Attalchè tutte le regole che si danno per li accenti e per l’intonazioni appartengono principalmente alle vocali, anzi non cadono che sopra queste. […] Io lontano dall’acconsentire al suo parere porto anzi opinione che ciò sia un pregio grandissimo, e maggiore ancor lo sarebbe se la declamazione poetica potesse nel canto intieramente trasfondersi cosicché la poesia fosse dalla musica inseparabile, come avvenne alla lingua greca nel suo principio.
Non giugne all’eleganza dell’Ariosto, del Bentivoglio e del Caro; anzi non sempre la dizione è pura, sfuggendogli dalla penna tratto tratto formole e voci non ammesse da’ Toscani rigorosi.
È vero che diletta un fiume che placido e lento irriga i campi; è vero che incanta il mormorio armonioso delle acque: ma non è vero che il fiume con rincrescimento si allontana da quel soggiorno, anzi non è vero che se ne allontana; nè anche è vero che gli augelli tacciono per udire il gorgoglio delle acque.
Ma egli forse non volle vedere che Aquilio si vale di questa immagine come di un paragone conveniente ad un cortigiano guerriere, il quale risveglia anzi idee marziali, e manifesta un contrasto di calore e di brio che Aquilio comprende che dee contenere; e un Piccini, un Sacchini, un Gluck, saprebbero coll’ armonia animar questo pensiero vivace, imitar l’impeto guerriero raffrenato dalla prudenza, e conchiudere col poeta con fare scoppiare il colpo ben regolato e mostrarne la conseguenza ch’è il trionfo che tutto riempie il cuor d’Aquilio.
Piacemi quì soltanto aggiugnere che il Sherlock molto provvidamente indirizza il suo Consiglio ai giovani che non hanno oltrepassati i ventidue anni; altrimenti con quali altri ascoltatori avrebbe egli potuto impunemente spacciare quanto venuto fossegli alla bocca contro dell’Italia, anzi contro della storia, del gusto e della ragione?
È vero che diletta un fiume che placido e lento irriga i campi, è vero che incanta il mormorio armonioso delle acque: ma non è vero che il fiume con rincrescimento si allontana da quel soggiorno, anzi non è vero che se ne allontana; nè anche è vero che gli augelli tacciono per udire il gorgoglio delle acque.
Io non ho fatto come quest’Euripide le Fedre meretrici, nè le Stenobee; anzi mi sono astenuto sempre di ritrarre donne innamorate. […] Servono a un padrone (sotto la cui immagine si adombra il popolo Ateniese) colerico, fracondo, maremmano, fastidioso, ciarlone, mangiator di fave (cioè avido di giudicare e dar voto per mezzo delle fave, colle quali si affermava o negava nelle deliberazioni) e debole anzi ché no per la vecchiaja e quasi sordo. […] Baje (replica Demostene); questo è il tuo vero merito l’essere odioso, vile, ignorante; anzi è sventura che tu conosca, benchè a stento, l’abici. […] Il Coro oppone che la povertà riempie anzi il mondo di miserie. […] Gli Ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gettavano fiori sul di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, che era il maggiore onore che far si potesse a un cittadino.
Ma sotto il regno di Riccardo II verso la fine del secolo XIV trovansi i ministrieri decaduti, nè altro essi erano che cantori volgari poco pregiati; anzi a tal segno degenerarono che verso la fine del secolo XVI fu pubblicata una legge, per cui i menestrels erranti si considerarono nella classe de’ mendici, de’ vagabondi, delle persone senza mestiereb Tornando al secolo XIII osserviamo che in Alemagna fiorivano i Minnesoenger, ovvero Cantori d’Amore, nelle cui poesie tuttavia esistenti non si rinviene pezzo veruno teatrale. […] Differenti cagioni (dice l’anzi lodato Robertson) erano concorse a conservate nella Spagna il governo feudale nel suo pieno vigore più lungo tempo che in Francia e in Inghilterra.
