/ 187
123. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 484-498

E di tra le tante testimonianze di ammirazione e di gratitudine ch'egli ebbe da tutti i pubblici nostri e di fuori, scelgo il bel sonetto di Paolo Costa che la Direzione degli Spettacoli di Faenza gli offriva il 20 luglio 1861 : a TOMMASO SALVINI insigne attore italiano nel duplice aringo di melpomene e di talia a niuno secondo la direzione degli spettacoli in segno di altissima ammirazione Se avvien che l’uom per questa selva oscura de la vita mortale il guardo giri, e vegga con che legge iniqua e dura amore i servi suoi freda e martiri ; e quale avara ambizïosa cura faccia grame le genti, e i Re deliri, esser non può, se umana abbia natura, che al destin non si dolga e non s’adiri.

124. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Annotta nell’atto V, e Giugurta al solito va e viene liberamente dal campo Romano al Numantino senza che Megara abbia mai saputo prevedere simili visite nemiche. […] L’autore nella morte e nel carattere di Rachele non ha alterata la storia (benchè in tanti altri fatti l’abbia senza necessità falsificata) perchè era persuaso che corregge meglia i costumi il gastigo del vizio ed il premio della virtù. […] Huerta ha pur tradotta la Zaira che noi non abbiamo letta; e ci auguriamo ch’egli ne abbia tolte le improprietà meglio che non ha fatto nell’Agamennone di Sofocle19. […] Don Pedro de la Huerta, in non so qual sua operetta ultimamente mandata a stampare in Madrid, abbia trattato il Signorelli con tutta l’animosità e l’asprezza fraterna.

125. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Ambivio Turpione e di Attilio Prenestino colla musica di un certo Flacco figlio di Claudio o di lui liberto, come vuole Madame Dacier, benchè non apparisca donde l’abbia ricavato. […] Pamfilo sempre più si attrista, che se prima di esser nato il bambino poteva esitare intorno a riprendersi la moglie, e nel caso di riprenderla poteva esporre il bambino, e seppellire nell’obblio l’accaduto, oggi però che è palese che ella abbia partorito, non dee riceverla, o nel riceverla dee riconoscere per suo un bambino che di lui non nacque: Etsi jamdudum fuerat ambiguum hoc mihi, Nunc non est, cum eam consequitur alienus puer. […] L’istrione accreditato, colle parole dell’incomparabile autore, nel bellissimo prologo mette in vista gli antichi suoi meriti; e siccome per opera sua alcune favole di Cecilio alla prima rigettate si riprodussero e con meglio conoscersi riceverono migliore accoglimento; così si lusinga che abbia in questa di Terenzio a rinnovarsi il passato esempio, fidando nella benignità e nel silenzio degli ascoltatori. […] Da chi preso abbia questo vestimento? […] Non vediamo però su qual fondamento ragionevole abbia l’autore delle Note della sopranominata edizione Romana di Terenzio del 1767 voluto opporsi alla solita divisione degli atti dell’Eunuco.

126. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Questo poeta prodigioso nato nel 1474 a corre le prime palme in tutti i generi che maneggiò (che che abbia voluto gratuitamente asserire in iscapito delle di lui satire e commedie l’Ab. […] Sventuratamente il padrone di tale botte viene a riprenderla, per dubbio che per gli debiti del marito della Lena, non abbia a pericolare. […] Fazio gli dice che faccia conto che Massimo abbia già saputo il fatto, essendo iti a lui Camillo ed Abondio. […] Ed ecco che i lavaceci Italiani hanno la fisonomia de’ Pourceaugnac Francesi, nè è a noi mancato un pennello nazionale che abbia saputo ritrarli un secolo e mezzo prima de’ Molieri. […] E se vi parrà (e’ soggiugne) che in qualche parte l’abbia alterato, considerate, che sono alterati ancora i tempi e i costumi, i quali sono quelli che fanno variar l’ operazioni e le leggi dell’operare.

