Non credo però, che per le mie risposte venga nell’animo vostro alterata, come nel mio non la turbarono le vostre apologie sceniche. […] Ma lasciando le anticaglie, che forse vi daranno malinconia, come la Caverna di Salamina, venghiamo a’ tempi a noi vicini. […] Or l’Orso, e i Pugili erano forse rappresentazioni sceniche spropositate, come le crede l’erudito Apologista? […] Ora con tante ricchezze Sceniche gli Strioni abbisognano più dell’Arlecchino, come nel secolo passato? […] Allora l’indole militare l’allontanava dal dedicarsi con calore al Teatro, come faceano i Greci, perciò chiamati molli da’ Latini.
Ma Erbele che ciò riferisce, come il seppe? come il vide? […] Erbele vuol sapere come siesi Gerbino salvato dal mare; ma se ciò è a lei venuto in mente, come Gerbino non domanda, come ella fosse scampata dalle mani de’ barbari che sotto i suoi occhi l’aveano ferita? […] Se per Carlo era egli reo di morte come Tancredi, lo sarà meno come Corradino? […] Orgando come il sa egli?
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Figlio di buoni e modesti artisti drammatici, fu per lungo tempo nelle provincie meridionali ; poi nell’alta Italia con Sterni e Moro Lin come primo attore. Uscito Giovanni Ceresa dalla Compagnia di Luigi Pezzana, fu chiamato a sostituirlo il Contini, il quale passò di trionfo in trionfo interpretando i caratteri più disparati, come il Foscolo e il Raffaello, ch’egli rendeva, più che con delicatezza di contorni, con maschio e gagliardo colorito.
Fu dedicato a lei come alla Diana dallo stesso anonimo un sonetto caudato, di cui il Bartoli non riferisce per pudore che le quartine e la prima terzina, per la recita di quello Zibaldone a trasformazioni, delizia delle prime donne, intitolato Lo Spirito folletto, che generò poi, per antitesi, se così possó dire, la Donna di garbo del Goldoni. […] Nel seguito lodasi, a detta del Bartoli, « la sua bellezza come cosa rara, e specialmente i suoi capelli sono infinitamente encomiati. » (V.
L'ultimo dei Meneghini, nato a Milano il 1811, fu prima compositore nella tipografia teatrale Brambilla ; poi, accarezzato il sogno di eccellere in arte come attore tragico, si scritturò, dopo alcune prove con dilettanti, al Teatro Lentasio, come generico nella Compagnia di Antonio Giardini, della quale sposò la prima attrice giovine Amalia Pasquali.
Belo in essa è un traditore senza discolpa enunciato come virtuoso. […] come sa egli che la reina muore per mano di Ninia? […] Alcuni altri si sono rivolti alla Grecia come la Harpe, e M. […] Sia questo un fatto tres-vrai, come dice il Belloy. […] Come principe e come politico chi può rimproverargli l’amore del suo paese?
Alla storia ed alla sola storia scortata da una sana filosofia chiaroveggente e sgombra di parzialità, al cui sguardo solo fa un tutto quel sì mirabile edifizio, ch’essa contempla tranquillamente come dall’alto d’una collina: a questa sola storia, dico, appartiene il giudicar di tanti grand’uomini che vi hanno lavorato per tanti secoli; ed il suo giudizio schietto e imparziale additerà agli artisti nascenti il sentiero che mena senza tortuosi giri alla possibile perfezzione drammatica. […] Ma v’è chi per riuscirvi si vale di troppe ipotesi, mostrando in un sol luogo differenti paesi, e in due ore di rappresentazione il corso di molti lustri e talvolta di secoli interi, come avviene in Madrid e in Londra; e chi all’opposito se ne permette pochissime, come si usava anticamente in Atene e in Roma, ed oggi usasi in Italia e in Francia. Senza dubbio i drammi Cinesi, Spagnuoli e Inglesi contengono un’ arte men delicata, ma pel gusto di que’ popoli hanno un merito locale; i drammi poi de’ Greci e de’ Latini e de’ moderni Italiani e Francesi, come hanno acquistato dritto di cittadinanza nella maggior parte delle nazioni culte, non temono gl’ insulti degli anni, e posseggone una bellezza che si avvicina all’assoluta.
r Duca Conti, et mi portarono versi p. doi altre machine, cioè il sole che p. non ueder il tradim.º che corse nell’opera si asconde, et il terzo, Nemesi Dea del Gastigo palesa che i traditori saranno puniti, come si uede nel fine di detta opera. […] ma come riescirà il tutto. […] r Duca. di quanto scriuo gliene potrà far fede il nostro Beltramme che sempre a procurato l’unione di questa compagnia, et ora ne confesso l’impossibilità. si come mi rimetto allo stesso che dica s’io mai diedi occasione a niuno dei sudetti di maltrattarmi. spero che le mie potenti ragioni appresso la natural Clemenza di Sua Altezza Serenissima mi faranno degna della grazia che humilmente suplicando le chiedo di non esser non questi doi. et io come riuerente serua di Vostra Signoria Ill.
Sorella della precedente, nata a Venezia verso il 1735, nota in arte col nome di Camilla, esordì alla Comedia italiana il 16 maggio 1744, assieme a sua sorella in Corallina esprit follet, destando la comune ammirazione come danzatrice perfetta. […] Il 1° luglio 1747 la giovane ballerina esordì come attrice nella commedia, scritta a posta per lei da suo padre, intitolata Le due sorelle rivali, trascinando poi il 18 settembre il pubblico all’entusiasmo come attrice e come ballerina nella commedia francese in un atto e in versi, Le tableaux, di Panard, il quale dettò allora questo grazioso madrigale : Objet de nos désirs dans l’âge le plus tendre, Camille, ne peut-on vous voir ou vous entendre sans éprouver les maux que l’amour fait souffrir ?
Ma il melodramma, come s’intende in oggi, non fu conosciuto se non se a’ tempi del cardinal Mazzarini. […] Imperocché sdegnato di ciò il Cambert, musico francese che pretendeva al medesimo onore, lasciò il proprio paese e si ritirò a Londra, dove le feste musicali erano in uso come per tutto altrove da lungo tempo. […] Oltre a questi debbono anche aver luogo le rappresentazioni sacre chiamate Villancicos, che celebransi con gran pompa nelle chiese, la notte del santissimo Natale, come reliquie de’ Misteri della Passione, come anche le feste profane di tornei, quadriglie, caroselli, parejas e altri simili divertimenti, che erano allora in gran voga, e principalmente a’ tempi d’Isabella e di Ferdinando, e poi di Filippo Secondo. […] La musica dei russi è semplicissima, come debbe esserlo in tutte le nazioni non ancor coltivate. Essa si compone, come dappertutto, di parole, di canto e di suono.
Con qualche passo di più forse l’ultimo di essi l’avrebbe condotta a quel grado di prefezione, in cui le arti, come ben dice Aristotile, si posano ed hanno la loro natura. […] Settanta, o, come altri vuole, novanta o cento tragedie egli compose, delle quali sette appena ce ne rimangeno, e riportò la corona teatrale intorno a trenta volte. […] Intervengono in questa favola numi, ninfe, eroi e personaggi allegorici, come la Forza e la Violenza. […] Favella poi col coro dei diversi ritrovati e di tante arti insegnate agli uomini, i quali prima, poco differenti da’ tronchi, viveano come le belve rintanati negli antri. […] Il Coro che negl’intermezzi è cantante, nel giudizio è parlante come ogni altro attore, ed uno solo favella pel resto, la qual cosa si osserva in tutte le tragedie antiche.
Intervengono in questa favola numi, ninfe, eroi e personaggi allegorici, come la Forza e la Violenza. […] Ma la scena di Elettra con Oreste nell’atto quarto sommamente tenera merita di essere ammirata come degna di sì gran tragico. […] Si osservi come in varie scene e ne’ cori Euripide si vale di una misura di versi più corta come più idonea ad esprimere il dolore; e Lodovico Dolce ha seguitato in ciò l’originale, come ha pur fatto il P. […] “Tutto (prosegue il Signor Le Batteux) vi si trova disposto come nella natura. […] Fedra appresso il Greco confessa il suo amore non come una passione ma come un delitto.
Questo rigore raccolse come in un centro tutte le forze del loro ingegno, e ne ingrandì l’attività. […] Oggi in essi se ne ammirano le invenzioni ma sfigurate come per lo più sogliono essere le copie. […] A questo punto disastroso giugne un servo dabbene, e stando già presso alla soglia, senza veruna prevenzione dell’accaduto, ode i gemiti e le grida della meschinella in procinto d’infantare, e come uomo di buon cuore e pieno di affetto per la famiglia prende parte nella di lei sventura, teme, si adira, sospetta, compassiona e si attrista. […] Or come saggio, se a’ capricci esposto Di fortuna pur sei, t’acqueta e soffri. […] E questi come mai sono stati sconosciuti a’ Greci, a’ Latini, agl’Italiani, a’ Francesi ec, ed apparsi solo verso la fine del secolo XVIII come silfi al Mattei?
Bruni Domenico, detto Fulvio in commedia, comico Confidente al servizio di Madama Serenissima Principessa di Piemonte, fu rinomatissimo come innamorato e come autore di opere attinenti al teatro. […] Dico che vi somigliate di maniera a questa Celia, che facil cosa sarebbe che se voi foste adornato da donna, si come sete vestito da huomo, che fosti preso per quella. […] Sia come si voglia, se come vi ho detto volete venire a stare in casa mia, mi sarete caro e rimanerete beneficato dell’ajuto da voi ricevuto. […] La mattina entrato, dopo l’avere a molti chiesto lo albergo dove mio padre alloggiava, trovatolo in fine, il desiderio che avevo d’abbracciare il padre, mi fece abbracciar l’oste che anch’egli come mio Padre era convalescente ; e dichiarandomi per suo figliuolo, provocai sua moglie a dirmi bastardo, a gridar col marito, quasi a mettere la casa sottosopra. […] E la supposizione di alcuni, che il Bruni, pistoiese, fosse lasciato colla madre a Bologna, intanto che il padre scorrea colla compagnia il mezzogiorno d’Italia (e non saprei poi perchè più tosto a Bologna che nella città natale), cade dinanzi all’oroscopo che traggo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, il quale ci dice il Bruni bolognese.
Molto probabilmente l’Aurelia qui lodata, e che destava stupore in Firenze, è quell’Aurelia, ignota sin qui, desiderosa nel 1593 di far parte della Compagnia degli Uniti, come rilevasi da questa lettera di un Giusto Giusti al Duca di Mantova colla data del 27 marzo, e riportata dal D’Ancona (II, 511) : Aurelia comica desidera sommamente di haver luogo et unirsi con la Compagnia di Vittoria (la celebre Piissimi) sperando con la scorta di si gran donna di poter avanzarsi nella professione. […] S. del suo favore, nella cui benignità havendo ella prima fondata ogni sua speranza, stima che la intercessione mia, come di servitore tanto obbligato et divoto di V. […] – Giovami di credere che se bene la Compagnia è stabilita, di conseguire questa gratia, et come di cosa già ricevuta le resto con quel magior obligo che possi venire dal mio conoscimento.
Infatti, il ruolo della servetta vera e propria era finito : subentrava la seconda donna, ossia un ruolo di comicità più oggettiva, come chi dicesse la donna emancipata, spesso vedova, desiderosa di nuove nozze, ed alla quale per solito annodavasi l’intrigo galante delle commedie nuove. […] ) : Daria Cutini-Mancini era una bellezza piccante, giovanissima, ella pure di 22, ’23 anni appena : svelta della persona, elegante nei movimenti, con una pronunzia aperta e correttissima, qualità principale nel disimpegno delle parti brillanti e di servetta : ella doveva rimpiazzare la signora Romagnoli, che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come quella, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleone a Vincennes, e tante altre nelle commedie di Goldoni, di Molière e di Nota. […] Al proposito di una sua beneficiata a Torino colla Cameriera astuta di Riccardo Castelvecchio, fu pubblicato in una gazzetta locale che ad onta delle mende di cui si potrebbe appuntare, la commedia non cadrà mai ove sia eseguita ottimamente, come lo fu in questa occasione, per merito principalmente della signora Cutini-Mancini, delizia di ogni pubblico per quel brio e naturalezza onde sa improntare le parti di servetta, nella quale è veramente l’erede dell’esimia Romagnoli.
« Mi dispiace il dover trattare simil facenda in pregiudicio di quest’altro Comico, ma per Dio il star seco senza notabil danno è impossibile ; vi sia pure per me meno conscienza e guadagno migliore. » Fortunati Giovanni, figlio del precedente, e più conosciuto in teatro col nome di Toto, che gli venne, quasi diminutivo di trotola, per la piccola statura, fu egregio attore come caratterista e come arlecchino. […] Francesco Bartoli cita ancora I quattro Zanni, come sua particolar fatica.
come caddero e dove? […] Sembra che non interrottamente abbia in essi dominato lo spirito religioso primitivo, da che fino a questi tempi la commedia si considera da alcuni Cinesi come antico rito del patrio culto. […] Essi le usano soltanto ne’ balli come i Francesi, e ne’ travestimenti di ladro. […] Ecco come si dà a conoscere il protagonista del dramma intitolato Tchao-Chi-Cu-Ell, o sia l’Orfano della famiglia Tchao, tradotto dal p. […] O Padre, abbine cura come faresti di me stessa» Sacontala continua a camminare, indi ripiglia.
Ad ogni modo, a me non pare, come al Bevilacqua, tenuto conto anche dell’età del recitante (il Bruni aveva quattordici anni) così noioso. […] Dieci elefanti, con un pugno solo, come la fama mia ne gira a volo. […] Comunque sia, le due operette in discorso (sono come le altre nella Bibl. […] Il Capitan Basilisco parla spagnuolo, come il Capitan Coccodrillo…. […] Non sempre, come accadde di molte maschere, il Giangurgolo fu capitano.
Narrandoci quest’indifferenza dell’uditorio Veneto, volle tacitamente insinuare l’inutilità dell’artificio Liveriano, in vece di dedurne, come dovea, di aver formata una copia infelice di un buono originale. […] O finalmente perchè, come l’addita Orazio, la commedia porta seco un peso tanto maggiore quanto minore è l’indulgenza con cui è riguardata? […] Una falsa analogia, come notava l’Algarotti, ha suggerito un pensiero sì mal fondato. […] Sei giudici tutti distinti per rango e per letteratura (e non pedanti pregiudicati come gli chiama l’impudente gazzettiere) asseverantemente affermano di non averla veduta. […] Or come l’impudente folliculario osa entrare nelle intenzioni d’ un Sovrano che lo smentisce co’ fatti?
Ma pare che ignorino costoro, come il restitutore dell’Inghilterra, l’amico del gran Federigo, sa ancora munire il suo ozio co’ presidi delle lettere, e come quella sua vittoriosa eloquenza colla quale egli tuona in senato, non è meno l’effetto della elevatezza del suo animo, che dello studio da lui posto nei Tulli e nei Demosteni, antecessori suoi.
Venutagli a mancar la voce, dovè abbandonar l’arte come attore, ma dedicandovisi con tutte le sue forze come capocomico, in società prima col Giardini, poi col Pezzana, poi col Marchi ; poi solo colla figlia Emilia prima attrice.
Benedetti-Simonetti Chiara, moglie del precedente, e figlia di Giuseppe Simonetti, lucchese, mostrò da fanciulla grandi attitudini pel ballo, ed esordì nella compagnia dello zio Antonio Sacchi (suo padre ne aveva sposata la sorella Anna), come danzatrice, recitando anche alcuna particina d’ingenua. Divenuta moglie nel 1769 di Luigi Benedetti, e vieppiù appassionatasi all’arte comica, tanto progredì che il Conte Carlo Gozzi le affidò alquante parti di protagonista in proprie commedie, altre ne scrisse a posta per lei, come nella Caduta di Donna Elvira, nella Punizione, nel Precipizio, nel Pubblico secreto, e nelle Due notti affannose.
Egregia nel Suicidio, come nelle Orfanelle, magnifica della persona, di volto piacente, benchè di collo un po’ corto, dalla voce e dai capelli d’oro, adorna di abiti e di gemme come una principessa, era una bella promessa di futura prima donna.
Or non sarebbe ottima materia, benchè funestissima, per l’epopea, come io dissi? […] E questa scena inutile e cattiva viene anche prescelta come eccellente dal dottor Guarinos. […] Non so se ciò dica l’autore come storico o come poeta. […] Sofocle ridicolosamente avrebbe enunciato Edipo tiranno di Tebe come conquistatore de’ Turdetani o de’ Cantabri. […] L’esecuzione reale lascia il fatto come è, la teatrale l’accommoda al fine della tragedia.
Dalla cura e dallo studio d’indagare, questa natural pendenza ed avidità di sapere chiamossi da’ latini, e poi da noi, curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida all’attività laboriosa della scienza. […] Ella s’ingegna di copiar gli uomini che parlano ed operano; é adunque di tutte l’invenzioni quella che più naturalmente deriva dalla natura imitatrice dell’uomo; e non é maraviglia ch’ella germogli ed alligni in tante regioni, come produzione naturale d’ogni terreno. Per natura la trovarono i greci, e non ne presero da niuno l’esempio, come é chiaro a chi passo passo la vada seguitando dall’insonne suo nascere per tutti i gradi de’ suoi avanzamenti. L’ebbero vari antichissimi popoli italiani, come gli etruschi e gli osci prima ancora della fondazione di Roma, e certamente non la ricavarono da’ greci. E come sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando vari monumenti storici ci assicurano, che ancor dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppur tutti i piccioli continenti italiani si conoscevano tra loro?
Io penso che esse ascendano a un centinajo e mezzo; e che se si comparino quelle delle due nazioni, si troverà, che le Spagnuole stanno alle Italiane a un di presso come il 2. sta al 18. […] Il numero de’ nostri buoni Epici trascende forse del doppio quello delle Tragedie Spagnuole, come potrebbe l’Apologista osservare, scorrendo meglio che non ha fatto la nostra Storia Letteraria. […] Saverio, come e perchè poco acconciamente par che siate riuscito a ritorcere nell’avversario la ragione allegata nella Storia de’ Teatri1. […] Una ve ne vidi io dieci anni fa che era Tragedia come tutte le Favole di Lope: ma non posso dire che fosse l’istessa. […] Potea egli però, come altri gentilmente ha praticato, essere in ciò indulgente, e credere, che ad onta di questo fallo corso per essersi confusi i segni di alcune giunte, che io trasmetteva in Napoli, egli non ignorasse il tempo in cui surse, e quello in cui si estinse la Compagnia.
Sembra che non interrottamente abbia in essi dominato ognora lo spirito religioso primitivo, da che fino a questi tempi la commedia si considera da alcuni cinesi, come antico rito del patrio culto. In Bantam, ch’é la capitale dell’isola di Giava, e ch’é divisa in due gran parti, una delle quali é abitata da’ cinesi che le danno il nome, qualunque sagrifizio si faccia nelle pubbliche calamità o allegrezze, é costantemente accompagnato da un dramma, il quale si riguarda come rito insieme, e festa pubblica. […] Nell’istessa abbiezione vivono le commedianti nella China, avvegnaché non manchino ne’ fasti di questa nazione esempli di regnanti che vinti da’ vezzi delle sirene teatrali, giunsero all’eccesso di prenderle per conforti, come fece l’imperador Kingn che regnò quarant’anni in circa prima dell’era cristiana6. […] Ecco come si dà a conoscere il protagonista del dramma intitolato Tchao-Chi-Cu-Ell, o sia l’Orfano della Famiglia Tchao, tradotto dal P. […] Comparisce fanciulla, amoreggia, e si marita una donna, la quale ha da produrre un bambino che dopo quattro lustri si annunzia come il protagonista della favola.
Sanno ben essi di non doversi il Buon Teatro considerar come semplice passatempo, ma sì bene come saggio espediente sugerito dalla filosofia per diffondere, per la via del diletto, la coltura e la virtù e la morale nella società, e per secondar le vedute de’ legislatori; di che mi occupai ne’ miei Elementi di Poesia Drammatica impressi in Milano. […] Roma stessa vantò un Lelio e uno Scipione Affricano come coadjutori di Terenzio, un Cornelio Silla dittatore, il gran Germanico, e Cajo Claudio imperadore scrittori di commedie; Giulio Cesare, Cesare Augusto, Tito Vespasiano, e Mecenate e Vario e Ovidio e Lucano e Stazio e Seneca che coltivarono la tragedia, e Orezio Flacco che si fe ammirare non meno come grande emulo di Pindaro, che come critico incomparabile di teatral poesia.
E Giovanni Tabarini di Venezia diede col suo casato il nome alla famosa maschera del Ponte Nuovo di Parigi, figurante un quarant’anni più tardi, come servo del Ciarlatano Mondor, sotto la quale si celava Giovanni Salomon suo socio ? […] Ma un giorno il ragazzo venne, non so per quale circostanza, a conoscere la verità, e seppe come sua madre vivesse esclusivamente di una pensione che il prelato le faceva corrispondere dal Vescovado di Milano. […] I gentiluomini dei dintorni s’irritarono per quella vicinanza, ed un giorno, in una caccia uccisero il buffone, come una lepre, in un angolo del bosco. […] Quanto al costume ho riprodotto la maschera del Sand, che non è che una variante dei tanti Zanni di Callot, e non ha che vedere nè con quella della stampa attribuita ad Abraham Bosse, contemporaneo di Mondor, fatta nella prima giovinezza, poco dopo la sua andata da Tours a Parigi, nè con quella della stampa che sta in fronte all’ Inventaire universel des œuvres de Tabarin (Parigi, 1623), molto somigliante del resto, se ben più piccola, all’altra : se non che Tabarino là è senza barba e coll’ enorme tesa del cappello, base del costume tabarinesco, calata sull’occhio manco (pagina 556), mentre qui ha la lunga barba a punta e la tesa rilevata ai due lati, come in questa riproduzione ammodernata che precede le opere tabarinesche nell’edizione del 1858. […] Il colore di tutto il vestito era bianco, di tela greggia ; come si rileva da una delle tante fantasie tabarinesche, in cui gli si rimprovera di aver voluto rubare la tela per vestirsi all’ala di un mulino a vento del sobborgo di Sant’Antonio.
Io vi credo assai saggio per capire come debba parlare un attore; ma pochi sono in Italia atti in questo a dar buon giudicio; e però appena pubblicate, le tengo come suppresse, sì perché ne ho in prova altre due che voglio aggiungere a queste quando usciran dalla lima, sì ancora perché in queste voglio prima udire il giudizio de’ giornalisti franzesi, a’ quali procurerò di farle avere a suo tempo4. […] Avresti veduto una reggia in un padiglione: Tecmessa apriva la porta ed introduceva il Coro ad osservare come si diportava Aiace fra gli armenti da lui uccisi. [2.86ED] E come rappresentarlo altrimenti, se ciò sicuramente fu in casa! […] — [3.132ED] Così diceva scendendo meco dalla fortezza, finché, giunti al molo, una barchetta, sui cui si lanciò come rana l’agile gobbo, me lo rapì. […] [4.170ED] Imperocché, se la lingua italiana e vivente non è arrivata alla coltivazione della greca e della latina, come vuol giudicar della perfezione a cui può ella arrivare se non è giunta ad essere coltivata come le due precedenti e se la coltura la può far crescere di copia, di maturità e di bellezza? […] [5.64ED] Sapendo noi come gli uccelli fischiano e come suonano gli strumenti e come gli uomini soli ragionano, desideriamo altresì che alla dolcezza del canto umano si aggiunga quella delle parole atte ad esprimerci i sentimenti dell’animo; ed ecco un’altra delizia che vien di fianco in aiuto di questo spettacolo, ed ecco finalmente la poesia. [5.65ED] Ma la povera poesia viene in figura molto diversa da quella che sostiene sì nella tragedia che nella commedia. [5.66ED] In quelle tiene il posto principale, nel melodramma tien l’infimo; là comanda come padrona, qui serve come ministra.
I Romani da eroi che erano e superiori a’ principi stranieri, come credevansi, divennero de’ proprii signori bassissimi cortigiani. […] Acilio della Tribù Pontina archimimo che fu decorato dalla città di Boville del decurionato, come si ricava dall’iscrizione recata dal Grutero nella pagina 1089, numero 6. […] L’opinione di chi lo fissa all’imperio di Teodosio è la più comune; ed il lodato Pietro Daniele l’avea abbracciata come semplice congettura, nè disconvennero il Taubman e qualche altro. […] E come avrebbero mirato senza indignazione gli adulterii mimici, che, secondo Lampridio, non bastò ad Eliogabalo di vedere fintamente rappresentati, ma ordinò che s’imitassero sulla scena al naturaleb? […] Delle opere poetiche di questa vergine Sassona come monaca benedettina parla a lungo il p Mabillon negli Annali Benedettini t.
Tornato a Venezia, e sentito come a divertimento del nuovo piccolo Sovrano Ferdinando IV si dovesse scegliere una Compagnia comica Lombarda, si affrettò ad offrire con una supplica del 20 ottobre (V. […] Tocchiamo più tosto dell’arte sua come attore e capocomico. […] Che il Sacco fosse attore di grandissimo grido sì per le argute improvvisazioni, sì per la eleganza e rapidità dell’azione, è fuor di dubbio, chè troppi sono i testimonj e non sospetti come il Goldoni, che al Capitolo IV, T. […] Ma più ancor ne fa fede Giuseppe Baretti, non veramente sospetto di poca sincerità come potrebbe essere creduto il Gratarol per le sue relazioni con la Compagnia Sacco e il Conte Gozzi, in una sua lettera da Venezia del 14 aprile 1764 a Don Francesco Carcano, al quale raccomanda vivamente il Sacco che doveva recarsi giusto allora a Milano. […] Bartoli che fu nella sua Compagnia sei anni, senza buona fortuna, tesse di lui le più ampie lodi ; lo dice istruito, specialmente intorno alla Storia Universale, direttore egregio per le opere serie come le comiche, gran comico, ritrovatore di molte scene, di cui lardellava i vecchi soggetti dell’arte, che ne venivan così risanguati, autore di scenarj, fra cui del fortunatissimo Truffaldino molinaro innocente.
Giovanni, artista di pregi non comuni, recitò nella prima giovinezza come amoroso prima, poi come primo attore giovane in Compagnie primarie quali del Mascherpa, del Domeniconi, Robotti-Vestri, Cesare Dondini, avendo così la fortuna di recitare al fianco dei grandi artisti che fiorivano a quel tempo.
La persona prestante, la voce soavissima e forte, unite ad una viva passione per l’arte e ad una ferrea volontà di riuscirvi, lo fecer salire in brevissimo tempo sino al grado di primo attore, passando per le migliori compagnie del suo tempo, come quella di Salvini (1867), di Vitaliani (’68), la Romana (’69), di Bellotti-Bon (’71-’74) ; e recitando al fianco de’migliori artisti che gli furon sempre affettuosi compagni. […] Luigi Bellotti-Bon che ben conosceva le qualità dell’Artale come capocomico, strinse con lui contratto per affidargli la guida della sua seconda compagnia…. contratto che la morte fatale del Bellotti non mandò ad effetto.
La Monti era di persona svelta, vezzosissima di aspetto ; fu così egregia nella commedia e nel dramma, come nella tragedia ; e scritturatasi al Teatro de’Fiorentini di Napoli nell’ ’8o col noto attore Tommaso Grandi, detto Tommasino il Pettinaro, come prima attrice, vi confermò i successi clamorosi che aveva avuti in ogni altro teatro d’Italia.
Celebre artista per le parti di servetta nacque a Cremona il 1770, e si diede giovanissima al teatro, riuscendo attrice incomparabile così per le commedie studiate, come per le improvvise. Tra quelle eran da notarsi più specialmente la Serva amorosa, la Serva vendicativa, la Locandiera e altre del Goldoni : in queste, così in dialetto come in italiano, dotata di una rara spontaneità di eloquio, non solamente secondava mirabilmente le maschere e gli attori serj, ma spesso con una replica, con un monosillabo, con una occhiata, rubava loro l’applauso, dacchè Maddalena Gallina seppe di ogni piccolissima parte creare un tipo.
Secondo i varj sentimenti che lo moveano, egli sapeva a suo talento diventar pallido come un cadavere, o rosso infiammato ; nasconder la testa fra le spalle, apparendo senza collo, o risollevarla d’un tratto, il collo allungando per modo da farlo parer quello d’una gru. […] In tuttociò è probabilmente una grande fantasticheria del Bartoli, dacchè un tal Nardo Ferrasani esistesse davvero semplice servitore, il quale per la sua balordaggine passò in proverbio ; e solevasi dire in Palermo : Stupido come Nardo Ferrasano !
Figlio d’artisti, dovè naturalmente, come ogni altro, esordire quando gli fu dato a pena d’infilar quattro parole : a soli cinque anni. […] E come il sangue non è acqua, così egli potè in breve, a motivo di una dizione purissima, che ha tuttavia serbato il primo nitore, salire ai maggiori gradi di primo attor giovine e di primo attore, diventando poi con la intelligenza non comune e la non comune gagliardia di fibra, un de'più pregiati direttori di compagnie, fra cui quella di Teresa Mariani-Zampieri, nella quale stette assai gran tempo, ammiratissimo. — Fu il 1900 in quella di Bianca Iggius, scritturandosi poi pel '901 con Clara Della Guardia, con la quale si recherà nell’ America meridionale.
Studiò legge, e senza aver appartenuto ad alcuna società filodrammatica, mostrò sin da piccolo amore grandissimo al teatro di prosa, nel quale esordì come autore, facendo rappresentar di giorno al Malibran per beneficiata del primo amoroso della Compagnia Zocchi e Bonivento un suo lavoro in cinque atti, intitolato Antonio Dal Ponte, fondatore del Ponte di Rialto, sotto il Doge Pasquale Cicogna, ch' ebbe l’ onore di due repliche. […] Incoraggiato dai più, accarezzato come una energia saliente, non fu offuscato dal demone della vanità e della superbia…. Egli andava assiduamente a frugar nelle vecchie commedie per rinsanguare il suo repertorio ; e quelle, cito ad esempio la Famiglia Benoiton di Sardou, metteva in iscena con la importanza di una novità ;… alla prima rappresentazione di esse, accortamente preparati, la stampa e il pubblico accorrevan in folla a dare il lor giudizio come si trattasse di grande avvenimento. […] Ma il concetto della parte era sempre qual si doveva, e si mostrasse egli come Esopo, o Padre Prodigo, o Bernard, o Cavalier di Spirito, o Fabrizio, o Bolingbrocke, o Carlo V o Camillo Blana, o altro…. se non potè essere per l’ orecchio del pubblico attore eccellente, fu certo e sempre pel suo cervello eccellente artista.
Cominciò a recitar da prima donna il 1756 nel Teatro della Sala di Bologna, e vi piacque assai sì nelle commedie improvvise, come nelle scritte. […] Il Bartoli si prova, naturalmente, di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, dedicandole un de'soliti sonetti, e condanando il Piazza di aver avuto per lei « parole puntate che dalla penna di pulito scrittore non devono uscire giammai ; » ma per la Tesi, almeno, non osa, come per altre, accusarlo di calunniatore. […] Pianse, urlò, mise la contrada sossopra, e fece entrare una sentinella nel casino, come se trattato si fosse d’un omicidio. […] Lo stesso suo amante, il nido della tolleranza umana, la bontà personificata, un uomo di miele, fu costretto più volte a batterla come un tappeto, ed erano poche sere che prendendo seco il fresco di notte vicino alla Porta orientale, le aveva scossa la polvere dell’ andrienne co' colpi della sua canna.
Canzone che riferisco intera, come quella d’onde trasse le sue notizie Francesco Bartoli : Acquetar non si può la mente afflitta A’ suoi mali pensando antichi, e novi, E come così fera un uom persegua Fortuna rea nel mal’oprar invitta. […] Di altri Flamini di tal tempo non abbiam notizie : e il Fabri (secondo il Bartoli che lo fa nascere, come s’è visto, nel 1567, avrebbe avuto allora soltanto diciassett’anni) sappiam che cominciò a recitar giovinetto. […] Sapete ben come ’l negozio è gito. […] Non va lenta così biscia all’incanto come i Trentini alla comedia. […] Ma temendo sempre di esser troppo vicina al marito, si offri al capo comico Brangi, che con la sua Compagnia occupava il teatro di quella città, come generica giovine.
Cipriano con Giacomo Casanova ; vestì, come lui, l’abito ecclesiastico, poi abbracciò il mestiere dell’istrione, in cui pare vivesse brutalemente. […] Una sola candela ficcata nel collo di una bottiglia rotta rischiarava a mala pena lo stanzone ; e come non v’eran smoccolatoj, la brutta Bassi ne faceva le veci adoperando l’indice e il pollice e asciugandosi poi senza cerimonie le dita sulla tovaglia, dopo di aver gettato per terra la moccolaja. […] La Compagnia era composta di 14 persone, compresa la famiglia Bassi, marito, moglie e una figlia di 13 in 14 anni ; e il più delle volte s’introitavano tre o quattro fiorini, non bastanti nè per l’orchestra, nè per l’illuminazione, per quanto, come si può credere, modestissime.
Nel 1716 era a Bologna, come vediamo dal sonetto che qui pubblico per gentile comunicazione del signor Pietro Pieri, antiquario di Roma, fedelmente trascritto da un foglio volante largo 40 centim., alto 58, che contiene in cima il presente ritratto. […] Questa, che al vostro piè fia s’appresenti Giocosa Immago è vil, come scorgete, L’Immago è di Colui, che render liete Le Scene vi solea co’ rozzi accenti. […] mo di Parma Probabilmente fu la stagione di primavera del 1728 a recitare a Modena, come si rileva da una viva raccomandazione del Farnese al Duca Suocero, la quale comincia : Desiderando ogni maggior uantaggio alla Compagnia Comica del Cattoli da me riceuuta sotto la mia Protezione, mi prendo la confidenza di pregare uiuamente V.
Di lui riferisco le parole di Yorik, come quelle che ci dàn chiaro il ritratto dell’artista e dell’uomo : Aveva appena trent’anni, era pieno di vita e di speranza, forte, robusto, gagliardo, ricco d’ingegno, lieto della sua sorte, felice della simpatia, dell’affetto, della stima, in che lo tenevano i suoi concittadini. […] Nè solo all’improvviso fu attore pregiato, ma anche nelle cose studiate, in cui, deposta la maschera del Brighella, si mutava egregiamente in tiranno, come nell’Attila e nell’Ezzelino dell’abate Chiari. […] Sappiamo dal Bartoli essere stato un uomo de'più capricciosi ; giuocatore arrabbiato del Lotto, dilettante alchimista, era riuscito a comporre un metallo somigliante all’argento, di ben poco valore ; ma, soprattutto, uomo probo, e come tale amato, e stimato da tutta l’arte.
Calderòn e Metastasio si avvicinano come Drammatici in un punto, da cui partendo, a misura che s’innoltrano nel loro cammino rispettivo, si discostano scambievolmente. […] Or come avrebbe il di lui grande Allievo cercato imitare ciò che chiamavasi dal Maestro peste teatrale? […] Se Calderòn fosse Greco, soggiacerebbe alla disamina de’ Critici Filosofi, come vi soggiacquero tanti altri Greci, oggi che più non si giura sull’autorità. […] Non concede dunque agli Spagnuoli il pregio di avere elevati i sentimenti de’ Tragici moderni (come con un colpo di penna franca cambia il Sign. […] Or come volete, caro Sig.
Cominciò la vita dell’arte come amorosa in Compagnia di Gaspare Lavaggi, nella quale a sedici anni, diventò la seconda moglie dell’attore brillante Giovanni Serafini. […] Di alcune parti da lei create, come della Grimani nella Cecilia del Cossa, non si è tuttavia cancellato il ricordo.
