Si ode strepito di stromenti musicali dalla reggia, perchè il re stà in tavola assiso banchettando e bevendo. […] sì alma infelice; scancellerò dalla mia fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il tuo comando, sì lo giuro. […] Va dalla madre. […] Esce il Morto veduto da Amlet, e non dalla regina. […] Vieni forse a riprendere la negligenza di tuo figlio, che indebolito dalla compassione e dalla tardanza obblia l’importante esecuzione del tuo orribile precetto?
.), artista di pregi non comuni, dalla quale ebbe una figliuola, la Pierina, incantevole attrice, più nota sotto il nome di Giagnoni (V.).
Attratto dalla vita dell’arte, abbandonò paese e impiego per entrare in non so qual compagnia, come suggeritore ; ma le seduzioni della scena lo avvinsero di modo che, lasciata la modesta buca, diventò attore, dedicandosi alle parti di padre e tiranno, nelle quali, in quella di tiranno specialmente, fu acclamatissimo.
S. promessa quella a diuersi personaggi la stimerebbe resa troppo imperfetta dalla mancanza di questo soggetto che è tra’ migliori. »
Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845.
La sua figura gentile e una grazia singolare la rendono anch’essa degna delle pubbliche lodi, nè lasciano che gli oltraggi del tempo cagionino in lei quelle perdite, che pur troppo inseparabili sono dalla caducità di quei pregi, che tanto soglionsi stimare dagli uomini nel gentil sesso. » Così Francesco Bartoli.
Succedette alla Tessari Maddalena Pelzet, la quale dopo un solo anno dovette andarsene ; e la Pieri tra pel merito reale, e per l’ intrigo del marito, Adamo Alberti, capo socio della Compagnia, diventò la prima donna assoluta dei Fiorentini, fino al '54, in cui fu sostituita da Fanny Sadowski, assumendo essa il ruolo di madre nobile, che sostenne per varj anni, finchè, stanca dell 'arte, il 10 ottobre del 1885 si ritirò dalla scena.
Uscita la celebre Gallina dalla Compagnia Reale, andò a sostituirla, e n’ebbe moltissimi onori.
D'intelligenza svegliatissimo, e dotato dalla natura di un fisico meraviglioso, non disgiunto da una voce magnifica, che esercitava un fascino irresistibile sugli spettatori, ebbe per un ventennio rinomanza di artista egregio ; e il Colomberti lo chiama l’ideale dei primi amorosi e dei primi attori.
La vediamo poi, uscita dalla Compagnia Sacco, serva in quella di Luigi Perelli.
Carlo Goldoni stimò di aver compreso dalla fama che ne correva, la maniera di sceneggiare Liveriana, e volle provarsi nel suo Filosofo Inglese a porre in vista più azioni ad un tratto; ma nell’imprimerlo ci avvertì che niuno gli avea detto bravo per questo. […] Questa commedia lontana dalle favole di Mercier quanto è dalla sapienza e dalla veracità l’autor del Colpo d’occhio, è nel genere tenero concesso. al comico. […] L’orchestra divisa dalla platea allontana dagli ascoltatori la molestia dello strepito vicino degli stromenti. […] Il teatro inalzato in Venezia in questo secolo è quello di San Benedetto, al cui interiore comodo e decente non corrisponde la figura che si allontana dalla regolare degli antichi. […] Del risultato ebbe notizia in Madrid dalla seguente lettera: “Accertata la Real Deputazione, che la Commedia di V.S.
Il Colomberti dice di lui : che sortì dalla natura un carattere inquieto, atrabiliare, puntiglioso e prepotente. […] Nella Galleria de' più rinomati attori drammatici italiani, da cui ho tolto il presente ritratto, è uno scritto di Tommaso Locatelli, il quale dice di lui : Il Lombardi è dotato dalla natura di alta e bella persona, d’una corretta e chiara pronunzia, e di una voce forte e soave, atta in singoiar modo a piegarsi a tutte le infinite varietà di quegli affetti, ch'ei vuole esprimere, e che sa cosi mirabilmente trasfondere negli animi de' suoi uditori.
Sanno essi pur troppo di non doversi il buon teatro considerar come semplice passatempo, ma come industre espediente suggerito dalla filosofia per seminar nelle società dilettando, la coltura, la virtù, la morale, e per secondar le provvide vedute de’ legislatori. […] Adunque o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surriferite maschere, o aver sortito dalla natura matrigna la comprensione di un vero Tinitiva dell’Orenoco, per non ravvisare l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere che ci appresta la poesia teatrale, e per tenere in conto di studio triviale quello che spendesi in descrivere l’origine, i progressi, le vicende, il buon gusto di un genere poetico così utile, così difficile, e con ardor sommo e con felice successo trattato da’ filosofi di grido, da nobili di primo ordine, da vescovi, da cardinali, da santi padri, da re, da imperadori. […] Non v’ha nemico più temuto dagl’impostori letterarj, politici e morali, quanto un buon teatro; per la qual cosa essi adopreranno sempre gli ultimi loro sforzi per avvilirne l’occupazione, temendo di esser su di esso scherniti, suo principal oggetto essendo il separar l’oro dall’alchimia, la maschera dalla realità, i veri utili scrittori da que’ larghi promettitori eterni di opere che non si producono, i quali sono gl’insetti divoratori della messe che dovrebbe alimentar la povertà meritevole, la modesta filosofia, la virtù infelice che dà riputazione fin anco a’ paesi corrotti, la quale mentre riscuote un apparente rispetto, vien lasciata languire nell’indigenza.
L’Ademollo (Una famiglia di comici italiani) pubblica ancora alcune poesie di lei che sono nella raccolta edita a Venezia nel 1726 dalla Bergalli, moglie di Gaspare Gozzi, senza data, nè altre indicazioni. […] Baron mi ha detto la prima volta e la sola, che ho avuta seco conversazione, ch’egli aveva presa quella maniera di declamare senza scostarsi dalla natura, dopo che aveva sentita la Truppa Italiana, che, già sono quattr’anni, è ritornata in Parigi. […] Per creder vero, io tengo ch’egli l’abbi presa dalla sua esperienza, e dallo spirito suo, che sopra i difetti altrui ha saputo conoscere il vero ; ma pure quand’anche fosse così, e non un suo complimento, non ha egli potuto vedere la natura del recitare de’ Comici Italiani che nella Commedia ; mentre le Tragicommedie di Sansone e della Vita è un sogno, non sono tragedie ; ed è ben diversa da quella la maniera nostra nel recitare Andromaca, Ifigenia, Mitridate, Semiramide, Oreste, ecc., e le altre francesi ed italiane tragedie che eravamo accostumati di recitare, e che ora lasciamo da parte.
Le Sacchi-Paladini, le Romagnoli, le Cutini spariron dalla scena, e il ruolo della servetta fu a poco a poco ingoiato dalla prima donna o dalla prima amorosa, specie di attrice universale, che secondo l’importanza di una parte sapeva essere ad un tempo e serva e padrona, e vecchia e giovane, e comica e tragica ; fino a che non venne questa nuova forma di arte, che vuole, dicono, la fotografia dell’ambiente, la quale, oltre al ruolo, ne ingojò persino il tipo….
Scioltosi dalla società, ma rimasto in compagnia come scritturato, ne uscì dopo undici anni per passare in quella di Belloni e Meraviglia, nella quale stette quattr’anni. […] Cecilia di Roma Anna Job Carolina Santecchi Annetta Ristori Annunziata Glech Virginia Santi Regina Laboranti Margherita Santi Fanny Coltellini Teresina Chiari Geltrude Chiari ATTORI Luigi Domeniconi Gaetano Coltellini Amilcare Belotti Gaspare Pieri Achille Job Ignazio Laboranti Carlo Santi Carlo Zannini Tommaso Salvini Lorenzo Piccinini Giacomo Glech Antonio Stacchini Giovanni Chiari Luigi Santecchi Giorgio Zannini Luigi Cavrara I molti debiti lasciati colla malaugurata azienda delle due compagnie, saldò interamente in questo quadriennio ; e sostenuto dalla fama che s’era meritamente acquistata di galantuomo, continuò a condur compagnie, in cui militaron sempre i più forti artisti del momento, sino al triennio ’61-’62-’63 che fu per lui costantemente e fatalmente rovinoso. […] Nonostante una figura tozza, una fisionomia volgare, un collo sepolto nelle spalle, riuscì coll’occhio vivo e lampeggiante, colla voce forte e armoniosa, coll’intelligenza naturale accentatissima, a ottenere il plauso de’ pubblici i più varj, e nelle parti di ogni specie ; poichè egli mirabilmente passava dalla rappresentazione de’ più atroci personaggi, quali il Montalban nella Chiara di Rosemberg, e il Walter nell’ Orfanella della Svizzera, a quella de’ più gai, quali il Geraldino della Lusinghiera e il Cuoco del Cuoco e Segretario.
Disfatto dalla malattia di cuore, impotente quasi a muoversi dal letto di morte, con uno sforzo supremo un giorno levò il capo, e si diede a sciamare con voce rotta dal pianto : « perdono ! […] O vi dirò. il messo, che mi fù portato dalla lettera, dicea cosi. […] Si si o bon tia al più bon rutori al più bel vrlador pr dir la to intintation, che sia ma vsci dalla scola d’Zezaron, potta d’Zuda, s’Roma perdes qstù, a mi la free po castrà da vera, va mit zo qste rob, e tua quel cha t’hò dit, e vsa bona salcizza da Vdine di gratia intorno à Fiora, che vaga a cà d’la sorella d’la patrona, sat Pocintesta garbat ?
Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina. […] Il rimprovero dello strafare fu mosso dalla critica inguantata, come s’è visto, anche a Luigi Vestri, il quale, artista eminentissimo, di una verità, e soprattutto di una semplicità sbalorditiva, pare fosse tuttavia conoscitore profondo di tutte le risorse del mestiere, alle quali, per acconciarsi alle esigenze di certi pubblici, ricorreva talora, non saprei dire se volentieri o a malincuore.
Asprucci-Cesari Caterina, detta dalla famiglia dell’arte la Cesarina, nacque a Treviso nel 1775 ; fu moglie del precedente, e figlia di una sorella della notissima attrice Teodora Ricci-Bartoli (V.) che, presala con sè, l’educò all’arte.
Compiti gli studi di legge in quella Università, s’innamorò perdutamente di una comica, dalla quale fu persuaso di darsi all’arte drammatica.
Scacciato dalla capocomica in pubblica prova, tanto se ne accorò, che, riaccettato dopo supplicazioni d’ogni specie, non solamente mutò radicalmente i costumi, ma tanto si diè allo studio, che in brevissimo tempo divenne uno de’ più forti artisti de’ suoi giorni.
Figlia della precedente, ebbe dalla madre sua una educazione non comune : addestratasi nell’arte comica, del ballo e del canto, sapeva già, nel 1782 se ben giovanissima, farsi molto ammirare dal pubblico.
Era nel 1782 con Giuseppe Lapy, e il Bartoli ha parole di molta lode per codesta attrice che all’inizio della sua carriera dava sì belle speranze di sè, avendo sortito dalla natura una bella e grata voce, e un portamento maestoso e gentile a un tempo, alle quali doti accoppiava lo studio indefesso, e una instancabile volontà.
Quando il comico Zanuzzi fu mandato dalla Compagnia di Parigi in Italia (1775) a provvedere una prima attrice, egli trovò che la più a proposito era la Elisabetta Vinacesi.
Un fatto di tanta importanza avvenuto pubblicamente, poteva ignorarsi con verisimilitudine dalla regina? […] Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principj della religione pagana non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. […] Ed il segreto è svelato ad Ippolito dalla Nutrice non ostante il divieto di Fedra. […] Egli stesso non fece di più nel tradurre questa medesima scena in maniera diversa dalla Salviniana. […] Or questo non è trarre la tragedia Greca dalle fasce, o dalla cuna, ma copiarla.
Forse certi solinghi, coltivatori delle Scienze più recondite, i quali di rado scendono dalla loro contemplazione a partecipare del commercio sociale, formando quasi una razza inaccessibile separata dal rimanente? […] E per riescire nel suo intento l’Apologista vuol dare ad intendere a’ suoi compatrioti una cosa contraddetta dalla Storia, cioè che in tutte le Nazioni i Poeti scenici, al pari di Lope, hanno secondato il gusto del popolaccio. […] Il Gravina nel Numero XVII. del Trattato della Tragedia altro non dice, se non che il Guarino, e il Tasso adescati da’ Romanzieri si scostarono dalla semplicità naturale nelle loro Pastorali. […] A somiglianti assurdi è tratto l’Apologista dalla scarsezza di materiali Istorici, la quale serpeggia per tutto il suo Saggio. […] Il gusto generale si prende dalla maggior parte della nazione e da’ Drammi che vi si compongono, e non già da uno, e due, e dieci individui ancora, che fossero sciocchie stravaganti.
Quella simmetria nondimeno che nascerà dalla ragione doppia, sarà più piacevole di quella che dalla tripla, e questa più della seguente, e così in avanti, per vigore della seconda regola. […] Né solamente l’estetico di tali facultà, ma quello ancora della natura prende origine dalla simmetria. […] Condotti dalla loro propria esperienza. […] Il gesto muto è quello che non è accompagnato dalla parola. […] Vuole che possegga il segreto di muovere le passioni insegnato dalla rettorica; che accatti dalla pittura e dalla scultura i diversi atteggiamenti; che abbia (ciò che Tucidide attribuisce a Pericle) il segreto di discernere ogni dove il convenevole, il decoroso; che sia acuto, inventivo, giudizioso e di fino orecchio; e finalmente, che sappia la favola e la storia.
Compagnia Sarda, nella quale, dopo due anni, ebbe le stesse accoglienze festose, gli stessi onori prodigati alla grande attrice che la precedette, e che per ben diciassette anni fu l’idolo di quel pubblico ; e dalla quale uscì per isposare in Bologna il dott. […] …. ti rammento ancora che per ora dalla sopraintendenza posti assoluti non se ne danno, come pure abbi presente che l’Egregio benemerito Fabbrichesi per pagar molto fu obbligato partire ad onta che aveva L. 4500 di più dalla Corte oltre L. 24,000 d’appalto degli introiti serali niente indifferenti…………… A questa lettera la Bettini risponde colla seguente : Mio Caro Monti, Ricevo la tua 21 spirante e la riscontro al momento. […] Nello stesso giorno il Da Rizzo le scriveva da Roma : So che finalmente Ella ha potuto ottenere il tanto bramato scioglimento dalla R. […] » Forse allude alla stessa Marchionni, ritiratasi un anno a dietro, e surrogata appunto dalla Bettini ? […] Abituata fin dalla sua più tenera gioventù a non considerare la sua parte dal numero dei foglietti, ma dall’interesse che poteva avere nell’intiera produzione, poneva in tutte lo stesso impegno, non escluse le farse.
Ecco i meravigliosi corollari che derivano dalla proposizione del giornalista. […] Arteaga le rileva da due de’ suoi più bei pregi, cioè dalla sua ricchezza e dal contrappunto. […] Il desiderio di novità considerato metafisicamente è una inclinazione ingenita in noi dalla natura, come un’effetto immediato della curiosità. […] Ma esaminiamo ora quelle che mi vengono imputate, e incominciamo dalla prima. […] Siffatte ragioni si trovano dalla pag. 82 fino alla 89 del presente volume, ed ecco il perché mi dispenso dal riportarle qui di nuovo.
Neri nel Fanfulla della Domenica (4 aprile 1886), per avere licenza di recitare colà per tre mesi le loro honeste Comedie, sottoscritta dalla Piissimi, dal Pilastri, dallo Zenari, dal Pelesini, dal Capitan Cardone, dal Fabri, dal Salimbeni, dal Panzanini, e dal nostro che firmò : Io Giovanni Balestri affermo ut supra.
Uscito Giovanni Ceresa dalla Compagnia di Luigi Pezzana, fu chiamato a sostituirlo il Contini, il quale passò di trionfo in trionfo interpretando i caratteri più disparati, come il Foscolo e il Raffaello, ch’egli rendeva, più che con delicatezza di contorni, con maschio e gagliardo colorito.
Quante volte il povero artista passò dalla polvere all’altare !
Nato a Livorno il 21 agosto del 1844, dopo di avere studiato tra’filodrammatici sotto la direzione di Vittorio Benedetti, esordì come secondo caratterista nella Compagnia di Ciotti, Marchi e Lavaggi, dalla quale passò, dopo un solo anno, in quella N.º 1 di Bellotti-Bon, sotto l’artista Antonio Zerri, poi in quella che lo stesso Zerri formò in società con Lavaggi.
E tanto piacque la giovanetta nella parte di Giannina, che fu scritturata dalla Pellandi per le parti di prima attrice comica, al fianco di un’altra alunna la Carolina Tafani, poi Internari, che dovea sostener quelle di prima attrice tragica.
Nato a Pirano il 1830 da poveri genitori, esordì nel settembre del ’45 a Palmanova in Compagnia di Gustavo Modena, dalla quale poi, scioltasi alla fine di quell’anno comico, si formò quella Lombarda, in cui il Kodermann entrò a una lira austriaca al giorno, e in cui stette fino al ’56.
Allora Francesco Riccoboni riuscì a ottener dalla Corte un ordine, mercè il quale fu trattenuto pei creditori un terzo della sua paga sino al dì della sua morte, che fu per apoplessia il 24 ottobre del 1731.
Il carnovale del’79 sposò Marianna Ricci, sorella di Teodora Bartoli ; ma, cagionevole di salute, potè a stento ricondursi da Verona a Venezia, ove assistito dalla consorte, moglie saggia e amorosa, morì il 26 settembre del 1780.
Figlia dei precedenti, nata a Venezia e battezzata il 1° dicembre 1711 nella Chiesa di San Moisè, non lungi dalla Piazza di San Marco, esordì bambina il 1719 come il fratello Francesco nella scena aggiunta dell’ Arlequin Pluton di Gueullette sotto le vesti di piccola Arlecchina.
questa che non ignora che ciò che si chiama buon-gusto non dipende che dalla conoscenza di questo bello? […] Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori.
Barbiere dì professione, passò dalla bottega al Teatro, mettendosi la maschera del Doctore, perchè sapeva partar Bolognese. […] La chiusura dell’articolo del Piazza, per esempio, potrebbe far supporre, in quell’accenno all’allontanamento dalla Compagnia della Prima Donna (la Caterina Manzoni, a cui l’opera del Teatro è dedicata), ch' ella avesse a veder qualcosa in quelle ingiurie ; tanto più che sei anni avanti, nella Giulietta (Venezia, mdcci.xxi), non aveva il Piazza saputo trovare in lei altra dote fuorchè una particolare bellezza, come vedremo all’articolo di questa attrice.
