/ 172
132. (1878) Della declamazione [posth.]

Sia la forza superiore, della quale è l’uomo informato, sia la sua organizzazione più estesa e moltiplice, sia la combinazione dell’una e dell’altra, esso genera ed esprime al di fuori assai più che gli altri non fanno. […] Quindi errano pur coloro, che il carattere del bello da certe forme e movimenti graziosi, morbidi ed eleganti fanno dipendere, i quali sono allor belli, che convengono alla passione a cui si rapportano. […] Ma anche ove questi la obbediscono ciecamente non fanno sempre quell’effetto che far dovrebbero. […] Gli scultori non danno più di sei piedi alla grandezza naturale d’un uomo; ma l’eroica la fanno montare da quel termine fino a dieci, oltre il quale termine comincia la statua a divenir colossale. […] Dacché questa si trova, più che altrove, decaduta miseramente, i commedianti italiani, ch’erano una volta imitati dagli altri, ora non fanno che imitare il peggio di questi, e si può dire ch’essi fanno per lo più consistere il merito della loro declamazione in una specie di predicazione o di cantilena monotona, esagerata, nojosa.

133. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Gli abboccamenti notturni che si fanno al buio ed in luoghi impropri nel quarto atto dell’Ezzelino sono di ciò notabilissimi esempli, oltre quelli del Cesare sopra accennati. […] Contuttociò desiderarei in alcuni d’essi, che si mostrasse più di virtù che di passione viziosa e che si fosse con arte scemata la gravezza di certe lor delinquenze che li fanno apparire men degni di compassione. […] Inoltre agli stessi concetti manca talora la necessaria grandezza, massimamente ove si fanno parlare Romani con la greca semplicità. […] Il linguaggio ordinario delle francesi tragedie è un perpetuo tessimento d’astratti, di segni, di parti che fanno le veci del tutto, di traslati, e di cose simili. […] Gli altri all’incontro non pur fanno sempre cesura nel luogo medesimo, ma la metà posteriore non è che una repetizione della metà precedente.

134. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Rancida parrebbe ancora l’invenzione degli argomenti delle sue favole fondati sulla schiavitù di qualche persona in Turchia o in Affrica; ma si vuole avvertire che in quel secolo essi doveano interessare più che ora non fanno, perchè tralle calamità specialmente delle Sicilie sotto il governo viceregnale non fu la minore nè la meno frequente quella delle continue depredazioni de’ barbari sulle nostre terre littorali non più coperte dalle potenti armate di mare di Napoli e di Sicilia. […] Ciò avverrà appunto, quando scosso il volontario stupore gli uomini giungano a comprendere che, oltre ai tenori con tanto diletto ascoltati, le dolcissime naturali voci delle femmine fanno in iscena, senza che si violenti la natura, quanto mai sanno eseguire le non naturali de’ castrati.

135. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Alcuni soldati che fanno la guardia avanti del real palazzo del re di Danimarca, si trattengono sull’apparizione di una fantasima spaventevole.

136. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

Al Capo V medesimo dalla pagina 116 (dopo le parole della pag. precedente spaventano e fanno inorridire) si tolgano le prime dieci linee da La Grange-Chancel nato &c.

137. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 148-185

Passando poi a componimenti veramente scenici composti in tal secolo da non volgari ingegni, troviamo una tragedia di Gregorio Corraro patrizio veneto morto nel 1464 composta in versi latini nel l’età di soli anni diciotto, intitolata Progne, alla quale fanno plauso, secondo Lilio Gregorio Giraldi, moltissimi eruditi del XVI secolo, e nel nostro col Marchese Scipione Maffei altri letterati ragguardevoli.

138. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO IV. La drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 47-73

Passando poi a’ componimenti veramente scenici latini composti in tal secolo da non volgari ingegni, troviamo una tragedia di Gregorio Corraro patrizio Veneto morto nel 1464 composta in versi latini nell’età di soli anni diciotto, intitolata Progne, alla quale fanno plauso, secondo Lilio Gregorio Giraldi, moltissimi eruditi del XVI secolo, e nel nostro col marchese Maffei altri letterati ragguardevoli.

139. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108

Per esempio la prima aria dell’atto I non si canta se non dopo 126 versi recitati, e 32 versi poi sono seguiti da due arie: nell’atto II si recitano 150 versi prima di sentire un’ aria, e 70 versi soli fanno nascere cinque pezzi di musica, cioè tre arie, una cavatina ed un recitativo obbligato: altri 98 versi poi precedono un’ altra aria.

140. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « Indice delle opere e degli autori citati » pp. -786

 — Il Teatro, ovvero fatti di una Veneziana che lo fanno conoscere.

141. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico, e fanno desiderare che si producano. […] Ma Ermione in procinto di perdere Pirro, ha ben ragione di volere indagare per tali picciole cose, se a lei pensi tuttavia; là dove Erbele ha recenti pruove della fede di Gerbino; quindi è che le premure di Ermione svegliano l’attenzione, e quelle d’Erbele fanno svenire; e tanto più che Ermione domanda per la prima volta, ed Erbele ha sentito più volte il racconto di Zelinda, che dice, Più fiate il labro mio gli estremi detti A te narrò, dove se vuolsi pronunziare italianamente, si fa un verso di dodici sillabe dovendosi dire fi-a-te, e non fia-te 1. […] Con una pretesa pietra simpatica, detta altrimenti cornea, si conchiude un matrimonio conteso dal naturalista zio della giovane destinata ad un ridicolo suo discepolo, il quale è preso a sassate, che gli si fanno credere cadute dal cielo. […] I congiurati contro i due sciocchi naturalisti a favore degli amanti, fanno piovere una tempesta di sassi sulle spalle di Don Sossio destinato sposo della nipote di Don Macario suo maestro. […] Lo spettatore però che delle volte suole esser curioso investigatore di quanto fanno o non fanno in iscena i personaggi, fa mille giudizj sull’inselvarsi de’ due ardenti amanti, involandosi agli occhi degli stessi confidenti (quando l’eroine stesse de’ romanzi della Scudery non sogliono parlare a’ loro amanti senza chiamar presso di loro le confidenti) e di mala voglia vedesi tenuto a bada da’ personaggi subalterni, i quali continuano ad orare nel giardino.

142. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Anche il racconto del mostro marino è una prova del gusto del Cosentino, che orna moderatamente l’originale senza pompeggiare, come fanno Seneca e Racine, senza l’inverisimile ardire che si fa mostrare ad Ippolito nell’affrontare il mostro78, senza imitar Seneca, che quando Teseo dovrebbe solo essere occupato della morte del figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura del mostro79. […] Di poi col proprio titolo di Tancredi si pubblicò in Bergamo nel 1588, benchè col nome di Ottavio Asinari fratello dell’autore; ma per quanto afferma il conte Mazzucchélli, gli autori del catalogo de’ codici mss della real libreria di Torino ne fanno autore Federico, e così pensò ancora il Signor Apostolo Zeno. […] Ecco in qual guisa argomenta contro del Capitano della sua guardia: Le leggi e ’l giusto, di che tanto parli, E per parlarne assai poco ne intendi, Non hanno sovra i principi potere, Che mal si converria, s’essi le fanno, Ch’essi all’opera lor fosser soggetti.

143. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Ne’ quattro tomi da me veduti del suo Teatro ha publicate quattro commedie in prosa, l’Impressario di due atti dipintura molto comica e naturale in ciascun personaggio introdotto: i Pregiudizj dell’amor proprio in tre atti, i cui caratteri sono più studiati di quelli che presenta la natura: la Scommessa, ossia la Giardiniera di spirito parimente in tre atti, la quale supplisce colla scaltrezza all’effetto che fanno Pamela e Nanina coll’ amore, e con poco fa perdere la scommessa alla Baronessa tirando il Contino di lui nipote a sposarla: i Pazzarelli ossia il Cervello per amore in due atti con ipotesi alquanto sforzate e con disviluppo non troppo naturale, che però è una piacevole dipintura di que’ vaneggiamenti che se non conducono gli uomini a’ mattarelli, ve gli appressano almeno.

144. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

tà dell’Imperatore, grazie come tutto giorno fanno in figliuolette che prive di protezione non hanno chi chieda e supplichi per loro.

145. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

della dolce forza che ti fanno le passioni espresse in istil nobile ed accomodato agli affetti ? […] Nell’ atto V Penelope si lamenta del tripudiar che fanno i proci per la morte di Ulisse, stando a mensa con Telemaco, ed Ulisse stesso sconosciuto. […] Ciro che prevale ad Astiage, Alessandro a Dario, Tamerlano a Bajazette, sventure di personaggi che altro non fanno che cangiar le catene de’ regni. […] Oramzeb e Maometto fanno confidenza delle proprie scelleraggini ed insidie, l’uno a Jelma, l’altro a Zopiro. […] I Romani vi fanno vergognosa figura per la condotta del legato Flaminio col suo tribuno Albino.

146. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

E quindi nasce che tanti si fanno un pregio di coprirli di vergogna. […] Egli ne parlò per tradizione, come fanno per lo più della propria letteratura i suoi compatriotti domiciliati in Italia.

147. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

La regina riprende la timidezza dell’amante che si discolpa col rispetto; entrambi fanno pompa di acutezze, là dove era da disvilupparsi una tenerezza contrastata. […] Nell’atto II i maneggi di Elena fanno sì che per due anni e mezzo nè le lettere di Diego giungano alla cugina, nè quelle di lei sieno a Diego indirizzate. […] Sebbene per le passioni generali e per l’intreccio si è veduto con piacere anche ne’ teatri italiani, tutta volta fuori delle Spagne è impossibile ritenere i tratti originali della dipintura degli zingani Andaluzzi che acquistano ancor grazia maggiore nella rappresentazione che ne fanno i nazionali.

148. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

In tal guisa lavorano i buoni artefici; essi prendono gli altrui pensieri per sementi e ne fanno germogliare una nuova pianta.

149. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

Ben pochi, forse nessuno : ma io sì : e dico con orgoglio a Clementina, e con rammarico per le altre — che ella fu grande, perchè fu vera, vera nel vero patologico e non in un forzato e ricercato verismo con combinazioni di nervosità che fanno della verità una menzogna, dell’arte un giuoco di prestidigitazione !

150. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

I canti di Solone fanno andar in tumulto il popolo, se ne abolisce il divieto, se ne allestisce un’armata, e se ne riporta una compita vittoria. […] [18] I Greci lo consideravano come una successivi rappresentazione o immagine degli oggetti dell’universo imitati dalla musica col mezzo del tempo e del movimento, i quali, risvegliando nell’anima la memoria o l’idea di quella tal cosa fanno che si riproduca in noi la stessa passione che ecciterebbe se sopposta fosse ai nostri sensi.

151. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Sventuratamente lo studio stesso che fanno i plagiarii per allontanar da essi il sospetto de’ ladronecci, gli discopre, e riscalda la bile dell’onesta gente. […] Egli dovè parlarne per tradizione, come per lo più fanno della nazional letteratura quasi tutti gli esgesuiti spagnuoli domiciliati in Italia dopo la loro espulsione dalle Spagne.

152. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

Escono un medico e uno speziale, che si rallegrano scambievolmente di ciò che i mali degli uomini fanno il loro guadagni, e che la terra seppelisce tutti i loro spropositi.

153. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Queste sono le dipinture che fanno gli stessi eruditi nazionali della decenza della gentil Dama del Signor Lampillas, di sì onesta Dulcinea apologetica.

154. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

Alcuni tirano da un lato, altri dall’opposto, e si ritarda l’esecuzione; il che ingegnosamente allude alle città greche, le quali non convenendo nel medesimo progetto, fanno sussistere la guerra.

155. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

In tal guisa lavorano i buoni artefici; essi prendono gli altrui pensieri per sementi e con nuova cura ne fanno germogliare una nuova pianta.

156. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Argomento sarebbe questo degno solo di certi ragionatori di ultima moda, i quali spregiano l’erudizione di cui scarseggiano, empiono i lor volumi di sofismi, e si fanno schernire come semieruditi e semifilosofi, cioè a dire nè eruditi nè filosofi.

157. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Gli antichi fanno menzione delle tragedie e della ludica degli etruschi, e ci dicono che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatri60. […]    …………………………………………    O si pateant pectora ditum,    Quanto intus sublimis agit    Fortuna metus, pur leggiadramente imitato dal nostro poeta drammatico: Se a ciascun l’interno affanno Si vedesse in fronte scritto, Quanti mai che invidia fanno, Desterebbero pietà.

158. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Di poi col proprio titolo di Tancredi si pubblicò in Bergamo nel 1588, benchè col nome di Ottavio Asinari fratello dell’autore; ma, per quanto afferma il conte Mazzucchelli, gli autori del catalogo de’ codici mss della real libreria di Torino ne fanno autore Federico, e così pensò ancora l’erudissimo Apostolo Zeno. […] Ecco in qual guisa argomenta contro del Capitano della sua guardia: Le leggi e ’l giusto, di che tanto parli, E per parlarne assai poco ne intendi, Non hanno sovra i principi potere, Che mal si converria, s’essi le fanno, Ch’essi all’opera lor fosser soggetti.

159. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Delle tragedie di Azzio fanno menzione Nonnio Marcello, Varrone, Aulo Gellio e Macrobio. […] E chi di grazia ha rivelato a costui sì bel secreto, che gli autori nel pubblicar le loro favole l’empivano di noterelle, come fanno oggidì i moderni?

160. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Argomento sarebbe questo degno solo di certi ragionatori di ultima moda, i quali spregiano l’erudizione di cui scarseggiano, empiono le loro carte stampate di sofismi, e si fanno schernire come semieruditi e semifilosofi, cioè a dire nè eruditi nè filosofi.

161. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Inglese era Samuel Johnson, e dopo del Rowe e del Pope e del vescovo Warburton, è stato comentatore delle opere del Shakespear pubblicate in Londra in otto volumi nel 1765; e pure nella prefazione dice di lui moltissimo bene e moltissimo male, che è quello appunto che fanno gli esteri imparziali.

162. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Queste cose fanno riuscire il melodramma italiano diversissimo dalla tragedia francese per la ricchezza e l’ economia dell’azione76.

163. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Delle tragedie di Azzio fanno menzione Nonnio Marcello, Varrone, Aulo Gellio e Macrobio. […] E chi di grazia ha rivelato a colui si bel secreto, che gli autori nel pubblicar le loro favole le colmavano di noterelle, come fanno oggidì molti moderni?

164. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Ed intanto mille o duemila altre favole col medesimo pregio dello stil fiorentino fanno sbadigliare, e giacciono seppellite sotto la polvere delle biblioteche. […] E se vi parrà (soggiugne) che in qualche parte l’abbia alterati, considerate, che sono alterati ancora i tempi e i costumi, i quali sono quelli che fanno variar le operazioni e le leggi dell’operare.

165. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Antonio Raff, Giovanni Tedeschi, Tommaso Guarducci, e Giambattista Mancini, che si è anche distinto fra i letterati pel suo bel libro intitolato Riflessioni pratiche sul canto figurato allevati da lui fanno tuttora parte viventi, e parte defunti bella testimonianza del valore del loro maestro.

166. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Per altro l’abuso sorprendente che di tali obbietti fanno i più degli artisti, i quali non gli adoperano le più delle volte fuorché ad abbellire i capricci della loro fantasia, ne ha in tal guisa sformati i lineamenti, e confasi i caratteri, che si credette impossibile il ravvisarli.

167. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Giorgio Lillo giojelliere di Londra, il quale morì l’anno 1739, imprese a scrivere più d’una di simili favole tragiche di persone private sommamente atroci, per le quali si è comunicata alle scene francesi ed alemanne la smania di rappresentar le più rare esecrande scelleraggini che fanno onta all’umanità.

168. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

pure leggiadramente recato in Italiano dal medesimo poeta Cesareo: Se a ciascum l’interno affanno, Si vedesse in fronte scritto, Quanti mai che invidia fanno, Desterebbero pietà.

169. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

E Metastasio sviluppando l’istesso concetto, Se a ciascun l’interno affanno Si vedesse in fronte scritto, Quanti mai che invidia fanno, Desterebbero pietà.

170. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Mi permetta però di dirgli ch’egli ha indebolito codesto suo argomento, per avere ignorato che non i soli nominati gran poeti, ma tutti i Francesi fanno versi rimati.

/ 172