Fu artista del San Salvatore di Venezia, tartassato con Medebac, Falchi e la Marliani da Carlo Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi, e in un sonetto burchiellesco.
Fu conduttrice di compagnie ella stessa, e finì col ridursi a Firenze, ove per alcun tempo recitò di quando in quando assieme a filodrammatici per campar la vita, e ove trovasi anch’oggi. […] Fu, dice il Bartoli, Arlecchino, e recitava assai bene nella commedia all’improvviso, che insegnava anche agli altri con passione ed amore.
Fu al suo apparir sulla scena uno de' più promettenti giovani, preconizzato il successore degno di Tommaso Salvini e di Ernesto Rossi. […] Fu della scuola di Carolina Malfatti (V.), e del '72, poco più che ventenne, era a' Fiorentini di Napoli, amoroso, in Compagnia Alberti, di cui eran parti principali la Pezzana e l’ Aliprandi, Bozzo e Serafini.
Fu attore de'più egregi in ogni genere di recitazione tragica, drammatica, o comica. […] Fu il '60 con Adelaide Ristori a Parigi, a Londra, in America qual promiscuo e caratterista, poi di nuovo capocomico, poi, finalmente, direttore di una delle tre Compagnie di Luigi Bellotti-Bon.
Fu lodato e stimato non solamente dal pubblico, ma sì dai comici, e morì nel miglior tempo della sua vita artistica l’anno 1761.
Fu scritturata per gli anni 1857-58-59 dalla Compagnia diretta dall’artista Giovanni Leigheb.
Fu giovanissimo in Compagnia di Giovanni Roffi al Cocomero di Firenze, quale innamorato.
« Fu gradita – dice il Bartoli – sui teatri d’Italia, e fu stimata e ricercata dalle comiche compagnie. »
Fu in Germania e in Italia festeggiatissimo sempre, anche in parti a viso scoperto, e morì in Udine del 1772.
Fu tra'compagni del Ruzzante (Vedi Beolco Angelo nell’opera e nel Supplemento), e dice lo Scardeone, che era chiamato Vezzo in commedia ; nome di servo, che vediam comparire tra le opere del Ruzzante una sola volta nella Vaccaria.
Fu innamorato di non pochi pregi nella Compagnia di Pietro Rossi, poi in quella della Battaglia e in altre.
Fu nelle Compagnie di Pietro Rossi e di Luigi Perelli.
Fu sostituito nella Compagnia di Giuseppe Imer al figlio Monti, terzo amoroso, quando questi se n’andò col padre, dottore, a Napoli ; e Carlo Goldoni lo dice non superiore al Monti in abilità.
Fu prima attore della Compagnia diretta da Antonio Franceschini detto Argante ; poi per lungo tempo, quale innamorato, al S.
Fu reputato attore di pregio così nella maschera di Brighella, come nelle parti d’innamorato, di tiranno e di padre.
Fu in qualche Compagnia di Venezia, poi seconda donna con Onofrio Paganini, al fianco di Rosa Brunelli, prima donna, poi, avanzando negli anni, in Compagnie varie di pochissimo conto.
Fu prima ballerino, poi Arlecchino di pregio.
Fu attore di pregio per le parti di Dottore, e recitò alcun tempo in Compagnia Medebach.
Fu prima attrice amorosa il 1832 in Compagnia di Giovanni Ghirlanda, col marito Giovanni Trenti primo attore e con Geltrude, forse una sorella, generica.
Diolaiti Gaetano, bolognese. « Fu un bravissimo Dottore, il quale molto affaticossi per dare al suo carattere scenico delle nuove grazie ; e cogli assiomi latini, e con un sentenzioso studiato si rese utile alle comiche compagnie ; e procurò a sè medesimo e fortuna ed applauso.
Fu artista acclamatissimo specialmente nel repertorio goldoniano e di Giraud.
Fu il primo amoroso, nel 1850, della Compagnia che Antonio Colomberti formò in società con Eugenia Baraccani, sposata la quale, si fece capocomico egli stesso, separandosi poi amichevolmente dalla moglie, e ritirandosi dopo alcun tempo dall’arte per andare a seguire il figliuolo, divenuto tenore de' più ammirati.
Fu nella Compagnia d’Antonio Marchesini, e poi passò in Venezia in quella de'nobili Vendramini al Teatro S.
Fu col Bazzigotti, colla Tesi, con Pietro Rossi, con la Battaglia, con Medebach, e da ultimo con Pellandi al S.
Fu una serva egregia ; e recitò col marito al S.
Fu la prima attrice della Compagnia comica di Ernesto Rossi e Giovanni Leigheb pel 1849.
Fu anche nelle compagnie di Pietro Rossi e di Onofrio Paganini ; poi, protetto da un veneto gentiluomo, visse alquanto con lui, lontano dall’arte.
« Fu un celebre pulcinella, che fece volare il suo spirito sui teatri di Napoli, e che passò all’altra vita circa il 1730. » Così il Bartoli.
Fu in varie compagnie e scrisse alcune commedie, fra le quali L’amor coniugale come seguito del Fabbricatore inglese di Falbaire.
Fu con Bazzi, Goldoni, Perotti, Dorati e Raftopulo.
Fu attore pregiato nelle commedie improvvise, sotto la maschera di Brighella, e nelle premeditate senza maschera.
Fu primo attore assoluto il 1853 con Luigi Domeniconi, e padre nobile e tiranno tragico il 1854-55-56-57 con Adamo Alberti a’ Fiorentini di Napoli. […] Fu il Colomberti di attività singolare.
Vuolsi ch'ella avesse una voce magnifica di soprano, e che una sera di agosto del 1825, mentre ella cantava un notturno, accompagnata al piano dal maestro Vignozzi, passando di là il Guerrazzi e il Bini, il primo, colpito da tanto accento drammatico, sclamasse : « Per Iddio, quella ragazza dovrebbe far l’ attrice. » Fu profeta, perchè pochi anni dopo, Carolina Santoni fu una illustrazione dell’arte drammatica. […] Fu il '50 con Coltellini, e la vediamo al Teatro Re di Milano, festeggiatissima ; il '51 passò con Domeniconi a fianco di Tommaso Salvini, di Gaetano Vestri, di Amilcare Belotti ; e il '57, per un triennio, con la Compagnia Righetti, appendice alla Compagnia Reale Sarda, sotto la direzione di Gustavo Modena, « in qualità di prima attrice per quel genere di parti, che i francesi chiamano fort premier rôle, e per quella di madre tragica, con l’annuo stipendio di lire nuove di Piemonte 6300, e tre mezze serate a suo benefizio, di cui una, la quaresima, a Torino. » Il triennio '61-'63 fu nella Compagnia di Filippo Prosperi, e andò l’ultimo anno in Ispagna, ove s’ ebbe i maggiori onori.
Fu ottimo generico e buon caratterista in Compagnie di prim’ordine quali di Tommaso Salvini e di Giovanni Emanuel.
Fu anche buon musicista, e cantò più volte negl’ Intermezzi.
Fu con la Coleoni, la Battaglia, Zuccato, e il cognato Goldoni.
Fu prima Innamorato negli accademici della città, poi Dottore in arte, cominciando con compagnie secondarie, e passando poi con quelle di Pietro Ferrari e del Menichelli.
Fu prima nella Compagnia di Nicodemo Manni in Lombardia e in altre provincie d’Italia, applauditissimo nel carattere brillante di francese italianato, di cui fu inventore il Canzachi (V.), ma che il Vieri, fiorito assai tempo dopo, rinnovò senza l’esempio di alcuno.
Fu il 1875 con Emanuel-Pasquali ; poi con Giuseppe Pietriboni, dal quale, dopo una cattiva prova al Teatro Valle di Roma, si tolse a principio d’anno, per finir colla moglie, una giovane dilettante torinese, in America, ov’egli si fece direttore di filodrammatici, e ove, dopo pochi anni, morirono entrambi ancor giovanissimi ;
Fu il ’76 con Gerolamo Medebach al S.
Fu nella Compagnia di Luigi Perelli, è stato colla Tesi, e presentemente (1781-82) si trova unito alla Truppa di Francesco Paganini.
Fu tra' comici della Compagnia italiana a Dresda (1749….), e recitava le parti di Brighella (V.
Fu in alcune vaganti compagnie, ed oggi ha fermata la sua dimora in quella, che scorre l’Italia sotto la direzione di Pietro Ferrari. » Così Fr.
Fu anche attore di qualche pregio, e vuolsi, da’vecchi che lo ricordano, essere stato il miglior interprete del caratterista nella Cameriera astuta di Riccardo Castelvecchio.
Fu a Napoli più anni ; poi entrò nella Compagnia della Tesi col fratello, con cui era sempre nel 1781.
Fu sempre in compagnie di prim’ordine, e il '36 faceva parte di quella del Nardelli, di cui è riprodotta una poesia a pag. 390, che ha questa orribile quartina : Se poi a caso ci preme la stizza, e svogliata noi abbiamo la mente, il veder sulla scena Pelizza, tutto quanto obliare ci fa.
Rossi Felicita, livornese. « Fu impiegata nel carattere della serva per molti anni nel Teatro a San Luca.
Fu anche al San Luca, e cantò con successo in alcuni Intermezzi musicali.
Fu poscia in varie compagnie vaganti di second’ordine e morì a Bergamo la primavera del 1778.
Fu prima attrice pregiata, ma le sue qualità d’artista non potè mai far emergere, avvolta com’era nelle disgrazie, non mai interrotte, e perciò nel guittume della Compagnia del suocero, che non volle abbandonare finchè egli visse.
Fu lungo tempo colla Compagnia di Gerolamo Medebac, ne’teatri veneziani e in altri, gradito sempre.
Rinomatissimo capocomico e artista egregio per le parti d’innamorato nelle commedie scritte e improvvise. « Fu uomo di molta intraprendenza – scrive il Bartoli – ed ebbe in sua Compagnia degli abili Personaggi, a’ quali però all’ occorrenza non mancava di dar loro delle buone instruzioni intorno al mestiere. » Mortagli la moglie, abbandonò per sempre il teatro, aprendo in Venezia nel Campo di Santa Margherita una scuola per fanciulli che gli procacciò una decorosa esistenza.
Fu ottimo amoroso, e fece parte delle Compagnie di Lorenzo Pani, del vecchio Andolfati e di Gaetano Bazzi. – Venuto a maturità, prese il ruolo del padre nobile, nel quale riuscì attore non meno pregiato.
Fu nella Compagnia diretta da Antonio Fiorilli, in cui ebbe campo di far spiccare la sua abilità, specialmente nelle Commedie all’improvviso.
Fu prima attrice assoluta della sua compagnia la moglie Giuditta.
Fu il ’30 a Parigi, e vi andò in scena il 29 giugno con la Rosmunda di Alfieri, sollevando il pubblico a tale entusiasmo, da ottener dalla Duchessa di Berry la solenne promessa di aver destinato un teatro alle recite della Compagnia italiana : promessa che non fu poi tenuta per la caduta del Borbone che obbligò i comici italiani a tornarsene in patria. […] Fu il ’50 con Coltellini a Trieste, e il ’52 si unì madre nobile con Adelaide Ristori, risolvendo il ’57 di abbandonare il teatro, e di cedere tutto il suo ricco patrimonio di scena al figliuolo Giovanni, capocomico e mediocre brillante (morì nel ’76 a Livorno), col quale recitò alla Stadera di Milano il 13 marzo di quell’anno il terzo atto della Medea del Ventignano, maravigliando per la potenza d’arte, e gagliardia di mezzi, tanto da far dire a un accreditato giornale, che al suo confronto le celebrità d’allora impicciolivano a vista d’occhio. […] Fu grande nel più largo senso della parola, così nella tragedia, come nella commedia e nel dramma ; e nella sua grandezza, modestissima.
Fu tra gli attori che recitarono nel Carnevale del 1744 al S.
Fu con Vincenzo Bazzigotti al fianco dell’Ugolini che gli fu largo di savi ammaestramenti nell’arte comica ; e con Costanzo Pizzamiglio, col quale stette più anni, non solo come attore, ma anche adoperato da’ suoi Compagni — dice il Bartoli — negli affari della Truppa, avendolo esperimentato per un Uomo di spirito, e ne’proprj divisamenti utilissimo alla società.
Fu prima donna con Luigi Vestri, poi seconda donna di nuovo col Fabbrichesi, col quale restò fino all’anno in cui lasciò definitivamente le scene, che fu il 1827.
Fu secondo brillante, brillante, primo attor giovine, soldato, poi di nuovo brillante.
Fu artista egregia per le parti di prima donna giovine che sosteneva il 1781-82 e 83 nella Compagnia del celebre Petronio Zanerini, e di prima donna assoluta in compagnie secondarie.
Fu per sei mesi aggregata alla Compagnia Gustavo Modena ; ed ebbe l’onore di sostener con lui le grandi parti del suo repertorio.
Fu all’inizio della sua carriera in compagnie di niun conto, poi, fattosi esperto dell’arte, potè, liberatosi dal vincolo di quella donna, entrare nella Compagnia Medebach, in cui trovavasi ancora l’anno comico 1781-82.
