Mi credo però che questo nostro insigne letterato voglia biasimare l’ abuso del canto, e l’effemminatezza de’ musici castrati inettissimi a sostenere con decenza gli eroi della storia.
Io, schiettamente, passato sopra alla sciattezza della lingua e dello stile, e alla piccola vanagloria che emergon da tutta l’opera, ho trovato e trovo codeste pagine (del primo volume specialmente) un preziosissimo contributo alla storia del nostro teatro del secolo xix, specie per la dovizia degli aneddoti di ogni genere e pei giudizi chiari e precisi di tutti gli artisti, e non furon pochi, i quali militaron con lui.
Si favella di tragedie e commedie di Anselmo Faìdits nella poco esatta e favolosa storia de’ Poeti Provenzali del Nostradamus a, ma quell’Anselmo fiorì nel XIII secolo essendo morto nel 1220. […] Con tutto ciò debbono entrare nella storia drammatica come primi saggi che ricondussero a poco a poco in Europa la poesia scenica.
Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b. […] Non vo lasciare però di aggiugnere che il Sherlock molto provvidamente indirizza il suo Consiglio ai giovani che non hanno oltrepassati i ventidue anni, altrimenti con altri ascoltatori avrebbe egli potuto impunemente spacciare quanto venivagli alla bocca contro dell’Italia, anzi contro della storia, del gusto e della ragione?
Senza dubbio questo poeta mostrò a prova di non conoscer veruna delle regole, le quali é più difficil cosa ignorare che sapere: non separò li tragico dal comico: dove elevò lo stile, si perdé nel lirico, e per lo più stravagante: abbellì i vizi, e diede un aspetto di virtù alle debolezze: se alcun componimento di mal esempio, qual é il Galàn sin Dama: molti ne scrisse estremamente spropositati, come il Purgatorio de San Patricio, e ’l Joseph de las Mugeres, e altri: cadde in mille errori di mitologia, di storia, di geografia: non vide gl’inconvenienti inevitabili nella rappresentazione de’ suoi autos sacramentales, ne’ quali si espongono i misteri della religione non rare volte con interpretazioni e allegorie fantastiche e con giochetti puerili sulle parole, e sempre con buffonate de’ personaggi ridicoli182.
Credo però che questo nostro pregevole letterato abbia voluto biasimare l’ abuso del canto , e l’effeminatezza de’ musici castrati inettissimi a sostenere con decoro gli eroi della storia.
Laddove se le arti di genio fossero presso a loro piante native e non avventizie, se il novello legislatore avesse a poco a poco preparata la nazione al gran cangiamento, se avesse prima profondamente studiato nella storia le vie che percorre l’umano spirito nel coltivarsi, avrebbe forse innalzato al suo nome un più durevole monumento, e le belle arti abitatrici finora dei privilegiati climi della Grecia e dell’Italia additerebbono anche a’ loro cultori nuovi originali da imitare sulle rive del freddo Tanai, e sugli scogli deserti di Sant’Arcangelo.
Affò corredata eziandio di belle osservazioni appartenenti alla storia della poesia drammatica, l’Orfeo che fu fatto magnificamente rappresentare in Mantova dal suddetto principe porporato, non solo vien purgato da tutte quelle macchie che lo tenevano deturpato nelle anteriori edizioni contraffatte e scomposte, ma é stato diligentemente assai più regolato nel dialogo ed in cinque atti diviso, quale uscì dalla penna del suo autore.
L’eloquenza e la poesia, singolarmente drammatica, possono, è ben vero, secondochè la storia dimostra, allignare in ogni governo, purchè non sia corrotto; ma esse, come nel proprio elemento vivono, verdeggiano, fioriscono e fruttificano più che altrove nelle Repubbliche.
Io non poteva informarmene da Garcia de la Huerta che dimorava nel presidio di Oràn, altrimenti avrei arricchita la mia storia colla mangiata de’ chorizos, e manifestata l’origine famosa’ de’ Polacos, dicendo che consisteva in certa notizia che Huerta sapeva e che non voleva dire .
