Non possiamo rammemorare senza ribrezzo tra’ comici scrittori nella prima mettà del secolo altri che Giuseppe Cañizares, sebbene da’ satirici del suo tempo motteggiato come cattivo verseggiatore. […] Urtarono due altri moderni scrittori teatrali verso gli ultimi tre lustri del secolo XVIII contro la corruzione del teatro spagnuolo sostenuta da’ commedianti e dal La-Cruz e suoi colleghi in mostruos tà sceniche. […] Per natura egli ha lo stile dimesso ed umile assai accomodato a ritrarre, come fece, la plebe di Lavapies e de las Maravillias (contrade di Madrid abitate solo da un popolo minuto insolente) i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidii, i cocchieri ubbriachi e simile gentame che alcuna volta fa ridere e spesso stomacare, e che La Bruyere voleva che si escludesse da ogni buon teatro.
Claudio Errico di Voisenon scrittore ingegnoso che vedeva con pena il teatro francese troppo allontanato dalle tracce di Moliere, compose il Ritorno dell’ombra di Moliere buona commedia recitata con ottima riuscita, indi i Matrimonj uguali, e la Cochetta fissata lodate da’ nazionali. La dipintura di una cochetta esige sagacità per ricavare dal fondo del cuore umano e da’ costumi correnti e dalla conversazione i veri tratti comici che ad esso appartengono, pregi che non mancavano al Voisenon. […] Si sono anche ultimamente rappresentate l’Ottimista o l’ Uomo contento di tutto del giovane Collin d’ Harleville; il Matrimonio segreto di tre atti tollerata in grazia de’ buoni attori; la Fisica in un atto imitazione debole delle Letterate di Moliere, in cui una donna d’altro non vuol parlare che di magnetismo, di gas, di elettricità, di palloni volanti; le Riputazioni commedia in versi di cinque atti non migliore imitazione delle Letterate rappresentata in Parigi nel 1788; Moliere in casa di Ninon in prosa di mad. di Gouge impressa nel medesimo anno da’ gazzettieri enunciata col titolo di episodica, in cui intervengono le persone più distinte del secolo di Luigi XIV; la Morte di Moliere in versi e in tre atti che serve solo a rinnovare il dolore della perdita di quell’ingegno raro; la Giovane Sposa in versi ed in tre atti del sig. di Cubieres lodata dal giornalista di Buglione per la morale e pe’ caratteri.
Recitavansi in un teatrino, che sussisteva ancora verso la fine del secolo nel convenuto di Orvieto da’ suoi studenti con grandissimo concorso. […] Prima di passare alle tragedie dell’istesso signor Bettinelli, fa mestieri mentovare le tragedie latine composte nel secolo XVIII per lo più da’ gesuiti. […] La sceneggiatura non serva il modo accettato da’ moderni, e più di una volta il teatro rimane voto. […] L’indirizzò al Teatro Patriotico di quella città ; ma nè da quella società nè da’ commedianti si è mai voluto rappresentare. […] Gerbino si pubblicò nel 1787, e si recitò tre sere da’ commedianti Lombardi nel teatro de’ Fiorentini di Napoli.
Egli dee piuttosto chiamarsi un uomo di talento che un uomo di genio, e tra i componimenti suoi e quelli del Metastasio passa a un dippresso la medesima differenza che passerebbe tra amena e frondosa valle veduta al languido lume della luna e questa stessa rischiarata da’ raggi del sole nel più puro mattino di maggio. […] Ed allora il dramma sortì dalla schiavitù dove lo tenevano oppresso i macchinisti e gli impresari, e prendendo per compagne, e non mai per sovrane, la decorazione e la melodia, ei comparve fregiato di tale splendore quale non ebbe mai da’ Greci in qua nel lungo corso di molti secoli.
Chi non dipenderebbe da’ suoi giudizj, intorno alla Poesia Drammatica più che da tutti i possibili Rapin, i quali decidono colla penna prima di aver sentito col cuore? […] Egli volle perciò regalare il Tasso dell’Humano capiti di Orazio, copiando Quintiliano, quando parla del vizio Oratorio detto da’ Greci κοινισμος, miscea di varj dialetti.
