La Baldigara, specialmente nelle così dette parti di forza, fu artista non delle peggiori ; a ogni modo, dava belle speranze di sè, quando la morte la colse nel 1824.
Passò nel 1777 in Compagnia di Antonio Sacchi, al posto della Teodora Ricci che si recava a Parigi, e fu molto ammirata, specialmente nelle commedie all’improvviso.
Egli s’esercita con bravura nelle parti gravi ; e ne’ caratteri serio-faceti si fa conoscere per un comico d’abilità.
Sosteneva il Gnochis, oltre al carattere di Pantalone, parti serie nelle commedie studiate, ecantava negli scherzi in musica.
È citato dal Bartoli più come ingegnoso autore, che come attore, benchè recitasse con qualche abilità nelle commedie improvvise.
Manzoni Giovan Battista, piacentino, nato verso il 1730, esordì col ruolo d’innamorato, dedicandosi poi esclusivamente alla maschera d’arlecchino, che sostenne con molto favore, e per la novità e spontaneità de' lazzi, e per le ariette musicali che mescolava con molto garbo nelle varie commedie.
Egli fu, secondo un contemporaneo, eccellente artista ; recitava ordinariamente nelle commedie italiane le parti di nobile veneziano, e sotto la maschera di Pantalone era impareggiabile. […] Dilettante nel’35 della Compagnia di Giuseppe Cammarano, sosteneva la parte di amoroso nelle Cantatrici villane al S.
Di lei non abbiamo altre notizie che queste lasciateci dal Goldoni nelle sue memorie, che riproduco fedelmente per non sciuparle : …. la mia predilezione per le Cameriere mi fece fissare sulla signora Baccherini, ch’ era stata in quell’ impiego alla sorella di Sacchi sostituita. […] Era un costume inveterato fra i Comici italiani, che le Cameriere dessero ogni anno in più volte certe opere che si chiamavano di trasformazioni, come lo Spirito folletto, la Cameriera Maga, ed altre dello stesso genere, nelle quali l’attrice mostrandosi sotto forme differenti cambiava molte volte costume, rappresentava molti personaggi, e parlava diverse lingue.
Una certa serietà nel sembiante, una certa durezza nella persona, un’inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso il Personaggio con cui recitava, lo facevano scomparire, malgrado le belle cose ch’egli diceva : all’incontro nelle Tragedie riusciva mirabilmente, e sopratutto nelle parti gravi, come nel Catone del Metastasio, nel Bruto dell’abate Conti, nella parte di Giustiniano nel mio Belisario, ed in altre simili.
Esordì nella Compagnia di Pietro Rossi con parti di poca importanza, nelle quali però die' subito a vedere a qual grado sarebbe salita col volere e lo studio. […] Destata poi l’invidia della prima donna della compagnia, artista provetta, ma già vecchia, non fu riconfermata dal Paga- nini, e tornò con Pietro Rossi, col quale a Livorno, a Parma, a Verona, s’ebbe i maggiori onori nelle cose studiate e improvvise.
Nè solamente apparve buon Brighella, ma buon caratterista in genere ; e Carlo Goldoni scrisse per lui il Todaro Brontolon, il Fabrizio degl’Innamorati, il Don Policarpio della Sposa sagace, il Don Mauro dell’Amante di sè stesso, ed altro ; commedie tutte, nelle quali, a detta del Bartoli, mostrò tanto valore da diventare il Beniamino di Venezia, dove stette lunghi anni, prima al San Luca, poi al Sant’Angelo, sotto la direzione di Giuseppe Lapy, del quale, sempre a detta del Bartoli, fu più che amico, fratello. […] Bisogna poi goderselo nelle tragedie.
Lo stesso Grimm, che della Commedia Italiana si mostrò sì poco tenero, ebbe parole di calda ammirazione per lo spirito che il Bertinazzi sapeva mettere ne’suoi gesti, nella sua fisonomia, nelle inflessioni della sua voce. […] E nelle Memorie (Tom. […] Camilla vuol rapirglielo, dicendo ch’egli è suo ; ed eccoti arriva Pantalone che obbliga Rosaura a cederlo ; ella sviene, e Fileno accorre in suo soccorso ; Celio che la vede nelle sue braccia, è preso da gelosia. […] Arlecchino che ha trovato il figlio di Celio nelle mani di un contadino, ha creduto che fosse il suo, e s’avanza accarezzandolo. […] Ecco un pregio che può dirsi unico nella classe de’comici, poichè nelle compagnie delle altre nazioni, gli attori, che sono almeno una trentina, non recitan che le parti che per natura o per arte loro si attagliano ; ed è raro che uno, o due al più, possano rappresentare differenti caratteri.
Fu colla Truppa di Pietro Rossi, passò poi in quella della Tesi ; ed oggi trovasi in altra vagante Compagnia, recitando anche qualche parte nelle cose serie con buona intelligenza ed aggiustato criterio. » Callochieri Serafino, fiorentino, artista egregio per le parti di amoroso fu con la Battaglia, con la Coleoni e col Perotti.
Lo vediamo in tal ruolo il 1820 con la comica Compagnia Toffoloni al San Luca di Venezia, e il Giornaletto ragionato teatrale disse di lui : « nelle parti odiose questo comico spiega la non poca sua abilità, che sovente lo trasporta forse al di là del giusto confine.
Si fe'molto notare in una vecchia commedia, L'Oggetto odiato, pei personaggi ch'ella rappresentava d’ambo i sessi e di più nazioni, parlando nelle lingue diverse.
Egli sulle orme degl’Intronati e de’ Rozzi e di altri che introdussero qualche personaggio che parla veneziano, bolognese, spagnuolo, napoletano, frammischiò ancora qualcheduno che si vale del dialetto napoletano, ma coll’atticismo patrio e con ogni lepore cittadinesco come nato in Napoli e versato nelle grazie della propria favella. […] Nell’accumolar fatti come si fa nelle commedie romanzesche? […] Aggiugni a ciò le devastazioni nelle provincie del regno taglieggiate e saccheggiate da compagnie di banditi, i quali non rare volte tolsero a’ ricchi abborriti i beni e le figliuole. […] Adunque anche in un tempo di decadenza nelle belle lettere debbono distinguersi le additate commedie erudite da ciò che in seguito si scrisse in Italia col disegno di piacere alla plebe ed esse debbono tanto più pregiarsi quanto più si vide il secolo trasportato dallo spettacolo più seducente dell’Opera in musica. […] Vedasene ciò che disse il Ghirardelli nella Difesa del suo Costantino, ed il Nicodemo nelle Addizioni alla Bibliot.
., giacchè, suonatrice egregia di pianoforte, sapeva mescolare nelle commedie or qualche pezzo di musica, or qualche arietta che la faceva meglio accetta al pubblico.
Fu con Bellotti e Marini di nuovo secondo amoroso, poi generico d’importanza nelle Compagnie Nazionale, Marini, e Garzes, morto il quale, fu scritturato dal Ferrati, cui si era associato Cesare Rossi.
Fu il’ 76 in quella di Pietro Rossi, dove recitò anche altre parti nelle commedie studiate.
Esordì in patria recitando le parti d’innamorato, poi trasferitosi il 1768 in Lombardia, si scritturò nella Compagnia di Pietro Colombini, mostrandosi artista egregio nelle commedie all’improvviso.
Giovane di sicura abilità nelle parti di Innamorato.
Fu eccellente nelle commedie del Goldoni, e si vuole che colla sua morte, avvenuta in Livorno nel 1836, scemasse d’assai l’importanza del suo ruolo.
Fu nelle Compagnie minori di Maria Grandi, di Vincenzo Bazzigotti, di Costanzo Pizzamiglio, ecc., e viveva ancora del 1782.
[6] L’alta riputazione di Luigi Decimoquarto, ai cui servigi si ritrovava il Lulli, avendo richiamato alla sua corte il fiore delle altre nazioni nelle arti e nelle lettere, eccitò in particolar maniera la curiosità degli Italiani, i quali vi si portarono in folla spinti non meno dal desiderio d’imparare e di conversare cogli uomini grandissimi, che allora fiorivano in Francia, che di far mostra de’ propri talenti alla corte d’un sì gran re protettor dichiarato d’ogni sorta di merito, e divenuto assai più celebre per questo mezzo che per l’incomparabile sua fortuna nella guerra, o per la preponderanza acquistata sugli affari di Europa. […] [9] Tra i primi autori di sì felice rivoluzione debbono annoverarsi Alessandro Scarlatti e Leonardo Leo, napoletani, nelle composizioni de’ quali incominciarono le arie a vestirsi di convenevol grazia e melodia, e fornite si veggono d’accompagnamenti più copiosi e brillanti. […] Il primo compositore disuguale e fecondo presenta agli amatori del bello musicale eccellenti esemplari d’imitazione nei maestosi e patetici gravi lavorati in gran parte sull’esempio degli adagi del suo maestro, nelle sue brillanti variazioni e soprattutto nelle suonate a solo, le quali sono la più pregievol raccolta che ci resta della scuola corelliana. […] [17] Secondo lo spirito dell’esposto sistema s’aprirono nelle più cospicue città utilissime scuole intente a promuover quest’arte incantatrice, e ripolirla. […] L’Italia non dovrà mai al nostro avviso riputar vana una lode che suppone in suo favore una decisiva maggioranza nelle doti dell’ingegno, e in quelle dell’arte.
Castilhon, e l’ha pubblicato nelle sue considerazioni, asserendo che «in Spagna e in Italia i poeti comici, toltone il solo Goldoni, non hanno ancor pensato a dare alle donne caratteri nobili». […] Perciò si trovano nelle commedie dell’Ariosto e de’ suoi contemporanei, proverbiati coraggiosamente signori, ministri, governatori, giudici, avvocati, frati ec. […] Tali farse istrioniche contenevano varie buffonate triviali, e vi si iacea uso di maschere diverse, ognuna delle quali nel vestito, nelle caricature, e nel linguaggio esagerava la ridicolezza caratteristica di qualche città. […] Giacinto Gimma nell’Italia letterata pag. 106) sono stati molti personaggi o sciocchi, o ridicoli, o astuti nelle commedie introdotti, come sono D. […] calza bene nelle di lui circostanze?
Nè men brava si mostrò nelle opere studiate che richiedevano slanci di passione.
È citato da Trajano Boccalini nei suoi Ragguagli di Parnaso, là dove dice (I, 242) : « ed in particolare tanta dilettatione ha dato a Sua Maestà il signor Cola Francesco Vacantiello, personaggio napolitano, che ha detto che anche nell’ introdurre il napolitano nelle comedie per rappresentar la fina vacanteria, havevano gl’Italiani mostrato il loro altissimo ingegno…. » Concordando le date, io credo potersi identificare in questo il Cola che fu mandato dal Duca di Mantova a Parigi il 1608 in sostituzione dell’arlecchino Martinelli, omai troppo vecchio.
Ma l’amor della poesia in genere e della rappresentativa in ispecie, lo fece abbandonar per questa foro e pandette. « I suoi naturali talenti – si scriveva il 1821 nelle Varietà teatrali di Venezia – la sua coltura, e la prontezza del suo spirito, giunti che sieno a farsi conoscere dal pubblico, mirabilmente coprono lo svantaggio in lui di una voce monotona e non insinuante, e di uno sceneggio sovente, se naturale, troppo confidenziale, se nobile, troppo ricercato. »
Il teatro di Parma non fu opera del Palladio terminata dal Bernino come alcuno affermò nè si chiamava Giambatista Magnani l’architetto che vi fu impiegato, come leggesi nel trattatodel Teatro, e nelle Lettere sopra la Pittura dell’Algarotti, e nel Discorso premesso alle sue tragedie dal Bettinelli. […] Si ampliò poscia e si prolungò dal marchese Enzio Bentivoglio, e si rendè capace di tal numero di persone che nelle feste celebrate l’anno 1690 per le nozze di Odoardo Farnese con Dorodea Sofia di Neoburgo, vi si contarono quattordicimila spettatoria. […] Si attese poscia a spiegare tutte le pompe delle arti del disegno e della musica nell’opera ma vi si neglessero le vere bellezze, la regolarità e la sublimità della poesia, e si avvili coll’introduzione degli eunuchi, che, sebbene sin dal XVI secolo contraevano matrimonii nelle Spagne, non aveano per anche profanate le scene.
Il primo precettore in essa è stato Seit Hassan Choja algerino perito nella nautica e nelle lingue araba, turca, inglese, francese, italiana, al quale succedette Seit Osman Efendi nativo di Costantinopoli abile geometra, che vi godeva una pensione di quaranta piastre al mese oltre a tutto il mantenimento necessario. […] I commedianti turchi non hanno teatro fisso, ma vanno come i Cinesi rappresentando nelle case dove sono chiamati. Per un uditorio di uomini vi sono compagnie di uomini senza veruna donna, nelle quali scelgono giovanetti di vago aspetto che rappresentono le parti di donne; e per una adunanza femminile vi sono compagnie di sole donne, alcune delle quali rappresentano da uomini.
Ma questa filosofia, questo spirito giusto, esatto, accurato basta a produrre opere grandi nella poesia, nell’eloquenza, nelle arti del disegno e nella musica? […] Non so se quindi solo derivi quella spezie di decadenza che osservasi nelle belle arti; ma sembra che ora si abbondi meno in grandi artisti che in calcolatori, sofisti, falsi letterati, e gazzettieri. […] se fin anco qualche elegante scrittore prende di simil genere bastardo il patrocinio, e certi fogli periodici che in lui sol giurano alla cieca, ne comunicano le opinioni di ogni maniera a coloro che studiano la letteratura nelle gazzette?
E da allora pare ch'egli entrasse in compagnia e nelle grazie del Duca, poichè in un documento sincrono dell’Archivio di Stato di Modena abbiamo l’elenco della Compagnia, in cui non figurano i nomi dei coniugi Sacco, bensì quelli di Gaetano Caccia, Leandro (V. […] Di quella del Cinque nel prologo, nell’episodio, nel esito, nel Corico, e nel Como ; di quella del sette nelle sue varie specie, espresse dal Donato, cioè : Palliata, Togata, Atellana, Tabernatia, Mimo, Rhintonica, e Planipedia. […] Seguendo il Callot, Maurizio Sand ci ha rappresentato il tipo in atteggiamento di danzatore e suonatore di mandolino ; ma a me pare non si debba con troppa sicurezza attenersi pel costume a coteste incomparabili figurine, nelle quali, a osservar bene, dominan solamente due tipi : del Capitano e dello Zanni ; e talvolta l’uno invade il campo dell’altro, come, a esempio, il Fracassa che ha l’abito zannesco di Pulcinella, o di Scapino, o di Frittellino (V.
Ebbe ancora l’accortezza di scerre argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori, giacchè egli per mancanza di voce non potè rappresentare, come facevano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] Ognuno può osservare nelle aringhe de’ Greci oratori con quali forti ingiurie l’uno contro l’altro essi si scagliassero nel Pritaneo a’ tempi di Filippo, di Alessandro ed anche di Cassandro. […] Si rappresenta nelle Trachinie la morte di Ercole avvenuta per lo dono funesto di Dejanira, nella quale con tutta verità e delicatezza si vede delineato il carattere di una moglie tenera e gelosa. […] La riconoscenza molto tenera fassì con più verisimilitudine di quello che avviene nelle tragedia del predecessore, per mezzo di un anello di Agamennone. […] Tutta la stupidità o il capriccio di certi pregiudicati incurabili moderni appena basta per ingannar se stessi sul merito di questo capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora avvolta nelle fasce infantili nel tempo che si producevano simili componimenti che nulla hanno di mediocre.
Questa favola ha una tinta di farsa, ma vi si motteggia lo stile affettato romanzesco che le donne stesse prendevano nelle conversazioni. […] Varie scene ed astuzie di Scapino e di Sbrigani si trovano nelle commedie del Porta; Giorgio Dandino deriva da una novella del Boccaccio già dallo stesso Porta trasportata sulla scena. […] Nondimeno il teatro Francese conserverà sempre grata memoria di Scaramuccia e della commedia Italiana frequentata da Moliere per istudiar l’arte di rappresentar con grazia nelle situazioni ridicole. […] V. quanto ne additò il Maffei nelle Osservazioni Letterarie. […] Vedasi anche il Riccoboni nelle Osservazioni sulle commedie e sul gusto di Moliere.
Chi è quell’uccello raro di Fenicia dimorante nelle paludi chiamato Fenicottero? […] Ogni cosa turpe fra voi vietata per legge, diviene lecita e innocente nelle nostre contrade. […] Noi oggidì favelliamo con altro rispetto, e per lo più con manifesta adulazione anche de’ popoli che servono nelle monarchie o nelle aristocrazie. […] Sussisteva dunque in Grecia la commedia nuova prima di conoscersi nelle pubbliche feste? […] Vedasi il Nicodemo nelle Addizioni alla Bibliot.
XIII dell’ edizione Pasquali, dice di lui : Primo vecchio, cioè Pantalone, Andrea Cortini del Lago di Garda, il quale aveva la figura disavvantaggiosa, e non era buon parlatore ; ma gran Lazzista e ottimo per li Zanni ; poichè avea moltissima grazia, e contraffaceva assai bene i personaggi ridicoli, e soprattutto era ammirabile nelle scene di Spavento, e di agitazione.
Fratello del precedente, fu come lui artista egregio per le parti di primo amoroso, che sostenne nelle migliori compagnie del suo tempo.
Fu nelle principali Compagnie di Marta Coleoni, Dorati, Goldoni, Perotti e Fini, e il critico delle Varietà teatrali di Venezia per l’anno 1821, quando il Verzura era in Compagnia Perotti, lasciò scritto ch' egli era eccellente attore, se non maggiore, non certo ad alcun altro secondo.
Dell’arte sua e della sua vita abbiam testimonianza in un manoscritto contemporaneo di epigrammi (forse del Forti), da cui traggo i seguenti : A Majeroni Sei sopportabile nelle commedie, molto insoffribile nelle tragedie : giura non più rappresentar l’ Egisto, e chiedi a tanto ardir perdono a Cristo.
E a quel più bravo attore del Mondo, è la seguente nota : Pietro Pertici, assai noto al Mondo per l’eccellente sua abilità nelle parti buffe per musica, e presentemente bravissimo attore nelle Commedie in prosa in Firenze.
Vi manca un calore nelle passioni, un’attività progressiva nella favola, un’interciso in tutto, onde si mantenga svegliato il leggitore o l’uditorio. […] Egli né anche mostrò di sapere, che del Cresfonte di Euripide non é a noi rimasto altro che il nome, e qualche frammento, e un argomento secco nelle favole d’Igino. […] Ha maggiore invenzione, più arte di teatro, più delicatezza nel maneggio delle passioni, più forza e nobiltà nelle dipinture de’ caratteri eroici. […] Ne’ suoi personaggi si ravvisano i grand’uomini della storia, benché migliorati alla maniera di Sofocle nelle passioni ch’ei dipinge, ognuno riconosce i movimenti del proprio cuore. […] Il signor Angiolini Toscano ha prodotti in Italia, in Alemagna, e nelle Russie vari balli comici e tragici applauditi.
Toltosi dal teatro e stabilitosi a Venezia, passò gli ultimi suoi anni nelle sale dell’Accademia, e tra’monumenti, che egli riproduceva con assai gusto, realizzando in parte il sogno di tutta la sua vita.
.° 36 dello stesso giornale per la stagione di primavera al Fu Obizzi di Padova, lo dice applaudito nelle parti da tiranno, e lo esorta « a raddoppiare il suo zelo, onde coprire qualche naturale svantaggio ».
Il mistero del Re che ha da venire, l’Incarnazione e la Nascita, sono altre farse spirituali di quel tempo, nelle quali solevano intervenire or cento or settanta or cinquanta personaggi. […] Nelle Fiandre troviamo a stento quella rappresentazione muta che soleva praticarsi ne’ dì festivi nelle chiese e ne’ pubblici ingressi de’ sovrani nelle città. […] Che se l’esser primo nelle arti reca qualche gloria, e questa non può negarsi all’Italia per la serie de’ fatti narrati e finora non contraddetti da pruove istoriche, sarà il ridirlo delitto per lo storico, oltraggio pel rimanente dell’Europa?
Il mistero del Re che ha da venire, l’Incoronazione e la Nascita, sono altre farse spirituali di quel tempo, nelle quali solevano intervenirvi or cento, or settanta, or cinquanta personaggi. […] Nelle Fiandre troviamo a stento quella rappresentazione muta che solea praticarsi ne’ dì festivi nelle chiese, e ne’ pubblici ingressi de’ sovrani nelle città. […] Che se l’esser primo nelle arti reca qualche gloria, e questa non può negarsi all’Italia per la serie de’ fatti narrati e finora non contraddetti da pruove istoriche, sarà il ridirlo un delitto dello Storico, un’ oltraggio al rimanente dell’Europa?
Belloni-Lapy Luigia, moglie del precedente e figlia di Giuseppe Lapy, seguì il marito nelle sue peregrinazioni artistiche fino al 1816, anno della sua morte ; e della età sua il cinquantatreesimo.
Dice Francesco Bartoli che la Marta Bastona « intorno al 1730 maritossi con Girolamo Focari veronese, che s’impiegava seco nelle compagnie in qualità di Rammentatore.
Era la prima donna della Compagnia di tal bellezza maravigliosa, che il Laurenziis se ne invaghì, corrisposto : e provò, pare, tutti i tormenti della gelosia pel pittore napolitano Domenico Brandi, il quale, affascinato dalle rare doti di lei, riuscì a entrar, con donativi da pazzo, nelle sue grazie.
Figurasi un Uomo di buona fede, facile a lasciarsi ingannare, ed è quasi sempre nelle Commedie dell’ arte lo scopo delle furberie del Brighella, delle impertinenze dell’ Arlecchino, e della derisione degli amorosi.
Ebbe figliuoli che « allevò – dice il Bartoli – con amore, ed ai quali diede un’ onesta educazione, essendo ella molto religiosa e buonissima cristiana. » Fu, come artista, egregia nel ruolo della serva, e specialmente nelle comedie all’improvviso, in cui recitava con molto spirito e molta prontezza.
Il Bartoli lo disse egregio anche nelle parti di tragedia, e mediocremente addestrato nell’arte del canto.
Fu avuto in gran pregio da pubblico e da colleghi, e militò nelle compagnie di primissimo ordine.
Nella Gelosia per gelosia del 1770, nelle Trame zingaresche del 1772, nel Tamburo del 1773, nel Duello, nella Fuga, ne’ Tre Eugenj, nella Scuffiara &c. […] Notabili singolarmente sono i melodrammi del Zeno per la varietà de’ caratteri e degli argomenti, essendosi arricchito nelle storie greche, romane e barbare a lui famigliari. […] Qual ricchezza di filosofia e d’immaginazione e di splendidezza di decorazioni nelle Serenate Enea negli Elisj, Astrea placata, il Parnaso accusato e difeso, l’Asilo d’Amore &c.? […] E chi saprà più dare agli altrui pensieri quella naturalezza che si ammira nelle imitazioni del Metastasio? […] forse dal Regolo dell’insipido Pradon tanto screditato nelle Satire del Boileau e nell’epigramma di Racine?
Sarebbesi ciò tollerato sulle scene Ateniesi, nelle quali ebbero luogo le contese piuttosto comiche che tragiche delle Baccanti, di Jone, di Alceste; ma dalle latine tragedie in poi si sono rigettate come impertinenti. […] Colla stessa signoril maniera è cangiato in latino il Prometeo al Caucaso di Eschilo, benchè con più libera imitazione, specialmente nel descrivere che fa la situazione di Tifeo atterrato dal fulmine di Giove e sepolto sotto l’Etna, nella narrazione fatta da Prometeo de’ beneficii da lui procurati agli uomini e nelle veramente tragiche querele d’Io. Insomma il leggitore intelligente, oltre all’eleganza e alla maestà dello stile, ammirerà nelle di lui nobili imitazioni ora più ora meno libere ugual senno e buon gusto in quanto altera e in quanto annoda con nuovo ordine. Quanto al di lui Cristo, ben possiamo con sicurezza e compiacenza affermare che per sì maestosa e grave tragedia debbe in tal Cosentino raffigurarsi un Sofocle Cristiano, sì savio egli si dimostra nell’economia dell’azione, e sì grande insieme, patetico e naturale nelle dipinture de’ caratteri e degli affetti, e nello stile sì sublime. […] Non cede questa tragedia in regolarità di condotta alle migliori; e in vivacità e verità di colorito ne’ caratteri e nelle passioni, e in grandezza e sobrietà di stile va innanzi a quasi tutte le tragedie di Seneca.
