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162. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Scrisse parimenti il Gresset altre due commedie inedite perdute, o dall’autore stesso soppresse, cioè il Secreto della commedia da lui letta a’ suoi amici, ed il Mondo com’è, di cui solo si conosce il titolo. […] Di questo genere sono le seguenti: l’Oracolo impressa nel 1740, in cui intervengono tre personaggi, cioè una Fata, Alcindoro di lei figlio e Lucinda, il cui carattere è un tessuto leggiadro di vezzi: le Grazie rappresentata nel 1744, ed impressa nel seguente anno, il cui soggetto si trasse dall’ode III di Anacreonte di Amore immollato dalla pioggia, e dalla XXX dell’istesso. […] L’Abate de l’Epèe in fatti si stimò un tempo un personaggio istorico di cara memoria a’ Francesi, che istituì in Parigi un pietoso asilo per la parte più infelice degli uomini, cioè una scuola, pe’ sordi e muti. […] Congedata l’antica Compagnia non vi fu più commedia italiana per lo spazio di anni diciannove, cioè sino al 1716, quando il Duca d’Orleans regente v’invitò la Compagnia di Lelio e Flaminia nomi teatrali presi da Luigi Riccoboni romano, e dalla sua consorte Agata Calderini, come la chiama l’abate Quadrioa.

163. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

[16] Un altro vantaggio della lingua italiana per l’oratoria, la musica e la poesia è la trasposizione, cioè quando il collocamento delle parole si fa non secondo l’ordine naturale delle idee, ma come più torna a proposito per la bellezza del periodo, e per il piacere dell’orecchio. […] Un intiero volume potrebbe scriversi contro a sì leggiera asserzione, nel quale si proverebbe ad evidenza: Che la pronunzia gutturale della nostra lingua si riduce a tre sole lettere delle ventiquattro, che compongono l’alfabeto, cioè “x”, “g” e “iota”; che il loro suono, quando vien proferito da bocca castigliana la sola depositaria fra noi del bello e colto parlare, è meno aspro, e men rozzo di quello, che sia la pronunzia del popolo più colto d’Italia cioè del fiorentino nel pronunziare in “ca”, dov’essi fanno assai più sentire la gorgia; che la frequenza di esse lettere non è tale, che non possa agevolmente schivarsi, ove si voglia comporre per il canto; che appena la terza parte delle parole spagnuole finisce in consonante, e per ben due terzi in vocale; che esse consonanti finali sono le più dolci, e soavi dell’alfabeto, per esempio “s, d, l, n, r”, ove la pronunzia niuno trova, o pochissimo intoppo; che le consonanti più ruvide, e meno musicali tanto adoperate dai Latini, dai Francesi e dai popoli settentrionali, come sarebbero “f, p, t, c, b, k, g, m, ll, rr” sono affatto sbandite in fine delle nostre parole; che niun vocabolo termina con due consonanti in seguito, come avviene agl’Inglesi, Tedeschi, Francesi e Latini; che però siffatte terminazioni rendono la notra lingua maestosa, e sonora senza renderla per questo men bella, come le frequenti desinenze in “-as, -es, -os” non toglievano alla lingua greca l’esser dolce, e soavissima; che quasi tutti i vantaggi insomma, che sono stati da me osservati nella lingua italiana circa la netezza de’ suoni, gli accenti, e la prosodia si trovano appuntino nella spagnuola, come si dovrebbe da un filosofico, e imparziale confronto, se l’opportunità il richiedesse.

164. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148

Dovevate dire Tragedi, cioè Attori Tragici.

165. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO VI. La Drammatica oltre le Alpi nel XV secolo non oltrepassa le Farse e i Misteri. » pp. 186-200

Dopo questa nuova cura nulla ho trovato di più di quello che altra volta ne accennai, cioè dei due componimenti quasi teatrali di don Errico di Aragona marchese di Villena e di Giovanni La Encina.

166. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica oltre le alpi nel XV secolo non eccede le Farse e i Misteri. » pp. 74-84

Dopo questa nuova cura nulla ho trovato di più di quello che altra volta ne accennai, cioè dei due componimenti quasi teatrali di Don Errico di Aragona marchese di Villena e di Giovanni La Encina.

167. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VIII. Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri materiali. » pp. 177-187

Le sale di tutti gli spettacoli di Parigi (dicono i nazionali) cioè quelle della Compagnia Francese, dell’Italiana e del Teatro Lirico, sono senza magnificenza, strette, prive di ogni gusto, ingrate per le voci, incomode per gli attori e per gli spettatori.

168. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Notate come il sangue di Cesare lo seguiva (cioè seguiva il maledetto acciajo di Bruto) come sforzandosi di uscire per sapere, se fosse possibile, che questo era Bruto. […] Non è meraviglia che abbia scarabocchiato un libercolo picciolissimo in tutti i sensi per provare che in Italia la poesia non è uscita ancor dalla fanciullezza ; non consistendo la sua grande opera che in pagine 104 in picciolo ottavo, delle quali (sebbene protesti di voler produrre un libro picciolo) ne impiega ben quaranta solo in esagerate lodi della sua innamorata, cioè di Shakespear. […] Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b.

169. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Come avrebbe potuto Francesco recitare a Linz nel 1568, se, nato nel 1548, fu dapprima soldato, e a venti anni, cioè nel 1568, fu preso dal Turco, rimanendo schiavo per otto anni, cioè fino al 1576 ? […] Quest’uomo che si fa annunziare : Capitano Spavento da Valle inferna, sopranominato il diabolico, Principedell’ordine equestre, Termigisto, cioè grandissimo bravatore, grandissimo feritore e grandissimo uccisore, domatore e dominator del l’Universo, figlio del terremoto e della saetta, parente della morte e amico strettissimo del gran diavolo dell’inferno ; quest’uomo che udito, quando era ancora nel ventre della madre, il desiderio del padre di avere un maschio, nasce femmina per pietà del mondo ch’egli avrebbe distrutto, se nato maschio ; che per intimar guerra all’esercito nemico, carica di sè stesso un cannone, e novo projettile, armato di scudo e di stocco, arriva con orribil fragore nel campo, e uccide duecento o trecento soldati ; che mangia la minestra di perle orientali dentro una scodella di finissimo corallo col cucchiajo di carbonchio ardente ; che divora in due bocconi una balena arrostita sulla graticola, che beve in un sorso, brindando agli ospiti, tutta l’acqua del fiume Giordano ; que st’uomo, che non contento di un sol nome spaventoso, si fa anche chiamare Ariararche, o principe della milizia, Diacatolicon, o capitano universale, Capitano Melampigo, o capitano cul nero, Capitan Leucopigo, o capitano cul bianco, è fratello carnale dei Spezzaferri, Matamoros, Fracassa, Terremoti, Rinoceronti, Coccodrilli, Scaramuccia, Spacca, Cardoni, parlando dei più noti ; e dei Spezzamonti, Bonbardoni, Grilli, Mala Gamba, Bellavita, Babei, Taglia Cantoni, a noi tramandati in effigie, che oserei chiamare di esattezza storica molto problematica, dal bulino incomparabile di Giacomo Callot ne’suoi Balli di Sfessania, divenuti omai pressochè introvabili, e ch’io riproduco dall’originale. […] Ho letto infine tutte le sue Brauure, e trouo, che in qualche luogo io m’ho apposto, ma con vn altra testura, come tu potrai vedere nell’opera sua ch’a mala pena gionta in Francia, gli hanno dato di becco, e tradottala in lingua francese, cioè francese e italiana ; ma non più che sei ragionamenti.

170. (1715) Della tragedia antica e moderna

[3.100ED] Io non intendo quella frase del purgare il mal col malanno, cioè del purgar gli affetti col terrore e con la compassione.  […] semitale: cioè ‘semicoro’. […] [commento_3.87ED] difetto… antichi: cioè nella bassezza o nell’aridità. […] simil guisa: cioè in martelliani (i doppi settenari a rima baciata). […] [commento_4.62ED] punteggiato: seguendo cioè la struttura sintattica della frase.

171. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

Nulla le manca ad essere nel numero delle valenti, fuorchè un esercizio più lungo, mancanza a cui il tempo porrà quanto prima il compenso ; ma intanto è dolce il vederla con merito vero rappresentare i suoi caratteri, e troppo bello e giocondo il difetto, che alcun rigido osservatore in qualche parte le addossa, d’essere cioè troppo giovine. […] Scrive da Bologna (20 ottobre ’40) che ha ricevuto la lettera che gli sopragiunse da Venezia e lagnandosi di non aver saputo prima lo scioglimento del Bazzi, mette il dilemma : « ho io non godevo la vostra confidenza, ho perchè non mi credevate vero ed onesto amico – ed assicuro che non ho fatto traspirare a nessuno la vostra lettera ; » e conclude : « ricevete da me un Baccio da vecchio (cioè senza Malizia !

172. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

Buon per noi se i nostri attori avessero ugualmente studiato il recitare del Nicolini e della Tesi: allora cioè che andavano significando a quel modo che la natura detta, e non quando divennero, per voler troppo gradire, smaniosi, e diedero nella caricatura.

173. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Il perno però su cui volgesi la tragedia Romana, è lo stesso della Greca, cioè il fatalismo, se tralle conosciute se ne eccettui la Medea, che regge per la sola combinazione delle passioni, nè mette capo nella catena di un destino inesorabile.

174. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333

Le giuro, che que' versi miei sulla Madonna mi parvero altra cosa, cioè meno infelice, quando procurai di recitarli secondo le sue norme.

175. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Le pastorali dunque altra musica non ebbero che quella delle tragedie, cioè de’ cori; e noi andando innanzi speriamo di portare quest’osservazione all’evidenza. […] Le Pompe funebri del celebre Cesare Cremonino, e le pastorali di Laura Guidiccioni dama lucchese ornata di molto merito letterario, cioè la Disperazione di Sileno, il Satiro, il Giuoco della Cieca, e la Rappresentazione di anima e di corpo recitata in Roma colla musica di Emilio del Cavaliere, furono pastorali degli ultimi anni del secolo dettate, sì, con istile lirico, ma non tale da recarci rossore.

176. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Le pastorali dunque non ebbero altra musica che quella delle tragedie, cioè de’ cori; e noi andando innanzi speriamo di portare quest’asserzione all’evidenza. […] Le Pompe funebri del celebre Cesare Cremonino, e le pastorali di Laura Guidiccioni dama Lucchese ornata di molto merito letterario, cioè la Disperazione di Sileno, il Satiro, il Giuoco della Cieca, e la Rappresentazione di anima e di corpo recitata in Roma colla musica di Emilio del Cavaliere, furono pastorali degli ultimi anni del secolo dettate, sì, con istile lirico, ma non tale da recarci rossore.

177. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Così avesse Cornelio seguito questo modello italiano nel più importante punto, cioè nell’ interessar l’uditorio a favore del vincitore Orazio. […] Si pubblicarono nel 1695 anche in Parigi le quattro tragedie di Francesco Le Jay, cioè il Giuseppe riconoscente i fratelli, il Giuseppe venduto, il Giuseppe Prefetto in Egitto, il Daniele.

178. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Licinio Imbrice collocato dal Sedigito dopo di Nevio, cioè nel quarto luogo, e Luscio che presso lo stesso critico occupa il nono ed è preferito a Quinto Ennio. […] Dall’altra parte secondo la Cronaca Eusebiana Cecilio morì un anno dopo di Ennio, cioè l’anno di Roma 585, e la commedia dell’Andria fu rappresentata ne’ Ludi Megalensi l’anno 587, essendo consoli M. […] Passi che una commedia di giusta mole siasi recitata in Roma in due giorni, cioè la sera dell’uno i due primi atti e il rimanente all’albeggiar dell’altro, cosa, per quanto si sa, mai più non avvenuta, e di cui non potrà rendersi veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertito104. […] Anche questa commedia fu nel nativo linguaggio recitata nell’Italia moderna nel secolo XVI, allorchè si recò a Ferrara il Pontefice Paolo III, da i più nobili attori della corte del Duca Ercole II, cioè da’ medesimi di lui figliuoli. […] Fenestella affermò esser egli nato e morto tra il fornire della seconda guerra Punica e l’ incominciar della terza, cioè al terminar del sesto secolo.

179. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 765-771

Allora, tra la sensazione emanante dal personaggio rappresentato, e quella puramente estetica prodotta dalla vista della interprete, esiste una compenetrazione armoniosa, e non si rompe il fascino, per cui Tina Di Lorenzo, sin dal suo primo apparire, si conquistò i pubblici di tutti i teatri di Italia, perchè cioè dava piacere a vederla.

180. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Nel greco è più manifesta la duplicità della favola, e nel latino i due oggetti, cioè l’ ammazzamento di Lico e il delirio di Ercole colle conseguenze, sembrano più connessi a cagione del prologo di Giunone che forma l’atto primo. […] Anfitrione gl’ insinua d’implorar da Giove il termine delle sue fatiche; ed egli risponde, che farà de’ voti di Giove e di se più degni; cioè che il cielo, l’etere e la terra serbino concordi il luogo che ottennero nell’uscir dal caos: che gli astri non sieno turbati nel loro corso: che il mondo goda una perenne pace: che tutto il ferro s’impieghi negl’ innocenti lavori villeschi, e mai non si converta in armi; voti nobili e proprii di un cuor magnanimo. […] Egli domanda in premio il cielo, cioè l’immortalità, poichè già la terra . . . .

181. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

 » E a Cintio che gli consiglia di divenir quello che non fu mai, cioè huomo da bene, Frittellino risponde : io ho una cosa molto difficile : il far un esercizio che non si abbia mai imparato. […] Da una lettera del Forciroli, datata da Roma il 19 gennaio 1619, nella quale si annunzia l’arrivo in Roma da Napoli della Compagnia del Cecchini sappiamo anche la paga ch’egli aveva stabilito per ciascheduna rappresentazione in case particolari di nobili, cioè : 25 scudi per comedia col rinfrescamento appresso di robbe mangiative ; e aggiunge il Forciroli ch’eran soliti a recitarne due commodamente tra il giorno e la notte.

182. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Rivolti costoro ad imitare ciò che nelle sue invenzioni vi era di più facile, cioè la bizzarria, e lasciato il fondamento dell’arte che le rendea verisimili, si allontanarono via via da lui, facendo professione di seguirlo.

183. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO I. Drammi Latini del XVI secolo. » pp. 7-27

In somma il vescovo Martirano quasi ne’ primi lustri del secolo colle otto sue tragedie e colle due commedie eseguì egli solo con ottima riuscita quanto a fare imprese in tutto il secolo l’Italia tutta, cioè fe rinascere con decenza e maestria la maggior parte del teatro Greco.

184. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 841-848

A Trento era colla compagnia l’autunno del 1608, quando cioè pubblicò i Capitoli e le suppliche ; e innanzi di partire si duole nella seconda di esse al Capitan di Trento, Barone di Thon, della miseria dei comici non andando gente a teatro.

185. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

., cioè di mettere insieme i meglio comici che recitassero ; onde per gli interessi e le discordie loro n’ebbe infinitissimi disgusti.

186. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 227-235

A ben sostenere la parte di Pantalone nella commedia a soggetto, il Perucci dà questo insegnamento : Chi rappresenta questa parte ha da avere perfetta la lingua veneziana, con i suoi dialetti, proverbi e vocaboli, facendo la parte d’un vecchio cadente, ma che voglia affettare la vioventù ; può premeditarsi qualche cosa per dirla nell’occasioni ; cioè, persuasioni al figlio, consigli a' Regnanti o Principi, maledizioni, saluti alla donna che ama, ed altre cosuccie a suo arbitrio, avvertendo che cavi la risata a suo tempo con la sodezza e gravità, rappresentando una persona matura, che tanto si fa ridicola, in quanto dovendo esser persona d’autorità e d’esempio e di avvertimento agli altri, colto dall’amore, fa cose da fanciullo, potendo dirsi : puer centum annorum, e la sua avarizia propria de'vecchi, viene superata da un vizio maggiore, ch'è l’Amore, a persona attempata tanto sconvenevole ; onde ben disse colui : A chi in Amor s’invecchia, oltre ogni pena si convengono i Ceppi e la catena.

187. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Licinio Imbrice collocato dal Sedigito dopo di Nevio, cioè nel quarto luogo, e Luscio che presso lo stesso critico occupa il nono essendo preferito a Quinto Ennio. […] Dall’altra parte secondo la Cronaca Eusebiana Cecilio morì un anno dopo di Ennio, cioè l’anno di Roma 585, e la commedia dell’Andria fu rappresentata ne’ Ludi Megalesi l’anno 587, essendo Consoli M. […] Passi che una commedia di giusta mole siesi recitata in Roma in due giorni, cioè la sera dell’uno i primi due atti, e il rimanente all’albeggiar dell’altro, cosa, per quanto si sa, mai più non avvenuta, e di cui non potrà rendersi veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertitoa Ma questa cosa potrebbe fare che un poeta assennato chiamasse doppia una favola di argomento semplice? […] Anche questa commedia fu nel nativo linguaggio recitata nell’Italia moderna nel secolo XVI, allorchè si recò a Ferrara il pontefice Paolo III da i più nobili attori della corte del duca Ercole II, cioè da’ medesimi di lui figliuoli. […] Fenestella afferma esser egli nato e morto tra’ il fornire della seconda guerra Punica e l’incominciar della terza, cioè al terminar del sesto secolo.

188. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Così avesse il Cornelio seguito questo modello italiano nel punto di maggiore importanza, cioè nell’interessar l’uditorio a favore del vittorioso Orazio. […] Si pubblicarono nel 1695 anche in Parigi le quattro tragedie di Francesco Le Jay, cioè il Giuseppe riconoscente i Fratelli, il Giuseppe venduto, il Giuseppe Prefetto in Egitto, il Daniele.

189. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Sembra in fine che in una favola che l’autore vuol che cominci di buon mattino e termini prima di mezzodì, non possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare poco propria in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro Eugenio e Chiara, discolpe, arrivo di un nuovo personaggio ec.. […] Due coppie di personaggi dissimili, cioè due fratelli e due cugine in continuo contrasto danno acconcio risalto non meno alla moralità che al ridicolo, Ne’ due fratelli vedesi l’immagine degli Adelfi di Terenzio.

190. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

Egli fu il modello di Terenzio, il quale di quattro di lui favole si valse, cioè dell’Andria, della Perintia, dell’Eunuco, del Tormentatore di se stesso.

191. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 646-656

Ma si venne al 1799, e al Vestri toccò la sorte di tanti giovani, forse, nella fiamma di amor della patria, un po' troppo audaci : di essere cioè insultato e percosso dalla popolaglia, e chiuso nelle carceri del Bargello, dalle quali uscito dopo breve tempo, nauseato di siffatte inique persecuzioni, abbandonò Firenze e la Toscana, senza sapere ove il suo buon genio lo guidasse.

192. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Per non fermarci ad ogni motto di tal discorso, omettiamo diverse cose che vi si affermano discordi dalla verità, cioè che il Gerbino si accolse benignamente in teatro, e che essa sia la prima tragedia dell’autore; altre ne omettiamo avventurate contro la storia e la buona critica, cioè che il Racine ed il Metastasio non hanno introdotto nelle loro favole che amori freddi ed episodici; e che lo stile delle antiche tragedie italiane, cioè di quelle del XVI secolo, manchi di armonia. […] Non è nè tragedia, nè commedia, e porta il nuovo titolo di fisedia, cioè canto della natura ristretta agli uomini. […] Mi perdoni: Piritose concrezioni Son . . . cioè . . . mi spiego . . […] Son . . . cioè . . . mi spiego . . […] Ma si è usata la più necessaria diligenza per un amante, cioè assicurarsi della funesta notizia annunziata da un manifesto impostore?

193. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Ma l’autore gli diede il titolo di Fisedia, cioè canto della natura ristretta agli uomini. […] Aristotile propone un mezzo termine, cioè Che in bel mezzo dell’elmo il Re si appicchi Tutta armata, e con l’egida una bella Pallade maestosa. […] La figura è irregolare, cioè a ferro di cavallo, il cui diametro maggiore è di 51 piedi, ed il minore di 46. […] Mi perdoni : Piritose concrezioni Son… cioè… mi spiego… Mac. […] Ma si è usata la convenevole diligenza da chi è amante, cioè l’assicurarsi della funesta notizia annunciatà da un manifesto impostore ?

194. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

A quello però che egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori , o per non avergli intesi , dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua magistrale se non gentile asserzione.

195. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

Ma il fenomeno delle grandi paghe accoppiato alla decadenza dell’arte non avrebbe intera spiegazione, se, tenuto conto del maggior caro dei viveri, non si tenesse anche conto di un elemento oggi importantissimo, cioè della mafia e delle camorre che caratterizzano l’epoca nostra.

196. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Euripide stesso dice nel l’Ecuba, incomincio il canto delle baccanti , cioè prorompo in querele da forsennata. […] Copreo araldo di Euristeo viene a domandarli, Demofonte ricusa di concederli, e si accende aspra guerra tra gli Ateniesi e gli Argivi, per cagione degli Eraclidi, cioè de’ figliuoli di Ercole, onde prende il titolo questa tragedia. […] E pure la tragedia degli Eraclidi ne contiene una sola, cioè la vittoria riportata sopra Euristeo a favor degli Eraclidi, e ristretta dentro un discreto periodo di tempo.

197. (1772) Dell’opera in musica 1772

In esso io le più volte ho per brevità dirette le mie riflessioni all’opera in musica propriamente detta cioè alla tragedia musicale, essendo tali, che si possono di leggieri adattare alla commedia in musica. […] Adunque il piacer patetico, che viene dalle belle arti, è necessariamente congiunto coll’illusione, cioè colla credenza che gli oggetti presentati sieno veri e non già finti da quelle. […] [Sez.II.1.1.4] Ma perché la lingua d’alcune nazioni non distingueva tanto la brevità e la lunghezza della sillabe, quanto i tuoni di esse, cioè l’acutezza e la gravità loro, perciò i primi poeti di queste nazioni presero a non badar tanto alla lunghezza o alla brevità delle sillabe, quanto alla loro gravità ed acutezza; onde nacque la poesia armonica, cioè quella onde l’estetico consiste nella distribuzione delle sillabe acute e gravi. […] La danza rimedia a questa negligenza, assegnando a ciascun membro il sito che più gli è vantaggioso (cioè quello che rende più agevole il discernimento delle ragioni che le membra hanno tra loro) ed alla macchina intera. […] Non niego io già che l’entusiasmo di questa sia per lo più maggiore di quello degli altri generi di poesia, cioè che la commozion degli affetti sia in esso proporzionata alla grandezza de’ suggetti lirici.

198. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Costui nel libretto delle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i Romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, senza curarsi di addurne qualche pruova, siccome per altro avrebbe potuo, facendo parola di quanto noi abbiamo non ha guari riferito, cioè de’ giuochi teatrali dati in Cadice da Balbo, del teatro Saguntino e delle rovie teatrali di Acinippo, di Tarteso e di Merida.

199. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « A CHI AMA LA POESIA RAPPRESENTATIVA. » pp. -

A quello però ch’ egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori, o per non avergli intesi, dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua gentile asserzione.

200. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

r Massimiliano Gonzaga, cioè di quello da Tiene vicentino.

201. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

Quel che più cercasse il Modena con tali declamazioni, se, cioè, di ravvivar nelle genti l’amore pel grande volume, o non piuttosto di mostrar loro i più riposti sentimenti politici del fiero ghibellino, non sappiam precisamente.

202. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442

Come ti ho detto mio padre aveva un ruolo secondario, inferiore, cioè quello del Gattinelli, come era inevitabile, cominciarono presto le emulazioni fra il giovane attore e l’artista, che godeva già meritamente molta fama.

203. (1878) Della declamazione [posth.]

Il commediante o l’attore è quello che imita il suo simile con tutti gli estesi mezzi, con cui questi opera, cioè parlando e gestando insieme; dimodoché imitando il suo oggetto egli lo imita e ripete siffattamente, quale si suppone veramente accaduto. […] Dee però fuggirsi l’uno e l’altro vizio, in cui gl’inesperti sogliono dare in questa pratica, quello cioè di sacrificare il ritmo del verso a quello del periodo, o viceversa il ritmo del periodo a quello del verso. […] Tutti cioè ad un tempo si muovono, si atteggiano ed operano, secondo la maniera propria di ciascuno, esprimendo simultaneamente lo stesso sentimento e la stessa idea. […] Tutti i moti interni ed esterni dell’uomo, e così dalle tendenze e dagli appetiti più leggeri sino alle passioni più forti ed alle azioni più determinate, a due generi si posson ridurre, cioè all’odio e all’amore. […] La tragedia insomma si eleva ad un ordine di cose, che certamente non è comune, e fa dell’uomo che rappresenta, un eroe, cioè un essere medio fra i mortali e gli Dei.

204. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

Scaduta dall’antico privilegio che godeva ai tempi de’ Caledoni, d’animare, cioè, i popoli ai trionfi e alla osservanza de’ riti nazionali, essa prese il carattere della scostumatezza e della licenza nelle canzoni chiamate da loro Drinking Catches, ovvero sia da cantarsi nei brindisi.

205. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

Ma questi sono fatti istorici, cioè i nemici capitali dell’Apologista, e per conseguenza vanno sotto la rubrica de’ Pregiudizj.

206. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

La favola intitolata le Coefore, cioè Donne che portano le libazioni (dalla parola χοἠ, libatio) rappresenta la vendetta della morte di Agamennone presa da’ suoi figliuoli, argomento poì trattato anche da’ due gran tragici che vennero appresso.

207. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

Imperocchè trovansi, egli è vero, dal Volga al Nilo, e dal giallo fiume Cinese all’Orenoco, i semi di sì bell’arte, cioè imitazione, versi, musica, saltazione, travestimenti, e spettacolo: non mancano (è vero ancora) i Tespi, i Cherili, i Pratini, i Carcini, non che nella Grecia e nell’Etruria e nell’antica Sicilia, ne’ Giavani, ne’ Cinesi, ne’ Giapponesi, ne’ Tunchinesi, ne’ Messicani e ne’ Tlascalteti.

208. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Di Venezia, 21 marzo 1620.Venezia, 16 di giugno 1618. » pp. 513-520

Nella XIVª, quella cioè del modo di concertare il soggetto, ufficio esclusivo del Direttore di Compagnia, egli dice : Il Corago, Guida-Maestro, o più pratico della conversazione deve concertare il soggetto prima di farsi, acciocchè si sappia il contenuto della comedia, s’intenda dove hanno da terminare i discorsi e si possa indagare concertando qualche arguzia, o lazzo nuovo.

209. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Avrebbono forse desiderato, ch’io fossi stato più circospetto: cioè nella significazione che danno essi a tal parola, che non avessi osato, di profferir il mio sentimento se non colla timidezza propria d’uno schiavo, che avessi incensato gli errori e i pregiudizi del secolo, e che avessi fatto l’eco vituperevole di tanti giudizi stoltissimi, che sentonsi ogni giorno ne’ privati discorsi e nelle stampe. né vi mancheranno di quelli, i quali, ricorrendo a’ luoghi topici della ignoranza, troveranno nel titolo di straniero una suspizione d’invidia contro l’Italia.

210. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

[4] Si vuol rappresentare il tormento più squisito e più crudele che possa trovar ricetto nel cuor d’un amante, la certezza, cioè, d’essere stata l’involontaria cagione della morte della sua amata?

211. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

Scrisse egli buone Riflessioni sulla Poetica, benchè in esse in prima copiasse molte osservazioni Italiane, approfittandosi degli scritti del Tasso, del Riccoboni, del Castelvetro, e di Paolo Beni, che egli chiamava, Dottore in tutto, fuorchè nella corda che a lui dissonava, cioè quando parla della sua Nazione: di poi vi censurasse per lo più mal fondatamente gl’Italiani e gli Spagnuoli, chiamandoli ignoranti nelle regole Aristoteliche, malgrado di non pochi Italiani ch’egli pur cita e trascrive: e appresso vi attaccasse con armi fragili, non solo il Poema del Chiabrera e dell’Ariosto, ma quello del Tasso, e finalmente tratto tratto vi contradicesse e Aristotile, di cui pure affermava, che on s’égare dès qu’on ne le suit pas, e se medesimo ancora in più di una censura.

212. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Oltre alle prelodate Checca della Laguna e Margherita Costa, Erirreo ne nomina un’altra come una delle più eccellenti de’ tempi suoi, cioè Leonora Baroni figlia della nominata bella Adriana di Mantovaa.

213. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

E. li comanderà, da questo m’acorgo che à gusto e che desidera di essere con lei, cioè con Nespola : ma che il Sig.

214. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Ed egli risponde, che farà de’ voti di Giove e di se più degni, cioè che il cielo, l’etere e la terra serbino concordi il luogo che ottennero nell’uscir dal caos: che gli astri non sieno turbati nel loro corso: che il mondo goda una perenne pace: che tutto il ferro s’impieghi negl’innocenti lavori villeschi e mai non si converta in armi; voti nobili e proprii di un cuor magnanimo. […] Egli domanda in premio il cielo, cioè l’immortalità, poichè già la terra.

215. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

Serlio, Regole generali di architetura sopra le cinque maniere de gli edifici, cioè, thoscano, dorico, ionico, corinthio, et composito, con gli essempi dell’antiquita, che, per la magior parte concordano con la dottrina di Vitruvio, Venezia, Marcolini, 1537).

216. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

La presenza dell’attuale deve far del torto al signor Coralli per delle ragioni, che non dipendono da lui, ma dalla natura, cioè pour la taille, et pour les graces naturelles de ses mouvemens.

217. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Circa alle scene pastorali parlaremo con gl’ altri aparati dimane ; hora circa al modo del uestirle dico che se il poeta, ui haurà introdotto alcuna deita, od’ altra noua inuentione ; bisogna in questo, seruire alla intention sua : ma circa al uestir i pastori, si haurà prima quello auertimento, che si è detto anco conuenire nelle comedie ; cioè, farli tra lor piu differenti che si può, Et quanto al generale il lor uestir sara questo. […] Quanto alle qualita loro, a me pare, che abbiano molta maesta, et che siano molto conuenienti, quei modi de prologhi usati da gl’ antichi, cioè che in persona del poeta, eschi uno, togato, Et laureato, il cui habito richiede essere, non men sontuoso che graue.

218. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

Ma più notevole di tutte per effetto teatrale deve essere stata la scena nona del terzo atto, l’ultima cioè del lavoro, nella quale Maddalena ha modo davvero di mostrar tutta la potenza sua in un monologo, che, se ne togli il fraseggiare gonfio e bislacco, portato naturale del tempo in cui fu scritto, a me pare teatralmente perfetto.

219. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Perito nell’arte, dotato di natural piacevolezza, facile ne’ partiti e ne’ motteggi, testimone dell’alterazione del gusto avvenuta per le recenti mostruosità, sceglier seppe il Lorenzi la maniera più idonea per riuscire, cioè eccedere nel comico popolare alternandolo con tragiche situazioni.

220. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

[NdA] «Ragion vuole che si ricordi al lettore un pregio, che suole accompagnare il regno di quei monarchi, a’ quali si dà il titolo di grandi, cioè, che a suoi tempi mirabilmente fiorirono le lettere e i letterati non men fra i cristiani che fra i pagani».

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