Scritturata da Gaetano Nardelli, vi si perfezionò a segno da divenir nel ’39, quand’egli smesse di condur compagnia, e già sposa da due anni dell’attore brillante Antonio Giardini, la prima attrice assoluta di una società che il marito aveva formata con Voller e Bellati, e in cui fu scritturato come poeta Paolo Giacometti. […] Carolina Fabbretti, dotata di bella figura, ottima voce, e volto e sguardo espressivi, recitò assai bene così nella commedia, come nel dramma e nella tragedia.
Lo vediamo il '43 con Carolina Internari, e dopo con Luigi Taddei, per darsi finalmente al capocomicato con la moglie Adelaide, figlia dell’attore e scrittore Luigi Forti, che aveva già levato bel grido di sè come prima donna. Ma toltosi dalle principali compagnie, la sua rinomanza si arrestò come d’un tratto, ed egli dovette contentarsi di percorrere con compagnie modeste, per quanto decorose, i teatri di minor conto.
Piena come è di gravità e maestà, servì felicemente coloro che impresero con coraggio a coltivar la tragica poesia. […] Columella nomina come i più gran poeti Latini Azzio e Virgilio. […] Ma come dice di averla fatta doppia di semplice ch’essa era? […] Or come può quì terminare l’atto? […] Oh come è mai turbato!
Non si sa veramente come veggasi sì bene accompagnato. […] come accoppi tu lo specchio e la spada? […] Tu sembri allevato come una donna; ma dove sono le poppe? […] Al fine come al ciel piacque ci accordammo nel dirlo Fidippide. […] Quì allude, come osserva lo stesso Sig.
Imperocchè io pensava che i Poemi Comici si dovessero esaminare dall’arte, dal colorito, dal piacevole, e dallo stile, e circa l’oscenità di alcuno di essi bastasse accennarla, come ho fatto io, ad esempio del dottissimo Brumoy che così trattò nelle Commedie di Aristofane, e come fece D. […] Or come smentì Lope nel suo Prologo? Forse citando le proprie Commedie come ben ricevute? […] Io voglio poi che il Varchi a ragione riprendesse le oscenità e le indecenze di alcune delle nostre Commedie, come di quelle dell’Aretino, del Vignali, del Groto. […] Perdoni il Signor Lampillas, se quest’ultimo pregiudizio non ha voluto cedere sì presto alla di lui autorità; ma svanirà infine come tutti gli altri.
Pietro Bayle, citando il padre Menestrier, afferma che questa tragedia fu cantata come un’opera musicale d’oggidì, fondandosi sulle le parole del medesimo Sulpizio. […] Si aggiunga di più, che dicendo Sulpizio d’aver dopo molti secoli fatta rappresentare in Roma una tragedia, ci fa retrocedere col pensiero almeno fino a’ Latini, e non possiamo altrimenti concepire la tragedia di cui fa motto, se non come quella degli antichi, e non già come l’opera eroica moderna. […] Che poi quella si cantasse tutta, come pretende il P. Menestrier, o i soli cori, come noi proponiamo, son due opinioni arbitrarie che hanno bisogno di nuova luce istorica. […] Egli chiamossi non Veronensis, come dubita doversi leggere il Maffei nella Verona Illustrata part.
Quand’ecco arriva sulla scena lei con una scatola in mano, vestita proprio come una sartina che si rechi a domicilio, e, senza uscire dalla naturalezza, fa sentire la musica di quella voce. […] Il portamento, il gesto, gli occhi assumono un fare prepotente e fulmineo ; la voce ha sibili come il serpente e inflessioni laceratrici come d’aculeo. […] … Perchè, Virginia Marini, al fianco di Tommaso Salvini, diventò una di quelle artiste, rimasta unica poi, che sollevava, come il suo grande compagno e maestro, le platee con una semplice inflessione di voce ; era quella una forza sua. […] » Ma tanta gloria, tanti entusiasmi, dovevan finire come per incanto.
Fu egregio nell’arte del leggere e nell’insegnamento drammatico, e non v’ha de’suoi allievi, divenuti poi artisti di alquanto merito come il Fagiuoli, il Parrini, il Tellini, chi non lo ricordi con affettuoso rimpianto. […] Ma egli fu maggiormente apprezzato nei drammi popolari come Sisto V, I misteri dell’ Inquisizione di Spagna, I misteri di Parigi, e altri simili.
E il padre Ottonelli nella sua Cristiana moderazione del Teatro, riferisce al proposito del gran conto in che eran tenuti i comici da Principi e da Re e da nobili in genere, come il Chiesa gli dicesse un giorno in Firenze : « Io ebbi in Francia il mio primo figliuolo, e fu tenuto a battesimo dal Duca N. […] » Di un Dottor Violone è fatto cenno in una lettera di Ludovico Bevilacqua al Duca di Modena con data di Ferrara 9 aprile 1664, come di attore il quale, ben lontano dall’aver la pietà e modestia del Chiesa, per certi livori ch’egli ebbe con la Marzia Fiala, moglie del Capitano Sbranaleoni, capocomico, mancò a’suoi impegni scritturandosi con una Marchetta, e allegando con atto di perfidia, pretesi contratti antecedenti con un Cavaliere.
Così in Italia, come all’estero, trovò modo di farsi notare talvolta come un’eccellente promessa, e abbiamo articoli di Yorick e di altri pieni di speranze per l’avvenire del giovane attore.
Non si creda però che il Lipparini s’illudesse sul merito della moglie : egli se ne serviva in caso di bisogno anche come Prima Donna, ma non dimenticava che questa è il vero pernio di una Compagnia…. » Livini Ferdinando. Artista di molto pregio per le parti di primo attore così in commedia come in tragedia, poi di brillante, nacque a Pisa il 1790 da civili parenti.
Cessarono, come d’incanto, la risata e gli applausi. […] … Francesco Bartoli ha pel Massaro parole di gran lode, come quegli che era « fornito di una grazia prodotta in lui dalla natura e coltivata dall’ arte….
Giovanni Cristiano Krüger nato in Berlino, e morto in Amburgo di anni ventotto nel 1750 costretto dalla povertà entrò nella compagnia comica di Schonemann,e lavorò come attore e come poeta. […] Esiste poi in Napoli un’ altra opera buffa intitolata lo Cecato fauzo, ed è appunto uno sposo che si finge cieco per gelosia, come quello del Krüger. […] Tra’ personaggi s’introducono in essa Moloch e Chamos falsi numi personificati; ma l’autore se ne giustifica, considerandoli come demonii che prendono forma umana. L’interesse nel Salomone scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo; perchè, come egli stesso osserva, le bellezze proprie de’ caratteri e de’ costumi delle nazioni sono meno universali di quelle che si traggono dalla natura umana. […] risponde pieno d’imbarazzo, esse sono, come sempre furono, molto stimate .
Belo in essa è un traditore senza discolpa enunciato come virtuoso. […] Non incatenato, altrimente non avrebbe potuto, come indi avviene, avventarsi al tiranno. […] come sa egli che la reina muore per mano di Ninia? […] Rapportiamoci dunque su gli altri di lui difetti nè piccioli nè pochi come poeta a ciò che ne dissero i Francesi stessi, e diamo qualche sguardo a’ di lui maligni errori come storico. […] Come principe e come politico chi può rimproverargli l’amore del proprio paese?
), comica valorosa così nelle commedie scritte, come in quelle all’improvviso. Fu anche danzatrice, musicista e schermitrice pregiata, secondo lo stesso Bartoli ; sebbene dalle memorie del Goldoni si rilevi come al proposito della rappresentazione dell’Assemblea letteraria, la sua voce fosse falsa, la sua maniera monotona, e la sua fisionomia smorfiosa. […] La Passalacqua, riconosciutasi nel personaggio, andò a lagnarsene dal Direttore e dal Grimani, invocando modificazioni, ma inutilmente : o rappresentar la parte come stava, o andarsene : e lei, furba, sbigottita dall’alternativa, si mostrò rassegnata, e accettò la parte, e la eseguì — dice Goldoni — a perfezione.
Spesso era preso da una cattiva sonnolenza e appariva come ebete. […] Sin dall’infanzia gli amici di Luigi solevano dire che suo figlio sarebbe divenuto o un grande ingegno, o un grande zuccone : frase ch'egli andava poi spesso ripetendo, ma pare che da giovine Gaetano desse molto filo da torcere al povero padre che non sapeva come porre un rimedio alle scelleratezze di lui (vedi al nome di Luigi la lettera autografa), nelle quali forse era il germe dell’esquilibrio mentale. A proposito della testa smisurata di Vestri, lo stesso Mazzocca racconta che egli « si divertiva talvolta a entrare in un negozio di cappelli, e provarne un gran numero, senza mai trovare quello che facesse al caso suo. » Pochi particolari si hanno del valor suo artistico, ma per comune consentimento egli fu ritenuto come quello de'figli che più si accostasse all’arte prodigiosa e spontanea del padre.
Fece le prime armi come secondo amoroso e secondo brillante, nella compagnia di suo padre, e, lui morto, esordì brillante assoluto nella giovane Compagnia piena di attrattive, Ciotti-Lavaggi-Marchi, nella quale stette fino a tutto il '72. […] Il '94 esordì come caratterista in Compagnia Maggi, trovando ancora festose accoglienze di pubblico, non quelle certo acquistatesi col primo ruolo. […] Angelo Zoppetti appartenne come brillante al periodo, non so dir bene se fortunato o sciagurato, in cui i primi attori spremevan lagrime dagli occhi degli uditori, e i brillanti facevano smascellar dalle risa.
Comunque sia, egli sali in rinomanza esclusivamente come conduttore e direttore di Compagnia ; nè la sua fama cominciò a stabilirsi colla formazione e direzione della Compagnia Reale : chè molti e principali artisti di questa avevan già appartenuto alla Compagnia di lui innanzi al ’21, come il Miutti, il Righetti, il Bucciotti, la Vincenza Righetti, e altri. […] ), la data della morte sarebbe quella del 21 marzo 1853 ; ma è un errore evidente, poichè nel 1844 egli non era più nella Compagnia Reale Sarda, alla direzione della quale successe interinalmente Domenico Righetti, e nel ’45 la moglie Marianna, come vediam più giù, era già vedova. […] C’ è un po’ di fervorino, se si vuole, per l’effetto della chiusa ; come appare un non so che di bizzarro, o almeno, di manchevole in questa teoria del Bazzi ; ma la bizzarria e la manchevolezza dileguan subito leggendo l’operetta sua, breve compendio di acute osservazioni artistiche, le quali non si direbber da vero scritte mezzo secolo fa.
» Dopo le peripezie toccate al suo povero padre nel '59, si scritturò come generico giovine, secondi brillanti e mami, in varie compagnie, ultima quella di Sterni, Rosaspina e Bonivento, in cui, animato da suo padre che gli fu primo maestro, finì coll’ assumere il ruolo di primo brillante, mantenuto poi nella Compagnia di Raffaele Lambertini, della quale faceva parte Enrico Capelli e Giuseppina Ferroni, sua moglie, e nella quale stette fino a tutto il carnovale del '67. […] E, tra' monologhi, chi meglio di lui, o come lui, direbbe il punto interrogativo di Salsilli ? […] Non mai accolse l’idea di circondarsi d’astri minori per emerger di tra essi come sole, ma volle sempre che le altre figure del gran quadro fosser tra le migliori. […] Due suoi fratelli, Achille ed Ugo, seguiron l’arte del padre ; il primo come brillante, artista mediocre, fermatosi poi a Bologna a insegnarvi recitazione : il secondo generico e secondo carattere, coscienzioso, accurato, che recitò quasi sempre al fianco di Claudio.
S. certo campo et pezzo di terra quale certo suo confinante fondato sopra cotesto statuto, intende di potere et uolere comperare, il che tornando in molto disconcio di detto Petrolino mi ha pregato ch' io uoglia raccomandarli questa sua differenza si come fo con tutto l’affetto dell’animo supplicandola a compiacersi per amor mio et per compiacerne me et obligarne singolarmente di derogare a detto statuto non comportando che contra sua uolontà uenga uenduto detto campo. […] Io son pur sempre d’avviso che come s’è detto pel Pasquati e per altri, le grandi personalità artistiche potessero essere sballottate da una compagnia all’altra, secondo il volere, o, almeno, il desiderio delle Loro Altezze capocomiche. […] L'aprile del 1580 come da Relazione di Leonardo Conosciuti al Card. […] si mise poi ad imitare li linguaggi di tutti li suoi comici, come del Pantalone, del Gratiano, del Zanni, del Pedrolino, del Francatrippe, del Burattino, del Capitan Cardone, e della Franceschina.
Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie sì dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole. […] Lo ammirai prima come autore che come attore : dopo averlo inteso recitare, lo cercai ; non appena lo conobbi, gli volli bene. […] Nato il 1736 a Mantova, è citato dal Bartoli come attore diligente, che all’arte del dire sapeva unir quella del canto.
La riconosce il conte; ma ella come una dama privata gli presenta la chiave della prigione perchè possa fuggire. […] Ecco come a lui parla Dorotea. […] E come maneggiarsi bene senza una norma, senza bussola, senza aver coltivata la ragione? […] Atila dovrebbe dipingersi furioso, se non come Oreste pieno di rimorsi, almeno come dominato dall’ira in estremo grado, ma non già ridicolo e impetuoso come un pazzo. […] Impone dunque, altro non potendo, a’ Cartaginesi di adorarla come una divinità, e finisce la tragedia.
In tal caso le arti e le belle lettere sono come i vaghissimi colori dell’iride allorché si riguardano a traverso d’un prisma non ben dirozzato. […] Non sa egli come condurre avanti un’azione priva d’interesse? […] A questo fine ei rivolge il dialogo, stiracchia l’orditura, prepara a suo modo gl’incidenti, e travvisa come più gli torna in acconcio i caratteri. […] Se non vi vien fatto di lavorarla, come ei vuole, poco importa, attaccheremo quella stessa, e tutto anderà a dovere. […] «Vi metterete un solo duetto, il quale, come sapete, appartiene esclusivamente al primo uomo e alla prima donna.
Propostogli poi dal re di Polonia, Augusto I, Elettore di Sassonia, di entrare al suo servizio, e da lui invitato a formar per quella Corte una compagnia di attori assai completa così per le commedie come per le opere italiane, egli si recò nel ’98 a Parigi, e sì bene compiè la sua missione, che il re Augusto gli mandò un titolo di nobiltà, creandolo cameriere intimo e custode del suo tesoro privato. […] Si recò allora il Costantini a Verona, sua città natale, ma voglioso di ricomparir su quelle scene ove tante volte aveva coll’arte sua trionfato, si restituì alla fine del 1728 a Parigi ; e fu ricevuto come un vecchio camerata alla Comedia italiana, ove riapparve il 5 febbraio 1729 nella di cui si spogliò a un cenno di Momo. […] Ma ecco un documento, dal quale apprendiamo come il Costantini con la moglie Annetta, il 1678 al servizio del Serenissimo di Parma Ranuccio Farnese, passasse per un anno a Venezia al servizio dell’Abate Grimani. […] Il Costantini l’andò poi allargando, rappresentando sotto quelle spoglie, come lo Sganarello nel teatro di Molière, parti di marito ingannatore o ingannato, talor servo di Ottavio, e talora di Cintio. […] Ma se il libro è detestabile, egli dice, ne va compatito l’autore, il quale ha dovuto uniformarsi, scrivendolo, alla capacità di colui che avrebbe dovuto metterci il suo nome come autore.
Passata colla madre a Parigi, esordì il 21 luglio 1766 come amorosa alla Comedia Italiana negli Amori d’Arlecchino e di Camilla di Goldoni. […] Quanto ai meriti personali e ai modi graziosi, il Campardon riferisce, colla scorta del Grimm, come l’inglese Tommaso Hales, chiamato comunemente d’Hèle in Francia, ove si fece conoscere come autore drammatico e fece rappresentare alla Comedia Italiana Le jugement de Midas, L'Amant jaloux, e Les événements imprevus, opere tutt’e tre musicate dal Grétry, si fosse pazzamente invaghito della Bianchi, a segno da morirne il 27 dicembre 1780, non avendo potuto indurla a rimanere a Parigi. D'una magrezza eccessiva, stordita e senza cuore, ispirò il seguente ritratto pubblicato in un libello verso il '79 : « Si può vedere presso la signora Bianchi, detta Argentina, via dell’Amante geloso (titolo d’una delle commedie del d’Hèle), uno scheletro che cammina, mangia, digerisce e dorme come una persona naturale. […] Il Colomberti (le notizie gli furon date da vecchi attori, alcuni de' quali compagni d’arte dello Zanarini, come Nicola Vedova, Federico Lombardi e Lorenzo Pani) ci fa sapere la tragica fine di Don Pietro, prete intransigente, e della povera madre. […] Pien di leggiadre doti e vivi affetti, offri, Petronio, col variar l’imago come Proteo novel, nuovi diletti ; quindi nell’ammirarti in varj aspetti, e saggio e amante, ed or faceto e vago, tu insegni, infiammi e dolcemente alletti.
L'agosto del '55 egli era a Genova, come si rileva dalla lettera inviata a Modena al Conte Cimicelli (V. […] Certo egli dovette essere avuto in conto di artista egregio e di egregia persona, se uomini ragguardevoli come il Principe di Parma, Alessandro Farnese, Carlo Gondi, inviato straordinario del Granduca di Toscana, indi Pietro di Nyert, primo Cameriere segreto del Re, e Boileau Puymorin, Intendente generale della feste e degli affari privati del Re, tennero al fonte del battesimo i suoi figli. […] Notizie queste esattissime di certo, perchè riferite al Locatelli da Eularia, come tutte le altre concernenti lei stessa. […] Lasciò la pròfessione molt’ anni sono con buona grazia del Re, disse, per poter salvare l’anima sua, che teneva in dubbio se fosse mòrto in quell’Esercitio ; e venne a stare in Bologna, nel contado della quale era nato, nel Comune delle Caselle, e morì in età di circa ottant’ anni (data, come s’ è visto, erronea), e fu sepolto nella chiesa del Corpus Domini. […] Nè sa come tu dolce il cor saetti coi due begli occhi, dove in propria sede regnan le grazie, e i cari genj eletti a cento belle e gloriose prede.
Era presto detto, ma come averne il tupè dopo quel ciclone, e specialmente dopo avere esaurito tutti i propri cavalli di battaglia ? […] quella di Shakespeare, che in quei tempi era come un tema di algebra dato per esame dal ministro Bonghi : e credo che anche in oggi vi sieno molti scolari, che torcono il muso a certi temi del signor Shakespeare. […] come la penso ? […] come le sue spalle sono strette ? […] Quel Duca D'Herrera, che noi giovani di Liceo, ricordo come fosse ora, somigliavamo nella truccatura del Rossi al Duca di Sermoneta !
Viene Amlet leggendo; Polonio gli domanda come stia; bene, risponde Amlet; mi conoscete? […] Egli stesso prima ne declama con forza ed energia alcuni versi; indi ordina all’attore di proseguire, come eseguisce. […] Essi mi hanno trattato con moderazione come ladri compassionevoli, ed io gli ho ben compensati. Tu fa in modo, che il re riceva le carte che gli mando, indi vieni a vedermi con tanta diligenza come se fuggissi dalla morte. […] Al Capo III pag. 22 in fine dopo le parole, come i drammi di lui migliori, si tolga tutta la nota (1) di quella pag. e della seguente, e si continui il testo come segue.
Si produsse la prima volta in Venezia nel 1558, ed il Domenichi la tradusse in italiano, spacciandola come cosa propria. […] Menestrier, afferma che questa tragedia fu cantata come un’ opera musicale di oggidì, fondandosi sulle parole del medesimo Sulpizio: Tragoediam quam nos agere et cantare primi hoc aevo docuimus. […] Che poi questa si cantasse tutta, come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come noi stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. […] Ma quì si chiederà come debba concepirsi la scena, passando tutta l’azione in due luoghi. […] Vuolsi però avvertire, che noi ne parliamo soltanto come una festa stupenda, e non già come componimento drammatico, nè come una specie di opera in musica.
L’occhio pareva perdersi talvolta nello spazio vagamente, indefinitamente ; tal volta invece, pareva ch’ ella guardasse innanzi a sè e sopra di sè, come in aspettazione di qualcosa di alto, che non sapeva ben definire, ma di cui presentiva l’arrivo. […] Quella che le veniva dalle parti che recitava svogliatamente, quasi addormentatamente ; massa inerte, aspettante, come s’è detto, il soffio vitale. […] — Sono anch’io un poco come quel tale, che finiva per essere sempre dell’opinione dell’ultimo che parlava, e per prova, mentre Le scrivo, mi si dice che al Teatro Milanese c’è modo di passare nna serata come nel migliore dei mondi possibili — e io ci credo — senza discutere — e ci vado — senza entusiasmo e senza resistenza. […] Ma quanta soavità di poesia fortemente sentita e semplicemente resa, in questi altri brani che traggo come quelli dalle lettere al Fiacchi !! […] E come varia l’età sua nel variare de’ sentimenti !
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta. Quest’ultimo lo chiamò al suo letto di morte, perchè lo consigliasse, come vedremo, nel testamento ; ma in mezzo a tanti legati non vi fu un solo scudo lasciato al povero consigliere che fu al morente pietoso di utili ricordi di gratitudine.
Concediamo licenza in uirtù della presente a Simone Basilea, hebreo, che con la sua sola uoce suole rapresentar comedie di molti personaggi, di poter, a nostro bene placito, però andar et stare in qualsivoglia città et luoghi dei nostri Stati et recitar comedie senza portar segno alcuno al capello o in altri luoghi come fanno gli altri ebrei eccetto che in Mantoua doue uogliamo che porti il solito segno, comandando perciò espressamente a tutti li ministri ufficiali et Datiari nostri non gli debbano dar molestia alcuna per tal conto ne fargli pagar datii per li suoi panni da dosso ne per quelli che adopera nelle comedie. […] Giovanni De Medici. » E dall’Appendice di Paglicci Brozzi alla sua opera : Il Teatro a Milano, apprendiamo che « Simone Basilea, comico veronese, ebreo, come ben si comprendre dal suo cognome medesimo, ottenne nel 1619, in occasione che recavasi a Milano onde recitare con alcuni suoi compagni, di poter portare la berretta nera, in luogo della gialla, colore allora obbligatorio pei seguaci della fede giudaica. »
Suo padre, di nome Enrico Baroni, morì quand’ella aveva a pena tre anni : e passata la madre a seconde nozze con Ferdinando Brunini, artista di pregio non comune, la piccola Elettra, da lui primamente educata e istruita, e da lui amata come figliuola, ne assunse il nome. […] A dodici anni potè passar per attrice provetta in parti di serva maliziosa e civetta ; e potè a trenta, in parti di bimba come nel Signor Alfonso e nella Colpa vendica la colpa, esser tenuta per giovinetta quattordicenne a cui si prediceva un lieto avvenire.
Luigi Capodaglio apparve nell’orizzonte dell’arte e vanì come una meteora. […] Questa sera non avete sentito Capodaglio, perchè il mio torace, come tutti abbiamo un torace, era indisposto.
Alle sue belle qualità di artista, il Bartoli mette come contrapposto quelle dell’uomo tutt’altro che lodabili. […] Metto anch'io qui, come chiusa, il sonetto del Bartoli, che è alla fine del suo articolo.
Moglie del precedente, nata in Alba il 30 giugno 1840, mosse i primi passi nell’arte in Compagnia Robotti-Vestri nel '54 come amorosa. […] Nella commedia La mama non mor mai, rappresentata la prima volta a Trieste il 12 febbraio 1880, la vera protagonista, come lo dice il titolo stesso, è la madre morta ; e questa ci vien descritta simile alle altre donne che il Gallina creò per la Moro-Lin : 1875, Rosa — El moroso de la nona ; 1877, Marina — Telèri vechi ; 1878, Marianzola — Mia fia ; 1879, Teresa — I oci del cor.
Il 10 di agosto era colla compagnia a Verona, come si vede dalla supplica di cui si è parlato al nome di Fiala Giuseppe Antonio (V.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V.
Forse figlia dei precedenti e sorella di Antonio Torri detto Lelio, fu attrice al servizio del Duca di Modena per la parte musicale, come si rileva da una sua curiosissima lettera al Duca stesso da Bologna, in data 2 giugno 1683 in cui si lagnava che certo signor Francesco Desiderij suo famigliare facesse da padrone assoluto con lei e la madre (il padre era già morto) senza aver riguardo alcuno alla lor povertà, vantandone autorità da Sua Altezza. Senza un permesso di lui, che talvolta si faceva molto aspettare, talvolta non veniva affatto, la Torri nè poteva ricever in casa Cavalieri o altre persone da cui farsi sentir cantare, nè recarsi ad accademie, o altre funzioni musicali, proprie, e solite di sua professione, alle quali era invitata dalle Dame protettrici, nè accettare scritture, come accadde per la recita di Reggio, della quale era restata priva.
Non si sa veramente come veggasi cosi bene accompagnato. […] come accoppi tu lo specchio e la spada? […] Tu sembri allevato come una donna; ma dove sono le poppe? […] E come la passerò io? […] I giudici vengono in questa farsa caratterizzati come vespe.
I suoi personaggi non rispondono, come in Seneca, improvvisamente con un aforismo. […] Non basta a Metatasio, che Sesto ami Vitellia che lo seduce e lo precipita nella congiura; ma ha bisogno che Vitellia aspiri a una vendetta, non di un padre come Emilia, ma di un’ambizione attiva delusa nella speranza di regnare. […] Ecco come ne parla un Anonimo (M. […] Ella dee, come tutte le arti, la sua origine al bisogno, e quello bisogno fu il piacere. […] Si aggiunga qui che ancora il buon orecchio naturale viene così nella musica come nella poesia spesso guasto dall’abito di udire suoni aspri e duri, o discordanti.
E perchè questo è uno de’ possibili non lontanissimi dal convertirsi in atto, e un tanto accurato ragionatore come il Signor Lampillas, non avrà avanzata simil cosa senza documenti, vediamo quali essi siano. […] Fossero anche questi, come la Sofonisba, Dialoghi Allegorici? […] Se voi ad ognuno presterete i vostri vetri colorati, di cui parla Plutarco, ognuno vedrà quello che a voi sembra di vedere; altrimenti ognuno vedrà, ognuno palperà, leggerà, declamerà l’Orfeo, l’Egle, il Cefalo, e non vedrà mica una voce apologetica impalpabile, invisibile, come l’ecco. […] In prima questa serie istorica de’ Comici Spagnuoli si è forse trovata in qualche scavazione incisa in Tavole enee, come l’Eugubine, che possa valere di prova invitta a decidere di anteriorità tra Rueda, e Castillejo? […] Ecco ancora come ne parlò l’Editore delle opere di Garcilasso impresse in Madrid l’amno 1765.
Le reliquie indicate per suo parere sono opera de’ bassi tempi, come si rileva dal lavoro troppo minuto di alquante basi di colonne colà rimaste. […] Essa si rimase sempre una festa sacra, nè mai divenne spettacolo teatrale, come altrove ad altre feste accadde. […] Egli punì come reo di maestà lesa un poeta che in una tragedia avea inserite alcune parole ingiuriose contro il re Agamennone. […] Ma Tiberio non mantenne la parola, e dopo molti anni fecene appena rifare la scena, che pure lasciò imperfetta, come afferma Suetonio, o almeno ne trascurò la dedicazione, come racconta Tacitob. […] Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che non mai si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono.
Il suo Fajele contiene l’argomento stesso della Gabriela di Vergy del Belloy, cui il marito dà a mangiare il cuore dell’amante, trattato colle medesime molle, ed atto come quella a partorir piuttosto orrore che terrore tragico. […] Nell’una e nell’altra favola si tesse una serie di evenimenti romanzeschi che si narrano come preceduti all’azione. […] Sedaine non riescì ugualmente in altri drammi, cioè nel Filosofo senza saperlo, nella Scommessa, come ancora nel Maillard, o Parigi salvato. […] Le passioni vi sono vive ma meno tragiche e più proprie della commedia nobile, o come dicono i Francesi, du haut comique, sebbene se ne vorrebbero correggere diversi eccessi. […] Ecco come questo innamorato si esprime con naturalezza e calore: Elle pleure, elle soupire, elle songe à s’èloigner, et si elle s’èloigne, je suis perdu.
Pur non dubitiamo d’affermare che l’Italia soffre tanta penuria di valenti comici, ch’ ella dee della morte del Blanes, come di non lieve perdita, dolersi. […] Oh meglio per lui le tragiche fatiche, che han potuto ispirare delle gentili iperboli come queste : SONETTO Con l’auree chiome abbandonate ai venti eran le Dee di Pindo in sen di Flora, e al dolce suon dei modulati accenti ride la Terra, e il Ciel viepiù s’indora. […] Ormai il nome di Blanes col quale salì in tanta rinomanza lo zio, non poteva essere abbandonato dal nipote che si dava alle scene : quel nome era come un augurio…. pe ’l suo avvenire artistico. […] Fu con Giuseppe Moncalvo, il famoso Meneghino, o Beltramino, e più grandicello con Giorgio Duse, zio della celebre Eleonora : ma la sua vita artistica, può dirsi datare dal ’62, nel qual anno entrò come secondo amoroso e generico giovine in Compagnia di Luigi Bellotti-Bon, attore brillante insuperato e insuperato direttore. […] Belloni Antonio, vicentino, figliuolo di un maestro di spada e di una lavoratrice di mode, come dice Fr.
Columella nomina come i più grandi poeti Latini Accio e Virgilio. […] Ma come dice di averla fatta doppia di semplice ch’essa era? […] Or come può qui terminar l’atto? […] Ora mi veggo Cento trappole intorno all’improviso, Ne so come schivarle, o come uscirne! […] Oh come è mai turbato!
Istruita nel ballo dal padre, esordì come ballerina nelle danze — dice Francesco Bartoli — delle opere musicali, in compagnia di sua sorella Caterina. […] A questo fu da quel capocomico affidata per la sua educazione teatrale ; e fra un ammaestramento e l’altro, trovaron modo di comprendersi a vicenda, tanto che a’ progressi nell’arte andaron di pari passo i progressi nell’amore : la Teodora si presentò al pubblico genovese nell’autunno dello stesso anno come artista provetta, e nell’autunno dello stesso anno divenne la moglie di Francesco Bartoli. […] Il Gozzi cominciò di punto in bianco a proteggere la nuova arrivata, come quella che più se ne sentiva bisognevole. […] La Ricci lottò contro formidabili rivali, e finì coll’uscir vittoriosa dalla lotta : dopo l’enorme fiasco con la Innamorata da vero di esso Gozzi, colla vecchia tragedia Il Conte d’Essex, col Fasiel del D’Arnaud, tradotto a posta dal Gozzi, fu alla fine, col Gustavo Wasa del Piron, tradotto dal Gritti, prima, poi colla Principessa filosofa del Gozzi, battezzata artista insigne, e, come lo stesso Gozzi afferma, inarrivabile nella bravura. […] E il Gozzi doveva di cose di teatro essere intendente non mediocre ; chè la nuova maniera di recitare della Ricci, da lui indicata come guasta e manierata, finì coll’essere notata di punto in bianco, al suo esordire a Parigi.
La sentii dire cento volte che la galanteria è come l’aceto. […] Ma come Vossignoria dice, voglio un bon rolo ; per esempio le rolle du Portier che maneggia l’argento. […] Il Watteau, uno de’ più geniali illustratori della Commedia italiana, del quale verrò riproducendo le principali opere, ci ha dato il costume dell’ Arlecchina in una delle sue incomparabili acque-forti (pag. 441) : e ce lo ha dato Geremia Wachsmuth col suo Inverno (pag. 439), nel quale, come si vede, figurano, a lato di Arlecchina, il Dottore, Scaramuccia, e altri tipi del nostro antico teatro. […] Anche in Goldoni la Colombina è stata scelta nel Teatro Comico a significare il tipo della servetta, che rimane pur sempre invariato ne’varj nomi di Corallina, Smeraldina, Lisetta, Cammilla, a dir de’ più usati : mezzana, sventata, lusingatrice di padroni, chiacchierina, impertinente, civetta, amante o moglie d’arlecchino : ma il tipo della Colombina goldoniana sta a quello della Colombina gherardiana, press’a poco, come la civetta italiana sta alla coquette francese, sia nella forma, sia anche nella sostanza. […] Chi abbia come me veduto e sentito nella Cameriera astuta del Castelvecchio le finezze d’espressione, d’intonazione, di dizione della Daria Cutini-Mancini, benchè già fuor dell’arte, può ben essersi fatta una idea chiara e della importanza di quel ruolo, e del valore di chi lo rappresentava, e degli schietti entusiasmi del pubblico.
Suo padre lo destinò agli uffici delle finanze, ma appassionatissimo per l’arte comica, sordo a ogni rimostranza, dopo di avere recitato co’filodrammatici, comparve sulle scene di Lodi il 1798, come primo amoroso della Compagnia di Pietro Pianca, dalla quale passò in quella di Andrea Bianchi, sino al 1801. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img065.jpg] come primo attore assoluto nei drammi e nelle commedie con scelta di parti. […] Egli diceva come il celebre Zanerini : – L’artista vestito in carattere ha già fatto la metà della parte. – Era cosa poi assai sorprendente per gli stessi artisti che con lui recitavano, il vedere come si prevaleva delle più piccole cose, come una scatola da tabacco, una penna da scrivere, una sedia, un tavolino, per ricavarne un effetto certo in una scena o in altra della produzione.
come magnifica, galante, ed aggiustata all’ultima moda ! […] E come oddio ! […] Tra le commedie di carattere dee contarsi come buona. […] Ma (osserviamo) Orgando come ciò sa ? […] Or come di sera, in quel luogo co’ suoi domestici ?
Si osservi come Strepsiade nell’atto IV indirizza la parola agli spettatori, e ciò fassi ancora dal coro in questa e nelle precedenti commedie. […] Variano assai i giudizi così degli antichi, come de moderni, sopra il merito a Aristofane. […] Esso raccolse, come in un centro, tutte le forze del loro ingegno, e ne ingrandì l’attività. […] Ilarodia, o ilarotragedia, secondo l’idea che ce ne dà Ateneo, era una pavola festevole e di lieto fine, nella quale interloquivano Personaggi grandi ed eroici, ma vi si dipingevano i fatti che loro accadevano come uomini, non come eroi. […] San Giovanni Grisostomo mettevasi Aristofane sotto del capezzale, come Alessandro il Grande faceva di Omero.
Morì a Parigi il 4 gennaio 1731, dopo una lunga malattia, lasciando di sè la più bella ricordanza e come artista e come uomo. […] Recatosi poi a Napoli per assistere il fratello infermo, vi restò fino al’91 come maestro di recitazione ; di là si recò a Firenze, ove è tuttavia in ottima salute.
In questi due anni di assenza da Parigi, fu sostituito sulla scena da un nuovo comico italiano, valorosissimo, che fece di ben poco rimpiangere il celebre suo predecessore, come abbiamo da una lettera in versi del 21 aprile 1668 di Robinet. Lo stesso Robinet in altra lettera dell’ 8 marzo 1670 ci fa sapere come, tornato Fiorilli d’Italia, e ripreso il suo posto in compagnia, l’attore che lo aveva in quei due anni sostituito, assumesse la maschera del Capitano : Depuis peu l’ancien Scaramouche, qui paroit une fine mouche, est dans sa troupe de retour, et divertit des mieux la Cour. […] Ma qui parmi che il Robinet abbia torto, poichè, non già al ritorno di Scaramuccia assunse l’attore che lo sostituì la maschera del Capitano, ma assai probabilmente tornò alla maschera antica, poichè sappiamo dal Soleirol come il Bianchi facesse già le parti di Capitano nel 1645.
Grisostomo, direttore Antonio Sacco, il famoso Truffaldino, pel quale il Casali scrisse varie opere teatrali, come : Le azioni d’Ercole imitate da Truffaldino suo scudiere (Milano, 1753), e L’eroica pazienza di Socrate gran filosofo d’Atene (Torino, s. a.). […] E di quel tempo appunto ci narra, come, sentito un Belisario detestabile, una vera indegnità, promettesse di farne uno pel Casali che l’anno di poi dovea recarsi a Venezia. […] Una certa serietà nel sembiante, una certa durezza nella persona, un’inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso il Personaggio con cui recitava, lo facevano scomparire, malgrado le belle cose ch’egli diceva : all’incontro nelle Tragedie riusciva mirabilmente, e sopratutto nelle parti gravi, come nel Catone del Metastasio, nel Bruto dell’abate Conti, nella parte di Giustiniano nel mio Belisario, ed in altre simili.