Arlecchino servo balordo si rappresentava in Francia a soggetto da’ commedianti Italiani; e Niccolò Barbieri detto Beltrame nel 1629 diede alla luce per le stampe la sua commedia l’Inavvertito 12, la quale servì di modello prima alla commedia di Quinault l’Amante Indiscreto ossia il Padrone Stordito rappresentata nel 1654, indi allo Stordito di Moliere incomparabilmente migliore di quella di Quinault. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre il verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fénélon, La Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con troppa fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, dico, quando anche gli venissero con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’ uomo.
La Battaglia di Arminio scritta parte in prosa e parte in versi per cantarsi contiene la sconfitta di Varo ricevuta da’ Germani condotti da Arminio. […] Ma l’augusta Maria Anna Walburga di Baviera elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e di Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica, valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale.
Quindi é che si scrisse da’ poeti oscuri un prodigioso numero d’opere eroiche e comiche, le quali appena comparse sulle scene, rapidamente si perdettero nel nulla.
Così quelle notturne querele che secondo lo Scoliaste di Aristofane i villani oppressi da’ ricchi andavano spargendo pe’ villaggi indi per le città, trovarono da poi ne’ poeti comici tanti zelanti patrocinatori de’ loro diritti offesi; ed il magistrato Ateniese permise che si pubblicassero i loro oltraggi in teatro; ed animò con ciò i poeti ad infamar poscia impunemente i cattivi e i prepotentia.
Ed è forse nuova cosa che l’oscenità sia proscritta da’ teatri colti ? […] Dal Petrarca, dal Zeno e da’ Francesi trasse del mele ; ma chi nol fa ? […] Anche l’Attilio Regolo (afferma l’ esgesuita) venne da’ Francesi. […] forse da’ vassalli del marito. […] Or pare verisimile che dovessero osar tanto in faccia al re circondato da’ soldati, da’ cavalieri ec., ribellandosi manifestamente ?
[Sez.I.1.0.7] È dunque chiaro che fino da’ più rimoti tempi furono usate in Italia le opere in musica. […] Altri se ne potranno rinvenire ne’ nostri poeti; ed altri pure da’ due stabiliti princìpi i moderni melodrammatici discretamente potran derivare. […] Perciò la musica antica, la quale non ebbe un estetico sì ricercato, avea maggiore azione su’ nervi diatetici, sulla fantasia e sulla memoria, da’ quali dipende il patetico della musica. […] Non essendo adunquo in oggi la musica esercitata da’ nostri filosofi, non potè il suo patetico profittar molto, come quello, che non può senza la scorta della filosofia andare innanzi. […] Possono ancora gli attori trarre del vantaggio da’ libri che quest’arte particolarmente insegnarono84.
Il garrire degli eroi tanto da’ critici ripreso, era proprio de’ primi tempi della Greca nazione. […] Mattei, intendiamoci bene, gl’Italiani hanno da’ Greci preso con felice successo tutto il bello , o hanno tratto dalle loro miniere tutto il piombo e lasciato l’oro ?
Il legislatore deificato poi da’ suoi seguaci veniva onorato da essi col titolo di padre della strage, di nume delle battaglie, di struggitore e d’incendiario. […] [13] Colle conquiste dei goti si sparse adunque per l’Europa la moderna mitologia abbellita di poi, e vieppiù propagata da’ poeti e de’ romanzisti.
Il Guarini amato per la sua dottrina e prudenza da’ principi della sua età, specialmente dal papa Gregorio XIII, e dal duca Ercole d’Este, i quali l’impiegarono in affari importanti, morì in Venezia nel 1613. […] Accolta benignamente in Francia dal re, e dalla regina, e da’ più qualificati cortigiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Il Guarini amato per la sua dottrina, e prudenza da’ principi dell’età sua, specialmente dal papa Gregorio XIII e dal duca Ercole d’Este che l’impiegarono in affari importanti, morì in Venezia nel 1613. […] Accolta benignamente in Francia dal re e dalla regina e da’ più qualificati corregiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Aggiugnetevi la necessità di dover dare il suo libro alle stampe di Napoli sua patria, lungi, vale a dire, da’ suoi occhi e dalla felice opportunità di poter ritoccarlo coll’ultime pennellate, che soglion darli talvolta a’ misura che si diviluppano nuove idee, anche sotto lo stridere de’ torchi.