Fu una prima donna assai rinomata, specialmente per le parti goldoniane, che sostenne acclamatissima nelle prime città d’Italia, e a Malta, e a Barcellona, ora sola, ora in società con Vincenzo Bazzigotti, con cui stette più anni.
Fu poi scritturata prima attrice giovine da Andrea Maggi ; ma il Reinach ne sciolse il contratto per farla sua sposa.
Fu in Portogallo nel 1770 col Paganini, poi, tornata in Italia, con varie Compagnie, fra cui quella del Bazzigotti.
Fu qualche tempo con Onofrio Paganini, poi capocomico egli stesso.
Fu ascritto a quel teatro come socio, e quando, il 1732, tutto il personale italiano fu licenziato, fu fatta eccezione per la coppia Bertoldi, per Bellotti, e per questo vecchio ottantenne, a cui fu assegnata la pensione annua di 500 fiorini, e che quivi morì nel 1747, a novantasette anni.
Fu molti anni con Pietro Rossi, poi col Paganini, poi di nuovo col Rossi, poi col Lapy al San Luca di Venezia, dal quale passò con la stessa Compagnia al Sant’Angelo.
Fu un buon innamorato, e fece parte della Compagnia del San Luca a Venezia.
Fu uomo di somma riputazione in riguardo a'meriti suoi teatrali, per essere stato un modello del Comico eccellente.
Di lui, allora, in entrambe le compagnie le Varietà teatrali inserirono poche parole di lode, dicendo « ch'ebbe il vantaggio di crearsi un metodo di recitare suo proprio, che piace e lo rende ben accetto presso il pubblico. » Fu con la famiglia nella Compagnia Reale Sarda, dal '24 a tutto il '31.
Fu moglie di Olinto Mariotti (V.), morto il quale passò a seconde nozze con Antonio Bozzo (V.), vedovo di Amalia Checchi.
Fu sempre con lui a tutto il '24, cominciando a recitare le parti di madre in Compagnia Vestri.
Fu impiegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con quella di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera del Dottore, ma poco ivi potè far valere il suo spirito e la sua lodevole abilità, poichè giunto a Modena, tocco da apoplessia, vi morì in quell’estate in età d’anni 38. » Così Fr.
Fu nella Compagnia di Marta Coleoni e in quella di Antonio Goldoni, dalla quale poi passò col noto artista e capocomico Giacomo Dorati, scritturato per le parti di padre nobile e di tiranno, che sostenne, specie nelle tragedie del Pindemonte e dell’Alfieri, col plauso generale. […] Fu amoroso per vari anni della Compagnia Pisenti e Solmi, poi, nel ’41, di quella condotta e diretta da Camillo Ferri.
Fu sotterrata nella chiesa del San Salvatore, sua parrocchia. […] Fu onorevolmente sepolta al S.
Fu il ’60 con Prina e Asti, dai quali si sciolse per pagare alla patria il suo tributo di buon cittadino. […] Fu il ’73 nella seconda Compagnia della Sadowski, diretta da Luigi Monti, e il ’74 in quella di Luigi Bellotti-Bon (che il Bertini con sentimento di gratitudine profonda, chiama suo solo maestro), al fianco della Tessero e della Falconi, di Pasta, di Salvadori e di Bassi.
Fu poi secondo caratterista dell’ottima Compagnia condotta da Antonio Rafstopulo, nel 1819-20, sempre insieme alla moglie, madre nobile, e alla figlia, prima amorosa.
Fu tra gli attori che firmarono una supplica, perchè fosser limitate le ragioni che i Religiosi in tempo di carnevale non potevano andare al S.
Fu buona prima attrice, buona seconda donna e buona madre : e la troviam tale nel 1815 in Compagnia di Salvatore Fabbrichesi.
Fu colla Truppa di Pietro Rossi, passò poi in quella della Tesi ; ed oggi trovasi in altra vagante Compagnia, recitando anche qualche parte nelle cose serie con buona intelligenza ed aggiustato criterio. » Callochieri Serafino, fiorentino, artista egregio per le parti di amoroso fu con la Battaglia, con la Coleoni e col Perotti.
Fu anche a Vienna e in altre città della Germania, sempre stimato e applaudito.
Fu per un triennio con la società Prepiani, Tessari e Visetti a’ Fiorentini di Napoli, poi di nuovo con Solmi e Pisenti, poi con Giardini, poi col Ferri, poi con Antonio Colomberti (1851), dal quale uscito, andò a stabilirsi in Livorno, ove morì nel 1865.
Con un aspetto vantaggioso, con una voce robusta, non abbisogna che di buon gusto comico per rendersi sempre bene accetto agli spettatori. » Fu ufficiale e sposò Teresa Salimbeni, attrice e poetessa.
Fu grata sulle scene per l’avvenenza del suo personale, e per qualche prontezza nel suo brillante carattere.
Fu anche scrittore di versi, e lo stesso Bartoli riferisce un prologo, nè dei migliori, nè dei peggiori, ch'egli dettò per Luigia Lapy, quando assunse in Cremona il ruolo di prima donna, e ch'ella recitò, applauditissima, spettatrice Maddalena Battaglia, alla quale eran rivolte assai parole di lode, e la quale terminava allora di recitare su le medesime scene.
Fu poi per le condizioni della famiglia sua, della quale era unico sostegno, in compagnie modeste, e morì del’ 74.
Fu caratterista buffo della Compagnia di Giacomo Modena nel 1819 ; nel 1825 di quella condotta da Mario Internari ; e nel 1826 di quella Pisenti e Solmi.
Trascrivo da Francesco Bartoli : « Fu comico al servizio dell’Altezza Serenissima del Signor Duca Antonio Gonzaga di Guastalla, Sabionetta, e Principe di Bozolo, etc., a cui dedicò l’opera Teatrale scritta da altra penna, intitolata : La Costanza premiata nel Trionfo di Porsenna Re de Toscani.
Fu secondo brillante un triennio ; poi brillante assoluto con Eleonora Duse (che abbandonò un solo anno per entrare con Ermete Zacconi), fino a tutto il carnevale del 1899.
Fu con Bellotti e Marini di nuovo secondo amoroso, poi generico d’importanza nelle Compagnie Nazionale, Marini, e Garzes, morto il quale, fu scritturato dal Ferrati, cui si era associato Cesare Rossi.
Fu poi, nello stesso ruolo, un anno con Eleonora Duse (da cui si tolse per non avere voluto seguirla all’estero), e tre anni con Francesco Pasta ; compiuti i quali fu scritturata prima donna assoluta da Ermete Novelli, con cui si trova tuttavia.
Fu il’ 76 in quella di Pietro Rossi, dove recitò anche altre parti nelle commedie studiate.
Fu eccellente nelle commedie del Goldoni, e si vuole che colla sua morte, avvenuta in Livorno nel 1836, scemasse d’assai l’importanza del suo ruolo.
Fu un anno a Venezia con Girolamo Medebach, poi, il '70, in Portogallo con Onofrio Paganini, col quale tornò in Italia.
Fu con Gabriele Costantini a Napoli al servizio del Re Carlo, poi, tornato in Lombardia, con Pietro Rossi.
Fu nelle Compagnie minori di Maria Grandi, di Vincenzo Bazzigotti, di Costanzo Pizzamiglio, ecc., e viveva ancora del 1782.
Fu attore di molto pregio al principio del secolo xix.
Fu comico a Parigi al servizio di Francesco I.
Fu socio per lungo tempo della prima donna Maria Grandi, soprannominata la Pettinara dall’arte di suo marito, e con lei si recò a Malta il 1758.
Fu il primo un buon Pantalone, e si trovava l’autunno e carnevale 1795-96 in Compagnia di Luigi Perelli, noto Truffaldino, della quale era ornamento principale per le parti di padre il celebre Petronio Zanerini.
Fu il 1820 nella Compagnia con balli di Gaetano Perotti, il ’22 in quella di Paolo Belli-Blanes, e il ’27 in quella di Carolina Internari, colla moglie Anna, buona servetta.
Fu con la Ristori, con la Robotti, con la Cazzola, con Pezzana, col Moro-Lin, (col quale stette sei anni, caratterista, e col quale iniziò la sua nuova carriera di attore dialettale), con Gallina e con Corazza.
Artista egregio per le parti di Pantalone, nato a Venezia da famiglia civile, si diede all’arte « con dispiacere — dice il Bartoli — del Vescovo di Parenzo suo zio materno, oggi passato a miglior vita. » Fu nelle Compagnie di Nicola Petrioli, Onofrio Paganini, e Pietro Rossi, nelle quali s’era venuto acquistando un bellissimo nome non solamente nelle parti comiche, ma anche nelle serie.
Fu in varie compagnie, scritturato e in società ; e fra l’altre, in quella de’ Fiorentini di Napoli nella impresa Santobono, al fianco della Pezzana, della Duse, di Emanuel.
Fu accettata il 1775 con 1800 lire di stipendio, e congedata il 1780 assieme agli altri comici del genere italiano con lo stipendio di sei mesi a titolo di gratificazione.
Fu comico al servizio del Duca di Mantova nel 1690 e 1694, come si rileva dall’atto di nomina, pubblicato dal Bertolotti (op. cit.
Fu, acclamatissima, in Toscana, a Bologna, a Genova e più specialmente a Torino, ove s’ebbe i più larghi segni di ammirazione e di protezione, ma dove anche, data alla luce una bambina, dovè miseramente perire nel 1768. »
Fu scritturato dal Riccoboni per la Compagnia italiana del Reggente che si recò a Parigi il 1716, e vi recitò sotto la stessa maschera per molti anni.
Fu con Pietro Rossi, con Onofrio Paganini, con Domenico Bassi e con altri.
Fu nelle principali Compagnie di Marta Coleoni, Dorati, Goldoni, Perotti e Fini, e il critico delle Varietà teatrali di Venezia per l’anno 1821, quando il Verzura era in Compagnia Perotti, lasciò scritto ch' egli era eccellente attore, se non maggiore, non certo ad alcun altro secondo.
Fu con Pietro Ferrari, con Girolamo Medebach, con Nicola Menichelli, col quale trovavasi il 1781.
Fu scolaro del primo Stenterello Luigi Del Bono ; ma l’opera del maestro ridusse al grottesco : il sorriso diventò sberleffo, il riso sghignazzata ; in cotesti sberleffi e sghignazzate egli si grogiolava. […] Fu anche talora fuor di Toscana, e abbastanza apprezzato.
Fu buon marito ; e dalla sua buona compagna, signora Graziosa, fu pietosamente assistito sino all’ultimo momento della sua vita. […] Fu nel lusso pari a principi : ebbe cavalli e carrozze di ogni specie, e servitori di ogni razza.
Fu dal '60 al '65 primo attore di Bellotti-Bon (il '61 aveva sposato Celestina De Martini) poi di nuovo capocomico, poi direttore ('75-'76-'77) di una delle tre compagnie del Bellotti-Bon. […] Fu incline alla melanconia e alla solitudine, e passò talvolta serate intere in compagnia di amici senza aprir bocca.
Fu il triennio 1840-41-42 con Giardini, Voller e Bellati ; e a quel tempo, dal poeta della Compagnia Paolo Giacometti molte parti di rilievo furono scritte pel Benini, e da lui valentemente eseguite.
Fu, dice il nipote Silvio di Padova, amato sopra tutti per la gentilezza dell’animo suo ; mori a Venezia l’Il gennaio del ’92 a settantadue anni.
Fu a Barcellona in Compagnia di suo genero Costanzo Pizzamiglio (V.), e nel tornare in Italia, ammalatosi improvvisamente a Nizza, vi morì dopo brevi giorni nel 1776.
Fu prima donna egregia sul finire del secolo scorso.
Fu con la Battaglia seconda donna e serva ; madre nel 1812 con Serafino Callochieri, nella cui Compagnia era primo amoroso Luigi Domeniconi, e madre per le tragedie nel ’14 con suo marito in Compagnia di Elisabetta Marchionni.
Fu moglie dell’ottimo artista Giovanni Casali, e madre della Peppina Casali-Pieri e del brillante Cesare Casali.
Fu buon innamorato e tal volta buon arlecchino ; ma miglior capocomico.
Grisostomo con Onofrio Paganini a sostituir la Compagnia Sacco, andata in Portogallo. « Fu il comico Argante – dice Fr.
Fu nel ’94 con Francesco Garzes, poi, prima attrice, con Marazzi-Diligenti.
Fu anche traduttrice delle migliori produzioni francesi del suo tempo, e di esse si valse pel suo repertorio la Compagnia Reale Sarda.
Fu il '66 con Garibaldi, poi attore di qualche pregio fino al '73, nel quale anno si stabilì a Milano, dedicandosi allo scrivere pel teatro.
Fu in più compagnie, quali di Antonio Sacco, Nicola Petrioli, Pietro Rossi, Onofrio e Francesco Paganini e Faustina Tesi, in cui trovavasi il 1781.
Fu il '66 a Napoli con la Sadowski e Majeroni, e il '68 con Zoppetti e Vitaliani, dai quali si sciolse per passare a seconde nozze col dottor Icilio Polese-Santarnecchi, direttore del giornale L'Arte Drammatica di Milano.
Fu avuto in gran pregio da pubblico e da colleghi, e militò nelle compagnie di primissimo ordine.
