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91. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Chi ne bandisce il vero per aprir campo vasto al capriccio e alla sregolata fantasia, ama i sogni, e non comprende la bellezza dell’ imitazione delle dipinture naturali.

92. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

L’unica vera bellezza dell’orazione di Shakespear è appunto quella che è sfuggita alla diligenza del Sherlock che da venti anni la stà studiando.

93. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

Non vi fu più chi superasse il Demarini per virile bellezza, per potenza di voce, e per miracolose particolarità d’organismo.

94. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

Grande, nobile, di bellezza commovente e appassionata, con due occhi che parlano, un sorriso di perle, un gesto d’imperatrice, incede come potrebber Pallade o Giunone, e la sua voce è una musica piena di soavità, o di forza, secondo il sentimento che la domina.

95. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

Se mi fosse lecita una comparazione, direi che Ernesto Rossi, romantico per eccellenza, fu nell’arte dell’attore quel che fu Vittore Hugo nell’arte dello scrittore : ebbe forza e bellezza grandissime, ma, più volte, di seicento.

96. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Ma oh bellezza sovrumana della musica! […] Quindi la sorpresa mista di sdegno colla quale uno straniero nuovo alle impressioni riguarda l’insulto che si vuol fare alla sua ragione dandogli ad intendere che i soli Italiani hanno colpito nel segno, e che ad essi unicamente appartiene il conservar il deposito della bellezza musicale; asserzione, che vien provata da loro esagerando i pregi di questo brillante spettacolo, ma che resta subito smentita dall’intimo sentimento di chi gli ascolta, poiché invece della sublime illusione che gli si prometteva, invece di trovar quel congegnamento mirabile di tutte le belle arti che dovrebbe pur essere il più nobil prodotto del genio, altro egli non vede nell’opera fuorché una moltitudine di personaggi vestiti all’eroica, i quali vengono, s’incontrano, tengono aperta la bocca per un quarto d’ora, e por partono senza che lo spettatore possa capire a qual fine ciò si faccia, riducendosi tutto, come l’universo nel sistema di Leibnitzio, a pure apparenze o prestigi. […] Della bellezza della Venere de’ Medici non meno che della perfezione del Misantropo di Moliere io giudico per la comparazione cogli oggetti che mi cadono sotto gli occhi. […] Ed ecco un motivo di più della diversità delle opinioni in questo genere, il non rimanere cioè alla posterità un classico esemplare, che fìssi immobilmente lo studio dei giovani, perché dipendendo in massima parte la bellezza del canto dalla maniera di eseguirlo, questa non può conoscersi fuorché nella viva voce del cantore, morto ch’ei sia, il voler giudicare del suo merito dagli scritti che restano è lo stesso che giudicare delle bellezze di Elena sul suo cadavero.

97. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Questa materia più dura delle lagrime è forse una bellezza naturale? […] L’unica vera bellezza dell’orazione di Shakespear è quella appunto che è sfuggita alla diligenza del Sherlock che da venti anni lo stà studiando.

98. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

Osserviamo ancora, che la maggior gloria di Tespi, Eschilo, e Sofocle si fu di minorare il coro Greco, e a misura che ne scemavano i personaggi, la tragedia cresceva di bellezza, interese, e attività.

99. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Chi ne bandisce il vero per aprir campo vasto al capriccio, e alla sregolata fantasia, ama i sogni, e non comprende la bellezza dell’imitazione delle dipinture naturali.

100. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « NOTE ED OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 313-326

Dante Alighieri, che col sumministrare all’ Italica favella per mezzo delle sue dotte e ingegnose produzioni non poca robustezza, vivacità ed energia, e coll’ arricchirla di molte e varie immagini, e di molti e varj colori poetici, mostrò con effetto, siccome disse il Boccaccio nella di lui Vita, con essa ogni alta materia potersi trattare, e glorioso sopra ogni altro fece il volgar nostro; Dante che perciò fu dal Petrarca chiamato ille eloquii nostri dux, da Paolo Giovio il fondatore del Toscano linguaggio, e da altri il Poeta de’ Pittori; Dante afferma nel capitolo X del suo Convivio, che per l’Italico idioma altissimi e novissimi concetti convenevolmente, sufficientemente, e acconciamente si poteano manifestare, quasi come per l’istesso Latino; e loda in esso l’ agevolezza delle sillabe, la proprietà delle sue condizioni, e le soavi orazioni che già fin d’allora se ne faceano, le quali chi ben guarderà, vedrà esser piene di dolcissima e amabilissima bellezza.

101. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

Nelle Pastorali interseriva alcuni favolosi intermedj, or da Mercurio, or da Venere, or da Apollo, e or da Minerva vestita, e mentre questi Dei rappresentava, d’eloquenza, di bellezza, d’armonia e di sapienza gli era superiore.

102. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Vero è, che all’ istesso Calepio sembra di trovare nella Polissena francese maggior bellezza nelle sentenze, più vivacità negli affetti, ed energia nella locuziòne. […] Pure non è così grande lo svantaggio dell’ Italiano per le sentenze e per la locuzione, nè gli affetti riescono in lui sì poco vivaci al confronto da farne dimenticare la bellezza del piano, la convenevolezza del costume ed il patetico. […] Ma tali nei vengono compensati dalla bellezza dello stile e dalle situazioni interessanti ben condotte. […] Vi riconosciamo altresi coll’abate Bettinelli la solita bellezza di stile poetico e naturale, e la stessa ricchezza di fiase e purità di lingua che è pur sì necessaria al teatro, e che sì di rado s’incontra. […] Una bellezza omerica si nota nella sesta scena del V, in cui Enrico descrivendo con verità di colori la strage de’ cavalieri, fa senza sforzo un quadro vivace e patetico di Ramiro moribondo sostenuto da Fernando ed Anagilda.

103. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Ifigenia in Aulide è uno degli argomenti da Euripide maneggiati con forza e bellezza maggiore. […] Quella felice distrazione di Fedra egregiamente dipinta dal Racine Dieu que ne puis-je assise, è una bellezza originale di Euripide. […] Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile. […] Così non v’ha bellezza in Euripide che questi due gran maestri della poesia rappresentativa eroica non abbiano sáputo incastrare ne’ loro componimenti. […] Socrate l’amico di Euripide, sembra averlo preferito a tutti, ben di rado o non mai facendosi vedere in teatro se non quando Euripide vi esponeva qualche nuova tragedia, avendolo amato e per la bontà e bellezza de’ versi e per la sapienza con cui gli nobilitava.

104. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Il Garzoni (Piazza Universale, Venezia, Somasco, m.d.xcv, pag. 737) dice di lei : « La gratiosa Isabella, decoro delle scene, ornamento de’ theatri, spettacolo superbo non meno di virtù che di bellezza, ha illustrato ancora lei questa professione, in modo, che mentre il mondo durerà, mentre staranno i secoli, mentre hauranno vita gli ordini e i tempi, ogni voce, ogni lingua, ogni grido, risuonerà il celebre nome d’Isabella. […] E perchè non v’asconda invidia o zelo, Ella, che fece il bel sembiante in prima, poscia il nome formò che i vostri onori porti e rimbombi e sol bellezza esprima. […] Sonetto CXXV Io non t’amo crudel, che me l’contende Del cor seluaggio la natia durezza ; Pur s’alcun veggio, che di tua bellezza Porti sembianza, à me si vago splende, Che contra’l voler mio nel cor mi scende Vn’affetto d’amara empia dolcezza ; E tanto può la micidial vaghezza, Ch’amoroso desire in me raccende.

105. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Quindi dopo avere proseguito più lungamente a lodarlo, soggiugne, come se la vanità della sua bellezza fosse stata cagione della morte di due amati re: O mia vana bellezza, eccoti estinti avanti due re grandi, e tuoi fedeli! […] [6.1.1] Lo stile che riceve la sua essenza da’ pensieri e dalle parole trae altresì dal vario componimento di quelli e di queste le convenevoli proprietà che perfezionano il suo valore e la sua bellezza. […] L’imitazione ne costituisce l’essenziale bellezza; l’armonia del verso dà loro la grazia. […] Anche il Crescimbeni concepiva la poesia come un’indissolubile combinazione di diletto e utile, intendendo quest’ultimo come un surrogato di scienze teologiche, filosofiche e politiche che doveva essere distillato all’interno di sonetti e canzoni («Da’ passati ragionamenti io cavo, che l’essenza del componimento sia la bellezza, la quale non meno esternamente, che internamente debba considerarsi; perciocché, siccome dall’esterna bellezza ne viene il diletto, così ne deriva l’utile dall’interna, senza il concorso delle quali due cose la composizione è manchevole, ed imperfetta. I fonti poi dell’utilità, abbiam detto, che sono gl’insegnamenti che sotto il velame Poetico si contengono, i quali da ogni scienza possono esserne porti: ma spezialmente dalla Teologia, dalla Metafiscia, dalla Fisica, dalla Politica e dall’Etica», Giovan Mario Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, pp. 50-51).

106. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

La musica e la poesia italiana non possono adunque se non assai debolmente influire sulla civilizzazione dei russi, i quali, ignorando le ascose cagioni della loro bellezza, altro non saranno giammai che languidi e freddi copisti.

107. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Sparta medesima, l’austera Sparta, ebbe un teatro assai magnifico, della cui bellezza favellano Pausania e Plutarco nella Vita di Agesilao.

108. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

Quest’arte celeste questo sforzo portentoso dell’umano ingegno, impaziente d’ogni confine porta la contemplazione per tutta la natura, e facendo tesoro degli oggetti verì gli ordina nella fantasia, gli colora, gli adorna, gl’illeggiadrisce, e trasportando con viva imitazione l’evidenza del vero nella bellezza del finto, ne congegna l’armoniosa catena di vive immagini che mulcendo l’udito penetra negli arcani avvolgimenti del cuore umano, ed ammaestra dilettando.

109. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

Ove il culto religioso fomentava le passioni invece di reprimerle, gli oggetti di esse passioni doveano deificarsi: conseguentemente leggiamo, che la bellezza de’ fanciulli e delle donne riscuoteva onori divini; che Venere, Ganimede, Ebe, Adone, e le Grazie furono posti ne’ seggi celesti, e che le meretrici perfino ebbero altari, e feste a lor nome. […] Ove le passioni avevano in cielo la loro difesa, e le arti il loro modello, ben si vede qual entusiasmo dovea accendersi in terra per coltivar queste, e ingentilir quelle favoreggiato poi dagli usi politici, e ravvivato dalla possente influenza della bellezza, principio comune delle une e delle altre.

110. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

Nò, egli sa tutto, tutto egli intende, ma vi conviene, e così prevenuto più non pensa alle falsità, ma al fatto e all’espressioni, come se le udisse uscire dalla bocca moribonda di quella infelice bellezza. […] Non v’è bellezza di chiaroscuro, di grazia, di colorito, e di composizione che non vi si ammiri.

111. (1878) Della declamazione [posth.]

Pietro ora per altri oggetti magnificamente espressi, accrescono la bellezza dello spettacolo44». […] Per quanto concerne l’espressione patetica, la sua bellezza può essere giudicata in base a tre fattori, ossia: armonia delle parti, importanza del significato e efficacia dei segni. […] Questo carattere sembra fondamentale e comune ad ogni genere di bellezza; e senza di esso qualunque bellezza di forma rimane sterile e inutile, né basta a palliare o nascondere la sconcezza dell’espressione. Noi veggiamo sovente delle donne vaghissime, che appena si movano o par lino perdono tosto l’incanto della loro bellezza apparente. […] In questo modo il segno si veste anch’esso della bellezza del significato.

112. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

[3] Il politico, osservando unicamente gli oggetti per la relazione che hanno colla civile economia e coi fini dello stato, lo riguarda come un luogo atto a far circolar il danaro dei privati e a render più brillante il soggiorno d’una capitale; come un nuovo ramo di commercio, ove si dà più voga alle arti di lusso pella gara che accendesi scambievolmente di primeggiare negli abbigliamenti e pel maggior concorso de’ forastieri chiamati dalla bellezza dello spettacolo; come un ricovero all’inquieta effervescenza di tanti oziosi, i quali in altra guisa distratti potrebbono alla società divenire nocivi, impiegando contro di essa non meno i propri divertimenti che le proprie occupazioni; come un mezzo termine infine opportuno a dileguar i bisbigli de’ malcontenti, o a impedire le ragunanze sempre di torbidezza feconde e di pericolo.

113. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

E Medea, Arcabona, Armida, Medusa con altri esseri fantastici piacquero a quelli uditori medesimi che erano avvezzi a sparger lagrime sulle calamità di Fedra, e d’Ifigenia, non tanto per l’interesse che potevano eccitare siffatti personaggi (il quale per le ragioni altrove accennate dovea ridursi pressoché al nulla) quanto per la bellezza delle comparse che somministravano.

114. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Indice. » p. 443

., della bellezza dell’elocuzione, e del grazioso verseggiare 121.

115. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31

La prima in tre atti ha una bellezza originale.

116. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252

La prima in tre atti ha una bellezza originale.

117. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Interessante è il secondo incontro della regina tiranneggiata dal fasto e rapita dalla propria debolezza, e del conte combattuto dall’amore di Bianca e dalla speranza del possesso di una regina dotata di bellezza. […] Due cose secondo me l’hanno fatta conservare in teatro ad onta di tante stravaganze, cioè il carattere vendicativo di questa dama che parla nel proprio dialetto galiziano, e spira certa non usitata bizzarria e fierezza raccomandata dalla beltà; e la bellezza selvaggia di Linda vestita di pelli e cresciuta senza saper parlare, che si va disviluppando a poco a poco per mezzo di una tenera simpatia che le ispira la veduta di un giovane principe. […] Ottaviano tralle carte nominate appartenenti ad Aristobolo ha trovato un ritratto della bella Marianna, e gli vien dato ad intendere esser quella dipintura immagine di una bellezza estinta. […] Invano parimente si cerca nella copia la bellezza della scena della III giornata, in cui Carlo si finge preso di un’ altra e la chiede in isposa, così che la gelosia finisce di trionfare del cuore di Diana.

118. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

, é una bellezza originale d’Euripide. […] Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile. […] Il discorso di Ion a Xuto nell’atto II é vaghissimo e molto naturale, ed é stato delicatamente imitato da Racine nell’Atalia, e da Metastasio nell’Oratorio del Gioas; dappoiché non v’ha bellezza in Euripide, che questi due gran maestri della poesia drammatica francese e italiana non abbiano saputo incastrare ne’ loro componimenti.

119. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Quanto a me esorto la gioventù ad osservare con qual felicità quest’illustre autore dipinga il prospetto del tempio e le teste, i busti ed il monte di ossa degli uccisi che vi biancheggia; la bellezza del racconto che fa Ifigenia della propria sventura quando fu in procinto di essere sacrificata in Aulide; quello del coro della pugna de’ due Greci co’ pastori; quello d’Oreste della morte di Agamennone. […] Il Vicentino Giambatista Liviera di anni diciotto ebbe tanto di gusto che potè comprendere la bellezza dell’argomento del Cresfonte di Euripide, e ne compose la sua tragedia che col medesimo titolo s’impresse in Padova nel 1588; ma egli lasciò a una penna più felice e più esercitata il pregio di tesserne un’ altra con più tragico ed elegante stile. […] Si distingue (egli dice) talmente col l’eloquenza, colla franchezza del dire e col giro e spezzatura del verso, che quel luogo che tiene l’Epido per l’orditura, la Sofonisba per l’affetto, e l’Oreste per la bellezza de’ passi, può questa giustamente pretendere per lo stile.

120. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

Arrivato a Parigi, dov’era stato richiesto dalla Maestà della Regina di Francia per essere aggregato a quella Compagnia di Comici italiani, fu regalato ne’ primi due giorni di tre vestiti di non ordinaria bellezza.

121. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

La prima scena del Pompeo in Cornelio, e il primo atto del Bruto in Voltaire sono squarci di singolar bellezza in quelle tragedie. […] Ciò che dico della presente comparazione, dico di tutte le altre lavorate di simil gusto: potranno esse prese separatamente considerarsi come squarci bellissimi di poesia, sulle quali un gran musico potrà addattare una modulazione eccellente, ma sempre mancherà loro la primaria bellezza, che consiste nella fedele espressione della natura, e nella relazione col tutto.

122. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

Nota alla nota d’autore n. 13: «Uno dei nostri grandi artisti, tale che chiunque abbia visto le sue opere non potrà sospettare di ignorare la bellezza della natura, ha rinunciato agli spettacoli che noi chiamiamo seri e che lui non nomina allo stesso modo; il modo ridicolo con cui sono vestiti dei ed eroi, con cui agiscono e parlano sconvolge tutte le idee che si era fatto; non vi ritrova quegli dei ed eroi ai quali il suo pennello conferisce tanta nobiltà e spirito e si è ridotto a ricrearsi con gli spettacoli farseschi, le cui scene burlesche prive di pretese non lasciano nella sua testa alcuna traccia nociva»; Jean Le Rond d’Alembert, De la liberté de la musique (1751), art. 

123. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

Di scena in scena l’entusiasmo aumenta, circolano mormorii discreti, coi quali si propaga l’ammirazione collettiva, e l’atmosfera della sala è creata, la battaglia è vinta, ahi troppo presto pei miei gusti battaglieri, in tempo appunto perchè la bellezza di questa sala fosse completa e pura.

124. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Isabella Mastrilli duchessa di Marigliano fe imprimere nel 1703 la sua commedia il Prodigio della bellezza : il dottor Annibale de’ Filippi da Serino fe pubblicare in Firenze nel 1705 la sua commedia i due Bari : Pietro Piperni di Benevento diede fuori nel 1702 la sua Contadina Marchesa. […] Edgar succeduto a Edwy udì celebrare l’estrema bellezza di Elfrida (Elfthryth) figlia del ricco conte di Devon, e pensò di sposarla nel caso che sì bella fosse qual si decantava ; e per esserne sicuro spedì Athelwold suo favorito a Devon dal di lei padre. Preso il messo dalla bellezza di lei riferì al re che il di lei volto era di fattezze comunali e poco di lui degno. […] La bellezza di Elfrida incanta il re, il quale ordina che si chiami Adelvolto, cui rimprovera il tradimento ; egli chiedo la morte. […] I drammi poi de’ Greci e de’ Latini e de’ moderni Italiani e dei Francesi e di qualche Inglese Alemanno e Spagnuolo, avendo acquistato dritto di cittadinanza nella maggior parte delle nazioni culte, non temono gl’insulti degli anni, e posseggono una bellezza che si avvicina all’ assoluta.

125. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Quanto a me esorto la gioventù ad osservare con qual felicità quest’illustre autore dipinga il prospetto del tempio e le teste e i busti ed il monte di ossa degli uccisi che vi biancheggia; la bellezza del racconto che fa Ifigenia della propria sventura quando fu in procinto di esser sacrificata in Aulide; quello del coro della pugna de’ due Greci co’ pastori; quello d’Oreste della morte di Agamennone. […] Il Vicentino Giambatista Liviera d’anni diciotto ebbe tanto di gusto che potè comprendere la bellezza dell’argomento del Cresfonte di Euripide, e ne compose la sua tragedia che col medesimo titolo s’impresse in Padova nel 1588; ma egli lasciò a una penna più felice e più esercitata il pregio di tesserne un’ altra con più tragico ed elegante stile. […] Si distingue (egli dice) talmente con l’eloquenza, colla franchezza del dire, e col giro e spezzatura del verso, che quel luogo che tiene l’ Edipo per l’orditura, la Sofonisba per l’ affetto, e l’ Oreste per la bellezza de’ passi, può questa giustamente pretendere per lo stile.

126. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Vana cura sarebbe ancora metterne in vista più questa che quella bellezza, men bello di ciò che si sceglie non sembrando quello che si tralascia.

127. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Vana cura sarebbe ancora metterne in vista più questa che quella bellezza, men bello di ciò che si sceglie non sembrando quello che si tralascia.

128. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Ma la grazia inimitabile di Gennarantonio Federico Napoletano morto dopo il 1750, e singolarmente la verità delle dipinture che faceva de’ caratteri e de’ costumi, e la bellezza della patria locuzione, non faranno mai perire le sue commedie li Birbe, e lo Curatore.

129. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Nell’atto settimo Parmenone si giace nel letto con Areusa a persuasione della vecchia scellerata che lo stà vedendo, e ciò che rende questa situazione più scandalosa, si è che il dialogo di tutti e tre è scritto con somma proprietà e bellezza. […] Ma sono da collocarsi tralle principali bellezze della Celestina, nell’atto I l’eccellente, concisa, naturale ed elegante dipintura della bellezza di Melibea, la descrizione del carattere e delle occupazioni di Celestina, il dialogo comico di lei con Parmenone: nell’atto III la sagacità della vecchia ottimamente lumeggiata, quando narra i suoi meriti ruffianeschi, e quando dipinge le ragazze innamorate: nel IV la di lei scaltrezza nell’ insinuarsi per tutte le vie nell’animo di Melibea: nel VII, nel XIV e nel XIX le già riferite scandalose situazioni descritte però con grazia e verità inimitabile e detestabile.

130. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Ma ho riflettuto dappoi che questo metodo obbligherebbe il povero galantuomo ad un peso, al quale si vede non essere avvezzo, cioè a quello di ragionare per principi, e che siccome sarebbe un’ingiustizia l’esiggere che tutti gli uomini dovessero avere la forza di Milone Crotoniata, o la bellezza di Nirea: così è una indiscretezza il pretendere che un maestro di musica che fa il giornalista deva avere in testa la dialettica d’un Loke, o lo spirito geometrico d’un d’Alembert. […] Alla pag. 244, ragionando della nostra armonia e del contrasto delle parti, io dissi: «Non si niega che da siffatto contralto non possa per opera d’un valente compositore cagionarsi talvolta una combinazione di suoni che diletti l’udito per la sua vaghezza ed artificio, e tale è appunto il merito intrinseco della moderna musica dove l’arte et intrecciare le modulazioni, la bellezza delle transizioni e dei passaggi, l’artificiose circolazioni intorno al medesimo tuono, la maestria nello sviluppare e condurre i motivi, in una parola le bellezze estetiche dell’armonia sono pervenute ad un grado di eccellenza sconosciuto affatto agli antichi.» […] Quello che in generale può dirsi è che nelle mani loro (cioè non de’ maestri accennati prima ma di questi secondi), la musica acquista a certi riguardi una maggiore bellezza mentre la va perdendo a certi altri».

131. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Due cose secondo me l’hanno fatta conservare sul teatro ad onta di tante stravaganze, cioè il carattere vendicativo di questa dama che parla nel proprio dialetto Galiziano, e spira certa non usitata bizzarria e fierezza raccomandata dalla beltà; e la bellezza selvaggia di Linda vestita di pelli e cresciuta senza saper parlare e che si va sviluppando a poco a poco per mezzo di una tenera simpatia che le inspira la veduta di un giovane principe. […] Ottaviano tralle carte nominate appartenenti ad Aristobolo ha trovato un ritratto della bella Marianna, e gli vien dato ad intendere essere immagine di una bellezza estinta. […] Invano parimente si cerca nella copia la bellezza della scena della III giornata, in cui Carlo si finge preso di un’ altra e la chiede in isposa, così che la gelosia finisce di trionfare del cuore di Diana.

132. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Nell’atto settimo Parmenone si giace in letto con Areusa a persuasione della vecchia scellerata che ciò stà vedendo; e questa situazione si rende tanto più scandalosa, quanto più il dialogo di tutti e trè è scritto con somma proprietà e bellezza. […] Ma sono da collocarsi tralle principali bellezze della Celestina nell’atto I l’eccellente, concisa, naturale ed elegante dipintura della bellezza di Melibea, la descrizione del carattere e delle occupazioni di Celestina, il dialogo comico di lei con Parmenone.

133. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Una bellezza Omerica si nota nella sesta scena del V, in cui Enrico descrivendo con verità di colori la strage de’ Cavalieri fa senza sforzo un quadro vivace e patetico di Ramiro moribondo sostenuto da Fernando ed Anagilda. […] Commedie pur furono benchè di bellezza minore le opere di Pietro Trinchera autore della Vennegna cantata colla musica di Gaetano Latilla nel teatro della Lava, e dell’Abate Collarone cantata nel medesimo teatro colla musica di Domenico Fischetti, che poi dal medesimo autore si rifece per cantarsi in quello de’ Fiorentini nel 1754 col titolo le Chiajese Cantarine colla medesima musica del Fischetti, ma con alcune mutazioni fattevi dal Logroscino. […] Edgar succeduto a Edwy udì celebrare dalla fama l’estrema bellezza di Elfrida (Elfthryth) figlia del ricco conte di Devon, e pensando di averla in moglie nel caso che tal fosse quale si decantava, spedì Athelwold suo favorito al padre di lei. Preso però il messo dalla bellezza singolare di Elfrida, riferì al re che era di un volto comunale e poco degna per le maniere delle reali nozze. […] La bellezza d’Elfrida incanta il re, il quale ordina che si chiami Adelvolto, che già veniva da se, e gli rimprovera il tradimento; egli chiede la morte.

134. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

Belle, felici, se non nuove, esse sono certamente: ma non conservano nella Drammatica la bellezza che hanno in altri generi: non erat hic locus, dice Orazio.

135. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Queste memorande parole con quanto si contiene nell’indicata scena si trovano nel libro I cap. 9 de Clementia del filosofo Cordovese Anneo Seneca; ma pure è un tratto di gusto e d’ingegno l’averne ravvisata la bellezza e l’averla bene espressa.

