Io convengo co’ Francesi che questa scena sia sì bella e delicata che in tutta l’opera altra non se ne legga che la faccia dimenticare.
Quanto a me esorto la gioventù ad osservare con qual felicità quest’illustre autore dipinga il prospetto del tempio e le teste, i busti ed il monte di ossa degli uccisi che vi biancheggia; la bellezza del racconto che fa Ifigenia della propria sventura quando fu in procinto di essere sacrificata in Aulide; quello del coro della pugna de’ due Greci co’ pastori; quello d’Oreste della morte di Agamennone. […] Come nella Sofonisba la compassione è posta nel suo maggior lume, nel l’Orbecche si eccita il terrore co’ più vivi sanguinosi trasporti della crudeltà. […] Notisi con qual tragica gravità ella esprima la delicatezza e sensibilità che avviva tutti i di lei concetti: Madre, io pur vel dirò, benchè vergogna Affreni la mia lingua e risospinga Le mie parole indietro: a lui sovente Prendo la destra, e m’avvicino al fianco, Ei trema, e tinge di pallore il volto, Che sembra (onde mi turba e mi sgomenta) Pallidezza di morte e non di amore, O in altra parte il volge, o il china a terra Turbato e fosco; e se talor mi parla, Parla in voci tremanti, e co’ sospiri Le parole interrompe. […] La regina intanto si è fra se appigliata all’esecrabile partito di quietarlo dissimulando, e mostrandosi commossa dalle sacre sue minacce invia Simandio a Nino, e Imetra a Dirce perchè gliela conduca co’ figliuoli, affettando di voler veder tutti, a tutti perdonare, e con festa degna di sì gran re rinnovare le loro nozze.
Degno singolarmente dì osservarsi è lo squarcio del l’atto quarto, dove Medea intenerita co’ suoi figliuolini li abbraccia e li rimanda, gli compiange e gli destina alla morte, ascolta i moti della natura e la tenerezza di madre, e sente risvegliare i suoi furori alla rimembranza del l’infedeltà di Giasone. […] La scena vigorosa di Giocasta co’ figli è degna di particolar riflessione per la maestrevole dipintura de’ due fratelli ugualmente fieri ed accaniti nel l’odio reciproco, ma di carattere diversi, e per lo dolore della madre che s’interpone e cerca di contenerli e disarmarli. […] Iolao nipote di quell’eroe e la vecchia Alcmena di lui madre insieme co’ piccioli figliuoli cacciati di città in città fuggono in Atene all’ara della Misericordia sotto il governo di Demofonte e Acamantea.
Ma ad onta di tante morti, tanto sangue, e tanti delitti enormi esposti sul teatro inglese, vi si osserva, che ogni dramma é preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico, anche dopo i più malinconici argomenti, e vi si vede sovente l’istessa attrice, che sarà morta nella tragedia, venir fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori. […] Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio, e l’immerge nel mio petto, dicendomi: Io t’ho salvata per perderti» etc.
Esse accompagnavano la voce co’ movimenti delle mani che portavano vezzosamente verso il volto, ed al petto, slanciando nel tempo stesso un piede innanzi e ritirandolo indi a poco a poco con grazia e restando l’altro piede immobile.
Hallmann colla medesima gonfiezza e co’ medesimi difetti del suo modello vide i suoi componimenti per lungo tempo rappresentati e applauditi.
Gli animali poco all’apparenza importanti, i polipi marini, le vipere, le tarantole, le api, gl’ insetti, le farfalle, occuparono sovente ingegni sublimi, nè men degni sono de’ più distinti encomj i Rai, i Grew, i Levenoek, i Reamur, i Goedart, i Templey, i Bonnet, i Redi, i Valisnieri, i Serai, i Buffon, allorchè spaziano per l’ampiezza dell’universo, che quando minutamente indagano la storia particolare di esseri picciolissimi e talora co’ microscopii stessi appena percettibili.