E tralle commedie dette di Capa y Espada, nelle quali osserva più regolarità, e lo stile é più conveniente alla commedia, ve ne sono alcune bene avviluppate, Casa con dos Puertas, Los Empeños de un a caso, Dicha y desdicha del nombre, Primero soy yò e altre. […] Cristoforo Virues nel 1609 pubblicò cinque tragedie, la Gran Semiramis, la Cruel Casandra, Attila furioso, la Infelix Marcela, ed Elisa Dido, nelle quali, a riserba dell’ultima, non osservò regola veruna, siccome confessa il Montiano nel primo discorso sulle tragedie. […] Ne fiorì alcuno nelle intermissioni delle pubbliche turbolenze. […] Illustrò allora le scene inglesi l’eccellente attore e autore tragico e comico Tommaso Otwai, morto nel 1685, il quale spiccò più nelle tragedie, e mostrò prima d’ogni altro in teatro Catilina, e Venezia Salvata. […] Ma vi si desidera la scelta, la venustà, la decenza richiesta nelle dipinture, per cui Terenzio sovrasta a tutti i suoi posteri, l’unità di disegno nel tutto e la verità, l’esattezza, la precisione nelle parti, il motteggiar lepido e falso, pungente ed urbano, che si ammira nell’Ariosto, la grazia, la naturalezza, le pennellate maestre del Machiavelli che subito caratterizzano il ritratto; e finalmente il gusto, l’amenità, la delicatezza della satira comica di Molière.
La musica costante amica de’ versi a ancor fra selvaggi, la quale in oriente si frammischia nelle rappresentazioni senza norma fissa, ed in Atene ed in Roma avea accompagnata la poesia rappresentativa ora più canoramente come ne’ cori, ora meno come negli episodii, nelle grandi rivoluzioni dell’Europa se ne trovò disgiunta. Abbandonato il teatro alla poesia e alla rappresentazione, la musica si conservava nelle chiese, ed accompagnava la danza e i versi che ne’ caroselli solevano cantarsi su’ carri ed altre macchine a Cominciò poi a richiamarsi sulle scene in qualche passo delle sacre rappresentazioni. […] Non per tanto osserva il Baile che Giacomo Rilli nelle Notizie intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, non fa motto di questa Aretusa, tuttochè così diligente si fusse mostrato in quanto riguarda questo scrittore. […] I pedantini e gli scrittorelli oltramontani forestieri per avventura nelle lettere greche latine e toscane e ne’ giusti principii di ragionare, sogliono rimproverare all’Italia questo genere difettoso a lor parere che manda a morir gli eroi cantando e gorgheggiando a. […] calza bene nelle circostanze ove si trova?
Dipinse a maraviglia i petits-maîtres francesi divenuti ognora più ridicoli col passarne la caricatura nelle altre nazioni. […] Varie scene ed astuzie di Scapino e di Sbrigani si trovano nelle commedie del Porta. […] Palissot potè affermare nelle Memorie Letterarie che il Tartuffo non avea avuto modello in veruna nazione. […] Nondimeno il teatro francese conserverà sempre grata memoria di Scaramuccia e della Commedia Italiana dove andava Moliere a studiare l’arte di rappresentar con grazia nelle situazioni ridicole. […] V. ciò che ne additò il marchese Maffei nelle Osservazioni letterarie.
Attratto dalla vita dell’arte, abbandonò paese e impiego per entrare in non so qual compagnia, come suggeritore ; ma le seduzioni della scena lo avvinsero di modo che, lasciata la modesta buca, diventò attore, dedicandosi alle parti di padre e tiranno, nelle quali, in quella di tiranno specialmente, fu acclamatissimo.
) scrive che « altra non eravi a’suoi giorni che potesse eguagliarla in abilità nelle tante cose, che ad esprimere intraprendeva.
Passato al ruolo di secondo tiranno, fu molto applaudito nelle parti di Gomez nel Filippo e di Abner nel Saul di Alfieri, in quelle di Lisandro nell’ Aristodemo e di Ubaldo nel Galeotto Manfredi di Monti.
Poi, sposatasi al Buccellati, lo seguì nelle varie compagnie or prima attrice giovine, or prima attrice assoluta, traendo tutto il giovamento che potè dalle sue valorose maestre, Anna Pedretti e Adelaide Tessero, la quale, con Luigi Monti, ebbe sempre parole di calda ammirazione e di schietta affezione per la gentile artista, che in pochi anni, dopo di avere esordito l’ ’86 a Torino colla parte di Bérangère nell’Odette, si trovò a interpretare in Italia e fuori, e con plauso dovunque, le più forti opere del teatro moderno, quali Francillon, Moglie ideale, Casa di bambola, Trilogia di Dorina, Rozeno e altre assai.
Prese parte il 1562 alle feste fatte a Bozzolo da Vespasiano Gonzaga, nelle quali fu anche data una commedia piena di molte cose ridiculose, con scena miracolosa etc. etc. e prospettiva grande.
Era il 1824 in Compagnia Fabbrichesi, e nelle Varietà teatrali fu scritto ch’egli era decorato da più e più anni del pubblico aggradimento.
., ed ora è a Bologna assieme alla moglie), col quale, prima in società con Ettore Dondini e Giovanni Contini, poi capocomico solo, fu nelle principali città d’Italia, attrice applaudita, specialmente in repertorio di genere forte, che comprendeva le Stuarde, Antoniette, Messaline, Cleopatre, ecc. ecc.
Non volle che la moglie recitasse per non esser distratta nelle faccende di casa, ch'ella dovea fare con matematica precisione : e guai se la colazione, il pranzo o la cena subiva qualche ritardo.
E dice il Colomberti nelle sue note che la Compagnia del Lipparini, non mai primaria per celebri attori, non fu mai secondaria a nessun’altra per piacere al pubblico delle primarie città d’Italia.
Fu lungo tempo nelle Compagnie di Francesco Berti e di Pietro Rossi, poi, nel 1762, in quella di Onofrio Paganini, per tornar poi, dopo un solo anno, in quella del Rossi.
Comico egregio per le parti d’innamorato, che sostenne nelle varie Compagnie di Napoli.
Entrò poi in arte ; e non tardò ad acquistarsi le lodi di tutti i pubblici nel ruolo di amoroso e nelle Compagnie di Goldoni, Perotti e Dorati.
Fu poi primo attor giovine e brillante con Muzzi, poi con Vitaliani e Aliprandi primo brillante assoluto, nel qual ruolo si mantenne lungamente, passando in vario tempo nelle Compagnie di Coltellini e Vernier, di Sterni, Diligenti, Pietriboni.
Ma la maggior fama ella s’acquistò nelle parodie a Vaudeville, ove spiegava con una voce passabile tutte le grazie ond’era piena, specie in quella di Fedra, che fu come suggello alla sua celebrità.
Figlia dei precedenti, si diede principalmente allo studio della danza, e recitò anche parti di fanciulla nelle Fiabe di Carlo Gozzi.
Passato di Francia in Ispagna alla Corte di Filippo II, riferisce il Bartoli che non essendovi troppo bene inteso, mescolò, impratichitosi di quella lingua, alcune parole spagnuole al proprio dialetto bergamasco ; e molti ne inferirono ch’egli fosse di Bergamo, tanto più che nelle lettere facete di Cesare Rao, si trova un Lamento di Giovanni Ganassa, di lingua bergamasca ridotto nell’italiana toscana ; ma non è ben chiaro se si tratti della lingua materna di lui, o di quella, come a me par più probabile, della maschera ch’ei rappresentava. […] Muet, lieutenant du petit criminel — pubblicato dal Fournier il 1865 nelle sue Variétés historiques et littéraires, è detto in nota che il tipo del Guenesche fu creato in dispetto e a derisione degli Spagnuoli, di cui, come Pulcinella, egli esagerava il naso prominente e la mascella avanzata di Ganassa, che è appunto la parola mascella in ispagnuolo.
Fu accolto nelle migliori Compagnie, e moltissimi elogi gli tributarono il pubblico e la stampa per le lodevoli interpretazioni di opere di vario genere quali Kean, Conte Hermann, Edipo Re, Avvocato Veneziano, Tasso, ecc. ecc. […] Suppl.), amoroso della Compagnia, nelle sue appetitose « Memorie di un attore » (Milano, 1904).
Il conte, nelle cui mani è rimasta la pistola nega che Bianca abbia tentato quell’eccesso. […] Nell’osteria di Torrejoncillo vi attendo; venite subito, che i tempi correnti non permettono di aspettar molto nelle osterie. […] Egli in fatti entra di notte nelle stanze di lei con poco decoro della maestà e con rischio della fama della regina. […] Atila Furioso, non cede alle altre nelle scempiagini, e tutte le vince in atrocità. […] Allora gli Spagnuoli che mostrano già molti progressi fatti nelle scienze, e nelle arti, vedranno a tutta luce le loro forze, e le debolezze teatrali, e si volgeranno a calcare miglier sentiero.
III pag. 1317), cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia al 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studj in Salamanca, non ben soddisfatto passasse nell’Italia, e fermatosi lungamente nell’Università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’Arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca (Istor, della Chiesa tom. […] Io veggo però un altro possibile incomparabilmente più comune, e naturale, cioè, che il Nasarre ignorasse o dissimulasse la barbarie della Penisola verso il principio del XVI secolo (alla quale non mai derogheranno nè tre nè quattro scrittori che altri potesse citare), e spacciasse un fatto passato solo dentro del suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un autore spagnuolo che, usando nelle insipide sue commedié un latino barbaro e un pessimo italiano, calato fosse ad insegnare a scrivere commedie ai maestri de’ Nebrissensi e de’ Barbosi, agl’ Italiani, che, come bene osserva l’A. di questa eccellente Storia teatrale, già possedevano le comiche produzioni de’ Trissini, degli Ariosti, de’ Machiavelli, de’ Bentivogli.
Istruita nel ballo dal padre, esordì come ballerina nelle danze — dice Francesco Bartoli — delle opere musicali, in compagnia di sua sorella Caterina. […] A questo punto lascio il Bartoli per ricorrere alla fonte del Conte Carlo Gozzi, il protettore della Compagnia, che nelle sue memorie inutili molto parlò, e fors’anche troppo, della nostra artista. […] Uscita di casa per darsi all’arte, dopo di aver fatto in famiglia la serva alla madre e alle sorelle, con un sentimento di guitteria della peggiore specie, s’accorse che, pur troppo, in teatro, è sempre l’abito che fa il monaco, specialmente nelle attrici, e specialmente al cospetto del capocomico.
Da quella sera il costume di arlecchina diventò popolare nelle baracche de’ saltimbanchi, nelle parate, nelle pantomime.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img065.jpg] come primo attore assoluto nei drammi e nelle commedie con scelta di parti. […] Una versatilità prodigiosa, mercè che si accomoda ai caratteri i più opposti, una voce insinuante, ed a vicenda dolce, maschia, robusta, maneggiata nelle graduazioni con mirabile maestria ; un aspetto seducente, un portamento grazioso e nobilissimo, una tal verità nell’espressione delle passioni e nell’espansione degli affetti, fanno si che nessuno più di lui è stato padrone del cuore degli spettatori ; nessuno più di lui ha saputo, e sa agitarli, commoverli, straziarli ; ed ove avvenga che nel carattere da lui rappresentato s’incontrino scene comiche, il riso ch’ei promuove non è quello sganasciamento, a cui s’abbandona tanto facilmente e tanto volentieri la plebe per gli sconci e per le smorfie de’buffoni, ma quel riso eccitato nobilmente dalla naturalezza e dalla semplicità con cui sono espressi que’sali attici della commedia, che dilettando istruiscono : riso, che non va mai sino in obscuras humili sermone tabernas. […] (In quell’epoca i grandi artisti si degnavano di recitar nelle farse).
L’autore dotto nelle greche e latine lettere v’incastrò varii squarci di poeti antichi. […] Un poco più di filosofia gl’insegnerebbe l’arte usata da’ tragici della Grecia nelle Trojane, nelle Fenicie, negli Eraclidi, nelle Supplici, ne’ Persi, nelle quali favole essi presero un oggetto principale per iscopo collocando quasi in lontananza il rimanente o serbandolo al Coro. […] Ma niuno ignora che nelle circostanze istoriche delle persone introdotte, e de’ fatti noti e sicuri il poeta non ha la libertà di mentire grossolanamente ingannando il popolo, benchè gli si permetta qualche discreto anacronismo specialmente nelle cose remote. […] Convengono queste inutili tagliacantonate alla molle ramera Rachele dipinta in tutta la tragedia timidissima nelle avversità? […] Ruben la consiglia ad impiegare tutto l’artificio di un pianto insidioso per vincere il re; ma ella già poco spera nelle proprie lagrime.
La morbidezza non per tanto dello stile, una certa mollezza nelle espressioni non meno che nelle immagini, un ritmo facile senza che divenga soverchiamente numeroso, tutte queste cose unite ad una mischianza felice de’ suoni nell’ordine e combinazion delle sillabe sono le qualità che richieggonsi nelle poesie musicali, e sono appunto le doti che caratterizzano lo stile di Metastasio. […] Atene il perseguita ovunque, vuol ad ogni modo averlo nelle sue mani o vivo o morto, manda a bella posta un ambasciatore per chiederlo a Serse. […] Quindi dee principalmente badare al collegamento ed unità dell’azione, e alla pompa del dialogo; qualità che apportano seco maggior unione nelle scene, più d’ornamento nei discorsi, e sviluppo più circostanziato nelle cose. […] Le donne finalmente stanche di veder sempre l’amore nelle aeree regioni si compiacquero di farlo scendere, e di renderlo men filosofico. […] Qual motivo non è mai questo d’inesplicabile compiacenza per un sesso, che ritrova nelle proprie attrattive la ricompensa della sua dipendenza, e che mai non si piega a servire se non per meglio signoreggiar sul padrone?
Dotata di squisita bellezza, di prodigiosa memoria, e di singolar senso d’arte, divenne in poco tempo una delle migliori prime donne, così nelle commedie e nel dramma, come nella tragedia.
Mortogli uno zio prete assai dovizioso, lasciò il teatro, e si restituì colla moglie a Fano, dove visse nelle agiatezze, e dove morì or son molti anni senza figliuoli, lasciando un vistoso patrimonio.
Da questa passò poi nelle Compagnie Pellandi, Bianchi, Avelloni e Benferreri, nella quale ultima diventò primo attore di grido, creando pressochè tutti i protagonisti delle commedie che l’Avelloni andava scrivendo.
Giovinetta ancora, recitava parti di generica il 1853 in Compagnia Sadowski-Astolfi, nella quale s’ebbe molte lodi per la Contessa di Cerny nelle Memorie del Diavolo.
Figlia di un apparatore teatrale noto col nomignolo di Patano, cominciò come ballerina nelle opere in musica, e fu specialmente al S.
Il Meraviglia fu attore di grandissimo pregio, specialmente per le commedie Goldoniane, nelle quali, passando al ruolo di caratterista, serbò col Don Marzio, con la Locandiera, col Ventaglio, la stessa grandezza, alla quale era salito in gioventù con gl’Innamorati, le Zelinde, le Pamele, il Tasso, il Cavalier di spirito, il Cavalier di buon gusto, ecc.
Andò poi a recitar nelle Compagnie di Venezia, acclamatissima, e morì a Genova la primavera del 1761.
Traspare in Prometeo una grandezza d’animo che nelle disgrazie lo rende degno di rispetto. […] E’ questo il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il quale non iscintilla per chi non lo cura o non sa l’arte di farlo scappar fuori. […] Il dolore nella natura si abbandona a se stesso e non ha più forza, e lo stesso dee seguire nelle opere dell’arte emule di quelle della natura”. […] Non saprei però dissimulare che il terzetto preteso vi si è formato a piacere nella guisa che potrebbe formarsi, volendosi, anche nelle tragedie Inglesi o Russe, non che nelle Greche. […] Aristofane nelle Rane e il filosofo Menedemo presso Diogene Laerzio83 antepongono Eschilo agli altri due.
Potrebbero gli atti sacramentali metter capo nelle mascherate e rappresentazioni e farse introdotte nelle Chiese Spagnuole, come altrove, dalle quali vennero indi escluse da’ concilj e dagli sforzi de’ pontefici. […] Il carattere di questo Tanco fa sì che senza molto esitare si ripongano tali tragedie nelle biblioteche immaginarie. […] S’impresse, è vero, più tardi; ma il Bermudez senza dubbio l’ebbe nelle mani, giacchè l’ha copiata nella sua Nise lastimosa. […] E che altro io feci nelle note su gli auti poste nella Storia prodotta nel 1777? […] Si trova forse nelle opere del Cervantes qualche auto?
La di lui medesima incostanza nelle lodi che dà al Malara piuttosto ci conduce a ravvisare in lui uno de’ tanti Drammatografi di quel tempo, che forse si attenne al sentiero calcato da’ compatrioti. […] Quando il patetico è maneggiato egregiamente, come nelle disgrazie di Ecuba del Signor Ab. […] 110.) che io dica delle di lui Tragedie, che, a riserba dell’ultima, non osservò nelle altre regola veruna, siccome confessa il Montiano. […] Sappia in oltre il Signor Lampillas, che non tutte le regole Sceniche si racchiudono nelle sole tre unità. […] Egli però soggiugne: “Vi ha notabile disuguaglianza nelle persone.
Or che addiverrà d’una greca di ventidue, o ventitré secoli indietro, la quale passi nelle nostre contrade sì cambiate da quello che erano allora? […] Il ridicolo da lui maneggiato appartiene alla commedia bassa e alle farse; e pur serpeggiano nelle di lui favole alcune tinte veramente comiche da piacere in tutti i tempi, e degne di studiarsi. […] Si osservi come Strepsiade nell’atto IV indirizza la parola agli spettatori, e ciò fassi ancora dal coro in questa e nelle precedenti commedie. […] Era la commedia nelle di lui mani diventata una molla del governo, il baluardo della libertà, l’organo del patriotismo. […] Quello ch’é più rimarchevole nelle scempiaggini di M. de Chamfort contra di Aristofane, si é ch’esse furono nel di lui discorso approvate, coronate, e premiate dall’Accademia Francese nel 1769.
Adunque quest’ultima specie di commedia presenta tutti i vantaggi della sensibilità posta in tumulto nelle favole lagrimanti, ma ne sfugge gli eccessi lugubri, l’espressioni da coturno, il tuono di disperazione, i gran pericoli. […] Bastava solo per sua lode che s’imprimessero: la Pupilla, la Stolidità, l’Appuntamento, l’Inquieto, gli Originali, nelle quali dipinge con naturalezza i costumi. […] Vi si dipinge un malvagio pieno di spirito di cui veggonsi nelle società culte molti originali, che sotto di un esteriore polito nascondono il cuore più nero e l’empietà più raffinata. Voltaire nel Pauvre Diable poco bene affetto a Gresset pretende che nelle di lui commedie manchi azione, interesse, piacevolezza e la necessaria dipintura de’ costumi correnti. […] Clement nelle sue osservazioni critiche sul poema della Declamazione teatrale di M.
Sposò Elisabetta Quintavalle figlia di comici, da cui ebbe molti figli ; l’Antonio, già detto, Michele che, sebben giovanissimo, lasciò nel ’60 la casa paterna per correre nelle schiere di Garibaldi, Pietro impiegato, molte figlie, spose tutte a comici, e Nunzio attore brillante di pregi non comuni.
Per ragion d’interessi, avuta a patire da’ parenti alcuna ingiustizia, pensò di chieder soccorso all’arte drammatica, nella quale riuscì conducendo esso stesso una compagnia, e recitando nelle parti di innamorato.
Di principj ultra liberali (il sangue del padre, terribile e fanatico giacobino, circolava nelle sue vene), nella fatal giornata del 15 maggio 1848 a Napoli egli era su le barricate co’ due figliuoli.
Figlio di buoni e modesti artisti drammatici, fu per lungo tempo nelle provincie meridionali ; poi nell’alta Italia con Sterni e Moro Lin come primo attore.
Noto attore per le parti di caratterista che disimpegnò lodevolmente nelle Compagnie Favre, Granara, Marchionni, Medoni e altre di minor conto.
Fu il’76 e ’77 con Giacinta Pezzana, l’ 84 con Adelaide Tessero, l’89 con Ernesto Rossi, e divise il solo ’78 con sette compagnie, nelle quali tutto sommato, non arrivò ad aver di paga giornaliera cinquanta centesimi !
Sposò del ’78 la figlia maggiore dell’artista Achille Cottin, e fu comico di molti pregi ; nelle così dette macchiette ben pochi gli si accostarono.
xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
Passò da quella del Perelli nelle Compagnie di Marta Coleoni e di Maddalena Battaglia, colla quale, al S.
Ai primi tempi della sua vita artistica, egli recitò nelle commedie all’improvviso con le maschere, riuscendo attore di gran pregio : e ciò gli fu di gran soccorso più tardi nella recitazione del Bugiardo, il quale rappresentava in modo vario, ogni sera, sì da esser reputato in quella parte superiore al gran De Marini.
Apparve poi veramente come attrice il '26, in qualità di amorosa a vicenda colla Balletti Silvia, passando poscia al ruolo di servetta nelle commedie francesi.
Figlio il primo di un direttore delle Gabelle di Bologna, la seconda del rinomatissimo buffo Lipparini, s’incontrarono, recitando, nelle filodrammatiche bolognesi, si sposarono ed entrarono in arte.
Forse al Belottino poteva rimproverarsi una cotal mancanza di finezza nelle mezze tinte, mancanza derivata anche dal fisico volgare ; ma in compenso : quale esuberanza di vita ! […] Due occhietti luccicanti e vivaci da topo, un naso pronunziatissimo e delle gambe arcuate, coadiuvavano a renderlo simpaticamente risibile nelle parti giocose.
Allegra e vivace nelle scenette, sapeva rendere con molto sentimento le situazioni patetiche. […] Questa rappresentava le serve nelle commedie italiane : faceva le delizie di Parigi sopra la scena, e quelle della Società dove avevasi la fortuna d’incontrarla.
Traspare in Prometeo una grandezza di animo che nelle disgrazie lo rende degno di rispetto. Non si piega ai comandi, non si avvilisce nelle minacce, non ispande nè gemiti nè preghiere per esser liberato, non si approfitta del l’occasione per impetrar grazia e perdono. […] Tuoni, venti, fulmini, scuotimenti di terra, sepoltura improvvisa nelle viscere de’ monti, aquile divoratrici del di lui cuore, apportano terrore agli spettatori e quando vengono minacciate e quando effettivamente agitano la scena. […] Non ci fermiamo nelle minute obbiezioni del per altro erudito Robortelli fatte a questa favola che spira per tutto grandezza e nobiltà e un patetico interessante; per esempio, ch’egli è assurda cosa il trovarsi Prometeo in tutta la sua rappresentazione alla vista dell’uditorio, essere gl’interlocutori tutti numi, e cose simili. […] Il Viperani e lo Scaligero nelle loro Poetiche ne osservano la manifesta inverisimiglianza di vedervisi a un tempo stesso Agamennone ucciso e sepolto.
Una larghissima vena di comicità, che gli zampilla su dal cuore, è entrata per modo nelle sue consuetudini, che non sappiam più se in iscena reciti, o se fuor della scena discorra, tanto si fondono e confondon l’uomo e l’artista. […] Fino a qual grado ha egli esercitata la pazienza nelle discipline degli studj per fondere il comico e il drammatico in modo da far piangere e ridere il pubblico in su lo stesso punto, con una perfetta musicalità d’inflessione, con un atto, con uno sguardo ? […] Un aneddoto : egli si seccava mortalmente a recitar nelle farse. […] » Canevari capì la lezione, e se ne andò livido di rabbia ; e Novelli ottenne il suo intento : da quella sera non ebbe più parte nelle farse del secondo brillante.
A Guglielmo Pitt Francesco Algarotti [Dedica.2] Sembrerà ad alcuni assai strano che a voi, uomo immortale, che nella vostra nazione sapeste riaccendere il nativo valore, sapeste provveder per sempre alla sua difesa e la faceste in un medesimo anno trionfare nelle quattro parti del mondo, venga intitolato uno scritto che ragiona di poesia, di musica, di cose di teatro.
Per rovesci di fortuna si diede all’arte comica, e riuscì discreto attore nelle parti di amoroso in compagnie primarie.
Quivi, col mezzo di Medebach, fu ospitato Carlo Goldoni, che, sul proposito, lasciò scritto nelle sue memorie : Questa era una vecchia comica, che sotto il nome di Fravoletta aveva esercitato eccellentemente l’impiego di Cameriera, che godeva nel suo ritiro d’un’agiatezza molto aggradevole, e che ancor nell’età di 85 anni conservava alcun resto di sua bellezza, ed una lucidezza di spirito bastantemente viva ed amena.
Divenuta moglie nel 1769 di Luigi Benedetti, e vieppiù appassionatasi all’arte comica, tanto progredì che il Conte Carlo Gozzi le affidò alquante parti di protagonista in proprie commedie, altre ne scrisse a posta per lei, come nella Caduta di Donna Elvira, nella Punizione, nel Precipizio, nel Pubblico secreto, e nelle Due notti affannose.
