Tutti ebbero del suo valore artistico un grande concetto, e più specialmente il Colomberti e l’ Aliprandi, i quali lasciarono scritto ne' lor ricordi che egli era fortissimo attore in ogni genere di lavori, ma sopr' a tutto in quelli del Metastasio.
Enrichetta Zerri-Grassi, attrice di molta intelligenza, se non di molti mezzi, fiancheggiò sempre col maggior decoro le prime attrici, che per la lor giovinezza e la loro figura (chè un tempo si badava anche a questo) non poteau abbracciare tutto i repertorio, quali : Pia Marchi e Annetta Campi.
Zingari della commedia dell’arte essi si sbandavano paurosamente, a quando a quando, come, nel verno, soffiasse sulla loro straccioneria la raffica della miseria, livida nemica di Talia ridente, oppur come – impensierito da’ reclami dei padri di famiglia che vedevano i lor figliuoli impegolati fra le attrici – il severo Tanucci fulminasse la banda comica con decreti di immediato scioglimento.
A. qualche soccorso, tanto più il Rechiari non l’ha voluta in Compagnia, non sa come sostentarsi. » Il 5 dicembre del’91 scrive da Arezzo di Toscana a un segretario del Duca, perchè gli ottenga raccomandazioni per Roma, ove i comici di Silvio, con lor mene, gli farebber guerra.
I trinciamenti d’aria col braccio e l’indice distesi, le inflessioni di voci ad alti e bassi, a scatti voluti, tutto il grande convenzionalismo dell’antica scuola, cedè il campo alle dizioni incolori nella lor naturalezza, alle movenze studiate nella lor trascuratezza, a tutto insomma il grande convenzionalismo della scuola moderna.
Io riporto quelle che ci descrivon gli ultimi tempi della Ceccherini, le quali non son meno incantevoli nella lor poetica tristezza (XVII-517) : L’ultima caratterista è morta nel settembre del 1889, per gli anni ch’eran molti e per la miseria, che era grave non meno.
Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali Greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le Latine pur troppo a cader di pregio e a svanire al paragone, così sono esse oscurate dalle commedie Greche cui in vano cercano di emulare“. Orazio, giudiciosissimo poeta e precettore (scrive Anton Maria Salvini) rende ragione, perchè i Comici Latini non abbiano aggiunto all’ eccellenza de’ Greci, zoppicando in questa parte la commedia Latina, per usare in questo proposito la frase di Quintiliano, uomo di squisito giudicio, seguito in ciò dal Poliziano nell’erudita Selva de’ poeti, dice, che di questa infericrità n’è cagione, che i Latini non hanno amata la fatica della lima, e stati sono impazienti d’indugio, mandando fuori troppo frettolosamente i lor parti, ne’ quali più ingegno che studio si scorge. […] Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, davansi lo stesso vanto; e tutti ce tamente non avrebbono scrupoleggiato di accertare sulla lor fede d’aver letto eziandio le commedie di Eupolide, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, e tutte quelle altre de’ Greci e Latini, di cui o pochissimi frammenti o appena i nomi, rimasti ci sono.
Vedeasi spesso misero ed afflitto Zanni dal Cantinella sopraffare, che gli correva addosso a naso ritto ; poi si sentiva il Cantinel cagliare, chè Zanni gli faceva un sopravento, ch’ il meschin non sapea dove s’entrare : e così gli altri ancora e fuori e drento facevan gli atti lor si gentilmente, ch’ ognun restava al fin lieto e contento. […] Non van sciolti fra lor Musica e Amore : E mentre intuona l’un, l’altro già scocca Dalla sonora innamorata bocca Con frequenti sospir voci canore. […] A. mi metta con chi uole e facci di me quello che li pare che sempre sarò pronto a seruirla ma l’esser poi strapazato con quella pouerazza de mia moglie sono cose che fano catiuo, tanto più che il dottore per essere a l’ombra del patrone me a fatto questo che se non fusse me farebbe li ponti d’oro per riunirci in sieme come me fano tutti li altri compagni li quali aspeteno con grandissima diuotione se sono in Compagnia si ò nò acciò poseno fare el lor uiagio per le lor case caso che fuseno esclusi ; di questo io ne suplico con ogni Umilta posibile il Sere. […] A. minaccie di uita per homo a posta, alhora ben che fureno false le imputationi si trataua di marito e moglie, et hora da un strano il tutto si comporta pacienza il tempo è padre de la uerità, antiuedo li disgusti che receuera la prima donna che uera da questo bon homo di già sento a buccinare molte cosse li quali (Dio facci che me ne menti per la gola) tutte saranno in danno della pouera Compagnia, nissune cosse mie noue ho fatto ne mai la mia scola per le ragione scritte tanto basti a chi di me più intende. il mio povero socero atende Grazia per guadegnarse un pezzo di pane e ciò lo suplico con ragione tanto più che non tirera ne quarto ne nulla, e pure tanti altri Comici ano le lor Gionte et sono soli, et io con Colombina non li posso far seruicio ben che sia mio socero : del tutto pero me contento per seruire a S.