Davide Rizzio, quel celebre italiano favorito dalla bella e sventurata regina Maria Stuarda, introdusse il primo di tutti nella musica scozzese il gusto italiano, che dura tuttora in alcune composizioni72. […] Pel sentiero da lui indicato si stradarono parecchi scrittori desiderosi d’arricchire la poesia germanica con un teatro lirico nazionale; ma o fosse che la lingua rozza e inflessibile non potesse alla dolcezza musicale abbastanza piegarsi, o nascesse ciò dalla penuria d’ingegni superiori, certo è che i tedeschi abbandonarono allora il pensiero di scriver drammi nel proprio idioma. […] Ciò si scorge dalla inclinazione al canto e al suono nella gente ancor più rusticana, nelle feste villerecce che celebransi spesso con istromenti propri di quella gente di minor dilicatezza forse che gl’Italiani, ma più atti a svegliar le passioni, nelle serenate urbane, nelle ciaccone, nelle follie, nelle sapate, moresche, sarabande, fandanghi, pavaniglie ed altri balli sparsi per tutta l’Europa colla dominazione spagnuola, e massimamente in Italia, la quale ora disdegna di confessare nel tempo della sua decadenza ciò che non ebbe a schifo di accogliere nel secolo più illustre della sua letteratura. […] Egli fece venire dalla Germania, ove diligentemente avea osservato ne’ suoi viaggi codesto ramo delle umane cognizioni, ogni sorta di trombe, tamburi, cornetti, fagotti, viole, tromboni ed altri strumenti; istituì una truppa di giovani moscoviti da erudirsi nella musica; ne introdusse il gusto e l’usanza ne’ pubblici e ne’ privati divertimenti promovendo in particolar modo la musica militare come la più confacente alle sue mire. […] Sebbene Pietro il Grande incominciasse dalla musica con lodevole divisamento la sua riforma, sapendo quanta influenza acquisti su un popolo non coltivato tutto ciò che parla immediatamente al sensi, non è tuttavia da commendarsi che siasi egli prevalso a cotal fine d’una musica straniera invece di perfezionare la nazionale.
In Suida troviamo ancora che il gramatico Sosibio Spartano compose un trattato sul genere di commedia usato dalla sua nazione. […] La sua figura era rettangola dalla parte che serviva alla rappresentazione, e circolare da quella dell’uditorio. […] Le decorazioni accennate proprie di ciascun genere comparivano al bisogno per mezzo di macchine, le quali secondo Serviob cangiavano l’aspetto della scena o col volgere velocemente i tavolati o col ritirarli per togliere dalla vista una dipintura e farne comparire un’altra. Nell’alto della scena era ancor situata la macchina versatile, dalla quale Giove lanciava i suoi fulmini, come dinota la voce Κεραυνοσκοπειον che le diederoc Dietro della scena era il Βροντειον, il luogo, in cui con otri ripieni di selci che si agitavano, imitavasi lo strepito de’ tuoni. […] Erano essi fra loro accordati con musica ragione in guisa che scossi dalla voce la rimandavano più sonora e modulata.
[3.3] L’andare dipoi de’ nostri attori, gli atteggiamenti loro, il portamento della vita, i moti della persona non discordano punto dalla poca grazia, che e’ mostrano nel pronunziare e nello esprimersi. […] Oltre il gesto, che è tutto proprio dell’attore, certe sospensioni, certe piccole pause, il calcar più in un luogo che in un altro già non si possono scrivere; dipendono in tutto anch’esse dalla intelligenza sua propria. […] Rimangono ancora nella memoria dei Francesi simili finezze usate dal Baron e dalla Le Couvreur, che tanto faceano risaltare i versi di Cornelio e di Racine; e si sentono tuttavia fedelmente imitare in un paese, dove il teatro, come in Atene, fa gran parte della vita e dello studio. […] [3.4] Lo sceneggiare che chiamasi muto è altresì una parte della recitazione, che dipende in tutto dalla propria intelligenza dell’attore; ed esso è, per l’illusione teatrale, tanto importante, quanto importa il non vedere una causa rimanersi inoperosa e senza effetto.
Tali i due Tempj, de’ quali il primo semplice, grave, e solido contiene sei colonne in facciata, ed altrettante dalla parte opposta, e si allontana dalla maniera dorica greca, e dall’ordine toscano de’ tempi posteriori, ed il secondo tempio più picciolo, che dinota di essere stato da’ Toscani eretto posteriormente, quando già essi sapevano congiungere colla solidità il gusto di ornare. […] Carlo Denina nella Parte I del Discorso sulla Letteratura abbia senza appoggio asserito che Gneo Nevio venne dalla Magna Grecia come Andronico. […] Quindi esse sono state piuttosto credute portici, ne’ quali introducevansi le mercanzie in città dall’antico porto, che ora è in secco, del cui molo sussistono le ruine ora chiamate Muraccio o il Terrazzo dell’Ausa fiume che bagna la città dalla parte di oriente.
Duca di Ferrara, dichiarandola per Satira distinta dalla Tragedia e dalla Commedia: Non quæ te tragico perturbet fabula fletu, Huc veniet grandi, aut quatiat quæ pulpita voce Ardua materies, multorum & viribus impar, Quæve astus Davi referat sermone pedestri, Lenonisve dolos, tenerosque Cupidinis ignes, Hunc simul indocto & docto trita orbita vati, Sed quæ nunc demum Satyros denudet agrestes, Et Faunos, Panesque simul deducere sylvis Audeat, & blando te oblectet ludicra risu. […] E su tali fondamenti parvi che possa regger la macchina innalzata dalla cieca filautia? […] Noti ancora la Spagna e l’Italia, che l’istesso Apologista, il quale toglie a’ due Pellegrini del Tansillo il titolo di Dramma, che pure ha un’ azione che l’allontana dalle Ecloghe, l’istesso Apologista, dico, chiama coraggiosamente Dramma l’Albanio, in cui non v’ha operazione alcuna compiuta, nel che è posta l’essenza del Dramma, come è chiaro dalla stessa voce1.
Non giugne all’eleganza dell’Ariosto, del Bentivoglio o del Caro; anzi non sempre la dizione è pura, sfuggendogli dalla penna tratto tratto formole e voci non ammesse da’ Toscani rigorosi. […] Un padre spedisce in Costantinopoli un suo figliuolo per liberare dalla schiavitù la moglie e una figliuola. […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei; or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce dei dotti a muovere la potenza e la pietà de’ Principi Spagnuoli ed Italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazione? […] Si rivolse poi a ricavarli dalla storia, pigliando il miglior sentiero; ma pure la poesia vi avanzò poco, e lo spettacolo scemò di pregio per l’apparato. […] Non era miga questa maschera caricata mostruosamente come poi si formò la maschera del Pulcinella col dipartirsi dalla prima.
La giunteria di Corbolo è sconcertata dalla venuta del Cremonino colla veste di Flavio nelle mani. […] Direi che meno di altri critici e precettori di poetica si fosse allontanato dalla mente di Cesare il prelodato Sig. […] Parmi che dalla prima scena possa rilevarsi che si sia tal commedia rappresentata intorno al 1506. […] Andres) un’ aria fresca, delicata, moderna e tutta lontana dalla lentezza e dal languore. […] Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono curata di abbandonar la mia madre, nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola del mondo?
La partita si sposta a questo punto dalla pratica scenica (sempre presente alla teoresi martelliana) alla ricerca erudita volta a controbattere con le stesse armi al partito dei’ Greci’16. […] [2.43ED] E qual utile verrebbe per ciò alla repubblica ed a’ costumi dalla tragedia, abborrendo allora il popolo da’ teatri come gli schiavi dalla galea? […] — [3.132ED] Così diceva scendendo meco dalla fortezza, finché, giunti al molo, una barchetta, sui cui si lanciò come rana l’agile gobbo, me lo rapì. […] [4.77ED] Il ritmo dunque, che rende armoniosa l’orazione disciolta, non basta a separar da essa l’orazion legata italiana, quando non vi si aggiunga la rima, che sostanzialmente dalla prosa il verso italiano distingue. […] Da qui la sua tradizione presso le repubbliche oligarchiche del Cinque-Seicento italiano, ma anche la sua inattualità nella Francia del XVIII secolo, retta non dalla tirannide, ma da una giusta monarchia.
L’ Andreazzo si era scritturato colla Compagnia della Diana Ponti che doveva recarsi a Roma al servizio di esso Cardinale ; ma poi offertigli denari a piacer suo per conto del Duca dal Conte Ulisse Bentivogli di Bologna, promise che avrebbe trovato modo di sciogliersi dalla Compagnia.
Perduto ogni suo avere, indebitato sino alla punta de’capelli, dovè smettere ogni altra speculazione, passando dalla compagnia propria a società di maggiore o minor conto, in sino a che, vecchio omai, e senza più una via a guadagnarsi onoratamente il pane, ricoverato dal genero Giuseppe Guagni, morì a Firenze verso il 1850.
Ritiratosi il Lipparini dalla scena, il Feoli formò con Gaetano Vestri una società ch’ebbe sorte infelice.
Nato a Torino da civile famiglia, fu costretto dall’avversa fortuna a recarsi in Lombardia, ove consumato tutto quanto gli restava ancora, si unì a una compagnia di guitti, recitando le parti d’innamorato con felice riuscita, se bene non avesse avuto dalla natura requisiti necessari a un artista.