Grazioso nei gesti e nelle parole, destò fanatismo in varie principali città, fuorchè in Venezia, dove non seppe distruggere le belle prevenzioni radicate per Antonio Sacco, il celebre Truffaldino.
Egregia nel Suicidio, come nelle Orfanelle, magnifica della persona, di volto piacente, benchè di collo un po’ corto, dalla voce e dai capelli d’oro, adorna di abiti e di gemme come una principessa, era una bella promessa di futura prima donna.
Nacque a Perugia il 1865 da Carlo, artista comico egregio per le parti amorose che sostenne nelle Compagnie della Robotti, della Ristori, e più tardi di Ernesto Rossi, dal quale fu avuto in conto di attore elegantissimo e di Pilade eccellente.
Nato a Capo d’ Istria negli ultimi del secolo scorso, fu ammaestrato nelle belle arti dal padre pittore ; ma a diciotto anni si fece comico, riuscendo in poco tempo un egregio amoroso nella Compagnia di Carlotta Marchionni.
Il D'Ancona (II, 534) riferisce alcune parole di Federico Zuccaro nel suo Passaggio per Italia con la dimora in Parma, pag. 28, riguardanti il 1605, nelle quali è detta la Compagnia di Frittellino, « la migliore forse che sia oggidì, guidata dal Capitano Rinoceronte e Frittellino, con le lor donne meravigliose, la Flavia, la Flaminia e la Rizzolina, con Arlichino e altri due, etc. etc. » Questa Rizzolina potrebbe anch'essere la Marina Antonazzoni, la quale, secondo l’articolo del Neri, avrebbe recitato ne' Gelosi le parti di serva sotto nome di Ricciolina, prima di salire al grado di prima donna sotto quello di Lavinia, a vicenda con la Roncagli.
Recitò poi a sbalzi, con intervalli più o meno lunghi, per malattia o per altro, nelle Compagnie Reinach-Talli, Gramatica-Raspantini, Pia Marchi-Maggi, Severi-Garzes-Raspantini, e finalmente Pieri-Severi, in cui si trova anche oggi (1904), per andar poi nel futuro triennio con Oreste Calabresi.
Cosi in quei primi drammi che per festeggiare sposalizi si rappresentavano nelle corti de’ principi e ne’ palagi de’ gran signori, ci entravano sontuose macchine con quanto di più mirabile ne presenta la terra e il cielo, ci entravano numerosi cori, danze di più maniere, ballo mescolato col coro; cose tutte che naturalmente le forniva la qualità medesima dell’argomento. […] Il teatro vi resta quasi sempre solitario; se già non si voglia porre nella schiera degli attori quella marmaglia di comparse che nelle nostre opere sogliono anche dentro al gabinetto accompagnare i re. […] Debbono essi intrattenimenti fare unità col dramma, essere parti integranti del tutto, come gli ornamenti nelle buone fabbriche, che non servon meno a decorarle che a sostenerle.
Recitazione, che ripeteva poi per invito della stessa direttrice e delle compagne nelle ore di ricreazione. […] E Francesco Righetti nel suo Teatro italiano, dopo di avere accennato alle invidie suscitate da lei nelle compagne d’arte, e di avere enumerati alcuni difetti di gesto e d’intonazione dovuti a mancanza di scuola, viene a concludere così : Ma io sfido tutti i delicati conoscitori dell’arte comica a dirmi in chi, dove, e quando si è veduto nella commedia italiana una donna, che con tanta grazia, con tanta decenza, e con tanta nobiltà passeggi la scena ? […] Della felicità sorprendente nelle transazioni, e nel passaggio d’un affetto all’altro, della dizione semplicissima e naturale, dell’artifizio che par tutto natura, ne abbiamo un esempio parlante nella Lusinghiera dell’avvocato Nota.
Così ogni particina piglia nelle sue mani importanza di una gran parte ; e il personaggio è rappresentato con tale verità e con tale spontaneità, che par sempre ch'ella improvvisi. […] In un momento di malinconia, o piuttosto, spero, di modestia, accennando ai giornali che le predicevano uno splendido avvenire nelle parti di forza e di sentimento, la Zanon mi scriveva : « ghe ne vorlo de più ? […] Ella rimarrà sulla breccia, a edificazione nostra, rinnovellando i trionfi di Virginia Déjazet, la più birichina e più francese di tutte le artiste francesi che a più che sessant’anni creò la parte di Figaro nelle Prime armi di Figaro, e a settantasette rappresentò ancora al Vaudeville di Parigi, La Vedova di Brienne e M.
Inoltre il rimprovero, che egli fa nelle ultime parole al padre addolorato, hanno certa asprezza ed indecenza che pregiudicano a quella tenerezza che potrebbe cagionare. […] Non pochi altri hanno nelle protasi seguito le medesime orme. […] Non mi ricordo d’avere osservato tra francesi qualche viziosa frequenza che nelle tragedie di monsieur de La Fosse. […] Intorno all’ufficio hammi offeso assai nelle tragedie di Cornelio la temerità con cui parla Placido alla moglie paterna, Dircea a Giocasta sua madre e a Edippo suo padre. […] Il Cebà siccome nelle azioni così pure nello stile ha più del comico che del tragico.
Lascio poi che manca nelle circostanze dell’azione cert’arte che l’accrediti. […] Che i Latini stessi nello Scipione di Ennio, nelle Ottavie di Mecenate e di Seneca? […] Che Belloy avea nelle prime esauriti i suoi tesori, e che non seppe idear quest’altra senza ripetersi? […] E qual parte ebbe questo Scipione della storia moderna nelle furbesche trame uscite dal capo di Belloy? […] Trovo nelle Opere Postume di Federico II che a lui sembrava affatto ridicola.
Una commedia Italiana o Francese, dopo tre o quattro lustri, con difficoltà diletta nelle scene nazionali senza notabili cangiamenti. […] Chi è quell’uccello raro di Fenicia dimorante nelle paludi chiamato Fenicottero? […] Ogni cosa turpe fra voi vietata per legge, diviene lecita e innocente nelle nostre contrade. […] Noi oggidì favelliamo con altro rispetto e per lo più con manìfesta adulazioné anche de’ popoli che servono nelle monarchie e nelle aristocrazie. […] Era nelle di lui mani la commedia diventata una molla del Governo, il baluardo della libertà, l’organo del patriotismo.
Fu dal 1860 in poi conduttore di Compagnie pregiate, di second’ordine allora, ma che sarebbero, ohimè, di primo oggi, nè solo pel valore degli artisti che le componevano, ma pel decoro nell’allestimento scenico, per l’armonia nelle voci, pel buon costume nel…. retroscena.
Anche sosteneva con plauso la maschera del Brighella nelle commedie all’ improvviso.
Il ’47 si recò a Siena a far la quaresima, nella stessa compagnia e collo stesso ruolo, al fianco della Ristori, prima attrice, e di Tommaso Salvini, amoroso ; il quale mi raccontò com’ella fosse veramente grande nelle amorosine goldoniane in genere ; e grandissima poi nella Contessa d’ Altenberg, in quella scena famosa in cui le sorge il dubbio che la madre le sia rivale, e per cui Salvini, spettatore tra le quinte, si commoveva alle lagrime.
A testimonianza del valor suo, Francesco Righetti nel secondo volume del suo Teatro italiano, dice : « Il personaggio di servetta era semispento nelle compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della commedia goldoniana. »
Figlia del precedente, nata a Bassano veneto il 1875, fu prima educata nel Collegio di Oneglia, poi, giovinetta ancora, ne uscì per seguire il padre nelle sue peregrinazioni artistiche.
Uno spirito lodevole, un’espressiva aggiustata, ed una sufficientissima intelligenza formavano i suoi meriti nell’arte del recitare. » Applaudita dovunque, fu più volte lodata con poesie, tra cui il Bartoli riferisce il seguente sonetto : Al merito impareggiabile della signora Elisabetta Ughi, prima donna, che nel Teatro delle Vigne si distingue nelle commedie e tragedie mirabilmente il carnovale 1781.
Il Morrocchesi nelle sue Memorie inedite la dice invece : instabile e prosuntuosa ; robusta e di gran voce, sì, ma non brava : piuttosto giovine, fresca e fatticcia, ma non bella.
I commedianti turchi non hanno casa fissa, ma vanno come i cinesi rappresentando nelle case, in cui son chiamati. Per un’udienza d’uomini vi son compagnie d’uomini senza veruna donna, nelle quali giovani di vago aspetto rappresentano le parti di donne; e per un’udienza femminile vi son compagnie composte di sole femmine, tralle quali alcune rappresentano da uomini.
A. e le mie pretensione no son altro che nessun tiri più di me, leuato la spagniola, e quelli di 3 quarti stieno nel suo posto che se gli altri di Compagnia, toltone la mia casa, glie la uoran dare, l’hauro caro anzi p no pregiudicargli faro in aparenza constare, enziandio in scritto, co i compagni che anchio son della medesima volonta di dargli le doi parte ona cbe in sostanza io no resti defraudata nelle parte della mia casa, son pouera giouane, son stata tanti mesi senza recitare, hauto malatie altre prigionie de parenti, famiglia assai, e lite si che puole ognuno considerare come sto. […] za a compiacersi di concorrere nelle mie sodisfattioni, che di già mi persuado, che questi incontrerà nè suoi occorrenti l’assistenza delle gratie dell’ E.
Passò, dopo un anno, con Regoli e Cappelli, poi con Cuneo e Villa, assumendo il ruolo di generico primario, che serbò successivamente nelle Compagnie Lollio, Alessandro Salvini, e Serafini, recitando in quest’ultima a fianco di Ernesto Rossi e Tommaso Salvini, recatisi in vario tempo a trapelar la Compagnia.
Ella è una comica da poter farsi onore, e se nelle Tragedie imparasse meglio a gestire, assai più sarebbe stimabile.
Il Palamidessi non fu artista di grande levatura, ma attore castigatissimo, anche nelle bizzarrie comico-musicali, e in quella stessa farsa in cui rappresentava mirabilmente una marionetta, un cantastorie e un poeta, e che replicava sino a venti sere di fila ; e però fu sempre desideratissimo da' capocomici, tra' quali il Morelli.
Fu con tale ruolo socio di varj nelle imprese, finchè, impinguatosi alquanto, passò a quello di caratterista, scritturato nella Compagnia Bianchi e Paganini.
Il Goldoni, a proposito dell’arte sua, dice che eccettuata qualche caricatura sosteneva benissimo l’impiego di Cameriera ; ma, avverte saviamente il Löhner, egli la « giudica un po'severamente, forse perchè era cresciuta nelle tradizioni un poco sgangherate delle farse “à Canevas” d’allora. » Sposò il 9 gennajo 1739 in prime nozze il bravo dottore Rodrigo Lombardi (V.), dal quale s’ebbe più figli, tra cui Benedetto e Rosa, di cui è parola al nome di Lombardi ; e dieci anni dopo Atanasio Zanoni, celebratissimo brighella, da cui si ebbe due figli, Teresa e Idelfonso (V.).
Un poco più di filosofia gl’ insegnerebbe l’arte usata da’ tragici della Grecia nelle Trojane, nelle Fenicie, negli Eraclidi, nelle Supplici, ne’ Persi, nelle quali favole essi presero un oggetto principale per iscopo collocando quasi in lontananza il rimanente o serbandolo ad un coro. […] Ma niuno ignora che nelle circostanze istoriche delle persone introdotte e de’ fatti noti e sicuri il poeta non ha la libertà di mentire grossolanamente ingannando il popolo, benchè gli si permetta qualche discreto anacronismo. […] Ruben la consiglia ad impiegare tutto l’artificio di un pianto insidioso per vincere il re; ma ella già poco spera nelle proprie lagrime. […] Colomès ha seguita l’Inès del La Motte nelle principali situazioni e nello scioglimento, benchè non lasci nobilmente di rendere giustizia alla bella produzione del Cesareo Poeta. […] Egli nè anche ha tralasciati i componimenti gesuitici fatti rappresentare nelle loro scuole, Filottete, Gionata, Giuseppe, Sancio d’ Abarca.
Il mondo ideale che si contempla nelle proprie case e ne’ collegj, è lo stesso che ci si presenta quando da questi usciamo? […] Non iscorgete voi (egli disse) ch’egli scrive alla distesa con certo gergone apparato nelle vie, nelle botteghe e per le magioni da’ perlari ds’ popoli senza alcun studio ne’ libri? […] Al che stringendomi nelle spalle mi acqueterò col volgar motto Spagnuolo: nadie tiene mas opinion de la que le quieren dar . […] Ho poi troppe volte mostrato nelle Vicende della Coliure delle Sicilie che l’esgesuita Bettinelli nel Risorgimento ha dato spessissime pruove di non aver compresi gli autori, e spessissime di non avergli letti .
Copiose ricerche intorno al teatro materiale degli antichi trovansi sparse nelle opere degli eruditi150. […] Passato lo spettacolo tragico in Atene a’ tempi di Frinico e de’ suoi coetanei si eresse estemporaneamente nelle gran piazze un tavolato con scene formate dagli alberi; nè si pensò a migliorarle se non dopo che in tempo del tragico Pratina quelle mal accozzate tavole cedendo al peso, forse con danno degli attori e degli spettatori, convenne innalzare un edifizio più solido. […] L’attore Cefisonte che recitava nelle di lui tragedie, era rispettato in Atene, e sommamente caro allo stesso gran tragico, ne’ cui drammi correva romore di avere anche lavorato alcun poco come scrittore. […] Aristodemo ambasciadore al re Filippo, e Neottolemo tanto da questo principe favorito, erano poeti ed attori sommamente stimati in Atene, i quali mirabilmente influivano nelle politiche deliberazioni, e attraversarono le mire di Demostene. […] Di essi abbiamo più distintamente favellato nelle Vivende della Coltura delle Sic.
Fu in varie compagnie, encomiatissimo sempre, e specialmente nelle commedie goldoniane ; si meritò l’amicizia di Gustavo Modena, il quale invitato a recarsi or a Torino, or a Cuneo, or a Genova a recitarvi con la Compagnia di Cesare Asti che faceva magri affari e di cui il Bottazzi era ottimo ornamento, gli scrisse parecchie lettere che son pubblicate nel volume Politicae Arte.
Fu poi con Marchesini e Barbetti, poi, primo amoroso con Giuseppe Carrara, continuando in quel ruolo per alcun tempo e con molta lode, nelle Compagnie di Francesco Gagliardi e di Ferdinando Sciultz.
Bolognese, comico eccellente per le parti di Dottore, nelle quali e per la intelligenza e per la vivacità non ebbe chi gli stesse a fronte.
Queste cose pervenute nelle mani di Demone fanno ch’ei riconosca Palestra per la perduta sua figliuola. […] Entrano nelle case rispettive dove sono stati mandati. […] I vecchi cadono nelle debolezze che riprendevano ne’ figliuoli. […] Questa è la favola mentovata nelle Bacchidi. […] Di siffatte commedie, nelle quali i buoni diventano migli ori, se ne inventano ben poche dai poeti di oggidì”.
Gli attori hanno necessariamente da starsi al di là della imboccatura del teatro, dentro alle scene, lungi dall’occhio dello spettatore; e hanno da far parte anch’essi del dolce inganno a cui nelle sceniche rappresentazioni ordinato è ogni cosa. […] Dovrà la voce del cantore, posto quasi nella bocca della campana del teatro, fare gli stessi effetti nelle interne parti di essa? […] Tanto è vero che nelle arti, dopo i primi lunghi rigiri, tornar conviene a ciò che vi ha di più semplice. […] L’architettura che, ad ornare come si conviene l’interno del teatro, si ha da pigliare per modello, è una maniera di grottesco, come se ne vede nelle antiche pitture, ed anche una maniera di gotico il quale ha col grottesco un’assai stretta parentela; se già da una tal voce non verranno ad esser offesi gli orecchi moderni.
Anzi da Ateneo vien biasimato di aver il primo introdotto con mal esempio le persone degli ubbriachi nella tragedia, e da Aristofane nelle Rane atto V, sc. 1, fu condannato di frase asaphis non intelligibile per bocca di Euripide. […] Ei segnalossi non pure col suo bell’ ingegno nelle Tragedie, ma col suo gran cuore da Capitano in compagnia di Pericle nella guerra, che gli Ateniesi fecero contro quelli di Samo nel terzo o quarto anno dell’olimpiade LXXXIV. […] Rollin dicono, Euripide dovette morire il secondo anno dell’olimpiade XCII, e non nella XCIII; perciocchè Aristofane nelle sue Rane, le quali furono certamente rappresentate nell’olimpiade XCII, parla di Euripide come di un uomo ch’ era già morto; e Sofocle, per quanto ci assicurano parecchi autori, sopravisse di sei anni ad Euripide, e morì nonagenario nel quarto anno dell’ Olimpiade XCIII. […] Tullio, e più da ciò che il nostro Signorelli osserva nelle commedie di Aristofane, si scorge chiaramente che S.
L’Arisi fu valentissimo non solo nelle commedie scritte, ma in quelle anche improvvise.
Sostituita la Fumagalli, quant’altre mai valorosa, non ne fece rimpianger l’assenza, sia con la elettezza dei modi nelle parti aristocratiche, sia con la vivacità della dizione in quelle popolari, sia, e in quelle e in queste, colla giustezza della intonazione e la verità della concezione.
Fu il ’91 con Drago, il ’92 con Pietriboni, e ’l 93 con Angelo Diligenti, col quale cominciò ad assumere il ruolo di primo attore assoluto che conservò poi degnamente sino a oggi, passando da una Società con Belli-Blanes e Parrini, nelle compagnie Boetti Valvassura prima e Marchi e soci dopo, per passar poi in quella di Emanuel.
Duse-Maggi Alceste, torinese, fu moglie di Giorgio Duse, e attrice di gran nome per le parti di prima donna dialettali e italiane, comiche e drammatiche, destando il più schietto entusiasmo nelle commedie La Figlia del reggimento, La bona Mare, La Puta onorata, La bona Muggier, Il Campielo, La casa nova, e in altre più del repertorio goldoniano, in cui non ebbe chi le stesse a fronte, di tra le quali, ogni tanto, faceva capolino anche il drammone, come la Suor Teresa, o L’Indovina ebrea, che ella recitava se non con ugual maestria, certo con successo uguale.
Figlia di Giacomo Glech, attore modesto e pregiato nelle parti di padre e tiranno, e di generico primario che sostenne in compagnie principali come di Astolfi (1851), di Robotti e Vestri (’53), e della Ristori (’55), con cui stette venticinque anni.
Ma sì per voluto sbilancio nelle finanze, sì per la niuna compatibilità dei caratteri, ella domandò e ottenne giuridicamente una separazione di corpo e di beni.
Attore pregiato nelle parti di Coviello, e più pregiato Impresario del Principe elettorale di Sassonia Giovanni Giorgio III, ch'egli aveva accompagnato nel suo viaggio in Olanda, nacque il 1600.
Fu buona prima attrice giovane al fianco di suo marito, poi, con lui capocomico, buona prima attrice, specie nelle più strampalate pochades, che sono il fondamento del suo repertorio.
.), ed entrò, con lei seconda donna, nelle Compagnie di Luigi Pezzana, di Alessandro Salvini ; poi (lontano dalla moglie, rimasta in Italia), di Adelaide Ristori per un giro all’estero.
Passò poi nelle Compagnie Dondini, Romagnoli, Sorelle Vestri, Cuniberti, Coltellini, fino all’anno '78, in cui diventò il primo attore assoluto di Adelaide Ristori, colla quale fu in Ispagna e in Portogallo.
Sul valore artistico di lui il Colomberti lasciò scritta questa noterella : « Egli emergeva principalmente nelle parti in dialetto veneto.
Lodevole fu il disegno dell’autore di esporre sulla scena alla pubblica derisione la ridicola vanità degli artigiani, i quali abbandonando il proprio mestiere sorgente della loro opulenza, sacrificano tutto per parer nobili, ed o si coprono di ridicolo, o cadono nelle ultime bassezze, e giungono anche ai delitti. […] La dipintura di un giovane educato con moine e carezze senza verun freno da una madre debole e compiacente, e cresciuto senza virtù e abbandonato alla leggerezza e al libertinaggio, dovè interessare pel vivo ritratto degli effeminati sbalorditi originali, i quali abbondano nelle società culte e numerose. […] Queste due commedie bene scritte di un vivace poeta pieno di valore e di senno; le quali secondate potevano formare una fortunata rivoluzione nelle scene ispane, incontrarono i soliti ostacoli de i commedianti di Madrid. […] I Tramezzi che oggi nelle Spagne si rappresentano nell’intervallo degli atti delle commedie, non sono più gli antichi entremeses buffoneschi di tre o quattro personaggi che recitavansi per lo più dopo l’atto I. […] In prima perchè non si avvisarono d’apprendere l’arte di scegliere i tratti nelle società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive.
Quanto più siamo persuasi della sagacità dell’ingegno spagnuolo nel trovar nelle cose il ridicolo, come altresì dell’eccellenza della ricchissima lingua di tal nazione che si presta con grazia e lindura alle festive dipinture de’ costumi, tanto maggior maraviglia ci reca il veder in quelle contrade sì negletta la buona commedia in questo secolo, in cui anco nel settentrione vanno sorgendo buoni imitatori di Terenzio, Machiavelli, Wycherley e Moliere. […] Queste due commedie bene scritte di un giovane poeta pieno di valore e di senno, le quali secondate potrebbero formare una fortunata rivoluzione nelle scene ispane, non si sono accettate da’ commedianti di Madrid. […] S’intitolano el Señorito Mimado, ossia la Mala Educacion, e la Señorita Mal-criada, impresse nelle opere dell’ autore, e poi separatamente nel 1788, argomenti felicemente scelti per instruire e dilettare. […] La dipintura di un giovane educato con moine e carezze senza verun freno da una madre debole e compiacente, e cresciuto senza virtù e abbandonato alla leggerezza e al libertinaggio, dovè interessare per gli effemminati sbalorditi originali di tal dipintura, i quali abbondano nelle società culte e numerose. […] Si lodano due commedie di questi tempi los Menestrales, e las Bodas de Camacho; ma avendo mandato a chiederle a Madrid, nè essendoci ancor giunte, non possiamo darle a conoscere nelle nostre contrade.
Introduzione [Intro.1] Di tutti i modi che, per creare nelle anime gentili il diletto, furono immaginati dall’uomo, forse il più ingegnoso e compito si è l’opera in musica. […] Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa.
Giorgio Bucanano compose il Jefte ed il Batista impresse in Londra l’anno 1628, nelle quali sostenne i personaggi principali con molta dignità nel Collegio di Guyenne il celebre Michele Montagna. […] Così l’opera italiana e la commedia francese furono i soli spettacoli ammessi nelle corti de’ principi Alemanni.
Giorgio Bucanano compose il Jefte ed il Batista impresse in Londra nell’officina Elzeviriana l’anno 1628, nelle quali sostenne i personaggi principali con molta dignità nel collegio di Guyenne il celebre Michele Montagna. […] Così l’opera italiana e la commedia francese furono i soli spettacoli ammessi nelle corti de’ principi Alemanni.
Ecco le parole del Brofferio al proposito di un suo lavoro giovanile, La saviezza umana : …… Bazzi ponea mano alla rappresentazione ; e allora la commedia era sua, allora con uno zelo, con un amore, con una intelligenza che non era in altri che in lui, metteva tutto in movimento, e l’autore vedeva sotto i suoi occhi trasformarsi quasi per incantesimo il proprio lavoro, e i suoi pensieri si animavano, il suo dialogo si vestiva di arcane significazioni, le sue scene si succedevano cosi naturalmente che era una maraviglia, e i suoi personaggi si sentivano trasfuso nelle vene tanto sangue che il medico avrebbe perduto il suo tempo. […] Dimostrasi adunque ad evidenza la necessità della più accurata analisi e dello scrutinio del cuore umano, nelle ascose latebre del quale deve aggirarsi con sicurezza colui che aspira a meritare il titolo di artista drammatico.
Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita. […] ), e si fa menzione nelle Memorie degl’Intagliatori.
Il conte, nelle cui mani è rimasta la pistola, nega che Bianca abbia tentato quell’eccesso. […] Egli in fatti entra di notte nelle di lei stanze con poco decoro della maestà e con rischio della fama della regina. […] Una novella di Cervantes diede l’ argomento a questa favola, che ha somma grazia in castigliano, e perde nelle traduzioni. […] Allora gli Spagnuoli che mostrano già tanti progressi fatti nelle scienze e nelle arti, vedranno a tutta luce le loro forze e le loro debolezze teatrali, e si volgeranno a calcare miglior sentiero. […] Anche quì si è sostituito un solo verso ad un finale istrionico solito a porsi nelle relaciones.