127. (1715) Della tragedia antica e moderna

È poco credibile che Martello, che era giunto a Parigi il 29 maggio29, nel primo mese del soggiorno sulla Senna avesse avuto il tempo di ideare e distendere le prime tre sessioni; tanto più inverosimile l’ipotesi che abbia potuto dialogare con la cultura francese e travasare gli stimoli di quelle conversazioni nelle prime tre ‘giornate’ dell’Impostore. […] [1.90ED] — Può essere — replicò l’Impostore — che gli uni e gli altri di questi fallino strada. [1.91ED] Per altro tu non t’inganni nel credere che io abbia veduto rappresentare le tragedie de’ nostri autori e de’ vostri, siccome ancora ho gustati fra’ vostri coloro che venerano affatto l’antichità e quelli ancora che la disprezzano. [1.92ED] Ti dei ricordare averti io poco fa detto che ti conosceva: questa almeno non è un’impostura. […] — [1.156ED] — Godo — replicò l’Impostore — che tu abbia amici e compagni sì qualificati di costume, d’ingegno e di nascimento, ma o non udirai più Aristotile o fa’ di tacere per ora ad essi il mio nome e di contentarti che a quattr’occhi fra noi due soli segua, con reciproco nostro diletto, questa che chiami impostura.  […] [4.50ED] Passiamo ora a’ vostri versi italiani e prendiam quelli dell’Italia liberata del Trissino, che son senza rima, e diamoli un po’ a recitare ad una zitella, o fiorentina o romana, che per altro pronunciando giustamente i vocaboli, non abbia contezza alcuna del verseggiare. […] [5.115ED] Inverisimili ancora, se vuoi, sieno i mezzi dell’avvenimento, ma posti que’ mezzi, l’avvenimento poi sia verisimile, e così conseguirai la meraviglia e l’applauso degli ascoltanti. [5.116ED] Le passioni sian varie ed opposte. [5.117ED] Se puoi, l’odio si contraponga all’amore, l’amore all’odio. [5.118ED] L’ira vi abbia ancor la sua parte; ma l’amorosa passione di tutti le altre trionfi e le altre non servano che a far spiccar questa, la quale, essendo la più comune a tutti gli uomini, si vede rappresentata più volentieri.

128. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Molti più considerando, per così dire, l’arricchimento del corpo che la virtù dell’anima, si sono avvisati ch’egli abbia in cotal guisa perfezionato la tragedia. […] Havvi ancora alcuno de’ nostri che, quantunque abbia avvertito di schifare tal difetto, pure rassomigliando Euripide anzi che Sofocle, scuopre di sì mala Grazia le persone rappresentate che nuoce con l’affettazione al verisimile. […] Quasi che la luce della virtù abbia d’uopo del contrasto delle ombre per comparire. […] Concorderei con monsieur de la Motte se tal delitto fosse effetto d’una prava volontà, non d’un trasporto accidentale: ma nelle circostanze della storia che si rappresenta da Cornelio, Orazio non solamente con esso non pregiudica alla tragedia, ma è uno dei soggetti migliori che abbia scelto quel poeta per lo suo teatro; ancorché per altro l’abbia dipinto troppo feroce per non dire inumano. […] Non posso indurmi a credere ch’essa abbia ottenuto un intiero applauso da persone libere dal riguardo di compiacere all’autore.

129. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

[5] E incominciando dall’uso che si fa generalmente della musica strumentale, pare a me che la perfezione alla quale si è voluto condurre dai moderni da mezzo secolo in quà abbia contribuito non poco alla rovina della espressione nel melodramma. […] Tuttavia siccome né cotesti strumenti, né quelli da fiato, che s’usano comunemente, bastano a soddisfare alla immensa varietà di suoni che può somministrare l’arte drammatica, così mi sembra che la nostra musica abbia con grave scapito rinunziato all’uso di non pochi strumenti, che a tempo e luogo adoperati farebbero un grandissimo effetto. […] Ha inoltre da cercare il compositore che il motivo d’un’aria abbia un carattere decisivo che lo distingua da ogni altro del medesimo genere; che le modulazioni, per esempio, ch’entrano nella composizione d’un soggetto patetico, non servano ai caprici ed alle irregolarità d’un argomento giocoso, l’espressione dell’allegrezza d’un coro di contadini a quella del tripudio delle baccanti, la gravità d’un ecclesiastico miserere ai cupi e dolorosi omei d’Alceste, o d’Admeto; che la misura che dà tanta mossa e vigore alla melodia, e gli accompagnamenti che ne aumentan l’effetto servano a far ispiccar il canto senz’alterarlo, e che né questi né quella si prendano la libertà di rappresentar cose staccate dal senso generale dell’aria, e che non abbiano immediata relazione colle parole, essendo certissimo che gli episodi fuori di luogo non sono meno ridicoli nella musica di quello che lo siano nella oratoria e nella poesia. […] Io medesimo benché alieno dal mestiero e poco iniziato in siffatte materie mi sono maravigliato spessissimo della profonda e totale ignoranza in cui vive la maggior parte di essi di quei principi dell’arte propria, per comprenderne i quali basta una mente avvezza a ragionare che abbia avuto qualche consorzio colla filosofia.

130. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

A quello però che egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori , o per non avergli intesi , dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua magistrale se non gentile asserzione.

131. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettare l’ udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi agli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva, ad oggetto di formare un tutto e un’ azione bene ordinata, e cantata dal principio sino al fine, e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’ uomo del più squisito gusto che abbia a’ nostri dì ragionato dell’opera in musica, cioè del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio.

132. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Dopo averle offerte alla principessa, ed eseguito un ballo modesto e nobile, Bacco scortato da vari cori di satiri, sileni ed egipani, diè come pimento con una danza animata e grottesca ad uno dei più magnifici e sorprendenti spettacoli che abbia mai veduto l’Italia. […] Il medesimo pubblico deciderà poi se meglio di me abbia esaminata la storia della musica e della poesia di quella età il Signor Abbate, il quale, prendendo ad illustrare in un grosso volume tutto ciò che appartiene agli arabi, e a far conoscere la loro letteratura, si contenta poi quando arriva alla musica (facoltà cui eglino coltivarono con tanto impegno, e che forma uno dei rami più curiosi e più illustri della loro gloria nelle arti di genio) di darci per ogni istruzione le due meschine notizie, che Alfarabi ed Albufaragio scrissero elementi di musica ed una raccolta di tuoni, e che gli Spagnuoli e i Francesi presero dagli Arabi alcuni strumenti musicali; fondando su questi validissimi e decisivi argomenti, il grandioso sistema della loro influenza sul resto dell’Europa, come se gli europei non avessero Trattati di musica anteriori a quell’epoca, e come se gli Spagnuoli e i francesi non avesser preso strumenti musicali dai Greci, dai Latini e dai settentrionali dal paro che dagli arabi. […] A che si dovrà attribuire, che il Signor Abbate non abbia veduto ciò che pur vi si trova scritto? E qui abbia fine questa piuttosto dissertazione che nota, nella quale mi sono inoltrato perché la riputazion letteraria, di cui meritevolmente gode il Signor Abbate Andres (ed alla quale io sono il primo a rendere omaggio), non mi permetteva di restar indifferente alle sue rispettabili obbiezioni.

133. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

La commedia é ancor più deplorabile, non essendo che una farsa grossolana che ristucca e dispiace a chiunque abbia fior di, gusto, di buon costume, e di politezza.

134. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « A CHI AMA LA POESIA RAPPRESENTATIVA. » pp. -

A quello però ch’ egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori, o per non avergli intesi, dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua gentile asserzione.

135. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « NOTE ED OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 313-326

Pare dunque che il Trissino (il quale non so perchè e donde venga dal Voltaire ed indi da altri di lui compatriotti appellato Arcivescovo) abbia servito di lume e scorta a’ primi Francesi che si esercitarono nel genere tragico.

136. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

« Si trasformava come un novo Proteo a i diversi accidenti della favola, e se nella comedia facea vedere quanto ornamento abbia un dir famigliare, dimostrava poi differentemente nella tragedia la gravità dell’eroico stile, usando parole scelte, gravi concetti, sentenze morali, degne d’esser pronunziate da un Oracolo : e se occorreva sopra di qualche suo Amante o parente di vita spento, lamentevolmente ragionare, trovava parole e modi si dolorosi, che ognuno era sforzato a sentirne doglia vera, e ben spesso anche lagrimare, benchè sapesse certo le lagrime di lei esser finte…..

137. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Pietro Simon Abril tradusse la Medea di Euripide, e nel 1577 pubblicò la sua versione delle commedie di Terenzio, le quali ben potranno giovare a’ Tedeschi per apprendere la lingua Spagnuola, al qual fine Scioppio ne raccomandava la lettura nell’opuscolo De Studiorum Ratione: ma si potrebbe mostrare a chi ne dubitasse, quante volte abbia l’Abril manifestato poca intelligenza dell’originale; nè ebbe torto l’erudito bibliotecario Giovanni Yriarte quando il derise in un epigramma inserito nelle di lui opere postume. […] Ma poi è egli vero ch’io l’abbia trascurato? […] Andres asserire che il primo che abbia dato qualche saggio d’un Teatro de’ Greci è stato il Perez.

138. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

Ma per quante ricerche abbia io fatte affine di verificar l’epoca indicata dal Grillo non mi è avvenuto di poterlo fare, né ho ritrovato notizia alcuna del dramma musicale avanti ai tempi di Carlo Secondo, nelle nozze del quale con Marianna di Neoburg si rappresentarono alcuni drammi colla musica del Lulli, il primo dei quali fu intitolato l’Armida.

139. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236

Se in castigliano ed in italiano questo primo saben significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io detto il contrario.

140. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Concesso poi questo al teatro italiano di Parigi, vi si é sopra tutti segnalato Carlo Simone Favart, particolarmente colla sua Chercheuse d’esprit che viene riputata la più ingegnosa e perfetta opera comica che si abbia la Francia. […] Questa spezie bastarda, quantunque abbia spesso il merito di commuovere gli spettatori, non essendo né comica, né tragica, non purga a dovere i vizi e le passioni, e manifesta abbastanza non solo l’impotenza, in cui sono gli autori, di creare vere commedie e vere tragedie, ma il loro gusto eteroclito e depravato.

141. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Pietro Simon April tradusse la Medea di Euripide, e nel 1577 pubblicò la sua versione delle commedie di Terenzio, le quali ben potranno giovare a’ Tedeschi per apprendere la lingua spagnuola , al qual fine Scioppio ne raccomanda la lettura nell’opuscolo de Studiorum ratione: ma si potrebbe mostrare a chi ne dubitasse, quante volte abbia l’April manifestato poca intelligenza dell’originale; nè ebbe torto l’erudito bibliotecario Giovanni Yriarte quando il derise in un epigramma inserito nelle di lui opere postume. […] Volle pure il signor Andres asserire che il primo che abbia dato qualche saggio di un teatro de’ Greci, è stato il Perez . […] Ma poi è egli vero ch’io l’abbia trascurato?

142. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

non già ; per qualche esercito che abbia pronto alle porte d’ Argo ? nulla di ciò si è premesso ; per aderenze che abbia superiori al partito de’ figli del trafittore ? […] Questo componimento è tutto d’invenzione dell’ autore, ed è l’unico ch’ egli abbia interamente inventato ; ciò che rincresce ai suoi ammiratori perchè è riuscito male. […] Finalmente sembra che Polifonte nell’ ultima scena abbia più pazienza e meno scorgimento di quel che a lui bene starebbe in lasciar tanto dire a Merope che tiene a’ Messenii lunghi discorsi sediziosi. […] Io non so se io l’abbia conseguito nelle traduzioni di alcune tragedie greche e francesi, impresse in Milano ; almeno l’ho tentato.

143. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Sisara, Tobia, Naaman, Giuseppe, le Profezie d’Isaia, Daniello, Davide umiliato, Gerusalemme convertita, l’Ezechia colle altre saranno sempre le migliori rappresentazioni che abbia l’Italia fino a’ tempi di Metastasio.

144. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Indice. » p. 443

Terenzio giudizio di sue commedie 121. se n’abbia scritte più 124.

145. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

Il Coro domanda chi abbia in lui commesso quest’eccesso?

146. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31

Il colonnello Ayrenhoff uno de’ letterato dell’Austria compose più tragedie e commedie, e tralle prime viene sommamente celebrata dall’abate Bertòla la Cleopatra, la quale però si pretende che non abbia secondato il disegno dell’autore di produrre una tragedia tedesca da paragonarsi con alcuna di Racine, cosa che sembrava tanto difficile al Wieland autore del Mercurio tedesco.

147. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

Il coro domanda, chi abbia in lui commesso quest’eccesso?

148. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252

Bertola la Cleopatra, la quale però si pretende che non abbia secondato il disegno dell’autore di produrre una tragedia tedesca da paragonarsi con alcuna di Racine, cosa che sembrava tanto difficile al Wieland autore del Mercurio tedesco.

149. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

L’Antonazzoni « di cui — egli scrive — non conosciamo il nome di famiglia, innanzi di salire agli onori di prima donna, come si dice, e farsi chiamare Lavinia, nome portato allora dalla Ponti (V.) sembra abbia sostenuto le parti di servetta sotto la denominazione di Ricciolina, a vicenda con la Silvia Roncagli (V.) detta Franceschina, nella Compagnia dei Gelosi, condotta in quel tempo da Flaminio Scala.

150. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Non son molto contento, a dir vero, che alcun moderno abbia voluto rendere interessante e in certo modo partecipe della pubblica compassione un’ empia adultera che di propria mano trucida un gran re suo marito ed obblia i suoi figli per assicurarsi il trono insieme col drudo. […] III la scena seconda del IV, in cui Consalvo malgrado del divieto di Alfonso, si presenta ad Albumasar, il quale si maraviglia di Alfonso, che vuol lasciare in Affrica Ormesinda per un arcano che non vuol rivelare, e di Consalvo, che vuol rimaner prigione, finchè l’altro non abbia condotti via gli schiavi. […] E se meno scempia fosse, meriterebbe lode l’autore per essere sinora stato il primo e l’ultimo che abbia schivato l’avvilire e imporcare il fine lagrimevole di quel giovane principe con uno svenevolissimo intrigo d’amore. […] Adallano in tutt’altro Moro orgoglioso e fiero qui diviene assai modesto, decantando come alta impresa quella di porsi a fronte di Ricimero, il quale non gode veruna rinomanza onde la sola gloria di attaccarlo abbia ad illustrare il vinto. […] Ad ogni modo egli in quelle circostanze perde il tempo ad incaricare a Ricimero (e che importa che gli abbia prescritta la custodia delle mura?)

151. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

La stessa mano della Medea sembraci che abbia colorito l’Ippolito, benchè lo stile ne sia più ornato e talvolta più del bisogno verboso specialmente nell’atto primo. […] che vi abbia a rimaner qualche luce, . . . . . . . .

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

L’autore suppone che Montcassin francese due volte abbia salvata la Repubblica, ond’è che il Senato si raduna per premiarlo dichiarandolo patrizio e senator veneto. Si propone nel tempo stesso una legge che stabilisce che qualunque senatore per imprudenza o per malizia abbia commercio con gli ambasciadori esteri, o si trovi nel recinto delle loro case, sia reo di morte. […] Ella ne mostra piacere col padre, credendo che le abbia destinato Montcassin, niun altro al suo avviso potendo meritare il titolo d’illustre.

153. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

La stessa mano della Medea sembraci che abbia colorito l’Ippolito, benché lo stile ne sia più ornato, e talvolta più del bisogno verboso, specialmente nell’atto I. […] che vi abbia a rimaner qualche luce,            … attollit caput Cavisque lustrans orbibus coeli plagas, Noctem experitur.

154. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

Nota alla nota d’autore n. 13: «Uno dei nostri grandi artisti, tale che chiunque abbia visto le sue opere non potrà sospettare di ignorare la bellezza della natura, ha rinunciato agli spettacoli che noi chiamiamo seri e che lui non nomina allo stesso modo; il modo ridicolo con cui sono vestiti dei ed eroi, con cui agiscono e parlano sconvolge tutte le idee che si era fatto; non vi ritrova quegli dei ed eroi ai quali il suo pennello conferisce tanta nobiltà e spirito e si è ridotto a ricrearsi con gli spettacoli farseschi, le cui scene burlesche prive di pretese non lasciano nella sua testa alcuna traccia nociva»; Jean Le Rond d’Alembert, De la liberté de la musique (1751), art. 

155. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

E quì termina per me l’ultimamente uscito Volumetto del Saggio Apologetico, di cui la maggior parte s’impiega contro la Storia de’ Teatri, al quale rispondendo credo di non aver dato occasione all’Apologista di lagnarsi, come ha fatto degli altri Italiani, che abbia dissimulate le di lui ragioni.

156. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Mai una compagnia italiana conta più di undici attori o attrici, fra’quali cinque, compreso Scaramuccia, non parlano che bolognese, veneziano, lombardo, napoletano : e quando s’abbia a recitare una tragedia, dov’entrin molte persone, tutti vi prendon parte, non escluso l’ Arlecchino, che toglie la sua maschera ; e tutti declamano de’ versi in buon italiano (il testo ha : en bon romain….).

157. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

Il Niccolini le dice : la natura vi ha privilegiata di mente arguta, d’animo forte e gentile : e non conosco chi abbia più dottrina e sentimento di quello ch’è bello.

158. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

La persona poi, a significar ben compiuta la espressione del tipo, abbia essa guizzi serpentini, o abbandoni profondi, risponde perfettamente coll’azione e contrazione delle braccia, delle mani, delle dita, del busto, all’azione e contrazione del volto….

159. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Trovasi nel tomo V che non vidi altre due commedie, il Bel Circolo ossia l’Amico di sua Moglie, ed il Progettista, nelle quali non dubito che vi si abbia ad ammirare la vivacita e l’arte all’autore non ignota di ben rilevare il ridicolo de’caratteri. […] Ignoro presentemente se l’abbia eseguito ; ma a’ 14 di maggio del 1796 ne rimise all’autore per saggio alcune scene. […] Dario è il personaggio principale che tira a se i voti discordi per mezzo di un responso che destina per re colui tra’ Grandi che abbia un cavallo che saluti il sol che nasce prima degli altri. […] Gli previene però che il senza gambe farà tagliar le gambe a tutti per adattarsele, onde chi resterà congiurerà contro di lui per ucciderlo ; il mostro senza mani di tre teste non soffrirà che altri abbia mani ; il senza testa infine appiccicherà al suo busto ogni più iniqua testa. […] Ignoro però se altro moderno maestro abbia sormontate le Alpi almeno col nome, ad eccezione del difficile Rameau, e degli applauditi Grety e Mehul, de’ quali non sono sconosciuti i pregi.

160. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Per quanto si abbia di amore e di rispetto per gli antichi, convien confessare che essi, tuttochè vadano fastosi per un Sofocle ed un Euripide, se fossero stati contemporanei del Tasso, ci avrebbero invidiato l’Aminta a.

161. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Sembra che non abbia in seguito ottenuti sì favorevoli suffragii, giacchè trovo nell’Anno VIII teatrale francese il seguente giudizio: Zoe, où la Pauvre Petite, pauvre petite piéce de Bouilly; pauvre petite musique de Plantade; pauvre petit succès; pauvre petite recette.

162. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Per quanto si abbia di amore e di rispetto per gli antichi, convien confessare ch’essi tuttochè vadano fastosi per un Sofocle ed un Euripide, se fossero stati contemporanei del Tasso, ci avrebbero invidiato l’ Aminta136.

163. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Racine) trovare un poeta che abbia posseduti tanti talenti, l’arte, la forza, il discernimento, l’ingegno”.

164. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Angelo sul monte, del quale dice il lodato Alberti, descrivendo la Campagna di Roma, benchè io abbia veduto molti teatri & anfiteatri . . . . . . non però non ho mai veduto il simile a questo 159.

165. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

Ma dopo di questi io non conosco se non il Caraccio che abbia saputo co’ vecchi materiali dèl contrasto e cambiamento di nomi di due amici inalzare un nuovo elegante edificio.

166. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Si dovrà bensì maravigliare onde avvenga che in tanta luce di gloria, come abbiamo veduto balenare sinora, con numero sì grande di musici pregiatissimi e con tal fervore ed entusiasmo acceso per coltivare le scienze armoniche, pur tuttavia la musica non abbia in Italia prodotta la menoma particella degli stupendi prodigi che produceva in Grecia l’antica. […] Quindi non è da maravigliarsi che ridotta quest’arte a trattar pochissimi generi non abbia acquistata né la perfezione, né la varietà di quella degli antichi, presso a’ quali non mai disgiugnendosi l’una dall’altra, i confini della musica erano gli stessi che quelli della poesia.

167. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Prende Prometeo in buon grado le parole dell’amico, e dopo aver seco favellato di altri rigori da Giove usati con Atlante e con Tifeo, Prometeo l’esorta a partire, perchè non abbia anch’egli ad incorrere nell’indignazione del nuovo regnante. […] Plutarco tuttavolta presso Stanley nelle Note ad Eschilo senza preferirne veruno vuole che ciascuno di essi abbia avuto alcun pregio particolare, nel quale non sia stato dagli altri superato. […] Leone Allacci nella Diatriba De Georgiis presso la Biblioteca Greca del dottissimo Fabricio mentova Giorgio Cortazio Cretese, il quale nel corrotto idioma Greco scrisse in verso una tragedia intitolata Erofila elegante per quanto comporta l’odierno linguaggio della Grecia serva, e l’unica che abbia meritato ne’ bassi tempi di esser letta e pregiata.

168. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Ma sebbene sia uno de’ possibili ch’egli non abbia mai nè visto nè conosciuto Ulisse, è però una delle supposizioni inverisimili ed assai rare che l’unico confidente degli amori di Circe ed Ulisse, colui che fanciullo nascose Telegono ad ognuno, non conoscesse Ulisse. […] Salvi (che dicesi che abbia composte altre tragedie ancora) non avesse dimostrato nel Calto ingegno atto a riescire in questo genere, anche da queste osservazioni passeggiere mi sarei astenuto. […] Finalmente sembra che Polifonte nell’ultima scena abbia più pazienza e meno scorgimento di quel che a lui starebbe bene in lasciar dir tanto a Merope che tiene discorsi sediziosi a’ Messenj.

169. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Non vi sarà chi nieghi alla Nazione Spagnuola una fecondità prodigiosa; ma potrà dirsi riguardo al Teatro, che il non curare gli avvisi della Ragione, e i saggi legami delle buone regole, l’abbia fatto correre più leggermente.

170. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Alessandro Magno, uno degli uomini più maravigliosi che ci offra la storia antica, par che non abbia incontrato troppo buona forte in Francia; imperciocché il signor Racine nella sua tragedia ne fece un damerino francese, e Giambatista Rousseau in un’ode celebrata da’ suoi nazionali ne fa l’ultimo degli uomini.

171. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

Ma dopo di questi io non conosco se non il Caraccio che abbia saputo co’ vecchi materiali del contrasto, e cambiamento di nomi di due amici inalzare un nuovo elegante edificio.

172. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Questo padre e legislatore del teatro francese morto nel 1684 in Parigi, merita di studiarsi da chi voglia coltivar la tragica poesia. « Non è così facile (disse di lui con verità Giovanni Racine) trovare un poeta che abbia posseduti tanti talenti, l’arte, la forza, il discernimento, l’ingegno ». « Non sarà mai abbastanza ammirata (aggiugueva) la nobiltà, l’economia negli argomenti, la veemenza nelle passioni, la gravità ne’ sentimenti, la dignità e la prodigiosa varietà ne’ caratteri ».

173. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Né ciò era difficile ne’ greci teatri, la cui grandezza pienamente non si ravvisa ne’ moderni, benché ci vantiamo del Teatro del Ritiro di Madrid, di quello di Torino, del famoso di Parma, e del veramente regio e magnifico Teatro di San Carlo di Napoli, il quale passerà alla memoria de’ posteri, come il più superbo e vago che si abbia la moderna Europa. […] Maneggiata con somma delicatezza e sopraffino giudizio é sa bellissima incomparabile riconoscenza, che mi pare la più verisimile, la più vivace, e la più atta a chiamar l’attenzione dell’uditorio e a tenerlo sospeso, di quante ne abbia prodotte l’antichità.

174. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

se gli svelle dalle radici, e la mano non si sazia di lacerar fin anco le loro fedi, e temendo che vi abbia a restar qualche luce, ……………… Attolit caput, Cavisque lustrans orbi bus caeli plagas, Noctem experitur. […] Sicché é assai probabile che questo racconto di Donato, o sia di Svetonio, abbia patito da’ copisti qualche alterazione nel nome di colui, al quale Terenzio portò a rivedere la sua commedia imperciocché o fa mestieri supporre coll’erudito ed accorto abbate Tiraboschi, che quanto narrasi avvenuto con Cecilio , si voglia intendere di qualche altro rinomato poeta che allor ci vivesse, o deesi dire col non men dotto e giudizioso abate Arnaud, che Terenzio ad Acilio l’Edile andò a leggere l’Andria, e non a Cecilio.

175. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

Non so, che alcun metafisico abbia data una spiegazion convenevole a questo fenomeno, ne io sono da tanto che speri di poterlo fare: abbiano, ciò nonostante, le seguenti conghietture il peso che meritano.

176. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VI. Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo. » pp. 389-417

Non si può negare che abbia destrezza in far ritratti, principalmente bassi, ma scarseggia affatto di fantasia per inventare e disporre un piano e far quadri istoriati.

177. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Non è meraviglia che abbia scarabocchiato un libercolo picciolissimo in tutti i sensi per provare che in Italia la poesia non è uscita ancor dalla fanciullezza ; non consistendo la sua grande opera che in pagine 104 in picciolo ottavo, delle quali (sebbene protesti di voler produrre un libro picciolo) ne impiega ben quaranta solo in esagerate lodi della sua innamorata, cioè di Shakespear.

178. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Il sig. conte Pepoli che lo segue e ne adora le vestigia, ha pubblicato nel 1789 il suo Meleagro accompagnato da una lettera sul melodramma serio ad un uomo ragionevole, il quale nè anche parmi che abbia presentate sulle scene le nuove vesti delle antiche furie, de’ numi infernali, delle ombre e delle parche, corteggio perpetuo delle tragedie musicali mitologiche.

179. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912

Del valore del nostro artista infinite sono le testimonianze : comincio da quella di Evaristo Gherardi, che mi par s’abbia a ritener la migliore ; ed ecco perchè : il celebre Arlecchino sostenne contro il Fiorilli un processo per certi denari a questo dovuti, pei quali fu dal Gherardi rilasciata una obbligazione alla Duval come di somma prestata, e i quali egli negava di dover pagare, affermando che l’obbligazione gli era stata carpita in quei termini, ma che la somma era dal Fiorilli pretesa quale mediazione all’ entrata del Gherardi nella Compagnia italiana.

180. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

Si dice, per esempio, che Guido fosse il primo a inventar le righe, e a collocarvi sopra i punti, affinchè colla diversa posizione di questi s’indicassero gli alzamenti e gli abbassamenti della voce; ma ciò si niega a ragione dal Kirchero nella Musurgia, poiché oltre il parlar Guido nel suo Micrologo di essi punti e righe, come di cose note e non mai inventate da lui, egli è certo che si trovano csempi dell’uno e dell’altro fin dai secoli nono e decimo,23 Si pretende ch’egli aggiugnendo al diagramma, ovvero sia scala musicale degli antichi, che costava di quindici corde, la senaria maggiore, abbia accresciuta di cinque corde di più la scala musicale, ed ampliato per consequenza il sistema.

181. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Strana cosa è certamente che il saggio Addisson non abbia schivato nè gli abusi della scena tragica francese ed inglese riguardo agli amori, nè i soliloquj narrativi, come è quello di Sempronio nella scena terza dell’atto I, nè la mancanza d’ incatenamento delle scene per non lasciar vuoto il teatro, come avviene più di una volta nel Catone 59.

182. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Il conte, nelle cui mani è rimasta la pistola nega che Bianca abbia tentato quell’eccesso. […] Nell’atto I Erode tenta dissipare i timori di Marianna riguardo al mostro, e perchè non abbia a temere del pugnale, lo getta in mare, supponendo il poeta che Gerusalemme fosse città marittima.

183. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Il conte, nelle cui mani è rimasta la pistola, nega che Bianca abbia tentato quell’eccesso. […] Nell’atto I Erode tenta dissipare i di lei timori riguardo al mostro, e perchè non abbia a temere del pugnale lo getta in mare, supponendo Gerusalemme città marittima.

184. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Strana cosa è certamente che il saggio Adisson non abbia schivato nè gli abusi della scena tragica francese ed inglese riguardo agli amori, nè i soliloquii narrativi, come è quello di Sempronio nella scena terza dell’atto I, nè la mancanza d’incatenamento delle scene ad oggetto di non lasciar voto il teatro, come avviene più di una volta nel Catone a.

185. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Per quante ricerche io abbia fatte in istorie e biografie e carteggi di artisti, in istorie d’ arte, e illustrazioni degli affreschi fiorentini, non mi fu dato rintracciar le parole del Poccetti (il suo vero nome fu Barbatelli) alle quali forse altre se ne sarebbero aggiunte a dichiarazione dell’altro ritratto, il giovane che è di fronte a Francesco, che io, per la perfetta somiglianza, benchè di età diverse, con quello del Procaccini, ritengo essere indubbiamente del figliuolo Giovan Battista.

/ 187