Fu amato e stimato da tutti, e da tutti compianto, allorchè, colpito sul principio del ’63 da male improvviso, lasciò la vita a soli 42 anni.
Fu in tale ruolo coll’Andolfati, il 1820, e di lui così scrive il Giornale de’ Teatri (Bologna, 1820) : Questa è la prima volta che si sente in Lombardia la maschera dello Stenterello fiorentino senza annoiarsi.
Fu attore discreto e discreto capocomico.
Fu in tal ruolo con Emanuel per un anno, poi per un triennio sotto Leigheb.
Fu lungo tempo con la Battaglia, il Sacco, e il Lapy.
Fu coi parenti nella Compagnia Sacco, e recatasi poi con essa a Lisbona assieme ai fratelli e ad altri fanciulli, recitò con gran maestria le parti di prima attrice, protetta e remunerata da quei Sovrani sino al dì del famoso terremoto del 1755, in cui fu costretta a tornarsene con la Compagnia in Italia.
Fu lungo tempo nelle Compagnie di Francesco Berti e di Pietro Rossi, poi, nel 1762, in quella di Onofrio Paganini, per tornar poi, dopo un solo anno, in quella del Rossi.
Fu la vita di Francesca Paliotti alquanto romanzesca.
Fu poi primo attor giovine e brillante con Muzzi, poi con Vitaliani e Aliprandi primo brillante assoluto, nel qual ruolo si mantenne lungamente, passando in vario tempo nelle Compagnie di Coltellini e Vernier, di Sterni, Diligenti, Pietriboni.
Fu, ci dice il Bartoli, bellissima, egregia attrice per le parti di donna seria, e….
Fu poi con la Battaglia, e sostituì egregiamente il D'Arbes nella maschera del Pantalone.
Fu inoltre nella Compagnia n.º 2 di Fanny Sadowski, diretta da Luigi Monti, da cui si sciolse il '76 per la morte della moglie, diventando di bel nuovo capocomico, e inaugurando il giugno di quell’anno il Politeama Alfieri di Genova. Fu con la Pezzana in Ispagna e Portogallo, e, tornato in Italia, con Bollini ; passando poi di società in società fino all’anno, in cui fu nominato Professore secondario alla R. […] Fu il Lombardi anche autore di una commedia in prosa, intitolata l’ Alchimista, e dedicata a Giulio Pallavicino (Ferrara, Baldini, 1583, poi Venezia, Sessa, 1586, e Spineda, 1602), in cui, scrive Adolfo Bartoli nella sua introduzione agli Scenarj, « noi troviamo quello che è così raro nella commedia italiana del secolo xvi, qualche carattere studiato e disegnato.
Fu prima amorosa a vicenda con quell’Anna Pellandi, che doveva poi più tardi salire in sì gran fama.
Fu allora che S.
Fu ne’primi tempi dell’arte sua di pessima condotta.
Fu per un triennio scritturata nello stesso ruolo da Ernesto Rossi, poi dal Bertini.
Fu tra'comici della Compagnia italiana in Dresda, e sosteneva il ruolo di amoroso.
Fu con Antonio Marchesini ; poi, a Malta, con Maria Grandi ; poi a Napoli (nel 1774 era al San Carlino, con Teresa Martorini, probabilmente la moglie, e firmava, insieme a' suoi compagni, con a capo Don Tomaso Tomeo, una supplica al Re per ottenere che fosse attenuata la gran concorrenza che avevan ne' teatri Nuovo e Fiorentini) (V.
Fu con Maggi, con la Iggius e con altri, amorosa e prima attrice giovine.
Fu marito esemplare, amoroso in famiglia, onesto con tutti : – Sentii vivo dolore per il suo abbandono e più tardi per la sua morte. »
Fu tra’ comici di passaggio a Mantova, nel movimento della popolazione per gli anni 1590-91-92.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Fu compagno di Vestri, di Pertica, di Bucciotti, di Bergamaschi e di Giacomo Modena ; del figlio Gustavo fu maestro ; ammiratore del De Marini ne seguì la scuola.
Fu accettata l’offerta, e la giovane esordiente, già padrona di tra le quinte e delle parole e delle situazioni, recitò come artista provetta, ottenendo il migliore de’successi ; e tanto andò poi di sera in sera progredendo, che nell’ ’82 fu la prima attrice giovine della Compagnia sotto Giovannina Aliprandi.
« Fu chiamato – dice il Bartoli – al servizio di D.
Fu un anno con Luigi Monti, poi ancora con Lavaggi per un triennio, poi capocomico, in società con Udina, Aliprandi e Sichel per due anni, dopo i quali si scritturò con Andrea Maggi, che abbandonò soltanto in capo a nove anni, non avendo voluto seguirlo in America.
Fu con Antonio e Adelaide Morelli, genitori di Alamanno, poi in società con Minzoni, con Ninfa Priuli, con Prosperi e Gandini.
Fu dedicato a lei come alla Diana dallo stesso anonimo un sonetto caudato, di cui il Bartoli non riferisce per pudore che le quartine e la prima terzina, per la recita di quello Zibaldone a trasformazioni, delizia delle prime donne, intitolato Lo Spirito folletto, che generò poi, per antitesi, se così possó dire, la Donna di garbo del Goldoni.
Fu il Kodermann attore semplice e corretto.
Fu undici anni socio del Bassi, poi, altri undici di Alessandro Monti.
Fu traduttore e riduttore di molte commedie, e autore di un Carlo Goldoni a Parigi e di un Matrimonio di Goldoni, che ebber liete accoglienze.
Fu il '35-'36-'37 con Gattinelli e Costantini, il '38-' 39-' 40 con Francesco Coltellini, e il '41 a Torino nella Compagnia Reale Sarda a sostituirvi il Vestri per un triennio. […] Fu il Taddei, come il padre, di volto piacente, di occhio sfavillante, di persona ben proporzionata.
Fu al fianco della Pellandi il primo attore per le tragedie (quello per le commedie era il celebre De Marini) nella Compagnia Reale istituita dal Principe Eugenio Beauharnais, impresa Paganini. […] Fu con Giuseppe Moncalvo, il famoso Meneghino, o Beltramino, e più grandicello con Giorgio Duse, zio della celebre Eleonora : ma la sua vita artistica, può dirsi datare dal ’62, nel qual anno entrò come secondo amoroso e generico giovine in Compagnia di Luigi Bellotti-Bon, attore brillante insuperato e insuperato direttore. […] Fu una parte del 1806 primo uomo e capocomico in società col Ferro (V. […] Fu egli amoroso egregio, egregio primo attore, ed egregio padre e tiranno : ebbe a compagni la Battaglia, la Pelandi, Demarini, Pertica e Blanes ; e, vissuto onestamente, non gli venner mai meno l’affetto e la stima dei compagni.
Fu in Sicilia con Piddo, Colombo, il celebre Pasquino, e Francesco Lombardi ; poi, il ’41 a Roma in società col Canova, e colla Vergano prima attrice. […] Fu il ’50 con Majeroni, la Rosa e Branchi ; e il ’53 formò società con Francesco Paladini e sua moglie Clotilde, la celebre servetta. […] Fu però inutile anche per loro la previdenza, perchè essendo troppo piccolo per la quantità che vi saltava dentro, fini col ribaltarsi, gettandoli tutti in mare. […] Fu fatta una sottoscrizione che mi fruttò una bella somma, e il Maire con tutto il Consiglio, le corporazioni, le bande militari, e la numerosa colonia italiana assisterono al funebre corteo.
» Fu poi per tre anni prima donna assoluta al teatro de’Fiorentini di Napoli, ove si sposò con Giovan Angiolo Canòva, attore della stessa compagnia e scrittore di cose d’arte assai pregiato.
Fu in varie compagnie ; ma più specialmente in quella di Antonio Marchesini, applauditissimo. « Era verboso – dice il Bartoli – e ne’ lazzi suoi mostrava una comica arguzia piacevole e gustosa. » Andò al S.
Fu con Gnochis (Alessandro Alborghetti), col quale fe’ non pochi progressi ; e passò poi con Pietro Ferrari il 1776.
Fu celebre ne’teatri di Venezia ; passò a Dresda al servizio dell’Elettore ; ed ivi anch’oggi dimorando (1782), con generosa pensione va passando tranquillamente la propria vecchiezza.
Fu, ancora per un triennio, scritturato dai soci Fabbrici e Petrelli ; poi, sposata l’egregia servetta Clotilde Sacchi, si fece nuovamente capocomico per vari anni (il '56 aveva società con Stefano Riolo), finchè, avanzato in età, abbandonò l’arte. — Il Colomberti lo dice attore di molta intelligenza e di prestante figura, applauditissimo sempre, nonostante il difetto di una voce alquanto nasale.
Fu poi con Diligenti, Monti, Pieri, Pasta, Zacconi ; col quale ultimo cominciò a recitar parti di primo attore (1894), e dal quale passò il '98 nella Compagnia Di Lorenzo-Andò, in cui stette fino alla quaresima del 1903, per diventar poi capocomico in società con Gemma Caimmi, e primo attore assoluto : società che dura tuttavia (1905) con molta fortuna.
Fu socio per varj anni di Alamanno Morelli ; entrò in Compagnia dell’Adelaide Ristori, colla quale si recò fuor d’Italia, applauditissimo sempre ; e finalmente si fece egli stesso capocomico. […] Fu per opera del Bellotti che cominciarono a scendere in Italia que’ tipi matti e sconclusionati, aventi a guida certi Esiliati in Siberia, tra’quali il pubblico avrebbe voluto vederne l’autore. […] Fu anche il Bellotti scrittor di commedie, tra le quali Spensicratezza e buon cuore non compiutamente bandita dal nostro teatro, in virtù dell’interesse che ne desta l’intreccio e della vena di comicità di cui abbonda.
« Fu mandato col dono anche di Meloni, persichi, et aranci ; e venne rimandato ai 5 novembre, per essersi il Duca di Lorena trattenuto a Monaco presso il genero più che non si credeva. » (A.
Fu dal 1860 in poi conduttore di Compagnie pregiate, di second’ordine allora, ma che sarebbero, ohimè, di primo oggi, nè solo pel valore degli artisti che le componevano, ma pel decoro nell’allestimento scenico, per l’armonia nelle voci, pel buon costume nel…. retroscena.
Fu capocomico in società col cognato Luigi Preda, il noto meneghino ; e nel 1856 se ne separò per formare una compagnia italiana di primo ordine, in cui affidò al figliuolo Domenico le parti di brillante assoluto.
Fu in varie Compagnie fra cui quelle di Giuseppe Lopez, e Luigi Perelli.
Fu però il Bosio artista stimabile e onesto ; e tanto seppe adoprarsi che potè da solo allevar con decoro una numerosa famiglia, la quale nell’arte comica e lirica lasciò bellissimo nome : citiamo l’Angela, cantante celebratissima, morta ancor giovine a Pietroburgo, che lasciò ai fratelli un patrimonio di circa mezzo milione di franchi ; Francesco, primo attore e capocomico pregiato, poi buon generico primario ; Romualdo, attore brillante di meriti singolari ; e Virginia, prima attrice, della quale discorreremo al nome di Virginia Chiari.
Fu in Padova nel 1767, applauditissima : e terminato il Rossi l’impegno col Teatro del Marchese Obizzi, vi subentrò ella capocomica in società col Bugani sino al ’75 ; nel quale anno si condussero a Venezia nel Teatro Grimani a S.
Fu la prima a recitar le prime quattro tragedie dall’Alfieri pubblicate : Filippo, Polinice, Antigone e Virginia.
Fu molti anni con la Battaglia ; poi con lo Zanerini, col Bianchi, col Pianca e Paganini, e finalmente col Fabbrichesi nella formazione della Reale Compagnia italiana.
. — Fu il 1900 in quella di Bianca Iggius, scritturandosi poi pel '901 con Clara Della Guardia, con la quale si recherà nell’ America meridionale.
Fu di nuovo a Napoli con l’Alberti, e di nuovo capocomico in società con la Pezzana e Privato pel triennio '68-'69-'70.
Il moto, il gesto, e l’espression vivace Fer sì di Donna (cui dal Ciel concesso Fu gli estinti avvivar qual più le piace) Ch'io mirassi Alessandro in essa espresso.
Fu il '93 prima attrice giovine con Andrea Maggi, poi con Leigheb-Andò ; passò quindi, prima attrice, con Ermete Zacconi, e con Cesare Rossi, dal quale ultimo si allontanò per diventar la prima attrice assoluta della Compagnia formata da suo padre in società prima con Achille Vitti (1899), poscia con altri sotto la direzione del Garavaglia (1901).
Fu con Pietro Rossi, con Onofrio Paganini, con Vincenzo Bazzigotti ; tornò a Venezia il 1775 con Giuseppe Lapy, e molto vi piacque, specie rappresentando la parte di Tenero nella tragedia di Voltaire : Le leggi di Minosse.
Fu capocomico de' più rinomati, ora solo, ora in società (V.
Fu il 1821 nella R. […] Fu poi il Bon in Compagnia Cesaroni e in quella di Camillo Ferri colla moglie prima attrice.