La sua tragedia di Tommaso Overbury fu da lui composta nelle taverne e per le strade nella maggiore indigenza. […] Si spende nelle voci prodigamente, e ben poco nelle decorazioni e ne’ balli. […] Simili riflessioni diffuse per la nazione, mentre i seguaci di Gottsched ne seminavano delle opposte, fecero nascere in Germania due spezie di partiti tra’ coltivatori della poesia drammatica, gl’imitatori di Corneille e Racine scrupolosi osservatori della regolarità, e quelli di Shakespear e Otwai sino ne’ difetti e nelle mostruosità. […] Francesco Pizarro Piccolomini; perché il Paolino, goffa produzione di un ignorante stravolto, intitolata Tragedia Nuova alla moda Francese, e stampata nel 1740 con indignazione di que’ pochissimi ch’ebbero la disgrazia d’averla nelle mani, merita solo di esser ricordata per un esempio della pazzia. […] Egli ha pur flagellati meritamente gli abati impostori letterari e civili, i quali non mancano di esercitar nelle città grandi l’impiego di serventi ridicoli, di pacieri, di spioni, di bari, e. di commettimale.
Shakespear istudiò la natura, e pure nelle sue espressioni non di rado la perde di vista. […] Inglese era Dryden, erudito e poeta drammatico, e pure nella dedicatoria della tragedia Troilus and Cressida afferma ingenuamente che nelle composizioni scritte da Shakespear nel secolo XVI scorretta era la frase, sregolata la dicitura, oscura ed affettata l’espressione ; aggiugendo che al principio del secolo susseguente quel padre del teatro inglese pensò a ripulire il linguaggio nelle ultime sue fatiche, e a levare alquanto di quella ruggine, di cui troppo erano imbrattate le prime . […] Per umiltà avrà egli voluto occultarci i progressi da lui fatti nelle matematiche, ragionando a bella posta così incongruamente, e con frequenti contraddizioni; e per la stessa umiltà avrà voluto fingersi poco o nulla istruito della letteratura straniera, e di quella della propria nazione. […] Nel medesimo secolo XVI fiorì il cavalier Fulck Grevil Brooke chiaro nelle armi, e nelle lettere, che fu l’intimo amico di Sidney favorito della regina Elisabetta. Grevil compose due tragedie Alaham e Mustapha, nelle quali introdusse il coro alla maniera greca.
Così i maestri musici si avvezzarono a trascurar il tutto per trarre partito unicamente da quelle strofe, nelle quali spessissimo (per una o due volte che vi si trovi fondato il punto interessante della passione) l’azione prende una spezie di riposo, e l’affetto é rimpiazzato da un sentimento espresso con eleganza intempestiva. […] Se di ciò e di altro fossero informati certi critici francesi, non disprezzerebbero al certo nelle materie filosofiche l’Italia, sempre madre feconda delle scienze e delle belle arti, e non si darebbero a credere che il loro paese sia il solo depositario de i gran lumi della ragione e della bella luce della verità. […] Per altro soggiugnerò qui, che quando si voglia coll’occhio della mente scorrer l’istoria letteraria di tutte le più culte nazioni antiche e moderne, vedrassi chiaramente che il Secolo filosofico é venuto sempre dopo il secolo illustre degl’inventivi, signorili ed elevati ingegni, degli uomini in ogni professione valorosi, e ch’egli é dato sempre secolo di scadimento fin’anco nelle scienze, non che fatale all’eloquenza, alla poesia, e all’arti tutte, figlie dell’immaginazione, a cui la filosofia va di continuo tarpando le ali.
Lasciando da parte il non rinvenirsi di esse indizio veruno nelle di lui opere, i critici più accurati sospettano fortemente che esse sieno opere supposte al Petrarca, come fece prima di ogni altro l’abate Mehus, il quale recò un saggio dello stile di esse molto lontano da quello del Petrarcaa. […] Vien mentovata da Giovanni Villani e da Scipione Ammirato nelle loro Storie, dal pittore Giorgio Vasari nella vita di Bufalmacco, e dal Cionacci nelle osservazioni sopra le Rime sacre di Lorenzo Medici.
Lasciando da parte il non rinvenirsi di esse indizio veruno nelle di lui opere, i critici più accurati sospettano fortemente che esse sieno opere supposte al Petrarca, come fece prima d’ogni altro l’Ab. […] Vien mentovata da Giovanni Villani e da Scipione Ammirato nelle loro storie, dal pittore Giorgio Vasari nella Vita di Bufalmacco, e dal Cionacci nelle Osservazioni sopra le Rime sacre di Lorenzo Medici.
Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice : Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani. […] mo Dalla compitissima Sua sento le glorie fracesi, che già comincio a vedere che la fortuna, a cura ma questo poco m’importa, sono gl’otto scudi delle botte che mi danno fastidio, La pregho andare dal Signor Giuseppe Priori, cassiero del Monte, e dirli che mi fauorisca auuisarmi per qual causa non ha pagato una mia polizza d’una doppia dicendo non auer denari de miei, e farsi dare una notarella del nostro, conto, perche mi pare che tenghi assai più nelle mani, se pure a riscosso li denari dal Ebreo Rossi al quale uendei il Vino, auendo il suddetto Signor Priori acettato di riceuer lui il mio credito e darmene credito, che in tal caso corre la somma per conto suo, che per altro, io non avrei dato il Vino, oltre di che di Conto Vecchio ui è qualche bagatella senza questi che lo pregho prenderne Nota distinta accio possa regolarmi, e ne do carico a V. […] S. occupato nelle fatiche, ora ueniamo a noi.
Il mondo ideale che si contempla nelle proprie case e ne’ collegii, è lo stesso che ci si presenta quando ne usciamo? […] Non iscorgete voi (disse) ch’egli scrive alla distesa con certo gergone apparato nelle vie, nelle botteghe e per le magioni da’ parlari de’ popoli senza alcun studio ne’ libri? […] Al che stringendomi nelle spalle mi acqueterò col volgar motto Spagnuolo: nadie tiene mas opinion de la que le quieren dar. […] Ho poi troppe volte mostrato nelle Vicende della Coltura delle Sicilie che il Sig.
Concediamo licenza in uirtù della presente a Simone Basilea, hebreo, che con la sua sola uoce suole rapresentar comedie di molti personaggi, di poter, a nostro bene placito, però andar et stare in qualsivoglia città et luoghi dei nostri Stati et recitar comedie senza portar segno alcuno al capello o in altri luoghi come fanno gli altri ebrei eccetto che in Mantoua doue uogliamo che porti il solito segno, comandando perciò espressamente a tutti li ministri ufficiali et Datiari nostri non gli debbano dar molestia alcuna per tal conto ne fargli pagar datii per li suoi panni da dosso ne per quelli che adopera nelle comedie.
Del figlio Antonio dice il Casanova nelle memorie che era il preferito Arlecchino della Principessa Elettorale di Sassonia (Regina di Polonia) e che fu poi il conduttore dei Sassoni che viaggiaron l’Italia.
La figura, se bene elegante nelle sue piccole proporzioni, non le consentì di abbracciare i grandi ruoli, ma alla deficienza della figura supplì sempre una intuizione artistica vivissima, uno slancio senza uguali, una vena inesauribile di comicità.
Esercitatosi co’filodrammatici della città natale, passò a recitar sui pubblici teatri, sostenendovi la parte d’innamorato, in cui riuscì, nelle commedie premeditate e all’improvviso, sufficientemente.
Majani Giuseppe, figlio del precedente, e più noto in arte col diminutivo di Majanino, sostituì il padre, vecchio, nelle parti di primo innamorato, in cui riuscì a perfezione per la eleganza della persona, la pieghevolezza della voce, la facilità della memoria.
Recitò alcun tempo da amorosa, applauditissima, specie nelle parti d’affetto, poi fu assunta al grado di prima donna assoluta.
Recitava di rado ; ma nelle sere in cui recitava, era un avvenimento artistico.
Augusto Ruggeri, insegnante letteratura italiana nei Licei e nelle Scuole Normali del Regno, e da Corinna Casazza.
La protezione del fratello del Marchese Palmieri, che più d’ogni altro cavaliere frequentava la sua casa, ajutando lei e la madre senza interesse alcuno, nelle necessità in cui le trovò involte, per la mancanza delli alimenti, inasprì a segno il Desiderij, da farlo sparlar della Torri con moltissimo danno alla sua riputazione.
Di faccia espressiva, di voce bellissima, fu anche attore egregio nelle parti di tragedia, sebbene pel fisico alcun po'deficiente, era piccolo di statura, non gli si attagliassero troppo. […] Nel '43 in Compagnia Bon e Berlaffa appare su la scena con la veste e il dialetto di Pasquino nelle Donne curiose di Goldoni ; dopo pochi mesi vince la prova con Gustavo Modena, recitando il racconto di Egisto nella Merope di Alfieri ; e gli sono affidate tutte le parti di primo attore giovine. […] Come sul suo petto non brillò quasi mai una delle tante decorazioni, pur da lui possedute, che coprivano nelle officialità il petto dell’altro, così, all’opposto dell’altro, egli fu in ogni tempo e in ogni dove sprezzatore del più piccol mezzo che procacciandogli successo, gliel venisse intimamente attenuando. […] Quando un artista a quasi sessant’anni affronta per la prima volta il personaggio di Coriolano, e a oltre sessanta quello di Jago, e a settanta infonde lo spirito a nuovi personaggi con la sua bocca forte, e a settantacinque pensa attraversar l’oceano per sostener le fatiche dell’artista in ben trenta rappresentazioni e nelle più importanti opere del suo repertorio, noi siamo certi di poter chiedere alla sua fibra titanica una nuova e gagliarda manifestazione del genio nel giorno primo di gennajo del 1909 : solennissimo giorno, nel quale il vecchio e il nuovo mondo si uniranno in un amplesso fraterno di arte a dargli gloria.
Abbiamo di lui un aneddoto nelle « Memorie inutili » del Conte Carlo Gozzi (vol.
Gli fu assegnata la parte di Don Adone nelle Droghe d’Amore di esso Gozzi, rappresentate al Teatro S.
La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
Scrive di lui il Costetti : Attore di gran prestanza, dotato di voce squillante e armoniosa e di un temperamento artistico d’ assai vigore….. riusciva ammirevole negli impeti della tragedia, e nelle passioni del dramma….
Fatti gli studi liceali in patria, fu prima soldato nelle truppe regolari, poi garibaldino, e prese parte alla campagna del '66.
Fratello della precedente, nato a Corfù il 20 ottobre 1837, fu attore assai pregiato nelle parti di caratterista promiscuo, sia per la interpretazione sapiente dei personaggi, e per la verità della dizione, non impeccabile pur troppo per un naturale difetto di pronunzia, che le fece parer vecchio assai prima del tempo.
«L’empia maga adopera anch’ella una specie di canto nelle misteriose parole che borbotta fra se. […] La timida pernice, l’incauto tordo e il francolino che fugge lo sguardo degli uomini, inciampano frattanto negli agguati ch’egli ha teso loro nelle ascose reti. […] [22] Ma da un complesso di ragioni indirette cavate dai fatti si diduce che i Greci mostraron nell’uso che facevano della musica vocale e strumentale la medesima profondità di riflessione che nelle altre cose. […] Il madrigale, che prima era in uso nelle musiche di camera, giace oggidì inoperoso fra le raccolte dei rimatori. […] Discorso a Giulio Caccini sopra la musica antica, e il parlar bene inserito nelle Opere di Giambattista Doni, t. 2.
Contuttociò egli seppe, sempre che gli piacque, scherzare e dipinger con grazia senza cadere nelle troppo sceniche buffonerie. […] quella vezzosa urbanità nel motteggiare, quella delicatezza e matronal decenza che trionfa nelle dipinture ch’egli fa de’ costumi? […] Aulo Gellio anche dimostra, che Cecilio avea deteriorati nelle sue favole molti pasti originali di Menandro. […] L’Autor Latino inoltra lo stato compassionevole della Regina, e la fa cader tramortita nelle braccia d’Ippolito. […] Le succede una nutrice che si querela delle vicende che accadono nelle regie.
Imperocchè io pensava che i Poemi Comici si dovessero esaminare dall’arte, dal colorito, dal piacevole, e dallo stile, e circa l’oscenità di alcuno di essi bastasse accennarla, come ho fatto io, ad esempio del dottissimo Brumoy che così trattò nelle Commedie di Aristofane, e come fece D. Blàs de Nasarre nelle Commedie oscene di Castillejo. […] Ma poi (sia ciò detto con pace del Signor Lampillas) non è punto vero, che nelle Commedie di Ariosto s’insegni il corrotto costume. […] Infine era il Signorelli persuaso, che, quando anche nelle Commedie dell’impareggiabile Poeta Ariosto vi fossero alcune cose non totalmente decenti, esse non potessero esser mai tante, quante se ne leggono nelle Commedie Latine, a cagione de’ caratteri che vi s’introducevano, e non pertanto da quasi diciotto secoli l’Europa Cristiana legge, studia, comenta, traduce, ammira Plauto e Terenzio, e se ne raccomanda la lettura alla gioventù.
Come mai l’Andreini che nelle Bravure del Capitano Spavento enumera tutti i componenti quella gran Compagnia, non fa cenno di lui ? […] L'inverno del 1601 va a Parigi, poi forse, richiestane la Compagnia (degli Accesi) al Duca di Mantova da Maria di Boussu, dama della Corte di Bruxelles, nelle Fiandre e in Brabante. […] Andreini poi spiega il perchè della pubblicazion delle Favole in Scenarj piuttostochè in disteso, nella prefazione di esse : Avrebbe potuto il detto signor Flavio (perchè a ciò fare era idoneo) distender le opere sue, e scriverle da verbo a verbo come s’usa di fare ; ma perchè oggidì non si vede altro che comedie stampate con modi diversi di dire, e molto strepitosi nelle buone regole, ha voluto con questa sua nuova invenzione metter fuora le sue comedie solamente con lo Scenario, lasciando ai bellissimi ingegni (nati solo all’ eccellenza del dire) il farvi sopra le parole, quando però non sdegnino d’onorar le sue fatiche da lui composte non ad altro fine che per dilettare solamente, lasciando il dilettare e il giovare insieme, come ricerca la poesia, a spiriti rari e pellegrini. […] Davari, nelle quali Don Giovanni De' Medici si oppone strenuamente a che alcuni de'suoi comici Confidenti (Mezzettino Onorati e Scapino Gabbrielli, e primo lo Scala), passino a richiesta di Lelio e di Florinda, a far parte della Compagnia che il Duca di Mantova vorrebbe inviare in Francia. […] S. che saprà con la conveniente circuspezione et riverenza ritenere alquanto con dolcezza, certi impeti vivaci, soliti a regnare nelle menti de gran Principi, che dai buoni ser.
Ma egli si fa distinguere per l’umanità, pel patetico, per la libertà che regna nelle sue tragedie. […] Lascio poi che manca nelle circostanze dell’azione cert’arte che l’accrediti. […] Che i Latini stessi nella tragedia Scipione di Ennio, nelle Ottavie di Mecenate e di Seneca? […] Che Belloy aveva nelle prime favole esauriti i suoi tesori, e che non seppe idear quest’altra senza ripetersi? […] E qual parte ebbe questo Scipione della storia moderna nelle furbesche trame uscite dal capo del Belloy?
Attore intelligente e di modi elettissimi, potè in breve assumere il ruolo di primo brillante assoluto in Compagnia di Alessandro Monti : ruolo che mantenne poi sempre con molto decoro nelle varie Compagnie in cui fu scritturato, e in quella specialmente di Ciotti, Lavaggi e Marchi, coi quali divideva ogni sera le simpatie del pubblico.
Fu attore di molto pregio per le parti di primo innamorato così nelle commedie scritte, come in quelle a soggetto.
Fu specialmente egregio nelle commedie del Goldoni, del Nota, del Giraud.
Forse invece di una vera e propria compagnia del Ricci, si trattava di compagnie scritturate, nelle quali poi egli aveva libertà di azione ?
me auertendo m’intendo di non darli cosa alcuna, se non quando si farrano Comedie e che per sua sicureza della sodisfaccione, tutto il danaro, che si esigierà uada nelle sue mani : La Compagnia, che faremo sij durante la mia uita, o uinti anni che in questo mi rimetto nella benignita delle Signorie loro Ill.
Di lui è detto nelle Mémoires secrets : il piccolo Veronese, figlio d’un attore italiano noto col nome di Dottore di cui ha sempre sostenuto il ruolo, ci ha dato uno spettacolo de' più curiosi.
Lontani dai parenti vecchi, da' figli adorati, spinti quasi nelle braccia della morte, in quella terra fatale che avea già tolto brutalmente all’arte Arturo Diortti, fiorente di giovinezza !
Chi ha meditato sulla natura dello spirito, non dubiterà di paradosso nelle nostre parole. […] [Sez.III.1.4.8] Né pur nelle feste, nelle allegrezze, nelle nozze, ne’ conviti, la musica greca perdea di mira il suo scopo. […] La stessa impossibilità a rendere il patetico s’incontra nelle voci troppo basse. […] Il pantomimo grottesco debbe aver luogo solo nelle opere comiche musicali. […] Non era egli tal canto per testimonianza del medesimo Crescimbeni praticato già nelle Rappresentazioni, nelle Farse, e in altri simili cose, che prima assai di quel tempo erano nell’Italia introdotte?
Laonde per adempiere a questo mio dovere, anticipando colla presente le informazioni del di lei Congiunto, le quali certamente non possono essere così sicure, come le mie, intorno a’ miei disegni, le dico, che ho scarabocchiato, può dirsi, in sul ginocchio e come la penna getta, un Ragionamento, in cui ribatto le obiezioni del precitato suo Volume, e che già è nelle mani dell’Impressore. […] A lei, nel diffondersi nelle sue lodi, piacciono le iperboli, che le suggerisce l’innamorata fantasia: a me piace quell’elogio, cui la verità, e l’Istoria è scorta e compagna. […] A lei forse piace nell’abito tenebroso e bizzarro, che tolse nelle Solitudini di Gongora: a me colle nobili e care e ricche spoglie che usava al tempo di Garcilasso de la Vega; e quel che mi rallegra si è che in ciò meco convengono tutti gli Spagnuoli illuminati de’ tre ultimi secoli.
II, pag. 21), che il Bartoli chiamaingrato contro tutti quelli, che l’hanno infinite volte nelle sue indigenze assistito. […] E per rimediare ai torti che questa eccellente attrice gli faceva, il Goldoni, anima nobile, scrisse le Baruffe chiozzotte, nelle quali madama Bresciani recitò stupendamente. …. malgrado il suo accento toscano, aveva cosi bene imparate le maniere e la pronunzia veneziana, che recava un egual piacere, tanto nelle commedie dell’ alto comico, quanto in quelle del più volgare.
Nato in Arezzo verso il 1780 da un professore di rettorica, passò gli anni del noviziato in Compagnie di poco o niun conto ; ma l’amore allo studio, la piacevolezza dell’aspetto, l’eleganza del vestire, congiunti a una certa attitudine pel teatro, lo fecero entrare nelle Compagnie migliori di Goldoni, Modena, Righetti, Fabbrichesi, Mascherpa, Perotti, come primo amoroso a vicenda, ora con Giuseppe Ruggeri, ora con Francesco Augusto Bon e Paolo Baldigara. Si vuole che, stando al fianco di Francesco Bon, artista insuperato nelle parti brillanti, s’invogliasse d’imitarlo ; e con tanto esemplare sotto gli occhi e con la costanza nello studio non mai attenuata, vi riuscisse così mirabilmente, che parve a tutti, se non uguagliare il maestro, a lui molto accostarsi. […] Spiritoso ne’ lazzi, pronto nelle risposte, lepido e faceto ; e sopra ogn’ altra cosa infinitamente studioso, acquistossi una somma riputazione, e fu tenuto in concetto d’uomo veramente negli studj fondato, e pieno di moltissime cognizioni. » Pubblicò nel 1610 a Bologna per le stampe di Vittorio Benacci due operette ; la prima intitolata : Fantastiche et ridicolose etimologie recitate in commedia da Aniello Soldano, detto Spacca Strummolo Napolitano, dedicata al Conte Ferdinando Riario, Senator bolognese ; la seconda, La Fondazione et origine, ecc. ecc., dedicata al Conte Ercole Pepoli, che consta di 13 pagine di stampa, compreso il frontespizio, la lettera dedicatoria e una breve prefazione ai lettori, riportata da Francesco Bartoli nelle sue notizie.
L’azione di lieto fine passa in Buda sul Danubio e nelle montagne del Crapac nello spazio di più di due mesi. […] E non è questa libertà osservata nelle favole spagnuole vecchie almeno di due secoli ? […] Anche questo teatro nel secolo innoltrato si abbellì e si miglforè nelle seale e ne’corridoi. […] Edificato tutto di pietra, tutto nelle ampie scale e ne’ corridoi e ne’ tre ingressi spira grandezza e magnificenza. […] Come, signori, non avete avuta nelle mani gueste favola manoscritta ?
Annunziò la recita a suo beneficio, il 2 giugno 1832, al Teatro del Giglio di Lucca, nella quale si rappresentò Il Gran Los-Rios Assassino delle Alpi, con Pasquale spaventato dai Masnadieri (Pasquale era Giuseppe Guagni) e nella quale egli sosteneva la parte del protagonista, con un programma reboante (degno dell’attore capocomico), di cui ecco una parte : Per le anime d’altissimo sentire non riescirà stravagante il fatto che si espone di quest’uomo, il quale profugo dalle terre native per un fallo d’amore, dalla malvagità attribuito ad altissimo delitto, a rifugiarsi costretto si vide nelle Alpi, ed a condurre una riprovevole vita in odio di tutta la terra e fulminato dalla celeste maledizione.
Anche alle feste degli sponsali del principe elettore Federico Augusto coll’arciduchessa Maria Giuseppa d’Austria, fu la Sala d’equitazione trasformata da Poisson in bazar, e i comici italiani furon distribuiti nelle varie baracche, parte come venditori, parte come marionette, sotto la direzione musicale del Ristori.
Il giornale del Dipartimento del Reno (Bologna, martedì, 14 aprile 1812) rendendo conto delle recite che là si tenevano dalla Compagnia Reale, così parla del Bettini : Bettini è un giovane dotato di molti pregi, e ce li ha fatti conoscere nelle rappresentazioni dei Baccanali e del Maometto in cui sostenne con molto valore le parti di Eburio e di Leid, e ne riscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere lo stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà farsi valere in ogni rappresentazione.
E continua a dire il Bartoli che « oltre al recitar bene la tragedia, ella esprimeva anche a maraviglia le parti famigliari e le affaticate nelle commedie.
Marchese Manzoli, de quali l’Altezze Vostre possono seruirsi, con tutto, che l’anno passato habbino recitato nelle due Compagnie di Mantova.
Dice di lui Francesco Bartoli che « la sua prontezza nelle risposte, la sua pantomima naturale e graziosa, e una profonda intelligenza delle commedie improvvise, furono tutti meriti, che gli acquistarono fama e riputazione. » Domenicantonio di Fiore, nato il 1711, s’era dato giovanetto alle scene.
Esordì, bambina, il 1821, nelle Risoluzioni in amore del Nota, e, cresciuta in età, diventò una pregevole generica.
ROBOTTI salutata nell’arte di roscio maestra non superba nei trionfi, nelle dovizie, nei plausi non pavida in casi avversi e malattie dolorose pronta a soccorrere i miseri, a giovare i congiunti in dio fidata lo invocando spirò l a sola amicizia fedele in vita ed in morte murò il sepolcro a custodire le ceneri di ANTONIETTA ed al suo nome il marmo incideva N. in Como a.
., nelle quali, io ben ricordo, faceva smascellar dalle risa.
Non cede questa tragedia in regolarità di condotta alle migliori; e in vivacità e verità di colorito ne’ caratteri e nelle passioni, e in grandezza e sobrietà di stile va innanzi a quasi tutte le tragedie di Seneca. […] L’autore così versato nelle greche lettere nella dedicatoria a Carlo V della sua Italia liberata, poema ricco di varie bellezze Omeriche, afferma di aver nel comporre la sua tragedia tolto Sofocle per esemplare. […] Ma per tali nei si priveranno i leggitori del piacere che recano tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie del Rucellai? […] Quattro tragedie pubblicò Antonio Cavallerino Modanese nel 1582 e 1583, delle quali parlano l’Allacci ed il Zeno nelle Annotazioni all’Eloquenza Italiana. […] Non si vedrebbero, per esempio, volentieri nelle scene odierne i nunzj, le nutrici, l’indovino alla foggia antica.
