Mancano adunque i Cinesi d’arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel vero30.
Xè giusto la muggier come la rogna : el gusto del gratar piase all’eccesso ; ma po’ resta el brusor e la vergogna.
E lo accompagni e lo sorregga l’illuminato e sollecito interesse degli studiosi, di quanti hanno gusto e sentimento d’arte ; rimeritando così, giustamente, l’ingegno, la coltura, la volontà, e la bella fede, della quale l’opera di Luigi Rasi è manifestazione singolare.
mo Son certo della sua Cortesia in auer gusto de miei caratteri et io sospiro li suoi si che ogni ordinario li scriverò sino à tanto che lei sij in stato di farmi auer sue ogni ordinario.
Tespi contemporaneo di Solone, fornito di competente gusto e discernimento, gli separò; e perché si attenne sempre al solo tragico, gli fu attribuita l’invenzione della tragedia, avvegnaché altri drammatici l’avessero preceduto. […] Vi si veggono per tutto tratti assai popolari e pressoché comici e lontani dal gusto moderno. […] Il carattere d’Ippolito sembra un ritratto di quello del poeta per lo sempre avverso ch’egli avea alle donne, per lo spirito filosofico, e pel gusto oratorio che si manifesta specialmente nella di lui giustificazione col Padre. […] Batteux (dicono i dotti e giudiziosi compilatori romani) é abbastanza illustre nella storia filosofica delle belle lettere, e questa dissertazione fa veramente onore al suo gusto squisito, alle sue profonde cognizioni, ed al suo tatto fino, delicato e profondo. […] Quando poi i moderni, partendo da altri principj, e accomodandoti al gusto e ai costumi correnti, hanno adoperate nuove macchine per cattarsi l’attenzione dello Spettatore d’oggidì, essi han fatto gran senno, e meritano somma lode.
Noi scorgiamo nelle favole del Montiano la regolarità nascente nella nazione non raccomandata dal gusto e dalla forza tragica che la rendano amabile. […] Lotta in essa l’autore coll’invincibile difficoltà di ben riuscire in siffatto argomento; vi frammischia certi amori subalterni riprovati dal gusto; e lo stile non si eleva abbastanza per giugnere alla sublimità tragicaa. […] L’esposta mia critica moderata, imparziale, lodativa ed amichevole, anzi che no, punto non dispiacque allo stesso autore, che accoppiava gusto e buon senno alla domestica e straniera erudizione, ed onorò la mia Storia, e queste mie osservazioni lettegli prima d’imprimersi di un suo sonettoa. […] Huerta rifare la Venganza de Agamemnon del maestro Perez de Oliva che la compose in prosa, e la scrisse sul gusto stravagante del Bermudez con ottave, odi, stanze, e con ogni sorte di versi rimati, ed anche con assonanti. […] Hizote Apolo juez, Pedro, y mas justo Tu enseñas en tu libro primoroso Critica al pueblo y al poeta gusto.
Piacque al popolo ancor quest’altra novità, e ne nacque l’usanza di dividere la declamazione dall’azione, usanza che non so per qual singolarità di gusto serbossi poscia costantemente nel teatro latino. […] Andronico però mostrò certamente molto ingegno e gusto non volgare pel tempo in cui fiorì, avendo trovato i Romani sforniti quasi di ogni letteratura, e quasi senza veruna poesia rappresentativa. […] Ogni popolo ha un gusto particolare, ed è stravagante il pretendere che il proprio gusto abbia ad essere norma a tutti gli altri! […] Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi, ascoltando i consigli del buon gusto. […] Un uomo che avesse sì strano gusto, copiando alla peggio gli scarsi Dizionarii di tali lingue antipodiche, avrà l’immaginario diletto di lusingarsi di abbattere tutte le verità istoriche e tutte le nozioni del senso commune; e chi l’ascolterà avra quello di ridersi di lui.
