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2. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 207

Un bel giorno non volle saper più di burrasche, di bastimenti, di eliche, di trinchetti, e a quattordici anni il piccolo ribelle entrò in una delle infime compagnie.

3. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa dove spedire la condotta, chi la riceverà, in che piazze andrà, come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »

4. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO IV. Memorie drammatiche d’oltramonti nel medesimo secolo XIV. » pp. 140-147

Non trovavasi tra’ Provenzali un Mussato un Petrarca, un Vergerio, un Salutato. […] Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, dell’Arteaga, de’ Garcia de la Huerta, ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre dalla storia da’ romanzi apologetici stessi cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome anche riuscì al dotto bibliotecario don Blàs de Nasarre all’abate Andres.

5. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO III. Memorie drammatiche d’oltramonti nel medesimo secolo XIV. » pp. 41-46

Non trovavasi tra’ Provenzali un Mussato, un Petrarca, un Vergerio, un Salutato. […] Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, degli Garcia de la Huerta ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre, dalla storia, da’ romanzi apologetici stessi, cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome anche riuscì al dotto bibliotecario D. Blàs de Nasarre, all’Ab.

6. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO II. Se i Mori Spagnuoli ebbero Poesia Scenica. » pp. 9-13

Mi conviene qui ripetere, che giusta il Casiri, gli Arabi non rappresentarono, secondo il costume Europeo, Tragedie Commedie, e che niuno Scrittore dice che ne avessero scritte. […] Insieme colle Arabe Poesie si è conservata memoria di tanti puerili contrapposti, giuochi di parole, e acrostichi adoperati da’ verseggiatori Arabo-Ispani; e intanto opera veruna di Poesie sceniche, memoria di esse trovasi in veruno Scrittore, e ciò non basta ad affermare che non ne avessero? […] Colta era la Spagna prima della metà del secolo XVI., allora coltivò gran fatto la Drammatica. […] Creatore della Nazione Russa, ammiratore delle arti e delle scienze degl’Inglesi, degli Olandesi, de’ Francesi fu Pietro il Grande, inoltre, amava la magnificenza e le feste, si dilettava di sceniche rappresentazioni. […] I Mori Ispani occupati in istabilirsi negli stati conquistati, in rendersi indipendenti dell’Africa; in combattere coi Regni nascenti e poi adulti di Lione, di Castiglia, di Navarra, di Portogallo, mai sempre in tempeste ne’ sette o otto Secoli; e dall’altro canto soddisfatti negl’intervalli di ciò che amavano ed esercitavano per usanza inveterata, non ebbero agio di studiare la Parafrasi di Averroe, di dare alla spinta naturale d’imitazione altro cammino e novelli oggetti.

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