La consiglia poi a separarsi a poco a poco dal colpevole suo nuovo sposo… Di poi ripigliandosi le dice, che anzi nol faccia, ed ironicamente le insinua di tosto recarsi a lui, di porsi nel suo letto e fralle sue braccia, di scoprirli che la pazzia del figlio è finta, e che tutto è un artificio. […] Non vo lasciare però di aggiugnere che il Sherlock molto provvidamente indirizza il suo Consiglio ai giovani che non hanno oltrepassati i ventidue anni, altrimenti con altri ascoltatori avrebbe egli potuto impunemente spacciare quanto venivagli alla bocca contro dell’Italia, anzi contro della storia, del gusto e della ragione?
Dovevate anzi pensare, che noi donne al pari degli uomini ci serviamo di questa maschera per ingannar il pubblico.
Pensava che questo Ruzzante avesse composte talora Commedie con più di un dialetto (e non già con quanti ne usò l’Autore della Rodiana), ma che esse non erano punto fredde, e insulse come le Spagnuole del Naarro, anzi festevoli e lodate assaissimo nell’ Ercolano da Benedetto Varchi giudice favorito dell’Apologista.
Ma si pretende che prima di costoro, anzi prima degl’italiani, ne avesse scritto un tal Vasco Diaz Tanco de Fregenal.
Avendo io scritto che di essi rimane oggi appena una fredda e serena parzialità , non ne ho anzi espressa implicitamente l’esistenza?
Ma le nostre querele e quelle di tanti scrittori contro de’ pantomimi, cadono sulla loro arte o anzi sulla scostumatezza?
[3.21ED] Ora un tal piacere, che ci vien cagionato da’ veri soliloqui sol per metà, ci vien dato interamente anzi doppiamente da’ finti: interamente perché non solo imitiamo i soliloqui che in luoghi solitari talora i più passionati a se medesimi proferiscono, ma riduciamo anche in voce l’altra metà che essi pensano e non pronunziano. […] [4.76ED] Imperocché ciò sarebbe non un perfezionarla, ma un deformarla; e Marco Tullio intende tanto perfezionarla che anzi vorria ridurla all’idea, e vorria costituire un oratore conforme all’idea, cioè più perfetto di qualunque sia stato o sia per declamare le cause de’ suoi clientoli nella curia; e ciò ha egli derivato da un mio sentimento, essendo uopo, secondo l’opinion mia, che la prosa abbia il ritmo, ma non già il metro, per lo ché di me lasciò scritto: «Versum in oratione vetat esse, numerum jubet.» […] [5.174ED] Il furore meglio, anzi quasi unicamente, in quello di dieci sillabe si fa sentire nella sua maggiore terribilità, massime se lo farai sdrucciolare sino alla cadenza che sempre ti esorto ad appianare o a troncare, come sarebbe: Sibillanti dell’orride Eumenidi Veggio in campo rizzarsi le vipere, Minacciando di mordermi il sen. […] — [5.246ED] Dopo così lungo ragionamento si levò il vecchio e io, giurando per la tripode d’Apollo, anzi, come Arcade, per la stigia palude, di non impacciarmi di simil componimento, mi alzai. […] [6.26ED] Né già confermo quel che si sparge in Italia, cioè che sopprimano in guisa co’ rompimenti del verso le rime che queste difficilmente si rendan sensibili all’uditore; imperocché (siccome ho detto altre volte) danno tutto il suono al verso e alla rima, che anzi diletta cadendo non stentata ma naturale, nel che veracemente sono eccellenti i bravi poeti di questa nazione.
La disputa divenne sì viva che lo stesso Imperador Carlo Magno dimorante allora in Roma, comecché poco s’intendesse di tali affari, ebbe bisogno d’interporre la sua autorità per placargli, sentenziando poscia a favor de’ Romani contro ai propri sudditi, anzi mettendo questi sotto l’insegnamento dei primi. […] [11] Di più: in una religione che parlava molto ai sensi e pochissimo alla ragione, e che rappresentava l’essere supremo sotto velami corporei, gl’iddi non si distinguevano molto dagli uomini: anzi, ponendo mente alle assurdità e ai vizi attribuiti a loro dai poeti , chiunque avea fior di senno dovea pregiare assai più un vile schiavo virtuoso, che non gli oggetti della pubblica venerazione.