Questa è al mio parere la sola maniera di render utile ed instruttiva la critica d’un grande autore, quella cioè di tesser la storia de’ suoi pensieri coll’indicare le strade battute da lui nella carriera del gusto, per le quali poscia inoltrandosi chiunque ha vaghezza d’imitarlo sappia trarne egualmente vantaggio dagli errori e dai lumi di chi l’ha preceduto. […] Il primo ti fa vedere il ciclope selvaggio di Omero, il Polifemo originale, come lo troviamo nella storia. […] Appena vi si ritrova un solo personaggio che conservi il carattere che gli vien dato dalla storia, o che sarebbe proprio della sua situazione. […] [NdA] È fama che sotto gli auspizi della presente imperatrice delle Russie si sia rappresentato un dramma di Metastasio in Pultavva luogo assai noto nella storia del presente secolo pella vittoria che Pietro il Grande ottenne sopra il suo famoso rivale Carlo duodecimo re di Svezia.
Se Castilhon avesse avuta più pratica della storia letteraria, avrebbe evitato questo ed altri simili propositi, i quali per se stessi leggeri diventano poi spropositi notabili in chi presume filosofare sulle nazioni, perchè da’ falsi dati non si deducono se non false conseguenze, le quali non mai daranno risultati veri e principii sicuri. […] Reca singolar diletto al filosofo che non arzigogola, cioè che ragiona con sicurezza di dati, il rintracciar nelle commedie alcun materiale da supplire alla storia stessa delle nazioni intorno alle alterazioni de’ costumi e delle maniere ed all’epoche de’ loro abusi. […] La Filenia (l’ultima delle quattro indicate) fu una piacevole commedia di Antonio Mariconda cavaliere napolitano che sebbene s’impresse nel 1548 era stata rappresentata sin dal 1546 da alcuni gentiluomini napoletani mentovati nel libro I della storia di notar Castaldo, nella sala del palazzo del principe di Salerno (in Napoli) dove stava sempre per tale effetto apparecchiato il proscenio . […] Nel prologo degl’Ingiusti Sdegni sua commedia impressa nel 1553 havvi una descrizione lodevole della commedia, nella quale si sostiene che tutti i vantaggi della pittura della musica e della storia trovansi raccolti nella commedia.
Reca singolar diletto al filosofo che non arzigogola, cioè che ragiona con sicurezza di dati, il rintracciar nelle commedie alcun materiale da supplire alla storia stessa delle nazioni intorno all’alterazioni de’ costumi e delle maniere ed all’epoche de’ loro abusi. […] Se questo celebre segretario Fiorentino ignorò il latino linguaggio, come si è preteso, certamente ciò non apparisce nè dalle sue riflessioni politiche sulla storia di Tito Livio, nè da questa traduzione dell’Andria. […] Nel prologo degl’ Ingiusti Sdegni sua commedia impressa nel 1553 havvi una descrizione lodevole della commedia, nella quale si afferma che tutti i vantaggi della pittura, della musica e della storia si trovano raccolti nella commedia. […] Castilhon avesse avuta più pratica della storia letteraria, avrebbe evitato questo ed altri simili errori, i quali per se stessi leggeri diventano poi spropositi rilevanti in chi presume filosofare sulle nazioni, perchè da’ falsi dati non possono dedursi che conseguenze false, le quali non mai daranno principj e risultati veri.
Imperocché, s’egli è vero, siccome apparisce chiaramente dalla storia del cuor umano, che l’interesse, l’emulazione e la gloria siano le tre leve più possenti a sollevare l’ingegno e ad affrettarlo nella carriera del sapere, codeste passioni si ritrovavano tutte grandemente lusingate a Parigi nell’epoca di cui parliamo. […] Nelle seconde, perché la perfezione di quelle facoltà è un indizio sicuro, che si coltivano pur ora, o si sono per l’addietro coltivate felicemente molte altre che dipendono dalle prime, o s’inanellano con esse in maniera che non possono reggersi da per sé; così una lingua ripolita, abbondante, armoniosa, e pieghevole suppone un lungo progresso di lumi, di coltura, e di cognizioni; una poesia ricca, e perfetta nei moltiplici rami che la compongono, suppone un uso quotidiano del teatro, una gran cognizione critica della storia, uno studio filosofico, analizzato e profondo del cuor dell’uomo; una musica come è l’italiana, suppone un avanzamento prodigioso nel gusto, e in tutte le arti del lusso.