Fu sepolto il domani nella chiesa di S. […] Fu estremamente gustato ed applaudito, e mi feci un vero piacere di dar a lui tutto il merito dell’imaginazione.
Fu per trent’anni attore accurato, coscienzioso, onesto e pregiato ; e appartenne alle migliori Compagnie italiane, quali di A.
» Fu a Venezia al S.
Fu poi sei anni con Bellotti-Bon, quattordici con Cesare Rossi, e tre con la Pia Marchi, sino al carnevale ’97-’98.
Fu con la Compagnia di Gaetano Romagnoli, al posto di Nicola Petrioli che n’ era fuggito, poi con quella di Domenico Bassi.
Fu il ’91, ’92, ’93 con Pasta, Garzes e Reinach, e il ’94, ’95, ’96 con Pasta e Tina Di Lorenzo, coi quali trovasi tuttora, scritturato pel triennio ’97, ’98, ’99 colla nuova Compagnia di Claudio Leigheb e Virginia Reiter.
Fu in varie compagnie, encomiatissimo sempre, e specialmente nelle commedie goldoniane ; si meritò l’amicizia di Gustavo Modena, il quale invitato a recarsi or a Torino, or a Cuneo, or a Genova a recitarvi con la Compagnia di Cesare Asti che faceva magri affari e di cui il Bottazzi era ottimo ornamento, gli scrisse parecchie lettere che son pubblicate nel volume Politicae Arte.
Fu un anno con Flavio Andò e Claudio Leigheb, e un anno con Giovanni Emanuel ; poi toltasi momentaneamente dal teatro, andò con Pasta due mesi a sostituir la Tina Di Lorenzo ammalata.
Fu per alcun tempo la seconda donna della Compagnia Morelli al fianco di Adelaide Tessero, a la cui scuola progredì fortemente e rapidamente.
Fu poi con Marchesini e Barbetti, poi, primo amoroso con Giuseppe Carrara, continuando in quel ruolo per alcun tempo e con molta lode, nelle Compagnie di Francesco Gagliardi e di Ferdinando Sciultz.
Fu col Monti, col Maggi, col Pietriboni ; e finalmente, nel '92, volle essere prima attrice assoluta, e conduttrice di una compagnia, alla cui direzione fu preposto il Belli-Blanes.
Fu presto tolto all’ arte ed alle speranze ed agli affetti della sua famiglia e di tutti coloro che lo conobbero, quando per mezzo delle mie assidue cure e della sua buona volontà ne aveva fatto un eccellente amoroso, tale, che invano si cerca e si trova l’ uguale ( ?).
Fu il '38 nella Compagnia Goldoni diretta da F.
Fu l’ '89 al Teatro Rossini di Napoli, poi, ammalatasi la Duse, fu la prima donna de' suoi comici, coi quali fece il giro della Sicilia.
Fu, come sua moglie Orsola Astori (V.), scritturato per cantar negl’intermezzi, ma poi cominciò col sostenere in commedia parti di poca importanza.
Fu poi due anni con Cesare Rossi (prima donna Teresina Mariani, ch'egli sposò, quando entrambi andarono a far parte della Compagnia Garzes), poi si diede al capocomicato in Società con Paladini, Calabresi e Biagi per un anno ; con Paladini per sei anni, e finalmente solo da cinque, amministratore egli stesso e primo attore assoluto.
Fu parte eletta delle Compagnie Paganini, Pelandi, Goldoni e Perotti, col quale la vediamo al Teatro Canobiana di Milano il carnovale 1819-20 col medesimo ruolo, e l’aprile seguente al Carignano di Torino.
Fu poi il 1804 e 1805 come primo e secondo amoroso in compagnia Petrelli, nel qual tempo, innamoratosi a Fossombrone di una giovinetta, Caterina Rinaldi, figlia di onesto negoziante ; e, dopo lagrime e preghiere di ogni parte e intrommissioni di Vescovi, ottenutala in moglie, l’ addestrò nell’ arte sua per modo, che in poco tempo diventò una non spregevole servetta.
Fu i primi anni colla nonna Elisa Barbini, poi, morti i genitori, or collo zio Alessandro, or collo zio Eugenio in Compagnia Zocchi, ove cominciò a recitar qualche piccola parte.
Fu in appresso col Favi, col Lombardi, coll’ Emanuel, colla Vitaliani, colla Duse, colla quale visitò le prime capitali dell’Europa e dell’America del Nord.
Fu un anno solo col Lapy ; dal quale tornò in Compagnie vaganti, trovandosi il 1781 in quella di Antonio Camerani.
Fu con Gaspare Pieri ; poi, qual prima attrice giovane, con Cesare Dondini, passando il '61 nella gran Compagnia di Tommaso Salvini.
Fu direttore di una Scuola di declamazione, creata a posta per lui nella sua terra natale, ove morì il 17 di novembre del '91, compianto da tutti.
Fu con Onofrio Paganini e con Pietro Rossi, dal quale si allontanò il 1770 per entrar con il genero Messieri e la figlia in compagnie di minor conto.
Fu in seguito con Bellotti, poi formò società, e nell’ '84-'85 assunse il posto di primo attore, che lasciò l’ '86 per quello di generico primario, sostenuto sempre con assai decoro in varie compagnie delle più accreditate.
Fu prima donna lodatissima al S.
Fu di nuovo e per un triennio con Salvini, poi di nuovo capocomico con varia fortuna ; poi, venuta in nome di attrice assai promettente sua figlia Giannina, si adattò a' ruoli secondari pur di non separarsi da lei ; e dopo alcune buone scritture, tornò a condur Compagnia, lei prima attrice assoluta, ora solo, ed ora in società.
Fu attore e capocomico di assai pregio, e uno de' primi a rappresentare Francesca da Rimini di Silvio Pellico, da cui s’ebbe moltissime lodi.
Fu questi Martino Opitz di Boberfeld nato nel 1597 e morto nel 1639. […] Fu dunque la sua una sempljce asserzione, che ci lascia nella nostra opinione sostenuta da’ nominati Francesi.
Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie sì dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole. […] Fu il predecessore, ai Fiorentini, del celebre Pertica, il quale ebbe molto a lottare col pubblico per cancellar la grande impressione lasciatagli dal Pinotti.
Fu educato nel Collegio Clementino di Roma, indi, come sovente s’è visto, trascinato alla scena dall’esempio dei parenti, salì subito in alto grido per le parti d’ Innamorato, sotto nome di Cintio. […] Fu sepolto nella chiesa di S.
Fu questa l’ultima commedia in cui egli ebbe parte : e l’enorme successo annunciato dal Mercure de France non parve confermato da chi assistette a quelle rappresentazioni, dicendolo anzi, a cagione specialmente della tarda età, successo assai mediocre. […] Fu anche voce comune che la chiusura del Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale del Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in Germania, si dovesse alle allusioni mordaci da lui fatte alla Maintenon nella rappresentazione della Fausse Prude ; dopo le quali, il signor D’ Argenson, luogotenente generale di polizia, il 4 maggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11 del mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fece apporre i suggelli su tutte le porte, non solo di strada, ma dei camerini degli attori, ai quali fu vietato di presentarsi per continuar gli spettacoli, non giudicando più Sua Maestà opportuno di ritenerli a’ suoi servigi. […] Fu tanto e così indemoniato il chiasso che se ne fece, che i commedianti italiani vollero approfittar di quel titolo per semplice ragione di réclame : e dovendo rappresentare La Finta Matrigna con nuova giunta di scene francesi del Fatouville, la chiamarono sugli avvisi di teatro La Fausse Prude.
Fu ancora, prima del matrimonio, con Luigi Perelli, con Gio. […] Fu di persona non grande, ma proporzionata. […] Fu maestra di Carolina Internari : e della cura affettuosa ch’ella si prese di lei dal 1807 al 1810, abbiam testimonianza nelle biografie livornesi del Pera, nelle notizie biografiche del Calvi e del Consigli (V.
Fu ricevuta il '69 per una piccola parte, il 10 aprile '72 a tre quarti, e poco dopo a parte intera. […] Fu infatti lo Zanarini capocomico dal 1782, cioè dall’uscita dalla Compagnia Sacco, del cui tempo il Gozzi ci ha lasciato la seguente notizia, nell’Amore assottiglia il cervello, al 1790. […] Nel 3° volume del Teatro applaudito sono per quella stagione e su quell’attore le seguenti parole : « Fu sempre eguale a sè stesso, e sempre grande tanto nel tragico, quanto nel comico, specialmente colla parte del Re nell’Adelasia in Italia, con quella di Benetto nello Sposo veneziano rapito, e coll’altra di protagonista nel Ladislao ».
Fu sposa di Luigi Lancetti, veneziano, che recitava al suo fianco le parti dell’amoroso, e tornata in Italia si scritturò con lui nella Compagnia del Truffaldino Perelli.
Fu con Peracchi e colla Marini ; poi con la società Biagi-Casilini, e poi con Morelli, con Pietriboni, con Aliprandi-Privato, e di nuovo con Pietriboni ; e finalmente, sposatasi a Guglielmo Privato, con la Compagnia Veneta formata da Zago in società con suo marito, sostenendovi ancora, e con buon successo, le parti di prima attrice, e prima attrice giovine, a cagione del fisico che le si è serbato quale a’ suoi venti anni.
Fu attore molto pregiato per le parti di Pantalone.
Fu poi prima attrice col famoso Toselli col quale era a Venezia il '67, dov'ebbe un successo di lagrime nel Ciochì del vilage, quando con affetto profondo esprimeva il dolore della povera derelitta nella festa di tutto il villaggio.
Fu autore di un Teatro italiano, edito a Torino da Alliana e Paravia, in tre volumi, il primo dei quali comprende la Storia del Teatro italiano di Luigi Riccoboni, tradotta e ridotta, preceduta da alcuni cenni biografici di lui, il secondo lo Stato attuale del Teatro italiano, in cui sono notizie preziosissime di attori e attrici del suo tempo, e il terzo uno Studio sull’ arte della Declamazione teatrale.
Fu a tutto il '902 con Eleonora Duse, per passar l’anno veniente in Compagnia Berti-Masi, poi di Ettore Berti, nella quale si trova anche oggi (1904), col suo ruolo di prima attrice assoluta.
E il Cinelli nella Scansia XI della sua Biblioteca volante (Modena, 1695) : Fu il Fidenzi di bello e gioviale aspetto, di faccia che tondeggiava, di capello castagno, di bianca carnagione, e maestoso nel portar la vita. Fu pieno di carni, ed anzi maggior del giusto, ed in somma appariscente, e proporzionato alla parte d’Innamorato, che rappresentava. […] Fu cinque anni fuor del teatro, e, stanco la mente, fuor d’esercizio, non più potendo apparire quel che fu altra volta, rifiuta l’invito. […] Fu poi col marito nella Compagnia di Giovanni Roffi, sempre applauditissima, a Milano, a Torino, a Genova, a Livorno.
« Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
Fu donna di singolare bellezza, e di non troppo riserbo.
Fu uomo onesto e probo, e sposò in seconde nozze la madre dei comici Merli Cristoforo e Merli Giovanni.
Fu prima donna per varj anni della Reale Compagnia Sarda, poi madre nobile, e nel lungo periodo della sua vita artistica diè tal prova della versatilità dell’ingegno suo, che si vuole non esserci stato carattere, vuoi comico, vuoi tragico, ch’ella non rappresentasse a perfezione.
Fu il primo e l’unico – dice F.
Fu poi scritturato dalla Ristori, che egli seguì in Italia e all’estero, e della quale educò i figliuoli.
Fu anche la Cardosi attrice ammiratissima nelle commedie all’improvviso per non comune prontezza ed elettezza di parole.
Fu sorella della Caterina moglie di Luzio Landi.
Fu quindi con la Compagnia Cocconato, poi con quella di Cesare Rossi, dalla quale uscì per recarsi a Livorno, aggregata alla Filodrammatica de' Nascenti.
Fu anche il Valenti direttore artistico della Compagnia di Giovanni Emanuel e Gio.
Fu amante dell’Imer, al quale dava frequenti occasioni di esser geloso. […] » Fu quasi sempre con Gerolamo Medebach e con Antonio Sacco, applauditissimo ; e Carlo Gozzi lo ricorda con onore nel suo ditirambo in lode del Sacco stesso, Truffaldino (V.) ; poi fu, nel 1762, con Pietro Rossi, poi di nuovo con Medebach, poi, dopo il carnevale del 1774, con Vincenzo Bugani e Giustina Cavalieri, che abbandonò a Bologna, per recarsi in Sardegna colla Compagnia di Andrea Patriarchi, trascinatovi dalle grazie allettatrici di una femina.
Fu qual prima donna giovine, con Luigi Domeniconi, poi, a’ Fiorentini di Napoli, con.
Fu il Fabbri artista pregevolissimo e pregevole maestro, come colui che seppe accoppiare all’arte della scena una coltura non comune.
Fu attore di molto pregio per le parti di primo innamorato così nelle commedie scritte, come in quelle a soggetto.
Fu il’50 con Luigi Duse ; e il '51 fu accolto nella grande arte, nella Compagnia lombarda, condotta da Alamanno Morelli, dalla quale, dopo un triennio, passò primo attor giovine in quella di Cesare Dondini, a fianco della Cazzola, e di Romagnoli, poi di Tommaso Salvini.