Infatti come sarebbe possibile, anzi a che gioverebbe la perfezione delle altre parti costitutive della musica, se quella, cui tutte debbono riferirsi, e dalla quale ogniuna principalmente dipende, restasse abbandonata alla ignoranza e al pessimo gusto? […] Il suo raro merito invece di renderlo «il caposcuola, e il Marini della moderna licenza», come a torto il chiama il Conte Algarotti 90, il fece anzi comparire uno de’ più rinomati cantori del suo tempo.
I) o crederebbesi, per meglio dire, uno di que’ Caffri o Sciscimechi, che sono tanto balocchi e stolidi, e tanto incapaci a pensare combinare, che paiono anzi macchine semoventi, che animali ragionevoli. […] Ma egli non ha capito che Aquilio si vale di quest’immagine come di un paragone conveniente a un cortigiano guerriero, il quale risveglia anzi idee marziali, e manifesta un contrasto di calore e di brio che Aquilio ha bisogno di contenere; e un Piccini e un Paiselli fanno coll’armonia animar questo pensiero vivace, imitar l’impeto guerriero che scappa fuori, e che la prudenza si sforza di raffrenare, e conchiudere col poeta col fare scoppiar il colpo ben guidato, e mostrar il trionfo che produce, ch’é quello che tuttoriempie il cuor d’Aquilio.
La terza, che non avendo né il poeta né il musico alcuna ingerenza negli affari dello Stato, anzi riuscendo loro troppo pericoloso il mischiarvisi, non hanno potuto esercitar il loro talento se non se intorno ad argomenti di puro diletto, e di niuna o pochissima utilità. […] Da ciò si rileva altresì il perché in seguito gli uomini più saggi fra i Greci, persuadendosi che fosse più utile anzi necessario al bene dello stato il moderar le passioni del popolo che il troppo violentemente svegliarle, abbiano appunto nella musica regolata dalla filosofia trovato il segreto d’ottenere siffatta calma. […] Non si niega che da siffatto contrasto non possa per opera d’un valente compositore cagionarsi talvolta una combinazione dei suoni che diletti l’udito per la sua vaghezza ed artifizio e tale è appunto il merito intrinseco della moderna musica, dove l’arte d’intrecciare le modulazioni, la bellezza delle transizioni e dei passaggi, l’artifiziose circolazioni intorno al medesimo tuono, la maestria nello sviluppare e condurre i motivi, in una parola le bellezze estetiche dell’armonia sono pervenute ad un grado d’eccellenza sconosciuto affatto agli antichi; ma egli è indubitabile che siffatto artifizio non è atto ad eccitar le passioni, e che l’intrinseca ripugnanza che regna nel sistema della nostra armonia (ripugnanza nata dal comprendere insieme più spezie contrarie di movimento) le toglierà sempre mai il diritto di gareggiar colla greca nella quale siccome non trovavansi le squisitezze armoniche della moderna, così non si trovavan nemmeno le sue contraddizioni; il tutto era anzi al suo scopo maravigliosamente diretto.
I primi teatri furono dunque i templi, e i sacerdoti i primi declamatori, ed anzi i maestri della prima declamazione. […] Quindi una parola riesce, a proporzione dell’altra, più rapida e più sfuggevole quanto ha più sillabe disaccentate e continue, e più ancora se queste anzi seguano che precedan l’accentata. […] Essa immagina ed eseguisce i suoi tipi con corpi simili e con azioni successive; perlocché la sua imitazione è del tutto completa, ed è anzi una reale ripetizione del tipo ideale. […] Il tipo adunque della declamazione si confonde ed immedesima nell’esecuzione; e di essa può, anzi dee dirsi, che cerca o verifica il tipo medesimo che preconcepisce. […] Ma queste ed altre tali bizzarrie possono anzi pregiudicare all’effetto che l’arte vuole produrre.