Siano, o non siano scusabili gli Stranieri, quì intanto nelle parole ririferite stà a disagio la Storia, e la Logica. […] Il suo Cid non divenne vera Tragedia se non nelle mani di Corneille; or possiamo dire con sicurezza che fosse vera Tragedia cotesta Dido y Eneas?
Questa istoria ci si presenta ad ogni passo nelle opere de’ più veridici scrittori dell’antichità, e punto non ripugna al l’ordinata serie delle umane idee, le quali vanno destandosi a proporzione che si maneggia l’arte, e che la società avanza nella coltura. […] Vatry nelle sue erudite Ricerche sul l’origine della Tragedia nel tomo XV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle-Lettere di Parigi.
» Accertato questo, rimarrebbe pur anche accertata la fama dell’Alberghini, se il marito, a entrar nelle grazie delle LL.
A me pare errato il sistema di Adolfo Bartoli di formare gli elenchi delle varie Compagnia co’ nomi, trovati nelle notizie del suo omonimo, di quei comici che a quelle date Compagnie appartennero, senza tener troppo conto delle date.
Momento passeggiero e ben rapido fu quello glorioso del capocomicato di Andrea Bianchi, il quale non finì certo la vita negli agi e nelle ricchezze.
Recatosi egli a Parigi, la Catroli abbandonò quel teatro per entrare in compagnie nomadi, nelle quali seppe mantenersi in quel grado di riputazione che aveva acquistato coll’arte sua, accompagnata alle grazie della persona.
E tanto di consigli e di ammaestramenti la soccorse che in capo a due anni ella diventò una delle più acclamate prime amorose così nelle commedie scritte come in quelle all’improvviso.
Il Campardon dopo di aver detto ch’ella non fu mai in Francia, aggiunge che alla fine del secolo xvii e al principio del xviii, dirigeva una compagnia di comici che davan rappresentazioni nelle principali città d’Italia ; volendo forse alludere a quella Diana (V.) citata dal Bartoli, l’amante di Silvio che dal di lei nome fu detto Silvio della Diana.
Non potendo sfogare in altro modo il suo fervore pe 'l teatro, si diede il Marchetti a declamar nelle società napoletane le poesie del Giusti e del Berchet, per le quali s’ebbe non so quanti giorni di carcere.
Benchè non più giovane, essa continuava a farsi ammirare ed applaudire nelle sue vecchie interpretazioni.
. – Nel primo anniversario della sua morte (21 febbraio '93) il marito raccolse con pietoso pensiero in un volume, che pubblicò a Palermo pei tipi del Barravecchia col titolo In Memoriam, quanto fu scritto e stampato nelle sue esequie dagli amici, dalla critica, dall’ arte tutta.
Le argomentazioni di Algarotti, se da un lato riprendono i termini del dibattito primo-settecentesco, dall’altro però si avvalgono della conoscenza diretta del mondo teatrale contemporaneo, che ha un ruolo centrale non solo in questa, ma anche nelle redazioni successive. […] Algarotti entra anche nel dettaglio della composizione musicale e arriva a sostenere una tesi, che è debitrice agli esiti della parigina querelle des bouffons del 1752-54: «Una qualche immagine della vera musica da Teatro ci è restata solamente, sia detto con pace de’ Virtuosi, nelle nostre Opere buffe16.» […] Algarotti rende conto della scelta, che potrebbe essere considerata singolare, di rivolgersi con un trattato teatrale a un uomo di stato e replica difendendo «l’ozio erudito34» e l’utilità delle lettere per sostenere l’eloquenza prodotta nelle sedi istituzionali dallo statista inglese. […] Il tema del rapporto tra testo e musica, centrale nelle redazioni precedenti, diventa una delle problematiche del teatro per musica che deve essere considerata in relazione al sistema complessivo. […] Un intero paragrafo, Del teatro, assente nelle redazioni precedenti, è aggiunto alla fine, prima della conclusione; tratta dell’architettura e della costruzione dei teatri d’opera.
Scorgesi il giudizio del Mairet nelle alterazioni fatte alla storia di quella regina, facendo morir Siface in battaglia, per evitar che si vedesse Sofonisba con due mariti vivi, ed aggiungendo, per destar compassione, alla morte di Sofonisba quella di Massinissa, che secondo la storia visse sino all’estrema vecchiezza. […] Solone altro non fa che ondeggiare sperando nelle varie fazioni, e promettendo la pretesa figliuola a colui che contribuisca a distruggere il partito oppressore: opporsi alla fortuna di Pisistrato contro il volere del popolo e del senato ateniese: e svelare l’inutile arcano. […] Vedasi anche il Riccoboni nelle Osservazioni sulle commedie e sul gusto di Moliere. […] Una delle più stimate commedie di Pietro Marivaux è quella intitolata le False Confidenze lavorata sul medesimo conio delle altre sue favole, nelle quali si trova sempre una sorpresa dell’amore. […] Si è, dicesi, tale improprietà di vestiti corretta, ed i personaggi vi si abbigliano con la naturalezza e la decenza richiesta negli argomenti e ne’ costumi descritti nelle favole che si rappresentano.
Dopo ciò si sfoga contro le arti di una mala femmina ingrata, che dopo averlo lusingato per averlo in Compagnia, gli fa fare delle parti non da paedre, e la moglie di lui, infelice, recita ogni 4 0 5 sere e nelle farse ! […] E da Bologna, in data 18 maggio : …. la persona che ambirebbe avervi per cardine principale della Compagnia che vuol formare per Firenze, non escludendo una qualche scappata per poche recite nelle vicinanze e specialmente alla Villa del Sovrano a Poggio-Cajano, è pronta ad assicurarvi l’onorario sopra quella Banca che meglio vi piacerà di indicargli. […] E qui giova aggiungere che il Bazzi, il Monti e Jacovacci si facevano scrivere le lettere e le loro firme sembrano i saldatti che certi faleniami mettano nelle liste ! […] E Gaetano Gattinelli scrive da Roma il 26 ottobre del 1841 : Carissima Amalia, Parecchi signori di Roma sarebbero intenzionati di formare una Compagnia Drammatica che facesse onore alla nostra bella Italia : codesta Compagnia avrebbe principio coll’anno comico 1843 ; agirebbe nello Autunno e Carnevale in Roma ; nelle provincie dello Stato Pontificio in Primavera ed Estate e negli Stati vicini la Quaresima e l’Avvento. […] , p. 21), che la sentì a Venezia, scrisse nella Revue de Paris del 1837 che Amalia Bettini era la emulatrice di Fanny Kemble nel patetico e nell’impeto, e non inferiore a mademoiselle Mars nelle delicatezze e nella perfezione dell’arte.
Scrisse egli buone Riflessioni sulla Poetica, benchè in esse in prima copiasse molte osservazioni Italiane, approfittandosi degli scritti del Tasso, del Riccoboni, del Castelvetro, e di Paolo Beni, che egli chiamava, Dottore in tutto, fuorchè nella corda che a lui dissonava, cioè quando parla della sua Nazione: di poi vi censurasse per lo più mal fondatamente gl’Italiani e gli Spagnuoli, chiamandoli ignoranti nelle regole Aristoteliche, malgrado di non pochi Italiani ch’egli pur cita e trascrive: e appresso vi attaccasse con armi fragili, non solo il Poema del Chiabrera e dell’Ariosto, ma quello del Tasso, e finalmente tratto tratto vi contradicesse e Aristotile, di cui pure affermava, che on s’égare dès qu’on ne le suit pas, e se medesimo ancora in più di una censura. […] La Sorpresa non si vuole escludere dal Teatro, e nelle Favole specialmente ravviluppate può tirare l’attenzione dell’Uditorio: per la qual cosa l’adoperano immoderatamente coloro, che si compiacciono di Favole romanzesche. […] Poteva osservarlo negli antichi Tragici, nell’Edipo di Sofocle, nel disegno di Medea sui figli in Euripide, e in Seneca, nelle Troadi di quest’ultimo per Astianatte &c. All’incontro, in cambio di Rapin, il suo Encomiatore e Confratello può osservare nelle Poesie di Ossian come la morte di Aganateca, che avviene senza, che il Lettore l’attenda, anzi che intenerirci, c’istupidisce, e passiamo, senza compiangerla, ad altri oggetti, che il Poeta ci presenta. […] Dico solo, che troppo vi è da spigolare nelle di lui bellissime Riflessioni, e che un cuore, che si è mostrato sì poco sensibile alle grazie, alle delicatezze, al calore, al patetico della maggior parte degli ottimi Poeti antichi, e moderni, poca impressione dovea fare nel vostro buon gusto, e non riscaldare il vostro zelo in sua difesa, perchè io dissi, che in quanto accennò delle Tragedie del Trissino, e del Tasso, dimostrò mancar di cuore per giudicarne drittamente.
Di tal guisa egli si mostrò nella vita un po' sempre personaggio di commedia, e nelle sue grandi interpretazioni un po'sempre Ernesto Rossi. […] Nè cotal senso di sovranità baldanzosa era difficile perdonargli, siccome quello derivato in lui dal piedistallo di gloria, in cui lo avevan posto per trenta e più anni monarchi e principi e uomini prestantissimi nelle arti, nelle scienze, nelle lettere, di ogni paese.
Passò poi generico primario, amoroso e brillante, a vicenda con Nicola Della Guardia, nella Compagnia di un certo Calìa napolitano, in cui recitava anche gli amorosi nelle farse col pulcinella (non mai il pulcinella, come altri affermò) ; poi, secondo amoroso, in quella di Lambertini e Majeroni, in cui stette anche l’anno dopo come secondo brillante sotto Leopoldo Vestri. […] Ed è facile capire come con questo studio del personaggio non soltanto nei fatti che si svolgono, ma ben anco nelle parole con le quali si esprime, il colorito e l’efficacia della dizione sieno una conseguenza legittima dello studio complessivo e non uno studio a parte ». […] E come avrebber potuto farsi un’idea dell’arte sua tutta suggestiva, o terrifica, o spasmodica, negli Spettri d’Ibsen, nel Pane altrui di Turguenieff, nel Nuovo Idolo di De Curel, nelle Anime solitarie di Hauptmann, nei Disonesti di Rovetta, nel Kean di Dumas, nel Don Pietro Caruso di Bracco, nella Morte civile di Giacometti, nell’Al Telefono di De Lorde ? […] E nullameno, davanti la grandezza dell’arte sua, l’entusiasmo ch'egli suscita nelle platee, le acclamazioni più vive, quasi forsennate che riceve ogni sera, e diciam pur anche davanti i suoi guadagni che gli concedon oggi più che l’agiatezza, egli ha serbato intatta una famigliarità di modi particolare.
Mortogli il padre, il Benini entrò nella Compagnia dialettale di Giacinto Gallina, il gentile continuator di Goldoni, nella quale si trova tuttavia, cavallo da sella e da tiro, artista generico per eccellenza, ugualmente egregio nelle parti di amoroso e di caratterista, di brillante e di promiscuo, e qual si conviene apprezzato e applaudito da ogni pubblico d’Italia.
Egli, benchè poco favorito dalla natura, per essere di aspetto alquanto svantaggioso, non dispiacerebbe però nelle parti disinvolte, come pure in qualche parte di padre nobile, se (ci sia lecito di cosi esprimerci) se meno demarinasse.
La maschera qui riprodotta (pag. 985), è nelle Composizioni di Rettorica dell’ arlecchino Martinelli (V.), al nome del quale è pure la riproduzione di una lettera inedita ove si discorre del Garavini.
Si suppone ch' ella siasi gettata nelle onde del Bacchiglione, fiume che bagna Vicenza. » (Così il Regli).
Debbonsi soprattutto mentovare tralle antiche fabbriche Etrusche in parte tuttavia esistenti quelle che ammiransi nelle ruine dell’antica Posidonia o Pesto nel regno di Napoli. […] Nè debbe egli fondarsi punto nè poco nella mancanza di originalità desiderata nelle lodate tragedie latine; perchè nè Eschilo, nè Sofocle, nè Euripide potrebbero contarsi per originali secondo la regola del Denina, sapendosi che gli argomenti delle loro favole si trassero quasi tutti da Omero e da’ tragici più antichi. […] Quel pregevole ufficioso letterato mi avvertì che le reliquie indicate sono opera de’ bassi tempi; e ciò si rileva dal lavoro troppo minuto nelle cornici di alcune basi di colonne colà rimaste.
La lettura ad alta voce, di cui egli è un apostolo convinto, diventa così un mezzo d’istruzione e di educazione, facile e aperto a tutti : esso dovrebbe sostituirsi anche nelle scuole a quel tedioso e forzato esercizio della memoria, che avvezza i ragazzi a non capire quello che recitano, e che riesce, certamente, a renderlo a tutti noioso, anche a chi è costretto ad ascoltarli. […] La Recitazione nelle Scuole e nelle Famiglie.
Queste cose pervenute nelle mani di Demone fanno ch’ei riconosca Palestra per la perduta sua figliuola. […] Entrano nelle case rispettive dove sono stati mandati. […] I vecchi cadono nelle debolezze che riprendevano ne’ figliuoli. […] Questa è la favola mentovata nelle Bacchidi. […] Di siffatte commedie, nelle quali i buoni diventano migliori, se ne inventano ben poche da i poeti di oggidì.
La moglie Teodora, tornata da Parigi, continuò a recitare, divisa dal buon marito, il quale, pover’uomo, nell’articolo che la concerne, le ricordava con semplicità non mai intesa, « che l’onestà è un pregio stimabile, che il marito non deve trascurarsi, che le vanità del mondo sono fugaci, e che la moglie onorata ama il Consorte, nelle disgrazie il solleva, e nol rende avvilito tra le dicerie del volgo, potendo colla di lui cooperazione esser anch’egli d’efficace sostegno alla propria famiglia. […] Ha inserito nelle notizie che lo riguardano, un poemetto in decima rima, metro non usato, per grazia di Dio, da altri in componimenti lunghi.
Nè soltanto si mostrò valorosa nelle parti serie, ma anche in quelle di serva, ch'ella sostenne sotto il nome di Fioretta, e nella danza, esercitate con rara maestria, a testimonianza del conte Gio. […] Per l’istessa, nelle Scene detta Fioretta Col nome di Fioretta lusingando m’alletta questo tiranno amore ; ma quando ardito il core s’accosta al vago viso, incautamente, ohimè, rimane ucciso.
È questo il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il quale non iscintilla perchi non lo cura o non sa l’arte di farlo scappar fuori. […] Il dolore nella natura si abbandona a se stesso e non ha più forza; e lo stesso dee seguire nelle opere del l’arte emule di quelle della natura.» […] Non saprei però dissimulare che il Terzetto preteso vi si è formato a piacere nella guisa che potrebbe formarsi, volendosi, anche nelle tragedie Inglesi o Russe, non che nelle Greche. […] Aristofane nelle Rane, ed il filosofo Menedemo presso Diogene Laerzio antepongono Eschilo agli altri due. […] Le nazioni moderne a misura che si sono innoltrate nella coltura hanno ravvisato nelle produzioni di questi tre gran tragici l’epoca del maggior lustro della tragedia.
« L’ Andreini pistoiese, nato circa il 1548, fu dapprima soldato : militò nelle galee toscane, e preso da’ turchi, stette ott’anni schiavo. […] Antonio : e oltre ai capitani, troviam Lavinie e Lucie e Pantaloni e Mattaccini d’ogni specie nelle stupende incisioni della Guerra d’Amore, Festa del Serenissimo Gran Duca di Toscana fatta l’anno 1615. […] Qui presso ad un huomo intrepido, bellicoso, e formidabile, terrore degli eserciti, spavento de nemici, folgore della guerra, che Marte fa cacar nelle braghe, e pisciar sotto Bellona. […] In somma cotesta bellezza è lo specchio d’Archimede, che accende un incendio nelle viscere del più gran Capitano degli Eserciti. […] liii, liv, lv riferisce i vari nomi de’ Bravi nelle varie commedie, e a pag.
Quel ch’ebbe a patire non è a dirsi : digiuno nelle maggiori solennità, scorpacciate di fave in aperta campagna per campar la vita e una infinità di piccoli accidenti comici e tragici potrebber dare una idea ben chiara più tosto della indigenza che della guitteria dominante in quella compagnia.
Artista spontanea, esuberante di passione, nel dramma e nella tragedia, ebbe una vena irresistibile di comicità nelle parti comiche, tra le quali i vecchi artisti ricordan quella del Birichino di Parigi, in cui non ebbe rivali.
Il suo accento – dicono – commoveva anche nelle mezze tinte, anche in quelle piccole nuances d’un carattere, sulle quali molte altre sorvolano, e che ella afferrava e coloriva a meraviglia.
Egli è vero che all’istesso Calepio sembra di trovare nella Polissena francese maggior bellezza nelle sentenze, più vivacità negli affetti ed energia nella locuzione: vero è altresì ch’ei riprende nelle nutrici introdotte dal Marchese la perizia che mostrano della mitologia. […] E scritta in versi sciolti, con regolarità, con vivace colorito ne’ caratteri e nelle passioni, ed in istile lodato dagl’ intelligenti. […] Ma la seconda e terza scena, nelle quali Alceo e Biante un dopo l’altro annunziano la stessa volontà del Senato a Timandro, non si potevano ridurre ad una sola? […] Nulla nelle sue favole rallenta l’azione, tutto va al fine, tutto tende ad inspirare spavento, e terrore. […] Forse anche le angustie dell’atto III nelle scene 3, 4 e 5 sembreranno condotte oltre il verisimile.
Non empiono questo gran voto nè le musiche e i balli e i travestimenti usati da’ Cherici nelle feste solenni dal VII sino al X secolo, nelle quali con istrana mescolanza di pagane reliquie e di cerimonie Cristiane danzando esponevano le favole delle divinità gentilia; nè gl’ignorati o negletti sei dialoghi di Roswita monaca di Gandersheim intitolati Commedie, che appartengono al X secolob. […] Oltre a’ riferiti dialoghi, o commedie in tutto il secolo X e nell’XI e XII, sebbene comparvero alcune incondite poesie nelle nuove lingue, non ve ne furono a patto veruno teatrali. […] Lasciando stare i travestimenti de’ Cherici, e le loro danze nella festa del Natale id Cristo e nell’Epifania, che, per testimonianza di Teodoro Balsamone, duravano tuttavia nel XII secoloa; e i cantambanchi e buffoni che intervennero nelle famose nozze di Bonifacio marchese di Toscana con Beatrice di Lorena nel 1037b; alquanti anni prima di terminare il secolo XII troviamo nella storia del Basso Impero mentovate persone di teatro.
Albergati Ercole, detto Zafarano, bolognese, e al servizio del Marchese di Mantova, fu molto pregiato come inventore e costruttore di meccanismi scenici, e fu nel 1487 « adoperato da Giovanni Bentivoglio nelle feste per le nozze del figliuol suo Annibale con Lucrezia d’Este, a costruire archi e trionfi, etc. etc.
Passò poi nelle Compagnie di G.
Scarpa grossa e Cervello sottile, riproducendo nel volger di mezz’ ora vari tipi disparatissimi : e non minore attitudine ebbe alla pronunzia correttissima della lingua francese, di cui molto si valse, facendo smascellar dalle risa lo spettatore più contegnoso col Grelufont e col Graffigny ; due parti, nelle quali egli fu artista incomparabile.
Il Bendinelli si recò a Parigi probabilmente nel 1660 per succedere nelle parti di Primo Innamorato al Romagnesi, detto Orazio, nella Compagnia di Luigi XIV.
Tra le ultime parti che Angela Beseghi creò e che la fecer cara a ogni pubblico, fu quella della Suocera nelle Sorprese del divorzio, per la quale ella non è e non sarà certo, da chi ebbe il piacere di sentirla e di vederla, dimenticata.
Esordì un po’prima di suo marito, come seconda amorosa nella Compagnia italiana, il 1660, e vi sostenne quel ruolo sino alla morte di Brigida Bianchi (Aurelia), moglie di Romagnesi (Orazio), la quale surrogò nelle parti di prima amorosa.
Formò, il ’46, società con la Fusarini e Marchi, della quale discorre largamente Ernesto Rossi nelle sue Memorie (vol.
Fu prima negoziante, poi datosi al teatro, divenne artista di grido nelle parti di padre e tiranno.
La concessione, in data del 25 gennaio 1831, aveva le seguenti parole : « Risultando che il detto con intelligenza non ordinaria tanto nelle rappresentazioni comiche che tragiche, e sempre con zelo e dignità si è saputo conciliare la pubblica lode, ecc.
Michele si diede alla milizia, e Giulia, seconda moglie di Angelo Zoppetti, fu una vezzosa e cara amorosa prima, e seconda donna poi nelle compagnie nostre di maggior conto.
Nel volume quarto di una miscellanea manoscritta di Firenze del 1761, gentilmente comunicatami dal signor Silvio Gonnelli, libraio antiquario, che ha per titolo : Suite de Recueil des Pieces Italiennes, Françoises, Angloises, Latines, Espagnoles, etc. tant en prose qu’en vers, trovo le seguenti Ottave di Gaetano Ciarli comico recitate da esso nel Teatro di via del Cocomero nella Commedia intitolata La Reginella, e nella Vedova scaltra, nelle quali faceva da Madre.
Quando questi lasciò il capocomicato, Achille staccatosi da lui, abbandonò le parti brillanti per darsi a quelle caratteristiche e promiscue, nelle quali riuscì artista di buon nome.
E se non ebbe in arte maestri, se non ebbe la fortuna di metter piede mai nelle compagnie privilegiate, ebbe nullameno quella di brillare accanto agli astri massimi Salvini e Ristori.
Su di lui dettò Luigi Suner, nelle Serate Italiane, un affettuoso articolo, dal quale traggo le seguenti parole : Si era formato da sè ; aveva una cultura generale non comune ; parlava e conosceva le letterature drammatiche di cinque lingue ; era scrittore applaudito, e generoso verso i suoi colleghi ; attore piacevolissimo.
Fermatosi a Livorno, non bastandogli l’animo di restare estraneo a quell’arte in cui visse più anni acclamato, acquistò le Arene Alfieri e Garibaldi, nelle quali scritturava compagnie di varia specie, conservando con l’ avvedutezza e con la operosità a sè e alla famiglia quella vita di agiatezze che s’ era formata col teatro.
Comico rinomato dei tempi di Francesco Bartoli (1781), che sosteneva il ridicolo personaggio di Don Fastidio De Fastidiis con grande successo, specialmente nelle Avventure di Donna Irene o La sepolta viva, di Francesco Cerlone.
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso.
L’autore così versato nelle greche lettere nella dedicataria a Carlo V della sua Italia liberata, poema ricco di varie bellezze Omeriche, afferma di aver nel comporre la sua tragedia tolto Sofocle per esemplare. […] Ma per tali nei si priveranno i leggitori del piacere che recano tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie del Rucellai? […] Quattro tragedie pubblicò Antonio Cavallerino modanese nel 1582 e 1583, delle quali parlano l’Allacci ed Apostolo Zeno nelle Annotazioni all’Eloquenza Italiana. […] Non si vedrebbero, per esempio, volentieri nelle scene odierne i nunzii, le nutrici, l’indovino alla foggia antica. […] Ora (egli dice) che il signor conte Pomponio Torelli vi ha fatta la strada collo stampare la Merope; la qual cosa confermò nelle lettere seguenti 19. e 20.
Non entro frattanto di proposito a seguitare l’ Apologista nelle sue congetture sul Teatro Saguntino, cioè che i Saguntini presero i Giuochi Scenioi da’ Greci, pensando io in questo discorso a ristrignermi a quello soltanto che a me appartiene. […] Vegga dunque il Signor Lampillas dalle cose riferite qual solidezza abbiano le congetture dell’Ercolano da lui adottate, per provare che nelle Spagne vi fossero Teatri prima che in Roma.
Simili favole che aveano tutt’altro oggetto che di formare il gusto teatrale, non potevano contribuire ai progressi della drammatica, e sono perciò rimaste per retaggio perpetuo delle tignuole nelle scanzie. […] L’azione della Rebecca passa nella casa di Abramo, nelle selve di Faran e nella città di Carra, ed i personaggi che compariscono in tali luoghi, non vengono fra loro a colloquio.
In proposito del valore della Riccoboni, e del seguirla che faceva il Maffei di città in città, assistendo alle rappresentazioni della Merope, la Fama (atto secondo, scena I) a Radamanto, che, dopo la descrizione chiara e viva da lei fatta della tragedia, aveva detto : mentre Femia m’accusi, io ben m’avveggio, che nelle accuse tue l’amor traluce, perchè se tu l’odiassi, i bei colori negati avresti al tragico racconto…, risponde : Facciol perchè l’ingrato entro il mio amore specchi sua colpa, e sè convinto accusi. […] Merope stessa, che abbiamo pur data una volta a Parigi, non gli può aver rappresentata l’idea della natura tragica italiana, essendo essa una di quelle Tragedie nelle quali, essendo miste di diversi gradi di persone, può discendersi ad una più familiare natura.
Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina. […] Io aspetto e spero. » E l’aspettazione e la speranza, quasi vane ormai, non gl’impediscono di portar sempre e dovunque il magistero dell’arte sua, con predominio di note schiettamente gaje, sia che il buon gusto del pubblico gli conceda di spiegar le sue doti ne'capolavori goldoniani (oggi [1905] ne ha oltre venti in repertorio), sia che dal palato avvezzo agli eccitanti, o dal bisogno nel pubblico lavoratore di una distrazione spensierata, egli debba mostrarsi nelle innocue e pur vilipese aberrazioni chiassone della pochade.
Fu uomo piissimo ; e dice Francesco Bartoli che a’compagni suoi inculcava con tutto il zelo d’essere modesti negli atti e nelle parole, e se talvolta sentiva alcuno oltrepassar anche di poco i termini della modestia, dolcemente da principio lo ammoniva, ma non giovando l’ammonizione, sgridavalo poi acremente ; e trovandolo incorreggibile, cacciavalo finalmente dalla sua Società. […] Comunque sia, lo Stordito è più che ispirato all’opera italiana, la quale ebbe tanto favore che restò nel repertorio lungamente, modificandosi poi coll’andare del tempo nelle improvvisazioni de’ comici più o meno intelligenti. […] Quel Superiore era Teologo, ma non era addottrinato nelle scaltritezze mondane ; e cosi quei benedetti Dottori che hanno detto contro le Commedie, Dio sa se mai avevano veduto Commedie ; o se pur, ne videro alcuna che non fosse qualche Farsa, o qualche Zannata oscena, e che la stimassero Commedia : poichè vi è taluno che dice Commedia alle bagattelle che fanno i bambocci de’ Ciarlatani.
Ma dove pare a me che l’Andreini si levi talvolta a grande altezza è nelle rime ; in cui non sappiamo se ammirar più la scorrevolezza e armonia dei versi, o la leggiadra semplicità dello stile. […] Pietro Paolo, Monaco di Vallombrosa, che sostenne (Bartoli) « carichi ragguar devoli nella sua Religione, » uno, Domenico, si diede alla milizia, e il terzo, Giovan Battista, del quale avrem molto da dire, seguendo le orme degl’illustri genitori, fu celebre nel teatro e nelle lettere. […] Et io me ne aspetto anco di meglio, però che credo, che egli habbi guidate più comedie, che composte ; onde son certo, che egli sarà fatto più esperto nel modo del condurle, che nelle proprieta loro nello inuentionarle. mad eccoci a lui. […] Et per questo, piu che per altra cagione fo io che la scena della comedia nostra che uedrete martedi [piacendo a Dio] si finge costantinopoli, per poter introdurui habiti cosi di donne come di huomeni, inusitati fra noi onde spero d’ aggiun ger uaghezza non poca allo spettacolo, oltre che piu ci parra sempre uerisimile il ueder succeder fra genti strane e che non conosciamo ; di quelle cose che per lo piu nelle comedie si rappresentono, che uederle acadére tra cittadini, co quali habbiamo continoua pratica. et se questo riesce ben nelle comedie, come per isperienza ne siamo certissimi, tanto piu succederà bene nelle tragedie. […] Et per che tra i piu belli spettacoli, si mostra bellissimo il ueder comittiua di huomeni armati ; lodo che si facci comparire, in compagnia de i Re, o de i Capitani, sempre alcuni soldati, et gladiatori, guarniti all’ antica ne i modi che nelle castramentationi de i primi tempi si dissegnano, quando pero l’occasione lo patisca.
[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Dopo avere fatto gli studi classici, e avere avuto lezioni da sua madre, dallo zio Riccoboni (Lelio), e dalla zia Elena Balletti (Flaminia), si diede all’arte il 1 febbraio del 1742, sostenendo di punto in bianco le parti di primo amoroso nelle commedie così francesi, come italiane, poichè parlava assai bene e l’una e l’altra lingua, delle quali possedeva tutte le finezze.
Tanto la Bastona se ne adontò, che andava gridando di avere il Goldoni composto quella sua ciarlantaneria per favorire la sola Ferramonti, che non era che una seconda attrice…. e che il diritto di rappresentazione ne spettava alle prime donne ; e aizzava la Romana, perchè anch’ella si unisse a lei ne’reclami e nelle molestie.
Che la Battaglia fosse superiore nelle grandi parti di tragedia pare fuor di dubbio ; ma pare anche fuor di dubbio che le parole del Sacchi fossero esagerate, tanto più, aggiunge il Gozzi, che il Sacchi era già internamente determinato di scritturare la Ricci, prima di chiedere il consiglio di lui….
Recitando con universale applauso la valorosissima ed incomparabile signora Rosa Brunelli Baccelli nelle Commedie, che si rappresentano nel Teatro Formagliari di Bologna il Carnevale dell’ anno 1765.
) : Daria Cutini-Mancini era una bellezza piccante, giovanissima, ella pure di 22, ’23 anni appena : svelta della persona, elegante nei movimenti, con una pronunzia aperta e correttissima, qualità principale nel disimpegno delle parti brillanti e di servetta : ella doveva rimpiazzare la signora Romagnoli, che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come quella, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleone a Vincennes, e tante altre nelle commedie di Goldoni, di Molière e di Nota.
Già nelle prime scene egli aveva conquistato il suo pubblico, di cui l’ammirazione andava ognor crescendo, fino a diventare stupefazione.
Cassiano di Venezia nelle stagioni di carnevale 1796-97 in Compagnia di Francesco Menichelli.
Di lui scrisse Bernardo De Dominicis nelle Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti napoletani (Napoli, 1745) : …..
Forse la Lidia è nome di guerra preso dopo la morte dell’Armani, la quale sappiamo chiamarsi così appunto nelle commedie ?
Fu, dal '63 a oggi, nelle migliori compagnie, quali : Pieri Peracchi e A.
Che se il personaggio non si risolve, ma rimane nelle sue dubbiezze, come talvolta addiviene, allora l’aria dovrà essere come una cscita, una scappata del sentimento, cioè quella riflessione ultima, in cui l’anima si trattiene per isfogar in quel momento il suo dolore, o qualsivoglia altra affezione. […] A tal fine giovano la prospettiva, e la decorazione ora rivestendo i personaggi di quella pompa, che l’occhio invaghisce cotanto, ora spiegando tutte le bellezze della pittura, ora dando maggior risalto alla grandiosità coll’intenso e artifizialmente variato chiarore, ora offrendo alla vista oggetti sempre nuovi, e sempre vaghissimi nelle frequenti mutazioni della scena. […] [31] Da quai prestigi eglino abbacinati, ed assaliti, a così dire nelle loro facoltà da tutte le bande veggonsi all’improvviso trasferiti, come Psiche, nel palazzo incantato d’amore. […] Anche in quelle occasioni, nelle quali gli si comanda, o gii si permette di piegarsi all’uopo della musica, non debbe portare il comando o la licenza fino all’eccesso, ma fin là soltanto dove il richiede il fine propostosi. […] Il solo episodio d’Aristeo, e quello delle lodi della vita rusticana nelle Georgiche interessano più che i sei libri de natura rerum.
Giuseppe Rocco Volpi, e del teatro di Brescia mentovato nelle Memorie Bresciane del Rossi, de’ quali tutti ha fatta menzione il chiar. […] Non empiono questo gran vuoto nè le musiche, i balli e i travestimenti usati da’ Cherici nelle feste solenni dal VII sino al X secolo, nelle quali con istrana mescolanza di pagane reliquie e di cerimonie Cristiane danzando e cantando esponevano le favole delle gentili divinità188; nè gl’ ignorati o negletti sei dialoghi di Roswita monaca di Gandersheim intitolati commedie, che appartengono al decimo secolo189. […] Oltre a’ riferiti dialoghi o commedie, in tutto il secolo X, e nell’XI e XII, sebbene si videro comparire alcune incondite poesie nelle nuove lingue, non ve ne furono a patto alcuno teatrali. […] Lasciando stare i travestimenti de’ Cherici, e le loro danze nella festa del Natale di Cristo e nell’Episania che duravano, per testimonianza di Teodoro Balsamone, anche nel XII secolo190; e i cantambanchi e buffoni che intervennero nelle famose nozze di Bonifazio Marchese di Toscana con Beatrice di Lorena fatte nel 1037191: alquanti anni prima di terminare il XII secolo troviamo nella storia del Basso Impero mentovate persone di teatro. […] Tutti poi, senza gli uni saper degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incamminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica; la coltivano colle medesime idee generali; favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni; passano indi a dipignere la vita civile, ad eccitar ne’ gran delitti l’orrore o la compassione, a schernire e mordere i vizj de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’ amarezza della satira, dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed instruire.
Non posso parlare di questo lucido astro dell’arte venuto per illuminare un momento il triste e oscuro nostro orizzonte, e poi sparito per sempre per lasciarlo nuovamente nelle tenebre. […] E tanto ebbe dal Martinelli, famoso rivoluzionario nelle compagnie comiche, l’animo inasprito, che associatosi alla rivolta la Diana (la Ponti ?) […] Nell’ottobre del ’601 la Compagnia era ancora a Parigi, e nonostante le guerricciuole interne, tanto il Cecchini vi piacque che fu invitato, ma indarno, dalla Contessa Maria di Boussu a recarsi nelle Fiandre e in Brabante. […] Ma le opere per le quali dobbiamo essere grati a Pier Maria Cecchini son quelle d’indole didattica, nelle quali unicamente abbiamo, come più volte ho detto, l’idea ben chiara di quel che potesse essere il comico a quei tempi e il suo modo di recitare. […] Oltre di ciò, bisogna che la natura con un privilegio particolare assista il comico ; se no la fatica sarà gettata come a miei giorni è avvenuto e molti che professi nelle scienze ma dalla necessità astretti per liberarsi dal Pedantesmo, vollero farsi comici ; che alla prima scena accortosi poco valere il sapere, senza il dono della natura, si ritirarono fuori de’ Teatri, confessando l’arte esser troppo difficile.
Vero è parimenti che egli riprende nelle nutrici introdotte dal Marchese la perizia che mostrano della mitologia. […] Le incertezze di Romeo dovrebbero prendere origine nelle sue private passioni che urtano co’ doveri di cittadino. […] Nulla nelle sue favole rallenta l’azione, tutto va al fine, tutto tende ad ispirare spavento e terrore. […] L’analisi che ne feci trovasi nelle Addizionì fatte alla Storia de’ Teatri nel 1798. […] Di tutto ciò si trovano le prove nell’ analisi che se ne impresse nelle citate Addizioni dalla pagina 217 alla 236.
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. […] Oltre alle testimonianze del Porcacchi su l’arte del Pasquati, ne abbiam del Garzoni nella Piazza Universale, e dell’Andreini (V.) nelle Bravure. […] I, pag. 180) con la coccia intera di cuojo raffigurante un cranio spelacchiato, e lasciante gli occhi scoperti, come quella del Dottore, e una più nuova ancora un anonimo miniaturista in un piccolo interessantissimo album fiorentino di ricordi, del secolo xvi, rappresentante, a quanto pare, una serenata di maschere, e che traggo dal Museo civico di Basilea (V. pag. 233) ; ma qui trattasi forse di una semplice chiassata carnevalesca, come nel frontespizio al Triompho e Comedia fatta nelle nozze di Lipotoppo, con Madonna Lasagna, che trovo nell’Università di Bologna (V. pag. 231), nella quale il costume non è osservato a tutto rigore.
Ma è chiaro che l’Europa culta ride al vedere tali cose sulla scena Comica, ma non se ne maraviglia nelle rappresentazioni Musicali, per la ragione che le stima proprie di questo genere. […] Saverio, rassomiglia forse al vero più quel parlare in versi, specialmente nelle Commedie? […] Quegli effetti, che voi con bella rettorica enumerazione di parti inserite nelle p. […] La vasta erudizione, di cui vi suppongo adornato, non vi farà ignorare, che nel XV. secolo la Pittura, tutto che nelle mani del Masolini, del Masacci, e del Ghirlandai, avesse fatti alquanti progressi e nelle fogge degli abbigliamenti, e nel disegno; tuttavolta deturpava le invenzioni, di tali Artisti una moda meschina d’introdurre nelle antiche Istorie personaggi moderni vestiti alla Fiorenna. […] Gl’inverisimili ammassati nelle Commedie Spagnuole da quasi tre secoli hanno prodotta tutta l’illusione sufficiente per chi le ascolta, ed oggi giorno la producono.
Apparisce nelle di lui tragedie pieno di tutto il lume quel contrasto di debolezza e di virtù che costituisce le vere persone tragiche. […] Non poche cose di questo gran tragico verrebbero acremente censurate da un M. de la Lindelle; ma un tranquillo e ingenuo osservatore si spazia con più piacere nelle bellezze, difficili da percepirsi da chi non ha l’occhio fino, che ne’ difetti, messe riserbata alla critica comunale. […] L’ingegno consiste nel concatenar sì aggiustatamente i pensamenti de’ personaggi nelle circostanze in cui si trovino, che gli eventi sembrino fatali, e lo spettatore possa pensare che posto egli stesso nella loro situazione, si appiglierebbe al medesimo partito, e non fuggirebbe l’istesso destino. […] Ciò mette alcuni poeti nazionali a scrivere pel loro teatro varie favole francesi, nelle quali s’ingegnarono di accoppiar la ragione e la novità colle grazie dell’Arlecchino. […] Clement nelle sue Osservazioni critiche sul Poema della declamazione teatrale di M.
Si vuole ancora far menzione delle picciole commedie o farse che hanno gl’ Inglesi, nelle quali trionfa per lo più la satira e la mimica buffoneria. […] E queste sono le tragedie, le commedie e le farse di questo secolo, nelle quali si sono distinti al pari de’ migliori attori diverse attrici. […] Il dottor Swift intimo amico di Gay nel suo Gazzettiere non meno che il Pope nella Dunciade e che il Warburton nelle note che fece a questo poema satirico, l’esaltarono come un capo d’opera. […] Si spende nelle voci prodigamente, e ben poco nelle decorazioni e ne’ balli. […] Quello dell’Opera, Drury-Lane e Coven-Garden, hanno una immagine della scalinata antica nella platea e de’ moderni palchi nelle logge.
Il tipo del padre è drammaticamente perfetto ; e tale oserei chiamare nelle sue ribellioni il figliuolo traviato.
Abbiam di lui il seguente sonetto inserito nelle varie poesie che seguono l’orazione funebre del Valerini per la Vincenza Armani (V.)
Bellotti-Bon, fu assunto, dopo alcune prove, a cagione appunto de' suoi mezzi fisici, al grado di primo attore assoluto, cominciando a entrar nelle maggiori grazie del pubblico col Ferréol di Sardou, che egli recitava magnificamente, e diventandone poi il Beniamino col Conte Rosso di G.
Nè solo all’improvviso fu attore pregiato, ma anche nelle cose studiate, in cui, deposta la maschera del Brighella, si mutava egregiamente in tiranno, come nell’Attila e nell’Ezzelino dell’abate Chiari.
Sorella del precedente, nata a Trento il 30 agosto 1799, si diede come lui all’arte dei parenti, giovanissima, e riuscì a soli diciassette anni egregia nelle parti amorose di prima donna, mutandosi poi in egregia prima donna tragica.
[commento_Dedica.2] quattro parti del mondo: allude alle vittorie inglesi contro la Francia in Canada, nelle Indie e sui mari nel corso della guerra dei Sette anni. […] [commento_2.6] Scarlatti: Alessandro Scarlatti (Palermo, 1660 – Napoli, 1725), padre di Domenico, compositore attivo a Napoli e a Roma, utilizzava nelle arie la forma col da capo detta anche alla Scarlatti e pridiligeva l’accompagnamento orchestrale rispetto a quello cembalistico. Nota alla nota d’autore n. 5: Cattaio: la villa del Catajo fu costruita tra il 1570 e il 1573 a Battaglia Terme nei Colli Euganei dalla Famiglia degli Obizzi; Pio Enea II degli Obizzi (1592-1674) vi fece costruire un teatro privato nelle scuderie che nell’Ottocento fu trasformato in un oratorio dedicato a San Michele. […] cadenza: con cadenza nelle arie si indica non solo la conclusione del brano, ma anche il lungo inciso solistico e virtuosistico inserito alla fine dell’aria. […] [commento_5.5] Gioan da Udine: Giovanni da Udine (Udine, 1487 – Roma, 1561) è stato un pittore, allievo di Raffaello, esperto nelle decorazioni a grottesca, che riprendevano le antiche decorazioni romane.
Altre farse di quel tempo chiamaronsi Momerie o Mascherate, nelle quali eccedeva la satira e la buffoneria. […] Il re medesimo non era risparmiato nelle momerie, ed egli ne tollerava le punture, contentandosi soltanto di prescrivere agli attori di rispettar la regina, altrimenti gli avrebbe fatti impiccare.
Altre farse di quel tempo chiamaronsi Momerie o Mascherate, nelle quali eccedeva la satira e la buffoneria. […] Il re medesimo non era risparmiato nelle Momerie, ed egli ne tollerava le punture, contentandosi soltanto di prescrivere agli attori di rispettar la regina, altrimenti gli avrebbe fatti impiccare.
La gioventù, e spezialmente le donne, parlando in generale, intendono poco, e non prendono parte gran fatto nelle vedute politiche d’un tiranno, nell’ambizione d’un conquistatore, nel patriotismo d’un eroe romano; ma favelleranno con conoscimento e passione di ciò che rassomiglia a quel che sentono nel proprio cuore. Ogni giovanetta posta nelle circostanze d’Ermione vi saprà far le medesime richieste: Mais as-tu bien, Cléone, observé son visage? […] Ella per lo più rappresentava le commedie dell’arte ripiene di apparenze, incantesimi, e trasformazioni, nelle quali trionfava il carattere dell’Arlecchino. […] Uno ne fece nelle nozze del duca di Joyeuse e di madamigella di Vaudemont, aiutato nella musica da Beaulieu e da Salmon, e ne’ versi da Chesnaye, il quale li ballò nel 1582206. […] Clement nelle Novelle Letterarie vol.
Adocchiare per esser adocchiati, aggirarsi da scioperati da palchetto in palchetto, scoprir nelle regioni della galanteria paesi non per anco tentati, spiar in aria di somma importanza i segreti movimenti d’Irene o di Nice verso Celadone o Silvandro, riempiere l’intervallo di quelle ore lunghissime con isquisita e deliziosa mormorazione, oppure col giuoco (quella occupazione insipida ritrovata dall’ozio, e dall’avarizia per consolar tante anime vuote, che non sanno che farsi della propria esistenza) ecco il fine, al quale rivolgono essi la grand’arte di Sofocle e di Menandro. […] Più profondo insieme e più maligno nelle sue mire egli lo prenderà come un diversivo offerto talvolta al popolo spensierato per nasconder agli occhi suoi l’aspetto di quelle catene che la politica va lavorando in silenzio, per infiorare gli orli del precipizio, dove lentamente lo guida il despotismo, e per mantenerlo più agevolmente in quella picciolezza e dissipazione di spirito, che tanto comoda riesce a chi vuol soggiogare. Così la Sibilla di Virgilio, volendo inoltrarsi nelle vietate regioni d’Averno, prese il partito d’addormentare col preparato boccone quel mostro, che le ne impediva l’ingresso. […] Avrebbono forse desiderato, ch’io fossi stato più circospetto: cioè nella significazione che danno essi a tal parola, che non avessi osato, di profferir il mio sentimento se non colla timidezza propria d’uno schiavo, che avessi incensato gli errori e i pregiudizi del secolo, e che avessi fatto l’eco vituperevole di tanti giudizi stoltissimi, che sentonsi ogni giorno ne’ privati discorsi e nelle stampe. né vi mancheranno di quelli, i quali, ricorrendo a’ luoghi topici della ignoranza, troveranno nel titolo di straniero una suspizione d’invidia contro l’Italia.
Poche parole ci ha lasciate nelle sue notizie Francesco Bartoli di questa comica ; ma di essa abbiamo un largo studio in due articoli di Achille Neri (Gazzetta letteraria dell’ 11 e 18 maggio 1889) dei quali ci varremo non solo restringendo, ma qua e là trascrivendo. […] … Come scriveva il Piazza nel suo Teatro che è più facile trovare il moto perpetuo, che la concordia nelle comiche compagnie, così i successi entusiastici ottenuti dall’Antonazzoni misero l’inferno nella Compagnia, per opera specialmente di Battista e Valeria Austoni (V.), invidiosi degli applausi di lei ; tanto che D. […] V. gratia d’essere posta nelle prime parti, o almeno alternatamente, ma non con mia sorella ; direi anco senza il Sig. […] Come entrano questi dentro a una città, subito col tamburo si fa sapere che i Signori Comici tali sono arrivati, andando la Signora vestita da uomo con la spada in mano a fare la rassegna, e s’invita il popolo a una comedia, o tragedia, o pastorale in palazzo, o all’osteria del Pellegrino, ove la plebe desiosa di cose nuove, e curiosa per sua natura subito s’affretta occupare la stanza, e si passa per mezzo di gazzette dentro alla sala preparata ; e qui si trova un palco posticcio : una Scena dipinta col carbone senza un giudizio al mondo ; s’ode un concerto antecedente d’Asini, e Galauroni (garavloni) ; si sente un prologo da Cerretano, un tono goffo, come quello di fra Stoppino ; atti rincrescevoli come il mal’anno ; intermedij da mille forche ; un Magnifico (pag. 180) che non vale un bezzo ; un zanni, che pare un’oca ; un Gratiano, che caca le parole, una ruffiana insulsa e scioccherella ; un innamorato che stroppia le braccia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle parole toscane a ogni tratto ; un Burattino (pagg. 181, 183), che non sa far altro gesto, che quello del berettino, che si mette in capo ; una Signora sopra tutto orca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, ch’ha perpetua inimicizia con le grazie, e tiene con la bellezza diferenza capitale.
Ma queste arguzie ch’ei volle trasportare con molta acutezza nelle tragedie, nocevano alla gravità del coturno. […] quella delicatezza e matronal decenza che trionfa nelle dipinture ch’ei fa de’ costumi? […] I personaggi sono tutti buoni; non di quella bontà immaginaria della scuole morali, nè dell’eroica che ha luogo nelle tragedie, ma di quella civile bontà che ci allontana dalle colpe senza preservarci dalle debolezze. […] Ma chi sa (dicasi ciò con buona pace di certe pretese divinità terrestri) che il male non consista, anzi che ne’ miei giudizj, in quel che da tanti anni pose nelle loro teste salde radici? […] Ma sopra ogni altra cosa le pitture degl’ innamorati Fedria e Cherea sono così vere e leggiadre, che diventano una tacita satira di quasi tutti gl’ innamorati scenici moderni, i quali o sogliono essere sofistici e ghiribizzosi metafisici, come nelle commedie Spagnuole, o manierati belli-spiriti, come nelle Francesi, o fantastici trovatori di ardite metafore, di studiati epigrammi e di strani rettorici pensamenti, come nelle Italiane specialmente di una gran parte del XVII secolo.
Gli applausi che ella riscuoteva nella Moglie saggia, nella Vedova spiritosa, nelle Tre Zelinde, nella Pamela nubile del Goldoni ; nell’ Ottavia, nell’ Antigone dell’Alfieri ; nel Galeotto Manfredi (Matilde) del Monti, non valevano a rimbaldanzire quel povero corpo e quella povera anima estenuati dalla miseria e dall’ angoscia.
Pasquali) : Primo Zanni, cioè Brighella, Pietro Gandini Veronese, comico di grandissima abilità, eccellente nelle commedie dette de’ Personaggi ; poichè è arrivato in una sola rappresentazione a cambiare diciotto volte d’abito, di figura e linguaggio, e sostenere mirabilmente diciotto differenti caratteri.
Ne’ rimproveri, nelle invettive era risentito e sentenzioso ; e giocando la maschera del Traccagnino mostravasi lepido e negli scherzi facetissimo e vivace.
Fu in varie compagnie e a Palermo. « Se – aggiunge il biografo – a quel fuoco giovanile che lo fa essere poco costante nelle cose sue sapesse egli mettere un po’ di calma, potrebbe rendersi a sè medesimo più giovevole, e potrebbe agli onorati suoi genitori apportare in seguito una più perfetta consolazione. »
Corto, grosso, senza collo, con occhi piccoli, e con un nasino schiacciato, era ridicolo nelle parti serie, e i caratteri caricati non erano alla moda.
Ma dopo alcuni anni di prova infelice, si diede alle parti comiche, nelle quali riuscì in breve grandissimo.
A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso !
– Ella conchiude nelle sue noterelle. – Oh, basterebbe anche a me !