Nel real palazzo del Buen Retiro di Madrid sotto Ferdinando VI si cantarono le più famose opere di Metastasio e qualche serenata di Paolo Rolli da’ più accreditati attori musici e dalle più celebri cantatrici dell’Italia, senza balli ma con alcuni tramezzi buffi, dirigendone lo spettacolo il riputato cigno napoletano Carlo Broschi detto Farinelli, che quel Cattolico Sovrano dichiarò cavaliere.
Ma perchè i documenti sono portati da’ comici, questi dalle sentenze miniate d’oro e conteste di credito non gl’accettano : disgratia della parte debole !
Claudio Errico Voisenon scrittore ingegnoso che vedeva con pena il teatro francese allontanato dalle tracce di Moliere, compose il Ritorno dell’ombra di Moliere buona commedia recitata con ottima riuscita, indi i Matrimoni uguali, e la Civettuola (coquette) fissata lodate da’ nazionali, e dagli esteri ragionevoli. La dipintura di una cochetta esige sagacità per ricavare dal fondo del cuore umano, e da’ costumi correnti, e dalla conversazione i veri tratti comici che ad essa appartengono; pregi che non si negano al Voisenon. […] Madama di Gouge scrisse in prosa una commedia enunciata da’ gazzettieri col titolo di episodica Moliere in casa di Ninon, che s’ impresse nel medesimo anno, nella quale intervengono le persone più distinte del secolo di Luigi XIV.
La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta di Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo. […] Fiorirono entrambi nel colmo della corruttela del gusto, entrambi se ne preservarono intatti, resistendo al vortice che tutti rapiva gl’ ingegni, entrambi possono considerarsi come i precursori della buona tragedia, che seppero astenersi da’ lirici ornamenti de’ tragici del secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati del XVII.
Battista Andreini detto Lelio in Commedia, quegli che ha tante opere spirituali alle stampe, fu accettato tra’ Signori Accademici spensierati, ed è stato favorito da’ Principi in molte occasioni, ed in Mantova ebbe fino titolo di Capitano di Caccia di certi luoghi in quello Stato. » Tra’versi in lode dell’Andreini, metto qui il sonetto dell’Agitato, Vincenzo Panciatichi, il quale tolgo dal Bartoli ; un sonetto inedito di Giovanni Caponi, che è in un Codice Morbio ampiamente descritto all’articolo seguente su Virginia Andreini, e due madrigali del fratello Domenico. […] Oggi che l’ arte è giunta a tanta eccellenza, che ci fa vedere ciò che appena l’occhio può credere, e si fa con tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatri, essendo fatte usuali e tanto comuni che fanno stupire lo stesso stupore : anzi l’arte supplitrice della Natura, tante ne va di giorno in giorno inventando, che per tante stravaganze può dirsi l’Arte della Natura più bella.
I tre eran dunque il Panzanini, il De Bianchi e il nostro Pasquati : e la favola in discorso era forse l’antichissima delli tre gobbi, ridotta da' Gelosi a scenario, e passata poi tra le opere del Tabarrino.
Quivi l’incalzar della miseria e della fame lo indussero a tentare, indarno, di trarre qualche profitto da' suoi studi di chirurgia ; e, per sollecitudine di un amico fiorentino, tornò in patria, trattato col maggior de' rigori dal padre, che mal pativa l’animo ribelle di lui, e sopr' a tutto le sue inclinazioni all’arte del teatro, la quale soleva essere guardata allora dalla gente austera, come quasi disonorante.
Non iscorgete voi (egli disse) ch’egli scrive alla distesa con certo gergone apparato nelle vie, nelle botteghe e per le magioni da’ perlari ds’ popoli senza alcun studio ne’ libri?
Dall’altra banda la stessa storia ci addita che Quinault prima di collegarsi con Lulli avea cento volte corso l’aringo teatrale senza potere schermirsi da’ morsi di Boileau.
Ebbe non per tanto un ingegno pieno di vigoroso entusiasmo che lo solleva talvolta presso a’ più insigni tragici, e che giustifica il giudizio datone da’ suoi compatriotti, ch’egli abbondi di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili.
Dall’altra banda la stessa storia ci addita che Quinault prima di collegarsi con Lulli avea cento volte corso l’aringo teatrale senza potere schermirsi da’ morsi di Boelò.