Formò poi compagnia per far salire al grado di prima donna assoluta sua moglie Giovanna, avvenente e pregevole prima amorosa ; e dopo dodici anni di capocomicato, or fortunato or disastroso, si scritturò per un triennio in Compagnia Perotti, poi, il 1820, coi figli Luigi e Adelaide (Luigi, sposatosi alla figlia del capocomico Cavicchi, abbandonato dalla moglie, ridotto alla più squallida miseria, si suicidò, avvelenandosi, verso il 1828), in quella di Velli e Mascherpa, nella quale cessò di vivere la primavera del 1823.
Scontata la pena, rientrò nell’arte ; ma non vi fece più che le ultime parti, anche perchè obbligato dalla lunga consuetudine della catena a trascinarsi dietro la gamba sinistra.
Severi Elisa, di Ravenna, fu trasportata dalla famiglia a Roma, ancor bambina, e là cresciuta ed educata.
Salvatore il 13 agosto 1739 con Maria Claudia Duflos, dalla quale ebbe più figli, e dal 1754 in poi recitò anche i servi e i contadini.
Il mal gusto prosperoso perverte i deboli e gli conquista, mentre il vero buon gusto ramingo va mendicando ricetto fra pochi sconosciuto dalla moltitudine nella stessa guisa che un uomo probo e pieno di non dubbio merito fimane confuso tralla plebe in una società corrotta, dove tutti gli sguardi e gli applausi e le decorazioni e le ricchezze si attira la malvagità ingorda e l’impostura luminosa. […] Michelangelo rappresentava estemporaneamente la parte di Pulcinella avendola studiata sin dalla fanciullezza da Andrea Calcese ammirato in tal carattere in Napoli ed in Romaa, e da Francesco Baldo, dal quale ricevè anche in dono la maschera stessa usata dal primo di lui maestro il nominato Calceseb. […] Vuolsi avvertire che questa maschera di Pulcinella non era miga caricata mostruosamente come poi si alterò col dipartirsi dalla prima.
All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni Europee, prima di avere chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di Trovatori Provenzali e di Rimatori Siciliani. […] La poesia che dipigne, abbisogna d’ immagini che rappresentano le cose, la cui storia dalla prima età si va imprimendo nella fantasia. […] Nell’uno e nell’altro caso viene dalla vigilanza della legge corretto e richiamato al dovere.
Lontano dalla grandezza del primo non meno che dalla delicatezza ed eleganza armoniosa del secondo, egli non cade però nè nell’enfatico di quello, nè nell’elegiaco di questo. […] L’Olimpia in cui trovansi scene interessanti, venne dalla Cassandra di M. […] Lasciamo di parlar punto nè poco di Nadal, le Blanc, Pavin ed altri obbliati dalla nazione stessa. […] Perchè dunque mentisce dicendo di aver presi i fatti dalla storia nazionale? […] E’ questo il bell’ esempio da proporsi a’ nazionali per tirar tragedie dalla storia patria?
Le gemelle avvedute dell’inganno prendono dalla mano del loro fratello un veleno, e lo tracannano a gara, indi ridottesi alle loro stanze si animano a combattere fra loro per togliersi que’ momenti di vita che loro rimangono. […] Egregiamente la compassione e la perturbazione aumenta verso il fine essendo riconosciuto l’ucciso Mustafà per Selino, specialmente dalla madre che ne cagiona la morte per volerlo salvare. […] Forse dal fine lieto che preparava all’Arsinda e dalla mescolanza di personaggi mediocri fra gli eroici, si mosse il Testi a chiamarla dramma tragicomico. […] Quindi a ragione disse de i di lui talenti drammatici e dello stile Pier Jacopo Martelli: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e si fosse alquanto astenuto da certe figure solamente a lirico convenienti, avrebbe dato che fare a’ Franzesi; ma usando un libero verso senza rima pensò che languito avria senza frase; per sollevarlo dalla viltà lo sviò dalla naturalezza, e diede in nojosa lunghezza, fiaccando il vigor degli affetti per altro vivissimi. […] Il Caraccio fecondando l’antica idea dalla bella contesa di Corradino e Federigo fa nascere una serie di colpi di teatro e di situazioni interessanti.
Dall’altro canto mostra talvolta qualche affettazione nell’elevarsi, corre dietro alle forme troppo poetiche e alle parole troppo latine, come osservò anche il conte Pietro da Calepio, e non va esente dal cicaleccio, ciò che si vede sin dalla prima scena nella narrazione che fa Oreste delle proprie avventure incominciando dalla guerra di Troja. […] Egli trasse dalla storia de’ re di Roma l’eccesso della spietata Tullia per esporlo sulle scene. […] Nel V il Popolo libera il reo dalla pena di morte, ma vuole che soggiaccia all’infamia del giogo. […] In fine la disgrazia del medesimo Errico II ammazzato in una giostra dal conte di Mongommeri condannato poscia a morte sotto altro pretesto dalla vedova regina Caterina de’ Medici nel 1574? […] Il Fuligni dalla medesima invasione di Cipro trasse il suo Antonio Bragadino che nel 1585 la pubblicò dedicandola a Francesco M.
Capitato a Venezia un vecchio comico, il quale stava formando una modesta compagnia, scritturò la misera coppia ; e la moglie, giovinetta, dotata di singolar bellezza e di pronto ingegno, salì in brevissimo tempo al grado di prima donna ; per modo che, fattosi il marito a sua volta capocomico, rigenerato materialmente dai non pochi guadagni, e moralmente dall’amore e dalla virtù della sposa, fu richiamato dal suocero, che, perdonato a entrambi, lasciò la figliuola erede di un pingue patrimonio.
Nonostante il divieto del padre, uomo di austerità singolare, e schiettamente e profondamente religioso (tre altri figli datisi agli studi ecclesiastici, coprironto alte cariche nel clero), frequentando nascostamente i teatri, fu preso d’amore per l’attrice Adelaide Pasquali, figlia di un ex-capitano contabile di Napoleone, poi capocomico, e di Annetta Verolti ; e fuggito dalla casa paterna per entrar nella Compagnia del futuro suocero, si diede con tanto amore all’arte che potè riuscrire brillante prima, poi caratterista non de’peggiori, al fianco de’grandi artisti del tempo, Ventura, Monti, Pertica, Taddei, Vestri, Marchionni, Pelandi, Internari e Vergnano.
Fra le opere del Cuccetti son da annoverarsi il Mitridate che fu dato con gran successo dalla Compagnia Raftopulo, e l’Alunna della giumenta che ebbe otto repliche consecutive.
Andò a sostituire il 1826, nella Compagnia Reale di Torino, l’amoroso Giacomo Borgo, al fianco della Marchionni e di Luigi Vestri ; e quivi lo vediamo nel’29 primo attore a vicenda or col Boccomini, or col Perini : ruolo che sostenne con crescente favore sino al’35 ; nel qual anno uscì dalla Reale, sostituitovi da Giovanni Battista Gottardi, per divenir conduttore di Compagnie or buone, or mediocri, delle quali egli era l’anima.
Toltosi dalla professione, correva le strade di Palermo chiedendo del suo fallo perdono con queste parole : Vi chiedo scusa del cattivo esempio che v' ho dato, e m’accuso d’essere stato un furfante ; ma più furfanti siete stati voi altri portandovi così vogliosi ad ascoltarmi.
Ma in lui crebbe a segno la passione del teatro, che, un giorno, fuggito dalla casa paterna, si unì a una compagnia delle più mediocri, di cui divenne ben presto il sostegno, recitando con singolare perizia, e con meraviglia dei suoi compagni, i disparati caratteri di amoroso, primo attore, padre e tiranno.
Bartoli cita Il Mago dalla barba verde ed Il turbante di Asmodeo.
Da capocomico solo passò a essere conduttore in società, con non so quale attore, ma di Compagnia secondaria : finchè, travagliato dalla sorte contraria e dagli anni, si ridusse a Sassuolo, ove morì verso il 1860. – In Compagnia Rafstopulo egli aveva sposato Adelaide, figlia della celebre Teresa Angelini (V.), che gli sopravvisse.
Diventò pel ’40-41-42 prima attrice madre della Compagnia Verniano, dalla quale si tolse, per ritornare il ’43-44 capocomica al fianco del marito. […] Aveva la Cavalli sposato a Napoli l’amoroso Demetrio Cristiani ; e con lui, scritturato dalla società Tessari-Prepiani-Visetti quale caratterista, tornò il ’25 a Napoli, ove dopo alcuni mesi morì.
E tra il tumulto per le feste a Guglielmo, Imperatore di Germania, venuto a Milano nel 1875, i giornali registravano i fanatismi del Trionfo d’amore di Giacosa, ripetuto 15 sere, i cui versi, come un’onda melodica, uscivano dalla bocca di Ciotti e di Virginia Marini. […] Francesco Ciotti vive oggi a Pistoia, dove di quando in quando mostra ancor l’arte sua forte e gentile a quei filodrammatici ; e d’onde si recò a Firenze il ’93 nella ricorrenza del 1° centenario dalla morte di C.
