Il Tarantino Rintone che visse sotto Tolommeo Lago, sembra che avesse accresciuto il numero degli spettacoli teatrali de’ Greci con queste nuove favole, che dal suo nome chiamaronsi ancora Rintoniche.
Vi comparve anche il Pastore d’Anfriso ed innoltrandosi il secolo la Divisione del Mondo, dramma del parmigiano Giulio Cesare Corradi che altri ancor ne compose, vi si rappresentò con tanta splendidezza, che la città si riempì d’un numero prodigioso di forestieri.
Il Tarantino Rintone che visse sotto Tolommeo Lago, sembra che avesse accresciuto il numero degli spettacoli teatrali de’ Greci con queste nuove favole, che dal suo nome chiamaronsi ancora Rintoniche.
Il Goldoni introdusse questo carattere in una sua favola, facendolo comparire pochissime volte, come personaggio episodico, e le distrazioni non eccedettero nè in numero nè in istranezze, e la dipintura riuscì dilettevole e verisimile.
Forse nè anche le compagnie de’ Comici Latini eccedevano il numero di tre, almeno in tempo di Marziale, giacchè egli nel sesto epigramma del 6 libro diceva a Luperoo, Comoedi tres sunt, sed amat tua Palla, Luperce, Quatuor.
Carlo Goldoni introdusse questo carattere in una sua favola, facendolo comparire pochissime volte come personaggio episodico, e le distrazioni non eccedettero nè in numero nè in istranezze, e la dipintura riuscì dilettevole e verisimile.
Pieno del nobile ardore di meritarsi un posto distinto nel numero de’suoi confratelli d’arte, l’ottenne ; una lunga pratica gli tiene luogo di teoria, ed è ben raro il caso che non riesca nel divisamento che si è proposto.
, V, 1: «E’ necessario anche regolare l’ampiezza in base al numero delle persone, affinché lo spazio non sia troppo piccolo o la piazza sembri vuota per la scarsezza del pubblico.»
faranno che possa cancellarsi dal numero delle poesie sceniche volgari del secolo XV?
faranno che possa cancellarsi dal numero delle poesie sceniche volgari del XV secolo?
Non ne hanno però un gran numero.
Io ripugnanza alcuna Nel numero non veggo. […] Io, che non voglio entrare in litigi di preferenza tra due nazioni così rispettabili, mi contento di dire che sebbene il Quinaut sia un autore grandissimo vituperato a torto dal satirico Boeleau; sebbene sia preferibile al Metastasio nella invenzione, avendo egli creato da pianta in Francia il dramma musicale, che Metastasio trovò di già molto avanzato e ripolito in Italia per opera massimamente di Appostolo Zeno; sebbene l’adegui nel numero, armonia, rotondità e pieghevolezza del verso per quanto lo comporta l’indole della lingua francese più ruvida dell’italiana; sebbene la prospettiva, e tutto ciò che appartiene alla decorazione, abbia, generalmente parlando, più luogo nei drammi dell’autore di Armida, e di Orlando che in quelli dell’allievo di Gravina, nonostante questo il Quinaut è molto al di sotto di Metastasio non solamente nel maneggio d’una lingua più bella, ma nella scelta ancora degli argomenti più fecondi di passione e più atti alla melodia, nella pittura dei caratteri più difficili e più interessanti, nell’uso delle sentenze e della filosofia pressoché sconosciuta a Quinaut, nella sensatezza del piano, nella regolarità dell’andamento e nella rapidità delle scene. […] Un Aristarco più severo di me risponderebbe forse che con siffatta logica potrebbono farsi passare per eccellenti le commedie del Chiari, e le tragedie del Ringhieri non che i componimenti di Metastasio, essendo certo che quei poeti altro non ebbero in vista che di riscuoter gli effimeri applausi di un volgo stolido di spettatori; che l’accomodarsi al gusto pervertito degli ignoranti non tornò mai in vantaggio di nessuno scrittore; che la superiorità di un uomo di talento si conosce appunto dal sollevarsi ch’ei fa sopra gli errori e i pregiudizi dell’arte sua; che l’irrevocabil giudizio della posterità non ha dato finora il titolo di genio se non se a quelli autori sublimi, i quali sprigionandosi dai ceppi delle opinioni e dei gusti volgari hanno imposto la legge alla loro nazione e al loro secolo invece di riceverla; che infinitamente più laude ne avrebbe acquistata il poeta cesareo, se lottando contro alle difficoltà che opponevano una imperiosa truppa d’ignoranti e l’invecchiata usanza di quasi due secoli, osato avesse d’intraprender una totale riforma nel sistema drammatico, invece di autorizzar maggiormente i vizi attuali coll’abbellirli; e che niuno poteva eseguir il proggetto meglio di lui non meno per l’ingegno mirabile concessogli dalla natura che pel favore dichiarato della nazione, per la protezione d’una corte imperiale, e pel gran numero di musici eccellenti che avrebbero dal canto loro contribuito a rovesciar l’antico edifizio per inalzarne un novello.
