O quanti attori che calzan coturno e veston manto, debbono umiliarsi dinanzi alla tua modesta livrea ! […] Nè fu colpa del destino, ma fu tua scelta, se tu ti aggiri nei trivii di Milano, anzi che aggirarti nella Reggia di Tebe, o sotto le mura di Troia. […] Ma se la tua parte non è quella d’un eroe, consolati, o Moncalvo, pensando al fato degli Eroi.
Di tua virtude il luminoso fregio, di tua beltà l’impareggiabil vanto ben accrescono in te trionfo e pregio.
A questa faccio seguire il sonetto in morte di un suo figlio, il quale ci dà ancor più chiara l’idea delle sue qualità poetiche, e del suo amore a' classici : Come candido fior, che nato appena, del vomere al passar cade reciso, Carlo, moristi, onde perpetua vena di pianto a me bagna le gote e il viso : C'ho sempre avante i tuoi dolci atti, e il riso, e i cari vezzi ; e per maggior mia pena, la Suora tua, ch'or vedi in Paradiso, la tua partita a ricordar mi mena. Figlio, io già non t’invidio i gaudi immensi, che in Ciel tu godi, ora che sei sì presso al Sol, che alluma il benedetto chiostro ; ma quando avvien che a le tue grazie io pensi, piango me, di te privo, e il mortal nostro vorrei già chiuso in un sepolcro istesso.
Si vede che tu conosci poco il mio carattere – per tua norma io sono seria sempre e non amo per nulla scherzare. […] Salutami tua moglie e credimi pure mai sempre Venezia il 31 10bre 1837. La tua Obb. […] Dobbiamo piangere la tua perdita come abbiamo fatto poco tempo indietro per quella di un altro sommo ? […] Questi signori non attendono che questa tua risposta ed io egualmente onde non restarmene in pendenza e potere realizzare la mia idea di trovarmi nuovamente vicino alla prima attrice drammatica che possa vantare la nostra Italia.
Nè a Giunon gioveria, se a te facesse come già alla rival, d’Iside fue che il sembiante Vaccin volse che avesse, perchè Giove a goder le grazie tue acciò ch’Argo verun nulla sapesse, verrebbe giù dal ciel cangiato in Bue !
Un mio fascicoletto manoscritto di epigrammi reca il seguente : ALL' ANGIOLINI-ZANONI Imita nel mestier la fu tua madre.
O’ del Toro divin Reggia felice o’ di gratie, et d’amori, et di palme, et d’allori sotto inuitto Signor, superba attrice, ecco che ’l Ciel t’honora, e à la tua chioma ogni fauor destina : ecco la terra ancora a’ le tue palme, e’ a’ tuoi trofei s’inchina, et per l’onda vicina ti porge il Re de l’acque arene d’oro ; ond’io humil t’osservo, e humil t’honoro, povera d’altro don, ricca d’amore, t’ offro diuoto, e tributario il core. […] DELLO STUPIDO (98) Mentre pompe funeste di tragico accidente isnodi altrui, co’ dotti accenti tui : sott’armi favolose son veri duoi, & vere piaghe ascose : poichè tue luci infeste ravivando i già spenti ancidono i viventi, et fan de’ spettatori tragedia vera di mentiti honori.
Ma nell’ampio del mondo orribil Vallo, Per tua gloria maggior vinci poi tanto, Che pure hai l’alma al par d’un bel cristallo.
« Melpomene, che grave il cuor conquide » sembri, e poi colle tue spoglie cangiate sei Talìa, che l’error percuote, e ride.
Io venni ad osservar la tua Pazzia sulla scena baccante, e con tormento non seppi mai veder la mia follia. Ebbi un cieco per guida, e a passo lento, con timor conduceami alla tua via, per non aver altr’oro allor che al mento. » Oh !
Cingi pur, delle muse illustre dono, i dorati coturni o i lievi socchi ; a tua voglia or diletti, or fai, che al suono de’ tuoi flebili accenti il pianto sbocchi. […] Dalla tua voce scende Magica non so che ; Si sente, e non s’intende ; Ma d’ogni affetto è Re.
Spettro ti fingi, eppur chi t’ode e mira ti giura Angel Celeste ai gesti e al viso, e all’alte grazie tue fervido aspira.
