L’uomo (soggiunse) nasce in tutti i climi irritabile per organizzazione alla presenza delle forme esterne. […] Si avvezza dunque l’uomo fin dalla prima età, per senso più che per raziocinio, a fuggir quel dolore e quel male, e ad appetir quel piacere e quel bene. […] Or se l’uomo per natura si occupa continuamente a ritrarre le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio d’ogni imitazione, ch’é il gran perno, su cui volgesi la poesia; e perciò Aristotile nella poetica chiamò l’uomo animale attissimo ad imitare, e che impara per rassomiglianza. […] L’oggetto, di cui l’uomo riceve da’ sensi le prime notizie e le più frequenti, si é l’uomo stesso. […] L’uomo adunque attivo da per tutto e imitatore osserva gli uomini, si avvezza a copiarli e passa in seguito a farsene un giuoco.
L’uomo (essa insegna) nasce in tutti i climi irritabile per organizzazione alla presenza delle forme esterne. […] L’uomo adunque si avvezza dalla prima età per senso più che per raziocinio a fuggir quel dolore e quel male e ad appetir quel piacere e quel bene. […] Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo a imitare che impara per rassomiglianza. […] L’ oggetto, di cui l’uomo riceve da’ sensi le prime e le più frequenti notizie, è l’uomo stesso. […] L’uomo adunque attivo da per tutto e imitatore, osserva gli uomini, si avvezza a copiarli, e passa in seguito a farsene un giuoco.
A Guglielmo Pitt Francesco Algarotti [Dedica.2] Sembrerà ad alcuni assai strano che a voi, uomo immortale, che nella vostra nazione sapeste riaccendere il nativo valore, sapeste provveder per sempre alla sua difesa e la faceste in un medesimo anno trionfare nelle quattro parti del mondo, venga intitolato uno scritto che ragiona di poesia, di musica, di cose di teatro. […] Possa solamente questo mio scritto esser da tanto, che trovi anch’esso un luogo nell’ozio erudito di un tal uomo, e giunga ad ottenere il suffragio di colui che ne’ più alti uffizi dello stato ha meritato l’ammirazione e l’applauso di tutta Europa.
L’uomo adunque già sì debole, sì goffo, sì misero, seppe trovare nelle proprie forze fisiche e intellettuali quanto fecegli mestiere a penetrar nell’arcano magistero del Mondo naturale ed a crearsi egli stesso tutto il Mondo civile. […] Avea l’uomo pastore intento alla custodia del suo gregge il bisogno di occuparsi tutto solo e talora di conversar co’ suoi simili per ozio e per diletto; ed egli s’industriò d’incatenar le parole con certa misura e certa legge, e ne nacquero i versi. […] L’uomo però inoltrato nella coltura tendente sempre mai irresistibilmente alla perfezione de’ proprj ritrovati, mal poteva limitarsi a quella semplice studiata filza di parole esprimenti rozze idee pastorizie, comunali, famigliari. […] Chi avrebbe mai a que’ tempi potuto immaginare che l’uomo non contento delle omeriche ricchezze inventerebbe in seguito qualche genere poetico più utile e più dilettevole alle società? […] Essa si conosce e si spande per tutto, perchè deriva immediatamente dalla natura del l’uomo, il quale avvezzo ad osservare quei della sua specie, attissimo ad imitarli, e disposto a riprendere in altri le ridicolezze e gli eccessi, da’ quali si chi de lontano, gode della somiglianza de’ ritratti che se ne forma, e si compiace di farsene un giuoco.
L’aver fatto un uomo la parte della Franceschina, si può attribuire al ritegno che avevan sempre le donne di apparir sulla scena (e però più vivo per le parti di fantesca), ma fors’anche al fatto che un uomo, Battista degli Amorevoli (V.) aveva già recitato la Franceschina e s’era fatto celebre in tal parte.