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92. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

Prima però verso il 1634 avea egli composta la famosa Maschera, intitolata Comus, produzione bizzarra che a guisa dell’opera dava luogo in un tempo al ballo ed al canto, di cui parla Paolo Rolli nella Vita di Milton, esponendone l’argomento, e commendandone la sublimità, di che non ci fa dubitare la vastità del suo ingegno.

93. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

Prima però verso il 1634 avea egli composta la famosa Maschera intitolata Comus, produzione bizzarra, che a guisa dell’opera dava luogo in un tempo al ballo ed al canto, di cui parla Paolo Rolli nella Vita del Milton, esponendone l’argomento, e comendandone la sublimità, di che non ci fa dubitare il di lui ingegno.

94. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Altri maestri di canto, di gramatica, di aritmetica, e di tutte le sette arti liberali, vi chiamò dall’Italia ad insegnare, mosso probabilmente da Paolo Diacono e da Paolino II di Aquileja, due uomini de’ più dotti del suo tempo. […] Dividevansi in Troubadores, cioè Trovatori detti dal trovar prontamente le rime e dall’inventar favole e narrarle in versi; in Canteres, o Cantori che aggiungevano il canto ai versi de’ Trovatori; e in Giullares, ovvero Giullari o Giucolieri, che equivalevano a’ Giocolieri o buffoni, i quali nelle pubbliche piazze, nelle fiere, e nelle feste o conviti che solevano dare le persone doviziose, intertenevano gli astanti con varie buffonerie accompagnate dal suono di qualche stromento ed anche dal ballo. […] Lampillas mostrare, che gl’Italiani di que’ miseri tempi erano nel latino idioma più barbari degli oltramontani, dovrebbe far vedere che fuori dell’Italia si scrivesse latinamente con più purità ed eleganza del famoso storico de’ Longobardi Paolo di Varnefrido; e che non fossero stati Italiani ma Spagnuoli quelli che Carlo Magno chiamò in Francia per insegnarvi la gramatica, l’aritmetica, il canto ecc.

95. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Dopo il canto egli vuol sapere da Mercurio, onde avvenne che la Pace abbandonò la Grecia? […] Questo canto è lavorato con forza e arricchito d’immagini poetiche. […] L’atto si chiude con un coro, ma prima del canto vi si osserva una novità. […] Potresti pià tosto imparar di canto. […] Dopo il canto del coro viene un messo a riferire le gran fabbriche alzate da soli uccelli nella nuova città.

96. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 148-185

Cantare dicesi pur da’ Latini e da noi il recitar versi, per quella specie di canto con cui si declamano; ed ogni poeta dice de’ suoi versi, io canto.

97. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO IV. La drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 47-73

Cantare dicesi pur da’ latini e da noi il recitar versi, per quella specie di canto con cui si declamano; ed ogni poeta dice de’ suoi versi, io canto.

98. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291

La rende pregevole l’ingegnosa semplicità dello stile senza arditezze, e l’ameno soggetto di una festa cinquennale, in cui si gareggia col canto per acquistare una bella Ninfa.

99. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO II. Pastorali Italiane. » pp. 131-143

La rende pregevole l’ingegnosa semplicità dello stile senza arditezze, e l’ameno soggetto di una festa cinquennale, in cui si gareggia col canto per acquistare una vaga ninfa.

100. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333

Le sue recitazioni del Manfredo di Byron, illustrato con grande orchestra da Schumann ; di monologhi suoi e ballate di Bürger, di Schiller, di Marradi con musica per pianoforte di Bellìo, di Liszt e di Ricci ; dell’ Egmont di Goethe, testè compendiato in bei versi italiani a commentare le armonie di Beethoven, hanno fatto comprendere come l’arte della parola possa utilmente e piacevolmente sposarsi al canto indefinito della musica strumentale.

101. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

L’intermezzo, o sia canto del coro dell’atto II, é congiunto alle querele di Elettra. […]  E le tenere spose,  E le madri canute,  L’una de l’altra a canto,  Piangon supplici e meste i loro mali. […] Si può osservare in questi tragedia, che i cori del I e del III atto sembrano più parlanti del II, il che si trova in altre tragedie ancora, e può servir di prova, che non sempre terminavano gli atti con un canto sommamente lontano dalla declamazione del rimanente della tragedia. […] Ma l’espressione é figurata, e non ne mancano altre di simil fatta altrove, come p.e. nell’Ecuba, nella quale si dice «incomincio il canto delle Baccanti», cioé prorompo in querele da forsennata. […] Allora potrebbe la tragedia dividersi in quattro atti così: Il I, composto del I e del II della prima divisione, terminerebbe col canto del coro, «O rupi Cianee che congiungete i mari ec.»

102. (1715) Della tragedia antica e moderna

[4.100ED] L’altro è che questo ornamento della dolcezza ricompensa quegli altri ornamenti, che la locuzione della tragedia non ha; e però han creduto gl’inventori della medesima di doverla aiutare con l’apparato, col suono degl’instrumenti e col canto de’ cori e con la dolcezza del ragionare; recedendo anche alle volte dal jambo ordinario non solamente ne’ cori, che di lor natura ciò portano, ma nelle scene degli atti. […] [5.77ED] Questo testor de’ versi vorrebbesi lo stesso compositor delle note e siane esempio il vostro famoso contralto cognominato Pistocco, non meno celebre per aver raffinato l’esercizio del canto che per aver congegnata la combinazion delle note in maniera la quale si è poi propagata con tanto onor dell’Italia e particolarmente della tua patria. […] — [5.199ED] — A quel che ascolto — io tutto smarrito risposi — egli è più faticoso il far male che bene. [5.200ED] Si suda meno a comporre una buona che una cattiva tragedia, giacché deduco da’ tuoi discorsi che il melodramma è un’imperfetta imitazion de’ migliori e in conseguenza un’imperfetta tragedia che non può vivere con applauso fuor delle note e del canto[…] [5.223ED] Ma il canto, che pure t’imparadisa animato da quelle note, fuori di quelle non ti sconcerta se scoppia? […] — [6.28ED] — Di buona voglia — soggiungea l’altro — m’appiglio a convincerti che la tragedia greca si cantava e non si cantava. [6.29ED] Se per canto tu intendi quella sorta di musica che voi usate nelle vostr’opere, dico che non si cantava, perché tu ben conosci quanto è ridevole che un personaggio agitato dalla passione rompa a mezzo del recitativo in una perlopiù saltellante arietta. [6.30ED] Ma dei pertanto sapere esservi un’altra sorta di canto, che conviene a’ versi nel recitarli ed alle passioni nell’esprimerle vivamente, e questo è quello che si ascoltava nelle tragedie. [6.31ED] Del nostro canto voi non avete un’esatta idea negli antichi scrittori e ne godo per nostra riputazione.

103. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

E particolarmente teneva cura d’aver persone atte al Coro, facendole a spese pubbliche instruire e nel canto e nell’arte del salto e del ballo: e così instruite ed instrutte a tale ufficio destinate e salariate teneva; ed a quei Poeti, che ad esso paresse che ne susser degni, ed a quelle tragedie che ad esso pareva che lo meritassero, lo concedeva.

104. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

[81] «E più oltre parlando della melodia in contrappunto si spiega come segue: “Si badò sopra tutto a conservar l’unità nella melodia, regola fondamentale di musica, come lo è di tutte quante le belle arti, la quale consiste nel rivolgere verso un’oggetto tutta l’attenzione e tutto l’interesse dell’uditore, nel rinforzar il motivo dominante, ovvero sia il canto della parte principale con quella di ciascuna in particolare, e nel far sì che l’armonia, il movimento, la misura, la modulazione, la melodia e gli accompagnamenti s’acconsentano scambievolmente, e non parlino, a così dire, che un solo linguaggio. […] Ne’ tre seguenti capitoli del secondo tomo dell’edizione bolognese non vi sono secondo l’estrattiva tante opinioni che gli facciano dubitare della loro certezza: pure i principi ond’io parto per esaminare lo stile del moderno canto italiano sono gli stessi stessissimi, che mi serviron di scorta per disaminare lo stile delle moderne composizioni. Se questi sono falsi, anche falsi devono essere quelli del canto, e se non si può dubitare della certezza de’ secondi, non può nemmen rivocarsi in dubbio la certezza de’ primi. […] Il canto moderno altera colle sue stranezze, e travisa l’imitazion naturale a segno che, tolta ogni connessione colla poesia, altro non rappresenta fuorché un quadro arbitrario, e in tutto disforme. 2. […] [NdA] Vedi Giambattista Mancini nelle Riflessioni pratiche sul canto figurato.

105. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

I Selvaggi d’Ulietea, anzi d’ogni contrada e d’ogni tempo, non oltrepassando i balli o pantomimi accompagnati dal canto, danno a divedere al filosofo investigatore in qual distanza dalla coltura essi ritrovinsi. […] Ottimamente ad altro proposito cantò Pope nel IV canto del suo Saggio di Critica volgarizzato dal celebre Conte Gasparo Gozzi: . . . . . . .

106. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226

Sol ti rivenga Qualche volta al pensier, quando t’ascolti Suonar per questo italico deserto Riverito il mio nome o vilipeso, Ti rivenga al pensier che un’infinita Riconoscenza a te, pia creatura, Mi lega d’invincibili catene, E seguirò coll’anima le tue Poche gioie, o diletta, e i tuoi dolori Sin che tra questo di civili belve Covo io rimanga alla calunnia, e al canto !

107. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Altri maestri di canto, di gramatica, di aritmetica e di tutte le sette arti liberali, vi chiamò dall’Italia ad insegnare, mosso probabilmente da Paolo Diacono e da Paolino II di Aquileja, due uomini de’ più dotti del suo tempo. […] Lampillas mostrare che gl’ Italiani di que’ miseri tempi erano nel latino idioma più barbari degli oltramontani, dovrebbe far vedere che fuori dell’Italia si scrivesse latinamente con più purità ed eleganza del famoso lodato storico de’ Longobardi Paolo di Varnefrido, e che non fussero stati Italiani ma Spagnuoli quelli che Carlo Magno chiamò in Francia per insegnarvi la gramatica, l’aritmetica, il canto ec.

108. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168

Non vi restava se non quel folletto di Mercurio a farmi sentire le sue ragioni, il quale senza aspettar l’inuito, cauatosi il capelletto, e di mio ordine messo in vn canto quel baston, che suol portare in mano, fece vna bella, e lunga cicalata, mostrando come tutto quello, che haueuano ditto gli altri Dei era Alchimia, e non poteua stare a martello ; e che lui solo era il pater patriæ Bononiensis ; vedendosi che tutti i Bolognesi come figliuoli, e descendenti di Mercurio Dio dell’eloquenza, nascono con vna buona inclinatione naturale alla Rettorica, e son dotati d’vn facondo parlare.

109. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Era l’ altra Margherita Costa pel canto e pel suo vergognoso traffico famosa. […] Certo si è che la Spagna e l’Italia hanno avuto sopra le nazioni moderne il vergognoso primato di rinnovare l’usanza di smaschiare la gioventù, e di addestrarla così malconcia ad esercitare il canto, e par che abbiano l’abbominevole privilegio di continuarlo88. […] L’Italia poi che al dir del Maffei e nel bene e nel male suole andare innanzi ai concorrenti e soprastare, addottrinò così bene nel canto i suoi castrati, e tanti n’ebbe che potè fornire all’Europa tutta molte voci soprane conservate in quest’infelici con tanto oltraggio della natura.

110. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO III. Commedie del secolo XVII. » pp. 292-313

Ma quando anche il dotto Maffei e qualunque altro uomo di lettere più illustre pretendesse formare un mucchio spregevole di tutto ciò che si scrisse in quel secolo pel teatro, noi gli diremmo con rispetto ma con franchezza che s’inganna, ed avremmo dal canto nostro gl’imparziali e meglio informati.

111. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VII. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo del Lulli, e del Quinault. » pp. 245-266

Lulli all’opposto tutto dovendo a se stesso, tutti a suo favore raccolse i voti de’ Francesi, i quali confessano di doverglisi tutta la delicatezza della musica e la meravigliosa proprietà del canto.

112. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Al di sotto del pulpito e nel bel mezzo del teatro era l’orchestra destinata al canto e ai movimenti compassati del coro, la quale così chiamavasi dal saltare, dal verbo ορχεομαι, salto.

113. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO IV. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo di Lulli e Quinault. » pp. 59-74

Lulli all’opposto tutto dovendo a se stesso, tutti a suo favore raccolse i voti de’ Francesi, i quali confessano di doverglisi tutta la delicatezza della musica e la maravigliosa proprietà del canto.

114. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Euripide stesso dice nel l’Ecuba, incomincio il canto delle baccanti , cioè prorompo in querele da forsennata. […] Non si vede però allora eseguito questo canto, e pare che vi manchi il coro. […] Allora potrebbe la tragedia dividersi in quattro atti così: il primo composto del primo e del secondo della prima divisione terminerebbe col canto del Coro, O rupi Cianee che congiungete i mari ; il secondo conterrebbe il terzo, ed il quarto terminando col Coro che incomincia, Tenero augelletto che errando vai ; il terzo terminerebbe col Coro sopraccennato della quarta scena del l’atto quinto; ed il quarto comincerebbe dalla scena quinta.

115. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

E quando ripiglieranno il canto, l’ilarità, il riso? […] Chi non ravvisa nel Metastasio il gran maestro allorchè (nel tempo stesso che si presta al duro impero dell’uso e del canto introducendo amori subalterni come pur fecero i migliori tragici francesi) c’interessa pel solo protagonista mostrandolo in preda d’un amore forte, imperante, disperato qual si richiede nella severa tragedia?

116. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

Il signor Palissot in una nota posta sotto questi due versi del canto II della sua ingegnosa Dunciade, On y voyait et le sombre Falbaire, Et Beaumarchais, et l’ennuyeux Mercier , dice, auteurs de drames, bien ampoulés, bien sombres, bien lugubres, et plus ennuyeux encore.

117. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Ottimamente ad altro proposito cantò Pope nel IV canto del suo Saggio di Critica, secondo il volgarizzamento di Gasparo Gozzi: Sotto un colpo istesso Roma cadeo con le belle arti insieme.

118. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

DI GHERARDO BORGOGNI l’ Errante Accademico Inquieto di Milano Apollo, questa il cui valor cotanto ammiri, ed ave per teatro e scena Italia e ’l Mondo ; e d’ eloquenza piena, e de’ socchi e coturni illustre vanto ; or con l’eburneo plettro, ed or col canto teco s’agguaglia ; e qual del ciel Sirena, move gli accenti con sì dolce vena, ch’altri col carme non poggiò mai tanto. […] Splendano or qui le vostre faci intanto, pompa a le belle esequie ; e non più liete voci esprima di festa il vostro canto. […] Dipinti Augei, che per le Tosche selue Di ramo in ramo saltellando andate, Dite nel vostro canto : La gloria d’Arno, e la sua pompa è morta.

119. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Al di sotto del pulpito e nel bel mezzo del teatro era l’orchestra destinata al canto e ai movimenti compassati del Coro, la quale cosi chiamavasi dal saltare, dal verbo ορχεομαι, salto.

120. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Pistoia, questo dì 21 di ottobre 1589. » pp. 405-415

Come è probabile che un commediante fosse preposto a giostre e tornei, così è anche probabile che si desse in quel tempo il nome di Roscio a chi si mostrasse espertissimo di cose teatrali in genere, quali la musica, le giostre, i tornei, la declamazione, il canto….

121. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Di Venezia, 21 marzo 1620.Venezia, 16 di giugno 1618. » pp. 513-520

quel povero Don Giovanni non seppe più da che canto rifarsi per avere un po' di pace.

122. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Giungono i Bardi e cantano la vittoria di Fingal; ma il loro canto è interrotto dall’avviso della morte di Comala. […] Questo picciolo poema rassomiglia più a un dialogo che a un dramma; ma chi rifletterà al luogo, all’entrate successive de’ personaggi, alla mescolanza del canto alla narrazione, vi troverà azione, spettacolo, patetico e movimento.

123. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

E crede che l’Epopea non debba narrare se non orrori, ammazzamenti, e Antifati, e Scille, e Ciconj, e Polifemi, e Lestrigoni, senza esserle permesso di descrivere gli antri di Calipso, gl’incanti di Circe, i giardini e i conviti di Alcinoo, il canto di Demodoco sulla rete fabbricata da Vulcano per inviluppare Venere e Marte?

124. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

Ed ha estinta al suo sepolcro a canto l’alma a i sospiri, e per pietade appella il cor per gli occhi a consumarsi in pianto.

125. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

L’accoppiare quelle due virtù, tra se opposte, brevità e chiarezza, quanto sia difficile nelle composizioni (e massimamente ne’ drammi musicali che non possono adottare per loro uso nel canto serio più di sei in sette mila parole radicali tra le quarantaquattro mila noverate da Anton-Maria Salvini nella lingua italiana) ce l’insegna Orazio allorché dice nell’Arte poetica: ……… brevis esse laboro, Obscurus fio. […] «Gli dei, dicea Platone, impietositi delle fatiche e delle pene inseparabili dall’umanità, fecero all’uomo il dono del canto e della poesia……» Or se l’opere di Metastasio piacciono, non che alla sua nazione, a’ forestieri, nonché ai dotti, al popolo, «il quale, come saviamente dice Anton Maria Salvini, sebbene imperito delle finezze delle arti, pure possiede in se il comune senno, e ’l dettame del naturale giudizio, e meglio de’ semidotti ascolta, e de’ dotti appassionati», non so comprendere, perché certi critici vanno assaggiandole colle ristrette misure dell’antica poesia greca, e con freddi raziocini».

126. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Ardisco dir ciò a mezza bocca, perchè rifletto dall’altro canto che con maggior buffoneria il carattere potrebbe guastarsi. […] Per conchiudere ciò che alla commedia italiana si appartiene, uopo è accennare che ad essa verso la fine del passato secolo si trovò aggregata l’opera buffa che si cantava nella Fiera; e che sogliono rappresentarvisi opere italiane de’ nostri più celebri maestri, e pastorali, e commedie, balletti, e parodie francesi, recitate senza canto fuorchè nelle arie, e ne’ cori e finali e duetti.

127. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Giungono i Bardi, e cantano la vittoria di Fingal; ma il loro canto è interrotto dall’avviso della morte di Comala. […] Questo picciolo poema rassomiglia più ad un dialogo che ad un dramma; ma chi rifletterà al luogo, all’entrate successive de’ personaggi, alla mescolanza del canto alla narrazione, vi troverà azione, spettacolo, movimento e patetico.

128. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Dall’altro canto mostra talvolta qualche affettazione nell’elevarsi, corre dietro alle forme troppo poetiche e alle parole troppo latine, come osservò anche il conte Pietro da Calepio, e non va esente dal cicaleccio, ciò che si vede sin dalla prima scena nella narrazione che fa Oreste delle proprie avventure incominciando dalla guerra di Troja. […] Nel racconto della morte di Nino il poeta imitando in parte l’attitudine di Tancredi al sepolcro di Clorinda principia colla pittura più espressiva del di lui dolore alla vista de’ figli e di Dirce: Giunto al fiero spettacolo si stette Pallido, freddo, muto, e privo quasi Di movimento; e poco poi dagli occhi Li cadde un fiume lagrimoso, e insieme Un oimè languidissimo dal petto Fuori mandò, così dicendo… Torquato Tasso nella Gerusalemme canto II, stanza 96 avea detto: Pallido, freddo, muto, e quasi privo Di movimento al marmo gli occhi affisse. […] Crede egli dunque che il canto esclusivamente la costituisca tragedia?

129. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

Messer Giovambatista, o ver signore come vi piace, pur ch’io non v’inganni, state ad udir del mio canto il tenore.

130. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Nulla vedete in quel canto?

131. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Dall’altro canto mostra talvolta qualche affettazione nell’ elevarsi, corre dietro alle forme troppo poetiche e alle parole troppo latine, come osservò anche il Conte Pietro da Calepio, e non va esente dal cicaleccio; il che si vede sin dalla prima scena nella narrazione che fa Oreste delle proprie avventure incominciando dalla guerra di Troja. […] Crede egli dunque che il canto esclusivamente la costituisca tragedia? […] Tasso canto XII, stanza 96: Pallido, freddo, muto, e quasi privo Di movimento al marmo gli occhi affisse.

132. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

., benchè esse si sieno rappresentate e si rappresentino attualmente col solo canto naturale della favella.

133. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Oltrechè in molte migliaja di commedie recitate della medesima nazione, a riserba di qualche dozzina di esse, si trovano frequentemente alcune strofe o canzonette cantate in coro dalle damigelle di qualche principessa, nell’impressione delle quali, se si avesse voluto conservare il nome del maestro, avrebbe potuto notarsi con ogni proprietà, vi fece la musica il maestro N, benchè esse si sieno rappresentate, e si rappresentino attualmente col solo canto naturale della favella.

134. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

Pur è uer, e lo sento, Che mi rubasti il core : E gli diè la tua forma, il fabro Amore ; Mentre con sì soaui e dolci note E fra rubini ardenti Sciogli musici accenti ; Che ’l Cielo pareggiarli anche non puote, Ma non stupisco io già, che possi tanto ; Ch’Angiolo al uolto sei, Sirena al canto.

135. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

Nella commedia italiana cui si trova aggregata l’opera buffa che si cantava nella fiera, sogliono anche rappresentarsi opere italiane de’ nostri più celebri maestri, e pastorali, opere-comiche, commedie-balletti, e parodie in francese, recitate senza canto fuorchè nelle arie, e ne’ cori, finali, e duetti.

136. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Ma confusa poscia quest’arte stessa con gl’ inconditi e quasi estemporanei surriferiti versi Saturnii e Fescennini, prima di partorire la poesia drammatica, diede l’origine alla satira tutta Romana20, nella quale, non già come prima alla rinfusa e rusticamente si motteggiava, ma con un canto regolare e con un’ azione assai più congrua e composta21. […] Per quello che mi disse un dì mia madre, In cucina, in un canto a man sinistra.

137. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

[4.6.3] Alla separazione degli atti appartiene il coro, che dal più de’ nostri lor si frappone; al qual proposito tornan bene varie osservazioni da me fatte addietro, da cui si raccoglie ch’io non saprei approvare tale uso, imperciocché quando esso non è stabile conviene che il suo canto sia un membro di cantilene noiose che non abbiano veruna connessione con la favola, non potendo versare che sopra cose generali, le quali or poco or nulla s’adattano all’azione, i cui intrichi non gli debbono verisimilmente esser noti; dove all’incontro è fermo convien privare le tragedie o della segretezza, con la qual d’ordinario si sostengono, o del verisimile. […] [4.6.4] A tutto ciò deesi ora aggiungere che riempiendosi gl’intervalli che sono fra l’uno e l’altro atto col canto del coro, essi non si possono immaginare punto più lunghi del tempo che si consuma nel medesimo; però perdesi il vantaggio di poter rappresentare con verisimiglianza le azioni che richiedono più ore della rappresentazione attuale. […] Udeno Nisieli ne’ suoi Proginnasmi 140 ragionando in altra guisa a favore de’ versi settesillabi della Canace disse che si potrebbe muovere una lite a Greci ed a Latini perché usassero nella tragedia versi più corti che nella commedia, ma parmi che a ciò si possa rispondere che la maggior parte de’ versi corti conviene al coro in Grazia del canto ed il rimanente de’ medesimi, che non è molto, serve d’ordinario all’espressione delle commozioni, che stimolan le persone ad alcun tuono straordinario. […] Onde conoscendo eglino che la soavità del canto rapiva dolcemente i cuori umani, e che ’l discorso da certe leggi misurato portava più agevolmente per via degli orecchi dentro l’animo la medicina delle passioni, racchiusero gl’insegnamenti in verso, cioè in discorso armonioso, e l’armonia del verso accoppiarono con l’armonia ed ordinazione della voce, che musica appellarono», Gian Vincenzo Gravina, «Della tragedia», in Id., Scritti critici e teorici, a cura di Amedeo Quondam, Bari, Laterza, 1973, p. 507).

138. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Nulla vedete in quel canto?

139. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Si pensò pertanto verso l’anno 391 di Roma ad invitare un attore scenico dell’Etruria il quale per la sua nuova graziosa e dilettevole agilità (all’usanza de’ Cureti e de’ Lidii, da’ quali traevano l’origine gli Etruschi) riuscì ad essi molto grato, Ma confusa poscia quest’arte stessa con gl’inconditi e quasi estemporanei surriferiti versi Saturnii e Fescennini, prima di partorire la poesia drammatica, diede l’origine alla Satira tutta Romanaa, nella quale, non già come prima alla rinfusa e rusticamente si motteggiava, ma con un canto regolare, e con un’azione assai più congrua e compostab. […] Per quello che mi disse un dì mia madre, In cucina in un canto a man sinistra.

140. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Per dare un saggio della declamazione teatrale e della melopea de’ greci, egli ne fece recitar senza veruna fonte di canto le parole; e la musica, esprimendo gli affetti del personaggio, secondandone i movimenti, dipingendone la situazione, riempiva soltanto gl’intervalli e le pause della declamazione.

141. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Quel giorno così lieto e si festevole, giorno sacrato al sempre biondo Apolline nel quale i figli del gran pastor Carolo tornando lieti dal gran lito Hiberico entraro dentro del lor patrio Hospitio : hoggi qui canto, in ripa al chiaro Eridano.

142. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Ma l’autore gli diede il titolo di Fisedia, cioè canto della natura ristretta agli uomini. […] Si vuole esser dotato di gusto fine, di acuto aguardo per ravvisare nel Metastasio il gran maestro, allorchè (nel tempo stesso che prestasi al duro impero dell’uso e del canto introducendo amori subalterni) c’interessa pel solo protagonista agitato di un amor forte imperante disperato, qual si richiede nella severa tragedia. […] Il disviluppo segue acconciamente con que’ pochi versi che dal canto possono ricevere espressione e calore.

143. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Non è nè tragedia, nè commedia, e porta il nuovo titolo di fisedia, cioè canto della natura ristretta agli uomini. […] Il disviluppo segue acconciamente con que’ pochi versi che dal canto possono ricevere espressione e calore.

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