Da un lato quindi Algarotti guarda alle discussioni italiane del primo Settecento, dall’altro egli pubblica il suo scritto in un momento in cui il discorso sul dramma per musica era al centro di un dibattito europeo6, nel quale erano coinvolti in Francia esponenti di primo piano della philosophie; un dibattito che, se riguardava apparentemente il confronto tra i modelli opposti dell’opera francese e dell’opera italiana, segnava una trasformazione radicale del gusto, in nome di una maggiore aderenza della poesia alla natura e all’uomo, in termini laici e illuministici. […] La bella semplicità che sola può imitar la natura, fu sempre preferita da chi ha fior di gusto a tutti i raffinamenti dell’arte19.» […] Il marito frattanto (perché fra il Popolone de’ pigmeiha scroccato fama di savant come l’Algarotti e il ***) gemmando il suo pretto favellare toscano di mille frasi francesi, magnificava il prezzo di quelle inezie, e il buon gusto della sua sposa.»
Questa frequenza delle rappresentazioni tragiche, questi applausi reiterati, quest’avidità di ascoltarle, indicano per avventura la mancanza di gusto per la tragedia che qualche trascrittor di giornali stranieri volle imputare agl’Italiani? […] Il Vicentino Giambatista Liviera di anni diciotto ebbe tanto di gusto che potè comprendere la bellezza dell’argomento del Cresfonte di Euripide, e ne compose la sua tragedia che col medesimo titolo s’impresse in Padova nel 1588; ma egli lasciò a una penna più felice e più esercitata il pregio di tesserne un’ altra con più tragico ed elegante stile. […] Lascio tre versi d’Andromaca in occasione che il vecchio vuole imbrattare di sangue i cenci di cui si ha da coprire Astianatte: Fia meglio trarre il sangue dal mio core, Che sendo il sangue suo conforme al mio, La fraude ne sarà meglio ajutata, puerilità ed insipidezza priva di verità di gusto e di passione. […] La Semiramide trionfo dell’invidia e della pedanteria; e se in vece di criticarla i pedanti, che sono alle lettere quel che è la rugine al ferro, si fossero dedicati a rilevarne ciò che avea di migliore per additarlo alla gioventù, forse avrebbero impedita nel seguente secolo l’escursione e i progressi del mal gusto. […] E senza prima osservare le vestigia de’ migliori, quando mai i moderni si sarebbero innoltrati sino all’odierna delicatezza di gusto che rende ingiusti ed altieri ancor certuni che non saprebbero schicchererare una sola meschina scena e che pur sono i più baldanzosi a render giustizia e a dettar leggi teatrali?
Io suppongo simile gusto, e temperanza nell’erudito Signor Lampillas.
Dovea egli perciò meritare di esser lo scopo delle villanie del superficialissimo pedante Vicente Garcia de la Huerta seminate col carro in un Prologo da premettersi ad una immaginaria collezione di componimenti spagnuoli, che non aveva ancor fatta, e che non poteva mai far bene per mancanza di gusto, di materiali e di principii?
Dovea egli perciò meritare di esser lo scopo delle villanie del superficialissimo Vicente Garcia de la Huerta seminate in un Prologo da premettersi a una immaginaria collezione di componimenti Spagnuoli, che non avea ancor fatta, e che non poteva mai far bene per mancanza di gusto, di materiali e di principj?
Ora quando trovansi gli uomini in una mutua guerra, quando poca è la sicurezza personale e presso che nulla la libertà, quando gli spiriti gemono agitati dal timore e depressi dall’avvilimento, come mai coltivar le scienze e le arti, polire i costumi e le maniere, e richiamare il gusto? […] L’estrema coltura degenera in lusso eccessivo, il quale diventa padre della mollezza e poltroneria; ed allora trascuransi le arti, si deprava il gusto, e si rientra nella barbariea. […] Lampillas, che non basta un poco di talento contenzioso misto ad un cieco patriotismo, nè il millantarsi di esser filosofo e critico di gusto, nè il declamare in ogni incontro, per entrare a parlar di cose che non si sono studiate bene nè punto nè poco.
