La vittoria si dichiarò per gli comici, se ad altro non si miri che al pregio dell’ invenzione e al piacere prodotto dalla novità degli argomenti. […] Eccovi tre comici caratteri da piacere in tutti i tempi nelle più colte città: una donna vana che dameggia, un figliuolo di un villano che fa da cavaliere e si occupa di carrette (ed ora diremmo di carrozze) a due, a quattro ed a sei cavalli, e un contadino mal accasato che a suo dispetto si tratta da gentiluomo e si carica di debiti e di angustie. […] Il Torto mette in ridicolo siffatte cose come rancide e fuor di moda, per le quali l’uomo si priva di ogni piacere e delizia della vita. […] Egli è vero, che da alcuni di voi, o spettatori, gli è stato amichevolmente insinuato di astenersi dal troppo accusare; ma egli ne ha imposto di rammentarvi la gran difficoltà di comporre ottime commedie atte a piacere, e quanti pochi sinora vi sieno riusciti. […] Questa è una scena episodica del comico più basso e triviale, che forse per qualche allusione potè allora piacere agli Ateniesi, e che ha dato al Nisieli motivo di declamar fortemente, quasi in essa consistesse tutto il pregio della farsa degli Acarnesi.
Gli antichi Greci insegnano ai moderni ingegni l’arte d’interessare e piacere senza ampollose accumulate particolarirà e romanzesche azioni. […] Sommo impeto di vigorosa eloquenza scorgesi nel coro del medesimo atto primo, e la dipintura vivace del sacco di una città presa per assalto si legge con gran piacere nell’atto secondo. […] I Persi è tragedia da leggersi attentamente da chi voglia impadronirsi della grande arte d’interessare e in conseguenza di commuovere e piacere (Nota VI). […] I moderni non vedrebbero con piacere sulle loro scene Filottete zoppicante e disteso nell’atto II colle convulsioni: ma ciò si rappresentava senza sconcezza sul teatro della dotta Atene. […] Non saprei però dissimulare che il terzetto preteso vi si è formato a piacere nella guisa che potrebbe formarsi, volendosi, anche nelle tragedie Inglesi o Russe, non che nelle Greche.
Lope ebbe il piacere di vederli rappresentar quasi tutti, o di sentir che per la Spagna si rappresentavano.
Se il divertimento non occupa solo una picciola porzione del tempo lasciando il rimanente agli affari: se il piacere prende il luogo del dovere; la nazione è perduta.
La stagione poi in cui essi celebravansi, era quella del piacere: Quaerere conabar, quare lascivia major His feret in ludis, liberiorque jocus.
Il piacere che deriva dalla presenza delle persone care, rendè sensibile ad una fanciulla l’imminente dipartita del suo vago: e per voglia di conservarne i tratti andò contornando sulla parete il profilo del di lui volto che vi si distingueva in forza dell’opposta luce; e l’uomo approfittandosi del caso giunse ad inventare l’altra bell’arte di dare alla superficie piana l’apparente rilievo di corpo, per la quale corse all’immortalità Apelle, Timante, Parrasio e Zeusi, e Raffaele d’Urbino, Correggio, Tiziano, ed Annibale Caracci.
Vi osservai tuttavia esistenti le macchine che servirono per la rappresentazione della Nitteti, cioè un gran sole, la nave che si sommergeva, un gran carro trionfale, alcuni lunghi tubi ottagoni all’esteriore, ed al di dentro lavorati a lumaca, che ripieni di petruzze col solo voltarsi, e rivoltarsi all’opposto imitavano lo strepito della grandine continuata a piacere.
La stagione poi in cui essi celebravansi, era quella del piacere: Quærere conabar, quare lascivia major His foret in ludis, liberiorque jocus.
Or che dirai di questo, che invisibile Va a suo piacere? […] Va a suo piacere? […] Non si possono mai abbastanza lodare questi tratti di saviezze che spandono per l’uditorio un piacere indicibile, specialmente quando sono espressi, come in questa scena, senza affettazione e senza farne un sermone da pulpito anzi che da teatro. […] La prima intitolata Crofilomachia ovvero Duello d’Amore e d’Amicizia, si pubblicò nel 1586, ma era stata composta nella giovanezza dell’autore, e come nota lo Zeno sul Fontanini, fu recitata in Perugia con singolar piacere, e si ristampò più volte.