Di che, non pur l’istessa Compagnia di Vittoria può ricevere accrescimento, ma particolarmente la nostra città, ove sperano di far lor comedie, sentirà grandissimo gusto, essendo Aurelia da ciascuno generalmente ben vista.
Ufficio che gli fu riaffidato al suo ritorno a Parigi, poichè riferisce il Campardon una querela colla data del 5 febbraio 1696 sporta dal Costantini a nome di tutta la Compagnia, perchè alcuni venditori ambulanti facevano smercio alla porta dell’Hôtel de Bourgogne delle arie che si cantavan sul lor teatro, composte dal musicista Gillier : arie, che per decreto del 17 dicembre 1694, non potevano essere stampate da chicchessia.
La piazza ov'egli agiva era piena sempre di gente a piedi e in carrozza ; ma, naturalmente, difettandovi i dotti, egli, all’intento di allettare la folla ignorante, ebbe l’idea peregrina e geniale delle quattro maschere italiane, che lo ajutavan co' lor lazzi nello smercio de'suoi specifici.
Ei fe' di tutti sperimento : e tutti trovi degni di premio all’oprar loro ; e lor darà centuplicati i frutti dall’arche d’oro.
Aveva buona voce, e quindi immaginò d’introdurre nella Commedia gl’ Intermezzi in musica, che per molto tempo furono uniti alle opere serie e che soppressero per sostituire i balli in lor vece (Ivi, XXXV). » — « Non sapea di musica ; ma cantava passabilmente, ed apprendeva a orecchio la parte, l’intonazione ed il tempo, e suppliva al difetto della scienza e della voce coll’abilità personale, colle caricature degli abiti, e colla cognizion dei caratteri, che sapeva ben sostenere (Pref.
Dettò egli la parte studiata nel Convitato di Pietra per la Pescatrice, recitata dalla figliuola del suo capocomico, Angiola Sacco Vitalba, che dallo stesso Bartoli riferisco in parte, come saggio : SORTITA Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, gridano a gara tra fronda e fronda gli augelletti, e tutte fan eco al canto lor l’aure soavi.
Era nata la lor discordia, perche ciascuno di essi pretendeua d’essere stato il fondatore, il fabricatore della città di Bologna, e non hauendo chi desse sopra di ciò la sentenza erano quasi quasi venuti alle mani ; perciò tutti allegri del mio arriuo Con mille reverenze e mille inchini fattomi sedere pro tribunali, &c, volsero, ch’io gli fussi il Giudice ; e sul vero Ci voleua un tant’huomo in tanta lite. Non prima mi fui posto nel Soglio giudicesco, che tutti in truppa, come tanti Zingari, cominciarono a voler dirmi le lor ragioni. […] Ma se per lo contrario (che non credo) ci denegherete la solita attentione, anch’ io cantando la Palinodia, a Gentil’ huomini, e virtuosi dirò che si sono troppo auari de’ lor beni, e fauori, pur cauandolo dalla voce istessa Bononia, Bo, bonorum, no, nobis, ni, nimis, a, auari, & à certi plebeuzzi, ignorantelli, se ce ne sono, pregherò il meritato fine all’ opere loro, dicendo, Bo, il boja, no, non, ni, nieghi, a, appiccargli.