Così troviamo un gran numero di greche imitazioni, e poi un altro ugualmente grande di nuove favole sulle greche modellate. […] Non ne vanno esenti le altre tragedie del Torelli, e nè anche la Victoria e ’l Tancredi, le quali per altro debbono esserci care essendo nel numero di quelle che si allontanano dagli argomenti greci, e dipingono, siccome insinuava il gran Torquato103, costumi non troppo da noi lontani; e l’ultima singolarmente si rende pregevole per l’attività di purgare le passioni, per la qual cosa il Conte di Calepio stimava doversi preferire alla stessa Merope. […] Essendo così grande il numero d’ogni sorte di drammatici componimenti rappresentati in tante città Italiane, vi si videro alle occorrenze eretti moltissimi teatri.
Nel numero 10, datato 8 termidoro IV repub. […] Nel numero del 24 gennaio 1819 veniva pubblicato il Dialogo sulle unità drammatiche di luogo e di tempo, nel quale sono posti nel ruolo di interlocutori fittizi Viganò, Lamberti, il Romagnosi e il maestro Paesiello. […] Ciò esclude i molti movimenti ed atti, che pel loro numero e rapidità offenderebbero a un tempo la dignità della persona e la forza della passione a cui servono. […] Non potendo ciascuno attore, o per natura, o per arte essere a tutte le parti adatto egualmente, né potendosi moltiplicar di soverchio il numero di buoni attori in ciascuna compagnia comica, fu necessario classificarli, assegnando a ciascuno quella specie di carattere e di parti, a cui per natura o per arte si trovasse meglio disposto. […] [14.3] La migliore classificazione, secondo me, sarebbe quella che fosse a un tempo più semplice, e che meglio servisse al fine, a cui è destinata, e che perciò comprendesse il numero di commedianti sufficiente a rendere completa la loro compagnia.
Contuttociò, se si considerano i soliloqui di moltissime tragedie italiane, assai maggiore è il numero e la qualità delle indecenze. […] In questo numero è la Sofonisba del Trissino, ove si vede fra l’altre cose che Lelio, il quale, dopo Scipione, secondo il poeta «tenea del campo il più sublime onore», si trattiene nell’ufficio vile ed indegno del roman fasto di visitare le stalle. […] Conciossiaché, quantunque la pietà non si possa eschiudere dal numero delle virtù, l’abito del piagnere agevolmente è sempre indizio d’animo molle e di fievolezza feminile che mal s’accorda con la magnanimità: che che s’abbian detto alcuni, schiavi ammiratori di Virgilio. […] Si mosse poscia ad usare un numero a quelli somigliante, perciocché, ritrovando generalmente della deformità nelle tragedie italiane degli andati secoli, giudicò che avesse in ciò gran parte l’improprietà de’ lor versi. […] Ciò che si potrebbe ragionevolmente sostituire al metro ordinario de’ Francesi sono per mio avviso i versi sciolti, parte de’ quali avessero il numero degli alessandrini e parte il corrispondente a nostri endecasillabi.
Dulcidio l’esorta a sposar Giugurta per corrispondere a un tempo À amante, à patria, al padre i al hermano verso eccellente per grazia, per numero e per regolarità, come ognun sente. […] Se per unirsi in maggior numero e deliberare, dunque nell’intervallo degli atti si è fatto qualche altra cosa che non si vede in iscena, a dispetto della jattanzia dell’autore che si arrogava un merito esclusivo.