Ma per tali nei si priveranno i leggitori del piacere che recano tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie del Rucellai? […] Un carattere tragico scelto con sommo giudizio ottimo per conseguire il fine della tragedia: una fina dipintura delle passioni: un piano regolare: un movimento nell’azione progressivamente accelerato: una versificazione armoniosa: una nobile, elegante e maestosa gravità di stile: un patetico vivace che empie, interessa, intenerisce, commuove ed eccita il bel piacere delle lagrime. […] Essi altro allora non si prefissero se non di richiamare sulle moderne scene la forma del dramma de’ Greci, e non già l’intero spettacolo di quella nazione con tutte le circostanze locali, che a’ nostri parvero troppo aliene da’ tempi e da’ popoli, al cui piacere consacravano le loro penne. […] Vide l’Italia tutta in quel secolo di luce quasi tutti que’ componimenti con indicibile diletto ed applauso impressi e rappresentati; e la fama e la riuscita ne fe molti imprimere e rappresentare e piacere in Francia ancora; e questa è storia.
Il compositore si comporta quivi come despotico, vuol pure far da sé e piacere unicamente in qualità di musico.
Se fosse quistione di scrivere per lo teatro, e non del teatro, l’uomo di gusto esser dovrebbe l’unico giudice, che se ne scegliesse, siccome quello, che avendo meglio d’ogni altro studiate le regole di piacere ad un pubblico illuminato, meglio d’ogni altro saprebbe additare que’ mezzi, che a così fatto fine conducono.
Non si pregia di esser bella, ma senza essere civetta sà piacere.
Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne fomenta l’amore.
Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne insinua e ne fomenta l’amore.
Il vecchio riceve con sommo piacere le istanze del ricco, ma alle fervide insinuanti preghiere del povero egli rimane intenerito ed irresoluto a segno che al fine la nega ad ambedue; al povero perchè è tale, ed al ricco per non dispiacere al povero valoroso degno di miglior fortuna. […] Questa composizione per lo più si rappresenta ogni anno sul teatro di Madrid sempre con piacere e concorso, quante volte la parte d’Isabella si eseguisca da un’ anima sensibile che per buona ventura o per arte non sia stata avvelenata da’ pregiudizii istrionici. […] I miei leggitori vedranno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqual, col quale s’indirizza all’autore della natura, perchè ne manifesta il carattere. […] Sebbene per le passioni generali e per l’intreccio si è veduto con piacere anche ne’ teatri italiani, tutta volta fuori delle Spagne è impossibile ritenere i tratti originali della dipintura degli zingani Andaluzzi che acquistano ancor grazia maggiore nella rappresentazione che ne fanno i nazionali.
Il vecchio riceve con sommo piacere le istanze del ricco, ma alle fervide insinuanti preghiere del povero egli rimane intenerito ed irrisoluto a segno che al fine la nega ad ambedue, al povero perchè è tale, ed al ricco per non dispiacere al povero valoroso degno di miglior fortuna. […] Questa composizione per lo più si vede ogni anno sulle scene Spagnuole sempre con piacere e concorso, quante volte venga rappresentato il carattere d’Isabella da un’ anima sensibile che per ventura o per arte non sia stata avvelenata dalle caricature istrioniche. […] I miei leggitori vedranno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqual con cui s’indirizza all’autore della natura, perchè ne manifesta il carattere: Arbitro di natura, alto sovrano Della terra e del ciel, quali non debbo Grazie alla tua pietà, che di tai doni Sì mi colmasti, che quanto si scopre Dalla vicina rupe a quella valle Che di alte olive sì folta verdeggia, Tutto a me serve! […] Sebbene per le passioni generali e per l’intreccio si è veduta con piacere anche ne’ teatri italiani, tuttavolta fuori delle Spagne è impossibile il ritenere scrivendo i tratti originali della dipintura degli zingani Andaluzzi che acquistano ancor grazia maggiore nella rappresentazione che ne fanno i nazionali.