Ivi '73) – per la colpa d’essere stato ferito dai manigoldi austriaci, » riparò a Bologna, ove si laureò avvocato, recitando talvolta co' filodrammatici le parti di primo attore, nelle quali mostrava di riuscir sommo.
.), in cui fra l’altro è detto : Sacchi innocente, di nostra mente consolazione, tato e mignone, tu con le pure caricature, e con gl’imbrogli, quando tu il vuogli, e con gli amori, e co' furori, le gelosie, le braverie, senza osceni allettamenti, imposture, adulazioni, vinci tutte le invenzioni de' Poeti prepotenti ; e ci sollucheri, e i cori inzuccheri ; a' tuoi detti giriam gli occhi, tanto il mel par che trabocchi, e ci urtiamo e pizzichiamo, ci abbracciam, ridiam, gridiamo : O poeti da cucina, Viva il Sacchi, e Smeraldina.
Se ne riprende il personaggio di Ansedisio di nota malvagità come poco necessario e lasciato impunito: qualche discorso secreto che si ode dall’uditorio e non da’ personaggi che stanno sulla scena: e la mancanza del tempo richiesto perchè giunga Beatrice co’ sei compagni dal fondo della torre, non essendo passati dalla chiamata alla venuta che sei versi soli recitati da Amabilia. […] La gioventù studiosa vi troverà molti squarci eccellenti tratti singolarmente da tutte le scene di Pilade ed Oreste, dalla 4 dell’atto III d’Ifigenia co’ medesimi, dall’ultimo patetico congedo di Oreste coll’ amico nella 3 dell’atto IV &c. […] Sul resto Tirate un vel, copritela col lembo Del mio manto regal, mettete in brani Quella corona del suo sangue tinta, E gli avanzi spargetene, e la polve Su i troni della terra, e dite ai regi, Che mal si compra co’ delitti il solio, E ch’io morii . . . […] Le scene per noi singolarmente pregevoli sono le seguenti: nell’atto I la 2 di Manfredi co’ suoi cortigiani, e la 3 di Ubaldo e Manfredi; nel II la 2 in cui si dipinge felicemente la tenerezza di Elisa; nel III la riconciliazione di Matilde e Manfredi col congedo che viene a prendere Elisa; nel IV gli affetti del virtuoso Ubaldo che si allontana dalla corte; nel V la tenerezza di Manfredi che ordina che si richiami nella scena 1, le furie di Matilde inspiratele da Zambrino nella 6, e sopra ogni altra l’ultima tragica situazione di Manfredi trafitto a torto e di Matilde che ne intende l’innocenza quando egli spira. […] Essi l’hanno bruttamente confuso co’ secentisti, dalle cui macchie egli seppe preservarsi ancor vivendo nel loro secolo.
Le incertezze di Romeo dovrebbero prender l’origine nelle sue private passioni che urtano co’ doveri di cittadino. […] V’ introduce i più grandi uomini de’ Romani del tempo di Cesare segnalandoli co’ distintivi del lor carettere tramandatoci dalla storia. […] Ricimero mostrasi assai contento della deliberazione di lui, e se ne dichiara con Elvira, che lo discaccia co’ soliti rimproveri. […] Era egli andato nella scena quinta ad animar le sue squadre, degna cura d’un generale; or come di sera in quel luogo co’ suoi domestici? […] Elvira co’ capegli sciolti distesa sul letto piangente Sustinet in vidua tristia signa domo.
Egli ebbe un discepolo chiamato Ila, il quale rappresentando co’ gesti una tragedia, nel voler esprimere queste parole, il grande Agamennone , sollevò la persona.
Egli ebbe un discepolo chiamato Ila, il quale rappresentando co’ gesti una tragedia, nel voler esprimere queste parole, il grande Agamennone, sollevò la persona.