Vi si scorge in generale miglioramento notabile nello stile divenuto più naturale senza perder di grandezza, nella versificazione più scorrevole senza allontanarsi dal suo genere, nella lingua tersa ed elegante senza sacrificar la grazia nativa per lo studio di esser cruschevole, nell’economia più giudiziosa, per l’entrar de’ personaggi in iscena meglio motivato, pe’ monologhi men frequenti, pel numero de’ personaggi accresciuto che rende l’azione più verisimile senza la nojosità de’ confidenti. […] Ha l’elocuzione elegante, aperta, energica e conveniente al genere, e i personaggi cresciuti al numero di sei la preservano dalla necessità della frequenza de’ monologhi, e dalla noja di veder alternar sempre sulla scena quattro soli personaggi. […] Certo: ed ecco il come: di esse Moltiplicando per le case il numero, E raccogliendo poi li ragnateli, Cardarli, e poi filati Farne vaghi lavori: E in tante balle poi mandarli fuori. […] Le Fevre ha pur trattato questo argomento, intitolando la sua tragedia Don Carlos enunciata al numero 100 del Mercurio del 1793. […] Per compiere il numero d’sette peccati mortali, che stima il Calsabigi di aver pregiudicato il dramma nella condotta, ha egli nell’atto terzo fatti altri tre cambiamenti tutti nella scena quarta: in prima dopo alcuni acconci sentimenti di Odorico, che conchiude così, A quel che chiedo Troppo breve ritardo, il sentimento Più vivo tuo, mia dolce figlia, invoco . . .
Secondò parimente molto meglio il pensiero de’ suoi predecessori di scemare il numero degl’ individui del coro musico e ballerino per accrescerne quello degli attori degli episodj; e con questa seconda classe di rappresentatori rendè l’azione vie più viva e variata. […] Vi entra maggior numero di passioni, alcune delle quali punto non sono tragiche. […] Forse nè anche le compagnie de’ Comici Latini eccedevano il numero di tre, almeno in tempo di Marziale, giacchè egli nel festo epigramma del VI libro diceva a Luperco, Comœdi tres sunt, sed amat tua Paulla, Luperce, Quatuor.
Il gusto di quel tempo correva dietro al viluppo romanzesco, agli avvenimenti notturni, errori di nomi, travestimenti, e lettere intercettate e perché spiccano in questo genere le commedie spagnuole, Scarron, Boisrobert, Desmaret, Tommaso Corneille, ed altri, ne tradussero un buon numero.
Un gran numero di tali sainetti e forse la maggior parte si compose dal più volte mentovato don Ramon La Cruz, di cui con predilezione e privilegio esclusivo fidavansi i commedianti di Madrid.
Altri simili dialoghi senza numero in Francia, in Alemagna, in Italia e nelle Spagne, recitaronsi nelle chiese o ne’ cimiteri dove passava il popolo dopo la predica.
Secondò parimente assai meglio l’idea de’ suoi predecessori di scemare il numero degl’individui del coro musico e ballerino, per accrescerne quello degli attori degli episodi; e con questa seconda classe di rappresentatori rese l’azione vie più viva e variata. […] Vi entra maggior numero di passioni, delle quali alcune tutt’altro sono che tragiche.
Certo è finalmente che chi comprende le vere bellezze tragiche, un gran numero ne incontra nelle più accreditate, che sono secondo me : Perselide, Ifigenia in Tauri, Alceste, Procolo, Cicerone, Q. […] Ottenne la prima nel concorso del 1772 la Zelinda tragedia del conte Carlo Calini da Brescia, nella quale si riconosce qualche somiglianza della languida Blanche et Guiscard del Saurin ; ma è grandissimo forse il numero de’buoni componimenti che non ebbero verun modello ? […] Scorgesi in tutte miglioramento nello stile, versificazione più scorrevole, lingua tersa ed eleganza meno cruschevole, monologhi meno frequenti, numero di personaggi accresciuto senza bisogno di confidenti. […] Ha l’elocuzione più aperta elegante energica e i personaggi cresciuti al numero di sei la preservano dalla necessità de’ monologhi frequenti. […] M. le Fevre ha pur tradotto questo argomento intitolando la sua tragedia Don Carlos enunciata nel numero 100 del Mercurio del 1793.
Che se Cecilio si converte in Acilio, il quale era nel numero di quegli Edili, si attribuisce al precitato biografo un modo di esprimersi alquanto fosco e poco felice, facendogli dire, cum Ædilibus daret, jussus ante Acilio recitare, non apparendovi la relazione che dovrebbe naturalmente vedervisi, della persona di Acilio col numero degli Edili.
Ma avendo la natura limitate le consonanze ad un numero scarso, s’avvidero i musici che il ritorno frequente de’ medesimi tuoni quantunque gradevoli potrebbe alla fine degenerar in noia e fastidio per troppa monotonia.
Altri simili dialoghi senza numero in Francia, in Alemagna, in Italia e nelle Spagne, recitaronsi nelle chiese o ne’ cimiteri, dove passava il popolo dopo la predica.