Dei libretti pubblicati dal Cambiagi due soli potei vedere ; l’uno di mia proprietà, che contiene 47 ottave cantate dalla primavera dell’anno 1776 a tutto il carnevale 1777 ; e l’altro esistente nella Biblioteca Nazionale di Firenze, che contiene 56 ottave cantate dalla primavera dell’anno 1778 fino a tutto il carnevale 1779, colle quali abbiamo il repertorio della Compagnia Roffi che metto qui a titolo di curiosità : La bottega del caffè – L’ Amante militare – Il Feudatario – La Moglie gelosa – Le Donne curiose – La forza dell’amicizia – La Figlia obbediente – L’ Ipocrita – Il Raggiratore – La finta ammalata – Le astuzie di Trastullo e d’Arlecchino – Arlecchino principe per accid ente – La Scozzese in Londra – I Rustici – La guerra – Il Padre giudice del proprio Figlio – Il Tutore – Arlecchino, cavalier per forza – I Senatori romani – L’anello magico – Il Padre amoroso – Lo Zoroastro – La donna scientifica – L’Avventuriere onorato – La Tartana – L’Antiquario, o sia Suocera e Nuora – La casa nuova – Arlecchino marito alla moda – Il saggio amico – La bacchetta parlante – Arlecchino servitore di due padroni – Il Bugiardo – Gli amori di Damet – Arlecchino perseguitato da 4 elementi.
Come gli andasse la piazza di Napoli sappiamo dalla seguente lettera, che la moglie scrisse al Duca, l’anno dopo che furon tornati da quel disastroso viaggio. […] ma mano dalla quale attende la gratia, e soglieuo & Quam Deus &c.
Egli recitava solo, per via, intere commedie…. ma lasciam la parola all’attore Colomberti che di quelle recite singolari ci lasciò la seguente descrizione : Nella primavera del 1824 io mi trovavo a recitare al Teatro San Benedetto di Venezia colla Compagnia di Luigi Fini ; e una mattina, trovandomi a passeggiare sulla riva degli Schiavoni, vidi giungere un vecchio, seguito da un ragazzo che gli portava una sedia, che pose in mezzo al vacuo fra le colonne di Marco e Todero, ed il vicino canale che dalla Laguna va al Ponte dei Sospiri. […] Quando il concorso gli sembrò al completo, si alzò dalla sedia, e rivolto agli accorsi, disse loro in dialetto alcune parole di ringraziamento, e terminò coll’ annunziare che avrebbe recitato un lavoro tragi-comico, in tre atti, intitolato : la Maga Morgana e Arlecchino vittima delle sue vendette.
Non ispregevole pastorale, non certo delle peggiori, è codesta Fiammella, in cui, oltre alla felicità dell’orditura, alla maestria della condotta, al fantastico di certe scene, sono versi abbastanza garbati come i seguenti che tolgo dalla scena undecima dell’atto quarto. Dopo che Fiammella ha promesso a Titïro, se cessi dalla sua crudeltà, un vaso per attinger acqua, fatto d’un teschio d’un uccello, ch'in aria si nutrisce di rapina, ………… e n’è intagliato con sottil lavoro tutt’all’intorno d’ogni sorte uccelli, ………… Ardelia dice : E tu, Titiro mio, se mi compiaci, ti vo' donar una bella ghirlanda da verginelle mani ben contesta di Rose, di Ligustri, e d’Amaranti, con molte foglie d’Ellera e d’alloro, nelle quali son scritte le mie pene, e come fui per te d’amor trafitta, con fregi che circondano le foglie ch'in esse si comprendono il trionfo del faretrato Dio, e di sua madre.
Imperciochè i tragici ricavavano i loro soggetti dalle favole di Omero e dalla mitologia: ma i comici soccorsi soltanto dalla propria immaginazione gli traevano, per così dire, dal nulla, e presentavano uno spettacolo tutto nuovo. […] Gli effetti partoriti dalla pace non possono vedersi eseguiti nel giorno che si pubblica. […] Un giovane così corrotto dalla malvagità del padre e dalla perversa scuola del precettore, avvezzandosi a difendere l’ingiustizia, se ne innamora, e tosto arriva alle scelleraggini. […] Egli sempre lo condanna co’principj della commedia nuova ed io sempre dovrei ripetere che questa differisce di molto dalla farsa allegorica, cioè dalla commedia antica di Atene. […] Con quale ardita satirica allegoria dipingevasi dalla scena un popolo principe!
Si noti che dalla Merope, dalla Demodice e dalla Didone si sono esclusi i cori, e l’uso in seguito n’è passato quasi del tutto. […] Ma tali nei vengono conpensati dalla bellezza dello stile e da situazioni interessanti ben condotte. […] Dione che liberò la Sicilia dalla tirannia de’ Dionigi, e rimase indi oppresso dalla propria imprudenza o credulità, è il titolo della terza tragedia del Granelli. […] Forse la diversità dell’effetto deriva dalla dissomiglianza delle due favole. […] Sin dalla prima scena Bibli interessa e commuove.
Il loro dialogo ha tutta l’energia della passione, ed è soprammodo lontano dalla durezza delle sentenze lanciate ex abrupto alla maniera di Seneca. […] Adunque la prima istruzione che ebbero i Francesi di un dramma in cui venissero osservate le regole delle tre unità, debbono riconoscerla dalla Sofonisba del Trissino. […] Dall’altro canto mostra talvolta qualche affettazione nell’ elevarsi, corre dietro alle forme troppo poetiche e alle parole troppo latine, come osservò anche il Conte Pietro da Calepio, e non va esente dal cicaleccio; il che si vede sin dalla prima scena nella narrazione che fa Oreste delle proprie avventure incominciando dalla guerra di Troja. […] Egli trasse dalla storia de’ re di Roma l’eccesso della spietata Tullia per esporlo sulle scene. […] Nel V il popolo libera il reo dalla pena di morte, ma vuole che soggiaccia all’infamia del giogo.
Gherardi, ammirato, applaudito, avrebbe potuto restar lungo tempo alla Comedia italiana, se pei suoi costumi depravati non fosse stato messo in prigione, e quindi espulso dalla Francia.
I pregi artistici del Medoni erano alquanto scemati dalla cattiva pronunzia dialettale, ma compensava tal difetto con la coltura e l’ ingegno non ordinari in un comico (è stato autore di molte tragedie applaudite, tra le quali, applauditissima, la Dirce) e con la eloquenza, che, tra' comici del suo tempo, oserei dire, unica.
Si fece allora conduttor di compagnia, ma con niuna fortuna ; e in breve, consumato ogni suo avere, si trovò costretto a ramingar con piccole compagnie in piccole città, fino a'dì d’oggi, in cui ha la triste ventura di sollazzar la gente con qualche buffonata dalla minuscola scena di un caffè concerto.
Può vedersene un esempio ne’ motteggi lanciati in una di esse quando cadde dalla grazia di Luigi XII il maresciallo de Gie perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa. […] Compose eziandio alcune di quelle farse chiamate Moralità che portarono il nome di Pastorali fatte dalla regina rappresentare alle damigelle della sua corte6. […] Specialmente in quella de’ Giudei si notano alcuni squarci felici tratti dalla Sacra Scrittura.
Uscito dalla compagnia, ne formò una in società con Angiolo Gattinelli, scritturandovi il Taddei, col nome e colla direzione del quale potè passar tra quelle di prim’ordine.
Quando dalla Compagnia Grimani uscì il Dottore Monti, Rodrigo Lombardi andò a sostituirlo, e Gol- doni lasciò scritto di lui (Pasquali, XIV, 9) ch'era bravo, eccellente : e valente lo disse pure il Gozzi nell’appendice al suo Ragionamento ingenuo (IV, 45).
Silani, Arlecchino Filippo Niccolini Giovanni Battista Gozzi, Pantalone Anselmo Porta Agostino Zurlini generici A Ravenna, trovandosi il 1765 in uno de'momenti più critici, fuggì dalla Compagnia, di cui prese le redini la famiglia Romagnoli.
Sticotti Fabio, attore della Compagnia del Reggente, condotta in Francia il 1716 da Luigi Riccoboni, nacque il 1676 nel Friuli, dicono, e dalla Sticotti, cantarina di una compagnia.
Nato a Verona il 21 aprile del 1862, e destinato dalla madre all’ingegneria, dovè, per rovesci di fortuna, abbandonare con grande rammarico gli studi, dopo il terzo anno d’Istituto (sezione matematiche), e andarsene impiegato nell’Amministrazione ferroviaria a Torino, dove gli si sviluppò la passione dell’arte, e dove stette cinque anni, filodrammatico acclamato.
Passò dalla Toscana nel Regno di Napoli che percorse tutto in pochi anni con buona fortuna.
Quale sia il fondamento di cosi raffinata invenzione, è facile a vedersi: la similitudine cioè, o l’analogia, che immaginarono doversi trovare tra il suono reso dalla campana e la figura della campana che il rende. […] Oltre di che non poche sono le disconvenienze che risultano dalla figura della campana: il venirsi a ristrignere con essa lo spazio della platea e il far perdere a parecchi palchetti la veduta di tutta la scena, e alcune altre che qui riferire non giova. […] E sta in questo, che i palchetti, secondo che dalla scena camminano verso il fondo del teatro, vadano sempre salendo di qualche once l’uno sopra l’altro, e similmente vadano di qualche once sempre più sporgendo all’infuori. […] E non lungi dalla medesima idea è il teatro che fu, non sono ancora molti anni, consecrato in Berlino ad Apollo e alle Muse; ed è uno dei primari ornamenti di quella città regina.