Uditori altrettanto incomodi per l’indiscretezza loro quanto giudici infelici pel niun discernimento recherebbono danno anzi che vantaggio alla perfezione del gusto, se le spese inevitabili al mantenimento d’un teatro non rendesse necessaria la frequenza loro, come la necessità di far numero in un’armata costrigne sovente i generali ad ammetterne infiniti poltroni.
In oltre il Varchi parla dell’Antigona di Luigi Alamanni, e dice che anzi che Tragedia debba dirsi traduzione dell’Antigona di Euripide.
All’incontro, in cambio di Rapin, il suo Encomiatore e Confratello può osservare nelle Poesie di Ossian come la morte di Aganateca, che avviene senza, che il Lettore l’attenda, anzi che intenerirci, c’istupidisce, e passiamo, senza compiangerla, ad altri oggetti, che il Poeta ci presenta.
Non vedeva fuori del suo recinto nè Noverri, nè Vestris, nè Hilverding, anzi inviava i suoi ballerini oltramonti, e i Francesi stessi scendevano dalle Alpi per apprendere la danza a.
Le arti fioriscono sotto questo cielo senza premii ed incoraggimenti brillanti, senza le statue di Parigi, senza le pensioni di Pietroburgo, senza gli onori di Londra, senaz… anzi…
Le arti fioriscono sotto questo cielo senza premj ed incoraggimenti brillanti, senza le statue di Parigi, senza le pensioni di Pietroburgo, senza gli onori di Londra, senza . . . anzi . . .
Pietro Cornelio fra più difetti che scuopre nel suo proprio teatro, non s’attribuisce mai questo: anzi egli non dubita di preporre a tutte le sue favole la Rodoguna, ove più che in altre esso è notabile. […] Havvi ancora alcuno de’ nostri che, quantunque abbia avvertito di schifare tal difetto, pure rassomigliando Euripide anzi che Sofocle, scuopre di sì mala Grazia le persone rappresentate che nuoce con l’affettazione al verisimile. […] Se l’amore di lei fosse stato cagione della sua morte l’induzione sarebbe stata acconcia, ma non perì quegli per tal motivo, che anzi ella tentò tutte le vie di liberarlo: perì per la credulità prestata a suoi malevoli. […] Né ragionevole è che l’esercito de’ Sabini dopo la prigionia del suo re dimori nel posto ove era: anzi dovrebbesi credere che, seguita la presa del medesimo, si mettesse tutto in fuga e si disperdesse. […] Il giudizio di Dacier su Corneille non è tuttavia incondizionatamente positivo — forse questo punto è anzi l’unico in cui si spende in un elogio dei tragici moderni.
Dico solo che tanto cicaleccio precedente il congedo che Corradino viene a prendere, è superfluo, famigliare e comico anzi che tragico. […] Ella anzi dovea rispondere al Padre: ricordatevi che sinora gli avete permesso di parlarmi, di cavalcare a me dappresso in vostra presenza, di esser nostro commensale. […] Essi dunque si veggono nella scena quarta, che interessa ed è appassionata, malgrado di un terzetto che vi si legge alla prima, il quale colle sentenze e ripetizioni della musica serve anzi a stancar Elfrida e lo spettatore per le troppe esitazioni del marito. […] Quest’Odorico non mostra molta saviezza nelle sue disposizioni; e queste nozze così a buon tempo assrettate hanno l’aria, anzi la maschera (e nulla più di maschera) di quelle di Marzia con Arbace nel Catone. […] Aggiugne ancora che Ricimero è morto, e che forse anche Almonte lo svenò per occultare le sue frodi; accusa senza verisimiglianza, perchè Almonte tutto ha fatto per servir Ricimero, e l’ammazzarlo sarebbe stato un delitto inutile anzi a se nocevole.
