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2. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo I. Ritorno delle Rappresentazioni Teatrali dopo nate le Lingue moderne. » pp. 181-187

Naturalmente geloso alimentava una continua discordia e avversione tra ’l monarca e i baroni, tra’ baroni e baroni, e tra’ baroni e ’l popolo. […] L’Italia governata da’ savi pontefici romani e dagl’Imperadori greci, prima d’ogni altro popolo emerse dalle ombre. […] S’indebolì l’indipendenza de’ baroni, le corone accrebbero la propria prerogativa, e ’l popolo uscendo della schiavitù, diede allo stato cittadini utili, liberi, industriosi. […] Correva il popolo volentieri alla festa de’ pazzi, a quella degl’innocenti e anche alla musica che fu introdotta nelle chiese. […] Essi solcano ne’ primi tempi recitarli nelle chiesa, o ne’ cimiteri, dove passava il popolo, come a una pia ricreazione, dopo aver ascoltata la predica in chiesa.

3. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 531

Giuseppe Panchetti, conjugi, popolo S. […] Gaetano Bonamici del popolo suddetto.

4. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 142-145

Nel Mattino di Napoli dell’ 11 agosto '97 un abbonato milanese dice che Meneghino trae la sua origine da Domenica, essendochè era uso in Milano, nei secoli passati, di chiamare in servizio, per tutta la giornata di Domenica, un uomo del popolo, il quale si prestava al disimpegno di molteplici faccende, acconciandosi anche a fungere da servo straordinario. E poichè quell’ uomo del popolo era di solito sollazzevole e burlone, ed era al fatto di tutti gl’intrighi e degli avvenimenti del quartiere, intorno ai quali emetteva giudizî pieni di acume e di sale ; così si affibbiò il nomignolo di Meneghino alla maschera del popolo milanese, nella stessa guisa che si battezzò col nome di Pulcinella, la maschera del popolo napoletano.

5. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Il medesimo Oratore, secondo Macrobio, riprese il popolo Romano in una orazione per avere una volta schiamazzato rappresentando Roscioa. […] A un cenno del popolo nel tempo de’ Giuochi Florali dovevano snudarsi e fare spettacolo del proprio corpo. Ma in tal caso dir non saprei, se maggiore sfacciataggine mostrassero queste schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo. Assisteva Marco Porcio Catone a’ Giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, ed il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena quell’antico costumea. […] Finì in Roma ogni gloria della poesia drammatica, allorchè cominciò a regnarvi la moda delle buffonerie e delle oscenità de’ mimi e de’ pantomimi, spettacoli più atti a trattenere un popolo che andava degenerando.

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