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104. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Apritemi le vene, Delibate il mio sangue, Pur che viviate voi Poco a me cale il rimanermi esangue ; Barbaro insidiatore Di nostra libertade, Tu con funesto orrore D’armi hai ricinte di Sion le mura.

105. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

scrive alla conpagnia godere della unione nostra.

106. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

E con tal conoscenza de’ costumi italiani ha stabilito il suo filosofico principio della nostra commedia il signor Marmontel? […] Probabilmente però la prima di tutte le recite fu quella di Urbino, come ben riflette l’insigne Storico della nostra Letteraturab; giacchè il Castiglione dice di questa recita che non essendo ancor giunto il prologo del Bibbiena, aveane egli composto uno, la qual cosa può indicare che la di lui commedia fosse scritta di recente, anzi non del tutto compiuta. […] In narrando Cleandro a Palamede quando ed in qual modo venne in casa la Clizia, dice: Quando dodici anni sono nel 1494 passò il re Carlo per Firenze, che andava con un grande esercitò all’impresa del regno, alloggiò in casa nostra un gentiluomo della compagnia di Monsignor di Fois chiamato Beltramo di Guascogna. […] E sarebbe a desiderare che nella nostra chiamata illuminata età, in vece di scriversi scempiate traduzioni delle favole Plautine, se ne facessero sulle orme del Machiavelli fresche imitazioni libere che tirassero l’attenzione appunto coll’adattarvisi acconciamente l’espressioni latine ai costumi moderni. […] Antonio Francesco Grazzini detto il Lasca, uno de’ cinque fondatori dell’Accademia della Crusca e assai benemerito della nostra lingua, compose più commedie in prosa elegante e graziosa tralle quali spiccano la Gelosia (che non rassomiglia punto all’atroce vendicativo furor geloso de’Fajeli) pubblicata in Firenze nel 1551, e la Spiritata nel 1560, le quali insieme colla Sibilla si ristamparono in Venezia nel 1585.

107. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

E con tal conoscenza de’ costumi Italiani ha fondato il suo filosofico principio della nostra commedia il Signor di Marmontel? […] Probabilmente però la prima di tutte le recite fu questa di Urbino, come ben riflette l’insigne Storico della nostra letteratura116; giacchè il Castiglione dice di questa recita che non essendo ancor giunto il prologo del Bibbiena, aveane egli composto uno, la qual cosa può indicare che la di lui commedia fosse scritta di recente, anzi non del tutto compiuta. […] In narrando Cleandro a Palamede quando e in qual modo venne in casa la Clizia, dice: Quando dodici anni sono nel 1494 passò il re Carlo per Firenze, che andava con un grande esercito all’impresa del regno, alloggiò in casa nostra uno gentiluomo della compagnia di monsignor di Fois chiamato Beltramo di Guascogna. […] E sarebbe a desiderare che nella nostra illuminata età, in vece di farsi scempiate traduzioni delle favole Plautine, se ne facessero sulle orme del Machiavelli fresche imitazioni libere che si rendessero interessanti appunto per adattarvisi l’espressioni latine ai costumi moderni. […] Anton Francesco Grazzini detto il Lasca, uno de’ cinque fondatori dell’Accademia della Crusca e assai benemerito della nostra lingua, compose più commedie in prosa elegante e graziosa, tralle quali spiccano la Gelosia (che non è certamente quella de’ Fajeli) pubblicata in Firenze nel 1551, e la Spiritata nel 1560, le quali insieme colla Sibilla si ristamparono in Venezia nel 1582.

108. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Noi ne accennammo più cose nella nostra opera appartenente alle Sicilie71; e quì ci arresteremo anche un poco su di esse forse non inutilmente non solo per la gioventù, ma ancora per chi non leggendo osa ragionare, e per chi non sa se non ripetere come oriuolo i giudizj portati dagli esteri su i nostri scrittori, favellandone iniquamente per tradizione. […] Alla buona riuscita di essi contribuì singolarmente la dolcissima voce e la maestria di cantare del Vittorio da Spoleto attore maraviglioso, quo nemo neque nostra, neque patrum memoria toto orbe terrarum præstantior est auditus 79; e pure in quel tempo si ammiravano per la voce e per l’arte di modularla il Campagnuola, l’Angelucci, il Gregorio. […] Ma questi eunuchi sostituiti alle cantatrici nel dramma del Tronsarelli ci richiamano alla memoria un’ osservazione fatta sulla nostra Storia de’ Teatri del 1777 dal già mancato erudito estensore di quel tempo delle Romane Efemeridi Letterarie.

109. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Oltre a questa del Capitano Spantega, seguita da due ottave siciliane, ho trovato altre due canzoncine, riguardanti la nostra maschera, rarissime e interessantissime, che tolgo, come l’altra, dalla Miscellanea, N.  […] i 96, e 19) hanno importanza non lieve per la nostra maschera ; la prima specialmente, in cui il carattere ne è determinato dal seguente sonetto a’ Lettori : Queste non son legende fauolose Di Grilo, del Gonella o di Morgante, Fatte per compiacer il volgo errante, O tratener le genti curiose, Ma l’imprese tremende e spauentose D’vn nuouo Capaneo d’vn nuouo Atlante, Qual non stima Gradasso o Sacripante, Nè chi nel mar l’alte colonne pose. […] E’ fu un tempo che il Capitano ed io non ci mettevamo le scarpe d’altro che di barbe strappate a questo, e a quell’altro bravo ; i matterazzi e cuscini non si facevano d’altro in casa nostra.

110. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

Pugnano i doveri della religione e delle leggi con molte opinioni adottate dagli uomini, ed in tal contrasto, quando più ci farebbe d’uopo al fianco una Minerva sotto forma di un Mentore, ci troviamo abbandonati a noi stessi, alla nostra scelta, al nostro discorso.

111. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Or questa è l’opera musicale; a giudizio di tutta l’ Europa; e questo lavoro nella nostra lingua non s’inventò prima degli ultimi tre anni del cinquecento148.

112. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

A noi piacque di tradurlo ancora; ed affinchè i giovani avessero una competente idea de’ Cori di Euripide, c’ingegnammo di ritenere un poco più le immagini e lo spirito del l’originale senza violentare il genio’ della nostra lingua: Patria (ahi duol che n’anchide!) […] Ma le traduzioni non giungono a darne a conoscere tutto il patetico, e molto meno questa nostra che si ristrigne a un solo passo spogliato della situazione della scena: Figlio, viscere mie, da queste braccia Ti svelgono i crudeli. […] Intorno a sì eccellente produzione di Euripide, al l’imitazione che ne fece Racine, alle antiche versioni e critichè, il giovane curioso potrebbe percorrere il tomo III della nostra operetta in tre volumi intitolata Delle migliori Tragedie Greche e Francesi nostre Traduzioni ed Analisi comparative.

113. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

Avanti a loro Arrigo Glareano, scrittore svizzero, e Don Niccolò Vicentino de’ Vicentini, tentarono d’accomodar alla pratica moderna essi generi e modi, ma con evento poco felice, imperocché non compresero che la nostra musica appoggiata su fondamenti troppo diversi non ammettea il severo andamento di quella dei Greci. […] In contraccambio regna in quelle composizioni una certa semplicità preferibile a molti riguardi alla sfoggiata pompa della nostra.

114. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Il nostro legno poco veliero ci obbligò a porre tutta la nostra speranza nel valore. Gettaronsi i rampiconi; io prima di tutti saltai sull’imbarcazione nemica, la quale nel tempo stesso si dispiccò dalla nostra, ed io rimasi solo e prigioniero.

115. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Or questa è l’opera musicale, a giudizio di tutta l’Europa; e questo lavoro nella nostra lingua non s’inventò prima degli ultimi tre anni del Cinquecento.

116. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

Della dotta Vincenza non parlo, che, imitando la facondia ciceroniana, ha posto l’arte comica in concorrenza coll’oratoria : e, parte con la beltà mirabile, parte con la grazia indicibile, ha eretto un amplissimo trionfo di sè stessa al mondo spettatore, facendosi divulgare per la più eccellente commediante di nostra etade.

117. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

La missione del teatro non era, allora, di mostrare al vivo malattie del nostro spirito e del nostro corpo, senza ragione, senza concetto, senza ideali ; o di intrecciar pazzie e bizzarrie per ridar vita alla nostra fibra addormentata.

118. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442

Un barocco, che produsse figure non mai superate, nè uguagliate, di cui la parte superficiale, esteriore, mutabile, era già, nel languor dell’età e mutar de'tempi, tramontata, ma di cui l’arte animatrice permane nella nostra memoria immortale.

119. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

La uarieta de i colori, a questo gioua assai ; et uorrebbono essere per lo piu gl’ habiti di colori aperti, Et chiari, seruendosi il meno che sia possibile del nero, o di colore che molto cupo sia. ne solo mi sforzo io di uariare i recitanti fra loro, ma mi affatico ancora potendo di trasformare ciascuno, da l’ esser suo naturale, accio che non sia cosi tosto riconosciuto da li spettatori, che hanno giornalmente la sua pratica ; senza cader pero nell’errore, in che cadeuano gl’ antichi, i quali accio che i loro histrioni non fossero conosciuti, le tingeuano il uiso di feccia di uino, o di luto. per che a me basta il trasformarli, e non trasfigurarli, ingegnandomi quanto piu posso, di farli parer tutti persone noue. però che quando lo spettatore conosce il recitante, se gli leua in parte quel dolce inganno, in cui deuressimo tenerlo ; facendoli credere piu che sia possibile per uero successo, ogni nostra rappresentatione. […] Et per questo, piu che per altra cagione fo io che la scena della comedia nostra che uedrete martedi [piacendo a Dio] si finge costantinopoli, per poter introdurui habiti cosi di donne come di huomeni, inusitati fra noi onde spero d’ aggiun ger uaghezza non poca allo spettacolo, oltre che piu ci parra sempre uerisimile il ueder succeder fra genti strane e che non conosciamo ; di quelle cose che per lo piu nelle comedie si rappresentono, che uederle acadére tra cittadini, co quali habbiamo continoua pratica. et se questo riesce ben nelle comedie, come per isperienza ne siamo certissimi, tanto piu succederà bene nelle tragedie. […] Ma per che par che si usi a tempi nostri da destinguerle [pero che i moderni le ordiscono di piu lunghi soggetti] diremo dimane qual sorte d’intermedij son giudicati piu lor conuenirsi, Et insieme anco parlaremo de gl’ interualli de poemi pastorali, poi che per hoggi si è detto assai : et in uero mi conuiene essere a far proua di alluminar la scena della nostra comedia, per ueder che non gli manchi cosa alcuna, et però con uostra licenza farò fine al mio ragionamento, se però non uoleste uenir anco uoi, a ueder questa proua.

120. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

Adunque cedei a queste amichevoli rimostranze, e nella riforma della mia Opera distesi la nostra Istoria teatrale in guisa, che appagasse gli amici della verità, e delle nostre Lettere.

121. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Longino ottimo giudice ne cita un vago frammento dell’atto I, che nella nostra lingua io così traduco: Sette Guerrier spietatamente audaci Stan presso a un’ara di gramaglie cinta In atto minacciosi e con orrendi Giuramenti spaventano gli Dei, Alta giurando insolita vendetta A Gradivo, a Bellona, alla Paura, Mentre le mani tingonsi nel sangue Fumante ancor d’un moribondo toro.

122. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Si è pure nella nostra citata opera della Coltura delle Sicilie fatta parola del teatro di Venosa sacro ad Imeneo secondo l’Antonini, di quello de’ Marsi in Alba Fucense, e di quelli di Baja, di Alife e di Sessa.

123. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

La Gloria di colui che tutto muove, che riempie lo spazio immenso di Soli infiniti, intorno a’ quali altrettanti sistemi d’astri erranti con eterne invariabili leggi percorrono le loro orbite; è quella stessa che in sì picciol globo, com’è la nostra Terra, spiegò la sua potenza e si diffuse tanto nell’interna struttura organizzandone gli elementi, le fibre e gli strati, e rinserrando nell’ampio suo seno arcane sorgenti di fonti, di fiumi, di gemme, di metalli, di sali, di solfi, di piriti, quanto nell’aspetto esteriore di un maestoso disordine di rottami, i quali, agli occhi del profano, sembrano ruine, e pur sono armonici risultati di artificio creatore.

124. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Ma fintantoché il compositore resterà fra cotai cancelli, la musica non avrà né vita né spirito, l’accento spontaneo e naturale delle passioni si convertirà in un intervallo armonico, il quale, appunto perché è figlio dell’arte, non produrrà il menomo effetto sul cuore, che mai non vien mosso da proporzioni astratte o da semplici ragioni numeriche, restringerà ad un picciolissimo numero di modi le varie e moltiplici inflessioni delle quali è capace il linguaggio dell’uomo appassionato, impoverirà di molto l’eloquenza musicale parte escludendo una folla di suoni attissimi a commuovere unicamente perché non entrano nel sistema arbitrario dell’armonia, parte levando a quelli che restano il mezzo più possente della espressione, che è quello di parlar all’anima nostra un qualche linguaggio, e di rappresentarle un oggetto determinato. […] [8] Allora si coltivò l’espressione anima e spirito dell’arte, la quale è alla musica ciò che l’eloquenza al discorso: s’imparò a subordinare l’una all’altre tutte le diverse e moltiplici parti che la compongono, e a dirigere il tutto verso il gran fine di dipingere e di commuovere; si studiò con maggior cura l’analogia, che dee sempre passare tra il senso delle parole e i suoni musicali, tra il ritmo poetico e la misura, tra gli affetti che esprimono i personaggi, e quelli che rende il compositore; si sminuirono considerabilmente le fughe, le contrafughe, i canoni, e gli altri lavori simili, i quali sebben provino, allorché sono eseguiti esattamente, la ricchezza della nostra armonia e l’abilità del maestro, nondimeno sogliono per lo più nuocere alla semplicità ed energia del sentimento.

125. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

[6] Il filosofo avvezzo a ridur le cose a’ suoi primi principi e a considerarle secondo la relazione che hanno colle affezioni primitive dell’uomo, riguarda la scena ora come un divertimento inventato affine di sparger qualche fiore sull’affannoso sentiero dell’umana vita, e di consolarci in parte de’ crudeli pensieri che amareggiano sovente in ogni condizione la nostra breve e fuggitiva esistenza: ora come un ritratto delle passioni umane esposto agli occhi del pubblico, affinchè ciascheduno rinvenga dentro del proprio cuore l’originale: ora come un sistema di morale messa in azione, che abbellisce la virtù per renderla più amabile, e che addimanda in prestito al cuore il suo linguaggio per far meglio valere i precetti della ragione: ora come uno specchio, che rappresenta le inclinazioni, e il carattere d’una nazione, lo stato attuale de’ suoi costumi, la maggior o minore attività del governo, il grado di libertà politica in cui si trova, le opinioni, e i pregiudizi che la signoreggiano.

126. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Tramezzi. » pp. 68-88

Gio: Quando di nostra sorte appien contenti D’un innocente amor dolci gustammo E teneri momenti!

127. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Non è colpa nostra se l’esecuzione si è trovata disforme al disegno, e se i pregiudizi hanno sfigurata nella pratica quella sublime idea del bello che negli annali del gusto avea tracciata la penna luminosa del genio. […] [22] Il Baltasarini, di cui altrove se ne fece gloriosa menzione, fit l’inventore delle più leggiadre feste, e dei balletti più rinomati che fossero al suo tempo eseguiti nella corte di Catterina de’ edici, e in quella d’Arrigo terzo, tra le quali levò gran fama una intitolata Gl’incanti di Circe rappresentata nelle nozze di Margherita di Lorena col Duca di Gioiosa, dove si spesero venti millioni in circa della nostra moneta. […] Non così la intende il loro capiscuola Noverre, il quale nella decima delle sue lettere assai chiaramente e distintamente intuona loro all’orecchio: «Se vogliamo approssimare l’arte nostra alla verità, farebbe d’uopo curarsi meno delle gambe e dar più attenzione alle braccia; lasciar le cavriuole per l’interesse dei gesti; abbandonar i passi difficili, e far più conto della fisionomia; non mettere tanta forza nell’esecuzione, ma apportarvi più senso; discostarsi senz’affettazione dalle strette regole della scuola per seguitare gl’impulsi della natura; dare infine al ballo l’anima e il muovimento che deve avere per generare l’interesse.»

128. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

La nostra furberia non può più a lungo Tenersi ascosa. […] Pagnini, che per l’eleganza e la venustà secondo me merita di rendersi sempre più noto: Ætate nostra pol nihil frequentius. […] Ognuno vede qual fonte di piacevolezza contenga il carattere di questo vecchio severo che s’immagina di essere abbastanza vigilante, e di sapere gli sconcerti di sua casa prima di ogni altro, quando egli è il solo che n’è sempre all’oscuro: Primus sentio mala nostra, primus rescisco omnia, Primus porrò obnuncio.

129. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

., mia moglie et io per il mio povero uechio acciò abbi in bologua una bona Compagnia già che noi non lo potiamo sostentare in nostra Compagnia per non offendere il gusto de S. 

130. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Impaziente parimente del risorgimento della nostra tragedia il celebre Calabrese Gian Vincenzo Gravina volle richiamarci allo studio de’ Greci, e scrisse in tre mesi cinque tragedie, Palamede, Andromeda, Servio Tullio, Appio Claudio, Papiniano. […] Proseguendo alla nostra guisa senza odj e senza timori ad esporre de componimenti scenici la luce e le ombre, in vece di pronunziar secchi responsi da oracolo e giudizj magistrali, che lasciano la gioventù qual era prima di ascoltarli, parleremo ora del valor tragico dell’ab. […] Brevemente e come da noi si suole senza timore e senza dipendenza coll’ usata nostra debolezza. […] Terminiamo quì la nostra narrazione delle reali tragedie moderne.

131. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

Nell’ultimo salmo, che è il cinquantesimo nella nostra versione, egli sembra aver riunito tutte le facoltà del suo vasto genio, tanto da poter superare tutte le musiche meravigliose scritte in precedenza»; Charles Avison, An Essay on Musical Expression, London, C. 

132. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »

[6] Un altro fonte del piacere che recan le favole si è l’istinto che ci porta a cercar la nostra felicità.

133. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

Il passo di Appiano addotto nella Storia Letteraria è stato tratto dalle traduzioni, e perciò si attribuisce a questo Scrittore l’aver detto, che i Fenici vennero in Ispagna sin da’ primi tempi; là dove egli dice soltanto ἐξ πολλοῦ, o come diremmo in nostra lingua da gran tempo, e come dice nella sua l’Autore della Lettera citata mucho tiempo ha.

134. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Oltre di varie cantate assai vaghe trovasi in prima nel volume terzo dell’edizione nitida, in cui non si desidera che un poco più di correzione, fattasene nel 1796, un Oratorio per musica nella liquefazione del sangue di san Gennaro nel maggio del 1765, in cui intervengono Onnipotenza, Religione e Partenope, e vi si mentovano acconciamente le calamità che afflissero la nostra città e buona parte del regno nel 1764. […] Elvira dice, ne’ fati è scritto il nostro amor; e Adallano,       A eterni Caratteri di stelle Segnata fu l’union nostra. […] Ella vuol dire che si accinge a versare il proprio sangue, e a seguir lo sposo; ma per ciò la nostra lingua fornisce modi più veri, più individuali, per meglio e non equivocamente particolareggiare le immagini giusta l’uffizio della vera poesia. […] Si prosegua tutto ciò che si trova dalla pag. 199 alla 206, lin. 20 dove dopo le parole, colla usata nostra debolezza, si cangi ciò che segue nella guisa qui notata. […] Per nostra pace.

135. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

La nostra furberia non può più a lungo, Tenersi ascosa. […] Pagnini: Ætate nostra pol nihil frequentius Ubique locorum, quam qui faciant comicam Extra theatra. […] Ognuno vede qual fonte di piacevolezze contenga il carattere di questo vecchio severo che s’immagina di essere abbastanza vigilante, e di sapere gli sconcerti di sua casa prima di ogni altro; quando egli è il solo che n’è sempre all’oscuro: Primus sentio mala nostra, primus rescisco omnia, Primus porrò obnuncio.

136. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

V. il citato tomo IV, della nostra opera sulle Sicilie.

137. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo eccellente scrittore che per tanti altri pregi merita la nostra stima.

138. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Laonde sembra ch’egli pretenda ch’offendasi piuttosto con esse la nostra fantasia che non s’interessi il nostre cuore. […] Nell’età nostra altresì Pier Jacopo Martelli ha fatto prima del Baruffaldi tal professione, cangiando bene spesso luogo da scena a scena. […] Sei maniere di verseggiare furono ne’ secoli addietro in nostra lingua messe in opera per la tragedia. […] S’aggiunga che essendo quella lingua assai men ricca che la nostra, non solamente essa è più scarsa di rime, ma le rime sono più scarse di voci, sicché accade bene spesso d’incontrare nelle medesime desinenze le medesime parole. […] Nella maniera che una musica malinconica solleva e toglie la nostra malinconia.

139. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

In una tragicomedia poi nella città nostra, vidi non ha molto, rappresentar la battaglia delli tre horatij, con li tre curiatij, con tanto arteficio condotta a tempo di moresca, con arme da filo ; che fece un superbissimo vedere.

140. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

Di che loco beato, e di che stella scese costei, che aggiorna l’età nostra ?

141. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Rachele Per nostra pace. […] Nella medesima nostra città lo stimabile gentiluomo signor Tommaso Correale ha convertito la galleria della propria abitazione in un teatrino, ed in ogni anno colla pregevole sua famiglia, e conbuoni amici, vi espone varie rappresentazioni, delle quali la maggior parte appartiene al signor Emmanuele Missiretti napoletano, il quali oltre dell’intendere l’arte rappresentativa, nel corso drammatico del passato anno ottenne la prima corona comica per la sua commedia in cinque atti in prosa intitolata la Donna Esemplare, e l’onore dell’accessit per l’altra del medesimo titoloma in tre atti. […] Elvira dice, ne’ fati è scritto il nostro amor, e Adallano A eterni Caratteri di stelle Segnata fu l’union nostra. […] Ella vuol dire che si accinge a versare il proprio sangue ed a seguir lo sposo ; ma per ciò la nostra lingua fornisce modi più veri, più individuali per meglio e non equivocamente particolareggiare le immagini giusta l’uffizio della vera poesia. […] Il più riscaldato, il più burbero, il più preoccupato nemico del nome Italiano, non contrasterà alla nostra nazione il primato sopra le altre nell’arte incantatrice della Musica.

142. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Longino ottimo giudice ne cita un vago frammento dell’atto I, che nella nostra lingua potrebbe così tradursi: Sette Guerrier spietatamente audaci Stan presso a un’ ara di gramaglie cinta In atto minacciosi e con orrendi Giuramenti spaventano gli dei, Alta giurando insolita vendetta A Gradivo, a Bellona, alla Paura, Mentre le mani tingonsi nel sangue Fumante ancor d’un moribondo toro. […] A noi piacque di tradurlo ancora, ed affinchè i giovani avessero una competente idea de’ cori di Euripide, c’ingegnammo di ritenere un poco più le immagini e lo spirito dell’originale senza violentare il genio della nostra lingua: Patria (ahi duol che ne ancide! […] Ma le traduzioni non giungono a farne conoscere tutto il patetico, e molto meno questa nostra che si ristrigne a un solo passo spogliato della situazione della scena: Figlio, viscere mie, da queste braccia Ti svelgono i crudeli.

143. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

Il trasporto di codesta nazione pel canto e le voci di tai cantori proporzionate alla mollezza, o per dir meglio, alla effemminatezza della nostra musica mi fa credere che gl’Italiani se ne prevalessero subito dopo l’invenzione del melodramma.

144. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

I Frati in nostra lingua comprendono l’idea di Ecclesiastici, ma non già quella di Vescovi; nè Vescovi (se pure tutti i Frati per Voi non sono Vescovi) parmi che trovinsi introdotti ch’io sappia nelle Commedie Italiane del Cinquecento.

145. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

Padri della nostra Chiesa, forse perciò dispiacque al Popolo?

146. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Egli é qui da notarli però, che l’opera francese eroica differisce assai dall’italiana oggidì; mercé che ella nacque dalla nostra, qual’era in Venezia e nella Toscana al secolo XVII, quando i nostri drammatici tiravano gli argomenti dalla favola, ed altro oggetto non aveano che di parlare ai sensi con tante macchine e decorazioni.

147. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo valoroso esgesuita che per tanti altri pregi merita la nostra stima.

148. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Io vengo meno… Giovanni Quando di nostra sorte appien contenti D’un innocente amor dolci gustammo E teneri momenti!

149. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Fedra circondata dalle donne del coro, e assistita dalla nutrice, così favella distratta presso Euripide, secondo la nostra debole traduzione: Fed. […] Squarcia poi i cuori men sensibili ancora il dolore d’Andromaca nell’atto III al vedersi strappar dalle braccia Astianatte: ma le traduzioni non son sufficienti per farne conoscere il patetico, e molto meno questa nostra: Figlio, viscere mie, da queste braccia      Ti svelgono i crudeli!

150. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Son nobili e tragiche l’espressioni di Cassandra, Vicere nostra iam metus omnes mala etc. […] La togata propria era seria, e corrisponderebbe alla nostra commedia nobile; e talvolta arrivava ad esser pretestata a cagione de’ personaggi cospicui che solea ammettere.

151. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Introduzione »

E aggiunge: «poiché allora non si potrebbe dire che il dramma per musica è un grottesco della poesia; anzi l’età nostra potrebbe darsi vanto di avere in grandissima parte rinovato, dove la poesia, la musica, il ballo e l’apparato della scena faranno insieme un’amica congiura, e la cosa sarà risolta a decoro e verità».

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Chi si sovverrà dell’ Alceste greca, avendo sotto gli occhi quella del Martelli, vedrà nella moderna conservato l’interesse dell’ antica senza inverosimilitudini, senza il trionfo di Ercole nell’ inferno, e senza le indecenti altercazioni di Admeto col padre(a) Impaziente parimenti del risorgimento della nostra tragedia il celebre calabrese Gian Vincenzo Gravina volle richiamarci allo studio de’ Greci, e scrisse in tre mesi cinque tragedie, Palamede, Andromeda, Servio Tullio, Appio Claudio, Papiniano. […] Proseguendo alla nostra guisa senza odii ingiusti, senza vanità di sovrastare, e senza timori de’pretesi giganti de’quali non ignoriamo la debolezza dell’articolazione, passiamo ad esporre de’componimenti più a noi vicini la luce e le ombre, in vece di pronunziar secchi responsi da oracolo e giudizii magistrali, che lasciano la gioventù qual era prima di ascoltarli. […] Il Maometto, il Solimano, il Radamisto, il Bajazet, la Semiramide, l’Orfano della China ecc. passar non debbono per tragedie in Italia, giacchè non appartengono alla nostra nazione. […] Brevemente e come da noi si suole senza timore e senza dipendenza coll’usata nostra debolezza ne farem parola. […] Sia che il genio degl’ Italiani più volentieri inclini a rilevare dietro le tracce di Euripide e di Racine il patetico proprio della tragedia, che certo sublime sistema politico proprio dell’ insigne Vittorio Alfieri, o sia che l’indole della nostra lingua rifugga da varie novità ch’egli pretese introdurre ; quest’ingegno grande non ha finora avuto chi volesse ovver potesse seguirlo nell’ ardua carriera, ed a guisa di un gran colosso, come disse un mio amico letterato di conto, si rimane tutto solo esposto all’ altrui ammirazione.

153. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Siffatta scoperta sconosciuta non meno al pubblico che al citato scrittore che ne ha ricercata l’origine, si ritruova nel compendio del sistema di esso Uregna fatto, e pubblicato in Roma in lingua spagnuola l’anno 166947 così per un destino che sembra proprio della nostra nazione, mentre si cerca vanamente in Germania, in Francia, e in Italia a chi debba attribuirsi la gloria di cotal ritrovamento, giace polveroso e dimenticato in qualche biblioteca il vero inventore. […] Peggio per noi se il facile contentamento del Signor Abbate ci ha privati delle altre ricerche ben più concludenti ch’egli avrebbe potuto e dovuto fare relative alla natura della gamma degli arabi paragonata colla nostra, alla disposizione dei loro intervalli musicali, al numero delle consonanze, alla varietà de’ modi, alla differenza e divisione de’ tuoni, alle regole del loro canto, al genere della loro melodia, s’eglino conoscessero, o no, il nostro contrappunto, s’usassero per segni delle nostre note, e non piuttosto delle lettere dell’alfabeto con più altri punti importanti, dalla cognizione de’ quali dipende la forza, o la debolezza del sistema da lui adottato.

154. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Ciò detto a Polifonte che rivolto Mirava fisso la regina nostra, Con improvviso colpo il capo fiede. […] Per mezzo della nostra nazione nel Cinquecento divenne più ricco il teatro con gli argomenti, che i Greci e i Latini non ebbero, della Sofonisba, del Torrismondo, della Semiramide, del Tancredi, della Tullia, dell’Orazia, ed i posteri l’ebbero dagl’Italiani.

155. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

A nostra istruzione Orazio avea già detto, Interdum tamen & vocem comœdia tollit, Iratusque Chremes tumido delitigat ore, Ma che pro? […] Satira quidem tota nostra est.

156. (1878) Della declamazione [posth.]

E siccome tali dati ci mancano affatto, o da’ lumi che possiamo raccogliere, tali risultano, che nulla o ben poco possiamo immaginare e sostituire d’analogo tra le lingue viventi e le morte, dobbiamo invece rivolgere le nostre ricerche e la nostra analisi ad apprendere e praticare la pronunciazione e l’armonia della nostra lingua propria, e lasciar quelle che potrebbero anzi tornare a pregiudizio di essa. […] Nell’amore noi stendiamo dolcemente le braccia, e c’incliniamo verso l’oggetto amato, e teniamo mezzo aperte le labbra, e quasicché gli occhi socchiusi, perché tendiamo ad abbracciarlo ed a possederlo, e ad evitare qualunqne altra distrazione, e tutta trasfondere in esso l’anima nostra. […] [6.10] Così, quando noi non possiamo o non dobbiamo reagire contro la cagione esterna della nostra passione, ci rivolgiamo e riconcentriamo in noi stessi, e la nostra azione si circoscrive allo stato interno dell’animo nostro, o temperandone l’amarezza o alimentandone la compiacenza. […] Quindi ci abbassiamo col corpo per mostrare la nostra inferiorità alla presenza dell’altro. […] Quindi deriva la evidenza del suo significato, e la facilità della nostra intelligenza, che accrescono il nostro diletto, quanto più chiaramente ed agevolmente ci si presenta l’oggetto, a cui serve l’espressione.

157. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

A nostra istruzione Orazio aveva già detto, Interdum tamen et vocem comoedia tollit, Iratusque Chremes tumido delitigat ore. […] Satira quidem tota nostra est.

158. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Tragicamente e con nobiltà si esprime Cassandra: Vicere nostra jam metus omnes mala.

159. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

Cotale spiegazione, che tutta dipende dalla maniera con cui agiscono i suoni sulla nostra macchina, e dalla intima relazione che passa tra la vista e l’udito, relazione sospettata prima dalla esperienza, poi messa nel suo maggior lume dal Neutono, oltrachè diventerebbe troppo prolissa, non è essenzialmente legata col mio argomento3.

160. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Tragicamente e con nobiltà si esprime Cassandra: Vicere nostra jam metus omnes mala.

161. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Aggiungiamo la nostra traduzione Italiana: Dolce violenza e lusinghevol laccio Rapisce e annoda l’anima cattiva, Che ne sospira e geme e plora oppressa Sotto il giogo crudel che scuoter tenta.

162. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Noi lo trascrivemmo nel 1777 nella nostra storia in un volume, indi stimammo meglio di ometterlo quando la distendemmo in sei tomi, potendosi leggere nella Biblioteca Ispana moderna, e ci basta il dire che tale epigramma annunzia uno scrittore buono a tutt’altro che a calzare il coturno nella prima giovanezza.

163. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Ne’ medesimi termini parlammo della Lucrezia nell’edizione del 1777, e l’autore con nobile docilità prese in buon grado il nostro giudizio senza punto alterare la nostra antica famigliarità.

164. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Nell’edizione di questa istoria del 1777 ne’ medesimi termini parlai della Lucrezia, e l’autore con nobile docilità prese in buon grado il mio giudizio senza punto alterare l’antica nostra famigliarità.

165. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Chi ne ha dipinta la virtù con colori più amabili o si ponga mente ai magnifici esemplari, ch’ei propone alla nostra imitazione, o le massime importanti qua e là sparse ne’ suoi componimenti, o la persuasiva, irresistibil maniera colla quale dispone il cuore a riceverli?

166. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Ciò detto a Polifonte che rivolto Mirava fiso la regina nostra, Con improvviso colpo il capo fiede.

167. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

In somma (conchiude) io voglio fare della città nostra una sola famiglia.

168. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Quanto agli auti sembra che egli non avesse compresi gl’inevitabili inconvenienti attaccati al maneggiar sulla scena la delicata materia de’ misteri della nostra religione.

169. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Quanto agli auti sembra ch’egli non avesse compresi gl’ inevitabili inconvenienti attaccati al maneggiar sulla scena la delicata materia de’ misteri della nostra religione.

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