Ebbe non per tanto un ingegno pieno di vigoroso entusiasmo che lo solleva talvolta presso a’ più insigni tragici, e che giustifica il giudizio datone da’ suoi compatriotti, che egli abbondi di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili . […] Viene il re e la regina ed il corpo di Ofelia accompagnato da’ sacerdoti.
Non iscorgete voi (disse) ch’egli scrive alla distesa con certo gergone apparato nelle vie, nelle botteghe e per le magioni da’ parlari de’ popoli senza alcun studio ne’ libri?
Laonde a questi due dotti uomini, che furono dirozzati e ammaestrati in Italia, dee la Spagna tutto l’onore di aver da’ suoi cacciata la crassa ignoranza, in cui erano miserabilmente immersi.
La gloria delle armi e delle conquiste passa, come il fragore d’un turbine di cui non si conserva la memoria se non per le rovine che ci attestano della strage; laddove quella de’ principi che proteggono le cognizioni proficue inseparabili dal vero merito, dura come la quercia descritta da Lucano, che era la figliuola primogenita del bosco, riverita da’ pastori e abitata da’ numi, ai rami della quale appendevano corone di fiori le ninfe, e i capitani i loro militari trofei86.
Ma l’augusta Marianna Walburga di Baviera che era elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica; valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale.
Finalmente, dalla qualità comune a tutti gli intrichi delle persone chiamate da’ Francesi episodiche, nasce un difetto ancora più comune d’ogni altro a’ loro episodi. […] Peccasi sovente da’ Francesi in tal fatto invece d’aiutare con gli affetti degli episodi quello dell’azione. […] Fu però con ragione da’ critici censurato il poema del parto della Vergine del Sannazaro, e l’Iephte del Buccanano. […] Della qualità dello stile praticato da’ poeti d’ambedue le nazioni. […] L’elocuzione è miglior che nel Romolo: non è però del tutto libera da’ suoi vizi.
Con simili inezie il poeta in due pennellate avvilisce le ricerche minute intorno a certi insetti di niun uso continuate per una serie di anni da’ pseudonaturalisti, i quali appo il volgo vogliono passare per ingegni rari applicandosi a indagare con affettata diligenza le meno importanti produzioni della natura. […] Or quale spettacolo meritava più gli applausi della Grecia, l’arditezza di un comico calunniatore che insolentiva contro la probità, o la tranquillità di un saggio che assisteva in piedi alla rappresentazione per farsi ravvisare da’ forestieri curiosi? […] Parti (dice) una bella impresa il far nascer mendici da’ mendici, l’infettare la terra di pulci, e d’insetti molesti e schifosi, il colmarla di miserabili che non hanno pane da satollarsi nè letti da dormire? […] Ciascuno da se può discernere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a noi, in forza di governo e di costumi furono ed esser doveano posteriori alla commedia di Aristofane; e se tanti critici pedanti condannano i comici allegorici antichi chiamandoli marrani, maremmani, auzzini, e notandone gli artifizj come sconcezze, ciò avviene perchè non seppero nelle loro fantastiche poetiche giammai distinguere tempi, generi e costituzioni, nè seguire con ordine la marcia, per così dire, dell’umano ingegno e delle diverse società civili. […] Non lieve argomento del pregio di queste ed altre favole di Menandro si è l’uso e il saccheggio fattone da’ poeti Latini.
Viene il re e la regina, ed il corpo di Ofelia accompagnato da’ sacerdoti &c.
La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta dì Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo.
Il tono pamphlettistico in questa seconda redazione è ridotto a vantaggio di un’orchestrazione più controllata del discorso; ad esempio è espunta una critica agli impresari che nella prima redazione precedeva le osservazioni relative al libretto, evidentemente considerata troppo contingente e non adatta all’andamento più formale che Algarotti vuole dare al Saggio: «Ma questa così solenne riforma in vano noi l’attenderemmo dalle nostre tumultuarie compagnie di teatro e da’ nostri impresari che ne sono alla testa; i quali o non sanno ciò che fare si convenga, o pure, atteso i mille rispetti che sono forzati di avere, nol possono mandare a esecuzione17.»
L’uso della rima, la tessitura de’ versi, la proporzione fra gl’intervalli e i riposi nel metro erano conosciute egualmente da’ normanni, da’ goti, e da più altre nazioni, che dagli arabi dominatori.