136. (1715) Della tragedia antica e moderna

[1.111ED] Se tu vorrai che il popolo (e quando dico popolo intendo un’adunanza di dotti, d’indotti e di misti) giudichi saviamente della bellezza di un sonetto, di una canzone, perché si ricerca un intelletto purificato dalla notizia ed esperienza del buono, per esser la minor parte del popolo i dotti, la parte maggior può ingannarsi e seppellire ne’ suoi applausi la disapprovazion de’ pochi, e così il maggior numero strascinerà seco il migliore. [1.112ED] Ma quanto alle azioni sceniche, la maggior parte e la più degna del popolo ha cuore che fisicamente si lascia muover gli affetti, e quando lo spettatore già mosso entra nell’interesse degli attori, non vi è chi meglio giudichi dell’economia dell’azione e della proprietà de’ caratteri, e tanto vede addentro la condotta del fatto rappresentato quanto vi vedrebbero i veri personaggi che in scena sono imitati se, non finta, ma realmente operassero.  […] [2.58ED] Può comunicarsi, egli è vero, alla mente de’ leggitori per la scrittura, ma questa non dà tutto il nerbo dell’eloquenza, se chi legge la scritta orazione non la recita e non la gestisce a sé stesso. [2.59ED] Maledetta quella perfezione che non conviene alla cosa se nella cosa si cerca, e benedetto quell’aiuto esteriore che fa perfetta la cosa nella sua sfera e che, moltiplicandosi, le moltiplica ancor la bellezza. […] [3.4ED] Mi sembrò lunga un secolo quella notte per trovarmi colà sul nascer del Sole ed il mio gobbo fu non meno ratto di me ad arrampicarsi per lo scosceso della montagna e sul più eminente parapetto della cortina, da cui mi vidi soggetta agli occhi quanta bellezza può mai consolare una vista. […] Condanno il dar troppo ad un affetto che da se stesso se ne usurpa dipoi altrettanto. [3.83ED] Nell’Ifigenia hai posta in scena una vergine innamorata, ma che però preferisce il pregio della verginità alla sua passione lusinghiera. [3.84ED] Nell’Alceste la fé maritale precede nella donna all’amor della vita, nell’uom all’amore di un’altra bellezza eguale a quella ch’ei già credeva defunta. [3.85ED] Nel Gesù perduto gli amori sono affatto celesti fra madre, figlio e parenti: per questa tua condotta ne’ quattro drammi accennati hai tu sentito che ti si facciano le fischiate? […] [4.170ED] Imperocché, se la lingua italiana e vivente non è arrivata alla coltivazione della greca e della latina, come vuol giudicar della perfezione a cui può ella arrivare se non è giunta ad essere coltivata come le due precedenti e se la coltura la può far crescere di copia, di maturità e di bellezza?

137. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Introduzione »

Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, Roma, Buagni, 1700.

138. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Ma lasciamo le istorie, le note e le prefazioni del Belloy, e conchiudiamo che delle sue tragedie l’Assedio di Calais, Gastone e Bajardo, Zemira, Don Pietro il crudele e Gabriela di Vergy, già più non rimangono che i nomi, mancando loro la nota del genio, l’armonia della versificazione, la correzione del linguaggio e la forza, la bellezza ed ogni altra dote dello stile. […] Si ha da essa che una gentil donna per nome Teresa nata nel 1601 fu moglie di un nobile de’ Contarini uomo zotico niente amabile ed immorale, ed amata da Antonio Foscarini dotato di bellezza, di cuor sensibile, di amabili costumi e di eloquenza incomparabile.

139. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Commedie pur furono benchè di minor bellezza le opere di Pietro Trincera autore della Vennegna, dell’Abate Collarone, e singolarmente della Tavernola abbentorata cagione d’ ogni sua sventura, in cui fece una dipintura vivace di un Fra Macario simile al Tartuffo recitata colla musica di Carlo Cecere.

140. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Imperocché ove la musica non mi farà sentire che intervalli, consonanze, proporzioni, accordi, e rapporti, ove tutta la sua possanza si ridurrà a titillare unicamente i nervi auditori con certe vibrazioni metodiche e insignificanti, io applaudirò bensì alla scienza del musico, ammirerò quell’algebra sonora, come ammiro i calcoli di Ricatti e d’Eulero, goderò tinche dello stesso materiale diletto che mi arrecano i gorgheggi d’una lecora o d’un canario, ma rassembrerò altresì a que’ vecchi descritti da Omero, che formavano il consiglio di Priamo, i quali ammiravano la bellezza di Elena senza sentirsi commossi, perché non vi ravviserò punto quel principio d’imitazione, che di tutte le belle arti ne è il fondamento, non troverò alcun segno di convenienza tra gli accordi armonici e le mie proprie affezioni, né sentirò ricercarmi l’anima e il cuore da quei movimenti improvvisi e forti, che dalle arti di genio ha ogni uomo sensibile diritto di esigere.

141. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso.

142. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

La bellezza de’ tre primi atti non pare agli occhi miei continuata ne’ due ultimi; ma il Comico contava certamente sulla varietà delle imitazioni e parodie, le quali, presso la posterità già sazia delle trasformazioni degli zanni scemano di pregio in ragione del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il Comico Greco. […] Ma quella celebre letterata, sebbene maneasse di certo gusto poetico necessario a ben tradurre i poeti, almeno intendeva pienamente il greco idioma, ed ha voto autorevole allorchè afferma che Aristofane è fino puro armonioso, ed empie di piacere coloro che hanno la fortuna di leggerlo originale; sortuna che auguriamo al traduttore di Lucano autore della Poetica Francese a Il riputato Gian Vincenzo Gravina così perito nelle materie poetiche e nella lingua greca versa a piena bocca su questo comico le sue lodi per la verità e naturalezza delle invenzioni, per la proprietà de’ costumi, per la felicità delle allusioni, per la bellezza de’ colpi, e per la fecondità la pienezza il sale attico di cui abbonda e che oggi a’ nostri orecchi non può tutto penetrare.

143. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

La più felice sembrami Giunio Bruto, la cui arringa é un miracolo d’eloquenza animata da tutta la bellezza poetica conveniente alla scena.

144. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso.

145. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Nei drammi di Lodovico Coltellini, poeta cesareo alla corte di Pietroburgo, si scorge chiarezza di stile, varietà nelle arie, bellezza nei recitativi, qualche scena di forza insiem coll’arte pregevole di acconciamente innestare le massime filosofiche nel corpo dell’azione.

146. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

In somma cotesta bellezza è lo specchio d’Archimede, che accende un incendio nelle viscere del più gran Capitano degli Eserciti.

147. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Ma lasciamo le istorie, le note e le prefazioni del Belloy, e conchiudiamo che delle sue tragedie l’ Assedio di Calais, Gastone e Bajardo, Zemira, Don Pietro il crudele e Gabriela di Vergy già più non rimangono che i nomi, mancando loro la nota del genio, l’armonia della versificazione, la correzione del linguaggio e la forza, la bellezza ed ogni altra dote dello stile.

148. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

La bellezza de’ tre primi atti non pare agli occhi miei continuata ne’ due ultimi; ma il comico contava certamente sulla varietà delle imitazioni e parodie, le quali presso la posterità già sazia delle trasformazioni degli zanni scemano di pregio in ragion del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il comico. […] Il celebre Gian Vincenzo Gravina così perito nelle materie poetiche e nella lingua Greca versa a piena bocca su questo comico le sue lodi per la verità e naturalezza delle invenzioni, per la proprietà de’ costumi, per la felicità delle allusioni, per la bellezza de’ colpi, e per la fecondità, la pienezza, il sale Attico di cui abbonda, e che oggi a’ nostri orecchi non può tutto penetrare.

149. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Non si niega che da siffatto contrasto non possa per opera d’un valente compositore cagionarsi talvolta una combinazione dei suoni che diletti l’udito per la sua vaghezza ed artifizio e tale è appunto il merito intrinseco della moderna musica, dove l’arte d’intrecciare le modulazioni, la bellezza delle transizioni e dei passaggi, l’artifiziose circolazioni intorno al medesimo tuono, la maestria nello sviluppare e condurre i motivi, in una parola le bellezze estetiche dell’armonia sono pervenute ad un grado d’eccellenza sconosciuto affatto agli antichi; ma egli è indubitabile che siffatto artifizio non è atto ad eccitar le passioni, e che l’intrinseca ripugnanza che regna nel sistema della nostra armonia (ripugnanza nata dal comprendere insieme più spezie contrarie di movimento) le toglierà sempre mai il diritto di gareggiar colla greca nella quale siccome non trovavansi le squisitezze armoniche della moderna, così non si trovavan nemmeno le sue contraddizioni; il tutto era anzi al suo scopo maravigliosamente diretto.

150. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Le donne, presso alle quali l’elogio fatto alla bellezza fu sempre l’omaggio più caro, e la più spedita via di guadagnarsi il lor cuore; le donne che riguardano la costanza dell’uomo come il mezzo più sicuro di mantenere ed accrescere la loro influenza sul nostro sesso; le donne finalmente in cui la vanità è la passione per eccellenza fomentata dagli usi politici per nasconder agli occhi loro il sentimento della propria dipendenza, non poteano far a meno di non compiacersi del volontario tributo che pagavano ad esse i poeti .

151. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Nondimeno siccome i pregiudizi per quanto siano essi fissi e radicati altamente non distruggono punto l’essenza inalterabile degli oggetti, così riguardando noi la bellezza delle arti sceniche non già nella modificazion passaggiera che ricevono dagli abusi; ma nell’idea archetipa del bello assoluto ed intrinseco, siamo costretti a pronunziar francamente che l’usanza di frammettere la pantomima negl’intervalli del dramma è un’assurdità palpabile, un’eresia in materia di gusto che deve affatto proscriversi innanzi al tribunal del buon senso.

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento.

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