So ben che a i rari portentosi accenti Tiensi la Notte assai più bella, e parmi Che stian su l’ale taciturni i Venti ; E so che Febo a l’immortal tua laude Vili tenendo al paragon suoi carmi Lascia la Cetra, e col tacer l’applaude.
Su le tue scene Arrisi oggi rinnova i prodigi che un di l’attica scena vide ; e i cor penetrando agita, e scuote.
Ne’ più vaghi concetti, o Cintia, spiri, qualor tu sei alle tue suore intorno, di costei, che non so, quando a lei torno, se più bella o faconda il ciel la miri.
O generoso popolo d’Antenòr, tu sol tu puoi la tua speme avverar : se tutti i frutti, quali ei si sian, dell’arte mia son opra del tuo favor, se un tal favore è figlio d’ una felice illusïon cortese del tuo bel cor, tu me la serba, e forse tal ti parrò qual mi fingesti. […] Internari) ; ma più ancora in un libretto di poesie a Carolina Internari, impresso in Roma il 2 di maggio del 1818, la prima delle quali è del Ferretti, e diretta Ad Anna Fiorilli Pellandi Se ancor sovra le cento ali leggera Dalle bionde del Tebro acque sonanti Remigando ver te Fama non giunse Da che il socco ridevole calzato Nel giovinetto piede, e il sanguinoso Coturno Sofocléo, novella apparve Carolina la tua figlia d’ amore Orme a stampar su le Romulee scene, Arduo certame, che dal verde Eliso Tornando a ber con vivi occhi la luee Temerebbero ancor Roscio ed Esopo, Mentre su questi candidi papiri Della tua figlia a delibar le sacre Non vendevoli laudi impazïente Si sbramerà la vivida pupilla ; Certo di vena in vena a poco a poco Scender ti sentirai soavemente Il tuo core a tentar gioia materna.
E l’attonita Udienza ognor più folta pende dalle tue labbra ; e al chiaro giorno preferisce la notte, in cuit t’ascolta.
Tale già si confessa vinto da tua beltà questo mio core. […] Vinto già in guerra, chiede pace ottener da tua pietade il core.
eternar le tue pene in una ruota.
Preceda il carro in lieti applausi e cari, lunga d’amanti e catenata schiera ; e delle glorie tue l’istoria intera lo stral che ne trafisse anco dichiari.
Egli invocava aiuto al Modena, il quale da Palmanova rispondeva : la posizione tua e di tutti voi mi lacera le viscere ; ma io non posso aiutarvi per ora….
Tn sa dir al to concet, zuè la tua vpilation, tu vuo dir Mad. la qual parland cun mi vuol vnfrir l’infurnad parol, che te ne par, nonella qsi ? […] Si si o bon tia al più bon rutori al più bel vrlador pr dir la to intintation, che sia ma vsci dalla scola d’Zezaron, potta d’Zuda, s’Roma perdes qstù, a mi la free po castrà da vera, va mit zo qste rob, e tua quel cha t’hò dit, e vsa bona salcizza da Vdine di gratia intorno à Fiora, che vaga a cà d’la sorella d’la patrona, sat Pocintesta garbat ?
Pregalo sol, che germogliando sotto le amare spine della vita il vago fior dell’anima tua, quasi presago d’un destino miglior, splenda incorrotto ! […] Perenne ti porgerà la tua virtù conforto. […] Sol ti rivenga Qualche volta al pensier, quando t’ascolti Suonar per questo italico deserto Riverito il mio nome o vilipeso, Ti rivenga al pensier che un’infinita Riconoscenza a te, pia creatura, Mi lega d’invincibili catene, E seguirò coll’anima le tue Poche gioie, o diletta, e i tuoi dolori Sin che tra questo di civili belve Covo io rimanga alla calunnia, e al canto !
S. dispensato in foglio volante al Cocomero di Firenze la sera del suo benefizio 20 febbrajo 1851 : De' tuoi grand’ occhi nell’ alta pupilla, rapito al Cielo e di sè stesso altero, è un lume dentro cui puro sfavilla il redento da te Genio del vero : quindi affetti non ha, non ha parola questo misero sogno della vita, che non prenda alla tua perfetta scuola bellezza insuperabile, infinita.