.; là dove il Ferreira di miglior gusto, fuor che ne’ cori, usò in tutta la tragedia con senno il verso sciolto. […] Ebbe costui il gusto più cittadinesco, e arricchì l’apparato comico di modo che non bastando il sacco, vi vollero i bauli per rinchiudervi i nuovi arredi scenici. […] Ma dotato di molto ingegno, di vasta fantasia e di eloquenza, per mezzo di una versificazione armonica e seducente, e della multiplicità degli eventi e delle cose più che maravigliose, cercò d’impadronirsi de’ cuori, e secondare, com’egli diceva, il gusto del volgo e delle donne, per la cui approvazione trionfava in Ispagna l’anarchia teatrale. […] Nè anche questa però può dirsi essere stata tragedia vera; perchè il medesimo Cueva confessa che le tragedie del Malara non erano scritte secondo il metodo degli antichi , ma secondo il gusto nazionale . […] Reca stupore che uno scrittore che nel ragionar sulle composizioni drammatiche dimostrò gusto e senno, le avesse riguardate come modelli da proporsi ad esempio.
Qualunque produzione d’ingegno porta la divisa del proprio secolo, del costume, del gusto corrente impressovi con caracteri indelebili. […] Noi di buon grado le notiamo, come proseguiremo in ogni occorrenza, perchè si avveggano una volta coloro, a’ quali incresce il nostro rispetto verso la dotta antichità, che noi in quest’opera collo spirito d’imparzialità che ne governa, e con giusto sforzo (non so se felice) intendiamo di cogliere dagli scrittori di ogni tempo il più bel fiore per inspirare il buon gusto, e di osservarne anche i difetti che potrebbero guastarlo: differenti in ciò totalmente da certi pedanti moderni che si fanno gloria di esagerare tutti i difetti degli antichi, e di negligentarne le bellezze. […] Quanto gusto e qual dottrina non richiedesi per discutere sulla scena col riso alla bocca le quistioni politiche, e per distruggere i pregiudizii sì che i volgari vi si ammaestrino senza tediarsi della lezione! […] Cartaud de la Vilade preteso legislatore filosofo e storico del Gusto (cioè del proprio gusto) il quale nè arte ne ordine riconosceva in questa favola e si rideva della semplicità di Madama Dacier che l’aveva letta quaranta volte a, si sarebbe egli mai immaginato che contenesse tante bellezze e tant’arte, mal grado di alcuni pochi difetti che vi si notano e dell’empia calunnia che la deturpa? […] Questi, sì, che possono farsene giudici; ma sono rari pur troppo giudici di simil fatta provveduti di criterio eccellente e di perizia grande nelle greche lettere, e d’intelligenza della poetica facoltà e di giudizio purgato, e di gusto vero per decidere intorno alle opere degli antichi.
Ma onde sia venuta in mente a’ poeti siffatta idea; per qual istrano cangiamento di gusto una nazione sì colta sene sia compiacciuta a tal segno, che abbia nel teatro antiposta la mostruosità alla decenza, il delirio alla verità, l’esclusione d’ogni buon senso alle regole inalterabili di critica lasciateci dagli antichi; se il male sia venuto dalla poesia ovver dalla musica, o se tutto debba ripetersi dalle circostanze de’ tempi, ecco ciò che niun autore italiano ha finora preso ad investigare, e quello che mi veggo in necessità di dover eseguire a continuazione del metodo intrapreso, e a maggior illustrazione del mio argomento. […] [NdA] Voltaire considerato generalmente e giustamente come l’oracolo di Delfo nelle materie di gusto, inveisce contro a questa fredda filosofia: «È insorta (dic’egli) fra noi una setta di persone dure, che si chiamano solide, di spiriti malinconici dicentisi giudiziosi perché sono privi d’imaginazione, d’uomini letterati, e nemici delle Lettere, che vorrebbero mandar in esiglio la bell’antichità, e la favola.»