Fu quasi sempre capocomico e de' più pregiati, e militaron con lui i migliori attori e le migliori attrici del suo tempo.
Fu il '62 e '63 prima attrice in quella di Alamanno Morelli con l’Adelaide Tessero prima attrice giovine, il '64-'66 al Fondo di Napoli con Majeroni, il '67-'69 nella Compagnia di suo marito in società con Pezzana, il '70 in altra in società con Majeroni Edoardo e Rescalli, il '71 di nuovo a Napoli, passata al ruolo di prima donna di spalla, seconda donna e madre, il '74 ancora prima attrice con Bozzo, il '76 con Giovagnoli, e il '77 a Parigi con Salvini al posto di Amalia Checchi ivi morta.
Di lui dice il Regli : Fu attore di grande slancio ; la sua voce aveva il suono d’un campanello d’argento.
Fu poi in vario tempo e in varie compagnie, primo attore pregiato e non men pregiato Direttore.
Fu al fianco di Eleonora Duse lungo tempo, come primo attore, per passare poi capocomico, qual’è tuttavia, in società con Claudio Leigheb, il rinomato brillante
Fu secondo il Sand (op. cit.
Fu il Bellotti artista proteiforme nel più largo senso della parola ; poichè mentre alla rappresentazione diurna sollevava il suo pubblico all’entusiasmo colla recitazione calda e vibrata della parte di Prometeo, a quella notturna faceva smascellar dalle risa colla parte di Tonin Bonagrazia, o di Nicoletto mezza camisa, in cui si dice non avesse rivali.
Fu nominata maestra nel '51 all’ Accademia Filodrammatica di Torino, e da quell’ora datò la rinomanza vera della Malfatti.
Fu bizzarro e stravagante, e negli ultimi anni anche avaro.
Fu artista di molto pregio, e Goldoni scrisse per lui il Tomio nel Torquato Tasso.
Fu il 1733 a Milano nella Compagnia del ciarlatano Bonafede Vitali (V.), detto l’anonimo ; e al Teatro di San Luca a Venezia il’35 a sostituirvi il Garelli (V.), che gli pose in volto di sua mano la maschera, presentandolo al pubblico.
Fu ella, secondo il Sand, sorella di Orsola e Luigia che la seguiron nel 1645. […] Fu assai stimata e amata da Anna d’Austria, della quale, come il Fiorilli, poteva dirsi veramente intima.
Fu col Palamidessi e col Paladini prima, poi col Marinoni in Alessandria di Egitto, prima donna a vicenda con Teresina Mariani.
Fu poi nella Compagnia Peracchi e Trivelli il ’58-’59, e in quella di Rossi e Trivelli dal ’63-’64 a tutto il ’67-’68, acclamata e festeggiata sempre da ogni specie di pubblico.
Fu l’ ’85 primo attore e direttore della Compagnia Faleni, l’ ’86, un po’ della stabile al Teatro Rossini di Napoli, e un po’di quella condotta dal Bollini con la Tessero prima attrice.
Fu pianta sinceramente da molti amici, dalla stampa e da ogni specie di pubblico che si vide rapir d’improvviso una delle sue più dilette artiste.
Fu il '73-74 con Vitaliani e Cuniberti, e andò il '75 a Londra con Tommaso Salvini.
Fu il '71-'72 seconda donna della Compagnia Sadowski, diretta da Cesare Rossi, al Re Vecchio di Milano e il 3 dicembre '71 vi creò per sua beneficiata la parte di Lidia nella Visita di Nozze di Dumas figlio.
Fu sempre nella Compagnia del marito, e viveva ancora il 1782 fuor della scena per la soverchia età.
Fu l’ '86 con Novelli, e l’ '87-'89 con Pietriboni, per diventar poi capocomico assieme a Paladini, colla moglie Ida Carloni (V.) prima attrice ; nel qual tempo fe'conoscere agl’ italiani i lavori del Becque, di cui primo La Parigina.
Fu socio, in vario tempo, di Pascali, Cardarelli, Bovi, Papadopoli, Piccinini, Ferrante, Andreani : poi pensò di fare da sè ; e scioltasi la Compagnia Monti e Preda, egli subentrò al Santa Radegonda con un contratto che durò otto anni, e fu la sua risorsa. […] Fu a Parigi a fianco della Ristori e di Bellotti-Bon, e il '55 vi ebbe ottimo successo. […] Fu il '66 in Francia e in Ispagna ; si stabilì il '67 a Napoli, ove gli affari andarono alla peggio ; e avrebbe certo dato fondo a ogni avere messo assieme con tanti sudori, se il buon genio della cassetta non gli avesse suggerito di comporre una specie di satira in tre atti con musica — Colpe e Speranze — che andò in iscena il 25 dicembre, e piacque a segno da non lasciare un sol giorno il cartellone per tutto quel carnovale. […] Fu il '71 e '72 nell’America del Sud, il '73 e '74 in Austria, Ungheria e Germania, il '75 di bel nuovo a Parigi, poi nel Belgio e nell’Olanda, il '78-'79-'81 in Russia, in Romania, in Austria e in Egitto, quindi ancora nell’America del Sud, dove ottenne un clamoroso successo col Nerone di Pietro Cossa ; l’ '83 nell’America del Nord sino a San Francisco di California, e poi qui, e poi là, un po'dappertutto all’estero e in patria, ove dava di quando in quando recite straordinarie.
Fu anche primo attore e direttore, ora in società con Brunorini, or solo, or pagato e con Fantechi e con la Diligenti-Marquez.
Dice Francesco Bartoli : « Fu marito della Giustina Cavalieri, di cui si farà menzione qui appresso.
Fu con Moncalvo, Verniano, Ferri ; coll’Adelaide Fabbri, e più volte capocomico in società.
Fu viaggiatore di filati nella Ditta Donatelli e Rognoni, impiegato dal Sonzogno, impiegato alle ferrovie, e finalmente comico, prima in Compagnia Bissi, poi in quelle di Santecchi, Stacchini e Papadopoli, sino al’ 70 in cui entrò a far parte di quella dialettale milanese creata da Cletto Arrighi, di cui fu per alcun tempo l’anima.
Fu con Giuseppe Moncalvo due anni, poi sette con Corrado Vergnano, poi con Luigi Domeniconi e con Luigi Taddei. […] Fu dal’57 al’59 con Ernesto Rossi, e dal’61 al’75 con Alamanno Morelli, dal quale si allontanò per ritirarsi più che settantenne a Firenze, ove morì il 12 maggio del 1890.
Fu i suoi primi anni servetta con Meneghino Preda ; poi, il '62, ingenua ai Fiorentini di Napoli, ove mostrò subito quali altezze avrebbe saputo raggiungere. […] Fu con Ermete Zacconi e con Giovanni Emanuel…. poi…. mutati i tempi, mutati i sistemi, mutati gl’indirizzi, mutate le scuole, si ritirò dall’arte in Roma, ov'è tuttavia, chiamata a coprire la cattedra di arte della recitazione nel Liceo musicale di Santa Cecilia, creata per decreto del Ministro Baccelli.
Fu eretto questo teatro dall’istesso Vespasiano Gonzaga duca di Traetto, che fe fabbricare Sabbionetta, uomo dottissimo e fautore de’ letterati, nato nel Regno di Napoli in Fondi l’anno 1531 e morto nel 1591.
Fu volontario nel ’66 ; ed ebbe nel ’69 un figlio, Armando, oggi secondo brillante con la Marchi-Maggi.
Fu in società, o solo, sempre alla testa di compagnie di second’ordine, che sfasciava e rimetteva assieme da un momento all’altro, senza preoccupazioni di sorta.
Fu con Antonio Sacco fino al ’79 ora scritturato, or socio, nel quale anno passò con la Battaglia.
Fu con Pezzana, e nuovamente con Domeniconi il ’52, poi collo Stacchini e il Moro-Lin.
Fu garzone d’un sensale di granaglie, fu impiegato doganale, poi filodrammatico, poi suggeritore con Copellotti e compagnia, poi attore, suggeritore, segretario, trovarobe, omnibus insomma della Compagnia Lombarda, poi amministratore di Aliprandi, poi segretario di Ernesto Rossi.
Fu attrice di grandissimo slancio, benchè non di imponente figura, nelle parti tragiche, acclamatissima specialmente in America, ov'ebbe onori di rime non ispregievoli.
Fu pastore arcade sotto il nome di Lisindo Tiresiano : appartenne anche agli Aborigeni della Colonia Amiatense, agli Incamminati di Modigliana, e agli Apatisti di Firenze.
Fu con le migliori Compagnie d’Italia scritturato, poi socio del Dorati e del vecchio Pieri, poi di nuovo scritturato con Francesco Taddei, e di nuovo socio (1829) con Gaetano e Antonio Colomberti, artista anche allora di gran pregio, sebben già in età avanzata.
Fu con questa a Madrid e a Barcellona, ove rappresentò ne’Rantzau la parte del primo attore Gianni (l’Emanuel aveva scelto quella del vecchio Fiorenzo) ; e tanto egregiamente vi riuscì, che al domani, la stampa tutta si credè in dovere di unire a’nomi di Emanuel e di Zacconi, anche quello dell’Arrighi.
Fu marito di Elena Cirri, filodrammatica fiorentina di assai pregio, mortagli dopo brevissimo tempo.
Fu splendido ornamento della Compagnia di Giovanni Toselli, e una delle più geniali figure del teatro piemontese, che abbandonò, giovanissima, quando più le arrideva la gloria, per entrare nel santuario della famiglia.
Fu con Pezzana ; entrò il ’61 a far parte della Compagnia di Roma condotta da Cesare Vitaliani, dopo la quale fu scritturato in quella di Angelo Diligenti.
Fu poi scritturato pel ’22 e ’23 dai soci Assunta Perotti e Luigi Fini ; pel ’24, qual primo attore assoluto dal Fini stesso, rimasto solo a capo della compagnia, e dal ’25 al ’29 da Romualdo Mascherpa.
Fu con Domenico Bassi, attore e cantante.
Fu una scena meravigliosa a cui il pubblico assistette stupefatto e quasi non credendo ai propri occhi, dinanzi a quei due uomini trasfigurati in quella stupenda manifestazione d’arte ; e quando la tela cadendo ruppe l’incanto, un applauso entusiastico, incessante li salutò, confermando all’uno la fama gloriosa, battezzando solennemente l’altro come grande e vero artista ; e questo giudizio resterà.
Fu a Berlino un anno, corrispondente di giornali, e in capo a otto mesi, di nuovo in Italia, per un’angina difterica.
Fu poi, alcun tempo, capocomica in Sicilia.
Fu anche inventore di fuochi artificiali, che fece più volte per uso della Compagnia.
Fu attore mediocre, e si ha sopra di lui la seguente quartina : Depuis le front jusqu’au talon, tout s’exprime dans Véronése, et le spectateur est fort aise quand il voit venir Pantalon.
Fu ricevuto poco dopo attore effettivo della Compagnia, per la vicenda col padre ; ma non vi son traccie della sua comparsa come Arlecchino ; bensì di quella come Pulcinella, la quale fu delle più fortunate ; e il Mercurio di Francia del dicembre 1732 trova in lui molto talento pel teatro, e, a perfezionarsi, lo consiglia di studiare e imitar suo padre che ha il potere di afferrare il pubblico al suo primo apparir su la scena.
Fu tenuta a battesimo dalla moglie del capocomico, e fu chiamata col nome della madrina. […] Fu applauditissima poi a Torino, al Teatro Carignano, e fu colmata di beneficenze da quelle illustri Dame e da quegli illustri Cavalieri, a cui aveva dedicato gli Sciti di Voltaire nella italiana versione del D’Orenzo.
Fu allora che il Goldoni pensò comporre una specie di serata-complimento, nella quale prendesser parte tutti gli attori della Compagnia.
Fu accordata la licenza per Cremona soltanto, colla durata di tre mesi e pel valsente di duemila scudi, prescrivendo che il prezzo di ogni bollettino fosse di tre parpajole, ossia di trenta centesimi della nostra moneta.
Fu colla famiglia e con quella donna in varie città d’Italia, fra le quali Modena, ov’ era già il 1668 con l’ Ippolita e la Cintia, e ove tornò poi il ’75, comico del Serenissimo Signor Duca, con la Flaminia e la Vittoria.
Fu parte poi della Compagnia Pieri, e, cominciando a star male col petto, non fece che rare apparizioni sul teatro.
Fu con Massimo Ferraresi, del quale sposò la figlia Elisabetta ; e, lui morto, passò con Onofrio Paganini prima, poi con Pietro Rossi, con Giuseppe Lapy a Venezia, e (1782) con Francesco Paganini, figliuolo di Onofrio.
Fu poi dal '37 al '40 con Romualdo Mascherpa, il '40-'41 con Luigi Vestri, il '42-'43 di nuovo col Mascherpa sino al '46, il '47 con Cipro e Soci, poi in società con Vincenzo Gandolfi.
Fu anche autore di una commedia intitolata II fortunato amante e stampata in Messina da Fausto Buffalini, in-8, il 1589.