Altre sul lor modello ne composero gl’italiani in quel periodo di decadenza. […] Avvegnaché la prima Accademia scientifica dei segreti della natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (come afferma il dotto abate Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) dal chiarissimo Giambatista la Porta, fertile ed elevato Ingegno, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che del regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi membri di essa col lor capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei istituita in Roma l’anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca d’Acquasparta, il quale «con raro immortale esempio», secondo che ci dice il signor abate Amaduzzi nel Discorso filosofico sul fine ed utilità dell’Accademie, «la sua casa e le sue sostanze per essa consecrò, e di museo, di biblioteca, e d’orto botanico generosamente la arricchì».
Piacque infinitamente allorchè si lesse, e Madama Baccherini n’era incantata ; ma gli spettacoli a Venezia avvicinavansi al lor fine.
Non si sa per via di quali ragioni, fu stabilito che i comici, ignari della gran vita che si agita fuor da essi, e parte attiva di quella sola artificiale che metton loro davanti agli occhi autori dall’indole più svariata, non posson dare, divenendo autori alla lor volta, che raffazzonamenti di commedie o scene altrui.
Il Casanova, trovatolo del '60 mutato in commediante, così ne scrisse : Vidi Pertici con piacere : essendo vecchio e non potendo più cantare, recitava la commedia e da buon comico, il che è raro, dacchè i cantanti, maschi e femmine, confidando nella durata della lor voce, trascuran l’arte della scena.
Appresa la triste lor condizione, egli si prese, nient’altro che per venire in loro ajuto, cura della bimba, che fu allevata, ancora in culla, sotto i suoi occhi ; e accortosi, coll’andar degli anni, della attitudini chiare alla danza, la fe'istruire dalla maggior celebrità di quell’arte.
[1.93ED] Dal ritratto che sta intagliato in fronte dell’opere tue ti ravvisai, ti conobbi nell’alma città di Roma e in una certa conversazione di giovani derisori che, oh lor fortunati se tanto di moderazione avessero quanto hanno d’ingegno! […] [3.105ED] Il mezzo termine per uscirne era appunto l’invenzione di un termine che nulla significasse, ma che nell’oscurità mostrasse involvere arcani, ed io fra me stesso rideva dello stralunamento degli occhi loro e de’ folli applausi delle lor lingue a ciò che né essi né io intendevamo. […] Dunque, se tu vuoi far verso, dovrai prender le regole date pel verso da Dante, dal Petrarca e da’ lor coetanei. […] [5.189ED] Lasciala lor metter dentro, altrimenti te li vedrai tutti addosso trafiggerti le tempie con soprani e contralti rimproveri. […] [6.62ED] Le loro commedie più celebri son pur verso ed io, che mi son trovato all’Anfitrione, son rimasto contento del lor recitare assai più moderato nelle declamazioni, e armonioso quanto bastava a non guastare il giro e posatura del metro.
Alcune traduzioni di qualche commedia del Goldoni, come della Sposa Persiana e del Bourru Bienfaisant son piaciute moltissimo al popolo, e dovea esserne lodato (fuorché in alcune alterazioni fatte senza gusto agli originali) qualunque egli siasi chi ha impreso a mostrare sulle scene spagnuole queste commedie; ma sul medesimo teatro sono state motteggiate da soliti piccioli compositori di saynetes, e ricevute con freddezza da alcuni pochi, che invecchiati in un certo lor sistema di letteratura, sdegnano di approvar dopo il popolo ciò che lor giugne nuovo, Vel quia nil rectum, nisi quod placuit sibi, ducunt, Vel quia turpe putant parere minoribus, et quae Imberbes didicere, senes perdenda fateri. […] L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri.
Fargnoccola) erano il 1581 a Pisa, l’ '88 a Roma ove fu lor concesso di far comedie di giorno, però senza donne ; e il D'Ancona giustamente si domanda se quel senza donne voglia dire senza che le attrici recitassero, o senza presenza di donne ; e con ragioni che mi pajon irrefragabili trova più accettabile la prima spiegazione.