Nel mentovato codice, vien riferito, anzi proposto per esempio il primo versetto d’una canzone provenzale posta sotto le note secondo la musica di que’ tempi. […] [21] Nondimeno bisogna dir chel’Italia non avesse a que’ tempi presso alle altre nazioni acquistata quella celebrità nella musica, che ha poi nel passato secolo e nel presente ottenuta, poichè le corti straniere, anzi i principi italiani stessi ricercavano con gran premura e con grosse paghe musici e cantori oltramontani. […] [22] Non sarà tenuto nimico delle glorie italiane il gran Muratori, il quale, parlando di Leonello d’Este Duca di Ferrara, che successe al suo padre Niccola Terzo nel 1441, dice «che fece venir da Francia i cantori» 43, anzi i più bei madrigali di alcuni di essi francesi dimoranti allora in Italia si trovano raccolti da Girolamo della Casa, udinese, e proposti per modello d’imitazione nel suo rarissimo libro, che ha per titolo Il vero modo di diminuire con tutte le torti di stromenti.
Non ha divisione di scene e di atti; ha il Coro alla greca, ed è per la maggior parte composta in versi sciolti ed ha qualche squarcio con rime rare e libere, anzi vi si osserva talvolta un troppo rigoroso accordamento di consonanze alla maniera delle italiche canzoni liriche. […] E Torrismondo è questi, Questi che mi discaccia, anzi mi ancide, Questi ch’ebbe di me le prime spoglie, Or l’ultime ne attende, e già sen gode. […] Faccia La sua fortuna, anzi la lor fortuna Ch’io non discopra in ciò cosa diversa, Non pur contraria, al desiderio mio, Che a Dirce, a lei, a Nino istesso, a quanti Colpa n’avranno, io mostrerò che importi Il macchinar contro il voler di donna Che possa quanto vuol.
Non era al fine questo dramma se non una traduzione in parte corretta nella quale si cercava il ridicolo negli eventi immaginati con arte anzi che nel cuore umano che ne abbonda.
Al momento di accennare al costume di Buffetto, mi balzò agli occhi della mente la maschera, anzi il ritratto di un antico Brighella, di cui non solamente il costume, ma e il tipo mi par concordino a segno con quelli di Buffetto da essere scambiati.
Rare volte l’espressione tradisce la verità, anzi spesso l’avviva col sublime e col patetico. […] Non ardisco proporre a titolo di taccia quanto penso intorno al Dione; pur mi sentirei disposto a riporre tralle prime tragedie italiane anzi il Sedecia e il Manasse, che il Dione. […] Previde il degno autore l’opposizione che singolarmente far si poteva alla somma credulità di Dione, e disse in sua discolpa, che la storia l’ha esposto al pericolo di far parere Dione uomo troppo più facile e credulo che ad un eroe non conviene; e pregò il leggitore a por mente alle di lui circostanze, ed a consigliar se stesso a qual partito sarebbesi egli anzi appigliato. […] Confesseremo nonpertanto che la scena dell’atto IV di Cleopatra ed Ottavio nel tempio, in cui ella coll’ idea di adescarlo al suo amore mentre il marito dorme, domanda alla confidente, se le sue vesti si accordino col suo volto, ed entrambi poi tentano ogni via per ingannarsi scambievolmente, ne sembra anzi comica che tragica.
Denina sente dun que all’opposto dell’avviso di Quintiliano; imperocchè egli che ingenuamente confessava che i Latini (malgrado di posseder Nevii, Cecilii, Plauti, Terenzii ed Afranii) zoppicavano nella commedia, non mai affermò altrettanto della tragedia; anzi sostenne nettamente esservi state alcune tragedie latine degne di venire in confronto colle migliori de’ Greci. […] Ma le sottigliezze, l’espressioni ampollose, i lampi d’ingegno ricercati con istudio, l’oricalco posto in opera in vece dell’oro di quella felice età, enunciano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe e si perdè ogni eloquenza, e si prese per entusiasmo vigoroso la foga di un energumeno.