Fu il carnovale, per molti anni e fino al 1768, nel Teatro Obizzi di Padova.
Fu dal ’67 al ’71 con Luigi Pezzana, il ’71 e ’72 con Francesco Sterni, per passare finalmente la quaresima del ’73 con Giuseppe Pietriboni, col quale stette sino a tutto il carnevale del ’94.
Fu il Burchiella comico pieno di brio.
Fu la più soave e incantevole delle prime attrici giovani, per le parti ingenue.
Fu da principio al servizio del Duca di Mantova, poi dopo il 1708, passato quel Ducato in potere dell’Imperatore Giuseppe, il Cattoli portossi a Venezia, dove ebbe sempre impiego ; così Fr.
Fu il Marliani istruito nell’arte comica da Alessandro d’Afflisio Innamorato di merito ; e però in Venezia ballava di giorno co'suoi compagni e colla moglie, in un casotto nella Piazza di San Marco, e la sera recitava con gli stessi nel Teatro di San Moisè, esercitandosi nella maschera di Brighella.
Fu l’anno seguente con Romualdo Mascherpa, poi di nuovo colla società Colomberti, nella quale, come abbiam detto, sposò Alessandro Monti.
Fu anche danzatrice, musicista e schermitrice pregiata, secondo lo stesso Bartoli ; sebbene dalle memorie del Goldoni si rilevi come al proposito della rappresentazione dell’Assemblea letteraria, la sua voce fosse falsa, la sua maniera monotona, e la sua fisionomia smorfiosa.
Fu in seguito l’Andolfati reso da me edotto che tali opere essendo proprietà dei respettivi autori e che avendo questi concesso ad altre compagnie la privativa di rappresentarle non poteva egli farne uso senza ledere i diritti altrui, per cui gli autori medesimi reclamavano un compenso equitativo.
Fu nella Truppa d’Antonio Sacco, ma poco vi stette.
Fu con Goldoni gran tempo al San Luca, ma dopo la recita della Sposa persiana (del 1755), in cui il pubblico s’interessò maggiormente al personaggio della giovane schiava che a quello della prima donna, la moglie di lui, sommamente irritato contro il pubblico e contro Goldoni, disse che gli era stata fatta un’ azione da forca, protestò col Vendramini, andò in iscandescenze, mandò in pezzi il suo orologio contro la vetrata di un paravento di cui frantumò i vetri, e piantò tutti in asso scritturandosi con la moglie per la Compagnia del Re di Polonia a Dresda.
Fu la prima, attrice di rari pregi, se dobbiam credere al seguente sonetto di Paolo Abriani : Dal ciel discesa ad illustrar le Scene, benchè mortal fanciulla a noi si mostri, per debellar, per trionfar de’Mostri Morte, Tempo ed Oblìo, Lavinia or viene.
Fu allora che Goldoni ricorse allo spediente della famosa promessa delle sedici commedie nuove. […] (Fu poi sostituito da Antonio Mattiuzzi vicentino, del quale discorreremo a suo tempo).
Fu poi ristampata sotto il proprio nome del Calmo in Venezia per Domenico Farri, 1561, in-8, e 1584, in-12, e in Vicenza presso gli eredi di Perin libraro, 1598, in-8 (V. […] Fu allora che, dopo la cena, il Ruzzante, secondo l’uso, a esilarar gli animi, recitò le sue tre orazioni in lingua rustica, magna cum astantium voluptate.
Fu in processo di tempo il Del Buono preso da tal manìa religiosa, che datosi tutto a Dio, fece solenne promessa di abbandonare il teatro, scuola, diceva lui a’compagni, di turpitudini, al quale non sarebbe certo tornato mai più, se un’opera di carità, sciolto dal voto per intercessione di un alto sacerdote, non ve lo avesse ricondotto. […] Fu anche Luigi Del Buono, come dice la lapide commemorativa, egregio scrittore di commedie e di operette, tra le quali, una delle più note e più lodevoli, la Villana di Lamporecchio, la cui protagonista fu studiata sul vero nella persona di Virginia Venturini di Lamporecchio, che viveva al servizio di lui, e lo pettinava ogni mattina, acconciandogli il codino stenterellesco che egli non abbandonò mai.
Fu con Raftopulo il’ 27, e con Rizzo il '28, per tornar poi col Mascherpa sino a tutto il '31. […] Fu infine, per due anni, nella seconda del Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti, in qualità di Prima attrice tragica, e Madre nobile, dalla quale passò a Firenze, ove stette, fuor dell’arte, sino alla morte, che avvenne per idropisia l’8 novembre del 1854.
Fu comico al servizio del Duca di Modena, e le notizie cominciano in quell’Archivio dal’ 47. […] Fu poi scelta Verona, d’onde il 10 agosto si raccomanda al Graziani perchè, dovendo la Compagnia andare a Venezia il novembre, il signor Marchese Bentivoglio le ottenga per l’ottobre il teatro di Ferrara con qualche Emolumento dal’affittatore del detto Teatro, che sia almeno per le case franche per tutti : e che anche siano fatto franchi dal dare bolettini a sia chisisia, e quelli ordinari della Dogana siano ridotti ad un numero ragionevole ; e perchè non è ordinario l’essere Comici in tal tempo in quella Città, è necessario che il detto sig.
Fu col Sacco in Portogallo, e con lui tornò in Italia.
Fu generico il ’28 nella Compagnia Mazzeranghi e Mariani, diretta da Lorenzo Pani, poi successivamente, assieme alla madre, in quella di Colapaoli, Ghirlanda e Nardelli.
Fu cinque anni con Bellotti-Bon, poi, in società, nell’America del Sud, poi con Francesco Pasta, col quale non potè compiere il triennio di contratto, perchè scritturata, mediante forte penale, nella Compagnia Nazionale di Roma per cinque anni.
Fu educato in un Istituto della Svizzera tedesca, ed ebbe famigliare su l’altre la lingua inglese.
Fu con la Compagnia di Antonio Sacco (V.), di cui sposò la figliuola (V.
Fu allora che « come un baleno — è lei che lo dice — da un cantuccio della sua mente scaturì l’ardito progetto di andare in Francia. » Ma il Righetti, nella gran prudenza poco intraprendente, si oppose al proposito nuovo : troppi i rischi, possibile l’insuccesso artistico, possibilissimo il finanziario. […] Fu il '68 nel Messico ; il '69 in tutta l’America del Sud, ove tornò del '74. […] Fu sposa e madre adorata ; e, lasciate le scene, diventò dama d’onore della Regina d’Italia.
Fu allora, nel ’64, che abbandonato Cesare Dondini, entrò, attore e amministratore, con Ernesto Rossi.
Fu poi dal '60 all’ '80 in quasi tutte le compagnie d’Italia, vuoi di primo, vuoi d’infimo ordine.
Fu maestro di recitazione del Somigli (V.), detto Beco Sudicio.
Fu l’81 con Ferrante, poi, per un triennio e per sua fortuna, con Vittorio Pieri, direttore Alamanno Morelli.
Fu dal suo esordire ricevuta alla Comedia italiana con stipendio fisso, e nel 1746 vi ottenne un po' di parte.
Fu sua l’idea di far andare il Goldoni a Parigi, dopo il successo del Figlio d’Arlecchino perduto e ritrovato, per rinsanguare la povera commedia italiana che dava i segni manifesti della sua prossima fine di anemia ; e n’ ebbe infatti incarico ufficiale da' Gentiluomini di Corte, e trattò la cosa in tal modo, che il poeta veneziano già ammiratore e conoscitore dei di lui pregi, lasciata la sua cara patria, ov' era accarezzato, festeggiato, applaudito, se n’andò il '62 alla gran capitale.
Fu molti anni a Venezia e in Italia, finchè, chiamato alla Corte di Portogallo, non curandosi nè men questa volta del contratto ch'egli aveva con S. […] Fu allora che il Conte Carlo Gozzi, già forte estimatore dell’ingegno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera del 25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Melarance, « caricata parodia buffonesca sull’opere dei signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo ch'ella comparve. » Fu preceduta da un prologo in versi « Satiretta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso del Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della condotta e de'caratteri, palesemente con artifizio avviliti, l’autore pretese porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere del signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria !
Fu in Francia negli anni 1571 e 1584.
Fu quindi nella Compagnia di Luigi Vestri, stipendiato dal vecchio DucaTorlonia per tre stagioni annuali in Roma, e quivi anche si rinnovarono i trionfi di Napoli.
Fu il più grande Pulcinella del secolo xix, e il Signore del Teatro San Carlino per ventiquattro anni.
Fu donna assai valorosa, ed ha rime avanti il Postumio, commedia di I.
Fu nello stesso ruolo, il 1820, col Fabbrichesi, il quale, quando condusse il ’24 la Compagnia a Trieste, l’assunse al grado di prima donna assoluta.
Fu l’anno dopo, 1576, che il Duca, forse a perenne ricordo di quella giocondità, omai dileguata per sempre, fece istoriare il soffitto della camera da letto, di cui diamo un saggio nella qui unita tavola colorata, e la grande Scala dei buffoni (Narrentreppe) con le più comiche e svariate scene della commedia dell’arte ; e di quella probabilmente rappresentata da Orlando di Lasso, da Giovan Battista Scolari e da Massimo Trojano, della quale ci ha lasciato quest’ultimo in un suo dialogo la descrizione particolareggiata.
Fu anche scritturato il '58 nella Compagnia Reale Sarda per fare tutte quelle parti di generico, di età avanzata, come parti di padre, tiranni generici in parrucca e senza, sia in tragedia che in commedia, ed altre simili che dall’Impresa o dal Direttore gli verranno affidate…………… attenendosi alla direzione del signor Gustavo Modena, o di chi sarà destinato : ed ebbe di stipendio 2400 lire.
Fu intanto il Siciliano Epicarmo filosofo pitagorico che diede forma alla commedia, e ne fu chiamato il principe.
Fu questi Martino Opitz di Boberfeld nato nel 1597 e morto nel 1639.
Fu concessa l’abitazione gratuita sino a nuovo ordine con data del 29 febbraio 1692.
Fu dal '74 al '76 nella Compagnia N.° 3 di Bellotti-Bon, diretta da Cesare Rossi ; dal '77 all’ '81 in quella della Città di Torino, l’'82 con la Marini, dall’ '83 all’ '87 con la Compagnia Nazionale di Roma, dall’'88 al '90 con la Marini, dal '91 al '93 in Società con Novelli, dal '94 al’96 con Andò, dal '97 al '99 con la Reiter.
Fu ancor più ammirato nelle altre parti che recitò di poi.
Fu poi con Gustavo Modena, con Ernesto Rossi e Gian Paolo Calloud ; poi con Lipparini ; poi con Zammarini e Marchi in società.
Fu socio di Calamai, poi scritturato da Sterni e Majeroni, poi da Morelli e dalla Tessero, coi quali s’ebbe, assieme al Mariotti, il diploma d’incoraggiamento del giurì drammatico milanese.
Fu in Piemonte, nel Genovesato, negli Stati Estensi, nelle Romagne, e la stampa d’allora lo chiamava la delizia universale.
Fu accettato ; e tanta misericordia destò in lui coi racconti delle sue avventure, e tanta stima si procacciò coll’obbedienza e col lavoro, che il Ferri lo condusse nell’ altre città, avendoselo più amico, che servo.
Fu anche autore di più opere or con buona or con cattiva fortuna, tra cui migliore di tutte La mamma di gatt.
Fu poi gran tempo con Alamanno Morelli, del quale diventò socia, poi si diede al capocomicato con varia fortuna, percorrendo le grandi città di Europa e di America ; poi…. per una malattia cancerosa al petto, che la rose lentamente, dovette, in mezzo agli spasimi, soccombere a Torino il 24 gennajo del 1892.
Fu dopo due anni, e per un triennio, con Raffaele Lambertini, a fianco di Peppina Bozzo, Carolina Santoni, Leontina Papà, Enrico Cappelli, ecc. ; poi (1866) con Achille Majeroni al Fondo di Napoli, dove esordì con La gerla di Papà Martin, che dovette replicar per otto sere davanti ad un pubblico ammiratore profondo di Luigi Taddei ancor vivo e malato, e che restò poi fino all’ultimo della sua vita artistica il suo caval di battaglia.
Fu egli semplice scrittore soltanto ? […] Fe Quintana Zan Gradella Zan Gradella ol Scattoletta Scattoletta fe Labella Che criò puo Zan Braghetta Che cagand mai non si netta Zan Braghetta eb quattro fioi Che volend robbà i fasoi Fu impicat una mattina. […] Fu col Bazzi, col Vestri e col Fabbrichesi al fianco del gran De Marini.
Fu egli figliuolo di Poliframmone o di Minia o di Corocle, secondo Suida, e fu padre di un altro poeta tragico chiamato anche Poliframmone.
Fu colla moglie naturalizzato francese nell’aprile del 1680, ed ebbe onori di ogni specie ; primo, la intrinsichezza di Luigi XIV ; al proposito della quale si raccontan gli aneddoti seguenti : Gli attori della Comedia Francese volevano impedire a quelli della Comedia Italiana di parlare francese.
Fu là che divenne padre di Marco, il quale, montato sul teatro, mutò il nome di Napolioni in quello di Flaminio.