Oltre a i riferiti dialoghi, o commedie, in tutto il secolo X, e nel XI, e XII, sebbene si videro comparire alcune informi poesie nelle nuove lingue, non ve ne furono a patto veruno teatrali110. […] Costui nelle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, di che gli saremmo tenuti, se ne avesse addotta qualche prova; ma egli non appoggia la sua assertiva con veruna ragione o autorità113, e solo prorompe in invettive contra Filostrato, perché nella vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici.
Egli non sa far altro che piangere a tutte le ore, e filosofar cicalando mentre è tempo di operare: non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose: è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio. […] Questa delicatezza che pur si rinviene nelle favole Terenziane, non isconviene alla commedia, e nocerebbe alla tragedia.
ma di Federico Beretta, che fa da Capitanio spagnolo, essendo personaggio onestamente buono per la parte del capitano, avendone io di bisogno per molte comedie, e parte necessaria, e poi nelle opere si porta per di verità, e a buona memoria e ricorda nelle opere e scrive bene.
Il Rasi ha indefessamente studiato e indefessamente studia ; s’è sprofondato negli archivi e nelle biblioteche ed ha restaurata così la storia della nostra grande famiglia comica che dalla fine del secolo decimoquinto sino ai nostri giorni ha, si può dire, dominato il teatro europeo. […] L’importanza dell’opera nel contenuto, e dell’opera la bellezza nelle forme, ha diritto a uno studio, accurato e completo, degno ; e sarà fatto certamente, non solo come omaggio al risultato che il Rasi va ottenendo, ma anche come dovere di studiosi.
Così, nelle scene deliziose del Gillot, e in alcune del Bonnart che il lettore vedrà nel corso dell’opera riprodotte. […] Quanto al carattere del personaggio, esso può dirsi una leggiera variante di quello dello Scapino e del Brighellla : servo intrigante, impiegato ognora nelle furberie e ne’travestimenti.
Ma dopo il ritratto che di Luigi Del Buono ci lasciò il Morrocchesi nelle sue memorie tuttavia inedite, pubblicato per la prima volta dallo stesso Jarro insieme ad altre molte notizie concernenti la maschera e l’artista (ivi, 13 e 20 aprile ’91), io credo che il nome di Stenterello egli prendesse da sè stesso, essendo piccolo di statura, magro, sparuto, di carnagione giallastra, ma non difettoso della persona. […] Stenterello non ha carattere spiccato : esso può esser tal volta amante fortunato, tal altra marito ingannato ; ora servo sciocco spaventato dai morti, ora arguto dispensator di morale ; ma sempre, nelle quistioni più vive politiche o sociali, de’grandi e piccoli errori satirico flagellatore.
L’amor della patria, della virtù e della libertà regna parimente nelle tragedie di Niccolò Rowe encomiatore e scrittore della vita di Shakespear. […] Vuolsi parimente far menzione delle picciole commedie, o farse possedute dagl’Inglesi, nelle quali trionfa per lo più la satira, e la mimica buffoneria. […] Queste sono le tragedie, le commedie, e le farse del secolo XVIII, nelle quali si sono distinti al pari de’ migliori attori diverse attrici. […] Si spende nelle voci prodigamente, e ben poco nelle decorazioni e ne’ balli. […] Quello dell’Opera, Drury-Lane, e Coven-Garden hanno una immagine della scalinata antica nella platea, e de’ moderni palchi nelle logge.
Ma queste arguzie che ei volle trasportare con molta acutezza nelle tragedie, nocevano alla gravità del coturno. […] quella delicatezza e matronal decenza che trionfa nelle dipinture che fa de’ costumi? […] I personaggi sono tutti buoni; non di quella bontà immaginaria delle scuole morali, nè dell’eroica che ha luogo nelle tragedie, ma di quella civile bontà, che ci allontana dalle colpe senza preservarci dalle debolezze. […] Ma chi sa (dicasi ciò con buona pace di certe pretese divinità dell’orbe letterario) che il male non consista, anzicchè ne miei giudizii, in quel che da tanti anni pose nelle loro teste salde radici? […] Ma sopra ogni altra cosa le pitture degl’innamorati Fedria e Cherea sono così vere e leggiadre, che diventano una tacita satira di quasi tutti gl’innamorati scenici moderni, i quali o sogliono essere sofistici e ghiribizzosi metafisici, come nelle commedie spagnuole, o manierati belli-spiriti, come nelle francesi, o fantastici trovatori di ardite metafore, di studiati epigrammi e di strani rettorici pensamenti, come nelle italiane, specialmente di una gran parte del XVII secolo.
Gli uomini quanto più si associano, tanto più s’imitano e si rassomigliano ne’ costumi e nelle maniere.
Benchè gli Olandesi nelle antichissime loro assemblee di verseggiatori anche estemporanei, tra’ quali vuolsi che siasi distinto nel passato secolo il poeta Poot, hanno recitate ancora favole sceniche, nondimeno lenti colà saranno sempre i progressi di un’ arte che non si pregia, e che sdegnano di coltivare i buoni talenti.
Fu nella Compagnia di Marta Coleoni e in quella di Antonio Goldoni, dalla quale poi passò col noto artista e capocomico Giacomo Dorati, scritturato per le parti di padre nobile e di tiranno, che sostenne, specie nelle tragedie del Pindemonte e dell’Alfieri, col plauso generale.
Dopo un anno, il padre formò compagnia per teatri di minor conto, e fu con quella a Smirne, ad Atene, nelle Isole Ionie, e nell’ Egitto, ove s’era finalmente domiciliato.
Al solo vederlo suscitava il buon umore, infondeva l’amenità del suo carattere nell’uditorio, e faceva fare buon sangue agli ascoltatori, nelle interpretazioni dei più variati caratteri che rappresentava.
Passò il ’96 con Zacconi, che fu come la scintilla che le fe’ divampar in incendio (e specialmente nelle Anime solitarie di Hauptmann) tutto il tesoro d’arte che possedeva e sapeva di possedere ; poi con Raspantini e Reinach, prima attrice assoluta, coi quali si trova ancora.
Sacco-Vitalba Angela), e recitò ammirato nelle favole di Carlo Gozzi, dalle cui Memorie inutili riferisco il brano che riguarda la parte ch' ebbe Vitalba nello scandalo Gratarol, riproducendolo al vivo in Le Droghe d’amore, dal quale si ha un chiaro cenno delle sue qualità fisiche e morali.
Dopo di essere stato a venti anni professore di rettorica in Ascoli, poi foriere nelle guardie di finanza, poi a Perugia insegnante privato, si diede nel ’43 all’arte, esordendo modestamente a Gubbio nella Compagnia Zanardelli e Viti. […] Il Vestri, senza tante parrucche, dava un’acconciata alle poche ciocche de’suoi capelli, e usciva dalle quinte con fisonomia, con voce, con modi talmente ottemperati al suo personaggio, ch’ei poteva rappresentare tutta quanta la umanità, e nelle parti promiscue, ove la natura umana è dipinta come è realmente, faceva piangere e ridere al tempo stesso, come ebbe a dire anche il Byron. […] Abbandonata o falsata la scuola del Modena, che pur teneva alcun che della scuola del Demarini, giacchè nelle arti non si rinnega mai il passato, si oscillò dapprima fra la verità e la forza, poi si trovò cosa comoda di scambiare il languore per verità ; tantochè oggi anche fra gli attori ben pagati non mancano taluni che fanno l’ arte a furia di vestiti e di perucche, impiastricciandosi il viso ; che non si sentono perchè non hanno fiato, che non si capiscono perchè si mangiano le parole ; e mostrano il gomito appena escono dal loro piccolo seminato.
Rimarrebber pure escluse tutte quelle parti nelle quali fosse obbligata a vestirsi da uomo ; le beneficiate farebbe a sua scelta in principio, o fine delle Piazze, come credesse meglio pel suo interesse : dovrebbe conoscer l’elenco degli attori che componessero la Compagnia, prima di sottoscrivere il contratto ; e prima della riconferma, non dovrebber in esso farsi innovazioni, a sua insaputa. […] E per le intellettuali : Le sue ispirazioni sono sublimi, ella trova nelle sue parti ciò che l’autore stesso non aveva indovinato, e le sviscera in ogni più tenue gradazione di tinte : con un sol gesto, con una occhiata ella dice assai più di un’altra con cento parole. […] Naturalmente i grandi entusiasmi ebbero anche il loro rovescio, e Lemercier De Neuville nelle sue Figures du temps (Paris, Bourdilliat, 1861), non ebbe, specie per la recitazione in francese della Beatrice di Legouvé, parole di soverchia tenerezza per la nostra eroina : ma l’entusiasmo si mantenne alto, nonostante i tentativi di reazione dell’anno dopo, e quel primo battesimo di Parigi fu anche, s’è già detto, il primo passo del lungo e glorioso cammino della Ristori, chè di là il suo nome echeggiò in ogni parte più riposta del mondo.
«Ma, replica egli con fortissima argomentazione, noi ce ne serviamo, com’essi nei templi, nei teatri, e nelle case ecc.» […] Ecco il perché la novità degenera sì spesso in licenza nelle materie di gusto, e perché il rispetto per gli antichi e così commendabile, quando non si converte in fanatismo o in idolatria. […] Per far conoscere il guazzabuglio d’idee che regna nelle sue parole basterà scomporre le fila del mirabile ragionamento che vi s’asconde. […] Non segue forse lo stesso nelle altre arti rappresentative? […] [NdA] Vedi Giambattista Mancini nelle Riflessioni pratiche sul canto figurato.
La parte parlata nelle commedie degli Zanni doveva restringersi a ben poco ; tutti i ritratti di Zanni a noi pervenuti, ce li descrivono con la chitariglia, o mandola, o altro strumento a pizzico, in atto di accompagnarsi una canzonetta. […] Quasi tutti gli zanni raffigurati nelle antiche incisioni hanno al fianco la scarsella, come vedremo. […] Nel prologo di accettazione nella Zagnara era certo rappresentato al vivo il suo stato miserevole. « Le vicissitudini della mia fortuna » dice nelle parole al lettore (V. la Corona maccheronica) « dopo la mia nascita, hanno stillato sempre di farmi vivere in angoscie. […] Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta.
È questa la parte che hanno i pittori e i poeti principalmente descritta nelle opere loro. […] Emerge allora l’utilità e la necessità dell’ipotiposi, non pur nelle sentenze e nelle parole, che nella voce, nella fisonomia e nell’azione. […] L’espressione della gioja si annunzia principalmente nella bocca, nelle mani e negli occhi. […] L’amabilità nelle figlie, e l’amorevolezza nelle madri dee primeggiare, sempre che dalla fierezza non debba essere il loro carattere sensibilmente alterato ecc. […] Quindi è che nelle loro degradazioni dee ciascuno conservare il suo posto e il suo grado.
Ma nelle danze serie o eroiche, è pur forza confessare che i Francesi vincono e noi e tutt’altre nazioni.
Benchè gli Olandesi nelle antichissime loro Assemblee di verseggiatori anche estemporanei, tra’ quali vuolsi che siesi distinto nel secolo XVII il poeta Poot, recitarono ancora favole sceniche; nondimeno lenti colà saranno sempre i progressi di un’ arte che non si pregia, e che da buoni talenti si sdegna di coltivare.
Carlino, colla Compagnia rifatta, impresario Silvio Maria Luzzi, chiama l’Altavilla « attore valentissimo nelle parti di carattere, che con le sue grazie, con i suoi epigrammi ci muove al riso e fa dimenticarci della tristezza di che è circondata la vita.
Tornato da Roma il Barese smette la maschera e diventa or generico, ora caratterista nelle opere buffe.
Di getto, secondo l’idea fattami del personaggio, ne improntai il carattere ; e n’andai si franco e sicuro, che nelle successive rappresentazioni non ebbi nulla da modificare.
Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio.
Condusse sempre compagnie, delle quali era egli il principale ornamento, e nelle quali fecer le prime armi artisti di grido, come il Raimondi, il Verzura e altri.
Fu scritturato il '40 in Compagnia Florio, come brillante e tiranno : recitava maravigliosamente nella stessa sera il tiranno Filippo in Bianca e Fernando e il brillante nel Cuoco e il Segretario ; sì che Maria Luisa, la Duchessa di Parma, ebbe per lui speciale ammirazione, e, nelle sere di suo beneficio, speciali elargizioni.
Ebbe ancora l’accortezza di scegliere argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori giacché egli per mancanza di voce non poté rappresentare, come faceano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] «Euripide (dice Longino) é veramente industriosissimo nell’esprimere tragicamente il furore e l’amore, nelle quali passioni riesce sommamente felice». […] Il dolore nella natura si abbandona a se stesso, e non hai più spirito, e lo stesso deve essere nelle opere dell’arte, e mule di quelle della natura». […] Il poeta francese ha dovuto lusingare la debole delicatezza della sua nazione, ed Euripide nelle stesse circostanze non avrebbe fatto di meglio, ed avrebbe avuta sa stessa indulgenza per un popolo che dovea essere il suo giudice. […] Veggasi ciò che dice l’abate Vatry nelle sue dotte Ricerche sull’origine della Tragedia, inserite nel tomo XV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi.
Il re medesimo non era risparmiato nelle momerie. […] Non pertanto, secondo, che osserva il compilatore del teatro alemano pubblicato in Parigi nel 1772, in mezzo a tante goffaggini e bassezze che sovrabbondano nelle di lui opere, qualche volta si trovano alcune piacevolezze e pensieri che sorprendono.
Di lui e della Francesca posseggo due lettere autografe che riproduco ridotte di un quarto, nelle quali sono, come il lettore vedrà, notizie di non poco interesse. […] Pietro, anche Carlo Palma, il Truffaldino menzionato nelle lettere dell’Allori.
Nè il successo del Duse fu esclusivamente locale ; chè ugual fortuna l’accompagnò nelle principali città del Veneto, della Dalmazia, di Lombardia e di Romagna. […] La maschera del Giacometto, anzi, in questi impiegava più che nelle commedie di Goldoni.
Ivi '73) – per la colpa d’essere stato ferito dai manigoldi austriaci, » riparò a Bologna, ove si laureò avvocato, recitando talvolta co' filodrammatici le parti di primo attore, nelle quali mostrava di riuscir sommo. […] Un capitolo nelle memorie di Tommaso Salvini, intitolato : Come G. […] Quel che più cercasse il Modena con tali declamazioni, se, cioè, di ravvivar nelle genti l’amore pel grande volume, o non piuttosto di mostrar loro i più riposti sentimenti politici del fiero ghibellino, non sappiam precisamente.
Lasciando da banda il romore che correva nella città, che nelle commedie di Terenzio avessero avuto parte Lelio e Scipione, ci fa sapere Plutarco che il Dittatore L. […] Plinio il giovinea racconta di questo Pomponio amico di Seneca che allor quando alcuno amico esortavalo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie da lui non giudicato opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo ed alla di lui sentenza rapportarsene. […] Doppiamente apparisce poco giusta l’osservazione dell’illustre autore francese, se si considera che quest’atroce argomento, che per suo avviso non produce interesse per veruno, si è conservato per tanti secoli, e nelle nazioni più colte ha eccitato l’entusiasmo di tanti Tragici. […] L’autor latino mostra lo stato compassionevole della regina, e la fa cadere tramortita nelle braccia d’Ippolito. […] ma possono in essa senza oltraggio del buon senno ammirarsi varii tratti veramente sublimi, e certa vivacità di colorito nelle passioni che difficilmente si rinviene altrove.
Le incertezze di Romeo dovrebbero prender l’origine nelle sue private passioni che urtano co’ doveri di cittadino. […] Si lagna indi che vedrà Erbele nelle braccia del rivale; ma come ciò teme, se la vide uccidere sulla nave? […] Si rende essa notabile per una fedeltà signorile che fa conoscere talmente le grazie latine di Plauto nelle maniere italiane, che pajono originali. […] L’azione naturalmente richiedeva che Elfrida dopo il suo attentato avesse atteso senza dimora a ritirarsi altrove con lui, non già che si trattenesse nelle sue stanze. […] Si avverta che per tutto ciò che qui si è aggiunto, convien togliersi la nota (1) della pag. 218 continuata nelle due seguenti.
Passò in Italia, recitando applauditissimo nelle città principali, poi tornò in provincia, ove stette fino al 1710.
Percorse poi colle Compagnie Lapy, Medebach, Battaglia, Zanerini, Goldoni e Perotti, le primarie città d’Italia, applauditissimo sempre nelle parti di primo amoroso.
Questo ballo senz’altro fine riflesso si chiama propriamente danza ed è quello che s’usa nei festini, nelle accademie, e nei domestici diporti. […] Questa, che nelle nostre idee tanto diverse da quelle sembra una prostituzione della filosofia, veniva accompagnata da un altra spezie di prostituzione in apparenza più scandalosa. […] Conseguentemente non deve innestarsi nel melodramma fuorché nelle circostanze accennate, e i poeti che si sono dimenticati di farvi riflessione hanno mancato alla filosofia dell’arte propria, come fece il Signore de’ Calsabigi introducendo a ballare nell’Orfeo le furie e le figlie di Danao insiem coi demoni nell’inferno quantunque nessuno al certo dovesse in tal luogo e da tali persone aspettarsi volteggiamenti e carole. […] Comanda inoltre ch’esso si vegga brillare ne’ fiori, che traluca nelle pietre più preziose, che gli uccelli più rari se ne adornin le piume, e che serva di fregio agli abiti de’ più felici mortali. […] Angiolini campeggia in oggi fra gli altri non meno per la bravura nell’inventare e nell’eseguire che per le sensate dottrine esposte da lui nelle lettere scritte su questa materia.
Lasciando da banda il romore che correva nella città, che nelle commedie di Terenzio avessero avuto parte Lelio e Scipione, Plutarco ci fa sapere che il Dittatore L. […] L’autor latino mostra lo stato compassionevole della regina, e la fa cadere tramortita nelle braccia d’Ippolito. […] E in fatti gli occhi condannati a seguir le lagrime, impazienti appena si contengono nelle occhiaje; e finalmente . . . . . . . […] , ma possono in essa senza oltraggio del buon senno ammirarsi varii tratti veramente sublimi, e certa vivacità di colorito nelle passioni che difficilmente si rinviene altrove. […] Le succede una Nutrice che si querela delle vicissitudini che accadono nelle reggie.
— Diario delle feste celebrate nelle solennissime nozze delli Serenissimi Sposi il sig. […] — La Recitazione nelle scuole e nelle famiglie. […] Giulio Cesare Beccelli, nelle quali sostiene che la Poesia possa più della Pittura.
e e ben che alle cose impossibili vi sia maggior rimedio il non più pensarci, io non potrò non pensare a quegli onori che la sua presenza mi concedeua, et al mio sommo desiderio di seruirla di persona : dorrommi della mia pouera ventura. l’amoreuole proferta ch’ella mi fa si nuovo della sua casa, sarà da me accettata nelle occorrenze, et me li chiamo sempre più obligata, mi duole grandem.
Nella tragicommedia del Gran Convitato di Pietra portavali ben conditi nelle saccoccie dell’abito, e mangiavali senza soggezione alcuna in mezzo alla scena. » E Goldoni, nel Cap.
Eppure [illisible chars] il coraggio di recttare nelle Tragedie.
E anche Tristano era siffattamente intricato nelle faccende del fratello, che da lui stesso sappiamo in una lettera del 2 maggio '98 al Duca, come entrambi fosser perseguitati e minacciati di morte ; onde chiedeva protezione al Duca, non volendo ricercar nè vendetta, nè giustizia, ma desiderando solo di viver da cristiani e giustamente.
Tutto ciò esprime naturalmente nelle opere serie ma spec.
Nè men sommo fu nelle parti promiscue come nel Benefattore e l’Orfana, nel Chirurgo e il Vicerè, nel Filippo, nella Malvina, nella Leggitrice, e soprattutto nel Papà Goriot, lottando col difetto della voce aspra e chioccia, e vincendo gloriosamente, sì da farsi dire l’emulo e il successore degno del grande Vestri.
Giovanni Toselli, colla sua invenzion fortunata della commedia in dialetto giandujesco, può dirsi abbia rinnovata per noi la classica tradizione greca dell’antichissimo Carro di Tespi ; perchè, quando cominciò a far le sue prime prove, la modestissima compagnia, di cui s’era messo in testa, compagnia composta di elementi affatto primitivi, formava nella sua piccola compagine un quadretto così caratteristico e pittoresco da far proprio ricordare il genial Carro di Tespi, che sentimmo descriver nelle scuole, e che Teofilo Gauthier ha così ben modernamente illustrato nel suo immortale Capitan Fracassa.
), piacque a taluno rappresentar la maschera del Dottore con serietà ; ma di tal maniera non ci resta esempio scritto, fuorchè sotto il nome di Pedante, nelle rappresentazioni più o meno classiche : segno evidente che il tipo vero del Graziano ebbe al cospetto del pubblico per base unica la saccenteria ignorante, la etimologia insulsa, la storpiatura grottesca de’vocaboli, la buffoneria delle citazioni latine. […] Venezia, Bona, 1633) che poteva essere il Dottor Gratiano da Bologna, o da Ferrara ; e lo vediamo nelle Favole dello Scala, talvolta di Pesaro, tal altra di Napoli, o di Venezia, o di Milano, o di Firenze. […] Se dunque l’ottava maccaronica riferita dal Banchieri ha qualche fondamento nella tradizione, se il comico che la fece, ed è quasi impossibile credere il contrario, verificò una genealogia del dottore da Francolino accettata ed ammessa nel teatro e nelle sue tradizioni, questo Graziano figlio di una Bambagi ed il dottor Graziano de’ Bambagiuoli potrebbero avere vincoli di parentela così stretta da scambiarla per identità.
Un grande vantaggio sopra il comico ha senza dubbio l’attore nell’opera in musica, dove la recitazione è legata e ristretta sotto le note, come nelle antiche tragedie. […] [3.7] Una grande libertà si suole tra noi concedere al musico massimamente nelle arie cantabili.
Non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose; è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio. […] Questa delicatezza che pur si rinviene nelle favole Terenziane, non isconviene alla commedia, e nocerebbe spesso alla tragedia.
.… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene. […] Tale opera comprende anche un catalogo di tragedie e commedie pubblicate per le stampe dal 1500 al 1600 ; e per comporla egli dovè far capo sempre al famoso raccoglitore e amico dei comici Gueullette, come si rileva dalle sue lettere, nelle quali ora domanda, per dar l’ultima mano al suo lavoro, Le livre sans nom, ora l’Arliquiniana, ora la Bibliothèque des théatres.
Nè tutte gli avevano del mentovato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi produssero il medesimo ottimo effettob.
Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, ed appresso montarono sudi un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento.
Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di Greca origine, come Napoli, Taranto, ed altre del nostro regno; nè tutte gli avevano del nominato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi producevano il medesimo ottimo effetto152.
Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e di poi montarono su d’un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a questo nuovo devoto divertimento.
Battaglia Carlo), non aveva compiuto i quindici anni, quando nella Compagnia di sua madre e del patrigno Francesco Toffoloni, entrò a sostenere il ruolo di prima donna ; nel quale tanto e in sì breve tempo s’innalzò, che Salvatore Fabbrichesi la scritturò nelle veci di Anna Fiorilli Pellandi, quando questa s’unì in società con Paolo Belli-Blanes : e seppe la Cavalletti vincere allora con l’arte sua calda e spontanea la reluttanza del pubblico milanese che credeva di dover sempre sentire la mancanza della celebre artista.
Sosteneva con molta anima e con molta intelligenza il ruolo di Pantalone, ed era specialmente ammirato nelle scene appassionate, in cui l’anima sua ardente poteva mostrarsi tutta intera.
A dare un saggio della mente poetica e della prontezza di spirito di Iacopo Corsini, metto qui le tre ottave cantate nelle tre recite delle Donne curiose : 22 maggio 1778 Quanto rider mi fe’ quell’ assemblea di Donne fisse all’ uscio unitamente, che una dal posto l’altra rimovea, e l’altra l’una ne traea sovente ; felice era colei che più vedea dallo spiraglio la racchiusa gente : e ve n’era una sì ostinata e dura che ceder non volea la sua fessura.
Ma le rappresentazioni non andavano troppo in lungo ; chè, nell’anno 1575, visto il dissesto nell’amministrazione di Corte (il giovane principe, non troppo misurato nelle spese, aveva già un debito di 229,375 fiorini), si determinò di licenziare 51 persone del seguito, fra le quali e i nostri saltatori e lo stesso Scolari : e con essi probabilmente se ne andò gran parte della vita gaja e gioconda di Trausnitz.