Ma soprattutto delle nostre donne L’onor sicuro, la non dubbia fede Con tal ragion si può vantar, che vinto Dal rispetto, di lor più non favello. […] La lor filosofia di quai non sparse Delizie e fiori il viver de’ mortali! Grazie alle lor fatiche al fin del peso De’ vecchi pregiudizj e de’ doveri Scarchi respiriamo. Abbonda solo Di giolivi pedanti ogni adunanza: Sulle orme lor nelle festive cene Ragionar sanno ancor gli appaltatori: Son di decenza esempio i nostri abati: Di studio e di saviezza i curiali. […] Ripeterono indi i componimenti francesi de’ loro predecessori; ma non ritornando nel lor teatro il concorso pensarono ad abbandonar Parigi.
Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S.
A lui dovetter la lor gloria artistica Bersezio, Pietracqua, Garelli : da lui furon guidati i primi passi di due artiste possenti : la Tessero e la Pezzana.
Egli ha sentito tutte le lor cure, e l’ultime parole da lui proferite sono state di riconoscenza.
Egli andava assiduamente a frugar nelle vecchie commedie per rinsanguare il suo repertorio ; e quelle, cito ad esempio la Famiglia Benoiton di Sardou, metteva in iscena con la importanza di una novità ;… alla prima rappresentazione di esse, accortamente preparati, la stampa e il pubblico accorrevan in folla a dare il lor giudizio come si trattasse di grande avvenimento.
Titiro e Montano cedon finalmente a' preghi delle ninfe, e quello diviene sposo di Ardelia e questo di Fiammella, e le due coppie abbracciate si riducono alle lor capanne.
Quel giorno così lieto e si festevole, giorno sacrato al sempre biondo Apolline nel quale i figli del gran pastor Carolo tornando lieti dal gran lito Hiberico entraro dentro del lor patrio Hospitio : hoggi qui canto, in ripa al chiaro Eridano. […] E se insieme con lor fosse Pompeo, fra i Greci Achille, & il suo figlio Pirro, ancor di Troja Ettòr quel Semideo. […] E fra grotte tremende e gran dirupi, a caccia vado e con tutti contrasto ; e fuor d’atre spelonche, e statui cupi tiro i serpenti, & il lor dosso attasto con la mia claua, che ogni forza attera, che d’Ercole fu già, mentre viv’era. […] Oh essi sanno il lor mestiere alla perfezione ; essi conoscono l’umor del padrone, lo strisciano, l’incensano, lo magnificano, mentre bevono e mangiano a sazietà. […] Per te godon le scene il lor natio onore ; e già sen vola a Battro a Tile glorïoso il tuo nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso fio.
Nella terza scena del III, in cui si parlano la prima volta dopo la lor divisione Basilio e Chiteria, la tenerezza disgraziata aumenta a maraviglia l’interesse, commuove, e ricerca l’intimo dell’animo di chi legge o ascolta. […] Non ha egli seguito certi mercenarj traduttori, i quali, per piaggiare a lor profitto la nazione, traducono infedelmente Garcilaso, Villega ed altri, per mostrarli più corretti e più belli che non sono.
Padovano, fiorito nella seconda metà del secolo XVI, appartenne in qualità di Magnifico alla gran Compagnia de'comici Gelosi, e proprio quando la lor rinomanza era al colmo. […] Il Duca li fece pigliar tutti 3 et furno condannati alla forca, le gentildonne radunate insiemme tutte di Mantoua suplicaro per la gratia, et non fù possibile mai d’hauerli, solo che ottenero di farli i lacci, a lor modo i quali furno di fune così fragida che tutti 3 cadero in terra, et la città gridò gracia gracia, et benche i meschini fossero condotti alle prigioni semiuiui et che fossero tosati et salassati nondimeno il Duca staua anchor risoluto di uolere che fossero impiccati di nouo, et così, ni e, stata detta da bon autore, ma non gia scritta da quelle bande.
Nelle Commedie nelle quali andò allargando il concetto, non so dire se più proficuo che dannoso, de’ vari dialetti, egli restò di gran lunga inferiore al Ruzzante, di cui non aveva la maschia vigoria nel gettare i caratteri : forse qua e là migliori, nella semplicità della lor veste pastorale, le Egloghe.