Ma mentre il detto taglia, spezza, urta, abbatte, e fracassa il mondo con le chiacchare, esso Ragazzo lo burla, uccella, beffa, e lo deride ; anzi fingendo farli buone le sue ragione, vien a scoprire tutte le sue vigliaccherie……………… Un terzo opuscolo del Croce che non mi fu dato vedere, è il 22° del Saggio bibliografico citato, del quale ecco la descrizione : Bravate, razzate – et arcibulate – dell’ Arcibravo Smedola vossi, sforma piatti, sbrana Le – oni, sbudella Tigre & ancidatore de gli Huomini – muorti. […] E tutto questo in virtù dell’ opinione di quel filosofo, che tiene che l’anime vadino passando da un corpo nell’altro, laonde l’istessa anima, che informò prima Ercole, e poi gli altri suddetti, è passata finalmente in questo mio corpo, e però coloro ed io siamo gl’istessi, anzi con la medema dottrina io ti potrei giurare di tenermi nel corpo non solo l’anima di quei bravacci, ma quella ancora del più forte Leone, della più spietata Tigre, dell’Orso più arrabbiato, e del più fiero Drago, che nodrissero giammai le selvose montagne dell’Asia, o le arenose campagne della Libia.
Rare volte l’espressione vien tradita dalla verità, anzi spesso è avvivata col sublime e col patetico. […] Non ardisco proporre a titolo di taccia quanto penso intorno al Dione ; pure mi sentirei disposto a riporre tralle prime tragedie italiane anzi il Sedecia e il Manasse, che il Dione. […] Tutto è per me teatrale ciò che sa interessar chi ascolta ; anzi allora questo effetto è più ingegnoso e pregevole, quando si ottiene con minore apparato, e senza molte ipotesi. […] Confesseremo non pertanto che la scena dell’ atto IV di Cleopatra ed Ottavio nel tempio, in cui ella coll’ idea di adescarlo al suo amore mentre il marito dorme, domanda alla confidente, se le sue vesti si accordino col suo volto, ed entrambi poi tentano ogni via per ingannarsi scambievolmente, ne sembra anzi comica che tragica. […] Essi sono anzi quali esser debbono di un cittadino che non si pente del bene che ha fatto alla patria, ma prova intanto intimo cordoglio per averlo dovuto conseguire coll’ ammazzamento di un fratello che amava dopo della patria.
Di poi ripigliandosi le dice, che anzi nol faccia; ed ironicamente le insinua di tosto recarsi a lui, di porsi nel suo letto, e fralle sue braccia di scoprirgli che la pazzia di Amlet è finta, e che tutto è un artificio.
Avendo io scritto che ne rimane oggi appena una fredda e serena parzialità, non ne ho anzi espresso implicitamente l’esistenza?
Tutto il mondo volea che il mio vicino Fosse d’Atene anzi di vita indegno, Per aver sovvertito e messo al fondo Il giovane Lesbonico. […] Mi ricordo anzi (Saturione) che tu me ne pregasti, e che io non ebbi che darti. […] Cosi parimente ne giudico l’anzi lodato Dousaa: Nam praeter dictionis genus vere Romanum, tota aethica est, et ad pudicos (unum alterumve locunt exceptes modo) honestosque mores facta videri potest.
Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche. […] E Torrismondo è questi, Questi che mi discaccia, anzi m’ancide, Questi ch’ebbe di me le prime spoglie, Or l’ultime n’attende, e già sen gode. […] Riflette poi che Imetra debbe aver qualche secreto nel cuore contro al disegno delle sue nozze e di quelle di Dirce, e soggiugne, faccia La sua fortuna, anzi la lor fortuna Ch’io non discopra in ciò cosa diversa, Non pur contraria al desiderio mio; Che a Dirce, a lei, a Nino istesso, a quanti Colpa n’avranno, io mostrerò che importi Il macchinar contro il voler di donna Che possa quanto vuol.