II Olvia ha considerato che diecimila persone vogliono mangiare, e che Numanzia manca pur di cadaveri da ripartire co’ nuovi socj? […] Ella le dice che passi co’ suoi a Numanzia, mentre ella l’attenderà presso di un sepolcro che si eleva più degli altri, e gliel’ addita. […] So di più che nella difesa di Tiro si segnalò l’Italiano Corrado e distrusse due eserciti del Saladino, e co’ nominati re fece maraviglie nell’assedio di Acra o Tolemajde che venne in lor potere6; e che poi si accordarono col soldano, restando a Lusignano il titolo di re di Gerusalemme da passar dopo la di lui morte al prode Corrado.
Ognun vede, che quel primo è uno di quegli esagerati elogi onde i viventi sogliono esser prodighi co’ morti. […] La medesima varietà misero tra le sillabe, e tra’ piedi di ciascun verso, i brevi co’ lunghi alternando. […] E questo allegro come connetterebbe mai colla prima scena che gli succede, e che principia co’ pianti e co’ lamenti di Berenice? […] Quanto a Demostene, s’egli tonava, se co’ fulmini di sua eloquenza scompigliava la Grecia intiera, egli era debitore di sì felici successi a un altro attore. […] Il danzatore se ha un ballo prediletto, lo menerà in iscena, abbia pure tanto che fare col dramma, quanto la luna co’ granchi.
Io non dubito del gusto dell’Apologista in Poesia, avendone egli dato pruove e co’ suoi Sonetti e colle sue Critiche; ma mi perdonerà se intorno all’ammettere la prosa nelle Tragedie, io da lui disconvenga.
Di tali figurine che prendono il nome dall’esser tratte co’ nervi, si fa menzione da Aristotile de Mundo, da Senofonte in Symposio, parlando di un Siracusano interrogato da Socrate, da Erodoto nel libro il e da Luciano.
Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io ti ho salvata per perderti.
Di tali figurine che prendono il nome dall’esser tratte co’ nervi, si fa menzione da Aristotile de Mundo, da Senofonte in Sympos.
Nell’autunno del medesimo anno venne Moliere co’ suoi nella capitale della Francia.
Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io t’ho salvata per perderti”.
Sì che ten vai, Lo so: va pur, te lo consiglio io stessa, Vanne crudel: se hai tu valor bastante Per eseguirlo, anch’io, se pria non l’ebbi, Tanto or ne avrò per affrettar co’ prieghi L’infausto istante: Gio: Ah che non sai qual pena . . .
In secondo luogo Olvia ha considerato che diecimila persone vogliono mangiare, e che Numanzia manca pur di cadaveri da ripartire co’ nuovi alleati? […] Ella gli dice che passi co’ suoi a Numanzia, perchè ella l’attenderà presso di un sepolcro che si eleva più degli altri, e gliele addita. […] So di più che nella difesa di Tiro si segnalò l’italiano Corrado e distrusse due eserciti del Saladino, e co’ nominati re fece meraviglie nell’assedio di Acra o Tolemaide, che venne in lor poterea; e che poi si accordarono col Soldano, restando a Lusignano il titolo di re di Gerusalemme da passar dopo la di lui morte al prode Corrado.
Contansi tra gli attori un Indovino, un Gran Sacerdote, uno Stallone e Chesballèno cavallo che parla co’ nitriti. […] Notabili singolarmentè sono i caratteri di Giosaba madre falsa del bambino conteso e di Bersabea madre vera che co’ palpiti materni chiama l’attenzione. […] Ricimero ne parla ad Elvira che lo discaccia co’ soliti rimproveri. […] Or come di sera, in quel luogo co’ suoi domestici ? […] Elvira co’ capegli sparsi distesa sul letto piangente Sustinet in vidua tristia signa domo.