Voce, azione, memoria tutto è in lor potere ; e sanno esser naturali anche nelle commedie le men naturali….
Io, che fra l’ombre osai trarle alla luce, gran Ferdinando, le consacro a voi, e in voi più bello il fasto lor riluce.
« Egli non potè aver maggiore fortuna – ho detto in principio – per la cerchia ristretta in cui visse. » E questa ristrettezza derivò un poco da tutto un insieme di dizione e di pronunzia e di atteggiamenti, nella lor grande spontaneità prettamente romagnoli, da farlo parer talvolta più tosto un attor dialettale ; e un poco per la numerosa famiglia che gl’impedì, proprio quando più ce n’era il bisogno, di prendere il largo, e di emanciparsi collo studio speciale da quei difetti d’origine che lo facevano apparire anima gentile in corpo rozzo.
Senza forze e senza Attori, o almen pochi ed ignoranti, privi affatto degli Autori che i lor parti dieno e tanti, come mai darvi piacere nel difficile mestiere ?
Basti che intanto se ne citino alcuni, i quali, nella lor varietà dànno un’ idea ben chiara della morbidezza e vigorìa del suo talento : Stuarda di Schiller – Medea di Legouvé – Norma di D' Ormeville – Messalina di Cossa – Amleto di Shakspeare – Maria Antonietta di Giacometti – Suor Teresa di Camoletti – Teresa Raquin di Zola – La Signora dalle Camelie di Dumas figlio – Fernanda di Sardou – Adriana Lecouvreur di Scribe – Il Signor Alfonso di Dumas figlio – Le Gelosie di Lindoro di Goldoni – La Casa Nuova di Sardou – La Donna e lo Scettico di Ferrari – La Giorgina di Sardou – Il Casino di Campagna di Kotzebue – Antony di Dumas – La Vecchia e la Nuova Società di Feuillet – Il Codicillo dello Zio Venanzio di Ferrari – Giuditta di Giacometti…. ecc., ecc., ecc.
Più volte abbiam visto attori e attrici salire in rinomanza col lor nome di battesimo o di famiglia, e più altre sol con quello di teatro : e forse il celebre Tabarini si nascondeva sulla scena sotto uno dei tanti nomi di Zanni o di altro tipo, non potuti sin qui identificare.
……Invan sperate che crescendo il valor vi cresca il lucro, o seco lor vi accolgano i signori dell’italica scena. […] Così all’onore provvegon di lor casta i semidei !
De’ Comici di Via Santa Maria (oggi Alfieri) più di me voi ne siete già informato, nè avete d’uopo che di lor vi dia veruna informazione.
Il quale atto commosse per modo Isabella, che volle per la pace comune, e perchè nel loro contratto di nozze nulla esistesse che potesse dare appiglio a quistion d’interesse, mutar l’istrumento nella seguente maniera : che si leuasse a suo tempo di tutto l’haver di Colombina la prouisione douuta alli suoi tre figliuoli, e per lei le sue gioje, & argenteria al prezzo come fu stimato ; del resto fosse a metà tra marito e moglie, con il guadagno venturo, lasciandosi dopo la lor morte heredi uno dell’altro.
Ma soprattutto delle nostre donne L’onor sicuro, la non dubbia fede Con tal ragion si può vantar, che vinto Dal rispetto, di lor più non favello. […] La lor filosofia di quai non sparse Delizie e fiori il viver de’ mortali? Grazie alle lor fatiche al fin del peso De’ vecchi pregiudizii e de’ doveri Scarchi respiriamo. Abbonda solo Di giolivi pedanti ogni adunanza: Sulle orme lor nelle festive cene Ragionar sanno ancor gli appaltatori: Son di decenza esempio i nostri abbati: Di studio e di saviezza i curiali. […] Ripeterono indi i componimenti francesi de’ loro predecessori; ma non ritornando nel lor teatro il concorso, pensarono ad abbandonar Parigi.