Fu pieno di carni, ed anzi maggior del giusto, ed in somma appariscente e proporzionato alla parte d’ Innamorato che rappresentava. » Ma ecco che stando a Francesco Bartoli, egli nacque intorno al 1596, e però non poteva essere cogli Accesi il 1609.
Una mescolanza di avventure tragiche e comiche, di persone reali, basse e mediocri, un cumolo di fatti che formano anzi un romanzo che un dramma, in cui nell’atto I interviene Sancio re di Castiglia, e nell’atto II l’azione segue sotto il regno del di lui successore Ferdinando, rendono mostruosa questa favola che prende il nome da una Rica-Fembra di Galizia. […] La Infeliz Marcela per avviso del Montiano è anzi una novella che una tragedia, in cui intervengono anche persone basse e comiche. […] Reca però maraviglia che un ingegno così esercitato, e che di più pregiavasi di aver per cinque anni frequentato ed ascoltato in Italia Torquato Tasso, avesse scritta una tragedia sì cattiva, seguendo il sistema erroneo de’ compatriotti anzi che l’esempio degli antichi e di Torquato.
Oggi che l’ arte è giunta a tanta eccellenza, che ci fa vedere ciò che appena l’occhio può credere, e si fa con tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatri, essendo fatte usuali e tanto comuni che fanno stupire lo stesso stupore : anzi l’arte supplitrice della Natura, tante ne va di giorno in giorno inventando, che per tante stravaganze può dirsi l’Arte della Natura più bella.
II) : Voi che fate professione di parlare in pubblico, raccordatevi d’aver pronto l’occhio, la mano, il piede, anzi tutta la persona, non meno che habbiate la lingua, poichè il concetto, senza il gesto, è appunto un corpo senza lo spirito, havertendo che non si vuol gesticolare in quel modo che molti sogliono fare, e ch’io molte volte ho veduti, che se girano gli occhi pajono spiritati, se muovono il piede sembrano ballerini, se le braccia barbagiani che volano, e se voltano il capo, scolari di Zan della Vigna ; però il capo, le braccia, i piedi, gl’occhi si deono muovere a tempo, con modo, con ordine e con misura, havertendo ancora che non è poco vitio adoprar sempre un sol braccio, o una sola mano, ma che si dee hor l’ una, hor l’altra et hora tutte due muovere, come più comporta il discorso che si recita.
Accennerò anzi con piacere qualche tratto pregevole. […] L’esposta critica moderata, imparziale, lodativa ed amichevole anzi che no, punto non dispiacque allo stesso autore, che accoppiava gusto e buon senno alla patria e straniera erudizione, ed onorò la mia storia e questo mio giudizio lettogli prima d’ imprimersi, di un gentil suo sonetto.
Gli ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie, non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gittavano fiori sul di di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, ch’era il maggior onore che far si potesse a un cittadino.
A un tratto poi nel IV si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici, così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe ; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio ferito.
Instruttiva è la commedia del Dissipatore e di sicura riuscita, e i caratteri vi sono dipinti assai bene: ma si vorrebbe che la di lui rovina venisse affrettata per altri mezzi, e sempre per le di lui inconsiderate prodigalità, anzi che per un giuoco precipitoso di dubbio evento, che poteva eludere i disegni dell’innamorata divenuta scrocca all’ apparenza.
Giusto Lipsio riferisce questa tragedia al secolo d’Augusto; ma le sottigliezze, i lampi d’ingegno ricercati con istudio, l’oricalco messo in opera invece dell’oro di quell’età, annunziano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe l’eloquenza, e si prese per entusiasmo vigoroso la foga d’un energumeno. […] Or quando noi le leggiamo, non ci dispiacciono esse già; che anzi ci sembrano con lepore e con eleganza composte.
L’esposta mia critica moderata, imparziale, lodativa ed amichevole, anzi che no, punto non dispiacque allo stesso autore, che accoppiava gusto e buon senno alla domestica e straniera erudizione, ed onorò la mia Storia, e queste mie osservazioni lettegli prima d’imprimersi di un suo sonettoa. […] Accennerò anzi con piacere qualche tratto pregevole.