Essa però negli ultimi anni si vede passata dalle grazie naturali delle venditrici di aranci, di frutta e di erbaggi, all’elevatezza della musica più seria, ai gorgheggi, alle più difficili volate; di maniera che con mala elezione ha cangiato il proprio carattere, e si vede in una stessa tonada spesso congiunto l’antico ed il moderno gusto, la musica nazionale e l’italiana. […] Manca ancora dopo di tal raccolta a sì culta nazione una scelta teatrale ragionata intrapresa da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, di lettura e di giudizio, il quale sappia sceglier bene i drammi ed indicarne meglio i difetti e le bellezze; e ciò all’ombra di quella parte critica detestata dall’Huerta come satira maligna, ma che io però pur vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse, a costo di esser perpetuo segno di tutti i papelillos degli Huertisti, di tutti gli opuscoli de’ Don-Pedros, di tutte le biblioteche de’ Guarinos, e di mille opere teatrali del LaCruz munite di prolaghi, dedicatorie e soscrizieni.
Per cento rapsodisti di luoghi comuni, o d’infarcitori di ciò che meno conviene, ne riesce a gran fatica un solo che con la dottrina riunisca il gusto, con l’eleganza la naturalezza, e in cui la propria discrezione imbrigli la fantasia.
Mancano dunque i Cinesi di arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande, atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera del riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero del l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima del l’era Cristiana.
Non è già che sotto gl’imperadori de’ tre primi secoli della nostra era cessato fosse il gusto degli spettacoli scenici in Roma ed altrove.
Le opere che riscuotono gli applausi dell’Europa e degli uomini di gusto e di buon senno, eccitano alle censure la vanità e l’invidia.
Il disprezzo che aveva Beaumarchais per l’eccellente comico maneggiato da Moliere, congiunto alle minutezze su gli abiti, e all’affettata descrizione pantomimica de’ personaggi muti, poco danno indizio di un ingegno investigatore de’ grandi lineamenti della natura, e ricco di vero gusto.
Le opere che riscuotono gli applausi dell’ Europa e gli encomj degli uomini di gusto e di buon senso, eccitano alle censure la vanità e l’invidia.
Dotata di un annuo assegno ed arricchita di privilegi e d’onorificenze, contribuì potentemente a sollevare quasi alla perfezione l’arte drammatica, e a diffondere per tutta Italia il gusto vero per la medesima.
Con tutto ciò questo conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’hanno salvato dalla negligenza de’ posteri; e le di lui belle commedie non si leggono come se scritte fossero nell’idioma Tibetano. […] Al declinar del secolo non declinò il gusto della buona commedia. […] E se ne ha lette alcune, come mai osò dire esser esse così sfornite d’arte, di spirito e di gusto che neppure di una sola possa sostenersi la lettura 128? […] Veramente una nazione che fece risorgere in Europa tutte le belle arti e le scienze, il gusto, la politezza e la libertà stessa, meritava un poco più di diligenza da questo scrittore. […] Gran gusto fine!
Piacque al popolo ancor quest’altra novità, e ne nacque l’usanza di dividere la declamazione dall’azione, usanza che non so per qual singolarità di gusto serbossi poscia costantemente nel teatro latino. […] Andronico però mostrò certamente sommo ingegno e gusto squisito pel tempo in cui fiorì, avendo trovati i Romani sforniti quasi di ogni letteratura e senza quasi di poesia rappresentativa. […] Ogni popolo ha un gusto particolare ed è stravagante il pretendere ch’egli abbia ad essere una norma universale. […] I gramatici e i critici de’ secoli precedenti hanno eruditamente rilevate negli antichi le veneri del linguaggio e dello stile, o le regole di Aristotile osservate o neglette, lasciando a i posteri più filosofi e di miglior gusto quasi intatta la più utile investigazione de’ loro drammi, cioè quella de’ tratti più vivaci, de’ vaghi colori scenici, dell’arte di maneggiar con delicatezza gli affetti, e di dipingere con verità i costumi. […] Un uomo che avesse sì strano gusto, copiando alla peggio gli scarsi dizionarii di tali lingue antipodiche, avrà l’ immaginario diletto di lusingarsi di abbattere tutte le verità istoriche e tutte le nozioni del senso comune; e chi l’ascolterà avrà quello di ridersi di lui.
