Tordinona in Roma. […] Ed oggi singolarmente che i teatri trovansi tanto lontani dall’antica solidità e magnificenza, non è picciol vanto per l’Italia e per lo stato di Parma il potere additare un teatro tanto magnifico e poco lontano dalla maniera antica, specialmente agli stranieri avvezzi a’ loro teatri assai meschini. […] Gli altri teatri Veneti per lo più innalzati sopra rovine di antichi edifizii, appartengono parimente al secolo XVII, a riserba di quello di San Benedetto. Ma niuno di essi sembra degno di sì cospicua città, la quale può gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma del compasso immortale de’ Palladii e de’ Sansovini. […] Molti altri teatri si eressero nel medesimo secolo e quasi ogni città n’ebbe uno qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare del piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in musica.
Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri. […] Da tal punto i poeti teatrali tutta rivolgono la curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni, e gli evenimenti mediocri, ne scuoprono le ingiustizie, le stravaganze, le ridicolezze, ne tentano la correzione, e i teatri fortunatamente si cangiano in tante scuole di sana morale. È questo il terzo fatto osservato in tutti i teatri. […] Ma questo freno che apparentemente avrebbe dovuto inceppare l’attività degl’ingegni, in tutti i teatri che conosciamo bene, ha prodotto avventurosamente un effetto assai diverso. […] Ed è questo il quarto fatto da notarsi, che noi troveremo avverato in tutti i teatri Europei, e dal l’analogia delle idee ci sentiamo inclinati a conchiudere, che troveremmo eziandio ne’ teatri orientali, e in quello del Perù, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto noi possiamo instruirci sulla legislazione e la poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nel punto di vista che quì presentiamo.
Roma prima del tempo di Pompeo ebbe teatri magnifici che per qualche occorrenza si eressero di legno, e si disfecero. Tutto ciò che osservammo nella costruzione del teatro Greco, videsi ne’ teatri Romani innalzati estemporaneamante. […] Nè anche in questi teatri stabili Romani si collocarono i vasi di rame o bronzo soprannomati, per quel che osserva il più volte lodato architetto Vitruvio. Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di greca origine, come Napoli, Taranto ed altre del nostro regno. […] In pochissime altre cose differivano da’ teatri Greci i Romani.
Roma prima del tempo di Pompeo ebbe teatri magnifici che per qualche occorrenza si eressero di legno e si disfecero. Tutto ciò che osservammo nella costruzione del teatro Greco, videsi ne’ teatri Romani innalzati estemporaneamente. […] Nè anche in questi teatri stabili Romani si collocarono i vasi di rame o bronzo soprannomati, per quel che osserva il più volte lodato architetto Vitruvio. Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di Greca origine, come Napoli, Taranto, ed altre del nostro regno; nè tutte gli avevano del nominato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi producevano il medesimo ottimo effetto152. In pochissime altre cose differivano da’ teatri Greci i Romani.
Una catena d’idee, uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che non comunicavano insieme; e ’l concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pur senza bisogno d’esempio, le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri. […] Quindi si scorge perché tutte le prime composizioni sceniche, come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura, si trovino scritte in versi, ch’é il secondo fatto generale che notasi ne’ teatri. […] Da tal punto i poeti teatrali rivolgono tutta la loro curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli eventi mediocri, né scoprono l’ingiustizie, le stravaganze, il ridicolo, ne tentano la correzione, ed i teatri fortunatamente si veggono cangiati in tante scuole di sana morale. E’ il terzo fatto osservato in tutti i teatri. […] Ma questo freno che apparentemente avrebbe dovuto inceppar l’attività degl’ingegni, in tutti i teatri che conosciamo bene, ha prodotto felicemente un effetto assai diverso; perocché in cambio di trattenere il volo delle fantasie de’ poeti, la legge gli ha costretti ad uscir dell’uniformità, a spianarsi nuove strade, ed a rendere il teatro più vago, più vario, e più delicato.
Entrambi i teatri hanno tre ordini di palchetti simili a quelli de’ teatri italiani per le dame, ed altra gente agiata; l’ultimo de’ quali men nobile è nel mezzo interrotto da un altro gran palco chiamato tertulia perpendicolare alla cazuela, dal quale gode dello spettacolo la gente più seria, e singolarmente gli ecclesiastici. […] Ma di tali nomi rintracciar non potei la vera origine, tuttocchè ne richiedessi varii eruditi amici che frequentavano i teatri. […] Pareva a lui una bagattella decidere delle rappresentazioni de’ due teatri a colpi di pugni? […] Unico corpo secondo lui avrebbe potuto dirsi, se esse non avessero rappresentato le commedie del rispettivo repertorio in due teatri. […] E da allora la decenza che si loda e si pratica nelle nazioni polite regnò ne’ teatri di Madrid, siccome si è pur da me accennato.