Il quale pare stia a provare come regnasse un’antica ruggine fra loro per gelosia di mestiere, e come anche Costantini fosse d’indole piuttosto ribelle. […] Battista Constantini detto Cintio comico, fu assalito da questi sbiri per catturarlo à causa della Caccia, ma il medesimo Cintio si ritirò in una bottega di speciaria di questa Piazza, et ivi contro i medesimi essecutori pose mano et evaginò la spada, tirandoli delle stocate per essimersi dalle loro mani, come depongono li Testimoni.
Leone X che illustrò i primi anni di sì bel secolo, amando l’erudizione, la poesia e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma come gli avea favoriti nella sua patria; e ciò bastò per eccitare i più grand’ ingegni a coltivar la drammatica. […] Sarebbesi ciò tollerato sulle scene Ateniesi, nelle quali ebbero luogo le contese piuttosto comiche che tragiche delle Baccanti, di Jone, di Alceste; ma dalle latine tragedie in poi si sono rigettate come impertinenti. Io non debbo dissimulare questo neo della tragedia del Tilesio; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto, come altri fece, per tale episodio. […] Si narra in esso come al sospettoso Acrisio sembra aver veduto nella finestra della torre il capo di Danae con quello di un uomo dappresso. […] Vedi l’epistola 35 del libro XXIII di Erasmo, il quale però parmi che lo chiami Pietro; ma Giano Parrasio che lo commenda assai, e lo considera come il restauratore dell’antica decenza del teatro, e Paolo Giovio, e Pierio Valeriano, e Leandro Alberti che lo conobbe in Roma, tutti lo chiamano Tommaso.
Boetti-Valvassura Teresa, piemontese, e non figlia d’arte, esordì come prima attrice e prima attrice giovine con Giovanni Emanuel al Teatro Rossini di Firenze, al fianco di Laura Bon. […] Toltasi dall’Emanuel, recitò coi dilettanti, or vagando pei teatrini della capitale, ora per quelli dei paesi e città circostanti, come ad esempio Prato, ov’ella furoreggiava nelle Eleonore da Toledo, nelle Francesche, ecc., ecc.
Mòrtagli la moglie, il Cristiani passò a seconde nozze con Amalia Pieri, che s’ebbe la piccola figliastra, come vera figliuola : e questa, entrando in arte, adottò forse, invece del paterno, il nome della matrigna, a cui tanto lustro aveva cresciuto il fratello Gaspare. […] Ma l’amore dell’arte la ricondusse dopo un solo anno di matrimonio su la scena, prima donna della Compagnia Mazzola, poi della Lombarda ('56) diretta da Luigi Aliprandi, di quelle di Peracchi ('57) (l’elenco l’annunziava come socia onoraria dell’ Accademia Rozzo-Senese), di Gattinelli, di Bellotti-Bon, di Alessandro Salvini.
Forse nei diciassette anni ch'egli fu al servizio di Ferdinando, si trovò a essere ceduto, come spesso accadeva, a qualche altro principe : e mi pare si debba identificare pel Ranieri questo Aurelio che dal Duca di Mantova è dato al Duca di Modena, in cambio del Parrino (V.), che Questi cedeva a Quello. […] Si compiaccia Vostra Altezza di frequentarmi le occasioni di poter servirla, come desidero, e le bacio affettuosamente le mani.
Balestri), e il 1594 a Firenze, come da una sua lettera in data dell’ 8 dicembre al cav. […] Bartoli, che aveva letto male, commentò : « Zanobio nativo di Piombino luogo della Toscana. » E molti lo seguirono ; ma io credo sia evidente trattarsi dell’appellativo di un tipo speciale di vecchio servo, derivato forse dal modo pesante di muoversi e discorrere, come il Succianespole negl’ Innamorati di Goldoni, il Pizzuga nella Villana di Lamporecchio di Del Buono, e altri moltissimi di simil genere.
Nato a Roma il 4 febbraio 1859 da parenti non comici, e datosi, giovanetto, al recitare in società filodrammatiche, si scritturò l’ '83 con Bellotti-Bon, per la cui morte non ebbe luogo il contratto, esordendo invece quello stesso anno come generico con Alessandro Salvini ed Ettore Paladini, e passando subito l’ '84 al ruolo di secondo e primo caratterista sotto il Salvini : ruolo che non abbandonò mai più, e che sostenne lodevolmente in compagnie egregie, quali dell’Emanuel, del Morelli, Maggi, Rossi, De Sanctis, Teatro d’Arte, Rasi, Della Guardia, Pieri-Severi, nella quale ultima si trova oggi (1904). […] Nè gli studi scientifici gl’impedirono mai, nonostante la sua piccola statura poco teatrale, di farsi applaudire come caratterista e promiscuo, sia per la diligenza scrupolosa nello studio de' caratteri, sia per l’ingegno pronto nella loro interpretazione, sia per una certa vivacità, soverchia forse tal volta, di recitazione.
Polonio gli domanda come stia; bene , risponde il principe. […] I nemici mi hanno trattato con moderazione come ladri compassionevoli, ed io gli ho ben compensati. Tu fa in modo che il re riceva le carte che gli mando, indi vieni a vedermi con tanto diligenza, come se fuggissi dalla morte. […] Amlet, sì per l’amore che ha per lui la madre, come per l’affezione del popolo. […] Avea egli bisogno di un buffone, ed il prese dal Senato di Roma, dove se ne sarebbe come altrove trovato più d’uno.
E se osceno è vocabolo Romano, come può stare che esso desse la denominazione agli Osci nazione più antica di Roma? […] Rintone inventore (come si è detto nel tomo precedente) di quel genere di drammi, compose appunto un Anfitrione, ed Archippo Comico ne scrisse un altro, come afferma Ateneo. […] Adunque col consenso di costui il denaro è consegnato a un altro servo additatogli come fosse Saurea. […] Tossilo aggiugne che come il ruffiano avrà sborsato il danajo per prezzo della finta schiava, Saturione si farà innanzi dandosi a conoscere come di lei padre, e la si ripiglierà. […] Le rammenta a che viene, e come sarà venduta.
L'amor della scena fu più forte di ogni contrario proponimento ; e un bel giorno, poco avanti il carnovale del 1846, di nascosto del babbo, ma col tacito consenso del nonno e della mamma, partì da Livorno per andare a raggiungere a Foiano una compagnietta delle infime, alle cui recite si soleva dare come biglietto d’ingresso frutta, salsiccie, e vino ; e in cui la paga degli attori variava dalle due alle quattro crazie al giorno. […] Non ho, come ho detto da principio, avuto la sorte di sentire Ernesto Rossi al culmine della sua gloria : l’ho sentito quando io era troppo giovine per poter giudicare dell’ opera sua, e quando egli era troppo vecchio, perchè potessi farmi un’idea chiara della grandezza passata : certo l’una volta e l’altra ebbi nell’animo impressione profonda. […] Vedremo come l’assassino si cattiva l’amore della moglie dell’ ucciso, si alza turbatissimo e si avvia frettoloso alla porta d’uscita. Mi par di vederlo, Ernesto Rossi, come inchiodato davanti al Re, indietreggiare, man mano ch'egli avanza, fissandolo negli occhi, scrutando quel suo turbamento…. […] … Anche ebbi campo di ammirare profondamente la grandezza di Rossi come direttore sia nel Giulio Cesare, pur di Shakspeare, da lui novamente tradotto, in cui una sera fu Antonio, un’altra Bruto, sia nella Mandragola del Machiavelli, nella quale trovò effetti inattesi, meravigliosi, presentando in modo più che degno, attori men che mediocri.
In mezzo ai cantici del coro e alle danze giulive esce Cassandra, verace sempre e non creduta mai, la quale profetizza come quel giorno è l’ultimo giorno di Troia, e consiglia di gittare in fondo del mare il cavallo: … timeo Danaos et dona ferentes. […] Sinone racconta a Calcante e a Pirro, sortiti dal cavallo, come l’arti sue riuscirono quasi a vuoto per la opposizione di Enea; mostrando quanto sia necessario, innanzi ad ogni altra cosa, spegner costui, come il più forte guerriero che, dopo la morte di Ettore, vanti Troia. […] Una delle principali donne rammenta come miglior partito sarebbe stato quello di prestar fede al consiglio di Enea e ai vaticini di Cassandra.
Della tanto applaudita Agave di Stazio ci ha conservata la memoria Giovenale, come altresì dell’Atreo di Rubreno Lappa. […] Ma si tradirebbe la verità, se si trascurasse, come di ordinario avviene, di rilevarne colla serenità di storico critico alcune bellezze che in esse si trovano. […] Notava M. de Voltaire in tal tragedia come un principal difetto che essa, al suo dire, non produce interesse in pro di veruna persona. […] Ed in fatti, come indi dice il messo, ella è accinta a precipitarsi in mezzo alle squadre, come fende l’aria veloce partico strale, come va una nave spinta da vento farioso, o come dal cielo cade una stella. […] e che paja e non paja come Bertoldo nella rete?
E se osceno è vocabolo Romano, come può stare che esso desse la denominazione agli Osci nazione più antica di Roma? […] Rintone inventore, come si disse nel tomo precedente, di quel genere di drammi, compose appunto un Anfitrione, ed Archippo comico ne scrisse un altro, come leggesi in Ateneo. […] Adunque col consenso di costui il danajo è consegnato a un altro servo additatogli come fosse Saurea. […] Le rammenta a che viene, e come sarà venduta. […] Ma figurandosi cambiato il luogo in una stanza propria per una tavola, come può seguire la venuta del ruffiano da’ commensali schernito?
Non mai Talia si elevò a così alto segno; e poche altre ridicolezze importanti come questa rimangono da esporsi allo scherno scenico. […] Il Tartuffo stesso fu preceduto dal Bernagasso degl’ Italiani, come attestò anche il Baile17. […] Ora se gl’ Italiani ebbero il Bernagasso che rappresentarono anche in Francia, se ebbero eziandio l’Ipocrito del Ronzio e dell’Aretino, non comprendo come l’erudito sig. […] Vi si vede, è vero, abbozzato il ritratto di un marchese stordito e impudente, come accennò Voltaire; ma non vi si trova la verità e la vivacità comica ch’ebbe poi tal carattere da Moliere. […] Egli in ciò s’ ingannò, come anche nel credere sì buona cotal favola.
Della tanto applaudita Agave di Stazio ci ha conservata la memoria Giovenale, come altresì dell’Atreo di Rubreno Lappa. […] Ma si tradirebbe la verità, se si trascurasse, come d’ordinario avviene, di rilevarsene colla severità d’imparziale storico critico non poche bellezze che in esse si discernono. […] Notava il signor di Voltaire in tal tragedia come un principal difetto, che non produce interesse, al suo dire, in pro di veruna persona. […] Ed in fatti, come indi dice il messo, ella è accinta a precipitarsi in mezzo alle squadre, come fende l’aria veloce partico strale, come va una nave spinta da vento furioso, o come dal cielo cade una stella . […] e che paja e non paja come Bertoldo nella rete?
) dice : « Una Virginia Clarini detta Rotalinda trovo pure da alcuni rimatori lodata, come eccellente nel rappresentare con maestà le alte matrone. […] » Errore evidente, poichè è omai provato come l’Andreini fosse di casato Ramponi.
Fu attore di molto pregio per le parti di primo innamorato così nelle commedie scritte, come in quelle a soggetto. […] Ristabilitosi poi, fu costretto a tornare su le scene, in cui fece come per l’addietro ottime prove, (era il maggio del 1777 al Comunale di Modena in Compagnia di Francesco Panazzi, assieme a un Antonio Falchi, forse figliuolo), sinchè avanzato in età, si ritirò nella natia Bologna, ove morì l’autunno del 1780.
di tornarsene, di Ferrara e Reggio, ove si trovavano, a Mantova. » Dall’ambasciator ducale a Milano, Ludovico Felletti, si sa, come per conto della Comunità di Milano, e per onorare le Nozze del Conte di Haro, si desse una Comedia dagli Uniti il 13 ottobre del 1594, e si sa dal Pagani come si costruisse in tale occasione un teatro, la cui direzione scenica fu affidata all’attore Leandro.
Nel medesimo ruolo, applaudito e stimato come un de'più egregi artisti del suo tempo, si scritturò il '60 con la Società Stacchini, Civili e Woller, il '61-'62 con Tommaso Salvini, il '63 con Domeniconi, il '64-'65-'66 con Morelli, il '67 con Alessandro Salvini, il '68-'69 al Fondo di Napoli con Fanny Sadowsky, il '70-'71-'72 con Giacinta Pezzana in società, dal '73 all’ '81 ancora con Morelli, prima a fianco di Virginia Marini, poi di Adelaide Tessero, e fu con esso due volte nell’America del Sud. Divenne socio l’ '82 di Giovanni Aliprandi, e il triennio '83-'84-'85, si scritturò per l’ultima volta come brillante nella Compagnia di Giuseppe Pietriboni.
Molte furon le lodi a lui tributate come uomo e come artista, e Augusto Bon l’ebbe in tal considerazione che scrisse per lui Il Sospettoso, il Conte nel Niente di male, l’Importuno nell’Importuno e il distratto.
me uolessero acquistar nella forma qui sotto, per non pigliarsi tanto fastidio, farò nuoua Compagnia, e farò in questo modo : Prima entrarò à nuova Compagnia, e fatti li Conti del mio debito sodisfarò con quella porccione, che mi tocarà de Guadagni, e li anni che non si faranno Comedie li pagarò il cinque per cento : Che le spese si farrano nel teatro per benificio de Comici siano comune come anche del Teatro : E perche li ho dato ogn’anno cento scudi di fitto del Teatro, m’obbligo in questo caso, di far quello comandarano le Signorie loro Ill. […] Anche di un Torquato Toschi l’Archivio di Stato conserva una lettera, nella quale egli appare direttor di attori accademici, e chiede la protezione di qualche Principe, « acciò possano questi giovini operare con maggior vigore, et esimersi da ciò che potesse di sinistro apportarle qualche emolo invidioso come altre volte ben notto è all’altezza Vostra Ser.
Passato come secondo amoroso con Tommaso Salvini, ebbe la fortuna, per la insufficienza del primo attor giovine Bregaglia, di averne tutte le parti e di poter mostrare tutte le sue attitudini. […] Fu come un successo di stima, e si replicò, come s’usa dire, per onor di firma.
Quando anche la magnificenza conveniente a una Corte di sì possente, e ricca Monarchia, richiedesse che alcuno di nuovo, e in migliore stato che non è quello de la la Cruz, se n’edificasse, per mio gusto sempre riterrei le medesime scalinate, e le divisioni di Cazuela, Barandillas, Gradas, Tertulla, Patio, e Lunetas, come proprie della nazione, che in fatti per i forestieri formano un certo vario giocondo spettacolo. […] Anche la facciata vorrebbe essere più propria della luce di questa età, e più vaga, come par che richieda un luogo di una pubblica concorrenza ad oggetto di divertirsi. Ecco come assennatamente ne favella il Signor D. […] Quello però che è più notabile, e di maggiore importanza, per mio avviso, è il caso di un veloce incendio, nel quale non so come la calca intanata in que’ meschini Corridoj interiori, e in quelle angustie de’ varj spartimenti, potrebbe liberarsi prontamente dal rimanere divorata dalle fiamme, o soffogata dal fumo. […] Dall’altra parte come poi avrei potuto salvarmi da’ giusti rimproveri degli abitatori di Madrid al vedere falsamente riferita una cosa materiale esposta alla vista di ognuno?
Il Vestri e la Marchionni personificarono forse meglio quella varietà di attitudini che è degli attori italiani soltanto, e che permette a ciascuno di loro, che sia veramente nato all’arte, di suscitare le commozioni più disparate e diverse ; di passare con stupenda volubilità e occorrendo in una sera medesima dal tragico al comico, dall’Al fieri al Goldoni : d’essere come la Marchionni ora Mirra o Clitennestra, più tardi Mirandolina o Rosaura : come il Vestri oggi Don Marsio, domani II povero Giacomo. […] Io m’appello a tutte le dame di tutte le corti più galanti, se si può con miglior dignità ed amabilità in una nobile e gentile conversazione, dir sedete come lo dice la nostra Marchionni ; con quale vivacità di colorito sa ella moltiplicare e compartire le tinte in una scena di gelosia ! […] E più oltre (pag. 41) : Carlotta Marchioimi, la estatica di Verona (allude al Collegio delle Orsoline), la immancabile alle messe meridiane della Consolata o di San Filippo, che prima di uscir sulla scena ogni sera si faceva senza ostentazione, nè sotterfugio, il suo bravo seguo di croce, rappresentò alla perfezione Donna Giulia (La Lusinghiera) e le sue spinte civetterie, come già aveva reso le fiamme incestuose di Mirra. […] Beata ancor, che dietro te lasciasti una che piange in queste basse rive, come cosa mortai più non la tocchi.
Oh, sì, ch'El la benedissa dassèno, come che lo fasso mi dal profondo del cuor, povera vecchietta santa ! […] Trovai, invece, da scritturarmi con Ferrante e la Paladini (ora Andò), sostituita poi dalla Sivori, come prima attrice giovine ; e le parti, in cui più mi distinsi, a giudizio della stampa, furon le tragiche : Norma, Medea, Giuditta, Saffo, ecc. […] Moro Lin mi prega di farla ; io ricuso, un po' per il genere, un po' perchè non sapevo come avrei potuto fare una vecchia : mi prega la Marianna (la Moro Lin)…. […] Finito il carnevale, andai come servetta assoluta con Peracchi, che aveva allora in compagnia Cesare Dondini, Pasta, Rodolfi, ecc. […] Ritornai frattanto in arte con la Compagnia Benini (compagnia mista allora e di secondo ordine) ; poi con Gallina, poi con Zago-Gallina, e finalmente del '91, Gallina autore, col fratello Enrico…. a cui, come sapete, subentrò proprietario il Benini, e…. eccomi ancora qui.
Si produsse la prima volta in Venezia nel 1558, ed il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola come cosa propria. […] Che poi questa si cantasse tutta, come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come noi stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. […] Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come bene osserva il Tiraboschi. […] Ma quì si chiederà, come debba concepirsi la scena, passando tutta l’azione in due luoghi. […] Si vuol però avvertire che noi ne parliamo soltanto come una festa stupenda, e non già come componimento drammatico, nè come una specie di opera in musica.
Dovunque ella si recò ebbe onore di rime e di effigie ; e in Perugia le fu coniata questa medaglia d’oro, la riproduzione della quale, come quella de’ritratti, io debbo alla squisita cortesia della figliuola Maria Lismondo. […] Tornò poi col Nardelli che ella amava come padre, e che, in capo a tre anni, messa assieme la non lieve somma di 55,000 franchi, si ritirò beatamente in un paesello del veronese. […] S. : « Ditemi se fate Il Bicchier d’acqua e come è distribuita questa commedia nella R. […] Dato il caso io vado in tracia della mia fortuna, si come fu di Nardelli, che non fa che ripetere, la mia sorta la Devo alla Bettini…. […] Dobbiamo piangere la tua perdita come abbiamo fatto poco tempo indietro per quella di un altro sommo ?
Egli punì come reo di maestà lesa un poeta che in una tragedia avea inserite alcune parole ingiuriose contro il re Agamennone. […] Ma Tiberio non mantenne la parola, e dopo molti anni fecene appena rifare la scena, che pure lasciò imperfetta, come afferma Suetonio, o almeno ne trascurò la dedicazione, come racconta Tacito171. […] I Romani da eroi che erano e superiori a’ principi stranieri, come credevansi, divennero de’ proprii signori bassissimi cortigiani. […] Essa si rimase sempre una festa sacra, nè mai divenne spettacolo teatrale, come altrove accadde ad altre feste. […] Delle opere poetiche di questa vergine Sassona come monaca Benedettina parla a lungo il lodato P.
Didone sviene, come Armida, ed Enea parte con Ascanio, come Rinaldo con Ubaldo. […] La virtù di Augusto, come quella di Tito dell’inimitabile Metastasio, trionfa sopra tutto. […] come così colpevole svenar la vittima ? […] Io come reo dovea A morte soggiacer. […] Uno de’ passi da notarsi è la parlata di Annibale nella scena quarta dell’atto IV, dove rammenta le antiche sue gesta contro i Romani, ed in fatti si esprime come egli dice, Io parlerò come combatto.
Compiuti gli studi agli Scolopi, fu iniziato al Foro, e ammesso poi nel tribunale con rescritto del granduca Ferdinando, come ajuto di suo padre. […] Quivi l’incalzar della miseria e della fame lo indussero a tentare, indarno, di trarre qualche profitto da' suoi studi di chirurgia ; e, per sollecitudine di un amico fiorentino, tornò in patria, trattato col maggior de' rigori dal padre, che mal pativa l’animo ribelle di lui, e sopr' a tutto le sue inclinazioni all’arte del teatro, la quale soleva essere guardata allora dalla gente austera, come quasi disonorante. […] Erano queste a dir vero come lampi che rompono il tranquillo sereno di una notte estiva, ma pure spiacevano in un artista che aveva ingegno e forza da correggere in questa parte il mal gusto popolare. Or dunque il Vestri aveva anche tolto da sè quella menda, facendo come Goldoni, che prima blandì l’universale per farsene signore, e poi, quando lo potè trarre a voglia sua, lo indirissò pel retto cammino. […] Un assai buon attore : un po' manierato, ma eccellente nell’alta commedia, come nel sentimentale patetico.
Io sono stato corrivo, vorrei che tu fossi più accorto; vorrei che tu trattassi gli uomini come essi meritano, come hanno trattato me, come ti tratteranno, amico… Approfittati del mio consiglio, e ricordati di questa lezione. […] Una favola seria difettosa per la mescolanza comica è stata coltivata nel secolo XVIII come ne’ precedenti in Inghilterra. […] Egli poi nell’impressione lo produsse come l’aveva scritto da prima, e con questo lasciò una pruova dell’intelligenza del pubblico, e della propria indocilità ed imperizia. […] Sa dio come la pronunziai e come la camera l’ascoltò! […] Il titolo è Beggars’ Opera, cioè l’Opera del Mendico, e non già de’ Pezzenti, come la chiamarono alcuni Francesi, ed anche il sig.
O Padre, abbine cura come faresti di me stessa.” […] Si dà una sontuosa immagine di un piatto descritto come una mettà del globo celeste colle sue costellazioni. […] e 24., in vece di queste parole, le memorie dei defunti scolpite nelle colonne egiziane erano in versi, si scriva come segue. […] 25, dopo le parole in canzoni, la nota (1) si scriva come segue. […] 17, dopo le parole, Nel Nuovo Mondo i Caraibi, si aggiunga come segue.
Del resto in certi suoi componimenti che si appressano più alla tragedia, come la seconda parte de la Hija del Aire, il Tetrarca de Jerusalèm, la Niña de Gomez Arias, benché sregolati, si trovano molti tratti patetici e degni d’attenzione. […] Vi debbe certamente serpeggiare un perché, uno spirito attivo, vivace, incantatore, pel quale, come dice Orazio, i poemi piaceranno, ripetuti dieci e cento volte. […] Giovanni Dryden, nato d’una famiglia cospicua nel 1631, il quale divenne cattolico sotto Giacomo II, e morì nel 1701, fu autore di tanti componimenti drammatici in più d’un genere ingegnosi e difettosi, che possiamo considerarlo come il Lope de Vega d’Inghilterra. […] La nostra virtù, amico, é come la buona fede d’un politico, la promessa d’un quakero, il giuramento d’un giocatore, e la parola e l’onore de’ grandi.» […] Col più strano anacronismo intervengono in un istesso auto personaggi divini ed umani divisi per climi e per tempi, come la trinità, il demonio, San Paolo, Adamo, S.
Nel settentrione son frequenti gli spettacoli, si aprono nuovi teatri, come in Stokolm, si riforma il teatro nazionale da per tutto, e vi si procura di osservar le regole, e correggere la buffoneria grossolana; ma Klopstock, Lessing e Weiss non sono ancora seguitati da’ nuovi poeti drammatici degni di nominarsi. […] Egli era oltracciò riserbato a’ nostri giorni l’insinuarsi che si scrivano tragedie in prosa, come fa M. […] Qualche poetastro povero di principi, d’ingegno, e di fantasia, il quale nella mollezza corrente non ha passate le notti d’inverno e i giorni d’està a formarsi uno stile, col solo torre qualche canavaccio lirico francese e porlo in cattivi versi italiani, favorito da una musica eccellente, come quella del celebre signor Gluck nell’Alceste, ha creduto di pareggiar di gloria Pietro Metastasio, ed ha aperto questo cammino tortuoso, che invece di menarci avanti, ci fa rinculare almeno d’un secolo. […] Palissot nella commedia intitolata Les Philosophes e in quell’altra de l’Homme dangereux, e nelle petites Lettres sur de grands Philosophes, come anche dal signor avvocato Moreau nell’ingegnosa operetta che ha per titolo, Mémoire pour servir à l’Histoire des Cacouacs, e da M. […] Il signor Diderot non solo compose in prosa il Padre di Famiglia e ’l Figlio Naturale «Dans le grand goût du larmoyant comique» come dice scherzando il signor di Voltaire; ma ben anche volle dettar regole in questo genere più strambo e bizzarro dell’opera buffa.
E. creda, io lo lascierò andare ; ma sottopongo che quest’attore se non è perfetto, ha tutti i doni della Natura, e che per primo amoroso non saprei come rimpiazzarlo, salvo sempre che la sua salute sussista (?) […] Informazioni come sopra al Ministro dell’Interno.
Egli aveva come un ideale da raggiungere, una grande missione da compiere : la trasformazione della maschera. […] brillante, o caratterista, o anche primo attore, appariva in una festa come un misero mortale in frac e cravatta bianca, senza però abbandonare la tipica truccatura del volto, che faceva del personaggio un essere ibrido, non più carne nè pesce, poco rispondente certo al tipo originario, che dalla sua faccia allampanata, da quella espressione di stento, trasse appunto il nome di Stenterello.
Recitava le parti di amoroso il luglio del 1659 a Livorno nella Compagnia del Principe Alessandro di Parma, come si ha da una sua lettera al Card. […] Prego Idio che mi sortisca come spero, che in hordine à quello gli ho promesso, ne uedrà effetti douuti al suo gran merito.
Ma una sì preziosa esistenza doveva essere anzi tempo troncata, non così tragicamente come quella del fratello, ma non men stranamente. […] Ma, sciaguratamente, il Fabbrichesi ruppe contratto coi Fiorentini, per recarsi un triennio nell’ Italia centrale ; e il Lombardi, non ostante le supplicazioni dello Scottugno, volle seguir, come di dovere, il suo capocomico, accettando le conseguenze, qualunque esse si fossero.
Piemontese, un de'migliori capocomici, fiorito dal 1790 al 1820, anno della sua morte, si diede alla scena giovanissimo, come primo amoroso, ma con poca riuscita. […] Indi la fama del Perotti, conduttore di una Compagnia, la quale potè sempre competere colle più grandi d’allora, come Pellandi, Fabbrichesi, Dorati, Bazzi, e Goldoni.
Ma la scena di Elettra con Oreste nel l’atto quarto sommamente tenera merita di essere ammirata come degna di sì gran tragico. […] Si osservi come in varie scene e ne’ cori Euripide si vale di una misura di versi più corta come più idonea ad esprimere il dolore; e Lodovico Dolce ha seguitato in ciò l’originale, come pur ha fatto il p. […] «Tutto (prosegue Le Batteux) vi si trova disposto come nella natura. […] «Fedra appresso il Greco confessa il suo amore non come una passione ma come un delitto; ed il secreto è svelato ad Ippolito dalla Nutrice non ostante il divieto di Fedra.» […] Può censurarsi come difetto di verisimiglianza osservato anche nell’Andromaca.
Didone sviene come Armida, ed Enea parte con Ascanio, come Rinaldo con Ubaldo. […] Ma, come bene osserva l’ab. […] La virtù di Augusto, come quella di Tito dell’ inimitabile Metastasio, trionfa sopra tutto. […] come così colpevole svenar le vittime? […] E come?
Quindi si scorge perché tutte le prime composizioni sceniche, come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura, si trovino scritte in versi, ch’é il secondo fatto generale che notasi ne’ teatri. […] Il teatro che dee considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a quei mali, s’infervora, trascorre, e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa coll’esempio del resto della società. […] Questo famoso Bardo Celtico, figliuolo del rinomato Principe Fingal, merita un sublime posto tra’ Poeti; benché al pressoché immenso e nelle sue gran fabbriche mirabilmente variato Omero non sembri paragonabile un Poeta limitato e non rare volte ridotto a ripetere l’istesse immagini e dipinture come Ossian. * Si può anche aggiugnere, che le sublimi e vive dipinture, e le grandi e robuste immagini d’Omero faceano dire al celebre Scultore Bouchardon: «Lorsque j’ai lu Homère, j’ai cru avoir vingt pieds de haut». E’ vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea, da lui comporta nella vecchiaia; ma egli é ancor vero, che le sue sole e i suoi fogni (come dice bene Longino de sublim.
Quel motteggiarsi a vicenda, e quegl’inni sacri cantati ballando formarono a poco a poco un tutto piacevole, che da τρυγη, vendemmia, si chiamò trigodia a, e fu come il germe che in se conteneva la gran pianta della poesia drammatica, la quale vedremo da quì a poco ingombrar tant’aria, e spandere per tutto verdi e robusti i suoi rami. […] Suida mentova una Medea ed un Tereo argomenti tragici come favole di un tal Cantaro cui dà il nome di poeta comico. Il nomato Epigene vien detto comico dallo stesso Suida, ma da Ateneo si citano l’Eroine e le Baccanti di questo drammatico come favole tragiche. Corsero intorno a mille anni dal tempo in cui resse Minos lo scettro di Creta, alla venuta di Tespi; ed in tal periodo moltissimi poeti coltivarono in Atene la tragedia spiegando tutto il patrio veleno contro di quel re che dipinsero come ingiusto e crudele, pel tributo da lui imposto agli Ateniesi delle donzelle e de’ giovani da esporsi al Minotauro in vendetta del l’ucciso Androgeo di lui figliuoloa.
Senza forze e senza Attori, o almen pochi ed ignoranti, privi affatto degli Autori che i lor parti dieno e tanti, come mai darvi piacere nel difficile mestiere ? […] Se le dò il menomo disgusto non si contenta d’onorarmi col titolo di giumento, ma mi balza agli occhi come una furia, e se non usassi prudenza menerebbe le mani. […] Riferisco anch'io volentieri i sonetti pubblicati dal Bartoli, come saggio dello stile poetico del Paganini, e come prova della stima in cui lo tennero uomini egregi.
L’argomento del Gustavo inglese non si aggira come quello di Piron intorno all’amore, ma tutto riguarda la libertà, per la quale ha solo combattuto Gustavo. […] Home (non Hume congiunto dell’Istorico) che tuttavia vive, come mi assicura il mio degno amico Giuseppe Cooper Walcker di Dublino, compose &c.
L’arte del commediante era a que’tempi riguardata più tosto come un volgar mestiere ; e regnava nella famiglia il pregiudizio di aver macchiato l’onore, imparentandosi con gente di teatro : quindi le ripulse del padre. […] E tanto di consigli e di ammaestramenti la soccorse che in capo a due anni ella diventò una delle più acclamate prime amorose così nelle commedie scritte come in quelle all’improvviso.
E il 16 marzo 1686 in un ordine di pagamento del Duca Francesco di Modena al Tesoriere Zerbini per varj comici, è aggiunto come nota : E perchè de dinari che furono prestati dal S. […] Serenissima, la medesima Altezza glie le ha donate e però se gli è fatto l’ordine come sotto.
Recitò come tutti i figli d’arte, piccolissima ; poi fu messa in collegio a Milano, dal quale uscita, tornò a recitare, esordendo al Carcano con la parte di prima donna nel Cavalier di spirito di Goldoni, in Compagnia di Adelaide Ristori, colla quale visitò Londra, Parigi, Barcellona. […] Di comicità irresistibile, e d’ingegno come abbiam detto vivacissimo, seppe trar grande partito da ogni situazione la più semplice ; una piccola scena recitata da lei, assumeva proporzioni gigantesche !
Tuttavia abbandonò il ruolo di Arlecchino, e prese quello di Dottore e di parti staccate, che sostenne fino alla chiusura del teatro nel 1767, dal quale si ritirò, essendogli morta l’aprile dell’anno prima in ancor giovine età la moglie Elena Savi, che aveva esordito come amorosa il 28 maggio 1760 con molta intelligenza e con molto brio nell’Homme à bonne fortune, ed era stata accolta poco tempo dopo a mezza parte. […] Dionigi, come pure (ivi, 19) che non aveva disposizioni felici per la commedia, ma che era giovane e di assai buona volontà.
Vi si narra come al sospettoso Acrisio sembra aver veduto nella finestra della torre il capo di Danae con quello di un uomo. […] Giason di Nores nella sua Poetica riprende ancora come viziosi gli episodj di quest’Edipo dell’Anguillara. […] Nemesi colle Furie, e l’Ombra di Selina madre di Orbecche formano l’atto I, come nel Tieste l’Ombra di Tantalo e Megera. […] Non erano e in Inghilterra e in Francia, come altrove, generali i costumi della cavalleria nel secolo XIII ancora? […] Ma come non seppero essi che cosa fossero le greche tragedie?
O spirito di Fingal, vieni e dalla tua nube regola l’arco di Comala sì che il tuo nemico cada come una lepre del deserto . . . […] Io sono stato corrivo, vorrei che tu fossi più accorto; vorrei che tu trattassi gli uomini come essi meritano, come hanno trattato me, come ti tratteranno, amico . . . […] Una favola seria difettosa per la mescolanza comica è stata pur coltivata in questo secolo come ne’ precedenti. […] Non metto poi a conto quella maladetta cicalata che mi convenne fare: sa dio come la pronunziai, e come la Camera l’ascoltò! […] Egli come attore non ebbe colà chi lo pareggiasse; ebbe bensì chi gareggiò con lui.
L’osservazione replicata di tal fenomeno fece considerar essi suoni come parti costitutive dell’armonia. […] Ma ben tosto, come porta il pendio naturale dell’umano ingegno e per l’ignoranza dei tempi, la cosa degenerò in abusi grandissimi. […] Così era indifferente per essi qualunque cosa si mettesse sotto le note: prosa o verso, rozzo o gentile tutto era buono, e si giunse per fino a modular a più voci, e cantare il primo capitolo di San Matteo pieno, come sa ognuno, di nomi ebraici. […] Ciò si vede eziandio dal costume introdotto in que’ tempi assai frequente nelle carte musicali che ne rimangono, di nominar solamente il musico senza far menzion del poeta, come s’egli neppur fosse stato al mondo. […] Che l’unità in quelle cose che si gustano successivamente come, per esempio, nella musica, è più difficile a comprendersi, che nelle cose, le quali si veggono in un colpo d’occhio come, per esempio, i lavori dell’archittetura o della pittura.
Dio sa come io la pronunziai, e come la camera l’ascoltò! […] Joseph Cañizares ne ha composte alcune piacevoli e graziose, benché, come tutte le altre, sregolate. […] Le sue commedie, e l’ultima specialmente, tengono moltissimo della farsa; ma la farsa non é, come credono gl’inesperti, opera spregevole o facile. […] E in qual componimento drammatico si richiede tanta rapidità d’azione e conoscenza di teatro, come nella farsa? […] In Madrid sogliono cantarsi nell’està alcune nostre opere buffe tradotte, come la Buona Figliuola, il Filosofo di Campagna, il Tamburro notturno ec. e alcune originali di parole e di musica nazionale, chiamate zarzuelas, come las Segadoras de Vallegas, las Foncarraleras etc., e nell’une e nell’altre i recitativi si parlano, e si cantano le sole arie e finali.