Ma questa succinta storia musicale prova alcuna cosa a favore del Signor Lampillas? […] Rispondiamo ora alla vostra osservazione filosofica con una asserzione comprovata dalla storia delle nazioni, che però per voi sarà un paradosso.
Adunque addio Eraclidi di Euripide, poichè l’argomento, il piano, il nodo, lo scioglimento, la morte di Macaria, la protezione di essi presa dagli Ateniesi contro di Euristeo, è una storia delle antichità Attiche, che si legge nel I.
Chi adunque arzigogolando sdegna di riconoscere da tali principj la tragedia e la commedia Greca, non vuol far altro che dare un’ aria di novità e di apparente importanza a’ proprj scritti, e formar la storia della propria fantasia più che dell’arte. […] Per lui Erodoto narra da uomo ubbriaco; Tucidide è pieno di difetti essenziali e di racconti fuor di proposito, senza piano e senza verisimilitudine nelle aringhe; Polibio non è un storico, ma una spezie di parlatore che fa riflessioni sulla storia; gli Oratori Greci, senza eccettuarne Demostene, sono spogliati di ogni savia economia necessaria a condurre gli animi allo scopo prefisso; Pindaro è un poeta volgare e senza entusiasmo; Pitagora ed Archimede fanciulli in matematica incantati per la novità ad ogni picciolissimo oggetto. […] Ma Carcino non era di tanto credito da distruggere una tradizione istorica sostituendovi una sua invenzione; e perciò non sembra inverisimile che i Corintii avessero ricorso ad Euripide poeta esimio, il quale, sia per dare, a cagione del suo odio naturale contro del sesso donnesco, un carattere odiosissimo a una donna, sia per essersi fatto corrompere con cinque talenti, come asserisce il nominato Parmenisco, compose la sua tragedia, facendo rea la madre stessa dell’uccisione di que’ fanciulli, e la menzogna per l’eccellenza del poeta passò alla posterità come storia. […] Che che di lui motteggi Aristofane nelle Tesmoforie, è certo che Aristotile nella Poetica celebra la tragedia di Agatone intitolata ἄνθος, il Fiore, nella quale i nomi e le cose erano tutte inventate dal poeta, e non tratte dalla storia o dalle favole87.
Sull’esperienza del passato (io lo prevedo) non imiteranno la nostra ingenuità, come non l’hanno imitata finora, gli apologisti Spagnuoli; e se mai s’intalenteranno, scossi al fine dalla mia storia teatrale, di compilarne anch’essi una particolare del proprio teatro, che prima non ebbero in verun conto, essi del Signorelli non saranno menzione, se non per declamar contro di lui allorchè non dice a lor modo.
È un componimento languido e difettoso, nè la condotta, nè lo stile invita a desiderarsene l’impressione; ma pure è tragedia, ed ha il pregio di essere una delle prime di argomento tratto della storia moderna nazionale.
E’ un componimento languido e difettoso; nè la condotta, nè lo stile invita a desiderarsene l’impressione; ma pure è tragedia, ed ha il pregio di essere una delle prime di argomento tratto dalla storia moderna nazionale.
Io non poteva informarmene dall’Huerta che dimorava in Oran, altrimente avrei arricchita la mia storia colla mangiata de’ chorizos, ed avrei manifestata l’origine famosa de’ Polacos dicendo che consisteva in certa notizia che Huerta sapeva e che non volea dire.
– Quarant’anni di storia del Teatro dei fiorentini in Napoli.
L’indicata edizione trovasi dall’ autore arricchita della storia particolare di ciascuna, dell’ esposizione delle critiche sofferte e delle difese, ed oltreaccio di alcune particolari istruzioni agli attori per l’esecuzione di ogni favola. […] Ma per istruzione della gioventù e per rendere giustizia al vero, osserviamo in qual maniera si condussero que’ due grandi ingegni nel maneggiare in generi diversi due congiure e due perdoni tramandatici dalla storia. […] Alla Storia ed alla sola storia scortata da una sincera filosofia chiaroveggente e sgombra di ogni parzialità, al cui sguardo solo quel sì mirabile edifizio forma un tutto ch’essa come dall’alto d’una collina tranquillamente contempla. A questa sola storia, dico, appartiene il giudicar di tanti grand’ingegni che vi hanno lavorato da tanti secoli ; ed il suo giudizio schietto ed imparziale additerà agli artisti nascenti il sentiero che mena senza tortuosi giri alla perfezione drammatica. E chi se non questa schietta storia e questa serena filosofia sa discernere quel che può esser bello per un popolo solo e quello che lo sarà per molti ?