I moderni non vedrebbero con piacere sulle scene Filottete zoppicante e disteso nel l’atto II colle convulsioni: ma egli si mostrava in questo stato senza sconcezza sul teatro della dotta Atene.
Alfin voglianvi una benfatta e bella prospettiva di nuovo far vedere, là dove il Cantinella e Zanni vi daran spasso e piacere ; or se volete avere buon tempo un pezzo e rider fuor d’usanza, doman venite a trovarci alla stanza.
Un tale contrasto dà bensì piacere per la pittura della naturale agitazione che prova Cinna, ma non si può quindi nascere il frutto della compassione richiesta, perciocché qual pietà merita un traditore che mette in bilancia il debito che ha verso il suo principe con quello che ha verso l’amata? […] L’arte che ora prendo a considerare è quella che consiste in far sì che l’uditore ingannato apprenda con agevolezza e con piacere la tragica rappresentazione per l’azione stessa che si rappresenta. […] Sulla teoria elaborata da Castelvetro del «diletto oblico» si vedano i contributi di Pier Cesare Rivoltella, «Il piacere obliquo statu nascenti. […] Tragedie, commedie, pastorali nella drammaturgia europea fra Cinque e Seicento, a cura di Silvia Carandini, Roma, Bulzoni, 2000, pp. 13-28; Valeria Merola, «Il piacere obliquo e la meraviglia. […] Al di là di tali vane sottigliezze, ciò che Calepio rinfaccia a Corneille è la pregiudiziale rinuncia al perseguimento dell’utilità attraverso la tragedia, al quale il francese sostituirebbe l’esclusiva ricerca del piacere dello spettatore.
[commento_2.12] Note alla nota d’autore n. 6: «Ogni musica che non rappresenta nulla, è solo rumore, e senza l’abitudine, che snatura tutto, non susciterebbe più piacere di una sequenza di parole armoniose e sonore prive di ordine e coerenza», dalla Prefazione dell’Enciclopedia.
Per altra via intento a dissipare l’antico letargo, concorse co’ suoi scritti a migliorare, e rischiarare i paesani il celebre Don Jorge Juan, ed oggi veggiamo con piacere aperte per la Spagna Scuole non rare di Matematiche pure e miste, di Nautica, di Astronomia, di Architettura Militare per le Accademie de’ Cadetti situate in Barcellona, nel Ferol, in Cartagena, e in Segovia.
Finita la commedia e dovendo egli annunziare al pubblico lo spettacolo del domani, fe’segno ad uno degli spettatori, l’altro aveva già preso la porta, di accostarsi alla ribalta ; e famigliarmente e sottovoce con un garbo tutto suo gli disse : Signore, l’altra metà del pubblico se n’è andata : se incontrate qualcuno uscendo di qui, fatemi il piacere di dirgli che noi rappresenteremo domani Arlecchino eremita.
Guardatela bene in questi ritratti, e vi troverete l’espressione dell’odio, dell’amore, del dolore, dell’abbandono, del piacere, della vanità, dell’orgoglio, del dispetto, del disprezzo, del terrore, del furore, della corbellatura, della rassegnazione, tutta la gamma in somma delle passioni umane, e il più efficace forse e compiuto commento alle opere fisiognonomiche del Lebrun, del Lavater, del Lagrange e del Darwin.
Le donne riconoscono l’anello, e Pamfilo venuto in chiaro del successo con estremo piacere ripiglia la moglie. […] Secondo me Terenzio, nel servirsi del semplice argomento greco, v’inserì al suo solito la traccia di un’ altra azione forse di sua invenzione, per fare la favola più ravviluppata, accomodandosi al piacere del popolo, cui già increscevano gli spettacoli troppo semplici, come suole avvenire allorchè il buon gusto comincia a vacillare. […] O Giove, adesso è il tempo certamente Che soffro in pace, se mi fai morire, Acciochè a lungo andare alcuno affanno Non contamini questo mio piacere.