Con tutto ciò debbono entrare nella storia drammatica come primi saggi che ricondussero a poco a poco in Europa la poesia scenica. […] Lampillas che in altro senso che in questo vengano dal vescovo di Orleans esaltati gli Spagnuoli di que’ tempi come dottissimi ed eloquentissimi? […] Di fatti come non sarebbe la Spagna soggiaciuta a questa specie di anarchia de’ tribunali, e ad altri disordini, se in essa agiva con maggior forza la medesima cagione che gli produceva altrove? […] Ecco come nelle leggi spagnuole trovansi stabiliti i duelli derisi come proprii dell’Italia dal signor Lampillas che ci permetterà di dirgli, che de’ fatti di sua casa tanto sa egli quanto un Otentotto. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi di aver ragione, altrimenti il ridicolo viene a ricadere sul derisore, come ora è avvenuto.
Posero in oltre i monaci di mano in mano in dialogo le vite de’ santi, come quella di S. […] Con tutto ciò debbono entrare nella storia drammatica come primi saggi che ricondussero a poco a poco in Europa la poesia scenica. […] Lampillas che in altro senso che in questo vengano dal vescovo di Orleans esaltati gli Spagnuoli di que’ tempi come dottissimi ed eloquentissimi? […] Ecco come nelle leggi Spagnuole trovansi stabiliti i duelli derisi come proprietà dell’Italia dal Sig. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi d’aver ragione, altrimente il ridicolo ricade sul derisore, come ora è avvenuto.
Non fu questa la prima nè di Cornelio, perchè la Medea l’avea preceduta, nè del moderno teatro, come afferma l’ab. […] Ma gli ornamenti e le figure epiche e liriche, come niuno più ignora, riescono troppo impertinenti nella poesia tragica. […] I segni si usano per le cose, come i troni, le corone, gli scettri, gli allori, le catene. […] I Greci che nella poesia ravvisarono l’amore per l’aspetto del piacer de’ sensi, non l’ammisero nella tragedia come non convenevole. […] Ludovico Dolce, come accennammo, servì d’esempio a’ Francesi ed agli Spagnuoli nel portar sulla scena questo argomento.
Tralle situazioni notate come inimitabili dal generoso ingenuo P. […] Senza dubbio Racine apprese tal pratica da Menandro, il quale (come abbiamo osservato nel tomo I di questa istoria) non cominciava a comporre i versi delle sue favole prima di averne disposto tutto il piano. […] Al medesimo Capo VI, pag. 142, che è la 126 per la seconda volta, alla lin. 23 dopo le parole lontane dalle tinte lugubri delle rappresentazioni, si dica come segue. […] II, pag. 157, lin. 11, dopo le parole, pe’ caratteri bene espressi, si scriva da capo come segue. […] II pag. 163, lin. 24, dopo le parole, s’eloigne & ne dit mot, si tolgano le quattro ultime linee di detta pagina e le prime due della seguente, e si cambi come segue.
Giovanni Cristiano Krüger nato in Berlino e morto in Amburgo di anni ventotto nel 1750 costretto dalla povertà entrò nella compagnia comica di Schönemann, e lavorò come attore e come poeta. […] Tra’ personaggi vi s’introducono Moloch e Chamos falsi numi personificati; ma l’ autore se ne giustifica, considerandoli come demonj che prendono forma umana. L’interesse del Salomone scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo, perchè (come egli stesso bene osserva) le bellezze proprie de’ caratteri e de’ costumi delle nazioni sono meno universali di quelle che si traggono dalla natura umana. […] Di più vi si dipinge un di lui figliuolo che dall’università degli studj ha riportato ignoranza, libertinaggio e rozzezza, e che domandato dal padre, come vanno le monadi? risponde pieno d’imbarazzo, esse sono come sempre furono molto stimate.
Nato a Cuneo il 6 gennajo del 1819 da Giacomo e da Anna Clara Pignetta, fu avviato dal padre agli studi forensi, ed esercitò giovanissimo la professione di sostituto procuratore ; ma, artista per manìa, come scrive Milone, si recò a Milano sperando di trovar colà una scrittura di tenore, che non ebbe mai. […] Io credo che niuno abbia capito e rivelato ai posteri l’arte somma di Giovanni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua, del quale mi piace riferir qui tradotte le belle parole : I posteri riconoscenti, artisti e ammiratori, gli dedicaron monumenti marmorei così a Cuneo sua terra natale, come al Teatro Rossini di Torino, dove si ammira un suo busto assai rassomigliante ; ma il più bel monumento se lo eresse da sè, creando un teatro popolare, che prima non esisteva ; inventando, per dir così, un nuovo genere d’arte così viva e possente, che per bestemmiar che facciano certi ipercritici della moderna tubercolosi artistica (leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore del nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica col suo buon senso, infinitamente superiore a tutte le fisime più o meno isteriche di certi scrittorelli, più o men camuffati da Aristarchi Scannabue. […] Quindi giustizia vuole che Toselli sia considerato nel campo dell’arte nostra come un vero innovatore e rigeneratore del Teatro moderno.
E Pierina Giagnoni, nel vigor degli anni, splendente ancora al lume della ribalta, come una delle maggiori stelle, dovè in pochi dì soccombere a Genova, dopo tornata dall’America, il 4 gennaio del’ 90. – Era nata nel’ 54. Fra molte cose belle e gentili che improvvisò Felice Cavallotti sul feretro di lei, queste bellissime riferisco, le qualisintetizzano, come niuno potrebbe meglio, i grandi pregi dell’artista incantevole, squisita : Pierina Giagnoni era davvero una predestinata dell’arte.
Sebbene ella non conoscesse pur le lettere dell’alfabeto, mostrò sempre tale spirito arguto, tanta giocondità spontanea, che fu un giorno notata, mentre faceva la spesa dal pizzicagnolo, da un filodrammatico dialettale, che la persuase a entrare nella Società di San Simone come attrice, dove ella dopo tre sole prove mandò in visibilio il pubblico. […] Riferisco le parole del Corriere della Sera del 13-14 aprile 1890, come quelle che rispecchiano fedelmente il sentimento del pubblico e della critica verso la forte e originale artista : Bastava che la Giovanelli si mostrasse sulla scena perchè il teatro si mettesse di buon umore.
S. riverentemente gl’espone ritrouarsi la Compagnia in stato da non poter così tosto andar fuori a proccacciarsi il uiuere, anzi douer star mesi, essendo, come è noto, inferma malamente la Corallina in Verona, e la figlia non poter lasciar la madre pericolante ; al che prima pendeua e pende il non uedersi comparire la Diana, ne sapersi, quando mai sia per uenire, perilche Cintio il Marito si protesta non uolere uscire fuori senza la moglie, essendosi già portato a Verona, doue è la Madre inferma ; oltre che partendo anche questa senza gl’anzidetti per le piazze prescritte, gli riuscirebbe di poco proffitto, essendo sempre auuezze a uedere, e sentire le più fiorite, e scielte Compagnie di Principi. […] È citato dal Bartoli, come attore del suo tempo (1781) di sufficiente abilità per la maschera del Brighella, e più ancora per le parti serie.
mo Hauendo Pietro Paulo comico vna lite in Reggio, per la cui spedizione egli preme, come importante molto a suoi interessi, ha hauto ricorso da me, acciò che lo raccomandi a V. […] Nacque a Firenze il 24 marzo 1830 da Vincenzo Petrotti (e non Pietrotti come fu chiamato in arte il figlio Santi) e da Rosa Gentilini.
Ecco l’epitaffio del Tasso, non scritto dopo la morte del Verato (il Tasso avea già lasciato Ferrara dell’ '86), ma mentr'era in vita, e a istanza sua, come si legge nella didascalia di un codice estense : Fatto ad instanza del Verato eccellente istrione : Giace il Verato qui, che 'n real veste superbo, od in servil abito accolto, nel proprio aspetto, o sotto finto volto, come volle, sembrò Davo o Tieste.
A soli quindici anni si trovò con Gustavo Modena, poi con Augusto Bon in Compagnia Lombarda, poi brillante ai Fiorentini di Napoli al fianco di Alberti, Taddei, Majeroni, Salvini, la Sadowski, la Cazzola, in mezzo ai quali cominciò ad acquistarsi la più bella rinomanza artistica : e si noti che Angelo Vestri, entrato in quella Compagnia il '47, obbligandosi « di agirvi in carattere di generico e in tutte quelle parti di primo e secondo carattere, brillante, amoroso che gli verranno dal direttore della Impresa assegnate, con l’annuo compenso di lire austriache duemilaseicento, pari a ducati del Regno cinquecentoventi, e di una mezza serata in appalto come d’uso in Napoli, » arrivò a pena, dopo quattordici anni, nei quali era diventato il beniamino del pubblico, a ricevere uno stipendio di settanta ducati al mese, che è oggi a un dipresso quello di un generico. […] Al momento di alzar la tela, uscì di camerino per entrar sul palcoscenico, quando, tutt’ a un tratto, mandò un grido, e stramazzò a terra, come fulminato.
Con ciò egli non venne solo a mostrare il mecanismo di una versificazione straniera, come taluno si diede buonamente a credere. […] La riconosce il conte; ma ella come una dama privata gli presenta la chiave della prigione perchè possa fuggire. […] Vorrebbe Isabella narrare come sia condiscesa alle nozze, ma teme che sopraggiunga il marito. […] Saprai poi del mio stato, risponde Diego; ma tu come stai? […] E come maneggiarsi bene senza una norma, senza bussola, senza aver coltivata la ragione?
Or quando gli uomini trovansi quasi in una mutua guerra, quando poca é la sicurezza personale e pressoché nulla la libertà, quando gli spiriti gemono commossi dal timore e depressi dall’avvilimento, come coltivar le scienze e le arti, polir i costumi, e richiamar il gusto fuggiasco o rimpiattato? […] Ed ecco come in tal periodo da per tutto si videro i talenti posti in movimento, e sbucarono i versificatori volgari provenzali, piccardi, siciliani, e toscani. […] I monaci poi si avvisarono ancora di mettere in dialoghi le vite de’ santi, come quella di Santa Caterina rappresentata da’ monaci di San Dionigi, ed altri innumerabili dialoghi di simil fatta, che andaronsi recitando di mano in mano in Francia, in Alemagna, in Italia, e nelle Spagne, dove durarono per molti secoli. Essi solcano ne’ primi tempi recitarli nelle chiesa, o ne’ cimiteri, dove passava il popolo, come a una pia ricreazione, dopo aver ascoltata la predica in chiesa. […] L’Italia che già contava vari dotti poeti, come Guitton d’Arezzo, Dante de Maiano, Cino da Pistoia, Guido Cavalcanti, Brunetto Latini, e ’l migliore di tutti Dante Alighieri, par che sia l’unica nazione che ci presenti alcuni monumenti veramente teatrali del secolo XIII.
Egli a differenza del di lui protettore, avea una profonda conoscenza degli antichi, e gli copiava con molta franchezza, il che si osserva nel Sejano e nel Catilina; ma secondò il carattere degli spettatori, e trascurò l’esattezza degli antichi, contento (come diceva nella prefazione del Sejano) di rispettar la verità della storia, la dignità de’ personaggi, la gravità dello stile e la forza de’ sentimenti. […] Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, che nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grand’uomini. […] Il di lui credito pareggiò quello di Shakespear; e gl’ Inglesi vollero in questo ravvisare un Cornelio per la sublimità, ed in Otwai un Racine credendo di vedere in lui pari tenerezza ed eleganza, titoli, come ben dice l’ab. […] A me anzi parve, e pare ancora più simile a Lope de Vega, tanto per la varietà, la copia e l’irregolarità de’ componimenti, quanto per aver come Lope compresa la delicatezza dell’arte senza seguirla. […] La nostra virtù, amico, è come la buona fede di un politico, la promessa di un quakero, il giuramento di un giocatore, e la parola e l’onore de’ grandi”.
La Fiorillina, così la chiamarono i comici dalla sua infanzia, cominciò a percorrer la via della gloria a nove anni, in cui diè prova di gran valore artistico sì nelle parti scritte come nelle improvvise. […] E come sperar poss’ io di non tradir la speme che m’onora e spaventa ? […] E terminata la tragedia, il pubblico affollato alla porta del Teatro, come l’attrice fu salita in carrozza, ne staccò i cavalli e l’accompagnò a casa con orchestra e fiaccole e urli di gioia non mai interrotti. […] Andato il Colomberti a visitarla nella sua villa di Avesa, riferisce ne’ suoi scritti inediti, come, alludendo alle memorie artistiche che adornavano il suo salotto, ella dicesse : « Sono memorie di oltre tomba, e mi ricorderanno a mia figlia e a’ miei nipoti. » E domandatole perchè non avesse in sua figlia lasciata di lei una ricordanza sulla scena, rispose : « E perchè ? […] In una raccolta di omaggi poetici (Firenze, Carli, 1813) alla Fiorilli e a Belli-Blanes, e dai quali tolgo la medaglia qui retro, son versi di Tommaso Sgricci, una iscrizione latina del Bernardini, la quale ci apprende come nel 1813 trascinasse per tre mesi all’entusiasmo il pubblico di ogni specie nel Teatro Nuovo di Firenze, e una anacreontica di Ligauro Megarense, pastore arcade, in cui abbiamo accennate alcune parti nelle quali essa primeggiò, quali Medea, Zaira, Vitellia, Cleonice, Mirra, Pamela, Lindane, Mirandolina.
Lo troviamo poi nella Compagnia di Pedrolino, Giovanni Pelesini, dalla quale, com’egli scrive a un famigliare del Duca da Cremona, il 4 dicembre '95, si partì per mali trattamenti e più per insofferenza di giogo, passando in quella de'Desiosi o della Diana, in cui lo troviamo ancora l’anno successivo a Mantova e a Bologna, il '97 a Piacenza, onde scrive gajamente a Ferdinando de'Medici, chiamandolo nell’ intestatura misericordioso tutore, e nella sopra- scritta « suo come fratello minore Messer Ferdinando Medici, ma non de quei che toccano il polso », e il '99 a Verona, anno appunto, in cui, con decreto del 29 aprile, fu fatto dal Duca Vincenzo soprastante ai Comici mercenarj, ciarlatani, ecc., di Mantova e distretto ; carica che gli suscitò contro l’invidia de' malevoli, com’ egli ebbe a dolersi col Duca in una lettera del 7 di agosto, riferita intera dal D'Ancona. […] Alberghini), che da tre settimane si trovava già in Lione, ebbe ordine da Enrico di tornare a Torino a prendervi la Compagnia ; che si recò subito in fatti a Lione, come appare dal dispaccio dell’ambasciador di Venezia delli 8 di agosto, che ci fa sapere come andasse il Re quasi ogni giorno alle commedie degl’ italiani. […] Morto Enrico (30 maggio 1610), si adoperò vivamente un anno dopo la Regina Reggente per avere alla Corte il Martinelli, di cui fe' tenere in suo nome a battesimo un figliuolo, l’ottobre del 1611, come annunzia il Martinelli stesso al Vinta in una lettera datata da Bologna il 4 gennaio 1612 ; e corser trattative fra loro e il Cardinal Gonzaga, per lo spazio di due anni, a cagione delle difficoltà che nascevano ad ogni istante, generate per invidia di mestiere ora da Lelio, Giovan Battista Andreini (V.), che sopr' a tutto, voleva avere egli l’incarico di formare e condurre la compagnia, ora da Florinda, Virginia Andreini (V.), che s’era scatenata contro la Flavia, Margherita Luciani, moglie del Capitano Rinoceronte (V. […] Il Baschet non ci dice altro che dal '14 al '20 non vi fu più Compagnia di comici italiani in Francia ; ma non mancaron per lo meno i soliti negoziati, come appare dalla lettera interessantissima del '15 di Arlecchino alla Comare Cristianissima, che riproduco fedelmente (Raccolta Rasi), proveniente dalla casa Charavay di Parigi.
Apresi il teatro dopo la quaresima con quelle composizioni del secolo passato che conservano le due compagnie come loro fondi. […] Monache disperate, gelosi arrabbiati che danno a mangiare alle spose i cuori de’ loro amanti, uomini dabbene che vanno a rubare in istrada e son destinati al patibolo, le sombre Falbaire, & Beaumarchais, & l’ennuyeux Mercier (diceva Carlo Palissot), e Diderot col suo Figlio Naturale in prosa dans le grand goût du larmoyant comique, come cantava scherzando Voltaire, ecco i tragici e i comici successori degli autori di Radamisto, dell’Alzira, del Giocatore. […] tutto è divenuto un tessuto di tirate, di epigrammi, di definizioni metafisiche, di antitesi stentate; tutto il bello è sparito a fronte della smania di mostrar dello spirito a costo del buon senso, e, quel che è peggio, di certa chiamata filosofia armata come un istrice di aguzzi motti enimmatici e di lamenti neologici scagliati con intrepidezza per insultare o coprir di ridicolo tutto ciò che non sa d’empietà dichiarata. […] Ecco come ne pervenne a me la notizia in una lettera di un amico Spagnuolo de’ 22 agosto 1786: Muy Señor mio = El dia catorze del presente vi representar en el Coliseo del Principe su comedia de vm.
Recitava come sempre nel dialetto napoletano, e alla scena XVI del primo atto, in cui tutti i Comici fanno « un paragone della Comedia ad altra cosa » egli, dopo il discorso del primo innamorato Ottavio, e del Pantalone Girolamo, dice : Platone nel settimo della sua Repubblica, obliga i Capitani d’eserciti ad essere buoni aritmetici, però io che rappresento la parte del Capitano, sosterrò che la Comedia costa di questa scienza matematica, e che sia il uero : l’aritmetica si diuide in prattica, e speculatiua ; la Comedia e composta di numero semplice non douendo uscire da i termini assegnati da Aristotile, di ventiquattr' hore ; e di numero diuerso, partito in tre parti che sono gl’Atti, ne quali si racchiude. […] Hà la positione semplice, ne i personaggi sciocchi ; la positione doppia ne i serui astuti ; con la prattica d’algebra, e di almucabalà, si espongono i moltinomij de soggetti ; Con l’aritmetica attiua poi numera il tempo, somma gl’accidenti, sottrae l’improprio, e moltiplica gl’abbellimenti ; vsa le proue per riuscire, tiene libro semplice per le rappresentationi, e doppio per il guadagno ; in fine se Pittagora sostiene che la natura de numeri, trascorre per tutte le cose, anche la Comedia di tutte le cose è specchio ; però moltiplicando il suo merito per ogni regola, trouo che innumerabili, come innumerabili sono le diuisioni aritmetiche, sono ancora le sue glorie. […] Seguendo il Callot, Maurizio Sand ci ha rappresentato il tipo in atteggiamento di danzatore e suonatore di mandolino ; ma a me pare non si debba con troppa sicurezza attenersi pel costume a coteste incomparabili figurine, nelle quali, a osservar bene, dominan solamente due tipi : del Capitano e dello Zanni ; e talvolta l’uno invade il campo dell’altro, come, a esempio, il Fracassa che ha l’abito zannesco di Pulcinella, o di Scapino, o di Frittellino (V. […] Il Coviello, tranne alcuna eccezione, è uno stupido che fa il bravaccio, come il Capitano ; e di Capitano ha il costume con grandi piume al cappello, grandi stivali, e grande spada.
Che cosa fosse Giuseppe Rodolfi come artista, niuno ha mai saputo dire. […] Se a Giuseppe Rodolfi mancaron, come s’ è dianzi accennato, talune qualità d’arte, egli fu per certi rispetti attore brillante veramente unico.
Sostiene egli le parti di padre, e di altri caratteri seriosi e gravi, come egualmente quelli d’un genere faceto e scherzevole. […] E dopo di aver pubblicato le due ottave per l’ Indigente (4 ottobre 1773) e per Le Trentatre disgrazie (6 gennaio 1774), continua : Iacopo Corsini, che sino ad una età avanzata non mai da Firenze partissi, nell’anno 1780 ha cominciato colla Compagnia del suddetto Roffi a farsi conoscere anche in altre città, come Milano, Torino, Genova e simili ; e per tutto ha riscossi de’sinceri applausi, ben dovuti alla sua abilità di Recitante e alla sua Musa naturalmente piacevole. […] Delle ottave metto qui l’ultima recitata nella serata d’addio, come ringraziamento e ossequio al pubblico.
È ricordato da Carlo Trautmann nel suo eccellente studio sui comici italiani in Baviera, come artista, il quale, insieme a Silvestro Trevisano e a Barbetta Alessandro e figlio, andò a unirsi l’anno 1574 nel Castello di Trausnitz presso Landshut, a due saltatori, che vi furon chiamati un anno prima, dopo la fuga di Massimo Trojano, il famoso cantante, suonatore e dilettante comico. È facile comprendere come il Giovan Maria e compagni nè si limitassero a’salti, nè al recitar commedie ; ma l’una e l’altra cosa legassero assieme, in modo da farne una sola…. […] Alberto V aveva designato agli sposi, come residenza, Landshut, la primitiva residenza dei Duchi della Bassa Baviera ; una città, a detta del mercante Giorgio Huffnagel, più d’ogni altra attraente e per la gaiezza delle campagne, e per la ubertà del suolo e pel vino eccellente e pel grano e pel latte e per…. tutto.
Ella, consapevole del suo valore, irrigidita nello sforzo costante di una meta prefissa, e di cui, per molti anni, ha forse creduto di avere smarrito la limpida visione, assorta perennemente nella ricerca di una perfettibilità, che è il tormento e la forza dei grandi artisti, Italia Vitaliani non sa trovare quelle parole ambigue che dicono e non dicono, quelle frasi rivolute entro cui il pensiero guizza e si smarrisce con agilità serpentina : no, quando una persona, sia pure un personaggio, la secca, essa lo dimostra ; quando un lavoro, sottoposto al suo giudizio, le spiace, essa lo dice, senza perifrasi nè pietose tergiversazioni ; quando è di cattivo umore non sa trovare una maschera di giocondità da collocarsi sul viso ; che se poi ella, o per la naturale bontà dell’animo o per altre considerazioni, cerca di nascondere il suo pensiero o velare le sue impressioni, esiste allora una tale antitesi fra il suono della parola forzatamente benigna e l’impaziente lampeggiare degl’ immensi occhi grigi, che si comprende subito come la più lieve finzione le riesca fastidiosa. […] Italia Vitaliani non ha avuto prima d’ora la fortuna che meritava. « Se Italia Vitaliani volesse, – scriveva alcun tempo fa Alberto Manzi — vedrebbe i pubblici entusiasti di lei, come sempre, quando ha voluto, li ha veduti : se sinceramente volesse, tornerebbe ad essere, come anni or sono, la Vitalianina adorata…. » E oggi pare abbia voluto e voglia davvero, dacchè i pubblici nostri e quelli di Spagna e d’America s’inchinano ammirati all’astro di prima grandezza.
Ma gli ornamenti e le figure epiche e liriche, come niuno più ignora riescono troppo impertinenti nella poesia teatrale. […] Riscalda ed avviva la stessa politica, come fece specialmente nel Sertorio e nell’Attila. […] I segni si usano per le cose, come i troni, le corone, gli scettri, gli allori, le catene. […] I Greci che nella poesia ravvisarono l’amore per l’aspetto del piacer de’ sensi, non l’ammisero nella tragedia come non convenevole. […] Nelle sue tragedie, come osservò Saint-Evremont, si cerca sovente il dolore, e si trova solo certa tenerezza per lo più intempestiva che degenera in mollezza.
Non possiamo rammemorare senza ribrezzo tra’ comici scrittori nella prima mettà del secolo altri che Giuseppe Cañizares, sebbene da’ satirici del suo tempo motteggiato come cattivo verseggiatore. […] Il viluppo e lo scioglimento di questa è fondato, come nella precedente, nell’artificio di due finte lettere. […] Ella ode il tiro di leva, sviene, e come ripiglia i sensi, con mille ragioni obbliga don Rocco a consentire che ella vada a chiudersi in un ritiro. […] Ad onta delle critiche alcuni amatori come chiamansi in Francia, o affezionati come si dicono in Ispagna, vollero recitarla in case particolari, dalle quali passò a rappresentarsi in Cadice nel pubblico teatro mutilata e deformata. […] trionfato, come scrive nel Prologo del suo Teatro) ultimamente ha composta una Loa che si rappresenta nel Teatro del Principe, di cui a’ miei dì non penso di veden cosa peggiore.»
Albergati Ercole, detto Zafarano, bolognese, e al servizio del Marchese di Mantova, fu molto pregiato come inventore e costruttore di meccanismi scenici, e fu nel 1487 « adoperato da Giovanni Bentivoglio nelle feste per le nozze del figliuol suo Annibale con Lucrezia d’Este, a costruire archi e trionfi, etc. etc. […] » Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il 25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F.
Beseghi Angela, nata a Ragusa il 12 ottobre 1837 da Rafaele e da Olimpia Marini, artista drammatica, esordì come amorosa in Compagnia Miutti l’anno 1855, e passò il ’56 collo stesso ruolo in quella di Giorgio Duse. […] Troppo sarebbe il voler ricordare tutti i lavori così comici e drammatici come tragici, ne’quali fu proclamato eccellente ; ma basti il dire che mentre atterriva e paralizzava quasi il pubblico rappresentando il Maometto di Voltaire, lo sollevava poi all’entusiasmo, la sera dopo, nel Tutore e la Pupilla di Kotzebue : e solevasi affermare più tardi, non solo dagli spettatori, ma da’comici stessi, che ove egli non fosse stato così presto rapito alla scena, il gran De Marini non avrebbe avuto il primato dell’arte.
Esordì un po’prima di suo marito, come seconda amorosa nella Compagnia italiana, il 1660, e vi sostenne quel ruolo sino alla morte di Brigida Bianchi (Aurelia), moglie di Romagnesi (Orazio), la quale surrogò nelle parti di prima amorosa. […] Con atto dell’aprile 1680, Orsola Cortesi e Domenico Biancolelli furon naturalizzati francesi, e con altro del 26 settembre 1691, epoca in cui la Cortesi abbandonò le scene, fu dato ordine ai comici italiani, e precisamente a Cintio (Romagnesi), a l’Ange (Lolli) e Mezzettino (Costantini), di pagare alla vedova di Dominique 1500 lire, come rimborso di quella parte di danaro che egli aveva speso per la compagnia in materiale di scena, ecc.
Esordì nella Compagnia di Gaetano Bossi come amoroso, facendo mediocre prova. […] E per chi non le intendeva, per chi non sapeva darsi alla patria collo slancio giovanile di vent’anni come seppe il Modena, e non sapeva rassegnarsi, quali avversità, quali stenti, qual vita !
La vecchietta piangeva, silenziosamente, con le mani sotto lo scialle ; le sue labbra si movevano, come mormoranti una preghiera. […] La Checcherini, come la pioggia era cessata, se n’ andava con i suoi dieci soldi, pian piano, infagottata in una veste scura, tutta rammendata, tutta insozzata di mota e così rifinita che pareva le dovesse a momenti cascar di dosso a brandelli.
Moglie del precedente, nacque a Fivizzano da Francesco Rappì-Venturelli e da Natalina Salvatori il 18 agosto del 1816, come appare dai registri parrocchiali della chiesa prepositurale di Fivizzano. […] Portava un abito tutto bianco, come costuma anch’oggi il Pierò de’Saltatori, e metteva certi occhiali fatti di legno, non solo rotondi, ma concavi ancora.
In queste ottave, come in quelle cantate dal Corsini, potremmo forse, e senza troppa fatica, intravvedere il germe della maschera dello Stenterello, la quale sola serbò in teatro l’uso delle ottave, che furon poi come l’elemento primo della maschera, poichè in esse Stenterello mostrava senza inceppamenti il proprio io, dando bottate o politiche, o sociali, in cui emergeva l’inevitabile frizzo a doppio senso, generato forse dal Ciarli, e continuato dal Corsini e dal Del Bono entro una cerchia di relativa correttezza, e ridotto poi dal Cannelli a vera e propria sguajaterìa.
Entrata l’ ’86 in arte come amorosa, fu scritturata l’ ’87 da Enrico Dominici come prima attrice giovine, per passar poi nello stesso ruolo con Giovanni Emanuel, col quale stette il triennio ’88-’89-’90, e al quale, maestro de’più egregi, deve gran parte del suo valore artistico.
Nè a quelle delusioni andaron tuttavia disgiunte le più grandi soddisfazioni d’artista : chè cimentatosi anche nell’ardua prova delle interpretazioni shakspeariane ne uscì trionfante, sì per la intelligenza, come per la recitazione caldissima. […] Fu una scena meravigliosa a cui il pubblico assistette stupefatto e quasi non credendo ai propri occhi, dinanzi a quei due uomini trasfigurati in quella stupenda manifestazione d’arte ; e quando la tela cadendo ruppe l’incanto, un applauso entusiastico, incessante li salutò, confermando all’uno la fama gloriosa, battezzando solennemente l’altro come grande e vero artista ; e questo giudizio resterà.
Ma se Flavia, come non è a dubitare, fu veramente la Luciani, non pare davvero, a chi scorra le lettere del Martinelli, il più bel tipo di rassegnazione femminile. […] me Tutrici et da me, che possa venire, con la sua Compagnia à recitare in Siena come ha desiderato.
Egli avea frequentate tutte le condizioni sociali e, di quella signorile, ne osservava le forme nel trattare i suoi compagni…… Molto logicamente il Suner, toccando della catastrofe e dei punti che la mossero, ha richiami al maestro Luigi Bellotti-Bon, del quale se il Garzes imitò molti atteggiamenti della vita, come la vanità, la sontuosità, la prodigalità, volle anche imitare la morte con un colpo di rivoltella al cuore. Stampò, come il maestro, disegni di riforma teatrale, e scrisse pel teatro L’articolo 130, Amore e sapere non hanno frontiere, Cercate l’uomo, Flirtation, Signor D’Albret, Lionetta e Bianca D’Oria ; applaudite alcune, altre discusse assai.
Poco prima dell’autunno del '55, fuggì da Venezia colla moglie, mettendo lo scompiglio nella Compagnia, che non sapeva come sostituirli. […] L'anno seguente, fattosi capocomico, uccise nel teatro di Reggio l’apparatore Spisani, e fu messo in carcere, poi assolto, per constatata provocazione, come dai due documenti che trovo nell’Archivio di Modena.
Nessuno del suo tempo, nè di poi, curò come lui per lo sfarzo e la fedeltà storica l’allestimento della scena. […] L' istanza fu respinta con data del 25 marzo, stesso anno, dietro informazioni del Presidente del Buon Governo, il quale oltre ad aver trovato che i comici del Rafstopulo erano scarsi di merito, mostrava come, aderendo a tal domanda, si sarebbe danneggiato un disegno emesso da tre o quattro anni di una vera e propria Compagnia Toscana, autorizzata e sovvenzionata dallo Stato, quantunque tal disegno avesse poca probabilità di essere nonchè approvato, solamente discusso.
Veramente un rio che sbocca in un pantano non può che impantanarsi anch’ esso, e non sommerger tutto, ma passi; non si capisce però come si dia un pantano vil altivo. […] Ecco come le diffinisce nel poema della Musica il sig. […] Vedasi pure come ne parla il medesimo sig. […] Madrid ne ha due che appartengono al corpo politico che rappresenta la Villa, come in Napoli la Città, e dalle strade ove essi sono del Principe e della Cruz, chiamaronsi Corral del Principe, Corràl de la Cruz. […] Saben III: “che è una crasitud affermare che questi partiti si distinguono per la loro passione agli edificj materiali, come erroneamente suppone il Signorelli”.
che tal Teatro si eresse da’ Greci, come pensò Gasparo Ercolano? […] L’erudito Apologista, dedito forse tutto alle sublimi scienze, non si ricordò in ciò dire, che i Teatri Romani, come il Saguntino, furono tutti copie esatte di quelli di Atene, Mitilene, Epidauro ec., e sebbene vi corse qualche lieve differenza, fu questa di niun momento per le parti essenziali1. […] Nè mi stendo a rilevare che nel Teatro di Morviedro non apparisca indizio del luogo, ove situavansi i Vasi di rame ne’ Teatri Greci; ed è probabile che essendo costrutto alla Romana, non ne avesse punto, come non ne aveano quei di Roma, in ciò differenti da quei di Grecia. […] Antonio Ponz1: “Alla lettera del Martì non unisco la stampa del Teatro come difettosa, non essendo nè pianta nè alzato, ma un ammasso di cose nel modo che se la figurò chi non era Professore; ed in suo luogo può sostituirsi una pianta del Teatro di Marcello molto simile a questo di Morviedro.”
Quando il giovane artista non è costretto a strappare la sua foglia d’alloro, ma se la trova caduta sul capo, senza spiegarsi il come ed il perchè, non toccherà mai la mèta cui era destinato : l’ingegno sortito da natura nella facilità del possesso si andrà affievolendo fino al torpore. Se, appunto come si dice in questi casi, l’ingegno governa l’artista incosciente, e l’artista recita così perchè un dio anima l’argilla, e al vagito appena viene decretato l’onore trionfale, l’artista non studierà più o non studierà mai. […] Lasciamo il giardinaggio da stufa o la spontanea produzione dei campi, e diciamo le cose come veramente sono. […] ; quella voce che, come nell’inno greco, par si levi sonora e armoniosa per salutare sempre il sole rinascente, danno veramente al pubblico come l’annunzio – o il ricordo – di una bella primavera. […] Ma nonostante un progresso innegabile, fondalmente identico ci sembra rimasto il suo temperamento drammatico, che è, volere o no, in lei come in ogni artista il riflesso fedele del temperamento morale.
Sino alla state del 1662 diede Moliere al teatro il Principe geloso, in cui riuscì male come attore e come poeta; la Scuola de’ mariti tratta principalmente da Giovanni Boccaccio, la cui riuscita consolò l’autore, e cancellò la svantaggiosa impressione della favola precedente; e gl’Importuni commedia in cui non trovasi altra connessione se non quella che si vede in una galleria di bei ritratti; ma pure si accolse con indulgenza per essere stata composta, studiata e rappresentata in quindici giorni. […] Non mai Talia si elevò a così alto segno; e poche altre ridicolezze importanti come questa rimangono da esporsi allo scherno scenico. […] Vi si vede, è vero, abbozzato il ritratto di un Marchese stordito e imprudente, come accennò Voltaire; ma non vi si trova la verità e la vivacità comica che acquistò poi tal carattere per mezzo di Moliere. […] Egli in ciò s’ingannò, come anche nel credere sì buona tal favola. […] Carlo Goldoni introdusse questo carattere in una sua favola, facendolo comparire pochissime volte come personaggio episodico, e le distrazioni non eccedettero nè in numero nè in istranezze, e la dipintura riuscì dilettevole e verisimile.
Possedeva illustri pittori di quadratura, come Ferdinando da Bibiena, Angelo Michele Colonna comasco scolare del Dentoni, Agostino Mitelli bolognese, il cavalier d’Arpino architetto e pittore insigne. […] I Ginesi soli par che avessero avuti musici castrati ma sebbene di essi, come narrammo nel tomo I, si servissero ne’ musicali trattenimenti dati nelle stanze delle imperatrici, non gli adoperarono mai nelle recite teatrali. […] E come poterono cotali declamatori credere che tutti ignorassero che sin dal XVI secolo, tanto abbondassero gli eunuchi nella penisola di Spagna, quando una bolla di Sisto. […] Ma questo letterato parlandoci di eunuchi sostituiti alle cantatrici nel dramma riferito non mostra che gli spettatori se ne fossero maravigliati, nè scrive di essersi proposto quel cambio come novità. […] Oltre alle prelodate Checca della Laguna e Margherita Costa, Erirreo ne nomina un’altra come una delle più eccellenti de’ tempi suoi, cioè Leonora Baroni figlia della nominata bella Adriana di Mantovaa.