Essa rassomigliava ai primi inni ditirambici e ai cori rustici de’ Greci, e pose in voga i diverbii Fescennini, i quali insieme co’ modi Saturnii per centoventi anni in circa vennero da’ Romani coltivati18. […] Non avea guerreggiato ancora co’ Greci orientali; ma sin dall’anno 487 le obedivano le provincie Italogreche del regno di Napoli conosciute sotto il nome di Magna Grecia. […] Tralascio poi di tutte distintamente riferire le tante imitazioni che se ne fecero ne’ precedenti secoli in Italia co’ titoli de’ Gemelli, delle Gemelle, della Somiglianza ecc.
Nell’autunno del medesimo annovenne Moliere co’ suoi nella capitale della Francia.
Io non mi sono punto proposto in quest’opera di copiar ciecamente gli altrui giudizj (che sarebbe un’ infruttuosa improba fatica), ma bensì di comunicare co’ miei leggitori l’effetto che in me fanno le antiche e le moderne produzioni drammatiche. Noi siamo persuasi che dopo di essersi la mente preparata co’ saldi invariabili sovrani principj della Ragion Poetica ed avverati e con una paziente e critica lettura e con una lunga esperienza del teatro, il cuore solo è quello che decide dei drammi e senza ingannarsi ne conosce e ne addita le bellezze. […] Degno singolarmente di osservarsi è lo squarcio dell’atto quarto, dove Medea intenerita co’ suoi figliuolini gli abbraccia e gli rimanda, gli compiange e gli destina alla morte, ascolta i moti della natura e la tenerezza di madre, e sente risvegliare i suoi furori alla rimembranza dell’infedeltà di Giasone. […] Jolao nipote di quell’eroe e la vecchia Alcmena di lui madre insieme co’ piccioli figliuoli cacciati di città in città fuggono in Atene all’ara della Misericordia sotto il governo di Demofonte e Acamante79.
Essa rassomigliava ai primi inni ditirambici e ai cori rustici de’ Greci, e pose in voga i diverbii Fescennini, i quali insieme co’ modi Saturnii per centoventi anni in circa da’ Romani si coltivaronob. […] Non avea guerreggiato ancora co’ Greci orientali, ma sin dall’anno 487 le obedivano le provincie Italogreche del Regno di Napoli conosciute sotto il nome di Magna Grecia. […] Tralascio poi di tutte distintamente riferire le imitazioni che se ne fecero ne’ precedenti secoli in Italia co’ titoli de’ Gemelli, delle Gemelle, della Somiglianza ecc.
Con tal preludio e co’ meriti a Nibio non ignoti del suo padrone, non è molto ch’egli creda che Mastro Giachelino, secondo il racconto di Temolo, sia stato ucciso. […] Che cosa è a far co’ savii! […] Questo elegante scrittore della Coltivazione, dell’Antigone e di belle satire (ma non già della Libertà tragedia attribuitagli dal Ghilini che però si compose da un apostata della Cattolica Fede) volle usare in tal commedia un nuovo metro cioè uno sdrucciolo di sedici sillabeb, fatica e invenzione inutile intrapresa da altri Italiani ancora per imitare superstiziosamente il giambico greco e latinoa Ma tutti i vantaggi che essi speravano ottenere co’ nuovi metri poco e nulla grati all’orecchio italiano, presenta a chi sa maneggiarlo il solo endecasillabo sciolto.
Con tal preludio e co’ meriti a Nibio non ignoti del suo padrone, non è molto ch’egli creda che Mastro Giachelino, secondo il racconto di Temolo, sia stato ucciso. […] Che cosa è a far co’ savj! […] Ma tutti i vantaggi che essi speravano co’ nuovi metri poco o nulla grati all’orecchio Italiano, presenta a chi sa maneggiarlo il solo endecasillabo sciolto.
Lo sforzo dell’ingegno consiste nel ben concatenare i pensieri co’ fatti in guisa che gli eventi sembrino fatali, e facciano pensare allo spettatore, che posto egli in quella situazione si appiglierebbe all’ istesso partito e soggiacerebbe a quel medesimo infortunio. […] Ma sopra ogni altra cosa l’ultima scena è delicatamente toccata co’ più patetici colori nella morte dell’eroe.
