L’antico scrittore che racconta il dissidio tra Francesi e Romani, dice che Adriano Pontefice mandò in Francia maestri i quali fra le altre cose gli istruissero nell’organare in arte organandi.
[10] Simile al secondo ei maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili de’ quali si fa uso nella musica, mostrandosi grave, maestoso, e sublime nello Stabat mater, vivo, impetuoso e tragico nell’Olimpiade, e nell’Orfeo, grazioso, vario e piccante, ma sempre elegante e regolato nella Serva padrona, la quale ebbe il merito singolare, sentita che fu la prima volta a Parigi, di cagionare una inaspettata rivoluzione negli orecchi de’ Francesi troppo restii in favor della musica italiana.
Gli spettacoli scenici ch’egli amò con predilezione, fiorirono sotto di lui a tal segno, che il Vega, il Calderòn, il Solis, il Moreto, si lessero e si produssero da’ Francesi che cominciavano a sorgere, e dagl’Italiani che andavano decadendo. […] Fu tradotta da’ Francesi col titolo les Engagemens du hazard.
Chi più di lui tra i Francesi è ricco d’armonia, di numero, di colorito, di genio, d’immagini, insomma di vera poesia?
L’Impostore — edito in Francia dopo la partenza di Martello e grazie alle cure di Antonio Conti, che, come si è visto, entrò nel laboratorio del dialogo32 — è un dialogo in sole quattro sessioni, dedicate rispettivamente: alla discussione e all’invalidazione della porzione della Poetica aristotelica dedicata alla ‘favola’ tragica in esplicita polemica con il Gravina di Della ragion poetica; alle unità pseudo-aristoteliche e alla liceità della mutazione di scena; allo ‘sceneggiamento’ nella tragedia antica e in quella moderna, ai soliloqui, alla legittimità di accogliere l’amore come tema tragico, al fine politico della tragedia nelle moderne monarchie; alla declamazione, recitazione, ballo e costume dei Francesi e degli Italiani. […] In questa prima redazione la tentazione di scrivere un ‘commento dialogato’ alla Poetica, in risposta alle letture del corrente classicismo, dovette essere forte, per quanto smontata dall’intelligenza martelliana in una serie di affondi mirati sulla ‘favola’ e le pseudo unità aristoteliche, cui segue una sezione più moderna e movimentata che sfrutta le disparità nazionali (Italia e Francia) e storiche (gli antichi e i moderni) per relativizzare il modello classico e avvalorare le scelte drammaturgiche degli Italiani (il soliloquio degli Italiani vs il confidente dei Francesi; la tragedia amorosa dei Francesi; la correzione del concetto aristotelico di ‘catarsi’; il necessario aggiornamento di modelli classici inattuali in una realtà politica profondamente diversa da quella dell’Atene del V secolo). […] [commento_4.15ED] È forse lecito scorgervi una punta d’ironia nella discrepanza tra i Francesi in patria e quelli all’estero.
e questi come mai sono stati sconosciuti a’ Greci, a’ Latini, agli Italiani, ai Francesi ecc, ed apparsi solo verso la fine del secolo XVIII come silfi al Sig.
I Francesi medesimi, gl’Inglesi, e le altre nazioni colle quali abbiamo più familiarità e commercio, tengono pure alcuni usi, che non hanno ancora ottenuta la nostra cittadinanza, e che però, scelti con accorgimento, farebbero di sé bella mostra sul teatro.