Or che dirai di questo, che invisibile Va a suo piacere? […] Non si possono mai abbastanza lodare questi tratti di saviezza che spandono per l’uditorio un piacere indicibile, specialmente quando sono espressi, come in questa scena, senza affettazione e senza farne un sermone da pulpito anzi che da teatro. […] La prima intitolata Erofilomachia, ovvero Duello d’Amore e d’Amicizia, si pubblicò nel 1586, ma era stata composta nella giovanezza dell’autore, e come nota lo Zeno sul Fontanini, fu recitata in Perugia con singolar piacere, e si ristampò più volte.
Le due passioni principali, ossia amore e odio, sono fatte discendere dalle due sensazioni di piacere e dispiacere. […] [7.4] L’uomo, com’essere sensibile, e quindi capace di dolore e di piacere, egli è necessitato ad abbonire e fuggire a desiderare e seguire quegli obbietti che possono, o ch’egli crede recargli dolore o piacere. […] Essa esprime nella sua positura ed attitudine il piacere dell’inazione, e la difficoltà e la noja dell’operare. […] Essi presentano una percezione od immagine, sia semplice, sia complessa, che non mai si presenta scompagnata dalla sensazione del piacere. […] La declamazione vuol piacere illudendo.
L’anno 1753 cercando sempre nuovi argomenti e nuove vie di piacere coll’ accoppiar lo spettacolo alla piacevolezza e all’interesse, compose la Sposa Persiana, e negli anni susseguenti Ircana a Julfa ed Ircana a Ispahan che ne seguitano il romanzo, tutte e tre in cinque atti ed in versi martelliani.
Non è dunque maraviglia che al dire anche degli eruditi compilatori della Bibliotheque Italique nel tomo VII, i dotti vi presero tanto piacere a leggerla, quanto il pubblico a vederla rappresentare. […] È scritto in endecasillabi ed ettasillabi sciolti misti a piacere ; ha il coro continuo alla greca maniera ; lo stile accoppia alla grandezza tragica verità e naturalezza senza cader nel basso. […] Increbbe, nè senza ragione, nella seconda tragedia, al conte Alessandro Pepoli che il proscritto Giulio Sabino, e la sua sposa ardiscano penetrare con poco scorgimento nel palazzo di un imperadore loro nemico, ed avventurar tutto pel piacere di sfidarlo. […] Il riputato marchese Marescalchi serba manoscritta un’ altra tragedia l’ Alessandro VI, in cui mirabilmente vengono ritratti i caratteri di codesto pontefice, e di Cesare Borgia, e degli Spagnuoli di quell’ epoca, di cui ebbi il piacere nella sua casa in Parigi di udirne leggere dall’ autore l’atto primo che sommamente interessava. […] Al suo nuovo sistema tragico adattò in prima l’Adelinda che avea già scritto, ed ebbe il piacere che si rappresentasse con molto applauso nel 1789 in Torino.
Nè anche può piacere nel medesimo atto V che un Goto, un sovrano impetuoso soffra che un temerario vassallo alterchi con lui insolentemente, contentandosi solo di ripetergli più volte detente, calla calla, e ponendo inutilmente la mano sulla spada. […] Accennerò anzi con piacere qualche tratto pregevole.
Non è dunque maraviglia che, al dire anche degli eruditi compilatori della Bibliotheque Italique nel tomo VII, i dotti vi presero tanto piacere a leggerla, quante il pubblico a vederla rappresentare 38. […] E’ scritta in endecasillabi ed ettasillabi sciolti misti a piacere, ha il coro continuo alla greca, e lo stile accoppia alla grandezza tragica verità e naturalezza senza cader nel basso. […] Increbbe, nè senza ragione, nella seconda tragedia al conte Alessandro Pepoli che il proscritto Giulio Sabino e la sua sposa ardiscano penetrare con poco scorgimento nel palazzo d’un imperadore Romano loro nemico, ed avventurar tutto pel piacere di sfidarlo.
I greci che nella poesia ravvisarono l’amore per l’aspetto del piacere de’ sensi, non l’ammisero nella tragedia, reputandolo fuor di dubbio ad essa non conveniente.