Per lui Erodoto narra da uomo ubbriaco ; Tucidide è pieno di difetti essenziali e di racconti fuor di proposito , senza piano e senza verisimilitudine nelle aringhe; Polibio non è uno storico, ma bensì una specie di parlatore che fa riflessioni sulla storia; gli Oratori Greci, senza eccettuarne Demostene, sono spogliati di ogni savia economia necessaria a condurre gli animi allo scopo prefisso; Pindaro è un poeta volgare e senza entusiasmo ; Pitagora ed Archimede fanciulli in matematica incantati per la novità ad ogni picciolissimo oggetto. […] Ma Carcino non ebbe credito tale da distruggere una tradizione istorica sostituendovi una sua invenzione; e perciò non sembra inverisimile che i Corintii avessero ricorso ad Euripide poeta esimio il quale, sia per dare, a cagione del l’idio naturale che avea contro del sesso donnesco, un carattere odiosissimo a una donna, sia per essersi fatto corrompere con cinque talenti, come asserisce il nominato Parmenisco, compose la sua tragedia facendo rea la madre stessa del l’uccisione di que’ fanciulli, e la menzogna per l’eccellenza del poeta passò alla posterità come storia.
L’azione della prima pastorale è semplice e senza veruna agnizione, dell’altra è ravviluppata con un riconoscimento interessante: eccita l’Aminta la compassione, il Pastor fido giugne a quel grado di terrore che ci agita nel Cresfonte al pericolo del giovane vicino ed essere uccìso per mano della madre: l’Aminta senza storia precedente e senza colpi di scena c’interessa a meraviglia col solo affetto, il Pastor fido riesce artificioso per la tessitura e per un disegno più vasto e più teatrale.
Nel Saggio sulla storia universale cap. 204.
L’azione della prima pastorale è semplice, e senza veruna agnizione; dell’altra è ravviluppata con un riconoscimento interessante: eccita l’Aminta la compassione; il Pastor fido giugne a quel grado di terrore che ci agita nel Cresfonte al pericolo del giovane vicino ad esser ucciso per mano della madre: l’Aminta senza storia precedente e senza colpi di scena c’interessa a maraviglia col solo affetto; il Pastor fido riesce artificioso per la tessitura e per un disegno più vasto e più teatrale.
Ed è possibile che la storia non ci abbia detto nulla sul conto di un così rimarchevole personaggio ?
Le commedie sono la storia de’ costumi e delle maniere; e se Aristofane non ha commesso un errore nel costume, in questa scena si scopre la grossolana libertà e schifezza di que’ popoli. […] Tutto ciò che vedesi sul teatro viene da essi adattato alla storia di Elena. […] Questo squarcio ne dà la storia de’ tragici che sopravvissero a Sofocle, fra’ quali, al dir di Aristofane, il meno cattivo era Josone.
Nelle intonazioni della sua voce, nel gesto, nel muover degli occhi parea rivivere quella sensiblerie delicata e un tantino leziosa che era la forma obbligata dell’epoca e che il Taine ci ha così stupendamente risuscitata nella sua storia del Vecchio regime.
Le commedie sono la storia de’ costumi e delle maniere.
Per mancanza di studio e di riflessione, per mantenere i pregiudizi che hanno ormai acquistato forza di legge, perché vogliono ridurre a due o tre dozzine di esempi tutte l’arie d’indole e di carattere affatto diverso, facendo come il celebre frate Gerundio 138, il quale trovava nella storia di Taltoc, idolo ridicolo degli antichi Messicani, tutta l’applicazione per la predica dei Corpus Domini, pe’ i suoi parenti ed amici, e per la processione de’ flagellanti che si faceva in Campazas, sua patria. […] Non s’istillano loro i principi di quella erudizione che tanto è necessaria per chi s’accinge a comporre, come sarebbe a dire intender bene la propria lingua, ravvisar la più acconcia collocazione degli accenti, la prosodia più esatta e la connessione dell’una e dell’altra colla declamazion teatrale, internarsi nell’arte poetica e nel meccanismo della versificazione a fine di conoscer la diversità degli stili, e la maniera di eseguirli nella musica, non trovarsi digiuno nella storia e nei costumi de’ popoli per non dare all’asiatico Enea la stessa melodia che al mauritano Jarba, e non far cantare sul medesimo tuono un effemminato Sibarita e un generoso compagno di Leonida allevato sulle rive dell’Eurota.