Alcuni anni or sono ella non aveva ancora toccato la sommità dell’arte alle quali mostrò sempre di aspirare : ma il grado già alto in cui si trovava nella sua giovinezza, congiunto alla dolcezza degli sguardi, alla soavità del sorriso, alla melodia della voce, all’armonia perfetta di tutta la persona, all’espressione di natural candore, a tutto un esteriore insomma di donna ideale, giustificava pienamente gli entusiasmi del pubblico ; il quale, abbacinato dalla miracolosa fusione, non sapeva più se l’arte soverchiasse la bellezza, o la bellezza l’arte. […] Quel bagagliume non la riguarda ; lei sente che il momento umano, della situazione e del carattere, non deve essere alterato da impeti vanitosi che non hanno nè la ragione nè il sentimento dell’arte ; lei sente che i prontuari, le tradizioni, le pratiche di quel mondo artificiale non hanno il potente alito di vita della creatura fatta ad imagine e similitudine ; lei sente che l’applauso del pubblico, dal mormorio di approvazione al grido entusiastico, deve prorompere spontaneo, non deve essere strappato con le tenaglie arroventate del mestiere ; e per quanto non abbia dato finora delle interpretazioni complete, nel tono generale della recitazione della Tina Di Lorenzo si vede questo che è la pura bellezza dell’arte della scena ; vivere una creatura, non fare una parte con tutti gli annessi e connessi del macchinario, e si scorge nella dizione, dalla piana a quella che si eleva nel vario erompere di una passione, nel vario avvicendarsi di una situazione ; e si scorge nel modo di concludere la frase, senza finali di maniera ; e si scorge nello sprezzo, costante, tenace, di quelle note stridenti, le quali anche a volte, rarissime, innocenti, riuscirebbero all’effetto dell’applauso plateale …… Dal terzo articolo : « quello che non c’è. […] Sentite a me : è meglio uscire dalla retorica : è più rispettoso, è più sincero per l’attrice giovinetta, ed è anche più praticamente utile per l’avvenire di Tina Di Lorenzo. […] Allora, tra la sensazione emanante dal personaggio rappresentato, e quella puramente estetica prodotta dalla vista della interprete, esiste una compenetrazione armoniosa, e non si rompe il fascino, per cui Tina Di Lorenzo, sin dal suo primo apparire, si conquistò i pubblici di tutti i teatri di Italia, perchè cioè dava piacere a vederla.
Te dalla curva arena il Popol folto applaude, e oblia de le sue cure il pondo, tanto gioir sta ne’ tuoi detti accolto chè a Te dell’arti il genio almo, fecondo diè un leggiadro sentir pari al tuo volto, le grazie, il riso e il favellar facondo.
Dopo una infinità di peripezie dolorose, il piccolo Alfredo riuscì a tornare nella città nativa, in cui, col soccorso di uno zio materno, si dedicò se ben disordinatamente agli studj, balzando dalle tecniche al ginnasio, dalla medicina alle lettere, e abbandonando poi scartafacci di formule e ricette e poesie per l’arte drammatica, la quale cominciò a esercitare per affettuosa devozione verso il padre capocomico, cui eran mancati di punto in bianco e suggeritore e attori ; e alla quale diede poi, avuti i primi successi, tutta l’anima sua.
Pietro di Emilia il 10 aprile del 1867, si diede allo studio della pittura nell’Accademia di belle arti bolognese, dalla quale uscì con diploma di pittore, per entrar dopo soli quattro mesi (quaresima del ’90), e senza mai aver calcato un palcoscenico, secondo amoroso nella Compagnia Maggi.
.), è questo brano che si riferisce al Marchetti : …… pongo auanti gl’occhi di Vostra Signoria Ill.ma che sono in Napoli con cinque persone carico di debiti fatti per uenir in questa Città, non con altro ogetto che di leuarmi dalla tirannia e persecutione di Lelio marchetti e suoi adherenti, che è stato la rouina di mia casa, che se io hauessi hauto minimo comando nel tempo sono dimorato in modona non mi sarei partito e non sarei cosi consumato.
… Francesco Bartoli ha pel Massaro parole di gran lode, come quegli che era « fornito di una grazia prodotta in lui dalla natura e coltivata dall’ arte….
Nel '99, in Compagnia Rasi, creò fra tante al Filodrammatico di Milano, la parte di Henschel nel Vetturale Henschel di Gherardo Hauptmann, ottenendovi uno schietto e clamoroso trionfo per la grande vigoria, non discompagnata dalla più grande semplicità.
.), ed entrò, con lei seconda donna, nelle Compagnie di Luigi Pezzana, di Alessandro Salvini ; poi (lontano dalla moglie, rimasta in Italia), di Adelaide Ristori per un giro all’estero.
Il Tessero morì a Bologna il 24 dicembre 1887, assistito amorosamente dalla moglie Carolina, che fu sorella minore di Adelaide Ristori, e artista non ispregievole, nata a Brescia il 4 novembre 1823, e morta a Genova il 1890.
Sua moglie, Rosa Bresciani, figlia d’arte, e discendente forse dalla celebre Caterina, recitò sempre con lui, e morì a Mestre nel 1888.
Al contrario esse porteranno sempre incisa nel frontispizio un’ aria d’incertezza, di argomentazione precaria, di sospensione, che le cangia infine in pure declamazioni suggerite dalla paura di soggiacere, ed infonde brio e vigore negli emuli che se ne accorgono. […] Io quì vedo un manifesto decreto di condennazione positiva della licenza immoderata della scuola Lopense e Calderonica, la quale, traviando dalla norma comune, e da’ precetti indispensabili, permise a’ Poeti l’abbandonarsi alla propria intemperanza. […] Saverio, quelle Commedie andarono in disuso, perchè n’era manifesta la irregolarità, e perchè que’ caratteri di Duellisti, e Matasiete, che in Ispagna un secolo primo non parvero alieni dalla verisimiglianza, parvero ben tali in Italia dopo un secolo, e il popolo più non se ne dilettava. […] Essi per vizio radicale si allontanano, non che dalla semplicità, da un viluppo ragionevole; sono carichi a dismisura di accidenti romanzeschi, fondati sù bizzarrie, duelli, nascondigli &c., ma non pertanto più non vi si trovano i personaggi fanciulli e caduchi, da un atto all’altro, nè si corre in un’ ora tutto l’Oceano, passando dalla Penisola all’America, e dall’America alla Penisola. […] Un rompicollo perseguitato dalla Giustizia, incapace di amistà, senza rispetto di Leggi, nè di Religione, non solo ammesso da Leonora nella propria Casa, ma da lei cercato fino nella Locanda, come farebbe una donnicciuola di mondo.
Al quale inconveniente grandissimo si troverà soltanto il rimedio nella discrezione del compositore medesimo, il quale dalla bocca del poeta voglia udire le intenzioni sue, voglia intendersela con esso lui prima di metter nota in carta, lo consulti dipoi sopra quanto avrà scritto, ne abbia quella dipendenza che avea il Lulli dal Quinault, il Vinci dal Metastasio, quale giustamente la prescrive la disciplina del teatro. […] E però da esso ha da prendere atteggiamento e viso, come appunto dalla orazione l’esordio. […] Il recitativo era vario e pigliava forma ed anima dalla qualità delle parole. […] E non si può abbastanza esprimere quanto diletto sorgesse in contrario dal fare ad ora ad ora accompagnar sobriamente le arie da diversa qualità di strumenti, dalla violetta, dall’arpa, dalla tromba, dall’oboe e forse anche dall’organo, come era altre volte in costume44. […] E se a ben condurre la melodia non ci vuole per avventura tanta profondità di dottrina, quanta a ben condurre il contrappunto, ci vuole però un gusto finissimo e una somma discrezione di giudizio; lo più bel ramo, dice quello antico savio, che dalla radice razionale consurga.
Il Bugiardo, tratto dalla Verdad sospechosa, e dal Mentiroso en la corte degli Spagnuoli, si rappresentò dopo che avea Cornelio illustrate le scene con gli Orazj, col Cinna e col Poliuto, cioè nel 1641 o 1642. […] Allorchè poi questa farsa si ripetè in Parigi dove il ridicolo che vi si satireggia, esser dovea più disteso e più notabile, si accolse così favorevolmente che se ne continuarono le rappresentanze per quattro mesi continui, raddoppiandosi sin dalla seconda recita il prezzo ordinario dell’entrata. È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia, voce della natura onde siamo avvertiti che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali. […] L’interesse che si desidera nel Misantropo, comincia nel Tartuffo a sentirsi sin dalla prima scena della vecchia Pernelle. […] Il Cornuto immaginario viene dalla favola Italiana intitolata il Ritratto.
Che che di lui motteggi Aristofane nelle Tesmoforie, è certo che Aristotile nella Poetica celebra la tragedia di Agatone intitolata Αιθος, il Fiore, nella quale i nomi e le cose erano tutte inventate dal poeta, e non già tratte dalla storia o dalle favolea. […] Altrove ne cita un verso, il cui senso è questo; bisogna che la fortuna sia ajutata del l’industria, e che l’industria venga pur dalla fortuna ajutata .
Andrea Grifio corrotto dallo spirito secentista dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, e Carlo Stuardo tragedie; di più Santa Felicita tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gabaoniti tradotta dalla mentovata tragedia olandese del Vondel, la Balia tradotta dalla commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante tradotto da un’ altra francese di Giovanni De la Lande; e finalmente due sue commedie gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, e due opere Piasto e Majuma.