Qualunque produzione d’ingegno porta la divisa del proprio secolo, del costume e del gusto corrente, impressavi con caratteri indelebili. […] Quanto gusto e dottrina non ci vuole per discutere sulla scena col riso nella bocca le quistioni politiche, e per distruggere i pregiudizj sì che i volgari vi si ammaestrino senza tediarsi della lezione! […] Cartaud de la Vilade moderno preteso legislatore filosofo e storico del Gusto (cioè del proprio gusto) il quale nè arte nè ordine riconosceva in questa favola e si rideva della semplicità di Madama Dacier che l’ avea letta quaranta volte 101, si sarebbe egli mai immaginato che contenesse tante bellezze, e tant’ arte, mal grado di alcuni pochi difetti che vi si notano, e dell’empia calunnia che la deturpa? […] Questi, sì, che possono farsene giudici; ma sono pur troppo rari giudici di simil fatta provveduti d’ eccellente criterio, e di gran perizia nel Greco idioma, e d’ intelligenza della poesia e di giudizio purgato e di gusto vero per decidere intorno alle opere degli antichi. […] Ammirasi in simili bellissime reliquie di Menandro una locuzione nobile sì che non eccede la mediocrità comica, e vi si sente quel grazioso sale che stuzzica il gusto e non amareggia il palato (Nota XXIV).
Avventuratamente possiamo in sì fangosa inondazione di pessime commedie contarne cinque di miglior gusto composte pochi anni fa in Madrid; e del racconto che son per farne, potranno ad un bisogno prevalersi al solito gli apologisti nazionali senza citar l’Italiano che gli prevenne.
Negli ultimi anni del XVIII secolo è passata dalle grazie naturali delle venditrici di aranci, di frutta e di erbaggi, all’elevatezza della musica più seria, ai gorgheggi, alle più ardite volate; di maniera che con mala elezione ha cangiato il proprio carattere, e sovente nella stessa tonada si congiunge l’antico ed il moderno gusto, la musica nazionale e l’Italiana.
» La Commedia, a parte il gusto del tempo, è ben fatta, e tale, forse, da poter essere riprodotta anche oggi con lievi modificazioni ; e si capisce come restasse viva sulla scena oltre un secolo.
Ed è allora, più specialmente allora, ch’ella s’attira il plauso tacito di quanti hanno un gusto squisito dell’arte ; e che le ampie gradinate sono tutte una corona di volti intenti, in cui si manifestano le innumerevoli gradazioni dell’ammirazione umana ; e che le signore la riguardano con quel sorriso negli occhi e su le labbra, che dà solo la vista delle cose gentili, quasi ella fosse in quel momento l’eletta a rappresentar degnamente la loro grazia e la loro venustà.
Una volta, recitando in Asti a teatro vuoto, pensò bene la terza sera, in costume di Oreste, di rivolgere allo scarso pubblico le seguenti parole : « Mentre ringrazio i benevoli che son venuti in teatro, dichiaro che in Asti non recito più, finchè il gusto artistico di questa città non sia mutato.
Quanto ella ha di vago e di vario, boschetti, collinette, acque vive, praterie con dei tempietti, degli obelischi ed anche di belle rovine che spuntano qua e là, si trova quivi riunito dal gusto dei Kent, dei Chambers e dei Brown, che hanno di tanto sorpassato il Le Nôtre, tenuto già il maestro dell’architettura, dirò cosi, de’ giardini.
Dei Greci (sugerisce il giudizio ed il gusto) vuolsi imitar lo spirito e non il portamento e le spoglie esteriori. […] Sin dalla prima gioventù mostrò gusto e buon senno colla scelta di ottimi argomenti per due sue favole impresse in Napoli nel 1715, il Crispo e la Polissena. […] Discepolo del Lazzarini e seguace del di lui gusto tragico fu l’abate Giuseppe Salio padovano morto giovine qualche anno dopo del 1738. […] Esse però altro non sono che graziosi colpi e motteggi contro il mal gusto e la pedanteria, e gli errori di alcuni moderni innamorati di un nuovo stile, e di un nuovo modo di comporre tragedie. […] L’erudizione che possiede, lo studio da lui fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il gusto e l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico.