Non possiamo rammemorare senza ribrezzo tra’ comici scrittori nella prima metà del secolo altri che Giuseppe Cañizares sebbene motteggiato da’ satirici del suo tempo come cattivo verseggiatore. […] L’esperienza giornaliera dimostra che per mille drammatici che tesseranno tragedie regolate ma insipide destinate a morire il dì della loro nascita, a stento se ne incontrerà uno che sappia comporre una farsa piacevole atta a resistere agli urti del tempo, come son quelle di Aristofane o di Moliere. […] Ambrosia vedovetta trincata di dubbia fama, che alimenta nella Pepita capricciosa, impertinente, intollerante, tutte le dissipazioni della gioventù senza costume, e fomenta la di lei sconsigliata propensione per un vagabondo ciarlatano; come nell’altra favola D. […] Il viluppo e lo scioglimento di questa è fondato, come nella precedente, nell’artificio di due finte lettere. […] In effetto fuori di certe invenzioni allegoriche che per lo più non si lasciano comprendere27, egli si è limitato a tradurre alcune farse francesi, e particolarmente di Moliere, come sono Giorgio Dandino, il Matrimonio a forza, Pourceaugnac &c.
Tali rappresentazioni si adornavano con decorazioni curiose, e se ne cantavano gli squarci più rilevanti, come le parole del Padre Eterno. […] Quando Carlo VII entro in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di san Dionigi sino alla chiesa di Nostra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni. […] Fu il secondo una festa fatta rappresentare dal conte de Ureñas nella propria casa ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposare la regina Isabellaa, e non già in occasione delle nozze de’ Cattolici re , come asserì il Lampillas. […] Il più volte mentovato signor Andres osa collocare in questo secolo ancora, e mettere in confronto dell’Orfeo vero dramma compiuto e rappresentato, la Celestina, dialogo, come confessa lo stesso Nasarre, lunghissimo e incapace di rappresentarsi , di cui il primo autore Rodrigo Cotta appena scrisse un atto solo de’ ventuno che n’ebbe nel seguente secolo per altra manoa. […] Continuarono in Inghilterra i Misteri e le Farse, come può vedersi dal Dizionario di Chambers.
Tali rappresentazioni si adornavano con decorazioni curiose, e se ne cantavano gli squarci più rilevanti, come le parole del Padre Eterno. […] Fu il secondo una festa fatta rappresentare dal conte de Ureñas nella propria casa ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposare la regina Isabella71, e non già in occasione delle nozze de’ Cattolici re, come afferma il Lampillas. […] Andres osa collocare in questo secolo ancora, e mettere in confronto dell’Orfeo vero dramma compiuto e rappresentato, la Celestina, dialogo, come confessa lo stesso Nasarre, lunghissimo e incapace di rappresentarsi, di cui il primo autore Rodrigo Cotta appena scrisse un atto solo de’ ventuno che n’ebbe poi nel seguente secolo per altra mano. […] Continuarono in Inghilterra i misteri e le farse, come può vedersi nel Dizionario di Chambers. […] Quando Carlo VII entrò in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di San Dionigi sino alla chiesa di Notra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni.
Camargo come inarrivabile saltatrice al pari di ogni uomo, e mad. […] Alard contasi anche tralle famose ballerine, come tra’ ballerini di gran nome Dauberval e Vestris Italiano traspiantato in Parigi. […] È riuscito singolarmente nel vaudeville, ma scrisse anche parodie e burlette con arie, come sono, il Mondo a rovescio, Bertoldo in città, il Cinese in Francia, il Dottor Sangrado, &c. […] Servano per pruova di ciò il Vello d’oro rappresentata nel 1786 la piggiore delle cattive opere musicali, e quelle rappresentate nel 1787 come l’Alcindoro di Chabannes, il Re Teodoro a Venezia del sig. […] Ma è ben vero però che nè in Ispagna nè in Italia gli spettatori si frammischiano con gli attori sulla scena stessa, come avviene in Francia, lasciando appena dieci passi liberi alle rappresentanze.
Alcuni gondolieri a Venezia, che di ciò se ne accorsero, gli andavano sempre vicini, e applaudivano la sua cara metà, con quella voce che si fa sentire tanto dagli orecchi, come dal naso. […] Da mi, da tutti nu s’ha procurà El mestier con modestia esercitar, E pur zente ghe xe (ne so dir come) Che i Attori strapazza, e stampa el nome. […] No so, come se possa in bona legge Metter chi non offende in derision. […] Ma, come se sol dir, le maravegie Le va dopo tre zorni in obblivion ; E termine averà tante faccende De chi stampa in secreto, e de chi vende. […] Gho una passion, che me devora el petto, Quando no posso far l’obbligo mio, E lo fazzo de cuor, come convien, E no go invidia de chi fa del ben.
Pietro il grande che dal suo famoso viaggio tornò ne’ suoi vastissimi dominj, come dicesi che Osiri entrasse nelle Indie, accompagnato da tutto il corteggio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione Russa, avendo cambiata la natura stessa de’ suoi stati e i costumi de’ popoli, e introdotto fra loro lo spirito d’industria, ed arti, scienze, collegj, accademie, librerie, stamperie. […] Lasciando le incondite favole di Trediakouski, e le deboli di Lomonosow, possiamo considerare Sumarocow di una famiglia distinta come il primo tragico Moscovita. […] Levesque ne comenda l’eleganza, ma aggiugne che volendo esser savio come Racine divenne freddo, e privo di moto e di calore.
S. non haurebbe il tedio delle nostre Supliche, se la Necessità non ci fosse di sprone, come ne può far fede il Cauag. […] La quaresima del ’74 entrò nella Compagnia di Pietro Rosa come Arlecchino, per passar poi, scritturatovi da Francesco Zanuzzi venuto a posta in Italia, nella Compagnia italiana di Parigi, nella quale esordì il 16 maggio del 1775 nella commedia in quattro atti : Il Dottore avvocato dei poveri. […] Il Coralli non ha voluto riveder l’ Italia, ma avendo sposata una figlia del Ruggeri, fabbricatore di fuochi artificiali, è rimasto a Parigi, impiegato colla Truppa francese allo stesso Teatro, e un tal impiego gli fa onore e giovagli altresì per il congruo, e necessario suo decoroso mantenimento. » Una delle migliori creazioni del Coralli fu quella del fratello minore nei Gemelli Bergamaschi di Florian, dati la prima volta il 6 agosto 1782, in cui si fece molto applaudire al fianco del Bertinazzi che rappresentava il fratello maggiore : e una delle peggiori pare fosse quella nel Venceslao, dramma francese, come appare dalla prefazione del traduttore Francesco Gritti.
Non erano e in Inghilterra e in Francia, come altrove, generali i costumi della cavalleria nel secolo XIII ancora? […] E come avrebbe la regina di loro madre potuto verisimilmente attendere il fine di una relazione circostanziata, piena come ella trovasi dell’orrore della sua perdita? […] Imetra nella seconda scena narra a Nino come Anaferne si è sommerso nell’Eufrate, e la regina ha manifestato che Dirce era sua figlia. […] Non si arrestò però ai soli argomenti greci, come talvolta trascorsero ad asserire i critici moderni poco diligenti osservatori. […] E come non seppero essi che cosa fossero le tragedie greche?
Ne incresce nel Furbo Mal accorto, come in qualche altra, l’abuso delle tinte troppo tragiche per la scena comica. […] Esisterebbe mai un vero Socrate della Magna Grecia all’immaginario rassomigliante, come esiste per nostro vanto un Aristofane Napoletano? […] Le Grazie sole potrebbero convenevolmente encomiarlo, le Grazie amiche di Anacreonte che mercè del Metastasio ridenti passeggiarono le musiche scene, e che tacquero come egli tacque. […] La sublime anima di Cornelio ha ella saputo immaginare Greci e Romani come Temistocle, Regolo e Tito? […] Non è mancato qualche altro melodramma istorico in Italia, come il Pirro del sig.
N’è stato l’architetto il portoghese Giuseppe Costa, il quale, come affermano i nazionali, studiò più anni in Italia. […] Ciò sarà come sussisteva Dulcinea nella testa del di lui compatriotto Don-Quixote. […] III Saben «che è una crasitud affermare che questi partiti si distinguono per la loro passione agli edifizii materiali, come erroneamente suppone il Signorelli». […] Ora avere un monte e una cassa sola e cambiare annualmente a vicenda il luogo delle rappresentazioni, ed avere tal volta un solo capo di compagnia come qualche anno avvenne al Ribera ed a Martinez, non è l’istesso che fare un corpo solo? […] Indebolì il primo, come si è già detto, ogni rivalità e prepotenza de’ due partiti formando de’ commedianti un sol corpo ed una cassa.
Ma quel Domenico, che lasciò alcuni dialoghi scritti per le commedie all’improvviso, e di cui fa menzione Luigi Riccoboni nella sua Histoire du Théâtre Italien, non è che il famoso Dominique, di cui il padre era morto, come abbiam visto, nel ’40, e l’Orsola era moglie e non sorella. […] In essa si vede chiaro come il Biancolelli possedesse in sommo grado la pratica del teatro.
Passò il ’53 amoroso in quella di Luigi Robotti e Gaetano Vestri, con la madre Vittorina, scritturata per le parti di madre e seconda donna, e la sorella Carlotta come serva. […] Egli venne su con la fioritura del teatro italiano a metà del secolo, e interpretò, primo, i grandi lavori del tempo come Prosa, Goldoni di Ferrari, e tante altre che i giovani d’oggi non sanno neppure immaginare.
Cominciò a recitar giovinetto, e talvolta anche in parti di brillante, ma veramente egli salì in rinomanza come suggeritore, che doventò casualmente a soli dieci anni, quando, una sera venuto a mancare il suggeritore della Compagnia, dovette sostituirlo lì per lì nella farsa La Muta per necessità. […] Ed egli cominciò col pagare di tasca, poichè al suo nuovo modo di amministrare e condurre una Compagnia sua, modo, che, se da'più fu giudicato una fisima, gli acquistò e afforzò l’amore delle imprese e degli scritturati, dovette forse in gran parte la sua rovina come capocomico.
Poté dunque, come fece, arricchir quest’ultima col soccorso delle altre; e in fatti i latini ebbero in lui solo l’epico, il tragico, e ’l comico di que’ tempi. […] I greci con più senno han fatto derivar tali maledizioni dal disprezzo, dall’ingratitudine de’ figliuoli verso di lui, come può vedersi nell’Edipo Coloneo. […] Dall’altra parte non solo non é come diceva il P. […] Ma gli atellani rispettati dal popolo, come ingenui, si esenzionarono da tale oltraggio, per lo qual privilegio chiamaronsi propriamente personati 93, come quelli che giammai deponevano la maschera. […] Forse l’un e l’altra opinione avrà qualche fondamento sul vero; e quel che da prima sarà stato decente, poté col tempo, come avvenir suole nelle umane cose, degenerare e cadere in oscenità.
Fu nondimeno tenuto a’ suoi tempi per ristorator del teatro: i suoi drammi furono ristampati non poche volte come cose degne di tenersi in gran pregio: i letterati sel proponevano per modello d’imitazione, e le muse anche elleno, le vergini muse concorsero a gara per onorar con inni di laudi chi più d’ogni altro recava loro vergogna ed oltraggio. Tanto è vero che il giudizio de’ contemporanei è poco sicuro per gli autori, come lo è pei sovrani; che il pregiudizio a quelli, a questi l’adulazione tributano sovente degli omaggi insensati, o talvolta l’invidia gli calpesta con ingiuste criminazioni; e che alla imparziale posterità solamente appartiensi il diradar con quel raggio di luce regolator del pubblico sentimento la nebbia che intorno agli oggetti si sforzano d’avvolgere le nostre passioni. […] A loro altresì ricorre la verità, ma, come può ben credersi, ambedui la sfuggono. […] Il desiderio di variare, d’alterare, di far delle repliche, delle fughe, de’ rovesci, e altri simili avanzi della fiaminga ruvidezza erano il gusto allor dominante, nel quale ebbe gran nome il Soriano tenuto perciò dagl’intelligenti piuttosto come buon contrappuntista che come buon musico. […] Sentasi come parla uno scrittore contemporaneo, il quale, dopo aver ragionato alla lunga dei difetti del canto, soggiugne: «Mentre i nostri cantori cercano di schivare la durezza e la troppa sterilità delle modulazioni, le stemperano poi e le triturano in maniera che si rendono insopportabili.
L’uomo stesso, opera la più mirabile della mano del Creatore, non vuolsi considerare soltanto come una delle parti figurate e distese nello spazio, o come pianta che vegeti, o animale che senta. […] Scuoprono talora le scienze esatte alcune verità ingegnose che pur non recano utilità verunaa: a somiglianglianza, come altri pur disse, delle stelle chiamate nebulose, la cui esistenza è per gli ultimi telescopii inglesi ugualmente assicurata che inutile a tramandare al nostro pianeta luce maggiore. […] E perchè egli potesse produrre un pieno effetto generale, dovrebbe esser publico, per insegnare a tutti, come da una scuola commune, sotto l’occhio del governo. […] Egli è vero che io usai ancora nella prima edizione e ritengo in questa, forse senza esempio, il termine tecnico della danza piroettare tratto del francese, che mi fu notato dal medesimo purissimo Bettinelli come vocabolo inusitato fra’ Toscani; ma io il seci senza pentirmene (peccatore ostinato!) […] Di maniera che se taluno in vece di ragionare volesse scarabbochiar epigrammi, come altri fece, potrebbe per tanto fango chiamar pantanosi siffatti suoi bei componimenti.
Questa natural pendenza e viva brama di sapere, dalla cura e dallo studio d’indagare, chiamossi da’ Latini e poi da noi Curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida al l’attività laboriosa della scienza. […] Queste più o meno remotamente hanno un rapporto proporzionato alla sensazione che ne ricevè la macchina nella quale esso signoreggia e discorre, di modo che se l’urto fu piacevole, cioè se scosse con soavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che la cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioè se con maggiore asprezza esse incresparono quella tela, le contempla come male. […] Essa s’ingegna di copiar gli uomini che parlano ed operano; è adunque di tutte le invenzioni quella che più naturalmente deriva dalla natura imitatrice del l’uomo; e non è meraviglia, ch’essa germogli e alligni in tante regioni come produzione naturale di ogni terreno. […] l’ebbero varj antichissimi popoli Italiani, come gli Etrusci e gli Osci, prima della fondazione di Roma, e certamente non la ricavarono da’ Greci che conobbero più tardi.
Questa natural pendenza ed avidità di sapere dalla cura e dallo studio d’indagare chiamossi da’ latini e poi da noi curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida all’attività laboriosa della scienza. […] Queste più o meno remotamente hanno un rapporto proporzionato alla sensazione che ne ricevè la machina nella quale esso signoreggia e discorre; di modo che se l’urto fu piacevole, cioè se scosse con soavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che lo cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioè se con maggiore asprezza esse incresparono quella tela, le contempla come male. […] Essa s’ingegna di copiar gli uomini che parlano ed operano; è adunque di tutte le invenzioni quella che più naturalmente deriva dalla natura imitatrice dell’uomo, e non è maraviglia, che essa germogli e alligni in tante regioni come produzione naturale di ogni terreno. […] L’ebbero varj antichissimi popoli Italiani, come gli Etruschi e gli Osci, prima della fondazione di Roma, e certamente non la ricavarono da’ Greci che conobbero più tardi.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
[Epigrafe] Ardito spira Chi può senza rossore Rammentar come visse allor che muore, Metastasio nel Temistocle.
È ricordato dal Sand come Scaramuccia.
È citato dal Bartoli come giovanedi studiosa educazione, ben promettente nelle parti di innamorato.
Non poche sortirono buon successo, come La Spia, L'unico figlio, Le ragazze scherzano, ecc. […] Nel carnovale '90-'91 interpreta per la prima volta la parte di Jago al Niccolini di Firenze con Andrea Maggi, Otello : poi torna in Russia, acclamatissimo come a' primi tempi, poi si aggrega a questa o a quella Compagnia per dar di quando in quando alcuna rappresentazione in pro della Cassa di previdenza per gli artisti drammatici, di cui egli è Presidente ; poi, finalmente, nell’anno di grazia in cui scrivo (1903), egli crede di dare un addio alle scene a fianco di suo figlio Gustavo, recitando l’Otello, la Morte Civile, e l’Oreste (Pilade), e mostrando ancora, (tranne forse ne'rari momenti, in cui ricordavano i suoi ammiratori di altri tempi il cannoneggiar d’una frase), tutta la freschezza e la musicalità della recitazione, tutto l’impeto della passione, tutta la profondità dell’interpretazione. […] Di tra i giudizi dati all’illustre Uomo, scelgo il seguente di Ernesto Rossi : Vidi Tommaso Salvini rappresentare la parte di Egisto nella tragedia classica, Merope di Maffei : e come lo vidi allora, lo tengo sempre scolpito in mente. […] Nessuno della presente generazione può farsi un’idea del come egli sapesse trar partito da una parola, da un monosillabo, da una esclamazione, da un sospiro per suscitar l’entusiasmo della moltitudine. […] Quando gli accadde di dover recitare con Ernesto Rossi, altro colosso di ben altra specie, che il pubblico riguardava assai più come suo antagonista, che come suo emulo, lasciava a lui con generosa sommessione la scelta della parte.
Armano (D’) Pietro, ricordato da Marino Negri nel prologo della pace (1561) in compagnia del Molino e del Calmo, come ingenioso et gentile.
Attrice di molti pregi, così nelle commedie scritte, come in quelle all’improvviso.
Foggi Rosa, fiorentina, è citata da Francesco Bartoli, come attrice di qualche pregio per le parti di serva che sostenne in Firenze al Cocomero e ne’teatri di Lombardia e di Liguria nella Compagnia di Giovanni Roffi.
È citato da Francesco Bartoli come giovane di buone attitudini all’arte.
Egli è probabilmente quello stesso Lucio Fedele, di cui parla il Quadrio, e che cominciò a fiorire verso il 1560. « Il Ghilini nel suo Teatro – dice esso Quadrio – per occasione di Giulio Cesare Capaccio, fa menzione di costui, come di eccellentissimo comico, e il migliore assolutamente de’ tempi suoi. Il detto Capaccio inviò a questo Lucio la sua commedia, perchè colla sua compagnia la recitasse, come si ricava da una lettera dello stesso Capaccio posta nel Libro I del suo Segretario.
E infatti egli si mostrò sotto le spoglie de' varj grandi personaggi di Shakspeare, salutato, se non forse come un avvenimento, certo come una promessa ; e la fama del trionfo corse ovunque nel vecchio e nuovo mondo, ed egli s’ebbe onori inaspettati in Russia, in America, in Austria, in Polonia, ecc.
Mise il primo in iscena a Firenze, dopo la rappresentazione dei filodrammatici Concordi, il Goldoni di Ferrari con grandissimo plauso, e andò famoso per alcune parti di genere opposto, come Luigi XI, e Il Cavalier di spirito. […] Il Colomberti dice che mentr'era nella Compagnia di lui il 1859 come generico primario, lo vide eseguir molto bene Saul, Egisto nell’ Agamennone, Zambrino nel Galeotto Manfredi (questa dello Zambrino era rimasta, ricordo, un suo caval di battaglia degli ultimi anni), e i drammi Luigi XI, Il Cittadino di Gand, e La colpa vendica la colpa.
E narra l’aneddoto che scontrato per via da un meschino attor di provincia, che gli si raccomandò per un abito vecchio, squadratolo da capo a piedi con atto di stupore, « ma come ! […] Uomo colto come egli è, sapeva benissimo che un attore assennato non deve nella pittura d’un personaggio, principalmente storico, abbandonarsi al caso….
È citato da Francesco Bartoli come un egregio Pantalone del secolo scorso.
E ancora, come possiamo distinguere i rapidi movimenti della rabbia da quelli del terrore, della distrazione e di tutte le agitazioni violente dell’anima? […] Vinci: Leonardo Vinci iniziò come compositore di commedie per musica in dialetto napoletano, ma si distinse anche nell’opera seria e divenne uno dei più importanti compositori del suo tempo; morì a quarant’anni in circostanze misteriose, forse per avvelenamento. […] Le Couvreur: Adrienne Couvreur, nota anche come Adrienne Le Couvreur o, italianizzata, Adriana Lecouvreur e Adriana Le Couvreur (Épernay, 1692 – Parigi, 1730) è un’attrice teatrale francese. […] Qui è citato come sinonimo di attore. […] , allievo di Bibiena, incisore, pittore e scenografo raccolse, apparentemente travisadone il valore, diverse opere di Bibiena, come anche Pietro Giovanni Abbati, altro allievo del Bibiena, attivo a Parma tra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo, autore di Varie opere di prospettiva inv. da F.
Questo non poteva a meno di non dar nell’occhio agli scrittori italiani: così alcun non v’ha tra coloro che la storia delle lettere hanno preso a scrivere, che non parli delle macchine, delle decorazioni, della mitologia e delle favole, come del carattere principale del melodramma in quel secolo. […] Tra le prede che più avidamente cercavansi, eran le donne, come oggetti fatti dal cielo per piacere, e che in tutti i secoli e dappertutto furono la cagion prossima de’ vizi dell’uomo e delle sue virtù. […] [18] Chechessia di ciò, la lingua italiana, come tutte le altre, non si dispose a ricever la poesia se non molto tardi, allorché erasi di già stabilita, e col lungo uso di parlar in prosa fortificata. […] Dall’altra parte questa rinata come la lingua più per caso o per usanza, che per meditato disegno d’unirsi alla poesia, crebbe in principio e si formò separatamente da essa. […] Non sapendo come interessar il cuore colla pittura de’ caratteri e delle passioni, cercarono d’affascinare gli occhi e gli orecchi coll’illusione, e disperando di soddisfare il buon senso, s’ingegnarono di piacere alla immaginazione.
Bartoli come capocomico e attore sotto la maschera di Arlecchino, in cui si mostrò valente, e in caratteri caricati nelle studiate rappresentazioni.
Pietro il grande che dal suo famoso viaggio tornò ne’ suoi vasti dominii, come dicesi che Osiri entrasse nell’Indie, accompagnato da tutto il cortegio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione Russa, avendo cambiata la stessa natura de’ suoi stati ed i costumi di que’ popoli, ed introdotto fra loro lo spirito d’industria ed arti e scienze e collegii ed accademie e librerie e stamperie. […] Lasciando le incondite favole di Trediakouski e le deboli di Lomonosow, possiamo considerare Sumarocow di una famiglia distinta come il primo tragico della Moscovia. […] Levesque ne commenda l’eleganza, ma aggiugne che volendo esser savio come Racine, rimase freddo assai più e privo di attività e di moto.
E tanto riuscì come attore nella riproduzione ammodernata del Senex latino, che fu poi il Pantalone, o del Pedante, che fu poi il Dottore [se ci facciamo a ricordar le lettere sue, nelle quali è sparso in larga copia l’elemento di quella lingua a travestimenti che fu poi nella Commedia dell’arte detta Graziana (V. […] cxxi) : Ora la forma è facile e piana, come si conviene a scrittura vernacola, ora assume atteggiamenti strani, contorcimenti inesplicabili, ora corre liscia e spontanea, ora si riveste dei riboboli più bizzarri, delle secentate più aride. […] Però statti con Dio, e ad altro pensati : nè sperar più di me, come de l’India farti signor, cosa fuor d’ogni termine.
Polizia di Milano fanno credere che egli abbia introdotto, o restaurata in Modena la massoneria come incaricato dai comitati superiori di quella setta. […] A complemento di questi cenni, metto qui l’elenco della Compagnia per la quaresima del 1842, secondo la distribuzione dell’ originale, e il suo repertorio : Prima amorosa Matilde Chiari Servetta Amalia Colomberti Prima attrice Adelaide Ristori Madre nobile Adelaide Fabbri Attrici generiche Angela Buccinieri Rosa Rizzoli Maria Leigheb Maria Mascherpa Altra amorosa Argenide Dondini Caratteristica Teodora Dondini Primo attore assoluto Antonio Colomberti Primo amoroso Giovanni Leigheb Altro amoroso Agostino Buccinieri Generici Ettore Dondini Enrico Ristori Giuseppe Bignami Francesco Paolini Parti brillanti Cesare Dondini Parti d’aspetto Luigi Cardarelli Parti ingenue Augusta Ristori Cesare Ristori Suggeritore Astorre Rizzoli Poeta Iacopo Ferretti Caratterista e Promiscuo Luigi Gattinelli Tiranni e Padri Paolo Fabbri Primo generico di riguardo Achille Dondini Generici Giorgio Vismara Antonio Ristori Paolo Riva Macchinista — Trovarobe — Due Traduttori — Apparatore repertorio Torquato Tasso di Goldoni – La discordia di quindici anni – Il figlio assassino per la madre – La fedeltà alla prova – Il diadema di Nota – Ditta Scaff e Clerambeau di Scribe – Un fallo – La finta ammalata di Goldoni – Il mulatto – Un matrimonio in Francia sotto Luigi XV – Rifiuto e vendetta – Il custode della moglie altrui – Il galantuomo per transazione di Giraud – Un bicchier d’acqua – Il dominó nero – Pamela nubile di Goldoni – Una catena di Scribe – Gl’ innammorati di Goldoni – Il flagrante delitto – Eulalia Granger – La calunnia di Scribe – Maria Stuarda – Don Cesareo Persepoli – La lettrice – La Pia de' Tolomei – La fuga dal forte di Sant’Andrea di Venezia – Il testamento di una povera donna – La cognata – Don Marzio alla bottega del caffé di Goldoni – Il proscritto – Malvina – Felice come una principessa – Filippo – Papà Goriot – I due Sergenti – Marion de l’Orme. […] Nato a Rimini da artisti drammatici, il 28 febbraio del 1857, cominciò a recitar parti di bimbo con Salvini e con Rossi, entrando poi, grandicello, come secondo brillante in Compagnia di Luigi Pezzana e Achille Dondini che del Masi aveva sposato la sorella Marietta.
Tornato a Forlì, riprese il corso degli studj, che dovè poi troncare per le condizioni della famiglia, e fu accolto come praticante nella farmacia militare, prima ; poi in quella dell’ospedale, dandosi a tutto potere allo studio della chimica, di cui diede in breve gli esami, e in cui si addottorò. […] Ma le parti di parrucca eran le predilette, e subito passò a queste, entrando in Compagnia di Napoleone Tassani, come caratterista e promiscuo. […] Dopo un lungo pellegrinaggio di città in paese, di paese in borgata, di borgata in città, arrivò l’onesto padre alla fine del '96, dopo di che, per desiderio del figlio Vincenzo, allora capitano in Africa, lasciò per sempre il teatro, andando a stabilirsi a Rocca San Casciano, direttore di quella Società filodramatica, a cui diede tutto il suo ingegno e tutto il suo affetto, e da cui fu amato e venerato fino all’estremo giorno (30 marzo 1899) come un babbo.
In versi erano le memorie de’ defunti scolpite nelle colonne Egiziane, ed intorno alle urne lagrimali poste ne’ sepolcri d’Iside e di Osiride vedevansi incise alcune canzoni, come può leggersi nel primo libro della storia di Diodoro Siculo. […] Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri. […] Il teatro che vuol considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a que’ mali sovente eccede, trascorre, inveisce e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa col l’esempio del resto della società. […] Questo famoso Bardo Celtico di Scozia figliuolo di Fingal, che scrisse in lingua Ersa o Gallica, merita un posto distinto tra’ poeti, benchè al pressochè immenso e nelle sue grandi fabbriche mirabilmente variato Omero, non sembri paragonabile un poeta limitato e non, rare volte ridotto a ripetere le stesse immagini e dipinture come Ossian.
Tuttavia nessuno, come il Novelli, anche tra italiani, dalle altissime cime della tragedia potè scendere alle più basse della pochade, passando pel dramma moderno in tutte le sue svariatissime forme esprimenti le più calde passioni, e destando le più disparate commozioni in chi lo vede e ascolta. […] Novelli è venuto su…. da sè, come a un dipresso vengon su tutti i genj. […] I successi clamorosi avuti nel vecchio e nuovo mondo, attenuaron la crudeltà del giudizio de'suoi connazionali ; ma il grande, unico premio, a cui egli ambisse, di veder le platee tra noi riboccanti di popolo sì all’Otello, come alle Tre mogli per un marito, gli fu lungo tempo conteso. […] Chi non ricorda, per esempio, il Marecat de' Nostri intimi con quella enorme pancia, con quella faccia rosea, ridente, piena, fatta di bambagia, nè già grottesca come quella di un siur Cámola, ma ritraente un de'più belli e simpatici tipi di grasso borghese ? […] E se egli avesse continuato in quella via, il pubblico avrebbe visto, come la cosa più naturale di questo mondo, la parabola ascendente dell’artista generico per eccellenza, assistendo con soddisfazione al tramutarsi di Marecat in Shylock, di Francesco I in Amleto, di Mario Amari in Otello.
V. humilmente li narra, come ha esercitato l’arte comica per il spatio d’anni quatro, e ciò ha fatto per esser figlio d’Antonio che ha seruito tant’anni la Ser. […] 3° Essi domandano umilmente sien lor concesse le danze e la musica negl’intermezzi, come furon concesse a' predecessori. […] 5° I Comici supplicano Sua Altezza Serenissima di far vive istanze alla Corte, perchè sia loro concesso, come in Italia, il libero uso dei Santi Sacramenti ; molto più che essi non reciteranno mai nulla di scandaloso, e Riccoboni s’ impegna sottopor gli scenarj delle comedie all’ esame del Ministero, e anche di un Ecclesiastico, per la loro approvazione. […] Ognuno doveva pensare al proprio vestiario, eccettuato Fabio Sticotti, marito di Orsola Astori, la cantatrice, al quale eran forniti gli abiti dalla Compagnia, e da essa poi conservati insieme agli altri che le appartenevano, come di comparse, ecc. […] Tale opera comprende anche un catalogo di tragedie e commedie pubblicate per le stampe dal 1500 al 1600 ; e per comporla egli dovè far capo sempre al famoso raccoglitore e amico dei comici Gueullette, come si rileva dalle sue lettere, nelle quali ora domanda, per dar l’ultima mano al suo lavoro, Le livre sans nom, ora l’Arliquiniana, ora la Bibliothèque des théatres.
Carlo Gozzi nel suo ragionamento ingenuo, lo cita « assieme a Garelli, Cattoli, Campioni e Lombardi, come egregio predecessore nella Comedia improvisa di Darbes, Collalto, Zannoni, Fiorilli, Sacchi, ecc. » Ma di lui non ho trovato notizie.
L’uomo stesso poi, opera la più mirabile della mano del Creatore, non vuolsi considerare soltanto come una delle parti figurate e distese nello spazio, o come pianta che vegeti o animale che senta. […] E perchè egli potesse produrre un pieno effetto generale, dovrebbe esser pubblico, per insegnare a tutti come da una scuola comune sotto l’occhio del governo. […] E giacchè con non isperata benignità accolse il pubblico il saggio che ne diedi l’anno 1777 nella Storia critica de’ teatri in un sol volume in ottavo, ho voluto, invece di riprodurla quale allora la pubblicai (come diverse volte ne venni gentilmente invitato dalla Società tipografica di Nizza, e da qualche librajo Veneziano e Napoletano), rifonderla ed ampliarla non di parole ma di nuove cose comprese in cinque volumi oltre di un’ appendice. […] Bettinelli come vocabolo inusitato fra’ Toscani; ma io il feci senza pentirmene, perchè quell’istantaneo girare su di un piede che fa il ballerino, è così detto in Francia cui tanto debbe la danza moderna, e s’intende in Italia, dove la cosa è trasportata senza che abbiavi sinora un vocabolo patrio equivalente. […] Esse si collocheranno alla fine di ciascun volume, così per non alienar troppo spesso il leggitore dalla catena delle idee del testo, come per evitar gli equivoci e per non far che a me talvolta si arroghi il merito di ciò che avrà detto il mio dotto amico 14.
Fu reputato attore di pregio così nella maschera di Brighella, come nelle parti d’innamorato, di tiranno e di padre.
Bartoli, come attrice di merito per le commedie improvvise e studiate.
Fece anch’essa le prime armi nell’accademica Compagnia del Patriarchi, poi si acquistò buon nome come servetta. « Una figura gentile — scrive il Bartoli — una dolce favella, e un recitare pieno di spirito, rendono questa giovane comica, nel suo carattere di serva, assai pregevole.
È citato dal Bartoli come artista di prosa e di canto.
Moglie del precedente, e, come dice il Sansovino, notabilissima recitante, che rappresentava commedie a soggetto con detto Valerio, Frate Armonio e Lodovico Dolce.
Si scritturò poi nel 1860 con Luigi Domeniconi, col quale tornò il ’63, come madre nobile e caratteristica.
Nell’Aristodemo, nel Filippo e nel Creonte dell’Antigone di Alfieri, come nel Marc’Antonio dell’Ottavia di Kotzebue, fu reputato artista grande, e grandissimo poi nel Filippo in cui si lasciava addietro, a detta degli intelligenti, parecchi de’più forti artisti del suo tempo.
Bartoli dice che s’egli era ancor vivo al suo tempo (1781), come si credeva, avrebbe avuto non meno di novant’anni.
Per istigazione più specialmente di suo marito, preferì scritturarsi come seconda donna in quella migliore di Gerolamo Medebach, che agiva sei mesi dell’anno al Teatro di S.
Recitava il 1845-46 nel teatrino di Donna Peppa, la madre dei Petito ; e come – dice S.
È citata dal Bertolotti, per l’anno 1693 a Mantova, come cortonese, comica al servizio di S.
Bartoli come valoroso brighella del secolo xviii, noto per una commedia di sua invenzione, intitolata : Arme e bagaglio, « in cui intorno alla sua propria persona aveva tutto il bisogno onde apprestare una mensa lautamente imbandita ».
Le maschere moderne coprono il solo volto, e talvolta non interamente; e le antiche coprivano tutto il capo; e può additarsi come una rarità l’unica mezza mascheretta simile a quella che oggi noi adopriamo nelle feste di ballo, la quale si vede nella Tavola XXXV del IV volume delle Pitture di Ercolano sulla testa di una figura di donna che dimostra che stà cantando. […] Da ciò si deduce, che non vi è altro modo di rettificar le maschere moderne, che col bandirle d’un colpo dal teatro istrionico ancora, come si fece nelle accademie che coltivarono la commedia.
Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo. Il discorso a’lettori sui Pazzi corretti, commedia scritta per fanciulli, ci racconta come in essa avesse parte il maggior suo figlio di anni dieci, il quale, recitata la Commedia nella villeggiatura di Sala a Parma, vi diede anche un concerto di violino, tal chè fu ammesso alla prova nel concerto di musica del Reale Infante, dal quale si ebbe poi patente di suo Virtuoso di camera.
Questo aver rappresentato varie parti concorderebbe con la multiformità del Gandini brighella : ma come conciliar le date di Parigi con quelle italiane ? […] E come mai di questo non è cenno in alcuna opera teatrale francese, compresa quella del Campardon ?
.), detto Argante, volle presentargli in occasione di dare alle stampe la Tragicommedia col titolo : La clemenza nella vendetta, in altri luoghi da noi mentovata ; e come si disse sotto l’articolo del prenominato Franceschini. […] Una tragicommedia capricciosa porta con gusto el vostro Nome in fronte, fe’ come el Sol, che andando chiaro a monte mostra sempre la fazza luminosa.
Nè la coltura, e si potrebbe dir la grammatica, era il suo forte, come può vedersi da questo bigliettino ch'ella mandava il '37 al sig. […] Batta Niccolini ha parole atroci per lei in una lettera a Maddalena Pelzet, forse più da considerarsi come sfoghi di autore contro la Compagnia Domeniconi che gli preferiva il Giacometti, e sfoghi d’autore che voleva ingrazionirsi ognor più l’interpetre e l’amica.