S. le nostre Miserie, sicuri, che rimirate dalla medema con gl’ Ochi del suo benignissimo Compatimento, non ci lascierà senza sollieuo, senza di cui non sarà possibile, che di quà parta la Compagnia se non ui lascia le Robbe ; Che però prostrati i Comici Ser. […] Il Coralli non ha voluto riveder l’ Italia, ma avendo sposata una figlia del Ruggeri, fabbricatore di fuochi artificiali, è rimasto a Parigi, impiegato colla Truppa francese allo stesso Teatro, e un tal impiego gli fa onore e giovagli altresì per il congruo, e necessario suo decoroso mantenimento. » Una delle migliori creazioni del Coralli fu quella del fratello minore nei Gemelli Bergamaschi di Florian, dati la prima volta il 6 agosto 1782, in cui si fece molto applaudire al fianco del Bertinazzi che rappresentava il fratello maggiore : e una delle peggiori pare fosse quella nel Venceslao, dramma francese, come appare dalla prefazione del traduttore Francesco Gritti.
Fra questi cito una parodia del Cantico de' Cantici di Cavallotti recitata l’autunno dell’ '81, al Teatro Manzoni di Milano, dalla Compagnia Pietriboni, appunto dopo il Cantico. […] Nacquer dalla loro unione tre figliuole, educate all’arte del canto, due delle quali riuscirono egregie, e una, la terza, perdè la voce e divenne poi moglie del rinomato La Blache.
Nelle tragedie nè osservò le regole del verisimile nè si guardò dalla comica mescolanza. […] Per la qual cosa non ebbe torto il signor di Voltaire in asserire, che questa singolare e troppo ardita commedia tratta dalla Scuola delle Donne di Moliere, se volete non è scuola di buoni costumi, ma sì bene di spirito e di buon comico. […] Giacomo II uscendo soddisfatto dalla ripetizione di questo dramma composto sotto Carlo II, richiese di colui che l’avea scritto; ed intendendo che da sette anni si trovava in carcere per non aver modo di soddisfare i suoi creditori, spontaneamente ordinò che si liberasse, se ne pagassero i debiti, e si provvedesse con una pensione alla di lui sussistenza.
Fu infine, per due anni, nella seconda del Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti, in qualità di Prima attrice tragica, e Madre nobile, dalla quale passò a Firenze, ove stette, fuor dell’arte, sino alla morte, che avvenne per idropisia l’8 novembre del 1854. […] Il dramma era stato da poco rappresentato dalla signora Tessari con esito felicissimo. […] Non vedo l’ora di finirla, e voglio venire a mangiare pane e fagioli, ma lontana dalla scena e dai suoi indegni cultori.
Alcuni versi inseriti in un’altra, e dalla malignità naturale degli adulatori interpretati contro del principe, cagionarono la morte del poeta. […] Ciò però s’intende, quando la legge guidata dalla saviezza gastiga i delitti manifesti, non già quando un’arbitraria indomita passione gli crea, ed infierisce contro l’innocenza, e punisce ne’ deboli i proprii sogni e vaneggiamenti. […] Acilio della Tribù Pontina archimimo che fu decorato dalla città di Boville del decurionato, come si ricava dall’iscrizione recata dal Grutero nella pagina 1089, numero 6. […] E come trovarne dalla morte di Teodosio I sino allo stabilimento de’ Longobardi in Italia, periodo il più deplorabile per l’umanità a cagione del concorso di tante calamità, di guerre, d’incendii, di penurie, di contagii che all’inondazione de’ barbari desolarono l’Europa? […] Don Blas de Nasarre letterato spagnuolo in una sua dissertazione publicata nel 1749, faceva sperare monumenti drammatici nella letteratura Araba ricavati dalla Biblioteca dell’Escorialeb.
Questa Semiramide poi mal rappresenta l’attività maschile attribuita dalla storia alla famosa regina degli assiri. […] Niuno meglio di M. de Voltaire si é difeso dalla galanteria, dall’elegie, dalla mancanza di azione, e dagl’intrighi troppo romanzeschi della maggior parte delle tragedie francesi. […] Ma quanto non ne risulta dalla persiana! […] Ma queste tragiche avventure, cittadinesche ci menano insensibilmente lungi dalla vera tragedia. […] «Quello mostro nacque, siccome dice benissimo il signor di Voltaire, dall’impotenza degli autori, e dalla sazietà del pubblico, dopo i bei giorni della letteratura francese».
Contiamo tra gli errori l’essersi omessa la seguente nota (1) nella pagina 275, lin. 15, dopo le parole, e colla sua dote: (1) Questa favola del Federici è copiata dalla novella del sig.
Staccatisi poi dalla Società, e condotta la compagnia per proprio conto, ritornarono, il 1807, a Napoli, ove rimasero cinque anni.
I due nuovi arrivati, provenienti dalla Capitale, furono annunciati a suon di gran cassa, e fatti segno alle favorevoli dimostrazioni del pubblico, l’ uno per la voce stentorea, per la persona aitante, pel volto piacevole ; l’ altra per la soavità dell’aspetto e la poca età.
Artista di molto pregio per le parti di primo attore e generico primario, nacque a Cento dalla nobile famiglia de’ Savii, alla quale venne poi il moderno casato da un capo di essa chiamato Dondino.
Fratello minore del precedente, nato a Caltanissetta in Sicilia, il 29 febbraio del 1856, non si staccò mai dalla Compagnia del padre sino al ’78, nel quale anno fu scritturato secondo brillante, insieme alla moglie, con Luigi Bellotti-Bon con cui stette quattro anni.
Piacque ad Amato Ricci, che il Landini, giovanissimo, studiava dalla platea della Piazza Vecchia, e recitò con lui il '46.
Il 10 di agosto era colla compagnia a Verona, come si vede dalla supplica di cui si è parlato al nome di Fiala Giuseppe Antonio (V.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V.
Ma dove ancor più fui colpito dall’espressione, dal calore, dalla mimica di questo attore, si fu nella parte di Giuda nel Giuseppe riconosciuto, mediocrissimo dramma tradotto dal francese.
Figlia dei precedenti, cresciuta sulle tavole del palcoscenico, entrò a far parte della prima Compagnia di Novelli dopo uscito dalla Compagnia Nazionale, per parti di giovine : ma da lui consigliata, poco oltre i vent’anni mise la parrucca della madre, per seguire la tradizione di famiglia, in cui nonno e padre s’eran fatti celebri colle parti caratteristiche.
È l’argomento stesso della Rosmunda del Rucellai, se non che l’Irlandese la mostra nell’atto V rea di adulterio, e l’Italiano la preserva dalla prostituzione, e dall’assassinamento. […] Agnese maravigliata della fiducia di quel forestiere è tentata dalla curiosità ad aprir la cassetta; resiste alquanto, poi l’apre e resta abbaccinata allo splendore di tanti diamanti. […] Il giovane Wilmot esclama dalla prossima stanza: oh padre oh padre mio. […] Si richiedeva però miglior destrezza nel prepararli, affinchè paressero condotti dalla natura, e non dal bisogno che ne aveva il poeta. […] Oggi gl’Inglesi vantano una musica nazionale discendente dalla Tedesca, la quale è figlia dell’Italiana.
La qual poesia fu inviata da Venezia il 26 gennaio del’46 alla madre dell’Adelia, accompagnata dalla seguente lettera : Signora Marchesa, Ho voluto io stesso mandarle questi versi che mi uscirono spontanei dal core dopo aver conosciuto e apprezzato il nobile ingegno, e l’animo elevato della Contessina Adelia. […] La provincia di Mantova fu nel’ 39 desolata da uno straripamento del Po ; e la miseria generata dalla immane catastrofe fu tale e tanta che si studiò di alleviarla in ogni maniera. […] L’Adelia, al fianco di un Puricelli, che sosteneva con singolare maestria le parti di primo attore, tanto da parere artista provetto, vi fece la prima attrice, acclamatissima dalla prima sera. […] Se grido di passione uscì mai dal suo petto, fu per Seismit-Doda, il giovane dalmata, uscito allora dalla Università, entusiasta, ardente : e fu grido fuggevole.
Uscito la quaresima del '53 dalla Compagnia Domeniconi, si riposa a Firenze, ove si dà allo studio di nuove parti ; e il '54 entra in quella di Astolfi con la Santoni e il Pieri. […] Torna capocomico il '67, e scrittura il '68 Virginia Marini (ammalatasi la Cazzola, morì consunta dalla tisi il luglio di quell’ anno, e Salvini sposò pochi anni appresso una giovanetta inglese, mortagli a ventiquattr'anni il dicembre del '78). […] Nè si creda ch'egli sia stato artista colossale soltanto per quelle parti in cui specialmente occorrevano la colossale persona e la voce poderosa ; chè accanto alle frasi in cui si richiedevan quella persona e quella voce, altre ve ne avean di sommesse consacrate dal pubblico e dalla critica. […] Se mi fosse lecito un paragone, direi che l’anima del sommo artista era un superbo corridore, passante di vittoria in vittoria, sorretto dalla man forte di un savio condottiero : la mente.
Si noti che dalla Merope, dalla Demodice e dalla Didone si sono esclusi i cori, e l’uso in seguito n’è passato quasi del tutto. […] Dione che liberò la Sicilia dalla tirannia de’Dionigi, e rimase indi oppresso dalla propria imprudenza o credulità, è il titolo della terza tragedia del Granelli. […] Forse la diversità dell’effetto deriva dalla dissomiglianza delle due favole. […] Sin dalla prima scena Bibli interessa e commuove. […] Ciniro resta abbattuto dall’ orrore, dall’ira, dalla pietà.