I sette Capi all’assedio di Tebe é una tragedia che si fa leggere con attenzione e piacere anche a’ giorni nostri, piena di bei tratti, di movimenti militari, di sospensioni meravigliose, e fatta per presentare uno spettacolo sorprendente. […] I moderni non vedrebbero oggi con piacere sul teatro un personaggio, come Filottete, zoppicante, e disteso nel II atto colle convulsioni.
Terenzio, imitatore e pressoché copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare «dimidiate Menander» non si studiò tanto di piacere, come Plauto, al popolo quasi tutto, quanto gli Scipioni, ai Leli, ai Furi, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credea, veniva aiutato a scrivere, o, come é più verissimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi, e Donato). […] Un altro letterato francese di tal fatta in un cerchio d’uomini e di donne gravemente affermò, aver letto con sommo piacere l’Euripide di Sofocle.
Nè anche può piacere nel medesimo atto V che un Goto sovrano impetuoso soffra che un temerario vassallo alterchi con lui insolentemente, contentandosi solo di ripetergli più volte, detente, calla calla , e ponendo inutilmente la mano sulla spada. […] Accennerò anzi con piacere qualche tratto pregevole.
I primi quattro atti trattennero l’uditorio con piacere per varii passi pieni di forza e di estro, singolarmente per una felice descrizione dell’Eumenidi. […] Ella ne mostra piacere col padre, credendo che le abbia destinato Montcassin, niun altro al suo avviso potendo meritare il titolo d’illustre.
Ennio stimò che anche fuori del teatro potessero piacere al popolo que’ poemi mordaci pieni di sale e di piacevolezze instruttive; e quindi si provò a comporre i primi Sermoni Latini simili agli Oraziani, a’ quali diede il nome di satire, se non che sull’esempio de’ Greci e dello stesso Omero meseolò insieme diversi metri, esametri, jambici, trimetri, tetrametri, trocaici47. […] Ella scaltramente soddisfa ad ogni domanda con parole di doppio senso che ingannano il ruffiano e danno piacere allo spettatore che ne comprende il vero significato.
Quest’autore ha felicemente copiato al vivo il popolaccio di Lavapiés e de las Maravillas, los Arrieros, cioé i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidi, gli ubbriachi, e simil gentame che fa stomaco anziché piacere, e che il giudizioso M. de la Bruyère volea affatto esclusa dal buon teatro.
Prese in prima per mano l’Adelinda, e adattandola al nuovo suo sistema ebbe il piacere che si rappresentasse con molto applauso nell’agosto del 1789 in Torino. […] Il breve viaggio fatto in Napoli da questo celebre letterato nel giugno del 1796, mi partorì insperatamente col piacere di riveder dopo tanti anni l’antico amico quello di udirgli leggere tali tragedie, e di ottenerne copia. […] Camillo Federici piemontese esgesuita, commediante infelice a cagione (dicesi) della sua figura, volendo riparar coll’ingegno ai torti che da questa gli venivano, prese a scrivere commedie per l’ottima compagnia lombarda di Giuseppe Pelandi, delle quali il pubblico rivede la maggior parte in iscena con piacere. […] Elfrida al contrario o per voglia natural di piacere, o per disdegno nato nel suo cuore contro dello sposo, si presentò al re con tutta la pompa de’ proprj vezzi, a segno che rimastone il re sorpreso venne in tal furore per l’inganno scoperto, che in una partita di caccia pugnalò di sua mano il favorito, e sposò Elfrida.