Dopo che Fiammella ha promesso a Titïro, se cessi dalla sua crudeltà, un vaso per attinger acqua, fatto d’un teschio d’un uccello, ch'in aria si nutrisce di rapina, ………… e n’è intagliato con sottil lavoro tutt’all’intorno d’ogni sorte uccelli, ………… Ardelia dice : E tu, Titiro mio, se mi compiaci, ti vo' donar una bella ghirlanda da verginelle mani ben contesta di Rose, di Ligustri, e d’Amaranti, con molte foglie d’Ellera e d’alloro, nelle quali son scritte le mie pene, e come fui per te d’amor trafitta, con fregi che circondano le foglie ch'in esse si comprendono il trionfo del faretrato Dio, e di sua madre.
Marini, ed essere prima attrice a vicenda con Virginia Marini, e cioè nelle parti che più non si adatta [PAGE 692 MANQUANTE] [PAGE 693 MANQUANTE] ch'egli dice senza lirico abbandono : prodigiosa nella sua semplicità.
All’ odio di mestiere, di cui ci parve di veder l’ origine nelle parole che il Cecchini stesso dettava al proposito del carattere del Capitano, aggiungevasi l’ odio generato per la dignità offesa della donna galante che vedeva il ricco sciame de’ corteggiatori volgersi d’ un tratto a quella nuova fortezza rimasta fin allora inespugnata ? […] Non mai spiegò Pavon vago e gentile Con fasto tal l’ambiziose piume, come costei, ch’ha tutto il mondo a vile, di sue bellezze il prezïoso lume ; erra nelle sue guancie aureo focile onde accender le Stelle amor presume ; il bel candore, il bel vermiglio sale, che dir non si può : l’un l’altro prevale. […] Ammettiamo : è certo nondimeno che l’Andreini non la cedeva al Cecchini sia nei dispetti, e nelle offese, sia nelle rivelazioni più o meno aperte.
Lodevole fu il disegno dell’autore di esporre sulla scena alla pubblica derisione la ridicola vanità degli artigiani, i quali abbandonando il proprio mestiere sorgente della loro opulenza, sacrificano tutto per parer nobili, altri coprendosi di ridicolo, altri cadendo nelle ultime bassezze o in delitti. […] Si prosegua ciò che stà impresso nell’opera sino alla pag. 79, e dopo la lin. 22, e le parole, nelle scene ispane, si cangi come quì si scrive.
Che che di lui motteggi Aristofane nelle Tesmoforie, è certo che Aristotile nella Poetica celebra la tragedia di Agatone intitolata Αιθος, il Fiore, nella quale i nomi e le cose erano tutte inventate dal poeta, e non già tratte dalla storia o dalle favolea.
Tutti poi, senza che gli uni sapessero degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incaminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica, la coltivano colle medesime idee generali, favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni, e passano indi a ritrarre la vita civile, ad eccitar ne’ grandi delitti l’orrore e la compassione, a schernire e mordere i vizii de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’amarezza della satira; dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed istruire.
Pietro il grande che dal suo famoso viaggio tornò ne’ suoi vastissimi dominj, come dicesi che Osiri entrasse nelle Indie, accompagnato da tutto il corteggio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione Russa, avendo cambiata la natura stessa de’ suoi stati e i costumi de’ popoli, e introdotto fra loro lo spirito d’industria, ed arti, scienze, collegj, accademie, librerie, stamperie.
Dotato di un singolare spirito di imitazione egli disegna, dipinge, pupazzetta con correttezza e spigliatezza incredibili, mettendo nelle sue macchiette quel sentimento che manca assai volte negli artisti di professione.
Il 10 marzo era stata firmata fra l’autore e il capocomico la scrittura, in forza della quale doveva quegli scrivere otto commedie all’anno, e averne in compenso dal Medebach 450 ducati, con obbligo di seguir la Compagnia anche nelle città di terraferma.
Degne di certo interesse a chi fosse dotato di molta pazienza, sono alcune poesie nelle quali egli dà la spiegazione dell’oroscopo.
Questo volentieri lascerebbe il padre che facesse e disfacesse del suo tutto quello che volesse, se li desse il denaro per ricondursi a Firenze ; il vecchio non vuol dar nulla, se non li fa un foglio nelle buone forme conforme questo che li mando qui segnato A ; il figlio ha fatta la risposta segnata B e poi li scrisse la lettera segnata C ; li lessi il tutto, ma il vecchio è più duro che il cuore di Faraone, maledice chi gli ha fatto levare la sua donna, che quello che diede al suo figlio fu un poltrone che non lo seppe finire, che lo metterà a S. […] più diforme di quelo che mi sia acorto de avere provato deboleza per quella giovine di che ella mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in scandolo de gli homini, e se la povera infelice è ridotta a ri sentire le angustie d’ una carcere per me è giusto per legie divina et homana io cerchi di solevarla chon il farla trasportare in uno altro convento dove sia esente dalla penuria in che si trova, e Sua Maestà ch’è un Prencipe nelle relacione incorotto non mi averebe conceduta la gratia se non avesse conosciuta per giusta la mia dimanda ; questa atione in facia de Dio e del mondo è da cristiano e da homo onorato, ciò non ripug(n)ando per pensiero ad una vita civile e da galantomo avendole io distinata una certa somma di denaro per maritarla. […] Non li scrivo le chave false e latrocini che mi à fato e goderli con le done, non scrivo le svirgenature fatte, ve n’ è 2 fatte che farebe rizare i capelli a chi le sentise, ma a bocha spero di tratenerlo nelle sue infamità e fenito questa lite meterò le ale e verò a casa. […] xvii e xviii, in cui il glorioso artista occupa sempre un de’ posti primi, quando non è il primo, come nelle graziose figure dell’ Herisset, e nelle incomparabili scene del Gillot, di cui ho messo qui i preziosi frontespizi.
L’Italia che ad esempio di Alcide cercò sempre l’onore nelle difficoltà, poichè ebbe colti i primi e più sublimi allori nell’erudizione e nell’eloquenza oratoria e poetica e nel formarsi un teatro regolare e ingegnoso, aspirò a più sudata gloria, e contemplando il mirabile edificio della natura volle investigarne il magistero cessando di fantasticare. […] Non manca nè di regolarità nè di nobiltà, nè porta la taccia degli eccessi ne’ quali trascorse al suo tempo l’amena letteratura; ma col discorso egli tentò invano insegnare che nelle tragedie, sul di lui esempio, dovessero usarsi i versi rimati. Il conte Fulvio Testi, nato in Ferrara l’anno 1593 e trasportato a Modena nel 1598, indi morto nella cittadella di tai città a’ 28 di Agosto del 1646, il quale ad onta del suo stile per lo più manierato manifestò ingegno grande nelle sue poesie e specialmente in alcune pregevoli canzoni Oraziane, lasciò anche qualche componimento rappresentativo, cioè l’Isola d’ Alcina, e l’Arsinda non terminata. […] In fatti improprj per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola.
E nella pagina seguente : Nel secondo anno della sua impresa, all’Adelia già grande nelle parti comiche, specialmente nelle aristocratiche, ma non ricca di mezzi per le parti di forza, aggiunse con provvido consiglio la Sadowski.
La scena cangia e rappresenta l’orrido d’una città smantellata e mezzo involta nelle fiamme, … fumat humo Neptunia Troia.
All’incontro moltissimi fra’ dotti, come son coloro i quali calcolano il corso de’ pianeti, o Fan triangoli, tondi, e forme quadre; coloro i quali vagando pe’ voti spazi della loro immaginazione, voglion dar corpo all’ombre e vendere per dimostrazioni alcune infelici congetture su di soggetti tenebrosi, inintelligibili, e rimoti dal senso e dalla cognizione dell’uomo; coloro i quali con ammirabile franchezza favellano de’ corpuscoli elementari e de’ loro vari moti e accozzamenti nella primitiva formazion delle cose, come se stati fosseri assistenti alla madre natura allorché disciogliendo il caos, partorì il mondo; coloro i quali vogliono farla da riformatori con immaginari sistemi politici; coloro i quali visitando le cave delle piramidi d’Egitto, si arrogano la facoltà di battezzar le mummie, e sputan sulle medaglie per diradarne l’antica ruggine e farci vedere quel che non é; coloro i quali son dottoroni pel solo capitale della memoria, o che per l’enorme lettura hanno l’immaginativa languente; tutti costoro sogliono per lo più avere, spezialmente nelle materie poetiche, non sano palato, guaste sensazioni e gusti così depravati come quelli delle donne pregnanti.
« Bolognese, nato – dice il Bartoli – da illustri parenti celebri nel foro…. c nelle cattedre della sua Patria, come non meno ne’ gradi eccelsi di Religioni claustrali antichissime ed insigni, » lasciò a mezzo gli studi per darsi all’arte del comico in cui riuscì ottimo per le parti di primo innamorato, e specialmente nella commedia all’improvviso, « da lui travagliata – trascrivo ancora dal Bartoli – con nobili e concettosi sentimenti, facendosi non solo conoscere per buon Rettorico e dicitore forbito, ma altresi per dotto e sentenzioso filosofo, degli affetti e delle amorose passioni in sul teatro scrutatore ingegnosissimo e penetrante.
VII) ci apprende come il Cotta, risolto di farsi commediante, avesse la ventura di capitar nelle mani di Francesco e Agata Calderoni che lo guidarono nella diritta via dell’arte.
E i fiaschi si successero ai fiaschi, e per quanta maggior cura mettesse nelle sue interpretazioni non le riuscì, mi servo di una frase del gergo, di piantar il chiodo.
Divenuto il cognato capocomico, Napoleone Masi dovè sostituire nelle parti di brillante assoluto gli attori Bonfiglio e Tramonti, parti che poi, per costante favore di pubblico, non abbandonò più.
Fu in Piemonte, nel Genovesato, negli Stati Estensi, nelle Romagne, e la stampa d’allora lo chiamava la delizia universale.
Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti.
Il '69 finalmente fu scritturato, dopo altri due anni di pene, da Cletto Arrighi, facendosi ammirar subito nelle scene dialettali, e in ispecie nel famoso Barchett de Buffalora, per una grande intelligenza nel concepire i caratteri, e una grande spontaneità e verità nel rappresentarli : ammirazione che si mutò nel più schietto entusiasmo alla recita del Sabet gras e del Milanes in mar, e alle canzonette popolari.
Si rifugiò egli allora a Salonicco, e sempre assieme a quello Zattini, col quale poi tornò in Italia, pellegrinando per un par d’anni ancora nelle provincie del mezzogiorno.
E se i musici si mostreranno ritrosi nell’accordarmela, io dimanderò a loro donde nasca ch’essi tutti spinti da un senso interiore impieghino i re maggiore ne’ canti romorosi e bellicosì, l’ut minore ne’ soggetti teneri e lamentevoli, e il fa minore nelle cantilene tetre e lugubri? […] [NdA] Avrà per titolo Saggi filosofici sull’origine e i fonti della espressione nelle belle Arti e nelle belle Lettere. […] Per mezzo di quest’unione tutte le parti affettuose dell’azione possono mettersi in vista mentre quello che vi è di freddo, d’improbabile, e di non toccante può restar coperto nelle tenebre. Il recitativo, o accompagnamento musicale nelle parti narrative, perderà qui una gran parte di quella improbabilità che l’ingombra nella rappresentazione drammatica: perché qui il recitante è un musico di professione, l’uffizio del quale consiste nell’entusiasmo del canto; ed essendo le narrazioni brevi ed animate più di quello ch’è possibile nell’uso continuato del dialogo, si accostano più all’indole dell’ode, e possono perciò ricevere senza improbabilità, o improprietà alcuna un accompagnamento musicale che si avvicini ad un’aria perfetta.
Delle poesie di lei vider la luce alcune Poesie musicali composte in diversi tempi, aggiunte alla prima edizione dell’Inganno fortunato, e una raccolta di rime, intitolata : Rifiuti di Pindo, edita in Parigi nel 1666, in 12°, sotto’l nome di Aurelia Fedeli, a proposito del quale si levaron dispute e contese fra’letterati : quello sostenendo che fu per semplice error di proto stampato Fedeli e non Fedele, cioè Aurelia, comica fedele ; questo immaginando che il nome di Fedeli sia quello d’un secondo marito, dovendosi escludere l’error del proto, il quale sarebbe stato continuato da lei e dal figlio di lei, che nelle sue liriche indirizza una poesia a Brigida Fedeli sua madre, a cui tien dietro subito la risposta della signora Brigida Fedeli, madre dell’autore.
.), nelle di cui lettere è riferita la storia dei subbugli, avvenuti in pubblico teatro, e la partenza per Napoli del Napolioni, che seco trasse buona parte di quei comici, da lui, come dice il Cantù, subornati.
Per l’acclamata memoria della perfetta arte Comica professata dalla Società dipendente dal governo del Signore Onofrio Paganini, avendone dato un cospicuo saggio nel pubblico Teatro della Città di Pisa nelle sue recite di varie commedie l’estate dell’anno 1762.
Le rime edite a Lucca furon precedute dalla pubblicazione di : Osservazioni sopra le stanze del signor Giulio Cesare Beccelli, nelle quali sostiene, che la Poesia possa più della Pittura.
Il Salomon soleva intrammezzare con chiacchierate ricche di spirito e di…. salacità la vendita degli specifici di Mondor, talvolta in dialogo, sia col padrone, sia colla moglie Francischina, e talvolta solo ; facendo sopr'a tutto sbellicar dalle risa colle trasformazioni del suo cappello di feltro bigio a punta, al quale, nelle opere son dedicati due discorsi : De l’antiquité du chappeau de Tabarin, des tenans, aboutissans et despendances, e Les fantaisies plaisantes et facetieuses du chappeau à Tabarin.
Ma questo gran tragico studiando la natura mancò di giudizio nell’imitare ciò che nelle società si riprenderebbe. […] Gl’insolenti la citeranno per criticarne qualche data o nome scambiato, o errore di ortografia nelle parole castigliane; ed allora mettendo en casa el buen dia per accreditarsi di amigos del pais, inveiranno contro di lui con personalità villane immaginate e con motti presi dalla feccia de’ quartieri di Lavapies, de las Maravillas, e de San Lorenzo sulle orme del poetastro Ramòn La-Cruz e del petulante ludimagistro La Huerta. […] L’Imenea potrebbe dirsi delle otto la meno spropositata, ma essa in altro non consiste che in una languida filza di scene insipide e mal cucite, nelle quali si ripetono varie situazioni, si ritraggono i caratteri senza niuna verità, e l’azione si scioglie, non perchè trovisi giunta al segno di svilupparsi per necessità, ma perchè il poeta ha stimato arbitrariamente di conchiudere, facendo che quel marchese, il quale senza ragione si opponeva al matrimonio di Febea sua sorella con Imeneo che l’ama, senza ragione ancora poi vi consenta, tuttochè mutata non sia o la situazione, o lo stato, o le circostanze de’ personaggi.
Egli solea in essa trattenere il re e la real famiglia con magnifiche feste singolarmente teatrali ricche di macchine e decorazioni, nelle quali accoppiavasi alla recita nuda di tutta la favola il canto di certe canzonette frapposte che diremmo arie. […] Con tali provvidenze non rimase alla mala intesa libertà la testudine de los sombreros e il presidio delle grida e delle fischiate, nè i recessi e l’oscurità de’ corridoj bastarono ad assicurare alla plebe prima sì indocile l’impunità contro le disposizioni del vigilante e rispettato Presidente; e da allora la decenza che si loda e si pratica nelle nazioni polite regnò ne’ teatri di Madrid, siccome da me si è pure accennato. […] Manca ancora dopo di tal raccolta a sì culta nazione una scelta teatrale ragionata intrapresa da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, di lettura e di giudizio, il quale sappia sceglier bene i drammi ed indicarne meglio i difetti e le bellezze; e ciò all’ombra di quella parte critica detestata dall’Huerta come satira maligna, ma che io però pur vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse, a costo di esser perpetuo segno di tutti i papelillos degli Huertisti, di tutti gli opuscoli de’ Don-Pedros, di tutte le biblioteche de’ Guarinos, e di mille opere teatrali del LaCruz munite di prolaghi, dedicatorie e soscrizieni.
L’azione della Rebecca passa nella casa di Abramo, nelle selve di Faran e nella città di Carra, ed i personaggi che compariscono in tali luoghi, non vengono fra loro a colloquio.
Ma la più celebre per versatilità, per istruzione, per viscomica, fu la seconda che recitò acclamata sino al 1697, e di cui avrò molto da dire, analizzando il tipo di Colombina nelle sue svariate forme.
E mutamenti avvenner pure nelle paghe degli attori, le quali generarono in arte una vera rivoluzione.
Il fiorentino Giovan Battista Marini, discreto artista (era generico dignitoso il 1853 in Compagnia Sadowski-Astolfi), sorpresala nelle sue declamazioni, scoprì il tesoro magnifico della sua voce, e, vedovo da poco e per giunta con figliuoli, propose alla Virginia di sposarla, coll’intento d’iniziarla alla vita dell’arte.
A motivo dei figliuoli liberali, il padre Nicola era stato allontanato dall’impiego, gli amici erano stati parte esiliati, parte arruolati in Piemonte, qualcuno anche nelle carceri di Sua Santità, come il cugino Getulio Lombardi, che scontava nell’ergastolo, e ci stette dieci anni, una ribellione contro una pattuglia di papalini. […] Che nobiltà, che grandezza, nelle scene aspre col figliuolo !
Camargo fiorendo nella danza alta al pari degli uomini, e la bella Sallè acclamata per eccellente nella danza seria, le quali sono state celebrate nelle opere del Voltaire. […] Zoe fa uscire Delancourt dal gabinetto, e palesa esser colui che dall’infanzia l’ha protetta, soccorsa e sollevata nelle sue disgrazie, e che essendo ora nell’estrema povertà, ella per sovvenirlo ha preso danaro da Furard lusingandolo. […] Oltreacciò Zoe che ha un amante ricco di buona intenzione, non poteva più convenevolmente a lui ricorrere che pensa a sposarla, per sovvenir colui che nelle sue strettezze l’aveva sollevata?
Ma quel che maggiormente avvalora il dubbio si è che nelle tantissime lettere esistenti, Tiberio e Isabella son sempre firmati Fiorilli, mentre Silvio e Giovan Battista son sempre firmati Fiorillo.
Da quella del Trivelli passò nelle Compagnie di Gaspare Pieri, di Pieri e Dondini, di Colomberti e Casilini, e di Lupi.
Domenico Bruni dice di lui, che fu peritissimo nelle lettere greche e latine ; e con tuttociò in iscena non avendo quella grazia che si aspettava, benchè di bellissima presenza fosse, non ispaventava Orazio Nobili (V.), l’altro innamorato della Compagnia de' Gelosi.
E da allora la decenza che si loda e si pratica nelle nazioni polite regnò ne’ teatri di Madrid, siccome si è pur da me accennato. […] E tutto questo sarebbe da intraprendersi all’ombra di quella parte critica non conosciuta e detestata dall’Huerta come satira maligna, ma da me con predilezione amata e studiata, e che vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse , a costo di esser perpetuo segno di tutti los papelillos del signor Vicente, di tutti i possibili opuscoli del signor Don Pedro, di tutte le biblioteche de los Guarinos, e di mille scartabelli teatrali di Ramòn La Cruz muniti di prologhi, dedicatorie, e soscrizioni.
Dal che é avvenuto che per una forte accensione di fantasia sondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo, ciascun di loro ha creduto di veder prima che altrove, nelle antichità predilette fenicie, egizie, greche, o etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione sviluppata ha mostrate a questi e a tanti altri popoli.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologicà, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose, che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli.
Esordì come amoroso nella Compagnia Tassani ; poi passò in quella di Gustavo Modena che lo iniziò nelle parti comiche, per le quali salì in poco tempo e meritamente in gran fama.
E tale e tanta la sua spontaneità, che il tipo così fortemente e profondamente studiato, non solo come attore, ma come autore, è, quasi ogni sera, nelle parole, nella voce, nei gesti, non già nell’essenza, rinnovato dal soffio potente e immediato dell’arte.
Accanto ad opere di un ascetismo oserei dire ridicolo, alle solite difese del teatro virtuoso, alle lacrime, alle penitenze stemperate in versi più o meno barocchi, troviamo commedie, nelle quali sono frasi e parole da far arrossire il più spregiudicato. […] Andreini. » La La scena si finge nelle foreste di Scozzia. […] Quanto alla recitazione, ammettiam pure dal contesto del lavoro e delle note stesse che vi fosse alcun che di convenzionale a declamazioni e a passi in cadenza ; ma io non sono alieno dal credere che tale specie di recitazione musicale dovesse assai più convenire al lavoro che una recitazione parlata ; quanto alla musica, il nome del Monteverdi è tale da non far dubitare del valore di essa ; e quanto all’allestimento scenico, si può esser certi come nulla vi avesse di esagerato nelle scene indicate dall’Andreini, le quali saranno state sfarzosamente e con ogni fedeltà eseguite.
» E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Non manca nè di nobiltà, nè di regolarità, nè porta la taccia degli eccessi di stile, ne’ quali trascorse a suo tempo l’amena letteratura; ma col disborso l’autore tentò invano insegnare che nelle tragedie, sul di lui esempio, dovessero usarsi i versi rimati. Il conte Fulvio Testi, nato in Ferrara l’anno 1593, e trasportato a Modena nel 1598, indi morto nella cittadella di quella città a’ 28 di agosto del 1646, il quale, ad onta del suo stile per lo più manierato, manifestò ingegno grande nelle sue poesie, e specialmente in alcune pregevoli canzoni Oraziane, lasciò anche qualche componimento rappresentativo, cioè l’Isola d’Alcina, e l’Arsinda non terminata. […] In fatti improprii per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola.
Clero si esercita nelle rappresentazioni sacre 184. […] 432., e la frequenza delle sentenze, delle detenzioni e delle comparazioni nel genere tragico 150., fa il ritratto del Secolo filosofico 271. e de’ sedicenti Filosofi Parigini 427. e di certi uomini dotti privi di gusto o di non sano palato nelle materie poetiche 441.
>La Parodia, di cui credesi inventore Ipponatte, non fu in Grecia soltanto un artifizio usato di passaggio nelle loro favole da Epicarmo, Carcino, Eupoli, Ermippo, Aristofane ed altri comici, i quali, come dicemmo, convertivano in ridicole le più energiche espressioni tragiche con lievi cambiamenti; ma formò eziandio uno spettacolo e una farsa particolare così chiamata. […] Apparteneva la Cordace alle commedie ed era a tal segno ridicola e lasciva che da essa venne la parola oscena cordacizo, e il cordacismo nominato da Demostene nelle Filippiche a.
La Parodia, di cui credesi inventore Ipponatte, non fu in Grecia soltanto un artifizio usato di passaggio nelle loro favole da Epicarmo, Carcino, Eupoli, Ermippo, Aristofane ed altri comici, i quali, come si è detto, convertivano in ridicole le più energiche espressioni tragiche con lievi cangiamenti; ma formò eziandio uno spettacolo e una farsa particolare così chiamata. […] Apparteneva la cordace alle commedie ed era a tal segno ridicola e lasciva che da essa venne la parola oscena cordacizo, e il cordacismo nominato da Demostene nelle Filippiche 139.
Atila furioso non cede alle altre nelle scempiaggini e tutte le vince in atrocità.
Essa perseguitò in Socrate la medesima virtù, motteggiò empiamente la religione, rimproverò a tutti i cittadini ciò che leggesi nel dialogo tenuto nelle Nuvole dal Ragionar Dritto e dal Tortob.
Gli Accessi erano ancora l’ottobre del 1601 a Parigi, d’onde, nonostante le richieste della Contessa Maria di Boussu per averli nelle Fiandre e in Brabante, pare tornassero in Italia nel prossimo autunno.
Ma giudizi abbiamo di attori, i quali, nelle condizioni in cui furon dettati, paiono a me assai meno sospetti.
Sallè bella ed eccellente ballerina seria ammirata anche fuori della Francia, entrambe celebrate nelle opere di Voltaire.
Brumoy e ad altri ancora, che vorrebbero ricavarlo dal Ciclope; nè le altre moderne Nazioni possono sì di buon’ ora additarne pesta nelle loro contrade.
Giuseppe Rocco Volpi, e del teatro di Brescia mentovato nelle Memorie Bresciane del Rossi, de’ quali tutti fece menzione il chiarissimo Girolamo Tiraboschia: havvene non pochi altri che in parte ancora esistono e frequentavansi sotto gl’imperadori de’ primi secoli.
Batta Niccolini e Francesco Avelloni il 13 ottobre 1823, dal quale, dopo una viva raccomandazione dell’anima nelle mani del Signore, della Beatissima e Gloriosa sempre Vergine Madre Maria, del Patriarca S.
Egli soleva in essa trattenere il re e la famiglia con magnifiche feste singolarmente teatrali ricche di macchine e decorazioni, nelle quali accoppiavasi alla recita nuda di tutta la favola il canto di certe canzonette frapposte che diremmo arie.