In simili bellissime reliquie di Menandro ammirasi una locuzione nobile si che non eccede la comica mediocrità, e vi si sente quel grazioso sapore che stuzzica il gusto e non amareggia il palatoa Con perdita irreparabile della poesia rappresentativa niuna di tante sue favole potè salvarsi intera dal tempo distruttore e da’ preti Greci del Basso Impero.
Ma per sì bella impresa oltre di un raro ingegno affinato dal senno e dal gusto, vi bisognerebbe quel lieto nido, quell’esca dolce, quelle aure soavi che bramano i cigni per elevarsi al Parnaso, ed a me di ciò in vece sovrabbondarono lungo tempo solo cure mordaci che me ne respinsero, ed oggi è tempo che i ruscelli io chiuda, Poichè di bere omai son sazii i prati.
Non per tanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro, in cambio di essere scuola, fomenta le laidezze, le goffaggini, le assurdità, le bassezze, i pregiudizj, e resta abbandonato dalla gente colta e di buon gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’ imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarj: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche, ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
Di una rettitudine a tutta prova, di una mente penetrativa, di un gusto squisito, odiava tutto ciò che era, o gli pareva ingiustizia….
Il grido che questo musico avea levato fece parlar molto di lui, e del suo tentativo massimamente in Firenze in casa di Giovanni Bardi de’ Conti di Vernio, cavaliere virtuoso e liberale, di gran cuore, d’ottimo gusto, di gentilezza somma, di molta cognizione in ogni genere di lettere e conseguentemente stimatore giusto, e amante de’ letterati, a’ quali ogni aiuto e favore somministrava: qualità tutte che per la difficoltà di trovarsi riunite in una sola persona rendono egualmente stimabili ma forse più rari i veri mecenati che i veri geni. […] Quindi s’introdusse nell’armonia un bello puramente di convenzione, un gusto arbitrario, il quale consisteva nel rivolgere verso ciò ch’era stravagante e artifizioso l’attenzione, che dovea unicamente prestarsi a ciò che è semplice e naturale.
Il vin raspante d’acidetto gusto Co’ primi labbri ei delibar disdegna, Poi mattamente barbare bevande, Acetose, fumose, agre, putenti, Birra, cervogia, e ponce, e rac tracanna.
Ma per sì bella impresa, oltre di un raro ingegno affinato dal senno e dal gusto, vi bisognerebbe quel lieto nido, quell’ esca dolce, quelle aure soavi che bramano i cigni per elevarsi al Parnaso, ed a me di ciò invece sovrabbondano solo cure mordaci che me ne respingono.
La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico, e fanno desiderare che si producano. […] Egli sul gusto lirico de’ secentisti, dice, come potrò Scacciar dal sen la deitâ suprema Che tempio ed ara nel mio cor possiede, Che vi riceve l’idolatro incenso. […] La delicatezza del gusto dell’autore gli fa ravvisare per attivi solo il terzo e il quinto atto, e certa inazione ne’ due primi e nel quarto, benchè ne’ primi due si prepari, e nel quarto ben si sostenga l’interesse relativo de’ personaggi. […] E’ però noto che la prima si scrisse e si pose in musica a privato trattenimento di una brillante compagnia di dame napoletane che dettavano allora leggi al gusto e alle maniere. […] Giugne Odorico sempre pronto in lor difesa con soldati; ed allora il vil Ricimero vedendosi sicuro minaccia e trasoneggia sul gusto di capitano Spavento e Fracasso della commedia istrionica moderna.
Non pertanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro in cambio di essere scuola fomenta le laidezze le goffaggini le assurdità le bassezze i pregiudizii, e resta abbandonato dalla gente colta e di gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarii: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche; ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
Al più questi diedero all’antica arte pantomimica un gusto più moderno.