Ennio stimo che anche fuori del teatro potessero piacere al popolo que’ poemi mordaci pieni di sale e di piacevolezze istruttive; e quindi si provò a comporre i primi Sermoni latini simili agli Oraziani; e ad essi diede il nome di Satire; se non che sull’esempio de’ Greci e dello stesso Omero mescolo insieme diversi metri, esametri jambici trimetri tetrametri trocaicia Aureo è quel frammento Enniano, in cui un’altra specie di versi adoperando, con eleganza superiore a quell’età, deride gli auguri, gli astrolaghi, gli opinatori Isiaci e gl’interpreti di sogni, aggiugnendo con somma venustà: Non enim sunt ii aut scientia aut arte divini, Sed superstitiosi vates, impudentesque harioli, Aut inertes, aut insani, aut quibus egestas imperat: Qui sui quaestus caussa fictas suscitant sententias, Qui sibi semitam non sapiunt, alteri monstrant viam, Quibus divitias pollicentur, ab iis drachmam petunt. […] Ella scaltramente soddisfa ad ogni domanda con parole di doppio senso che ingannano il ruffiano e danno piacere allo spettatore che ne comprende il vero significato.
I1 terzo, ove s’inventò il contrappunto chiamato “a mente” nato fra il duodecimo secolo e il decimoterzo, cioè quando sopra le sillabe e le antifone principalmente di quelle che appartengono agl’introiti, i compositori si fermavano saltellando con moltiplicità di consonanze secondo le parti di ciascuno con piacere bensì dell’orecchio, ma colla rovina e lo sterminio delle parole.
Gli Inglesi, che ad un vivo interesse per la patria loro sanno accoppiare quella imparziale filosofia che generalizza i sentimenti e le idee, e presso ai quali il titolo di straniero non è, come per tutto altrove comunemente, un titolo alla esclusiva, o un’arma di più contro al merito nelle mani dell’invidia, si prendevano talvolta il piacere di obbligar i tre professori a che suonassero in presenza del pubblico a gara in tre organi separati con proposte e risposte da una parte, e dall’altra, come già nell’antica Grecia si vedevano Eschilo e Sofocle, e Menandro, e Filomene concorrere nell’Odeon d’Atene a disputarsi fra i lietissimi applausi del radunato popolo ora il premio del tripode, ora il privilegio di recitar sul teatro i loro componimenti.
Non poche cose di questo gran tragico verrebbero acremente censurate da un M. de la Lindelle; ma un tranquillo e ingenuo osservatore si spazia con più piacere nelle bellezze, difficili da percepirsi da chi non ha l’occhio fino, che ne’ difetti, messe riserbata alla critica comunale.
Sempre diremo che simili atrocità scelte a bello studio da’ processi criminali più rari o inventati da chi ignora il segreto di commuovere e di chiamar le lagrime sugli occhi con minor quantità di colori oscuri, potrà soltanto piacere in teatro al popolaccio che per aver la fibbra men delicata si diletta dello spettacolo de’ rei che vanno al patibolo.
Sempre diremo che simili atrocità scelte a bello studio da’ processi criminali più rari o inventati da chi ignora il segreto di commuovere e di chiamar le lagrime su gli occhi con minor quantità di colori oscuri, potrà soltanto piacere in teatro al popolaccio che per aver la fibbra men dilicata si diletta dello spettacolo de’ rei che vanno al patibolo.
Ucciso un figlio giugne Giasone e porge a Medea lo spietato piacere di trucidar l’altro sotto gli occhi del padre: . . . . . .
Ucciso un figlio giugne Giasone e porge a Medea lo spietato piacere di trucidar l’altro sotto gli occhi del padre: Deerat hoc unum mihi, Spectator ipse: nihil adhuc factum reor, Quidquid sine isto fecimus sceleris, periit.
Non saprei però dissimulare che il Terzetto preteso vi si è formato a piacere nella guisa che potrebbe formarsi, volendosi, anche nelle tragedie Inglesi o Russe, non che nelle Greche.
Montalbàn afferma che le commedie furono più di mille e ottocento, e che unite à los autos sacramentales e ad altre picciole farse ascendono a duemila e dugento i di lui componimenti scenici45, i quali quasi tutti Lope ebbe il piacere di veder rappresentare o di udire che per le Spagne si rappresentavano.
Montalbàn afferma che le commedie furono più di mille ottocento, e che unite à los autos sacramentales, e ad altre picciole farse ascendono a duemila e dugento i componimenti scenici di Lope a, i quali quasi tutti ebbe il piacere di veder rappresentare o di udire che per le Spagne si rappresentavano.