Come donna non ho che del triste da ricordare ; come attrice, nulla che valga la pena d’essere ricordato. […] Il padre morto, la madre da sostentare, gli affari che volgeano sempre più al peggio, la costrinsero ad abbracciar definitivamente il ruolo di vecchia, scritturandosi con Ermete Novelli, e passando poi con Pasta, la Tessero e la Giagnoni, con Paladini, con Pasta, Garzes, Reinach, con Pasta e la Tina Di Lorenzo, con Leigheb e la Reiter, con Pasta e la Reiter, e con la Reiter sola, colla quale è tuttavia e sarà fino al principio del prossimo triennio '906-07-08, pel quale è scritturata colla Compagnia Talli, Re Riccardi : questo il lungo stato di servizio di Ermenegilda Zucchini, o, come la chiamano con affettuoso accorcimento i compagni tutti, della Gilda, che le ha procurato per la probità e la fedeltà e lo zelo con cui l’ ha disimpegnato il più ampio certificato del pubblico padrome. « Vi pare che basti ?
Non sappiamo, come si è detto al nome di Giovanni, qual grado di parentela lo legasse ai Fortunati.
Recitò anche applaudito in parti di innamorato, e fu abbastanza noto come ritrattista.
Zannoni Alfonso o Idelfonso, come lo chiama Fr.
Egli recitava le parti di innamorato col nome di Aurelio, e tale lo troviamo coi Comici Costanti, come si vede dall’elenco pubblicato al nome di Degli Amorevoli Vittoria.
E come trovarne dalla morte di Teodosio I fino allo stabilimento de’ longobardi in Italia, periodo il più deplorabile per l’umanità per lo concorso di tante calamità, di guerre, incendi, fame e peste, che desolarono l’Europa colla venuta di tanti barbari? […] Furono pur versificatori, ma si limitavano per lo più a’ componimenti di non molti versi, ne’ quali facevano pompa di acrostichi, antitesi, e giuochetti sulle parole, e sembra che i loro talenti poetici non fossero atti a soffrire il peso d’un componimento grande e seguito come il drammatico. […] E allora vi fiorì qualche poeta drammatico ebreo, come Ezechiele citato da autori anteriori all’era cristiana (di che veggasi Pietro Bayle Art. […] Essa si rimase sempre una festa sacra, e mai non divenne spettacolo teatrale, come accadde ad altre feste in altri paesi.
Merita però attenzione particolare il Giasone del Cicognini (pubblicato nel 1649) «il quale, come osserva il signor cavalier Planelli, cominciò a interrompere il grave recitativo con quelle anacreontiche stanze che si chiamano arie». […] Avvegnaché la prima Accademia scientifica dei segreti della natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (come afferma il dotto abate Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) dal chiarissimo Giambatista la Porta, fertile ed elevato Ingegno, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che del regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi membri di essa col lor capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei istituita in Roma l’anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca d’Acquasparta, il quale «con raro immortale esempio», secondo che ci dice il signor abate Amaduzzi nel Discorso filosofico sul fine ed utilità dell’Accademie, «la sua casa e le sue sostanze per essa consecrò, e di museo, di biblioteca, e d’orto botanico generosamente la arricchì». […] Si dee anche considerare, che l’intelletto dell’uomo non avendo se non se una misura fissa e molto stretta di quello che si può sapere, perde da una parte quanto acquistai dall’altra; e perciò dice assai bene il dottissimo conte Lorenzo Magalotti «che il capitale del sapere sia stato appresso a poco sempre l’istesso in tutti i tempi, e che la differenza sia consista nell’essersi in un secolo saputo più di una cosa in uno più di un’altra, come quel magazzino che oggi é pieno di spezierie, domani di tele, quell’altro di lana, e va discorrendo; ma di tutte quelle mercanzie non ve n’é mai più di quello che importano i corpi e il credito di quella casa di negozio, che lo tiene in affitto… Bisogna poi ricordarsi, che quello che noi sappiamo adesso, si sapeva tremil’anni fa, e ch’é della Filosofia, come delle mode, che non sono mode, perché comincino a usare adesso, ma perché é un pezzo che non erano usate».
Egli a differenza del di lui protettore aveva una profonda conoscenza degli antichi, e gli copiava con molta franchezza, il che si osserva nel Sejano e nel Catilina; ma secondò il carattere degli spettatori, e trascurò l’esattezza degli antichi, contento (come disse nella prefazione del Sejano) di rispettar la verità della storia, la dignità de’ personaggi, la gravità dello stile e la forza de’ sentimenti. […] Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, là dove nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grandi uomini. […] Il credito di lui pareggiò quello di Shakespear; e gl’Inglesi vollero in questo ravvisare un Cornelio per la sublimità, ed in Otwai un Racine credendo di vedere in lui pari tenerezza ed eleganza, titoli , come pur dice l’abate Andres, dispensati con troppa prodigalità . […] La nostra virtù, amico, è come la buona fede di un politico, la promessa di un quakero, il giuramento di un giocatore, e la parola e l’onore de’ grandi”.
Ecco come Carlo Goldoni ci descrive il primo colloquio avuto col D’Arbes a Pisa ; colloquio che ci dà un’idea ben chiara di questo bel tipo di comico. […] Il Goldoni si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella scatola da tabacco alcuni ducati d’oro) ; e chiestogli per lettera se la commedia doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, diciam pure, furberia di quel bel tipo che ci pare di vedere e di sentir discorrere, e che chiameremmo a base di birignao. […] Xè giusto la muggier come la rogna : el gusto del gratar piase all’eccesso ; ma po’ resta el brusor e la vergogna. […] ) come, rappresentato per la prima volta all’Accademia Reale di musica a Parigi il 5 dicembre 1749, il Zoroastro di Rameau con parole del nobile signor di Cahusac, sotto la direzione scenica del veneziano Pietro Algeri, Giacomo Casanova che viveva allora a Parigi, e che oltre quella del Faraone, aveva anche di sfuggita, la occupazione di scrittore, fosse dal grande successo dell’opera invogliato a tradurla in versi italiani e ridurla per le scene di Dresda.
Fu anche Luigi Del Buono, come dice la lapide commemorativa, egregio scrittore di commedie e di operette, tra le quali, una delle più note e più lodevoli, la Villana di Lamporecchio, la cui protagonista fu studiata sul vero nella persona di Virginia Venturini di Lamporecchio, che viveva al servizio di lui, e lo pettinava ogni mattina, acconciandogli il codino stenterellesco che egli non abbandonò mai. […] Io mi batto fuor nell’atto fino all’otto ; mi ci metto come un matto nè vo in letto finchè a lutto non fai motto ; tu mi batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta, io ti butto giù in un botto ; se sei dotto, io sono addatto ; niuno editto nè altro detto che sia indotto non adotto. […] O non piuttosto, come giustamente osserva Jarro, si tratta dell’ignoranza dell’articolista che per la difficoltà allora di comunicazioni, non sapeva a Venezia quel che il Del Buono aveva fatto in Toscana ? […] Ma la lucerna specialmente di questa forma, è anche anteriore al tempo in cui il Del Buono vestì la sua maschera, come anche anteriore mi sembra la giubba a vita abbottonata e fermata da cintura.
Bassi Gaetana, moglie di Gaetano Bassi, figliuolo di Domenico, come il padre attore e capocomico.
Il Duca di Parma più che protettore e benefattore, fu amico di Buffetto ; e durante le noie che questi ebbe a patire pel suo matrimonio con Colombina, il Duca potè conoscere e amare anche il piccolo Domenico, il quale, molto probabilmente, per intromissione e raccomandazione di Buffetto stesso, che volea bene al figliastro come a figliuolo, fu dal Duca mandato a Parigi per assumervi nella compagnia italiana la maschera dell’arlecchino. Dominique, stando sempre al Cicalmento (pag. 46) non si recò allora a Parigi per la prima volta : egli vi andò sul finire del’45, quando da quella Cristianissima Maestà vi fu chiamato Buffetto, il quale anche ci fa sapere come, presentate le commendatizie e ricevuti con ogni degnazione da’Sovrani e dall’eminentissimo Cardinal Mazzarini, fosser dati a Menghino e denari e un vestito bellissimo. […] La Comedia italiana restò chiusa poco men d’un mese in segno di lutto ; e il giorno in cui si riaprì, fu affisso ai muri di Parigi un manifesto, ov’era espresso tutto il cordoglio per la grave perdita, e tutto il rammarico per non saper come colmare la immensa lacuna.
Nome di una attrice che pare unisse alla professione comica il mestiere di saltatrice, come risulta da una lettera del Rogna in data del primo luglio dell’anno 1567. « Hoggi si sono fatte due comedie a concorrenza : una nel luogo solito, per la sig.
Fu con Vincenzo Bazzigotti al fianco dell’Ugolini che gli fu largo di savi ammaestramenti nell’arte comica ; e con Costanzo Pizzamiglio, col quale stette più anni, non solo come attore, ma anche adoperato da’ suoi Compagni — dice il Bartoli — negli affari della Truppa, avendolo esperimentato per un Uomo di spirito, e ne’proprj divisamenti utilissimo alla società.
Egli è il vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea da lui composta in vecchiezza; ma egli è pure il vero, che le sue fole, e i suoi sogni (come dice bene Longino de sublim. cap. […] Il Prometeo di Eschilo fu, secondo Andrea Dacier, una tragedia allegorica sopra i Re, e forse sopra Serse, e sopra Dario, come dice il P. […] Rollin dicono, Euripide dovette morire il secondo anno dell’olimpiade XCII, e non nella XCIII; perciocchè Aristofane nelle sue Rane, le quali furono certamente rappresentate nell’olimpiade XCII, parla di Euripide come di un uomo ch’ era già morto; e Sofocle, per quanto ci assicurano parecchi autori, sopravisse di sei anni ad Euripide, e morì nonagenario nel quarto anno dell’ Olimpiade XCIII. […] Di quest’opera del Signor Marmontel ecco come favella M. […] San Gio: Crisostomo mettevasi Aristofane sotto del capezzale, come Alessandro il Grande faceva di Omero.
Terenzio imitatore e pressochè copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare dimidiate Menander, non si studiò tanto di piacere come Plauto al popolo quasi tutto, quanto agli Scipioni, a i Lelj, a i Furj, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credeva, veniva ajutato a scrivere, o come è più verisimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi e Donato). […] Non vi ha dubbio che la bellezza dell’ elocuzione sì nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’ azione, una favola, e un vero ritratto de’ costumi del tempo: Un vers heureux & d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’interet, du comique, une fable, De moeurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette oeuvre du démon, dice benissimo il Signor di Voltaire. […] Siccome i Greci non si stomacarono della Medea di Euripide, contuttochè l’ autore per l’oro de’ Corintj ne avesse affatto cambiato la storia che allora non era troppo antica, così Cicerone, così Quintiliano, e così altri Romani non rimasero nauseati nè della Medea di Ennio, nè di quella di Ovidio, nè delle due altre Medee di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente di questa di Seneca; perchè il gran segreto della scena tragica, come saviamente pensa un nostro chiarissimo scrittore, in due parole è compreso: grandi affetti e stile. […] L’eloquente Ferrarese Bartolommeo Riccio, insigne Gramatico della lingua Latina, il quale morì d’anni 79 nel 1569, è di sentimento nel libro I de Imitatione, che Seneca ne’ suoi Cori, non solo per l’ abbondanza e per la gravità delle sentenze ch’essi contengono, ma per aver saputo formarli a cantare di ciò che, come dice Orazio, proposito conducat & hæreat aptè, abbia superato tutti i tragici Greci.
Lasciato coll’avanzar dell’età il capocomicato, si diede all’ufficio di amministratore, e come tale morì a Firenze in Compagnia Ferrati e Socj al principio del ’96.
È citato dal Baschet come capocomico in Francia del 1583 all’Hotel de Bourgogne, ma con poca fortuna.
Entrò il '72, ancor giovinetta, nella Compagnia della Sadowski, come prima attrice giovane e amorosa sotto l’Annetta Campi, passando, dopo non molti anni, nello sviluppo precoce della persona, alle parti di seconda donna, che non abbandonò più.
Fu ascritto a quel teatro come socio, e quando, il 1732, tutto il personale italiano fu licenziato, fu fatta eccezione per la coppia Bertoldi, per Bellotti, e per questo vecchio ottantenne, a cui fu assegnata la pensione annua di 500 fiorini, e che quivi morì nel 1747, a novantasette anni.
Era un costume inveterato fra i Comici italiani, che le Cameriere dessero ogni anno in più volte certe opere che si chiamavano di trasformazioni, come lo Spirito folletto, la Cameriera Maga, ed altre dello stesso genere, nelle quali l’attrice mostrandosi sotto forme differenti cambiava molte volte costume, rappresentava molti personaggi, e parlava diverse lingue. […] La Donna di garbo fu la prima commedia di carattere, dal Goldoni disegnata e intieramente scritta, senza lasciare a comici la libertà di parlare a talento loro, come in quel tempo comunemente accostumavano.
Passò da quella del Rossi nella Compagnia di Onofrio Paganini, in cui progredì rapidamente, facendosi molto applaudire e come attrice e come cantante.
La sua figura atletica non si accorda con le espressioni tenere e melliflue, che disdicono anche alla sua voce robusta, altisonante ; come pure i suoi gesti imperiosi e decisivi si mostrano soggiogati da una volontà che si ribella all’istinto…. […] Molto saviamente di lui scrisse Piccini (Jarro) nella prima serie dell’opera Sul palcoscenico e in platea : Andare in un paese forestiero : andare in città come Nuova York, Boston, Washington, Filadelfia, Nuova Orlèans : riuscir a parlar in una lingua straniera, e non pur a parlare, ma a recitare in essa : farsi ascoltare, non da migliaja, ma da milioni di uomini : riuscire ad essere celebrato fra tutti gli attori paesani, essere ascoltato con affetto e con deferenza da alcuni fra essi, può davvero sembrar un prodigio, che sapeva effettuare un giovane italiano, innanzi di toccar i trent’anni.
Vedova, passò poi per le parti di madre e di caratteristica in quella di Gaetano Nardelli, nella quale fu tanto e meritamente celebrata come prima attrice la figliuola Amalia. – Di lei, il numero 9 delle Varietà teatrali, (Venezia, 1824) enumerando gli artisti della Compagnia Fabbrichesi, dice : Bettini Madre….
Citato dallo Zito nel commento alla Vajasseide del Cortese, come socio del D’Auriemma (V.).
Licenziato Antonio Costantini arlecchino dalla Compagnia Grimani, andò il Campagnani, dilettante milanese de’ migliori, a sostituirlo : ma come arlecchino riuscì mediocremente, poichè – osserva saviamente il Goldoni – altra cosa è il recitare fra dilettanti, ed il recitare fra comici.
Abbandonò l’avvocatura, nella quale si distinse, dice il Bartoli, per un fino raziocinio, e si diede all’arte comica, nella quale riuscì egregiamente come innamorato per le commedie all’improvviso.
Nacque a Torino verso il 1800 da civile e agiata famiglia, entrò nell’arte il 1823, esordendo come amoroso generico nella Compagnia Pieri e Vedova.
Secondo l’indecifrabile oroscopo che tolgo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, gli avrebbe preso moglie il 1614 e commesso un omicidio il '16.
Di assai cattivo gusto furono in seguito il balletto delle Fate del 1625, in cui, come dicemmo, ballò Luigi XIII, e la festa della Finta Pazza mentovata da Renaudot, fatta rappresentare nel Picciolo-Borbone nel 1645 dal cardinal Mazzarini. […] Egli è vero che un viluppo condotto con tanta libertà riesce assai più facile a tessersi, e a snodarsi che un’ opera istorica incatenata al comodo della musica, e alle leggi del verisimile; ma il sapere scerre e interessare, come fe molte volte Quinault, nell’opera mitologica che non ha freno, merita distinta lode. […] Nella tragedia del Teseo cantata nel 1675 è teatrale l’angustia di Egle nella quarta scena dell’atto IV, che per salvar la vita a Teseo promette a Medea di sposare il re, e rinunziare all’amor di Teseo; come ancora nella scena quinta è delicato lo sforzo di Egle stessa per apparire infedele, e far credere a Teseo che più non l’ami. […] L’Armida tratta dal gran poema epico di Torquato più felicemente che non fu l’Orlando dal gran poeta Ariosto, fu il melodramma più fortunato del Quinault, in cui egli trionfò come poeta, Lulli come gran maestro di musica, e Rochois come attrice.
Di assai cattivo gusto furono in seguito il balletto delle Fate del 1625, in cui, come si è detto, ballò Luigi XIII, e la festa della Finta Pazza mentovata da Renaudot fatta rappresentare nel Picciolo-Borbone nel 1645 dal cardinal Mazzarini. […] Egli è vero che un viluppo condotto con tanta libertà riesce assai più facile a tessersi e a snodarsi che un’ opera istorica incatenata al comodo della musica e alle leggi del verisimile; ma il sapere scerre e interessare, come fe molte volte Quinault, nell’opera mitologica che non ha freno, merita distinta lode. […] Nella tragedia di Teseo cantata nel 1675 è teatrale l’ angustia di Egle nella scena quarta dell’atto IV, che per salvar la vita a Teseo promette a Medea di sposare il re e rinunziare all’amore di Teseo; come ancora nella scena quinta è delicato lo sforzo di Egle stessa per apparire infedele e far credere a Teseo che più non l’ami. […] L’ Armida tratta dal gran poema di Torquato più felicemente che l’Orlando dal gran poeta Ariosto, fu il melodramma più fortunato di Quinault, in cui egli trionfò come poeta, Lulli come gran maestro di musica, e Rochois come attrice.
Un giornale del tempo rimproverava al Metello, come caratterista, una cotal freddezza che lo faceva monotono e punto comico.
), appartenga al Croce davvero, o al nostro Bagliani ; tanto più che si trovano anche sotto nome del Croce le Conclusioni del Dottor Partesana da Francolin, che sappiamo, come vedremo, essere di Ludovico Bianchi da Bologna (V.).
Dai diarj del Sanuto, riferiti dal Rossi nella citata prefazione alle lettere del Calmo, rileviamo come il 7 febbraio del 1527 in casa Trevisan, dopo un bellissimo banchetto fosser recitate tre bellissime commedie una delle quali dal Cimador, figlio di Zan Polo, buffone.
Si rileva da una lettera dell’Archivio di Modena, scritta da Parma a quel Duca da Ranuccio Farnese il 1° aprile del 1678, come Auretta e Mezzettino, comici dei Farnesi, fossero stati accordati per un anno all’Abate Grimani, dietro istanze del Duca di Modena espresse con lettera del 24 marzo.
Nato il 4 gennaio del 1864 a Bologna, abbandonò a vent’anni l’ufficio delle ipoteche, per entrare in Compagnia di Cesare Rossi, nella quale esordì a Roma come generico.
Le parti di Creonte così nel Polinice come nell’ Antigone, di Egisto nell’ Oreste, di Appio nella Virginia, furon da lui magistralmente recitate ; ma dove non ebbe rivali, fu nelle due di Opimio nel Cajo Gracco, e di Zambrino nel Galeotto Manfredi.
Come attore fu il Merli amoroso assai reputato ; come uomo, dice il Bartoli ch' ebbe indole tanto mite, quanto l’ebbe stravagante la sua compagna.
Avanzato in età e trascurato dalle buone compagnie, dovè ricorrere alle più meschine, cessando di vivere in Romagna nel 1768, « attorniato – come dice il Bartoli – dalla miseria e di sozzure ripieno. »
Da un documento estratto dai Registri del Municipio, in data 12 dicembre 1530, e pubblicato da Emilio Picot nel suo opuscolo « Pierre Gringoire et les Comédiens italiens » (Paris, Morgaud et Fatout, 1878) sappiamo che Maestro Giovanni di Pont-Alaix (Jean de Lespine de Pontalletz dit « Songecreux, » come dice una nota del 1538, a proposito di somme largite dal Re a lui e a quelli della sua banda) in quella stessa occasione aveva consentito a riconoscere Maestro Andrea per capo e direttore.
Il Giraldi poi scrive che non si vide mai uomo che avesse ugualmente i risi e i pianti in mano a sua voglia, e la voce e i gesti acconci a questi e a quelli, come egli ha, e fa avere a tutti coloro che sono ammaestrati da lui, tal ch’egli solo si può dire l’Esopo e il Roscio de’nostri tempi.
Benchè difettosa alquanto nella pronuncia, potè passare con una recitazione calda e spontanea, al ruolo di prima attrice assoluta in Compagnie di primo ordine, come della Sadowski, diretta da Luigi Monti, nella quale io l’ebbi collega affezionata, di L.
Esuberante di vita, ricca d’ intelligenza, benevolmente accolta dai pubblici come una gentile promessa, ella avrebbe potuto con perseveranza di studi, toccar la meta desiderata, ma alla vita turbinosa della scena preferì la serenità degli affetti domestici.
Secondo che scrive il Piazza nel Teatro, egli era ancora quarant’anni dopo la sua morte nella memoria de'comici, come valentissimo arlecchino, sotto il nome di Truffaldino, e autore di scenarj, pei quali esso Piazza lo qualifica autore di commediacce.
Comico di qualche nome, più noto per le Notizie Istoriche de’Comici Italiani che fiorirono intorno all’anno mdl fino a’giorni presenti (1782), stampate in quello stesso anno dal Conzatti a Padova in due volumetti, onde si acquistò a buon dritto il nome di Plutarco de’comici, nacque il 2 dicembre del 1745 a Bologna da Severino Bartoli, e Maddalena Boari, che erano, come dice egli stesso, Povera in vero, ma onorata gente. […] Ma come, piuttosto che a quell’arte, il padrone facevalo intendere a lavori materiali di facchino, o di semplice manuale, egli fu messo da’suoi in una libreria perchè v’apprendesse l’arte del libraio. […] Spronato poi dal desiderio di realizzare un suo disegno, già gran tempo ventilato, si diede con alacrità al lavoro ; e in meno di cinque anni riuscì a pubblicare un’opera nella quale era come un catalogo illustrato delle migliori opere di pittura che sono a dovizia sparse per l’Italia.
Buffetto supplicò Isabella che gli lasciasse Menghino, il quale, perchè amavalo come padre, fu subito da tutti concesso. […] Il quale atto commosse per modo Isabella, che volle per la pace comune, e perchè nel loro contratto di nozze nulla esistesse che potesse dare appiglio a quistion d’interesse, mutar l’istrumento nella seguente maniera : che si leuasse a suo tempo di tutto l’haver di Colombina la prouisione douuta alli suoi tre figliuoli, e per lei le sue gioje, & argenteria al prezzo come fu stimato ; del resto fosse a metà tra marito e moglie, con il guadagno venturo, lasciandosi dopo la lor morte heredi uno dell’altro. […] Qui basti sapere che non appena Buffetto fe’cenno della moglie, e ciò fu, come ognun può credere, poco dopo arrivato, tutti a gara si adoprarono perchè ella lo raggiungesse al più presto in Francia, e S.
Nel 1800 s’era già acquistata gran fama come capocomico, e nel 1806 fu chiamato a Milano per formare la Compagnia Reale Italiana al servizio del vicerè Eugenio Di Beauharnais, che dovea recitare al Teatro della Scala, o, quando vi si rappresentavan opere in musica e balli, a quello della Cannobbiana. […] Sopraintendenza dei teatri e spettacoli, e presso il Ministro dell’interno, affinchè nessun’altro vi prevenga ; ed io godrò d’ogni vostro bene, come artista e come impresario. – Onorevole risposta, per chi la diede, e per chi la ricevè !
.), è la seguente nota manoscritta del figliuolo Angelo : È qui dimenticato il più bell’ elogio di mio padre come uomo. — Iddio, a cui ricorse in pensiero senz’ira, gli concesse alcune ore di mente serena, prima della sua agonia. Il paziente, qual buon cristiano, accettò i conforti della religione con esemplare rassegnazione, e spirò come un angelo in braccio del Signore. […] Col Mascherpa aveva di stipendio lire sei mila annue, e una mezza beneficiata per piazza, come si rileva dalla sua scrittura (20 agosto ’33) che vediam riprodotta al nome di Mascherpa.
E il Garzoni, dopo di aver parlato dell’Andreini, dell’ Armani, e della Lidia : Ma soprattutto parmi degna d’ eccelsi honori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa in scena, quella bella maga d’ amore, che alletta i cori di mille amanti con le sue parole, quella dolce sirena, ch' ammalia con soavi incanti l’ alme de' suoi divoti spettatori : e senza dubbio merita di esser posta come un compendio dell’ arte, havendo i gesti proporzionati, i moti armonici e concordi, gli atti maestrevoli e grati, le parole affabili e dolci, i sospiri ladri e accorti, i risi saporiti e soavi, il portamento altiero e generoso, e in tutta la persona un perfetto decoro, qual spetta e s’ appartiene a una perfetta comediante. […] ma ha fato scriuer a petrollino et ben che come sua humil serua mi douessi aquetare à quanto conosco esser di sua sodisfacione non dimeno astreta da quella pietà che ogniuno hà di sè stesso uedendomi una tanta ruina cosi uicina et credendo pur che Vostra Altezza perseueri perche non conosca tanto mio danno et dissonore però di nouo la suplico per le Vissere di Gesu Christo a non esser causa de la ruina mia et creda che se cosi non fosse uorei prima perdere la uita che restar di obedirla la mi faccia gratia di farsi dar informacione da chi ha cognicion di questo fato senza che io sapia da chi et non siano persone interessate che la conosserà ch'io dico il uero et da quelli la intenderà quello che per non infastidir taccio chiedendoli perdono de la molestia et mia sforzata importunità, con che gli resto humilissima serua suplicandola di nouo concedermi con pedrolino la Vita del mio honore et del Corpo che nel restar di pedrollino consiste però gratia Ser. […] O spietata pietate, o cara feritate, dal vostro dolce amaro con mio diletto imparo come amante gioisce quando in mezzo ai martir manca e languisce.
Esordì al Teatro Re di Milano, come prima attrice giovine, nel 1854, all’età di 17 anni, in Compagnia Robotti-Vestri, della quale era primo attor giovine l’Aliprandi, che divenne poi suo marito.
Esordì nella Compagnia di Pietro Rossi come innamorato, e potè in poco tempo competere coll’attore provetto Cristoforo Merli.
Recatasi co’genitori a Parigi, vi sposò l’ 11 aprile 1774 Felice Gaillard attore alla Commedia italiana, alla quale il 26 aprile dello stesso anno ella esordì come amorosa del genere italiano, colla parte di Angelica nella commedia di suo padre : Pantalone ringiovanito.
Dopo aver fatto i primi passi nell’arte come ingenua e generica giovine nella Compagnia che suo padre conduceva in società con Gaetano Martini il 1830, entrò il 1833 nella Compagnia di Romualdo Mascherpa qual prima donna giovine.
Moglie del precedente, seguì sempre il marito, prima amorosa, prima attrice e madre sino al momento della morte di lui che accadde, come abbiam detto, probabilmente nel 1827.
Fratello del precedente, fu come lui artista egregio per le parti di primo amoroso, che sostenne nelle migliori compagnie del suo tempo.
S. come oggi a mezo giorno è urtata in uno di questi Molini una Barca, in cui ui era la Compagnia Comica detta Marcheselli, quale da Turino con passaporto del Sig.
De' pregi del Menichelli come attore abbiamo un cenno nel Teatro mod. app.
Moglie del precedente, e figlia di un bravo Arlecchino, nipote probabilmente di Felice Sacchi, detto Sacchetto, nata nell’anno 1814, si scritturò, rimasta orfana del padre, come servetta, il 1830 nella Compagnia Bon, Romagnoli e Berlaffa, nella quale, sotto gl’insegnamenti del Bon, celebre attore e autore, divenne ben presto ottima nel suo ruolo, rappresentando per ben ventidue sere al teatro di S.
Egli si riserbava alcune parti soltanto, e nell’elenco, di solito, figurava come altro primario attore.
Aveva esordito come amoroso, riuscendo egregio nelle scene all’improvviso.
Moglie del precedente, nata Trabalza a Roma il 1836, apparve sulle pubbliche scene come una meteora, dopo di avere appartenuto, acclamatissima, alle più chiare e signorili filodrammatiche della città, fra cui quella presieduta dal Duca Grazioli, nella quale si meritò l’onore dell’effigie, e busti e poesie.
Nel novembre del 1745 il Barese doveva già trovarsi a Roma ; il Valle s’era obbligato con contratto, di « fornirgli la casa e il letto per ogni anno, come parimente scarpe e calsette e Abito, alla riserva della Mascara e Coppola. […] Era, come Francesco Massaro (V.), un attore che creava un personaggio e lumeggiava tutta una commedia.
Condusse sempre compagnie, delle quali era egli il principale ornamento, e nelle quali fecer le prime armi artisti di grido, come il Raimondi, il Verzura e altri. […] E gl’inviti son passati di Stenterello in Stenterello, come di padre in figlio, eredità incomprensibile di guitteria in quel costante ripetersi di spropositi sciocchi e di versi che non tornano.
Non ho trovato altra menzione di lui, fuor di quella fatta dal comico Bartolomeo Rossi, da Verona, il quale nel discorso a’ Lettori che è in una sua pastorale, Fiammella (Parigi, Abel l’Angeliero, 1584) al proposito di certa libertà nel dire che debbono avere le parti ridicole, scrive : ……come Bergamino, se bene non osserva la vera parola Bergamascha, non importa, perchè la sua parte e come quella di Pedrolino, di Buratino, d’Arlechino, et altri che imitano simili personaggi ridiculosi, che ogni uno di questi parlano a suo modo, senza osservanza di lingua, differenti da M.
Figlio di Giuseppe Ciarli, artista drammatico, cominciò a recitare, come tutti i figli d’arte, appena potè spiccicar parola.
Avendo suo marito formato compagnia il 1826 in società con Gaetano Colomberti, nella quale la Rosa era scritturata qual prima attrice tragica, benchè di oltre cinquant’anni, potè mostrare l’antico valor suo, ammirata dovunque così nell’ Isabella del Filippo, come nella Clitennestra dell’ Oreste e nell’ Antigone di Alfieri.
Fioriva al tempo del Bartoli (1781), che di lei così lasciò scritto : « Anche in Palermo fu lodato il suo merito, e così pure in molte città della Lombardia e della Toscana, come non meno nella Liguria e nel Piemonte.
L’Incarnazione non ha altro simile coro come quello della R.
.), seppe serbare coll’ arte sua la bella rinomanza nella quale era salita come prima donna.
Il Bertolotti, forse per quella parola recitar ha messo nell’indice la Beccarina come comica ; sebbene tutto possa far credere, e fin lo stesso nomignolo di Beccarina, trattarsi di una cantante.
Esordì con la Battaglia, come generico di niun conto, poscia, a dar pieno sfogo alla sua viva passione per l’arte, entrò in una compagnia di infimo ordine, ove s’innamorò della prima donna, giovinetta di qualche pregio, che sposò più tardi e col padre della quale formò compagnia.
Entrò amorosa il ’90 con Davide Mazzanti, il ’91 con Carlo Cola, il’91-’92 con Michele Fantechi ; metà del ’92 prima attrice giovine con Angelo Pezzaglia, il ’92-’93 con Paladini e Talli, il ’93-’94 con Cesare Rossi, il ’94-’95 con Paladini Zampieri, coi quali stette due anni per passar poi, scritturata per un triennio, con la nuova Compagnia di Claudio Leigheb e Virginia Reiter, ove è ammirata come promessa gentile di un lieto avvenire artistico, per tutte quelle doti, onde natura l’adornò : leggiadria del volto, eleganza della persona, soavità della voce, svegliatezza della mente.
Dionisio fu, come il fratello, buon generico e ottimo mammo.
Bastona Marta) come egli recitasse anche nella Compagnia di Corte con la moglie, rappresentando il ruolo di Momolo.
Figlio del precedente, esordì a Parigi nell’anno 1701, come Arlecchino, in Compagnia Salles, ove restò sino alla fine della fiera San Germano del 1707.
Recatosi il padre, impiegato, a Palermo, essa fu colà istruita per l’arte, ed esordì il ’92-’ 93 come seconda donna a Siena colla parte di Valentina nel Demi-monde di Dumas figlio in Compagnia Paladini-Talli.
.), ed è questo il secondo marito, che al nome di lei si cita come sconosciuto.
Ebbe figliuoli che « allevò – dice il Bartoli – con amore, ed ai quali diede un’ onesta educazione, essendo ella molto religiosa e buonissima cristiana. » Fu, come artista, egregia nel ruolo della serva, e specialmente nelle comedie all’improvviso, in cui recitava con molto spirito e molta prontezza.
Nè a Giunon gioveria, se a te facesse come già alla rival, d’Iside fue che il sembiante Vaccin volse che avesse, perchè Giove a goder le grazie tue acciò ch’Argo verun nulla sapesse, verrebbe giù dal ciel cangiato in Bue !
A. per non ritrovarsi Capellino Comico in Mantua essendo a recitare a Milano…. » e che apparteneva alla Compagnia del Farnese di Parma, di cui era principale ornamento, come abbiam dal seguente brano di lettera tuttavia inedita scritta da Bartolommeo Manzoli al Duca di Modena il 4 giugno 1655 : « Non è stato possibile di conseguire in alcun modo che il sig.
Veronese, alternativamente Brighella e padre nobile, fu artista egregio così nel premeditato, come all’improvviso.
Progredendo in età, in perizia, in bellezza, potè assumere il ruolo di prima attrice assoluta, in cui fu acclamata a Venezia e altrove come una delle più chiareartiste del suo tempo.
Scrisse alcun che di poesia, e il Bartoli dà come saggio del suo stile il brindisi in versi martelliani (bruttini anzi che no) ch'egli recitò a Brescia nel Convitato di pietra, e in cui sono le lodi sperticate di quella città.
Nell’ '86 dimanda di essere ripreso in compagnia, e ne tenta il modo accusando e denunziando il Tomeo come despota e « ingannatore della R.
Poli Giuseppe, nato il 1836 a Firenze, entrò il '58, dopo varie prove coi filodrammatici, nella Compagnia Mazzoli Milani come secondo brillante e amoroso.
Nel mutamento frequente di comici, egli restò sempre con sua moglie Isabella, come base della Compagnia italiana assieme alla coppia Vulcani, a Foscari, alla Casanova e a Moretti, a cui si aggiunse per parti giovanili, Luisa Toscani, figliuola forse di Gio.
La prima notizia troviamo in una lettera del 1661, che ci fa sapere come innanzi a quel tempo il Dottor Brentino facesse parte della Compagnia del Principe Alessandro Farnese. […] Da un’altra lettera del 30 giugno 76 di Don Alfonso d’Este si apprende come il Dottor Lolli fosse in Francia.
Dotata di squisita bellezza, di prodigiosa memoria, e di singolar senso d’arte, divenne in poco tempo una delle migliori prime donne, così nelle commedie e nel dramma, come nella tragedia.
Parte del suo tempo impiegò anche in tradur commedie dal francese (come s’è visto all’articolo del padre), e delle sue traduzioni, alcune figuran anch’ oggi ne’ repertori delle varie compagnie.
Le mani e i piedi gli sono d’impaccio ; e a volte non sa come muoverli.
Fermatasi a Palermo per malattia, il 1896, vi recitò ammiratissima fra i dilettanti,… nell’attesa di raggiunger la Compagnia :… ma colpita dal morbillo, ella si spense in capo a soli due o tre giorni ….. come in su 'l prato, poichè l’aratro in suo passar l’ha tocco, spegnesi il fiore.
Nata il 1777, e sposa a un Ristori comico, legato forse in parentela col precedente, fu artista drammatica di grande valore per le parti di prima donna così nella tragedia, come nel dramma e nella commedia, e il piccolo Giornale de' teatri (Venezia, 1820) ha per lei parole di moltissima lode.
Apparteneva alla Compagnia degli Uniti, non so in che qualità, come si rileva da una Supplica al Senato di Genova, pubblicata da A.