Fu in Portogallo e in Ispagna, con poca fortuna : e, tornato in Italia, pensò di riformar la compagnia, scritturandovi per un anno la Faustina Tesi.
Ora : Fu attore Massimiliano ?
Fu scritturato brillante il '78 in Compagnia Dominici, passando in quaresima al ruolo di primo attor giovine, poi, per l’improvvisa partenza del Dominici, a quello di primo attore, ch'egli sostenne per alcuni anni in piccole compagnie, come ad esempio, del Battistoni. […] Fu l '85 primo attore con Verardini, e il carnovale dello stesso anno con Emanuel, con cui stette oltre un biennio, e da cui passò primo attore e direttore con Casilini per un solo anno ; dopo il quale, eccotelo un triennio primo attore con Cesare Rossi, e uno con Virginia Marini, fino al 1894 ; anno in cui si associa con Libero Pilotto, per condur finalmente compagnia da solo dopo la morte di questo ; compagnia che va innanzi trionfalmente da sette anni.
Fu impresso in Ziwckau nel 1536 e reimpresso nel 1544.
Fu in questo tempo che si videro su quelle scene tradotte la Sposa Persiana, il Cavaliere e la Dama, il Burbero benefico del Goldoni.
Fu un fulmine !
. – Fu il colpo di grazia !
Fu essa poi reimpressa da Cummelino colle note del primo autore e del Rittersusio e del Grutero. […] Fu illusione del suo desiderio.
Fu sacra rappresentazione la Tragedia del Laudivio della morte del Piccinino?
Fu amante appassionato di Lidia da Bagnacavallo, poi dell’Armani, morta avvelenata in Cremona.
Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato indi in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] Fu stimato al pari del famoso Verrio Flacco precettore de’ nipoti di Augusto.
Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] Fu stimato al pari del famoso Verrio Flacco precettore de’ nipoti di Augusto.
Fu adunque forza, non potendo gl’impresari reggere a tante spese, pigliare nuovi provvedimenti e partiti; onde da una banda si venisse a risparmiare quanto profondere doveasi dall’altra.
Fu perciò necessario che quella grande maschera di tutto il capo che portava la voce in gran distanza, fosse accompagnata dal rimanente del vestito in guisa che ingrossando l’attore e facendone una figura gigantesca lo rendesse visibile agli ultimi spettatori.
Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempoa, Quanto dunque comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era una mescolanza grossolana di satira, di religione e di scurrilità, che cominciò a scandolezzare e ristuccare il pubblico, e fece sì che i Confratelli perdessero il teatro, che tornò a convertirsi in ospedale.
Fu perciò necessario che quella gran maschera di tutto il capo che portava la voce in gran distanza, fosse accompagnata dal rimanente del vestito in guisa che ingrossando l’attore e facendone una figura gigantesca lo rendesse visibile agli ultimi spettatori.
Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempo4.
Fu un buon amoroso, e recitò applauditissimo nella Compagnia di Pietro Rossi e in quella di Giovanni Roffi di Firenze, dove con molto onore recitava ancora tra l’ 80 e l’ 81.
Fu illusione del suo desiderio.
Fu il secondo una festa fatta rappresentare dal conte de Ureñas nella propria casa ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposare la regina Isabellaa, e non già in occasione delle nozze de’ Cattolici re , come asserì il Lampillas.
Fu il secondo una festa fatta rappresentare dal conte de Ureñas nella propria casa ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposare la regina Isabella71, e non già in occasione delle nozze de’ Cattolici re, come afferma il Lampillas.
Fu attrice correttissima, semplice, studiosa ; di nessuno spolvero, ma simpatica sempre.
Fu anche Luigi Duse, ci dice lo stesso nipote, gastronomo per eccellenza ; e « quando passava per le piazze era tutto un coro : Sior Luigi sta dindieta – sior Luigi, sti osei – sior Luigi sta bondola.
Fu a quattordici anni accettato come porta-bandiera in un reggimento ; ma venutagli a morte la madre, e non andandogli troppo a genio la carriera militare, si diede all’arte del comico, esercitandosi dapprima in qualche teatrino particolare, poi affrontando il gran pubblico sotto la maschera dell’Arlecchino, nella quale divenne in poco tempo attore senza rivali. […] Fu sotterrato il domani a S.
Fu poscia reimpressa da Cummelino colle note del primo autore, del Rittersusio e del Grutero.
Fu solo sotto il dominio di tali nazioni che fiorì colà qualche poeta drammatico della nazione Ebrea.
Fu in quei vincoli troppo stretti ch'egli avvertì il peso del giogo, e sentì il bisogno di scuoterlo : fu allora ch'egli risolse di formare una compagnia modesta da avviare, da manipolare, da rendere primaria, mercè la sua forza direttiva, mercè il suo ingegno artistico, mercè la sua tenacità di propositi.
Or ecco l’elenco della Compagnia : UOMINI Pietro Alborghetti di Venezia Pantalone Francesco Materassi di Milano Dottore Luigi Riccoboni detto Lelio di Modena 1°Amoroso Giuseppe Baletti detto Mario di Monaco 2°Amoroso Jacomo Rauzini di Napoli Scaramuccia Giovanni Bissoni di Bologna Scapino (1° Zanni) Tomaso Antonio Visentini di Venezia Arlecchino (2° Zanni) Fabio Sticotti Cantante e Generico DONNE Elena Baletti detta Flaminia di Ferrara 1ª Amorosa Zanetta Rosa Benozzi detta Silvia di Tolosa 2ª Amorosa Margherita Rusca detta Violetta di Venezia Servetta Orsola Astori di Venezia Cantatrice o Chanteuse Fu lor concesso il titolo di Comici di S.
Fu pieno di carni, ed anzi maggior del giusto, ed in somma appariscente e proporzionato alla parte d’ Innamorato che rappresentava. » Ma ecco che stando a Francesco Bartoli, egli nacque intorno al 1596, e però non poteva essere cogli Accesi il 1609. […] ma Madama Fu già tenuta a battesimo dalla A.
Fu posta sulla tomba di Sofocle la figura di uno sciame di api per perpetuare il nome di ape, che la dolcezza de’ suoi versi gli avea procacciato; il che probabilmente fece immaginare, che le api si erano fermate sulle di lui labbra quando stava in culla.
Fu uomo piissimo ; e dice Francesco Bartoli che a’compagni suoi inculcava con tutto il zelo d’essere modesti negli atti e nelle parole, e se talvolta sentiva alcuno oltrepassar anche di poco i termini della modestia, dolcemente da principio lo ammoniva, ma non giovando l’ammonizione, sgridavalo poi acremente ; e trovandolo incorreggibile, cacciavalo finalmente dalla sua Società.
Fu dunque secondo brillante il ’66 con Bellotti-Bon, poi primo amoroso il ’67 con Coltellini, il ’68 con Vernier, col quale creò con gran successo la parte di Sirchi nel Duello di Ferrari, il ’69-’70 con Alessandro Salvini, e il ’71 con Peracchi : poi, Capocomico.
Fu illusione del suo desiderio. […] Fu intanto il Siciliano Epicarmo filosofo pitagorico che diede forma alla commedia e ne fu chiamato il principe.
Fu il ’48-49 con Papadopoli, Lottini e socii, il ’50 con Antonio Giardini, col quale cominciò a salire in rinomanza, il ’51-52 con Carlo Romagnoli e Achille Dondini, sotto la direzione di Cesare Dondini, prima attrice assoluta, nella qual Compagnia sposatasi a Giacomo Brizzi, passò dal Teatro Grande di Brescia a quelli di Trieste, Milano, Torino, Bologna, Livorno, Padova, trascinando il pubblico all’entusiasmo, che nella primavera del’55 al Valle di Roma diventò esaltazione, delirio. […] Fu in Francia una seconda volta, dai primi giorni di febbraio al 26 d’ottobre del 1608, e questa volta direttore e conduttore della Compagnia ; a proposito della quale il Duca Vincenzo in data 10 novembre 1607 annunziava al suo ambasciatore alla Corte Messer Trajano Guiscardi, Fritellino e sua moglie come i migliori personaggi non solo della sua compagnia ma di tutta Italia.
Fu una rivelazione.
Fu ne'primi tempi semplice, di buona fede, talora amante, talora marito, poi, un secolo più tardi, padre di famiglia, economo più che avaro, moralista, predicatore, nojoso.
Fu seguito dal Chiari, che sebbene non in tutto il secondò, pure produsse almeno intorno a sessanta Commedie, che se mancano al quanto per ciò, che concerne il gusto, non sono però nè sregolate, nè mostruose. […] Fu questa medesima Principessa, che indi fe travagliare, senza che l’uno sapesse dell’altro, e Racine e Corneille a un medesimo argomento, cioè alla Tragedia di Berenice.
Fu a Parigi brillante colla Compagnia di Carolina Internari e Francesco Paladini.
Fu una semplice mascherata in forma di balletto la Cassandra di Benserade eseguita nel 1651 in cui ballò Luigi XIV.
Fu nella Compagnia Reale di Napoli con Adamo Alberti, e tornò il ’49 a Perugia ove si diede a recitar co’dilettanti, e d’onde si restituì all’arte generico, tiranno e caratterista della Compagnia Coltellini, terminando l’anno a Roma con la Internari e Capodaglio, e tornando poi, caratterista assoluto, in Compagnia Lombarda.
Fu molto bene accolta in teatro, e vi rimase per varie situazioni interessanti, e singolarmente per l’atto III in cui si maneggia con energia la contesa di Pilade ed Oreste, e pel IV in cui segue la riconoscenza di Oreste ed Ifigenia. […] Fu egli l’eroe del partito de’ Yorck opposto ai Lancastri. […] Fu ciò un’ ombra che si mischiò al lustro del trionfo; ma i Francesi non videro che il trionfo.» […] Fu nel secondo giorno a ² il conte Luigi Avogadro, mentre in abito finto fuggia di città, riconosciuto, fermato e presentato a Gastone, che nella pubblica piazza il fe decapitare.. volendo vedere egli stesso il crudele spettacolo, e si compiacque poi di replicarlo ne’ due già presi figliuoli.
Fu altresì pittore non ignobile, e dagli antichi si trova commentata la pittura che fece pel tempio di Ercole nel Foro Boario77. […] Fu questi Cajo Giulio figlio di Lucio e contemporaneo di P. […] Fu questa la prima sua commedia rappresentata nell’additato anno di Roma 587 dalla compagnia comica di L. […] Fu questa commedia rappresentata, essendo Edili L.
Fu questi Martino Opitz di Boberfeld, il quale nel 1627, epoca della prima produzione teatrale di Pietro Corneille, trasportò in tedesco le Troiane di Seneca: nel 1627 tradusse l’opere del Rinuccini intitolata la Dafne, la quale si rappresentò per la prima volta in Dresda in occasione del matrimonio della sorella dell’elettore col Langravio di Hesse: nel 1633 imitò un’altra opera italiana intitolata Giuditta; e nel 1636 tradusse l’Antigona di Sofocle.
Fu di questo parere ancora il dottissimo prelodato Algarotti nel Saggio sopra l’opera in musica.
Leone Fortis delineò l’uomo politico nel Capitan cortese del 12 aprile '96 con queste parole : Fu tutto di un pezzo : repubblicano sin dalla prima giovinezza, fiero nemico così dell’ oppressione straniera, come di qualunque arroganza anche tribunizia che mirasse ad imporsi, sia con la dittatura della piazza, sia con quella della Reggia.
Fu stampata per la prima volta in Venezia nel 1558, e il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola qual cosa sua.
Fu tradotto ne’ principi del secolo l’Anfitrione dal dottor Villalobos imperfettamente, avendone tralasciato il prologo e vari altri squarci qua e là.
Fu ciò nel sig.
Fu altresi pittore non ignobile, e dagli antichi si trova commentata la pittura che fece pel tempio di Ercole nel Foro Boarioa. […] Fu questi Cajo Giulio figlio di Lucio e contemporaneo di Publio Cetego. […] Fu questa la prima sua commedia rappresentata nell’additato anno di Roma 587 dalla compagnia comica di L. […] Fu questa commedia rappresentata, essendo Edili L.
Fu dedicata a Leone X e rappresentata magnificamente nel 1514 in Vicenza ed anche in Roma, ma s’ impresse la prima volta nel 1524. […] Fu rappresentata ancora alla presenza de’ Cardinali Ravenna e Salviati; ma sembra che alla prima rappresentazione, e non a questa, si fosse trovato il prelodato Luigi Alamanni, facendo il Giraldi dire alla Tragedia, I’ dico l’Alamanni, che mi vide, Per mio raro destino, uscire in scena. […] Fu egli il primo a porre sulla scena l’avventura degli Orazii (che nè anche è argomento greco); ed ebbe la sorte di coloro che tentando un mare sconosciuto hanno il vanto di scoprire e vincere, senza arricchirsi e trionfare. […] Fu eretto questo teatro dall’istesso Vespasiano Gonzaga Duca di Traetto, che fabbricò Sabbioneta, uomo dottissimo e fautore de’ letterati, nato nel regno di Napoli in Fondi l’anno 1531 e morto nel 1591.