[3.79ED] Se tali quali ha fatto Racine questi due eroi, li facesse la storia, o avria dovuto abbandonarne il soggetto o assolutamente emendarlo, perché il poeta non è tenuto a rappresentar gli avvenimenti quai furono, ma quali esser dovettero. […] [5.105ED] Con tai condizioni tu avrai l’avvertenza di scegliere una storia favolosa mista di numi, di eroi, o una storia vera di eroi per fondamento all’azione, capace di tali avvenimenti che possano agevolmente nel dato teatro rappresentarsi; capace di tai personaggi che adattar si possano a quelle voci che son destinate, e conferitala con l’impresario e col compositor della musica, ricevine prima l’approvazione e poi, conseguitala, datti immediatamente a disporla. [5.106ED] L’uso comanda che il tuo melodramma sia diviso in tre atti perché, se in cinque lo partirai, potresti far credere di voler esporre al popolo una tragedia e ti faresti debitor follemente di quelle regole che in nessuna maniera potresti poi osservare. [5.107ED] Nell’atto primo sarà tua cura il preparar gli ascoltanti all’intreccio, dando loro la necessaria notizia degli eroi che battono il palco, degli antefatti opportuni alla cognizione sia della favola sia della storia, e facendo la prima mostra de’ caratteri, almeno de’ principali, che dovranno intervenire all’azione. […] Sartori, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1997, p. 84. […] [commento_3.79ED] Se… storia: ‘se nella realtà storica Fedra e Ippolito fossero stati amanti’.
Ora adoperano una cantilena perpetua che annoia insoffribilmente chi ascolta; ora scambiano la quantità delle sillabe pronunziando breve la lunga, e lunga la breve; ora si dimenticano nelle fauci o nel palato le finali delle parole profferendole per metà; ora sconnettono il nominativo dal verbo che gli si appartiene, ovvero una parte dell’orazione dall’altra in maniera che tante volte non si capirebbe punto la relazione fra le parole né il significato loro se non venisse in aiuto il libretto per far ciò che faceva il pittore di un castello chiamato Orbaneja rapportato nella storia di Don Quisciotte, al quale, dopo aver dipinta una figura, riusciva fanto fedele l’imitazione che gli abbisognava per esser capito scriver di sotto: «Questo è un gallo». […] Ora dalla storia d’Atene sappiamo che le pubbliche deliberazioni non potevano decidersi senza il concorso di sei mille cittadini; dunque il teatro doveva capire questo numero almeno.
Ma un autore di un foglio periodico spagnuolo intitolato Aduana Critica nel II tomo impresso nel 1763, ignorando l’indole della drammatica, ch’é di abbellire, e non di ripetere superstiziosamente la storia, pretendeva che si dovesse nella Lucrezia introdurre Bruto fìnto pazzo, senza accorgersi che un carattere siffatto con difficoltà verrebbe ammesso per tragico a’ nostri tempi.
Ma per istruzione della gioventù e per rendere giustizia al vero, osserviamo in qual maniera si condussero que’ due grand’ingegni nel maneggiare in generi diversi due congiure e due perdoni tramandatici dalla storia.
Lo pubblico nella sua integrità per alcune frasi di non poco interesse nella storia intima, dirò così, dell’arte drammatica.
Nulla di più importante e di più interessante per la storia della scena italiana, di questo dialogo, in cui sono massime e sentenze che assai ben si addirebbero agli attori di oggidì, e da cui possiam capir chiaro come il metodo di recitazione degli antichi comici si mantenesse quasi invariato fino a tutta la prima metà del secolo presente.
Egli fu ancora il primo che nelle azioni teatrali osò di togliersi dagli argomenti greci, e di prender dalla storia romana soggetti tragici, come fece in una tragedia intitolata Scipione 70.