I lor giuochi, siccome ricavasi dalla Cronica Bolognese, erano d’ogni fatta, e ridicoli e serj, e d’industria e di mano, e di scena e di medicina eziandio. […] Diciamlo quì di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici che a lor bel piacere sono andati e vanno tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le nostre cose: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’ Italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie Gaulese, e surse non che il primo crepusculo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti e scienze tutte.
Quasi novelle rose al primo albore ch’ apron vermiglie il rugiadoso seno ; s’egli avvien che propinquo il suo candore spieghi giglio gentil fiorito appieno, fassi col misto lor vario colore sì dubbioso e cangiante il loco ameno, che non si può giammai scerner col ciglio se sia giglio la rosa, o rosa il giglio. […] Giva turbando i lor lascivi errori Zefir umil ch’ora raccolte, or sparte, a quello aurato vel sembrar le fea che diè’n preda a Giason l’empia Medea. […] Già tra’ que’ Regi nidi (proprio d’ Insubri a ministrar Compense) narran : che ’nfrà di lor tal gloria ha sparta, una sol MADDALENA, una sol MARTA.
Io lo metterei subito, nella scena dialettale, accanto a Ferravilla e alla Zanon : due artisti che per la loro vita vissuta dinanzi alla ribalta, assorbono dal lor primo apparirvi i sensi tutti dello spettatore.
Nel recitativo semplice adunque, che declamazion musicale piuttosto che canto dee propriamente chiamarsi, giacché della musica altro non s’adopra che il Basso, che serve di quando in quando a sostenere la voce, né si scorre se non rade volte per intervalli perfettamente armonici: hanno il lor luogo i personaggi subalterni, che noi abbiamo supposto finora inutili al canto. […] Gli affetti più liberamente si spandono, e sono, per così dire, nell’ultimo lor periodo. […] A misura però che il linguaggio si stende, che le arti si moltiplicano, e che la coltura delle lettere vi si aumenta, lo stile delle figure e de’ segni s’indebolisce, s’introduce l’uso de’ termini astratti, la filosofia, riducendo l’espressioni al significato lor naturale, va poco a poco ammorzando l’entusiasmo, la poesia, e la eloquenza divengono più polite, e più regolari, ma conseguentemerite meno espressive: appunto come i grani d’oro assottigliati, e ridotti in foglia dagli artefici, i quali, come dice l’Abbate Terrason, perdono in solidità tutto ciò che acquistano in estensione. […] Un vestiario, una conciatura di testa, che divenga lor propria? […] [NdA] perché di cento uomini di gusto e sensibili, che leggono e rileggono con diletto le Georgiche di Virgilio, a fatica si troveranno cinque, che leggano due volte nella lor vita il poema intiero di Lucrezio?
Lasciati da canto gli argomenti favolosi, che tutto abbracciando, per cosi dire, l’universo sono di lor natura sommamente dispendiosi, si rivolsero ben tosto a’ soggetti storici che dentro a’ più ristretti termini si rimangano circonscritti; e questi e non altri furono posti sulle scene.
Se furono sì molli i sibariti, magnifici e ghiottoni i colofonj, trafficanti i fenici, ospitali i lucani, ed i romani superstiziosi, se son bellicosi ed antropofagi gl’irechesi e i tapui, cerimoniosi i cinesi, pirati gli algerini, tutti sieguono l’esempio domestico che più d’ogni altro é lor vicino.
I pubblici commedianti che aveano inventate in quel secolo con lor vantaggio e buon successo nuove maschere per contraffare le ridicolezze delle diverse popolazioni che compongono la Nazione Italiana, recitavano le loro commedie dell’arte tessute solo a soggetto senza dialogo premeditato, come le cinquanta pubblicate nel 1611 dal commediante Flaminio Scala.
Se ciò potesse non essere, se Edoardo Ferravilla fosse corporalmente immortale, i Massinelli, il Pànera, il Pastizza, e gli altri personaggi da lui generati, troverebbero il lor posto accanto ai Don Abbondj e alle Perpetue.