Fu pratico eccellentissimo, maestro sensato e distinto scrittore. […] Fu celebre maestro in Milano Francesco Brivio, e Francesco Redi in Firenze, che non dee confondersi coll’altro Redi parimenti Francesco, che tanti vantaggi ha recato alla sua lingua, alla poesia, e alla fisica.
Fu egli una volta chiamato in giudizio come reo; ma Alcibiade di propria mano cancellò gli atti formati contro di lui.
Fu ciò in essi mala fede o ignoranza?
Fu egli una volta chiamato in giudizio come reo; ma Alcibiade di propria mano cancellò gli atti formati contro di lui.
Fu egli il primo che osservando i greci, si avvisò di sostituire alla poesia satirica la rappresentativa, e, secondo Donato, compose tragedie, e commedie. […] Fu, secondo Svetonio ed Eusebio, uno de’ primi poeti latini. […] Fu notabile sotto il medesimo Augusto il chiaro Caio Asinio Pollione, pe’ talenti tragici e per altri meriti letterari, per la presa di Salona in Dalmazia, per lo trionfo, e pel consolato, celebrato dai due maggiori ingegni, di cui si vanti la poesia latina, Virgilio ed Orazio.
Fu seguito dal Franco nel XIII, e dal Tinetoris, Franchini, e Gaffurio nel XIV, e finalmente da Giovanni Zarlino che in Venezia pubblicò nel 1580 un trattato di musica in Italiano che oscurò tutti gli altri. […] Fu fatto in Francia da un bell’ingegno intendente di musica quell’epigramma contro M.
Fu dedicata a Leone X e rappresentata magnificamente nel 1514 in Vicenza ed anche in Roma, ma s’impresse la prima volta nel 1524. […] Fu assai migliore la traduzione fedele che fece di tal tragedia il veneziano Giustiniano. […] Fu questo Luigi Alamanni bandito da Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita del cardinal Medici, e si ricoverò in Francia, dove così bene incontrò la grazia del re Francesco I, che n’ebbe cariche onoratissime e premii considerabili.
Fra l’onde de l’invidia empie e voraci, Fu naufrago gran tempo, e quasi absorto, Quando ecco apparve alla salute il porto, E ritrovossi entro le braccia a i baci.
Fu non per tanto giustissima l’osservazione d’un giornalista a cui né questo titolo, né lo stile impetuoso e sovente mordace debbono sminuire il pregio d’aver veduto chiaro in molte cose, che di quarantaquattromila e più voci radicali che formano la lingua italiana, solo sei o settemila in circa fossero quelle ch’entrar potessero nella musica69.
Fu poeta, filosofo, istorico, giureconsulto e musico, se crediamo a ciò che se ne dice in una orazione detta in sua lode nel 1437 pubblicata dal Ludewig nelle Reliquiae Manuscriptorum t.
Fu poeta, filosofo, istorico, giureconsulto e musico, se crediamo a ciò che se ne dice in una lunga orazione recitata in di lui lode nel 1437, e pubblicata dal Ludewig nelle Reliquiæ manuscriptorum t.
Fu ciò ignoranza o malafede nel sig.
Se in bianche piume De’ numi il nume Canori accenti Spiegò talor; Se fra gli armenti Muggì negletto Fu solo effetto Del tuo rigor. […] Né fur Giganti usati Ad assalir le stelle, Fu donna sola, e imbelle Quella, che gli atterrì.» […] Sentitela: «Rondinella, cui rapita Fu la dolce sua compagna, Vola incerta, va smarrita Dalla selva alla campagna, E si lagna Intorno al nido Dell’infido Cacciator.
Fu ciò un’ ombra che si mischiò al lustro del trionfo; ma i Francesi non videro che il trionfo”. […] Fu nel secondo giorno il conte Luigi Avogadro, mentre in abito finto fuggia di città, riconosciuto, fermato e presentato a Gastone che nella pubblica piazza il fe decapitare . . . volendo vedere egli stesso il crudele spettacolo, e si compiacque poi di replicarlo ne’ due già presi figliuoli.
Fu l’architetto e il pittore della scena messer Girolamo Carpi da Ferrara.
Fu posta in musica da Berton uno de’ migliori allievi francesi del nostro egregio maestro Sacchini, di cui con gran ragione pregiasi la Francia.
Fu l’architetto e il pittore della scena M.
Fu segno a’ morsi satirici di Boileau amico di Racine e degli antichi, e fu lodato da Perrault emulo di Boileau e adulatore de’ moderni.
Fu considerato come il Plauto del Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favole, che invogliarono Erasmo Roterdamo a studiar la lingua Portoghese per comprendere le grazie comiche di Gil Vicente. […] Fu questa tragedia copiata dal P.
Fu considerato come il Plauto del Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favole, che invogliarono Erasmo Roterdamo a studiar la lingua portoghese per comprendere le grazie comiche di Gil Vicente. […] Fu questa tragedia copiata dal p.
Fu nondimeno tenuto a’ suoi tempi per ristorator del teatro: i suoi drammi furono ristampati non poche volte come cose degne di tenersi in gran pregio: i letterati sel proponevano per modello d’imitazione, e le muse anche elleno, le vergini muse concorsero a gara per onorar con inni di laudi chi più d’ogni altro recava loro vergogna ed oltraggio.
Fu segno a’ morsi satirici di Desprèaux Boileau amico di Racine e degli antichi, e fu lodato dal Perrault emulo di Boileau e adulatore de’ moderni.
Fu veramente conosciuto per Sassone, ma pel carattere rispettato di ministriere fu introdotto alla presenza del re e cantò molti versi, e poscia esaminato il campo formò un piano di assalto, col quale tagliò a pezzi il di lui esercito.
[25] Fu dunque l’eccedente amor della patria (il più lodevole fra gli eccessi quando non vien disgiunto dalla giustizia) che mosse il Cavaglier Tiraboschi a dire, parlando della musica, che «agli Italiani del secolo decimosesto dovette il giugnere ch’ella fece a perfezione maggiore assai, che mai non avesse in addietro» 49. […] Fu dato il surriferito spettacolo da Bergonzo Botta nobile tortonese verso la fine del mille e quattrocento in occasione di festeggiarsi le nozze di Galeazzo duca di Milano con Isabella d’Aragona.
Fu la prima e l’ultima opera seria spagnuola, perché l’autore non si ricordò del precetto oraziano: Sumite materiam vestris qui scribitis aequam Viribus, et versate diu quid ferre recusent, Quid valeant humeri.
Fu il famoso Gian Giacomo Rousseau che col Pigmalione mostrò in qual maniera poteva una bizzarria convertirsi verisimilmente in una scena sublime interessante secondando le passioni e i pensieri coll’ espressiva armonia.
Fu poi rappresentata in Lione nel 1548 in presenza del re Errico II e della regina Caterina Medici dalla nazione Fiorentina, e quei sovrani distribuirono agli attori un regalo di ottocento doppie, e ciò anche accadde più dì un secolo prima che i Francesi conoscessero Castro, Lope e Calderon. […] Fu strana cosa che l’Enciclopedista Marmontel avesse ciò pronunziato senza pensare e senza leggere.
Fu poi rappresentata in Lione nel 1548 in presenza del re Errico II e della regina Caterina Medici dalla nazione Fiorentina, e quei sovrani distribuirono agli attori un regalo di ottocento doppie; e ciò anche accadde più di un secolo prima che i Francesi conoscessero Castro, Lope e Calderon. […] Fu strana cosa che l’ enciclopedista Francese Marmontel avesse ciò pronunziato senza pensare e senza leggere.
Fu dunque necessario trovar la maniera di significar non solo la differenza del tono, ma anche la durazione dei tempo in una nota rispetto all’altra, e ciò si fece colla diversa figura, che si diè ad esse note, la quale segnava il loro rispettivo valore; dal che ebbero origine la massima, la lunga, la breve, la semibreve, e la minima.
Fu questo ancora sentimento del prelodato Muratori.
Fu prevenuto tante volte nell’Edipo e nell’Oreste da’ greci e da’ moderni italiani e francesi.
Fu un poco più felice il Regolo nel 1773, in cui imitò l’Attilio Regolo del Metastasio, e in ricompensa il censurò; al qual lavoro volendo noi mostrarci grati abbiamo mentovata la sua tragedia, perchè se ne conservi almeno il titolo.
Fu censurato il Maffei d’avere adoperato nella Merope una similitudine tratta da Virgilio: quanto più degni di tal censura son que’ poeti che questa figura adoperano nelle arie? […] [Sez.III.2.3.2] Fu questa strana maniera di canto menata sul teatro da que’ musici ambiziosi, i quali, per nulla lasciar d’intentato, invasero lo stile della musica stromentale. […] Fu formata rotonda, affinché le oscillanti anella ond’è composta, percotessero egualmente e in tutti i suoi punti l’aria circonvicina. […] Fu da noi già dianzi notato che un edificio di questa natura ha bisogno di molte porte, corrispondenti a siti diversi per evitare i gravissimi inconvenienti che la scarsezza delle porte esteriori suol cagionare. […] Fu costui uomo valentissimo sì nella poesia, come nella musica, ed io nelle Memorie de gli Scrittori Modenesi, che ho raccolte, tengo il catalogo di tutte le opere composte, molte delle quali sono ancora stampate.
Fu dedicata al pontefice Benedetto XIV, e s’impresse splendidamente in Veuezia nel 1754 ornata in ciascun atto di alcune medaglie battute da’Romani in onore di Vespasiano e di Tito, e con un discorso sommamente erudito intorno alle profezie e agl’istorici monumenti della distruzione di Gerusalemme, ed a varie circostanze rammentate nel dramma. […] Fu egli dunque calzando il coturno ciò che era il napoletano Francesco Cerlone nelle sue chiamate commedie mostruose, e talvolta interessanti reimpresse in Roma colla falsa data di Bologna. […] Fu il Rodrigo sventurato anche nella rappresentazione, secondo quel che ne dice l’istesso autore, essendo stato pessimamente accolto in Venezia per gli sforzi di un partito avverso.
Fu – dice Nicolò Barbieri nel Capo VII della sua Supplica (Venezia, Ginammi, 1634) – nella famosa Accademia dei Signori Intenti accettata e laurcata (ebbe il nome di Accesa), e ad una gara poetica, alla quale prendevan parte le celebrità del tempo, in casa Aldobrandini, riuscì prima dopo Torquato Tasso ; e fu coronata d’alloro in effigie tra ’l Tasso e ’l Petrarca (V.
Fu trascorso della penna il chiamarlo nel 1777 Tommaso.
Fu questo imperadore e re di Napoli e di Sicilia che nel 1228 passò in Terra Santa, guerreggiò, conquistò il regno di Gerusalemme, ed aprì il Santo Sepolcro alla devozione de’ Cristiani; benchè per accordo fatto col Saladino lasciato si fosse in mano de’ Saracini colà avvezzi ad orare senza escludersene i Cristiania.
[NdA] Fu tanto singolare un ballo allegorico eseguito in Londra nel 1709, che ho giudicato opportuno l’apporne quivi per curiosità la descrizione avvegnaché non appartenga alla storia d’Italia.
Ah questo al certo Fu un atto generoso e democratico.
Fu tradotta da’ Francesi col titolo les Engagemens du hazard.
Fu tradotta da’ Francesi col titolo les Engagemens du hazard.
Fu egli figliuolo di Poliframmone o di Minia o di Corocle, secondo Suida, e fu padre di un altro poeta tragico chiamato anche Poliframmone.
Fu il Rodrigo sventurato anche nella rappresentazione secondo il racconto del medesimo illustre autore essendo stata pessimamente accolta in Venezia per gli sforzi di un partito avverso.
ah questo al certo Fu un atto generoso e democratico.
Introduzione […] concediamo pure che ci sia (che esista primariamente e assolutamente; si vuol dire: indipendentemente dallo studio che se ne effettua) un oggetto degli studi teatrali. Quale sarebbe? Lo spettacolo, certo. Ma l’oggetto, oltre che significante, deve essere dato, presente: il che non avviene per nessuna, o quasi, componente dello spettacolo escluso il testo verbale cioè, per indebita identificazione, il testo letterario1. Come sottolinea Franco Ruffini all’interno del suo studio Semiotica del testo.
[1.18ED] Fu questi Nicomaco, medico di professione, come saprai; ma sappi inoltre che ei fu ancora chimico sì sventurato che prima della sua morte non poté perfezionar quel rimedio che, sebbene non rende immortale, fa però vivere sì lungamente che uno sciocco arriverebbe a sperare di più non morire. [1.19ED] Io, seguendo in ciò l’arte sua, ne perfezionai un’ampolla della quale un solo sorso bevuto, dopo il sonno di pochi giorni, fa vivere un secolo, e già è per me voto il vetro preservatore e, per quanto io abbia poi faticato coll’arte a riempierlo, la fortuna o il cielo che mi vuol mortale, non mi han secondato, in guisa che io godo di questa luce per l’ultimo secolo. [1.20ED] Tu ridi ancora, né me ne offendo; così ancor io riderei se tu mi dicessi cose lontane dal creder mio. [1.21ED] Ma non hai tu contezza di tanti che han lungamente dormito e si son poscia svegliati a spaventare i posteri loro?