Ma Cotta lasciò il teatro, ed il suo esempio non fu seguito fra gli altri attori se non da Luigi Riccoboni, il quale abbastanza istruito nell’arte sua, e confortato da’ dotti del suo tempo, e particolarmente dal Conti e dal Maffei, fé gustare e applaudire la Sofonisba del Trissino, la Semiramide del Manfredi, l’Edipo di Sofocle, tradotto dal Giustiniani, l’ Ifigenia del Rucellai, le tragedie di P. […] Allora l’arte, procedendo da’ suoi veri principî, può, sempre più sviluppandoli ed applicandoli, progredire per quella linea che mena alla perfezione. […] [Intro.21] I soli fra gli antichi, i quali ne abbiano trattato, e di cui abbiamo le opere, sono Cicerone, Luciano e Quintiliano; ma Luciano alla sola danza o pantomima si limitò, e Cicerone e Quintiliano della sola pronunciazione oratoria intesero ragionare; di modo che per quanto al loro subbietto particolare importava, alla teatrale declamazione più o meno si riferirono, ma niuna opera di questa materia da’ greci e da’ latini ci è pervenuta. […] Bisogna dunque distinguere le parole come pura materia della declamazione, da’ mezzi propri, onde questa si vale per modificarle secondo il suo disegno e il suo fine, e darle la sua forma conveniente; e questi mezzi sono la voce, la fisonomia, il portamento ed il gesto, ossia tutta l’azione conveniente della persona che parla e declama. […] E siccome tali dati ci mancano affatto, o da’ lumi che possiamo raccogliere, tali risultano, che nulla o ben poco possiamo immaginare e sostituire d’analogo tra le lingue viventi e le morte, dobbiamo invece rivolgere le nostre ricerche e la nostra analisi ad apprendere e praticare la pronunciazione e l’armonia della nostra lingua propria, e lasciar quelle che potrebbero anzi tornare a pregiudizio di essa.
Lo studio delle cose antiche fece loro conoscere che quella sorte di voce, che da’ Greci e Latini al cantar fu assegnata, da essi appellata “diastematica” quasi trattenuta e sospesa, potesse in parte affrettarsi, e prender temperato corsa tra i movimenti del canto sospesi e lenti, e quelli della favella ordinaria più spediti e veloci, avvicinandosi il più che si potesse all’altra sorte di voce propria del ragionar famigliare, che gli antichi “continuata” appellavano.
Attalchè, quando i cristiani divennero padroni de’ paesi dianzi posseduti dai gentili, si trovarono quasi affatto sprovveduti di musica, qualora non vogliamo con siffatto nome chiamare il canto de’ salmi, che poco differiva dalla pronunzia ordinaria, o quello degli inni, che eseguivasi a due cori da’ Terapeuti, spezie di monaci orientali, che da alcuni eruditi sono stati, non so se con tutta la ragione, confusi coi cristiani del primo secolo.
Or quale spettacolo meritava più gli applausi della Grecia, l’arditezza di un Comico calunniatore che insolentiva contro la probità, o la tranquillità di un Saggio che assisteva in piedi alla rappresentazione per farsi ravvisare da’ forestieri curiosi? […] Parti (dice) una bella impresa il far nascere mendici da’ mendici, l’infettar la terra di pulci ed insetti molestise schifosi, il colmarla di miserabili che non hanno pane da satollarsi nè letti da dormire?
Ma molte di esse sono state di già accennate in passando, altre si ricavano facilmente da’ princicipi proposti, altre si toccheranno nel seguito di quest’opera.
« L’ Andreini pistoiese, nato circa il 1548, fu dapprima soldato : militò nelle galee toscane, e preso da’ turchi, stette ott’anni schiavo.
Il Barbieri, nella Supplica citata, riporta da Pietro Mattei, Istorico e Consigliere del Re Cristianissimo, che Isabella Andreini fu favorita dalla Comunità di Lione di Francia d’insegne e di mazzieri, e con doppieri da’ Signori Mercanti accompagnata : ed hebbe un bellissimo Epitaffio scritto in bronzo per memoria eterna.
[26] Supposti gli accennati principi tanto più sicuri quanto che sono ricavati non da’ capricci dell’usanza né dalla particolare opinione di un qualche scrittore di musica, ma dai fonti inesauribili di quel vero comune a tutte le arti d’imitazione, qual’è la maniera osservata dagli odierni compositori nel lavorare le arie?