Biancolelli-di Turgis Francesca-Maria-Apolline, figlia dei precedenti, nacque il 1664, ed esordì come amorosa alla Commedia italiana l’11 ottobre 1683 nell’Arlecchino Proteo, sotto nome d’Isabella, insieme alla sorella minore Caterina che recitò la parte di servetta, diventando poi la rinomata e incomparabile Colombina.
Desumo queste notizie dal Bartoli, dal quale anche si apprende come il Brandi scrivesse alcuni sonetti faceti intorno ad una burrasca sofferta da un Comico rinomato nel mar d’amore.
Fu accettata l’offerta, e la giovane esordiente, già padrona di tra le quinte e delle parole e delle situazioni, recitò come artista provetta, ottenendo il migliore de’successi ; e tanto andò poi di sera in sera progredendo, che nell’ ’82 fu la prima attrice giovine della Compagnia sotto Giovannina Aliprandi.
Nato a Livorno il 21 agosto del 1844, dopo di avere studiato tra’filodrammatici sotto la direzione di Vittorio Benedetti, esordì come secondo caratterista nella Compagnia di Ciotti, Marchi e Lavaggi, dalla quale passò, dopo un solo anno, in quella N.º 1 di Bellotti-Bon, sotto l’artista Antonio Zerri, poi in quella che lo stesso Zerri formò in società con Lavaggi.
Attore assai pregiato sì per le parti serie, come per le comiche, si trovava al S.
La compagnia si era data più specialmente al repertorio goldoniano, alternato coi vaudevilles, di cui s’era fatta come una specialità ; tanto che, avendo fanatizzato a Milano, lo stesso Verdi ne vedeva talvolta le prove.
Lo vediam coi parenti il 1846 in Compagnia Balduini e Rosa, e il 1847 in quella Capodaglio, nei cui elenchi figura come parte ingenua : il '61 col padre generico era brillante della Compagnia Bonazzi.
Con questa lettera obbligatoria in via commerciale da valere come un rogito del notaro dottor Bellini, rinunzio per me ed eredi, in favore dell’egregio artista Amilcare Belotti, ad ogni e qualunque direzione di dilettanti drammatici, nata e nascitura nell’ Orbe terraqueo illuminato dal sole e dalla luna ; assoggettandomi in caso di mancanza alla mia obbligazione, a rifondere il valsente delle penali pagate e da pagarsi dal capocomico Domeniconi, più i danari spesi e da spendersi dal sullodato capocomico in viaggi d’andare e venire colla sua nomade Compagnia. […] Se i dilettanti non ti afferrano come un Messia del cielo io li compiango.
Magro quanto il diginno, con una faccia secca, e intagiuta, affettando una voce sottile, e camminando come le anitre che menano sempre la coda, non ci volle di più, perchè il Popolo gli battesse le mani. […] La chiusura dell’articolo del Piazza, per esempio, potrebbe far supporre, in quell’accenno all’allontanamento dalla Compagnia della Prima Donna (la Caterina Manzoni, a cui l’opera del Teatro è dedicata), ch' ella avesse a veder qualcosa in quelle ingiurie ; tanto più che sei anni avanti, nella Giulietta (Venezia, mdcci.xxi), non aveva il Piazza saputo trovare in lei altra dote fuorchè una particolare bellezza, come vedremo all’articolo di questa attrice.
Ma non tanto come artista egli merita qui una menzione particolare, quanto come colui al quale accadder fatti straordinarj, a mala pena credibili. […] Recita il ’53 a Schio la Francesca da Rimini, e giunto all’apostrofe all’Italia, proibita dalla censura, la recita tutta d’un fiato in mezzo alle acclamazioni del pubblico, mandando a rotoli recita e stagione, e finendo poi coll’essere incatenato e tradotto come un malfattore al Castello di Mantova. […] Estenuato dalle fatiche e dal dolore, abbandona l’arte militante, e si rende a Firenze, ove accetta, come s’è detto, un posto al Politeama non ancora finito.
Il Ganassa pare fosse a Parigi sino alla morte di Carlo IX, 1574, anno in cui si recò in Ispagna con la compagnia, della quale era parte anche la maschera dell’Arlecchino, sebbene il Sand si contraddica, affermando che l’Arlecchino apparì in Francia la prima volta sotto Enrico III (I, 73) ; e raccontando poi come in un ballo di Corte sotto Carlo IX nel 1572, tutti i cortigiani vestissero il costume di una maschera italiana, e quello d’arlecchino fosse indossato dal Duca d’Anjou (Enrico III) (I, 43).
Comico di Sua Altezza serenissima il Duca di Modena recitava le parti di amoroso, come ci apprende la seguente lettera di non lieve interesse del comico Lolli (Dottore Brentino), che traggo dall’Archivio di Stato di Modena : Carissimo Sig.
Nato a Udine nel 1760 da parenti agiati, e rimasto orfano ancor giovanetto, si diede, non ostante il divieto del tutore, all’arte comica, nella quale riuscì ottimamente come primo amoroso.
Grande nel recitare qualsivoglia parte, così premeditata, come all’improvviso, grande nel poetare, irreprensibile nei costumi, filosofo per eccellenza.
Si condusse, per affari di commercio, in Pesaro, e colà addestrossi in filodrammatiche società assieme ai Conti Perticari, dei quali diventò l’amico ; e, sentito colà dalla Pellandi e dal Belli-Blanes, fu scritturato da essi pel 1813 come brillante assoluto.
Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la cultura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri. […] Il teatro che vuol considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a que’ mali sovente eccede, trascorre e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa coll’ esempio del resto della società. […] Questo famoso Bardo Celtico di Scozia figliuolo di Fingal, che scrisse in lingua Ersa o Gallica, merita un posto distinto tra’ poeti; benchè al pressochè immenso, e nelle sue gran fabbriche mirabilmente variato Omero non sembri paragonabile un poeta limitato e non rare volte ridotto a ripetere le stesse immagini e dipinture come Ossian.
Agocchi Giovan Paolo, o Gioanpaulo dalli Agochij, detto Dottor Gratiano Scarpazon : così egli si sottoscrive in una lettera indirizzata da Roma al Duca di Mantova il dì 13 di novembre 1593, nella quale egli racconta come, perseguitato da un parente, fosse stato, senz’essere esaminato, due anni in prigione, poi lasciato in libertà, per la qual cosa si raccomanda al Duca di mandargli, o fargli avere qualche soccorso di danaro, acciò possa partire da Roma e fermarsi alcun po’a Bologna sua patria, per poi, di là, recarsi a Mantova a spasso a S.
Accademia dei Nascenti, come filodrammatico, e in breve diede promessa di ottima riuscita per quell’arte, alla quale fu trascinato da passione irresistibile, e la quale doveva poi condurlo al sepolcro.
Dalla figura imponente, dal volto leggiadro, dagli occhi nerissimi come i capelli, dalla voce forte e armoniosa, dal gesto nobile, e dalla ricca intelligenza, essa emergeva nella tragedia e nel dramma.
Nobile nelle parti nobili, come quella ad esempio del Cavalier Ernold della Pamela goldoniana, egli era nelle altre, in quelle delle farse più specialmente, di un grottesco indefinibile.
Fiorillo), e soprattutto di volersene fuggire, come fece poi, ora che avea fatto bottino ; e faceva istanza, conforme i desiderj di Sua Maestà, di restare a Parigi un anno ancora…. istanza, che fu accolta favorevolmente, rimanendo allora alla testa della compagnia Giovanni Battista Andreini.
A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »
Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di greca origine, come Napoli, Taranto ed altre del nostro regno. […] Il pulpito Romano era più spazioso del Greco, perchè in Roma ogni spezie di attori operava nel-pulpito, ed all’opposto i Greci, come dicemmo, si valevano dell’orchestra per una specie di attori, cioè pe’ musici e danzatori.
Ma come dedurre da ciò che la lingua provenzale derivi dalla catalana? […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, ed appresso montarono sudi un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento.
Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di Greca origine, come Napoli, Taranto, ed altre del nostro regno; nè tutte gli avevano del nominato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi producevano il medesimo ottimo effetto152. […] Il pulpito Romano era più spazioso del Greco, perchè in Roma ogni spezie di attori operava nel pulpito; e all’opposto i Greci, come si disse; si valevano dell’orchestra per una parte degli attori, cioè per gli musici e i danzatori.
Ma come dedurre da ciò, che la lingua Provenzale derivi dalla Catalana? […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e di poi montarono su d’un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a questo nuovo devoto divertimento.
Benchè in questa non prendesse parte la Bastona, nondimeno è certo che ella era già nella compagnia col marito Focher o Focari, che sosteneva in detta opera la parte di Stricherhoc, come abbiam visto. Nel carnevale del 1749 si diede « Amor non ha riguardi » di cui i personaggi erano Tabarino padre di Aurelia e di Florindo, Lelio cavalier bolognese, Brighella maestro di casa, Pantalone padre di Rosaura, e Arlecchino padre di Colombina : l’Aurelia era la Bastona che rappresentava quasi sempre, come vedremo, quella parte ; Tabarino era Camillo Conzachi – Pantalone, Francesco Golinetti – Colombina la Isabella Toscani – Rosaura la Casanova – Arlecchino, Antonio Bertoldi – Brighella, Pietro Moretti ; gli amorosi erano Bernardo Vulcano, Giovacchino Limberger e Giovanni Battista Toscani ; e molto probabilemente in questa rappresentazione sarà stato eliminato il Limberger, il peggior di tutti, secondo i giudizi del tempo.
Non ispregevole pastorale, non certo delle peggiori, è codesta Fiammella, in cui, oltre alla felicità dell’orditura, alla maestria della condotta, al fantastico di certe scene, sono versi abbastanza garbati come i seguenti che tolgo dalla scena undecima dell’atto quarto. Dopo che Fiammella ha promesso a Titïro, se cessi dalla sua crudeltà, un vaso per attinger acqua, fatto d’un teschio d’un uccello, ch'in aria si nutrisce di rapina, ………… e n’è intagliato con sottil lavoro tutt’all’intorno d’ogni sorte uccelli, ………… Ardelia dice : E tu, Titiro mio, se mi compiaci, ti vo' donar una bella ghirlanda da verginelle mani ben contesta di Rose, di Ligustri, e d’Amaranti, con molte foglie d’Ellera e d’alloro, nelle quali son scritte le mie pene, e come fui per te d’amor trafitta, con fregi che circondano le foglie ch'in esse si comprendono il trionfo del faretrato Dio, e di sua madre.
Parlava bene, e con una prontezza ammirabile, e niuno meglio di lui ha saputo, come dicono i commedianti, giocar le Maschere ; cioè sostenere le scene giocose colle quattro Maschere della Commedia italiana, e farle risaltare e brillare. […] Dal '25 si passa a una lettera del '35, in cui dopo di avere accennato a un nuovo sputo di sangue avuto il '29 a Padova, racconta come la passata quaresima (1734) tornando da Roma fosse caduto con tutto il calesse in mezzo a un fiume, e avesse dovuto restar due giorni in una casa di contadini per asciugarsi, dalla quale partì a cavallo, essendo il calesse infranto, con vento e neve così terribili, che credette morirsi per via.
Nel carnevale 1832-33 lo troviamo generico della Compagnia Pisenti e Solmi, insieme a sua moglie, Amalia Appelli, artista di pochissimo conto, e che recitò poi qualche volta anche ai Fiorentini di Napoli con Adamo Alberti e Pietro Monti, quando il marito fu accettato come sorvegliante alla porta di quel teatro in Compagnia Prepiani, Tessari, Visetti.
Angelis (De) Pasquale, attore napoletano rinomatissimo, figlio di Giuseppe e di Antonina Manzo, lasciò a mezzo gli studi di medicina per darsi all’ arte drammatica, facendo le prime prove, come dilettante, al San Severino.
Brunetti Icilio, nato a Fossombrone il 1838, fu, ancora in fasce, portato a Roma, ove stette fino al ’61, nel qual anno esordì a Livorno come secondo amoroso e secondo brillante in Compagnia di Francesco Sterni.
Esordì come primo attore e amoroso con lo stenterello Mori a Pitigliano.
Nè men celebre divenne la moglie per essersi gettata in mare a Livorno, come racconta il Piazza nel suo Teatro : Eravi un’altra donna in quella Compagnia, che si rese poi celebre nella Comica Storia, per un salto da grottesca che fece dal molo di Livorno, con intenzione di non farne altri mai più.
Anche madama Alard contasi tralle famose ballerine di quel tempo, come tra gli uomini di maggior nome si distinsero Dauberval, e l’italiano Vestris traspiantato in Parigi. […] Scrisse ancora parodie e burlette con arie, come sono il Mondo a rovescio, Bertoldo in città, il Cinese in Francia, il Dottor Sangrado ecc. […] Un tempo l’Opera Comica ed il Vaudeville furono due generi uniti, de’ quali il Vaudeville vien considerato come il produttore dell’Opera comica in Francia. […] È però vero che nè in Ispagna, nè in Italia gli spettatori si frammischiano con gli attori sulla stessa scena, come avviene in Francia, lasciando appena dieci passi liberi alle rappresentazioni. […] Non ebbero gran concorso alcuni drammi malinconici, come Jenny o gli Scozzesi, ed Eleonora di Rosalba dell’attore ed autore Saint-Pière.
Bollini Antonio, nato a Bologna da una modesta famiglia di operai, esordì il 1861 in Compagnia Fabbri e Codignola, come generico giovane e segretario, errando poi sino a tutto il ’63 in Compagnie di 3° ordine quali di Napoleone Berzacola, Saverio Petracchi ed Enrico Verardini.
Da una delle quali anche si apprende come il Bottazzi oltre all’essere artista, si dilettasse di pittura.
Figlio del precedente, egli fu, come abbiam visto, sempre al fianco di suo padre, crescendo a poco a poco di valore e di ruolo.
Fu, come sua moglie Orsola Astori (V.), scritturato per cantar negl’intermezzi, ma poi cominciò col sostenere in commedia parti di poca importanza.
Il Mercurio di Francia dell’agosto 1741, seguìto poi dai fratelli Parfait, dice ch'egli fu molto applaudito nella parte di arlecchino, che recitò con conveniente intelligenza, dando prova di molto talento ; mentre il D' Origny afferma che l’esordire di lui come arlecchino servì a provare che il talento è di rado ereditario.
Esordì al Sannazzaro di Napoli in Compagnia Pietriboni, la quaresima dell’ '83 come amoroso, salendo dopo un triennio al grado di primo attor giovine con Lorenzo Calamai, per passar poi con Andò, nella nuova Compagnia di Eleonora Duse, dov'ebbe campo di farsi notare, per la eleganza e la correttezza della dizione, specialmente nella parte di Pinquet in Francillon di Dumas figlio, che creò con molto successo al fianco dell’illustre attrice, colla quale restò cinque anni.
Cosentino, L'Arena del Sole, Bologna, Zanichelli, 1903) si rileva come lo Zocchi fosse il '32 all’Arena del Sole di Bologna, ove per graziosa concessione speciale, generata da speciali inflessibili circostanze potè recitar tutti i giorni dal 23 aprile al 30 giugno.
Non si capisce però dagli spagnuoli, come un pantano possa dirsi vil altivo. Dopo alenni soporiferi discorsi di Briseida e Crisia, Achille partecipa a questa la di lei libertà, ed ella grata gli augura una corona di lauro che Apollo idolatra; ma immediatamente poi nell’aria gliene augura un’ altra di mirto, nè le basta, se non vede su i di lui capelli fiorire i rami di tal mirto, e nella seconda parte di essa (che conviene alla prima come il basto al bue) si dice : Y de nuestras vidas con afectos nobles aprehendan los robles à permanecer. […] Pure quando voglia concedersi agli amanti un’ espressione men misurata per soverchio sdegno, come mai Agamennone che offende Achille col togliergli la donna, che per diritto di guerra e di amore gli appartiene, può per soprappiù lagnarsi di essere ingiuriato e tradito da Achille? […] Ecco come le diffinisce nel poema della Musica Tommaso Yriarte : Canzoneta vulgar breve y sencilla, Y es hoi a’ veces una escena entera, A veces todo un acto, Segùn su duracion y artificio.
Quasi tutte le attrici, sino alla metà del secolo diciottesimo, sapevano intuonare un’arietta, e accompagnarsela con qualche strumento, come quasi tutte le cantanti sapean mettere assieme e dire con garbo una scena di commedia.
Esordì come amoroso a fianco di Adelaide Ristori.
Si diede per due anni agli studi musicali in Mantova colla famosa Lotti, sotto la direzione del maestro Antoldi ; studi, i quali ella dovette abbandonare quando più le arrideva l’avvenire, per la decisa avversione che i parenti avevano al teatro ; ma i quali furono a lei di non poca utilità nell’arte comica, giacchè trovo ne’giornali del tempo, come essendo l’autunno del ’54 serva nella Compagnia diretta da Luigi Robotti, in società con Gaetano Vestri, a vicenda con Carlotta Diligenti, ella cantando al Gerbino di Torino in una commediola di Federigo Robotti figlio della celebre Antonietta, riportasse un compiuto trionfo.
Intanto, come una delle più forti promesse, la Boccomini-Lavaggi percorreva trionfalmente le scene, sostituendo in Compagnia di Alamanno Morelli l’ Adelaide Tessero, decoro alto del nostro teatro.
Entrò come primo amoroso assoluto in Compagnia Domeniconi col quale stette alcuni anni.
Andreini il 1623, prima di recarsi in Francia, come novo astro sorgente, pieno di giovinezza e di grazia ?
Duse-Maggi Alceste, torinese, fu moglie di Giorgio Duse, e attrice di gran nome per le parti di prima donna dialettali e italiane, comiche e drammatiche, destando il più schietto entusiasmo nelle commedie La Figlia del reggimento, La bona Mare, La Puta onorata, La bona Muggier, Il Campielo, La casa nova, e in altre più del repertorio goldoniano, in cui non ebbe chi le stesse a fronte, di tra le quali, ogni tanto, faceva capolino anche il drammone, come la Suor Teresa, o L’Indovina ebrea, che ella recitava se non con ugual maestria, certo con successo uguale.
Di questa attrice, prima donna e capo comica, abbiamo la seguente lettera del 1663 al Duca di Modena : Serenissima Altezza Hippolita Gabrielli comica hunita con suoi Compagni ricorono alla benignità di Vostra Altezza Serenissima supplicandola a uolerli far gratia col suo benignissimo rescritto di concederli licenza di poter recitar opere, e Comedie per il suo felicissimo Statto come altre uolte à sempre hauto fortuna di seruire al Altezze Sue antesesori che di tal gratia l’oratrice e suoi Compagni pregarano Sua divina Maesta per la Sua Esaltatione, che della gratia quam deus…… Volendo dar principio al Finale, e poi a Reggio.
Esordì come amoroso, ma dovè ben presto passare al ruolo di brillante che sostenne lungo tempo e con valore nelle Compagnie di Costantini, Chiari, Zoppetti, Tassani, Andreani, Monti e Preda, Zammarini, Sivori e Sadowski.
Figlia di Giacomo Glech, attore modesto e pregiato nelle parti di padre e tiranno, e di generico primario che sostenne in compagnie principali come di Astolfi (1851), di Robotti e Vestri (’53), e della Ristori (’55), con cui stette venticinque anni.
Egli fu anche espertissimo del canto e del ballo ; e il Bartoli ci fa sapere come « alla stessa Maestà napolitana abbia pur egli fatto vedere un ballo spagnolo, che chiamasi il fandangh, eseguito da lui ad occhi bendati in mezzo a un numero d’ova, che movendosi ancora restavano illese, e non schiacciate da’piedi. » Fu anche autore di due azioni spettacolose, che non diede alle stampe : Il Naufragio felice, e I Prodigi d’amore ; e pubblicò un dramma per musica tratto dal Feudatario del Goldoni, e intitolato Le Gelosie villane.
Il che concorderebbe forse col fatto dell’essere stato il Marchetti, come abbiam visto, la rovina della casa Fiali.
Figlia del precedente, attrice rinomatissima per le parti tragiche, nata a Genova del 1837, esordì prima donna all’età di sedici anni, come una delle più liete promesse dell’arte.
Interpretò con molto plauso caratteri opposti, come Ofelia, Desdemona, Partenia, Norma, Messalina, Marcellina e Pamela ; e Tommaso Salvini che l’ebbe lungo tempo a compagna, fa bella menzione di lei ne' suoi Ricordi artistici.
Tornò il '17 in Italia per iscritturar nuovi attori da sostituire agl’insufficienti, e sotto la direzione del figlio Giovanni furon rappresentati Intermezzi e Pastorali : e sebbene il Re Augusto prediligesse la Compagnia francese, ch'egli manteneva alla Corte insieme alla italiana, questa non ebbe mai a patirne ; e Tommaso Ristori, specialmente, s’ebbe per grazia del Re con decreto del 20 marzo 1717, un regalo di 269 scudi, come « chef de la Troupe italienne, tant pour faux frais dans son voyage, que pour autres pertes et dépenses extraordinaires. » Licenziata la compagnia del 1732, anche il vecchio Ristori con la moglie se ne tornò in Italia, ove morì poco tempo dopo.
Al punto in cui scrivo, egli è additato come uno de' più forti sostenitori, se non il più forte dopo la Duse, della nuova tragedia d’annunziana Francesca da Rimini, nella quale incarna con molta efficacia e molta sobrietà il carattere di Gianciotto.
La recitazione del Sichel a sbalzi, a strappi, con intonazioni aspre, rotte da una infinità di interiezioni, di eh interrogativi di distrazione, è inqualificabile e inimitabile : non certo, come si può credere, impeccabile, ma di irresistibile comicità.
Tuttavia ne' primi tempi il tiranno non fu considerato, come più tardi, un ruolo a tinte fosche obbligate : poteva essere primo attore, e anche amoroso : tant’ è vero che la parte di Ugo, oggi primo attor giovine, nella Pia de' Tolomei del Marenco, fu affidata al tiranno (Costetti, C.
Si scritturò il '23, e per un quinquennio, con Salvatore Fabbrichesi ; e con l’esempio del gran Demarini doventò in breve attore de' più egregi sì pel dramma come per la tragedia.
Senza forze e senza attori, o almen pochi ed ignoranti, privi affatto degli autori che i lor parti dieno e tanti, come mai darvi piacere nel difficile mestiere ?
.), metto qui l’aneddoto, che l’Ottonelli riferisce nel libro primo, pagina 101, della sua Cristiana Moderazione del Teatro, inteso da Violone stesso, come testimonio oculare, e già riferito dal Beltrame nella sua supplica.
Non si sa quando egli esordisse veramente a la Comedia italiana, in cui assunse come suo padre e suo nonno il nome di Thomassin.
Ad un Alceo tragico si attribuisce la favola Cœlum, se è vero che sia stata tragedia, come la chiama Macrobio che ne rapporta tre versia. […] Ecco come ne favellò presso l’Alcionio Giovanni Medici essendo cardinale: Sovviemmi di avere nella mia fanciullezza udito da Demetrio Calcondila peritissimo delle Greche cose, che i Preti Greci ebbero sventuratamente tanto di credito e tale autorità presso i Cesari Bizantini che per di loro favore ebbero la libertà di bruciar la maggior parte degli antichi poeti, e specialmente quelli che parlavano di amori; alla qual disgrazia soggiacquero le favole di Menandro, Difilo, Apollodoro, Filemone, Alesside.
Quando nel 1780 la Francia pensò di disfarsi di tutti gli attori che recitavano il genere italiano, Camerani fu licenziato come ogni altro ; e, benchè non compiuti gli anni voluti per la pensione, glie ne fu concessa una di lire 1000, oltre ad altre lire 5000 che gli furon pagate in due rate annuali. […] Paris, Castel, 1865, xii, 169-170) Camerani sarebbe stato un despota, un autocrata, una specie di nume onnipotente, il quale, recandosi a raccontare gli scandalucci giornalieri dell’una e dell’altra attrice, aveva saputo toccare il lato debole del Maresciallo di Richelieu, incaricato, come primo gentiluomo della Camera, dell’alta direzione del Teatro Italiano, e impadronirsi dell’animo suo a segno tale che dinanzi a lui, a Camerani, unico imperante, ogni autore doveva necessariamente prosternarsi, all’intento di vedere recitato un suo lavoro.
In tal modo Sivello dava trattenimento al popolo, appagandolo con argute facezie, e co’ diversi Personaggi da lui figurati, cangiando d’abito, trasfigurandosi il volto, ed alterando la voce, secondo l’occasione, e come tornavagli più a proposito a norma di quelle scene, che nella sua testa s’aveva divisato di voler eseguire. […] Ma s’egli viveva nel 1633, come mai il Caetani scriveva l’ ’11 che il Siuello era suo amorevole ?
Frattanto la parte ridicola e satiresca de’ Cori che precedettero la poesia Tespiana, appartata dalla tragedia come scoria di niun pregio, errava pe’ villaggi sotto il nome di Commedia preso dal greco vocabolo κομαζειν banchettare. […] Coltivarono l’antica commedia varii altri comici non molto dai nominati lontani, come Cratete, Archesila, Cherilo, Eviso, Apollofane, Ipparco, Timocle, di cui Ateneo ci ha conservato un frammento in lode della tragedia, nel quale afferma essere agli uomini utilissima, e Timocreonte, il quale ebbe nimistà con Simonide Melico e con Temistocle Ateniese, contro di cui scrisse una commedia. […] Lessi la dissertazione del più volte lodato Saverio Mattei intitolata la Filosofia della Musica, che i Greci andavano al teatro come noi andiamo agli Esercizii Spirituali, e che la Commedia era il loro Catechismo, e la Tragedia là lore Predica grande.
E come ha egli saputo ciò che è passato fuor di Verona? […] Lasciando da parte il non rinvenirsi di esse indizio veruno nelle di lui opere, i critici più accurati sospettano fortemente che esse sieno opere supposte al Petrarca, come fece prima di ogni altro l’abate Mehus, il quale recò un saggio dello stile di esse molto lontano da quello del Petrarcaa. […] Troviamo ancora nell’opere del Petrarca mentovato onoratamente un erudito attore de’ suoi giorni chiamato Tommaso Bambasio da Ferrara, della cui amicizia gloriavasi il principe de’ Lirici Italiani, come il principe degli Oratori Latini di quella di Roscio, a cui lo comparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentarea.
e come ha egli saputo ciò che è passato fuor di Verona? […] Lasciando da parte il non rinvenirsi di esse indizio veruno nelle di lui opere, i critici più accurati sospettano fortemente che esse sieno opere supposte al Petrarca, come fece prima d’ogni altro l’Ab. […] Troviamo ancora nell’opera del Petrarca mentovato onoratamente un erudito attore de’ suoi giorni chiamato Tommaso Bambasio da Ferrara, della cui amicizia gloriavasi il principe de’ lirici Italiani, come il principe degli oratori Latini di quella di Roscio, a cui lo comparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentare34.
I pratici di questa nazione non l’hanno considerata finora se non come un affare di puro istinto e d’abitudine, né si sono inalzati al di là della sua parte grammaticale.
Cominciò col recitar le parti di secondo amoroso nella Compagnia condotta in Francia da Luigi Andrea Riccoboni il 1716 per incarico del Duca d’Orléans ; nel 1757 si diede a sostener parti di maggiore importanza con piena soddisfazione del pubblico, il quale vedeva in lui non solamente un artista coscienzioso, ma un uomo di onestà a tutta prova, come è dimostrato dalla seguente quartina : Mario (era il suo nome teatrale) que chacun renomme Pour un acteur ingénieux, Le rôle que tu fais le mieux, C’est le rôle d’un galant homme.
E anche ieri come oggi, nonostante quella maschera, l’amico dei comici, il protettore, il critico, si credevano in diritto di penetrar sulla scena, e mettere gli attori e più specialmente le attrici nel rischio di ritardare una sortita.
Sposò l’anno dopo in seconde nozze l’artista Giacomo Modena, che trovossi con lei a Napoli, e che come lei n’era fuggito.
ANTONIA BESEGHI AL BEL SESSO Donne gentili che verace esempio Mai sempre foste di bontà sincera, Voi che di grazie il cor rendeste un Tempio, Non sdegnate onorarmi questa sera : Essendo donna io pur conosco a fondo Che sia la donna, e come vada il mondo.
Gli notifico poi come sono in Rimini con la Compagª che douerà farli seruitù qtoCarneuale, e dimani si darà principio alle Recite nel Teatro di qta Cità e spero che qti Cavalieri e Citadini nò si abandonerano poichè si mostrano assai uogliosi.
Luigi Vestri la volle sempre con sè ; le commedie del Goldoni più specialmente, come la Donna di governo, la Locandiera, la Donna vendicativa ed altre, ebbero in lei una interprete ottima.
Da Venezia si recò più volte a Milano, ov’ebbe onori e applausi, come si vede dai seguenti passaporti comunicatimi gentilmente dal conte Paglicci-Brozzi.
Nel '48 fece la quaresima come Stenterello alla stessa Piazza Vecchia, mentre il Cannelli spopolava al Borgognissanti.
E come ha sempre de lodar gran brama, sentila pur che con parole tonde Bravi Costanzo e Giulia ancuo la chiama.
Tutta la dignità del Senato latino sedeva sulla sua fronte, e come ne'suoi atteggiamenti, e particolarmente nella morte, tutta la forza, e la fermezza d’un cittadino romano.
L' '86 gli morì il padre, ed egli, interrotti dell’ '88 gli studi liceali dopo il secondo corso, entrò in arte come primo attore giovine della Compagnia Benincasa, poi, nello stesso anno, di quella delle sorelle Marchetti.
In quello figuran come prima attrice e primo attore i coniugi Elena Petrucci-Germoglia e Giuseppe Germoglia ; in questo, Elena Germoglia-Tassani, e Vincenzo Andreani.
Oggi s’è data quasi esclusivamente al repertorio d’annunziano, e si fa molto ammirare così in Francesca (protagonista), come in Gioconda (Silvia Settala).
Con gli insegnamenti del padre, del Domeniconi, della Marchionni, con la fermezza della volontà, e la squisitezza dell’ingegno potè in breve tempo competere colle migliori attrici dell’età sua, mostrando quanto valesse ne’ caratteri più disparati, come Ottavia, Mirra, Antigone, Pamela, Zelinda, Eugenia degl’ Innamorati, Chiara di Rosemberg, e altri più.
Salito in alta rinomanza così per le parti improvvise, come per quelle premeditate, fu scritturato dal Capocomico Antonio Sacchi qual primo Innamorato ; e tanto seppe ben meritare dell’affetto di lui, che ne ottenne in moglie la nipote Chiara Simonetti.
Attore di gran pregio, entrò a far parte, come amoroso comico, della Reale Compagnia Sarda, al momento della sua formazione (1821), sostituendo poi Augusto Bon nel ruolo di brillante.
Mentre tutte le sue colleghe di ruolo si tuffavano a capo fitto come prime donne assolute nel gran repertorio, ella, per una cotal deficienza di mezzi vocali, rimaneva nella sua modesta cerchia amorosa, facendosi ovunque notare per le grazie del volto, la forza del sentimento e la soavità del dire.
Terenzio neppure di tal gregge fece uso; ond’è che nè anche da ciò derivare il farfallone di certo Francese, il quale, come narra Madama Dacier, lodava i cori delle commedie di Terenzio . […] Notissima è la stima particolare che Cicerone avea del tragedo Esopo e del dotto Roscio, come appare dalle Lettere di lui. […] Orazioa riprende i mimi di Laberio come poco eleganti; e veramente egli si arrogava una gran libertà d’inventar parole nuove, siccome leggesi in Aulo Gellio. […] Ma la buffoneria e l’oscenità a poco a poco corruppe queste picciole farse, specialmente come vi s’introdussero le donne. […] Ora se gli attori pantomimi giunsero a rappresentare con tal verità e delicatezza che non soccorsi dall’elocuzione tutta sapevano esprimere una favola scenica, come si può senza nota di leggerezza asserire, che l’arte pantomimica à la honte de la raison humaine fit les delices des Grecs et des Romains , secondochè declamò m.
Terenzio neppure di tal gregge fece uso; ond’è che nè anche da ciò potè derivare il farfallone di certo Francese, il quale, come narra Madama Dacier, lodava i cori delle commedie di Terenzio (Nota XVII). […] Notissima è la stima particolare che Cicerone avea del tragedo Esopo e del dotto Roscio, come appare dalle di lui Lettere. […] Orazio141 riprende i mimi di Laberio come poco eleganti; e veramente egli si arrogava una gran libertà d’inventar parole nuove, siccome leggesi in Aulo Gellio. […] Ila però come sommamente licenzioso ad istanza del Pretore fu da Augusto nella propria casa fatto pubblicamente bastonare148. […] Ora se gli attori pantomimi giunsero a rappresentare con tal verità e delicatezza che non soccorsi dalla locuzione tutta sapevano esprimere una favola scenica, come si può senza nota di leggerezza asserire, che l’arte pantomimica à la honte de la raison humaine fît les delices des Grecs & des Romains, secondo che declama M.
Tralle situazioni che nella Sofonisba del Mairet il generoso Pietro Cornelio notò come inimitabili, novera il contrasto di Scipione e Massinissa e la disperazione di questo principe. […] La scena si adornava di tapezzerie, per le aperture delle quali entravano ed uscivano gli attori; appunto come avveniva per las cortinas del teatro di Madrid.
Ajutata era in ciò da un volto in cui leggevasi come in nitidissimo specchio il transito d’ uno in altro pensiero, indizio d’una mente studiosa di quanto le accade intorno, indizio d’una fibra da cui riverbera la sensazione come raggio da superficie lucente.
VII) ci apprende come il Cotta, risolto di farsi commediante, avesse la ventura di capitar nelle mani di Francesco e Agata Calderoni che lo guidarono nella diritta via dell’arte. […] I soliti giocherelli di battute a principio determinato, come : Ersilia.
Venuta in Torino la Real Compagnia Sarda, il giovinetto, che alla mancanza assoluta dell’istruzione sopperiva colla svegliatezza della mente e colla fierezza dei propositi, si presentò al primo attore, Camillo Ferri, offrendosegli come servitore. […] Egli allora non fingeva più ; ma per uno sforzo di fantasia, di cui solo conosceva il segreto, s’immedesimava, si trasfigurava nel personaggio, che aveva preso a ritrarre, illudeva in somma sè stesso prima d’illudere gli altri ; e quindi, piangendo, tremando, rallegrandosi davvero, senza obliar mai quel bello ideale, che la mano stessa del Bello eterno gli aveva stampato nell’anima, costringeva gli spettatori a piangere, a tremare, ad allegrarsi con lui. – Era tanta la potenza del Monti nel trasfondere, dirò così, in sè stesso il soggetto da lui rappresentato, che spessissime volte, calato il sipario, egli rimaneva come stupito e fuori di sè, e visibile era il suo sforzo per passar da quella esistenza creatasi con la fantasia, nell’esistenza sua propria.
Il pubblico, il quale, più del godimento intellettuale, si appaga di un godimento immediato che lo scuota là per là, è assai più soddisfatto davanti a codesta attrice, che ad altre, forse intellettualmente o artisticamente più…. come dire ? […] La parte è varia, complessa, multicolore come l’arte di chi la interpreta ; la parte non limita il vigore artistico dell’attrice, lascia che questa domini con tutta la sua originalità, con tutta la sua valentia.
.), ci apprende come la Compagnia fosse stata costretta a scorrere la primavera in Pescia e Camajore, l’ estate in Lucca e Livorno, e l’ autunno in Firenze senza recite con avversa fortuna, e con tante traversie, malattie, e dispendî, che oltre ai gravi incomodi e patimenti, era rimasta impegnata con un debito di 150 doppie, oltre li debiti particolari di ciascuno, ai quali Dio sa quando si sarebbe potuto provvedere. […] Leonora, come da una sua lettera che tengo può vedere, e l’ assicuro che gli sarà di gran sollievo nelli presenti bisogni, contento all’anima, se si degnerà lasciarmi comparire davanti la di lei serenissima persona sentirà l’ historia, dirò solo che sono stato dall’'83 sino all’'88 in Livorno nascosto.