Certo è che dopo di tal raccolta manca ancora a sì culta nazione una scelta di componimenti teatrali ragionata, campo ben glorioso da coltivarsi da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, d’imparzialità, di lettura e di senno, il quale sappia sceglier bene, e vagliar meglio non tanto i difetti, quanto le bellezze de i drammi.
Al più questi diedero un gusto più moderno all’antica arte pantomimica.
Salfi sottolinea come tali divieti debbano assecondare il gusto della nazione e dell’epoca, e siano dunque soggetti a mutamento. […] Ed i greci, e gli ateniesi principalmente, non eran gente da prendere a gabbo in materia di finezza di gusto per tutto ciò che alla bella imitazione si apparteneva. […] Ma questi tentativi e barlumi dell’arte non iscuotono il gusto per le improvvisate e per le maschere del tempo. […] La sola semplicità di questa tragedia ci farebbe conjetturare quanta dovesse esser l’arte di quelli, che la declamavano per ottenere l’approvazione e l’interessamento di un pubblico, non ancora assuefatto a quel gusto, anzi degenerato e guasto da un gusto del tutto falso e ridicolo, che lo aveva fino allora predominato. […] Così la convenienza delle circostanze vi dà il tuono del discorso, il gusto dell’armonia quello de’ periodi, e la forza del senso quello delle parole.
E certo come che sia venuto fatto particolarmente al Lazzarini di fare una tragedia assai bella e conforme al gusto di Sofocle, non sarebbe forse strano che ad alcuno paresse troppo servile attaccamento il seguire i Greci in ogni circostanza. […] L’autore, che fiorì nel tempo che per la corruttela del gusto s’amavano i fiori più che i frutti, ed erano in credito i falsi brillanti, non seppe guardarsi d’empierne la tragica poesia. […] Certo per formare un compiuto giudizio delle tragedie francesi rimanevami a vedere una degna parte di esse, ed un saggio notabile del gusto, ch’ora ha la Francia nell’arte tragica. […] Certamente egli in ciò scuopre una finezza di gusto a cui non era giunto alcuno altro de’ tragici francesi: ancorché per vero dire le sue tragedie non ben corrispondono al ragionamento. […] Bodmer, a cura di Rinaldo Boldini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, pp. 5-17), il Calepio rispondeva alle richieste del sodale affrontando proprio l’argomento del «buon gusto» nella trattatistica italiana tra Cinque e Settecento.
Il Signor Lampillas non ignorerà, che prima che un nuovo genere abbia, come dice nella Poetica Aristotile, la sua natura, vi vogliono molte e molte osservazioni successive; e colui, cui tocca infine giugnere al punto fortunato, forma epoca in suo genere, e ne fissa il gusto. […] E quando pure i moderni Roscj e Neottolemi in compagnia de’ migliori Critici di buon gusto vi avranno ben riflettuto, non perverranno a conseguirlo per le difficoltà sopraccennate del verso, dell’Attore, del linguaggio, e di cento altre minuzie, che smentiscono la rappresentazione.
Io vorrei vedere cotesti greci metter in scena una tragedia di gusto loro. […] [1.49ED] Coteste adornano pur la testa anche secondo il gusto di voi altri Greci, che l’amavate chiomata con ricci delicatamente pettinati ed unti. [1.50ED] Si può pur con essi alleggerir la state e maggiormente munirla l’inverno, dimodoche l’emicranie non sono più sì frequenti e si trovano più comode quelle teste che al lor bisogno e temperamento proporzionano l’artificiosa capellatura. [1.51ED] Ma perché voi altri Greci non imbandir di ghiande le tavole, giacché questo era il cibo della famosa età di Saturno? […] — [5.95ED] — Ma se — io proseguiva — sotto il patrocinio di un principe si possono pur da un poeta compor melodrammi non affatto spiacevoli al gusto de’ letterati, almen di questi vorrei da te qualche norma, non essendo forse impossibile che me pure la convenienza e la forza impegnasse a simil componimento. […] [5.225ED] Queste son tutte cose che si fan vedere e sentir in teatro come al corteggio di un personaggio maggior di loro, mentre senza di esso riescono a guisa di sbandate comparse; e quando per la poesia qui servile vuoi condannare l’affascinato gusto delle nazioni, temerariamente favelli. [5.226ED] Una cosa è da condannarsi ed è il tuo giudicio e di tutti quelli che intervengono al melodramma con l’erronea presunzione che la poesia faccia in esso la prima figura. […] [6.135ED] Egli è uopo avvezzare il gusto del popolo a divertirsi di ciò che giova al costume, e prega il cielo che lungamente conservi il marchese Scipione Maffei, di cui non fu intelletto più amante della verità e che si prendesse men soggezione delle pur anche accreditate imposture.