Nel teatro dell’Opera alzato in Parigi nel 1769 co’ disegni dell’architetto Moreau di figura ovale lunga, si contano quattro ordini di logge senza divisione, e nella platea larga 39 piedi e lunga 32 si vede una scalinata dirimpetto alla scena.
Or come l’impudente folliculario osa entrare nelle intenzioni d’ un Sovrano che lo smentisce co’ fatti?
Plutarco, come da noi altrove si asserì, dice che le rappresentazioni tragiche contendono co’ trofei, e che Eschilo e Sofocle sono paragonabili co’ più gran capitani. […] Il primo è di Tertulliano nell’Apologetico: «in tanto rifiutiamo, dice parlando co’ gentili, i vostri spettacoli, in quanto abbiamo in odio l’origine loro che sappiamo venire dalla superstizione».
Lo sforzo dell’ingegno consiste nel ben concatenare i pensieri co’ fatti in guisa che gli eventi sembrino fatali e facciano pensare allo spettatore, che posto egli in quella situazione si appiglierebbe all’istesso partito, e soggiacerebbe a quel medesimo infortunio. […] Ma sopra ogni altra cosa l’ultima scena è delicatamente toccata co’ più patetici colori nella morte dell’eroe.
Venendo (egli narra) nel collegio de’ poeti Giulio Cesare personaggio decorato nella repubblica non meno che di lettere adorno, Accio nonmai si levò in piedi; non già per noncuranza della di lui maestà, ma perchè a lui sovrastava ne’ comuni studj letterarii, gareggiandosi colà co’ libri non con le immagini degli antenati83. […] Costei co’ più solenni giuramenti si giustifica, e Lachete le insinua di persuaderne le donne.
Per lo che un medesimo oggetto viene ora imitato da una col canto o col suono, da un altra co’ colori; da questa con gl’intagli e rilievi, da quella co’ moti e con gli atteggiamenti. […] In questa maniera si può significare il medico toccandosi il polso, il gigante ed il nano estendendo e rimpicciolendo la figura della persona e di qualunque altro oggetto ed azione, imitandola e contraffacendola co’ gesti più propri e rassomiglianti. […] Noi andavam co’ passi lenti e scarsi. […] Lo fiorentino spirito bizzarro In se medesmo si volgea co’ denti. […] Quando ebbe detto ciò con gli occhi torti Riprese il teschio misero co’ denti, Che furo all’osso, come di un can, forti.
Venendo (egli narra) nel consiglio de’ poeti Giulio Cesare personaggio decorato nella repubblica non meno che di lettere adorno, Azzio non mai si levò in piedi, non giù per non curanza della di lui maestà, ma perchè a lui sovrastava ne’ communi studii letterarii, gareggiandosi colà co’ libri non colle immagini degli antenatia. […] Costei co’ più solenni giuramenti si giustifica, e Lachete le insinua di persuaderne le donne.
Scacciano gli alni i soli, co ’le frondi, co’ rami coprendo, Spiraci col dolce fiato auretta vaga.
Ammirisi l’eleganza dello stile e la patetica delicatezza che si scorge in tutte l’espressoni d’Alvida: …………… A lui sovente Prendo la destra, e m’avvicino al fianco; Ei trema, e tinge di pallore il volto, Che sembra (onde mi turba e mi sgomenta) Pallidezza di morte e non d’amore; O in altra parte il volge, o ’l china a terra Turbato e fosco; e se talor mi parla, Parla in voci tremanti, e co’ sospiri Le parole interrompe.
Un giovane studioso ne osserverà i riferiti pochi tratti naturali e felici, e fuggirà d’imitar l’autore nel carattere d’un padre di famiglia, che piange a tutte le ore, e filosofa vanamente: d’un padre, cui non manca buon cuore e tenerezza per gli figli, ma si bene una prudenza attiva nelle circostanze scabrose: d’un padre ricco, che invece di far la figura principale in ciò che maggiormente importa, si riduce a rappresentare il secondo personaggio dopo il commendatore, che colle sue maniere, co’ suoi pregiudizi, colle sue stravaganze mette la casa in iscompiglio, e ridusse alla disperazione il nipote243.