Che se Cecilio si converte in Acilio, il quale era nel numero di quegli Edili, si attribuisce al precitato biografo un modo di esprimersi alquanto fosco e poco felice, facendogli dire, cum Ædilibus, jussus ante Acilio recitare, non apparendovi la relazione che dovrebbe naturalmente vedervisi della persona di Acilio col numero degli Edili.
Non è dunque la perfezione, che non può darsi in tutte le parti della rappresentazione: ma quella tacita Convenzione, la quale ne’ Cinesi e negli altri Popoli nominati si distende a moltissimi capi; laddove ne’ Greci, ne’ Francesi, e negl’Italiani è ristretta a un numero assai minore.
Gresset dipingeva mirabilmente un malvagio spiritoso, che sotto un esteriore polito nasconde il cuor più nero e l’empietà più raffinata, carattere poetico che mostra in un individuo la malvagità di un grandissimo numero di persone che compongono le società culte240 Tale é il suo Méchant, commedia di carattere ammirabile, verseggiata eccellentemente, e rappresentata la prima volta nel 1740.
E quì il poeta lancia i più amari e velenosi tratti, rimproverando come impudenti cinedi tutti gli oratori, capitani, legati, magistrati, e poeti tragici Ateniesi; e ardisce fin anche di andarli segnando a dito nell’uditorio, e dimostra di essere in così gran numero, che il Dritto stesso si confessa vinto, e passa dalla parte degli spettatori. […] Demostene: Havvi un migliajo di Cavalieri dabbene che odiano Cleone; e ti ajuteranno; havvi un buon numero di ottimi discreti cittadini e di spettatori che ti proteggeranno; ed io con tutti questi ti spalleggerò.
In qualità di capo egli anima e governa i Societarii dell’Odeon di Parigi che prima passarono al teatro Feydeau, indi a quello di Louvois, e somministra loro tuttavia un buon numero di componimenti.
Certo è finalmente che chi comprende le vere bellezze tragiche, ve ne incontra un gran numero non solo nelle più applaudite, come sono Perselide, Ifigenia in Tauri, Alceste, ma nel Procolo, nel Cicerone, nel Q. […] Ottenne la prima nel concorso del 1772 la Zelinda tragedia del conte Calini da Brescia, nella quale si riconosce qualche somiglianza della languida Blanche & Guiscard del Saurin; ma è grandissimo il numero de’ buoni componimenti che non ebbero verun modello?
Di questi tempi, il signor Domenico Lanza pubblicò per le nozze Solerti-Saggini (Pinerolo, Tipografia Sociale, 1889) un capitolo inedito del nostro Francesco, tratto dalla Biblioteca nazionale di Torino, e segnato nel catalogo pasiniano col numero cxlii (Codex CXLII, chartaceus, constans foliis II, sœculi XVII).
Vi entra maggior numero di passioni, alcune delle quali punto non sono tragiche.
Voltaire sostenne l’ onore di Melpomene sulla Senna, a dispetto del cicaleccio de’ famelici inpudenti gazettieri pronti a sparger menzogne e tratti maligni sulle opere acclamate di coloro che non sono nel numero de’ loro benefattori.
E quì il poeta lancia i più amari e velenosi tratti, rimproverando come impudenti cinedi tutti gli oratori, capitani, legati, magistrati e poeti tragici Ateniesi; e ardisce fin anche di andarli segnando a dito nell’uditorio, e dimostra di esser essi in così gran numero, che il Dritto stesso si confessa vinto, e passa dalla parte degli spettatori. […] Demostene: Havvi un migliajo di cavalieri dabbene che odiano Cleone, e ti ajuteranno; havvi un buon numero di ottimi discreti cittadini e di spettatori che ti proteggeranno, ed io con tutti questi ti spalleggerò.
Non ne vanno esenti le altre tragedie del Torelli, e nè anche la Vittoria ed il Tancredi, le quali per altro debbono esserci care essendo del numero di quelle che si allontanano dagli argomenti greci, e dipingono, siccome insinuava il gran Torquatoa, costumi non troppo da noi lontani; e l’ultima singolarmente si rende pregevole per l’attività di purgare le pas ioni, per la qual cosa il conte di Calepio stimava doversi preferire alla stessa Merope.
Voltaire sostenne l’onore di Melpomene sulla Senna, a dispetto del cicaleccio de’ famelici impudenti gazzettieri pronti a sparger menzogne e tratti maligni sulle opere acclamate di coloro che non sono nel numero de’ loro benefattori.
Intorno a cinquanta altri letterati non volgari produssero in tal secolo regolar e piacevoli commedie, alcuni in prosa ed alcuni in versi, le quali forse passano il numero di centotrenta.