Anch’io mi picco alla tua picca, se hai la pecca di aver pacche, non t’appicco, ma non pecco, se ti spicco e spacco il capo cupo, e dò alla parca un parco porco. […] Io mi batto fuor nell’atto fino all’otto ; mi ci metto come un matto nè vo in letto finchè a lutto non fai motto ; tu mi batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta, io ti butto giù in un botto ; se sei dotto, io sono addatto ; niuno editto nè altro detto che sia indotto non adotto.
Oh piombi di Grecia il furor, se mite mi doni un sorriso s’io bacio la chioma tua d’or !
MADRIGALE Ev l’aria rimbomba de le tue glorie, e del tuo dir facondo : degna, ch’ il ciel, no il mondo gli affetti del tuo duol fosse a sentire, e coronar di stelle il tuo pentire. […] Nel foglio di tua gota leggo già ; ch’ alta gemma è vetro vile (lapidaria d’ amor) qualor servile prostrata a Dio davanti offri i baci in Rubin, le Perle in pianti.
Ricuso, Enrico, L’offerte tue, la tua pietà. […] L’offerte tue, la tua pietà. […] Ma la tua vita? […] Ma la tua vita? […] Non ti smarrire, son tua, voglio esser tua...
L’onore ancora avventurar dovessi, Pensa a qual rischio la tua vita esponi. […] L’amor tuo, la tua fe. […] E la tua vita? […] E la tua vita? […] E la tua vita?
Ond’ognor minacciando al popol folto, ch’è già fatto tua preda, e foco, e strali, a’più sovrani Duci il pregio hai tolto.
È bontà la tua, o [illisible chars] ?
Si sono corretti i seguenti refusi: I.[32] interpetri → interpreti; I.[63]: sue → tue; I.[99]: suoi → tuoi; II.[69]: quuali → quali; IV.[147]: Antologia → Antilogia; V.[11]: sia → sin; V.[44]: se → te; V.[236]: si → ci. […] [1.39ED] Ma lascia in pria ch’io mi sfoghi contra cotesti adoratori della tua Grecia, la quale a me non è dio, ma è bene una parte di mondo da cui riconosco la venuta delle bell’arti in Italia. […] — [3.37ED] — Siasi questa — io soggiunsi — o parzialità tua o ben fondato giudizio, o per l’uno o per l’altro titolo la tua approvazione mi è sempre cara ed accetta, e, giacché di ciò abbiam parlato a bastanza, passerò a nuova interrogazione. […] [4.21ED] Intanto oggi, dopo l’Ifigenia, mi vedrai nel caffè di Ponte nuovo, che per tua notizia è il caffè de’ poeti: ivi conoscerai M. […] — [4.81ED] Poco mancò, che io non baciassi il mio gobbo, tanto solleticavami il mio ragionare, perché soggiunsi: [4.82ED] — Io ti prometto, Aristotile, di affatto disdirmi in tutti i miei scritti di quanto ho temerariamente asserito contro alle tue sentenze, poiché tu sostieni con tanta costanza la mia; né certamente credo che a tue ragioni possan resistere le contrarie quantunque ostinate opinioni.
Non pertanto delle di lui tragedie si racconta, che Socrate dopo averle ascoltate gl’insinuò di bruciarle, dicendo: Questo Platone ha bisogno del l’opera tua, o Vulcano.
L’onore ancora avventurar dovessi, Pensa a qual rischio la tua vita esponi. […] Die: Scelgo il morir, ma palesando al mondo L’amor tuo, la tua fè. […] Isa: E la tua vita? […] Quella che amasti, Nè vo’ già dir la sposa tua, tu stesso Meni di un altro in braccio? […] Oimè, ben mio, Mio sposo, mio signor, tua schiava io sono, Fa di me quel che vuoi.
Intendimi, nè più sopra di me tua mente fermisi : Che più possibil fia gli monti altissimi veloci andar, che mai io mi dissepari da l’onesto pensier casto e immutabile.
Dalle sfere ignote (ove certo signoreggi, come quaggiù nella memoria dei mortali) rivolgi a me un raggio della divina luce di tua sovrana intelligenza.
Risposta d’ Onofrio Paganini al suddetto Le tue dotte, Signor, rime festive sanno incantare ed obbligarsi i cori, tal che superbe le Castalie Dive vanno, a ragion, de'versi tuoi canori.