…………… …………… ……… o delle Muse verace figlia, e delle Grazie alunna, a Te mi volgo, in Te conforto e speme giovami por ; che Tu Roscia de' palchi, Tu del bello imitar casta, decente, affettüosa, amabile, maestra farai le scene di lor meglio accorte ; e sarai vivo specchio, in che guardando attori e spettator, prendano forma d’ogni sincera teatral virtude.
Al nome di Emilio Zago (V. pag. 719) io scrissi del Ferravilla e della Zanon : « due artisti, che per la loro vita vissuta dinanzi alla ribalta, assorbono dal lor primo apparirvi i sensi tutti dello spettatore. » Oggi potrei aggiungere Giovanni Grasso.
» E più innanzi : « Chi vorrà Frittellino bisognerà pagare le anticaglie (allude alla moglie Orsola già vecchia per parti di fanciulla) e pigliare l’istessa discordia in Compagnia…. » Non sappiamo se per potenza d’amore, o per ragion d’amor proprio o di mestiere o d’interesse, il Cecchini subisse codesto diavolo in sottana : ma è certo che nell’una cosa o nell’altra si dee ricercar la causa della lor serbata unione. […] I Brevi discor si intorno alle comedie, comedianti et spettatori, dove si comprende quali rappresentationi si possino ascoltare et permettere (Venetia, Pinelli, m dc xxi), sono una difesa delle Comedie oneste contro i lor detrattori fatta con molta chiarezza e molta vivacità, in cui troviamo qualche notizia interessante pel teatro e pei costumi. […] Grisostomo che condanna gli attori come rovina dell’altrui patrimonio, conchiude : Diremo adunque che quel glorioso Scrittore non hebbe altra intentione che di far sapere, che quelle genti erano instrumenti per far distruggere i patrimonij a quelli che avviticchiavano la mente in le lor tresche ; onde posiamo credere, che si come egli sempre santamente scrisse il vero, che così hoggi, vivendo, darebbe nome a i nostri comici di conservatori degli altrui patrimonj ; posciachè un miserabile scudo serve per lo trattenimento d’un mese a chi si diletta di veder comedia, con il qual prezzo si compra ancora quel tempo, che da molti potrebbe esser speso in quei trattenimenti, che somministrano viva cagione di spender non solo il denaro, ma con esso la robba, la sanità, la vita, la reputatione e l’ anima.
Io voglio adunque persuadere a’ nostri musici quanto lor monterebbe di conoscere il meccanismo della loro lingua, e segnatamente di rivolgere l’attenzion loro all’energia de’ piedi onde ogni parola è composta. […] E primieramente mercè la scelta e il giudizioso intreccio di tali piedi, e di tali numeri essi perverrebbero a fissare, e a determinare l’espressione vaga, e sovente difettosa delle lor sinfonie. […] I dotti i più giudiziosi e più illuminati dell’Italia traveggono de’ difetti e de’ vizi nella lor musica, e perché dunque ci faremo noi coscienza di osservarli entrando nel medesimo loro sentimento? […] E appunto io fo accorti i nostri compositori, come ciò verrebbe lor fatto, se essi s’avezzassero a cogliere per tal modo il carattere principale de’ poemi che ponessero mente alle parti senza trascurare il tutto, se affrettassero la declamazion delle scene fermandosi meno sull’arie, e soprattutto se rivolgessero la sinfonia al suo vero fine ch’è d’accompagnare di sostenere, e non di dominare pervertendo il senso delle parole202.
Ma, dei Numi al partir, l’età più rea Successe, e fe men delle Selve amanti Le Ninfe, e incerto il lor pensier volgea.
Dal lor patetico, e dal piacere che gli è proprio, più speditamente usciremo. […] Se respirano, se camminano, se lavorano, se cantano, se danzano, le loro respirazioni, i loro passi, il lor lavoro, la cadenza del lor canto e del lor ballo, dividono il tempo in parti eguali. […] Deh non si abbiano a male, che uno ch’è sommamente affezionato alla loro professione, e che prenda un sincero interesse nella lor gloria, sì francamente per loro vantaggio ragioni. […] Esse al più possono aver luogo nelle opere comiche musicali: la tragica gravità, male a lor converrebbe. […] Ora, se egli non salutò né pur da lungi le annoverate arti, come potrà erigersi in lor direttore?