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2. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168

Apollo perche restasse memoria dell’amor suo fece fabricare in quel luogo vna Città, e la chiamò Felsina, dalle parole, che seguitando Dafne diceua, fel sinas, fel sinas ; cioè, o Ninfa, sinas, lascia, dal verbo sinos, is, che stà per lasciare, e fel, che vuol dire fiele, e si piglia per l’amarezza, e crudeltà in amore. […] Vmbè allora appunto, capi da sassate, io presi la mia madonna Venere in braccio, e di peso me la portai in terra, e posatala su la riua del Reno feci le corna a quel zoppo, affumato del suo marito ; & in honore della riceuuta vittoria, fabricai subito in quel luogo vna Città, nominandola Bononia, quasi Bonum onus, cioè buono, e soave m’era stato il peso nel portar Venere di Cielo in terra. […] Io, io fui quella che spalancata la mia larga bottega, chiamai quella Città Felsina, cioè tutta dolcezza, e senza alcuna sorte d’amaritudine, dal nome fel, lis, che vuol dir fiele, e dalla prepositione sine, che significa senza, quasi Felle sine, senza fiele, senza amarezza. […] Et ideo la Città fu chiamata Bologna, quasi Bonus logos, cioè buon parlare, dalla parola Latina bonus, a, um, che significa buono, e dalla voce Greca Logos, che vuol dire il parlare. […] Il che fatto viuo vocis oraculo, gli poneste quel bel nome Bononia in latino, per dimostrar, che Bona omnia in ea sunt, e Bologna in volgare, perchè la fama sua Boat longe, cioè rimbomba, e si fà sentire da lontano.

3. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108

Io ho vedute ripetersi quasi sempre le medesime sarsuole composte per lo più dal lodato La Cruz, cioè las Segadoras (mietitrici) de Vallegas, las Foncarraleras, la Magestad en la Aldea, el Puerto de Flandes, e qualche Folla. Oltre a queste si sono tradotte e accomodate a foggia di sarsuole alcune opere buffe italiane, cioè rappresentandosi senza canto il recitativo e cantandosi le sole arie, i duetti, i cori, i finali. […] Il teatro spagnuolo ha un’ altra specie di rappresentazione musicale, cioè la tonadilla e la seguidilla, narrazioni fatte per la musica, che tal volta si distendono a più scene e si cantano anche a due, a tre e a quattro voci. […] Madrid ha quattro teatri, cioè quello della Corte nel Ritiro, l’altro de los Caños del Peràl, e quelli detti Corràl del Principe e Corràl de la Crüz. […] Vi si osservano tuttavia le macchine che servirono per la rappresentazione della Nitteti, cioè un gran sole, la nave che si sommergeva, le macchine che imitavano la grandine, un gran carro trionfale &c.

4. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 32-37

Tali e tanti erano i fregi e i quadri, e così pompose le decorazioni, che essendosi così preziosi materiali bruciati per malignità degli schiavi di lui in una casa di campagna che avea in Tuscolo, ne montò la perdita a cento milioni di sesterzi in circa, cioè intorno a due milioni e ottocentomila ducati napoletani. […] Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove s’innalzò questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti, non potendo contenere che ventiduemila spettatoria. […] Il pulpito Romano era più spazioso del Greco, perchè in Roma ogni spezie di attori operava nel-pulpito, ed all’opposto i Greci, come dicemmo, si valevano dell’orchestra per una specie di attori, cioè pe’ musici e danzatori.

5. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 243-247

Tali e tanti poi erano i fregi e i quadri, e così pompose le decorazioni, che essendosi tali preziosi materiali bruciati per malignità de’ di lui schiavi in una casa di campagna che aveva in Tuscolo, ne montò la perdita a cento milioni di sesterzi in circa, cioè intorno a due milioni e ottocentomila ducati Napoletani. […] Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove era questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti non potendo contenere che ventiduemila spettatori151. […] Il pulpito Romano era più spazioso del Greco, perchè in Roma ogni spezie di attori operava nel pulpito; e all’opposto i Greci, come si disse; si valevano dell’orchestra per una parte degli attori, cioè per gli musici e i danzatori.

6. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO I. Su i Teatri Spagnuoli sotto i Romani. » pp. 2-8

Non entro frattanto di proposito a seguitare l’ Apologista nelle sue congetture sul Teatro Saguntino, cioè che i Saguntini presero i Giuochi Scenioi da’ Greci, pensando io in questo discorso a ristrignermi a quello soltanto che a me appartiene. […] La differenza che v’incontra l’erudito Decano di Alicante, consiste nell’essere gli scaglioni che servivano per sedere, più alti di due palmi e mezzo, benchè la larghezza fosse conforme a’ precetti dell’ Architetto Latino; cioè di tre palmi e un quarto. […] Adunque riconosce il Martì nel Teatro di Morviedro l’Orchestra costrutta alla Romana, cioè destinata a’ Senatori; là dove l’Orchestra Greca avea alcuna diversità, e serviva alla Timele per i Musici e i Ballerini. […] Il Signorelli sempre povero di cuore e di mente si fe troppo occupare da’ piccioli ornamenti del Teatro di Scauro, consumati poi in Villa dal fuoco per malignità de’ di lui schiavi, la cui valuta si stimò che ascendesse a cento milioni di sesterzj, cioè a due milioni e mezzo di scudi Romani moderni, o sia cinquanta milioni di reali Spagnuoli, oltre alle tremila statue di bronzo che si collocarono fralle trecensessanta colonne.

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