Per me segui ad amarlo : le voglie sue sian tue, Tue sian le sue ; sì uniti siate ambo in ambedue. […] Ma paga di me sol sia tua vendetta, Il fratel viva. […] Ricuso, Enrico, L’offerte tue, la tua pietà. […] Enrico Ma la tua vita ? […] Il cielo, Enrico, Le tue virtù coroni, ed a te rènda La dovuta mercede.
Avverti però di qualunque modo tu ti accinga all’impresa a non macchiar l’anima con un delitto incrudelendo contro tua madre. […] E creder puoi capace Di tradimento tal la tua diletta? […] “Tu sei morto, Amlet, non ti resta che mezz’ora di vita; la punta del ferro che tieni in mano è avvelenata, e . . ., mi ha morto; io ne avea una simile, e tu sei morto; tua madre ha bevuto la morte in quel vino . . . non posso più . . . il re . . . il re è il malvagio autore di tante stragi”.
Sangaride Ati, la sorte tua di pianto è degna, E pur tutta non sai la tua sventura.
Ati, la sorte tua di pianto è degna, E pur tutta non sai la tua sventura.
Prendi anche un vestito per mascherar colui che dee fingersi forestiere e vendere tua figlia. […] Di grazia, padre mio, benchè sì spesso Corri alle mense altrui, per la tua gola Vendi forse tua figlia? […] Vendi forse tua figlia? […] Narreran la cosa Di tua figlia a svantaggio i tuoi nemici, Non attendendo al ver, bensi alla voce. […] Non dei stupire, Se della patria tua, se de’ parenti Noi ti chiediam ragion.
Orsù (dicegli in fine Tossilo) da te altro non voglio che la tua figliuola . . . . […] Or dunque (ripiglia Tossilo) tu puoi darmi il danajo che io cerco, permettendomi di vendere la tua figliuola. […] Prendi anche un vestito per mascherar colui che dee fingersi forestiere e vendere tua figlia. […] Di grazia, padre mio, benchè sì spesso Corri alle mense altrui, per la tua gola Vendi forse tua figlia? […] Narreran la cosa Di tua figlia a svantaggio i tuoi nemici, Non attendendo al ver, bensì alla voce.
Taci dunque mia Musa ; e in un silenzio rispettoso ed umil tua lingua arresta ; che dall’incarco grave io ti licenzio e ad esso supplirà mente più desta.
La giovine, che prendi per tua Sposa è sì garbata, virtuosa e onesta, che fra le gemme è gemma prezïosa.
— Bella e quant’altra mai degna d’onore, O donna, è l’Arte tua.
Così di te, che i tenebrosi Ecclissi da ogn’alma sgombri, noi spesso contenti, Amor, che in tua virtù sè stesso sface. […] Ella per la tua fede e per tuo merto dice : d’amor ti si concede quel che ad altri non lice ; e coglier è a te dato, quel ch’è a ciascun vietato.
Angélique ne pouvant fléchir George Dandin, et l’engager à lui ouvrir la porte, fait semblant de se tuer. […] Cependant on donne l’assaut, le peuple tue Pisandre. […] Polinius, instruit de ce qui vient de se passer, ne peut cacher à Ulysse que la Reine est sa propre fille ; Ulysse veut se tuer ; on s’oppose à son dessein ; il se crève les yeux, et la tragédie finit. […] Il sort avec précipitation ; le Ministre le suit, et la Nourrice et le Domestique protestent, en s’en allant, que s’il arrive encore quelque malheur, ils se tueront tous les deux. […] Le Ministre lui répond que si la pauvre Reine vivait, elle aurait un violent déplaisir de voir son fils tué misérablement par une femme.
Che se Florinda tua su ricche piume innalzi al Cielo, insieme anch’ io v’ ascendo, cui porge la sua morte aura vivace. […] Ma finta in finta scena è tua pazzia. […] Pur è uer, e lo sento, Che mi rubasti il core : E gli diè la tua forma, il fabro Amore ; Mentre con sì soaui e dolci note E fra rubini ardenti Sciogli musici accenti ; Che ’l Cielo pareggiarli anche non puote, Ma non stupisco io già, che possi tanto ; Ch’Angiolo al uolto sei, Sirena al canto.