E aggiunge: «poiché allora non si potrebbe dire che il dramma per musica è un grottesco della poesia; anzi l’età nostra potrebbe darsi vanto di avere in grandissima parte rinovato, dove la poesia, la musica, il ballo e l’apparato della scena faranno insieme un’amica congiura, e la cosa sarà risolta a decoro e verità».
Tutto il mondo volea che il mio vicino Fosse d’Atene anzi di vita indegno, Per aver sovvertito e messo al fondo Il giovane Lesbonico. […] Mi ricordo anzi (Saturione) che tu me ne pregasti, e che io non ebbi che darti.
Ma chi sa (dicasi ciò con buona pace di certe pretese divinità terrestri) che il male non consista, anzi che ne’ miei giudizj, in quel che da tanti anni pose nelle loro teste salde radici? […] E tu anzi reo del meritato sdegno Ti chiamerai, chiedendo in grazia ancora Un supplicio che lavi ogni tua colpa.
[22] Negli anni seguenti si rappresentò in Firenze parimenti un altro dramma del medesimo Rinuccini intitolato l’Arianna modulato da Claudio Monteverde maestro in seguito della Repubblica di Venezia; anzi il soliloquio ove Arianna si lamenta dell’abbandono di Giasone, passò lungo tempo fra i musici per capo d’opera dell’arte in quel genere, e si rammentava da loro non altrimenti che si rammenti in oggi la Serva Padrona posta in musica dal Pergolesi, o il monologo della Didone del Metastasio modulato dal Vinci.
Perchè un punto anzi tempo cadria Roma?
Una mescolanza di avventure tragiche e comiche, di persone reali, basse e mediocri, un cumolo di fatti che formano anzi un romanzo che un dramma, in cui nell’atto I interviene Sancio re di Castiglia, e nel II l’azione segue sotto il regno del di lui successore Ferdinando, rendono mostruosa questa favola che prende il nome da una Rica-Fembra di Galizia. […] Reca però maraviglia che un ingegno così esercitato, e che oltreacciò pregiavasi di avere per ben cinque anni frequentato, ed ascoltato in Italia Torquato Tasso, avesse scritta una tragedia sì cattiva, seguendo il sistema erroneo de’ compatriotti, anzi che l’esempio degli antichi e di Torquato.
La critica, qualor avrà per suo principal fine l’avanzamento delle lettere, e il far argine al cattivo gusto e al torrente de’ pregiudizi, sarà sempre laudevole, anzi necessarissima.
Istruttiva è la commedia del Dissipatore e di sicura riuscita, e i caratteri vi sono assai ben dipinti: ma si vorrebbe che la di lui ruina venisse affrettata per altri mezzi, e sempre per le sue inconsiderate prodigalità, anzi che per un giuoco precipitoso di dubbio evento, che poteva eludere i disegni dell’innamorata divenuta scrocca all’apparenza.
Perchè un punto anzi tempo cadria Roma?
Ma le sottigliezze, l’espressioni ampollose, i lampi d’ ingegno ricercati con istudio, l’ oricalco posto in opera in vece dell’oro di quella felice età, enunciano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe e si perdè ogni eloquenza e si prese per entusiasmo vigoroso la foga di un energumeno.
E ciò non vuol dire, che i moderni abbiano a disperare di poter mai produrre tragedie maravigliosamente belle (perché anzi noi pretendiamo, e l’abbiamo altrove dimostrato, che l’arte mai non avrà a lagnarsi della poca fecondità della natura, celandosi in ogni genere infinte specie di componimenti perfetti benché dissimili); ma sì bene vuol dire che la tragedia greca fondata sul sistema della fatalità su da que’ due maravigliosi Ingegni portata all’apice della perfezione.
E tu anzi reo di meritato sdegno Ti chiamerai, chiedendo in grazia ancora Un supplicio che lavi ogni tua colpa.