Bolognese, figlia di Giovanni Casali, e moglie dell’attore brillante rinomatissimo Gaspare Pieri, esordì giovinetta, come seconda amorosa, in Compagnia di Lorenzo Cannelli, stenterello di grido.
Assai poco sembra valesse il Costantini come attore propriamente detto : e gli applausi che gli furon davvero prodigati si debbon più tosto attribuire al suo singolar pregio di acrobata.
Figlia di Gaetano Martini di Pisa, capocomico e brillante (il de era usurpato) e di Anna Loddi di Siena prima attrice, cominciò a recitar bambina come tutti i figli d’arte nella compagnia del padre, scritturandosi poi quand’egli smesse il capocomicato con Cesare Astolfi in qualità di amorosetta sotto la Fanny Sadowsky, con la quale la troviamo ancora nel 1853 prima amorosa al fianco di Giuseppe Peracchi, primo attore, che diventò poi suo marito.
ma come in ubidienza de suoi sourani commandi procurai d’obbligar li comici nominati nella lettera sua di 2 spirato, a seruir per questo prossimo carnevale V.
Interpretò magistralmente i varj caratteri delle commedie goldoniane, del Nota, di Giraud ; ma dove apparve davvero gigante fu nelle parti di seconda importanza, come, a esempio, in quella del Maggiordomo Longman di Pamela Nubilc, in cui non ebbe mai chi gli si accostasse.
Ma la Petrucci ha il padre che è caratterista, niente cattivo attore, anzi, a parer mio, buon attore ; e se non sta col padre, passa in podestà del marito, sposa cioè Germoglia che fa il primo attore ; nell’un caso o nell’altro non vedo come possa fare al caso vostro.
Infatti, al proposito della pantomima, era detto : « verrà questa rappresentata da varj componenti la Comica Compagnia, che graziosamente si prestano. » I manifesti di beneficiata avevan, come per tutti gli Stenterelli, il solito invito al pubblico, ordinariamente in brutti versi martelliani.
Ma come mai cotesto Rubini, che esercitava l’impiego di Dottore, sostenne poi la parte di Florindo nell’Amore paterno ?
Due giovani forze possenti, le più possenti forse del lor tempo, grandi nell’interpretazione di medesimi tipi, come, a esempio, del Raffaello di Marenco, del Signor Alfonso di Dumas, e prostrate a un tratto nel più terribile modo, con la ironia della serbata vita bestiale, col dono maledetto di un’agonia crescente di anni e anni !!!!
Recatasi col patrigno a Milano, all’insaputa della madre, che pei soliti vecchi pregiudizj era avversa alle inclinazioni della figlia, entrò nell’Accademia de' Filodrammatici, diretta allora dal Morelli, ed esordì il '55-'56 nella Compagnia di Adelaide Ristori, in cui stette oltre due anni, come generica, amorosa, seconda donna, servetta, e talvolta anche, nonostante la tenera età, madre o nutrice.
… Chi può farsi una ragione del come potevan quell’anima soavissima e quella mente serena riprodurre al vivo tutte le simulazioni, tutta la perfidia di quella donna !
Belo non é un traditor senza discolpa che si annunzia come virtuoso? […] Queste due, come altresì l’Olimpia, hanno di più il vantaggio di esser soggetti nuovi e inventati dall’autore, là dove pressoché tutte l’altre contengono argomenti trattati da’ predecessori. […] Peggio poi quando quella, ch’io chiamo picciola tragedia, é scritta in prosa, come d’ordinario avviene in Francia. […] Né ciò ballando, come se avessero sotto gli antichi nomi commesso gran forfatti, per non essere ravvisate si annunziano sotto nomi novelli, facendo un uso totalmente improprio e speciale de i generici titoli di dramma e di rappresentazione. […] Qualche buona commediola si é prodotta ancora in mezzo all’inondazione delle tragedie bourgeoises e delle commedie larmoyantes, come Les Mœurs du temps del Sig.
Fu al fianco di Eleonora Duse lungo tempo, come primo attore, per passare poi capocomico, qual’è tuttavia, in società con Claudio Leigheb, il rinomato brillante
Dal Perucci (Arte rappresentativa, Parte II, p. 333) apprendiamo, come nè il Baldi, nè il Calcese fosser comici di molta istruzione, ma d’ingegno naturale prontissimo.
Accanto alle commedie del Goldoni e del Nota figuravan sempre come contrapposto i drammi lacrimosi del Federici quando non erano l’Incendio di Troja e la Navigazione di Enea del Chiari, o La Grotta del Misfatto del Signori, o La Vendetta d’Apollo c Diana dell’Avelloni, per dir de’ meno peggio : nè anche mi par bene stabilito se il pubblico più volentieri accorresse a veder questi che a sentir quelle.
Altra lista mandava del 1650 Francesco Toschi, nella quale un Fabricio figurava come marito di Angiolina.
Bella di aspetto e di persona, dotata di non comune intelligenza, entrò in Compagnia Moncalvo il ’26 come prima donna giovine ; e tanto progredì con l’ammaestramento del chiaro artista, che fu il ’28 scritturata per un triennio qual prima donna dai soci Petrelli e Fabrici.
Tornato di Modena, ove fu, come dicemmo, a recitare a quel Teatro Rangoni, non si levò mai più dalla sua Bologna, dove morì nel 1767.
Sono le sue lodi, come quelle de'suoi compagni, nell’introvato libretto della Scena illustrata, che ho trascritto al nome dei singoli artisti da Fr.
Veramente la nuova divisione de'ruoli e delle parti ha fatto di lui un primo attore, ma, secondo le considerazioni antiche, oggi egli è sempre primo attor giovine ; come, secondo le moderne, si dee dire che primo attore egli è da un pezzo, almeno da quando, ammalatosi il Salvadori, egli lo sostituì nell’Armando con la Marini.
La grazia e la vivacità della di lui satira non veniva amareggiata dalla soverchia malignità come in Aristofane. Pungeva vagamente co’ motteggi gli uomini in generale ed alcuni ceti come le scuole Pitagoriche, e spiccava nelle dipinture naturali de’ costumi e delle nazioni.
), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo nell’elenco della Compagnia di Lelio (Luigi Riccoboni) chiamata da Filippo d’Orléans nel 1716, nella quale le parti di Angelica furon sostenute dalla Foulquier, soprannominata Catinon.
Ma se l’arte le arrise dal suo inizio, non le arrise fortuna materialmente : chè, sbalzata di compagnia in compagnia di varia specie e non certo delle migliori, trascinata di paesucolo in paesucolo, ebbe a patire ogni sorta di peripezie, sin chè, nel ’70, scritturatasi come prima donna assoluta con Achille Dondini, cominciò la sua vita nuova, che fu vita dell’arte propriamente detta.
Apparve la Carolina attrice di molti pregi così nella commedia, come nella tragedia : ebbe onore di applausi e poesie da ogni pubblico.
Il 31 ottobre del 1736 esordì come arlecchino nella Surprise de l’amour, e tentò di acquistarsi l’indulgenza del pubblico col seguente discorso che traduco dagli Annali del Teatro italiano di D’Origny.
, II, 477) : nel 1581 i Desiosi erano a Pisa, come ne fa fede il Montaigne (Voyage en Italie.
Molte compagnie l’ebber con sè attrice comica e compagna incomparabile : dalla prima, come s’è detto, del Peracchi, a quella stabile napoletana dello Squillace (1898).
A. qualche soccorso, tanto più il Rechiari non l’ha voluta in Compagnia, non sa come sostentarsi. » Il 5 dicembre del’91 scrive da Arezzo di Toscana a un segretario del Duca, perchè gli ottenga raccomandazioni per Roma, ove i comici di Silvio, con lor mene, gli farebber guerra.
Stabilitosi a Firenze, vi aprì una bottega di varie merci — come dice Fr.
Bartoli ci fa sapere come « al suo valore non corrispondesse ancora il di lei personale, che per essere basso, e pingue di soverchio le fu di molto discapito nell’arte sua. » Di ciò fa cenno anche il Gozzi nel canto ditirambico : L'Angelina il monte assaglia, ma s’ingrassi un po' più adagio.
Ma come non se ne terrebbe conto nell’atto di morte ?
Andreini Virginia), e lo vediamo a Parigi il 1621, fra i sottoscritori di una supplica del 12 maggio al Duca loro padrone, per ottenere che il Martinelli (V.) non abbandonasse la compagnia come avea minacciato di fare.
Tra gli originali, si notano : Qui pro quo, Luis Beretta, Montecarlo, Vita perduda, El Portinar, In soffitta, El servitor del Donato, Do moros, El Garibaldin, de’quali alcuni ancor vivi sulla scena ; tra gli altri non suoi di sana pianta, ve n’ha di quelli che non solamente vivono ancora, ma son fra le delizie del repertorio, come L’ultim gamber del Sur Pirotta, I duu ors, El Minestron….
Ernesto Rossi, Antonio Colomberti, Luigi Capuana, ne’loro ricordi di teatro e di critica ebber verso Anna Job parole di molta lode : e dei meriti suoi come caratterista e madre nobile posson far fede moltissimi anch’ oggi che poterono ammirarne la dizione spontanea e piana, il gesto sobrio, l’intelligenza fine, il contegno nobilissimo. […] Quindi deserte, o mal calcate, ancora Le domestiche scene, un di palestra D’egregia gioventù ; si che la grande Del porger arte, che pur tanta un giorno Parte si fu de l’eloquenza, e tante A Demostene, a Tullio, a Eschine, a Gracco Cure costava, abbandonò ben’anco Accademie e Licei : se pur non vuolsi Arte nomar e gl’ incomposti accenti Ed i lezi e le fredde enfasi ingrate, O i noievoli modi onde un antico Purissimo scrittor legge il pedante, Di come e punti osservator solerte.
Qual vanto per una privata benchè nobile accademia e per la città di Vicenza, che non è delle maggiori d’Italia, il possedere un teatro come l’Olimpico sin dal 1583 costruito alla foggia degli antichi?
Egli fu, come il maggior fratello Giovanni, attore di non pochi pregi, tra’ quali primo : la spontaneità.
Nel 1740 – dice lo Ial – egli fu ricevuto come segretario, serbando la parte di Scapino : e l’ 8 maggio del 1754, tre anni dopo la morte della prima moglie, si unì in seconde nozze con Maria-Giacomina Commolet, figlia di un capo sarto, dalla quale ebbe due figli, e la quale morì il 30 luglio 1769.
E narra il Bartoli come, dovendo trasferirsi la Compagnia in Portogallo, e volendo essa sentire il nuovo scritturato prima d’imprendere il viaggio di mare, pensò di farlo recitare a Genova in una commedia all’ improvviso.
– Oh come al giovanile desìo dài legge ed arbitra ti rendi dello spirto indomato !
Veneziana, moglie del precedente, e attrice egregia nelle parti di serva, fu sempre col marito sotto il nome di Corallina, eccettuato un triennio, in cui se ne staccò, per inconsideratezza, come dice il Goldoni.
., ed esordì a diciassette anni in Alba di Piemonte, salutata come una gentile promessa.
Canto, e compongo ancor per poche lire, e le cose fin quì non vanno male ; poi si vedrà come l’andrà a finire.
ma circa della Compagnia la qualle deba star in cori io son a ubidire li suoi comandi si come ò fatto per lo pasato ma suplico ben Sua Altezza Ser.
Ecco come il figlio Adamo ne’suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de’Fiorentini (Napoli, 1878, pag. 66) ci racconta la cosa.
Moglie del precedente, figlia di Antonio e Maddalena Zuanetti, artisti drammatici, fu artista bella, colta, di ottimi costumi, e più specialmente brava per le parti di delicato affetto, come, ad esempio, la Margherita nei Racconti della Regina di Navarra.
V.Soldino), e, all’occorrenza, si fondevano assieme, come argomenta il Baschet da un ordine di pagamento dato contemporaneamente ai due capocomici : « A Soldini florentin et Anthoine Marie venitien, commediens du païs d’Italie, la somme de deux cent cinquante livres tournois en testons à XII sols par livre dont le dict seigneur a faict don tant à euls que seize autres personnes de leur bande aussy commediens, etc., etc….. le unziesme jour d’avril mil cinqsoixante douze.
Accanto a queste vocali strascicate, altre ne proferiva scivolate, guizzate, salterellate…. nè questo accadeva per la volata incettatrice di applauso, come, ad esempio, nella Orfanella di Lowood, se ben ricordo, in cui colla frase « ed anche i cani delle reggïe muteee van rispetttati (alzata massima di tono, con immediato ruzzolamento delle parole che seguono) perchè portano sul collare una corona reale, » strappava i più calorosi applausi ; ma per le scene piane, nelle quali poi il difetto era più palese.
Luigi Carrani fu attore pregevolissimo così nella tragedia come nel dramma e nella commedia.
Tuttavia, come nel Cimadori si notò un leggiero miglioramento, il Duca, dopo di aver dimostrato largamente la impossibilità di far partire Finocchio, conchiude con queste curiose e poco edificanti parole : Atteso con tutto ciò quello che Vostra Signoria ci motiua e già che pare che sia in qualche miglioramento noi facciamo speditamente partirlo, stimando minor male l’azardare la di lui persona che potesse mai questa dilazione essere interpretata costì a difetto di prontezza e di uolontà.
In alcune parti, come del Maestro ne’ Rantzau, ebbe assai pochi che l’uguagliassero, niuno che lo superasse.
Marchesini Antonio, veneziano, ebbe molto grido come capocomico.
Recitava anche in parti serie, ma con poco buon successo, essendo egli troppo noto come buffone.
La grazia sta nel contegno, negli atteggiamenti, nella naturalezza, nella disinvoltura, nella semplicità, nella perfetta armonia, e nell’intero sgombramento di tutto ciò che è superfluo, od incomodo : il linguaggio della servetta deve essere franco, e talvolta ardito ; ma in generale il modo di dire delle nostre servette è tutto pieno di tanti fiori già appassiti nel loro nascere, come quelli che hanno sulla loro gonnella.
Tornata di Francia in Italia, fu applauditissima specialmente nella rappresentazione di alcune tragedie esumate dal marito, come la Sofonisba del Trissino, la Semiramide del Manfredi, ed altre ; fu grande nella Ifigenia in Tauride di Pier Iacopo Martelli, e nell’ Artaserse di Giulio Agosti ; e si vuole avesse ella il vanto di recitare la prima la Merope di Scipione Maffei, nel 1712. […] Dal suo matrimonio col Riccoboni nacque un figlio, Anton-Francesco Valentino, detto Lelio in Commedia, come suo padre.
Le stesse Nafissa vecchia ed Angelica cortigiana si può asserire che non sono come tutte quelle altre infinite cortigiane e vecchie della scena italiana. » Alla fine di essa è un suo sonetto, non brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la 3ª dell’atto II), la quale ci darà meglio un’idea dello scrittore e dell’artista : III Pocointesta & Gratiano Poc. […] Per vn presente ti lauerai il viso, come voglio, che tu pigli co tre pesci in porto, e vn passo in mezo il Teuere co 'l dissegno d’vna tetta vecchia, & che tu metta vna buona cura alle cose del hamingo, accio resti sano, & teghi l’acqua, & ch'io venissi col subito per vna cossa ch'importa. si che intendete il presente. la lettera no me la diede ; il viso me lo lauai ; i tre pesci eccolli, il passo in mezo il Teuere lo farò, se voi pagate la spesa del ritorno ; il disegno della tetta vecchia non se ne troua ; il Fiamingo, perchè non è stitico, non volse la cura ; ne li diedi l’acqua, perchè li piaceua più il Vino : il subbio eccolo. che ve ne pare ?
Moglie di un comico Adami, prima, poi del famoso Lolli, nacque a Roma nel 1635, e si recò a Parigi nella Compagnia italiana col giovane Biancolelli, con Eularia e Ottavio nel 1660 come servetta sotto il nome di Diamantina, che l’aveva già fatta celebre a Roma.
Dopo avere fatto gli studi classici, e avere avuto lezioni da sua madre, dallo zio Riccoboni (Lelio), e dalla zia Elena Balletti (Flaminia), si diede all’arte il 1 febbraio del 1742, sostenendo di punto in bianco le parti di primo amoroso nelle commedie così francesi, come italiane, poichè parlava assai bene e l’una e l’altra lingua, delle quali possedeva tutte le finezze.
Questa era una brava attrice, una brava Amorosa, del carattere di Vitalba ; e vecchia, com’ ella era, si conservava brillante, e vivace sopra la scena, un poco troppo anch’ ella nella parti serie ed interessanti, cercando, come il suddetto Comico, di porre tutto in ridicolo.
Quanto valesse Vincenzo Cammarano nella maschera del Pulcinella e come sapesse afferrare il suo pubblico e farlo ridere apertamente, sanamente, di quel riso che rifà il sangue, sappiamo da Cesare Malpica, del quale il Di Giacomo (op. cit.
La cagione dell’andar Michelagnolo in Francia si fu, che essendo egli stato ascoltato da alcuni Signori Francesi in casa di un Titolato, parve loro tanto grazioso, come lo era in effetto, che ritornato in Francia ne discorsero in Corte, laonde s’invogliò di sentirlo il gran Re Luiggi XIV, allora giovane, e lo fece chiamare con onorato stipendio.
E se come attore e direttor di compagnie s’ebbe moltissime lodi, non minori furon quelle tributate al direttore de' filodrammatici, l’affetto e il rispetto dei quali l’accompagnarono fino all’ultimo giorno di sua vita che fu il 6 maggio dell’ '88.
Ma di lui, o del Sommi, come suppone il D'Ancona, non monta.
Nè solo per Compagnie comiche, o per Accademie componeva i suoi prologhi, ma anche per Compagnie di canto, come abbiamo da quello de gl’inventori della musica, il ventiquattresimo della raccolta, che termina così : abbiamo proposto in questo luoco con la musica dei dolci concenti di cotanti amanti, ai cigni rassomigliati, e con le note di cotante Progne e Filomene, cantarvi dolcemente col suono delle vostre parole un’opera composta in Madrigale di dodeci voci.
Poi libretti d’opera, come L'Esule di Roma e Belisario, musicati dal celebre Donizetti, e una infinità di traduzioni dal francese e riduzioni in prosa e in versi che furon vive per molti anni ne'repertorj delle nostre primarie compagnie.
Fu poi, come Innamorato, in Compagnia di Pietro Rosa ; ma ammalatosi l’Arlecchino Bugani, lo sostituì egli più volte.
Ostinato come un mulo nell’errore de' comici vecchi, voleva ancora fare le parti da giovine, e riputavasi il più necessario di quella Truppa, quando bastava che lo vedesse in iscena la Udienza, per replicare un oh !
Il 1675 arrivò a Mantova da Napoli, comico del Duca di Modena, come abbiamo da una lettera di Alfonso d’Este, il quale chiamandolo principal parte della Compagnia e che si è strecto con promesse di Regalarlo bene, propone a quel Duca non gli si dien meno di 25 dopie, essendo questo un huomo che à testa. […] Annuncia il gran disordine trovato ne'suoi interessi, che muove alle lagrime gli stessi nemici ; ci vorran parecchi anni per saldar tutte le piaghe ; ma intanto, promettendo di essere l’ottobre a Modena, come da contratto, si raccomanda alla munificenza di S.
Per dissipar tal nebbia, e mostrar chiaro Che per natura non è l’uom proclive Alla malvagità, prender potete Per giudice e ascoltar come un oracolo Il popolo raccolto in un teatro. […] Cleone sembrò un uomo ordinario; egli era, dicevasi, come tutti gli altri. […] Si vede in essa dipinta una falsa virtuosa contrapposta ad una sua cugina amante de’ piaceri, ma ingenua e di buon cuore, come anche ad un uomo candido, il quale giudica bene della prima, e male della seconda per prevenzione fondata sulle apparenze, che però al fine si disinganna a stento per opera di una fanciulla che si occulta sotto spoglie virili. […] Palissot avea introdotto insipidamente Gian Giacomo Rousseau che cammina come le bestie carpone mangiando dell’erbe. […] Luigi Benedetto Picard nato in Parigi nel 1769, merita in preferenza di esser rammentato tra’ buoni compositori di commedie, e come attore, e capo di compagnia.
Pietro Barsi, artista dei più coscienziosi, dotato di una memoria ferrea e di un fisico, per le parti di caratterista, più unico che raro, intelligente, studioso, modesto, potè di punto in bianco acquistarsi la benevolenza de’pubblici meno indulgenti, come quello del Teatro Manzoni di Milano ; dove, specialmente nel repertorio Goldoniano, fu annoverato, e a ragione, tra’ buoni artisti.
A sedici anni era a Milano con Tommaso Zocchi, ingenua applauditissima ; a soli venti anni applauditissima prima attrice assoluta con Pisenti e Solmi. « Maravigliò – scrive il Regli – per la stupenda esecuzione da lei data a quelle parti, in cui più le violenti passioni campeggiano, come nel Ricco e Povero, nel Testamento d’una povera donna, nell’ Eulalia Granget, Era io » della signorina R.
Fu l’anno seguente con Romualdo Mascherpa, poi di nuovo colla società Colomberti, nella quale, come abbiam detto, sposò Alessandro Monti.
Sorella del precedente, nata a Trento il 30 agosto 1799, si diede come lui all’arte dei parenti, giovanissima, e riuscì a soli diciassette anni egregia nelle parti amorose di prima donna, mutandosi poi in egregia prima donna tragica.
Ma Pasquariello (non so bene da chi inventato ; probabilmente da Salvator Rosa, e incarnato poi da Giuseppe Tortoriti) non è nè padre, nè vecchio, nè parte nobile di alcuna specie ; ma sempre servo : e caratteristica sua è più che la parola la mimica, apparendo prima ballerino da corda, come lo ritrasse il Callot insieme a Meo Squacquera, poi un de' più agili saltatori della Compagnia italiana di Parigi nella seconda metà del secolo xvii.
Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempoa, Quanto dunque comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era una mescolanza grossolana di satira, di religione e di scurrilità, che cominciò a scandolezzare e ristuccare il pubblico, e fece sì che i Confratelli perdessero il teatro, che tornò a convertirsi in ospedale. […] Reca solo meraviglia (ei soggiunge) come gli ecclesiastici dipinti al vivo in tal commedia non si levassero punto a romore.
Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempo4. […] Reca solo maraviglia (ei soggiugne) come gli ecclesiastici dipinti al vivo in tal commedia, non si levassero punto a romore.
Al Capo II in fine della pag. 34, alle parole della nota, dopo il tempo de’ Romani, si aggiunga come segue.
Le maschere moderne cuoprono il solo volto e talvolta non interamente; e le antiche coprivano tutto il capo; e può additarsi come una rarità l’unica mezza mascheretta, simile a quella che oggi noi adopriamo nelle feste di ballo, la quale si vede nella Tavola XXXV del IV volume delle Pitture di Ercolano sulla testa di una figura di donna che dimostra di star cantando.
Giovanni Andolfati, specialmente come tiranno, ebbe grido di valoroso.
» Ecco come Goldoni racconta il triste fatto : Quest’uomo pure era ipocondriaco, ed avevo seco avuti in Venezia parecchi colloqui relativamente agli stravaganti effetti delle nostre malinconie.
Bartoli come innamorato e generico di qualche pregio.
Dettò egli la parte studiata nel Convitato di Pietra per la Pescatrice, recitata dalla figliuola del suo capocomico, Angiola Sacco Vitalba, che dallo stesso Bartoli riferisco in parte, come saggio : SORTITA Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, gridano a gara tra fronda e fronda gli augelletti, e tutte fan eco al canto lor l’aure soavi.
Morto il Petito nel '76, e l’impresario Luzi nel '77, Edoardo Scarpetta, dopo alcun tempo trascorso al Teatrino delle Varietà pur di Napoli, e al Metastasio e Quirino di Roma con Raffaele Vitale, riuscì finalmente a prendere in affitto il Teatro San Carlino, ripulendolo, ammodernandolo, rinnovandolo così materialmente come intellettualmente : alle bizzarrie a trasformazioni, ai lazzi improvvisi, alle maschere, alle vecchie e grottesche tradizioni del celebre teatro napoletano, fe' seguire la commedia scritta, moderna, elegante, brillantissima, vera.
Cantù Carlo), che in breve sarà di ritorno di Francia, come sin’hora ho anco recitato da Pantalone in diffetto della malatia che sin’hora ha trattenuto in Venetia il proprio Pantalone. » Da Parma passerà poi a Brescia.
Pietro il Grande, che dopo il suo viaggio rientrò ne’ suoi vastissimi domini, come dicesi che Ofiri entrò nell’Indie accompagnato da tutto il corteggio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione russa.
Dopo del loro Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano come le migliori favole del paese due tragedie di Rotgans, ed un’ altra della sig.
Maria, comico mantovano, il quale recitava nel 1620 sotto nome di Fortunio (assunto la prima volta da Rinaldo Petignoni de’ Gelosi) in una modesta Compagnia nei contorni di Cento, Modena, Finale o Carpi, nella quale era anche, non sappiamo se come semplice attore o capocomico, Flaminio, il celebre Gio.
Il Bissoni non ebbe elevatezza d’ingegno come artista, ma una sensibilità squisita, e un cuore eccellente.
Passò il ’96 con Zacconi, che fu come la scintilla che le fe’ divampar in incendio (e specialmente nelle Anime solitarie di Hauptmann) tutto il tesoro d’arte che possedeva e sapeva di possedere ; poi con Raspantini e Reinach, prima attrice assoluta, coi quali si trova ancora.
Qualora detto venivagli, che qualche altro recitava bene delle sue parti ; come, diceva, se il Goldoni le ha scritte per me !
Il comico Vitalba, buon uomo, ma cattivo attore, per sua sciagura aveva i capelli tendenti al biondo come quelli del Gratarol, e la sua statura era poco più poco meno, consimile.
E veramente nel comico, o sia grottesco, sonosi veduti tra noi dei balli degni di applauso ed anche dei ballerini che aveano, come disse colui, le mani e i piedi eloquenti, e non erano forse tanto lontani da Batillo.
È citato dal Quadrio sulla fede del Sansovino, che ne fa menzione assieme a un tal Franciotto, come Improvvisatori in maschera.
Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio.
Di un’altra Diana trovo notizia nella lettera dell’Archivio di Stato di Modena, che qui riproduco : Ser.mo Sig.re Cugino Oss.mo Bramoso d’incontrare in ogni opportunità le soddisfattioni di Vostra Altezza, hò dato ordine alla Diana Auerara di portarsi à recitare in conformità di quelli dell’ Altezza Vostra, la qual pregando uiuamente à porgermi frequenti occasioni di seruirla, come ne sarò sempre ansioso, mi raffermo con tutto l’animo Di V.
Ma del '51 e '52 lo vediamo in Italia, come appare dalla supplica del 10 agosto 1651 da Verona, di cui s’è parlato al nome di Fiala Giuseppe Antonio ; e da queste lettere che riferisco inedite dall’Archivio di Modena, in cui troviamo anche notizia della moglie Gabbrielli : Ser.
Fu scritturato il '40 in Compagnia Florio, come brillante e tiranno : recitava maravigliosamente nella stessa sera il tiranno Filippo in Bianca e Fernando e il brillante nel Cuoco e il Segretario ; sì che Maria Luisa, la Duchessa di Parma, ebbe per lui speciale ammirazione, e, nelle sere di suo beneficio, speciali elargizioni.
Lo vediamo il '79, Pantalone a Londra, non sappiam se solo o con la Compagnia, ma certo al servizio sempre di Don Alfonso,… come ci fa sapere la moglie Anastasia (probabilmente non comica), la quale, lontana dal marito, senza mezzi di sussistenza, e più con cinque creature da allevare, si raccomanda alla solita pietà e munificenza del Duca….
Le grazie di Corallina le acquistarono un numero considerevole di adoratori, tra cui Carlo Bertinazzi il celebre arlecchino, il Principe di Monaco, che le assegnò come semplice donativo, prima 1200 lire, poi altre 3000 all’anno, Létorière e Di Saint-Crix, ufficiali al Reggimento delle Guardie, e il Conte di La Marche, più tardi Principe di Conti.
Non furono queste stravaganti come le precedenti, ma vi si trascurano, come in tutte, le regole della verisimiglianza.
A lui fu per tal modo concesso dai padovani di erigere un teatro in legno, presso il Caffè Pedrocchi, detto allora Teatro Duse, di cui metto qui la riproduzione dell’interessantissimo sipario, il quale, oltre al comprender Luigi Duse nel suo costume, e gli altri di famiglia, l’Alceste sopr’a tutti, in quello de’personaggi nella Figlia del reggimento, dà anche una idea ben chiara di quel che fosse codesto teatro popolare, composto di tutta una famiglia, che viveva patriarcalmente, come non si potrebbe dire, e nella più perfetta delle armonie. […] Dopo doman me scade una cambial de 500 lire, e mi no so come far a pagarla ; e go paura che i me la protesta, e questo saria un bruto complimento per mi.
Cleonte non parve che un uomo ordinario; egli era, dicevasi, come tutta l’altra gente.
Il Biancolelli scrisse grandissimo numero di produzioni in verso e in prosa, con e senza musica, ora solo, ora in società con Legrand, Riccoboni padre e figlio, e Romagnesi, così per l’Opéra comique, come pei teatri di provincia e pel Teatro italiano.
Il 23 marzo del 1848 un avviso di Alessandria, col quale invitava il pubblico a una accademia di declamazione e di canto a beneficio dell’attore Francesco Sterni, cominciava così : La sera di giovedi 23 marzo è sera per noi di beneficenza cittadina, e questo, piuttosto che un ricordo teatrale, è un ricordo comune della tacita e reciproca promessa che ci siam fatta di ritrovarsi tutti come ad un convegno desiderato.
L’Armida Impazzita per amor di Rinaldo opera Eroica scritta in versi, non è produzione di questa Comica, come vuol supporre l’autore della drammaturgia.
Il gatto ch’era feroce come la sua padrona, correva, saltava, si nascondeva per tutto ; ma vedendosi perseguitato per ogni parte, arrampicossi sull’albero.
) dice di lui : …..egli seppe compensare collo studio indefesso certe manchevolezze ch’aveva da natura ; come a dire una voce ranca, una fisonomia accigliata e ribelle alla giocondità, così necessaria al ruolo di caratterista.
Io non ti udii già dir come solevi, Cloride vita mia. […] Comprendono di essere stati aggirati, ricuperano la tranquillità, e si confermano nel proposito di sposarsi come il padre di Gelopea condiscenda alle nozze.
Io non t’udii già dir come solevi, Cloride vita mia. […] Comprendono di essere stati aggirati, ricuperano la tranquillità, e si confermano nel proposito di sposarsi come il padre di Gelopea condifcenda alle nozze.
Primieramente per maggiore esattezza il principio della Lettera scritta al Signor Lampillas leggasi come segue: “Un pubblico Professore di disciplina Ecclesiastica di Liturgia e di Riti ne’ Regj Studj di San Isidro già chiamati Collegio”.
Figlia di artisti, cominciò a esser nota in arte come prima donna giovane della Compagnia Goldoni-Riva.
Il Goldoni ha parole di calda ammirazione per l’ingegno e l’arte del Collalto, alla grandezza della quale egli aveva, come ho già detto, contribuito in Venezia co’suoi insegnamenti.
ma riuerrente gl’ espone, come l’Anno passato, doppo hauerli esebita la sua Compagnia, non trouò la sodisfatione di V.
Io in tempo della sua malatia ho impegnato ogni cosa dell mio, et adesso per la prigionia l’ ho uenduto è non so più come mi fare, à mantenerlo la dentro, onde lascio considerare alla prudenza di V.
Niuno crederebbe che Luigi Decimoquarto avvezzo ad ammirare tanti capi d’opera sovrani in ogni genere di poesia sene dovesse compiacere, come infatti sene compiacque, della triviale e plebea rappresentazione della Pomona, ove si parlava a lungo di pomi e di carciofoli, che potesse aver la sofferenza di sentir parlare nelle Pene, e piaceri d’Amore Diana, Venere, e l’Aurora col linguaggio delle fantesche e delle ostesse, e che non si raccapriciasse per lo spavento nel sentir codesta bestiale invocazion de’ demoni che si faceva nell’opera intitolata la Circe «Sus Belial, Satan, et Mildefaut, Turchebinet, Saucierain, Gribaut, Francipoulain, Noricot, et Graincelle, Asmodeus, et tout la séquelle.» […] La fretta con cui gli lavorava, poiché spesso appena otto giorni spendeva in comporli, come asserisce il Marchese Maffei nella prefazione al teatro italiano, lo condusse a cadere talvolta in alcune inesattezze anche di stile poco elegante. […] Talvolta gli cadono dalla penna alcune che si direbbe essere state lavorate colla morbidezza metastasiana, come, per esempio, questa: «Dove sei tu Robusta gioventù?
Pietose buffonerie come la Puttana di Babilona di Edoardo VI. […] 198. n. come fa il Verardi 200. […] 436. e la Lingua Italiana come la più adatta al canto e all’armonia 351., rimprovera a’ Francesi il difetto di sensorio nella musica 353., parla della critica 298.
Non fu tragico Anassandride, come lo reputò lo spagnuolo Andres nel parlar rapidamente di ogni letteratura, ma comico della commedia mezzana secondo Ateneo, ed in essa, e non nel teatro tragico, introdusse le deflorazioni e le avventure amorose.
Andrea Grifio corrotto dallo spirito secentista dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, e Carlo Stuardo, tragedie, di più Santa Felicità tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gabaoniti tradotta dalla tragedia indicata del Vondel, la Balia versione della commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante trasportata da un’ altra commedia francese di Giovanni de la Lande; e finalmente due proprie commedie gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, come ancora due opere Piasto e Majuma.
Alle di lui commedie romanzesche, salite alle stelle, altre non men romanzesche contrapponeva il Goldoni, come : La sposa persiana, Le Ircane, La Peruviana, La bella selvaggia ; a queste altre nuove e più romanzesche, o meglio, più ancor bislacche contrapponeva il Chiari ; e, tra' due litiganti, chi godeva era il solito terzo, che accumulava danaro.
Pubblicata l’amnistia, e cessata ogni inquietudine per la diserzione, il Romagnesi restò due anni con Quinault, poi si scritturò con Giovan Battista Costantini, Ottavio, che aveva compagnia a Parigi nelle fiere di San Germano e di San Lorenzo, col titolo di Opera Comica, ed esordì a quel tempo come autore con la Comedia in prosa e musica in tre atti : Arlequin au Sabat, rappresentata alla fiera di San Lorenzo del 1716 con grandissimo successo.
Il corrispondente triestino del Mondo illustrato scriveva il 23 gennaio 1847 : « si parla più dell’attrice Arrivabene, come speranza delle scene italiane, che di musici e cantanti. […] Alfin due simpatie remote Trovansi un’ora, e forse come due Pianeti urtati nell’immenso Cielo, Gemendo si distaccano per sempre !
Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia.
Della poesia diam come saggio un sonetto alla stessa, alcuni madrigali amorosi, e il coro dell’Imeneo che chiude il primo atto di Afrodite.
Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia.
Per dissipar tal nebbia, e mostrar chiaro Che per natura non è l’uom proclive Alla malvagità, prender potete Per giudice e ascoltar come un oracolo Il popolo raccolto in un teatro. […] Ecco come egli ne ragiona con conoscimento nel Dialogo sopra la tragedia antica e moderna nella sessione VI: Osservo ne’ Francesi piuttosto un poeta il quale recita le sue poesie che un attore che esagera le sue passioni, mentre non solamente essi alzano in armonioso tuono le voci ne’ grandi affari, ma ne’ bei passi e nell’enfasi de’ gran sentimenti; di modo che par che non solo essi vogliano rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno del tragico. […] Nella satira le Russe à Paris Voltaire lancia alcuni motteggi amari su tal commedia, in cui s’ introduce insipidamente Rousseau che camina come le bestie carpone mangiando dell’erbe.
E poi dimorando egli da parecchi anni in Madrid, é meraviglia come sfornito di molti comodi letterari, abbia potuto venire a capo di formare una così bella, dotta e sensatissima opera.