Vide un altro giorno che passando l’esequie di una persona di qualità, Teodoro si alterò a misura che l’accompagnamento si avanzava; e co’ segni espresse che poco tempo prima di esser condotto a Parigi anch’egli piangendo avea seguito con simile accompagnamento in veste nera e con capegli sparsi la cassa del cadavere di quel magistrato che l’accarezzava.
Floristano drudo un tempo di Serafina cortigiana Valenziana si marita ad Orfea onesta giovanetta: rivede l’amica: gli si risveglia l’antico fuoco: Serafina vie più l’accende co’ rimproveri insidiosi: gli chiede la morte della moglie: Floristano promette di ammazzarla dentro di un’ ora: la cortigiana si dispone ad attenderne l’esito, dicendo Vejam aço que fareu.
Ma se questo filosofo valicasse presentemente le Alpi per chiarirsene co’ propri occhi di ciò ch’egli immaginava soltanto in sistema, avrebbe veduto che l’Italia non merita in questo punto maggior indulgenza della Francia.
Floristano drudo un tempo di Serafina cortigiana di Valenza si marita ad Orfea onesta giovinetta: rivede l’amica: gli si risveglia in petto l’antico fuoco: Serafina l’aumenta co’ rimproveri insidiosi: gli chiede la morte della moglie: Floristano promette di ammazzarla dentro di un’ ora: la cortigiana si dispone ad attenderne l’esito, dicendo, Vejam aço que fareu.
Anfossi, nelle parole «E fa co’ suoi ruggiti Le selve risuonar», ha fatto ruggire il suo leone al suono di flauti obbligati.
La scena vigorosa di Giocasta co’ figli é degna di particolar riflessione per la maestra dipintura de’ due fratelli ugualmente fieri e accaniti nell’odio reciproco, ma di carattere ben diversi, e per lo dolore interessante della madre che s’interpone, e cerca di contenerli e disarmarli.
All’alzarsi la gran tela compariva l’Amore, il quale, levandosi dagli occhi la benda, chiamava la luce invitandola che venisse a diffondersi dappertutto, affinchè dando alle cose co’ suoi colori mille forme diverse, egli ne possa scegliere quella che più a grado le sia.
Chi paragonerà li versi alessandrini co’ nostri endecasillabi, di leggieri s’avvedrà che questi ammettono un’armonia tanto più varia, quanto sono differenti le pose della misura che hanno, perciocché (senza parlar di quelle che son prive d’accento) posano essi con ritegno accentato ora sopra la quarta sillaba, ora sopra la sesta, ora sopra l’ottava139. […] Molto minore è la fortuna della lettura robortelliana, che pure viene ripresa, seppure con debiti cambiamenti, da Lorenzo Giacomini, il quale, all’interno di un discorso sulla purgazione tragica pronunciato in seno all’Accademia degli Alterati, attesta, attingendo anche dalla storia della medicina classica, che «per mezzo de’ medicamenti purganti per la naturale simpatia e convenienza che hanno co’ l’umore da purgarsi, si muove e sfoga il detto umore, così ne l’anima gravida di concetti mesti, di timore e di compassione, per mezzo de la pietà e de lo spavento si muovono e si purgano concetti tali» (Lorenzo Giacomini, De la purgazione de la tragedia, in Trattati di poetica e retorica del Cinquecento, vol.
Ma che tale distinzione non nuoca punto al merito del portentoso autore, come la critica sulle opere loro non sminuisce anzi maggiormente assicura la gloria di Virgilio, Omero, Cornelio, e Racine, co’ quali è paragonabile nel suo genere il Metastasio.