E se a ben condurre la melodia non ci vuole per avventura tanta profondità di dottrina, quanta a ben condurre il contrappunto, ci vuole però un gusto finissimo e una somma discrezione di giudizio; lo più bel ramo, dice quello antico savio, che dalla radice razionale consurga.
Ella è fornita d’ingegno e di ottimo gusto, capace di discernere la buona dalla cattiva musica, intendendola benissimo ed avendo anche composto alcuna cosa, ond’è che canta con fondamento e sicurezza.
Di ciò sono io stesso stato più volte testimonio; ma sento ch’egli continua nel medesimo gusto.
Gli abitanti di quella penisola per natura d’ingegno acre, vivo, perspicace ed atto ad ogni impresa, possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa, e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere tosto che ne’ buoni esemplari additata lor si fosse quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Questo monarca che guerreggiò con varia fortuna, specialmente con Anna di Austria sua sorella, come regina di Francia e madre di Luigi XIV, che non seppe riparare i mali dell’espulsione di un immenso popolo di Mori Spagnuoli, e che nutrì ne’ vasalli senza trarne vantaggio l’indole bellica ed il germe della decadenza nazionale, fu poeta e bell’ingegno egli stessoa, e nel proteggere le lettere moltiplico i bell’ingegni senza migliorarne il gusto. […] Il gusto del monarca a guisa del suono si propaga e si diffonde in tutti i sensi per la nazione. […] Ma qual vantaggio o diletto apporterebbe un catalogo di favole per lo più mancanti d’arte, di gusto e di giudizio?
Gli abitatori delle felici contrade di quella penisola dotati per natura d’ingegno acre, vivo, pespicace ed atto ad ogni impresa, e possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere, tosto che ne’ buoni esemplari fosse loro additata quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Questo monarca che guerreggiò con varia fortuna, specialmente con Anna di Austria sua sorella come regina di Francia e madre di Luigi XIV, che espulse un popolo di Mori Spagnuoli, e che nutrì ne’ vassalli senza trarne vantaggio l’indole bellica ed il germe della decadenza nazionale, fu poeta e bell’ ingegno egli stesso102 e nel proteggere le lettere moltiplicò i begl’ ingegni senza migliorare il gusto. […] Il gusto del monarca a guisa del suono si propaga e si diffonde in tutti i sensi per la nazione. […] Ma qual vantaggio o diletto apporterebbe un catalogo di favole per lo più mancanti d’arte, di gusto e di giudizio?
Ma sì lieve neo, se vogliasi tale, non meritava di esser tanto esagerato in una tragedia che gli presenteva molte bellezze da esercitare il gusto e l’erudizione di chiunque e da ammaestrare la gioventù.
E. que je ferai tous mon possible pour contribuer à son succès ; come mi propongo altresì di renderle conto esatto di quello che accadrà a suo tempo, giacchè è deciso che il signor Coralli non sarà esposto sulla scena che dopo Pasqua, per dargli tempo d’imparare il francese ed il gusto di questa nazione.
Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso.
Di ciò sono io stato più volte testimonio; ma sento che egli ha continuato sino alla morte nel medesimo gusto.
Tanto, che è da stupirne, et oso dire, anzi affermo per uero, che piu importi hauer boni recitanti, che bella comedia, et chel sia il uero habbiamo ueduto molte uolte riuscir meglio, al gusto de gl’ascoltanti, una comedia brutta, ma ben recitata, che una bella mal rappresentata.