Un riso caustico, un guardo ironico, un accento risentito anche nel rispetto, un dispettoso silenzio, una loquacità non affettata, la malizia, la civetteria, la curiosità, l’albagia, e la fedeltà delle cameriere, e dell’amore più il puntiglio che il sentimento, più l’epigramma che l’espansione, il passaggio più rapido e più spontaneo dalla indifferenza sardonica alla collera, ed una gradazione mirabile tra il sospetto e la minaccia ; ecco le forme sotto le quali abbiam veduto finora brillarla, ed ecco ciò che la rende degna della lode che qui con ingenua ammirazione le rendiamo.
II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui
Ridottosi vecchio in Padova, lontan dal teatro, vi fu dopo alcun tempo richiamato dalla passione dell’arte : ma la sua ricomparsa lo fe’battere per sempre in ritirata.
Fu poi scritturato dalla Ristori, che egli seguì in Italia e all’estero, e della quale educò i figliuoli.
Soppresso il teatro italiano nel 1697, egli si ritirò in un suo piccolo possedimento ne’ dintorni di Parigi, acquistato poco dopo il suo matrimonio dalla moglie, di cui non sappiamo il nome, ma appartenente a buona famiglia, e un po’ in là cogli anni, come ci avvertono i fratelli Parfait (op. cit.)
Giovinetta entrò in un laboratorio di sarta per impararvi il mestiere, ma, educata alle scene, nella filodrammatica della città, dall’ ex-artista drammatico Zuccato, fuggì di casa, dopo la morte del padre (1836), per sottrarsi alla risoluzione della madre che volea far di lei una istitutrice, e si recò a Venezia, ove fu scritturata amorosa, in Compagnia di Corrado Vergnano, dalla quale passò in quella di Giovannina Rosa, a farvi le parti di seconda donna che meglio si attagliavano alla sua bella e slanciata figura.
Fu quindi con la Compagnia Cocconato, poi con quella di Cesare Rossi, dalla quale uscì per recarsi a Livorno, aggregata alla Filodrammatica de' Nascenti.
Piemontese, del Moncenisio, nato il 1640 circa, fu comico al servizio di Ferdinando Carlo per diciassette anni, e richiesto il 1685 dalla Maestà Cristianissima di Francia, Le fu concesso con lettera dello stesso Principe datata di Mantova il 14 marzo, nella quale era il più ampio ben servito che dir si potesse.
Di questa dice il Bartoli : « il gentil personale adattato al carattere che sostiene, una prontezza vivace, ed i modi suoi graziosissimi fanno distinguerla per un’ attrice pregevole, e degna di quelle lodi, che liberalmente le vengono dagli spettatori concesse. » Ricci Emilia, pisana, nata dalla civile famiglia Gambacciani, venuta a povertà, ancor fanciulla, dopo la morte del padre, sposò Antonio Ricci, padovano, ballerino da corda, assai maggiore di lei.
Morto il Ristori a Firenze il 3 settembre 1861, fu tumulato nel Cimitero del Monte alle Croci, ove la figliuola desolata fe' erigere, alla morte della madre, una cappella, co' medaglioni degli estinti, opera dello scultore Cambi, e con le seguenti epigrafi : AD ANTONIO RISTORI nato il 5 marzo del 1796 | mancato ai vivi il 3 settembre del 1861 || o mio dilettissimo padre | a te che mi fosti esempio | delle più belle virtù | che per generosità di cuore | e spirito di santa carità verso i miseri | fosti sempre benedetto dalla sventura | che fra gli stenti al lavoro | consacrasti tutta la tua vita | la tua figlia adelaide | che amavi tanto e che sì presto ti ha perduto | questo monumento | debole segno d’incancellabile affetto | tuttora in pianto poneva.
Spiri odio, e amor, ma senza macchia alcuna, senza alcun neo mostri furori e pene ; e quando è vinta dalla rea fortuna, vinca il maschio valor d’Argo, e d’Atene.
Nacque a Milano il 14 aprile del 1878, ed entrò giovinetta nell’Accademia de' Filodrammatici diretta da Luigi Monti, dalla quale passò scritturata il 1895 prima attrice giovine e amorosa nella nuova Compagnia Garrin di Cocconato, di poca fortuna.
Il Costetti ne lo fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè lo vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto della Compagnia Giardini, Woller e Belatti, dalla quale passò poi nello stesso ruolo in quelle di Corrado Vergnano, e di Angelo Rosa con cui stette lungo tempo.
Noi scorgiamo nelle favole del Montiano la regolarità nascente nella nazione non raccomandata dal gusto e dalla forza tragica che la rendano amabile. […] Gli affetti della Contessa combattuta da un eccessivo amore per l’avido Moro, e dalla tenerezza materna, sono bene espressi. […] So che a tale spedizione accorsero molte migliaja di fedeli dalla Francia, dalla Baviera, dalla Turingia, e spezialmente dall’Inghilterra, donde, secondo il medesimo Abate Uspergense, ne vennero ben sessantamila. […] Garcia vorrebbe pur liberarla dalla morte e trattenerli, ma vedendo Ruben sì ferma per rimproverargli con molte parole i perversi consigli dati a Rachele. […] Certo La-Motte non lo dee a veruno, nè gli fu sugerito dalla storia della Castro.
Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione del precursore fino alla resurrezione; e consisteva in una sfilza di scene indipendenti l’una dall’altra senza divisione d’atti, che si recitavano in più giorni. […] II pag. 202 ma Veranensis, secondo il Tiraboschi, dalla terra di Vairano, di cui probabilmente Laudivio fu barone, situata nella campagna felice vicin di Marzano mia patria. […] Si può notare che dal risorgimento delle lettere in Italia quella é la terza tragedia latina, in cui, dopo l’Ezzelino del Muffato e la caduta di Antonio dalla Scala del soprammentovato Manzini dalla Motta, veggasi trattato argomento recente e non favoloso. […] Affò corredata eziandio di belle osservazioni appartenenti alla storia della poesia drammatica, l’Orfeo che fu fatto magnificamente rappresentare in Mantova dal suddetto principe porporato, non solo vien purgato da tutte quelle macchie che lo tenevano deturpato nelle anteriori edizioni contraffatte e scomposte, ma é stato diligentemente assai più regolato nel dialogo ed in cinque atti diviso, quale uscì dalla penna del suo autore.
Dell’argomento del Signor Lampillas tolto dalla coltura degli Arabi, vedrà egli stesso la debolezza. […] Oltre a ciò quando mai ha il Signorelli asserito che tutte le nazioni, formate appena inventano la Drammatica, benchè egli la tragga dalla natura dell’uomo?
Finalmente Giovanni Manzini dalla Motta, natio di Lunigiana, di cui l’abate Lazzeri (Miscell. […] I pag. 173 ec.) ha pubblicate tredici lettere latine scritte verso la fine di questo secolo, in una di esse parla di una sua tragedia, che avea scritta sopra la caduta di Antonio dalla scala, quando gli fu tolto il dominio di Verona, e ne reca egli medesimo alcuni versi che non ci fanno desiderar molto di vederne il rimanente.
Contro di questa verità par che abbia l’erudito abate Carlo Denina opinato, allorchè affermò a, che dalla schiera de’ commedianti sogliono per l’ordinario uscir fuori i migliori poeti drammatici . […] Per le commedie non v’ha tra tanti e tanti commedianti chi uscisse dalla mediocrità, ove se n’accettui il solo Moliere, che colse le palme prime, ed il Dancourt assai debole attore, che pur dee contarsi tra’ buoni autori; là dove contansi fuori della classe de’ commedianti di mestiere tanti stimabili scrittori comici, come Des Touches, Regnard, Du-Freny, Saint-Foi, Piron, Gresset e cento altri Qual commediante nelle Spagne (senza eccettuarne Lope de Rueda, che fu il Livio, Andronico di quella penisola) si è talmente accreditato che contar si possa tra’ migliori scrittori al pari del Vega, del Calderòn, del Moreto, del Solis, del Roxas, di Leandro, de Moratin?
Ogni riconoscenza ed applauso esigono dalla grata posterità le utili fatìche del Muratori, del Maffei, del Gori, del Guarnacci, del Passeri, dell’ Accademia di Cortona ed anche del Dempstero, i quali sparsero da non gran tempo non picciola luce nelle antichità Etrusche. […] Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi.
Infatti i comici tornarono all’ assalto l’11 marzo, e questa volta ricevettero dalla Munificenza di Sua Altezza per mezzo del medesimo abate quarantacinque scudi d’argento con l’ordine reciso di partir subito da Roma. […] E altra finalmente da Bologna in data 1° ottobre 1699, in cui si discorre delle solite miserie, e s’implorano i soliti soccorsì, fatti a ciò arditi gli umilissimi serventi dalla Munificenza di tutti gli eroi della Serenissima Casa Estense, Epilogata nella persona di Sua Altezza Serenissima.
A questo punto lascio la parola a Luigi Pietracqua, che da proto della Gazzetta del Popolo, passò ad essere il più forte autore del Teatro piemontese, per sentimento di modernità, accoppiato alla più ardente passione (traduco dalla gazzetta dialettale 'l birichin del 5 settembre 1896) : Una figurina slanciata, sottile e dritta, e così naturalmente elegante, che si sarebbe detta modellata da Fidia o da Prassitele. […] Si sarebbe detto che quei mille spettatori fossero compresi dalla verità di quel dramma : non si sentivano che i miei rantoli rabbiosi e le grida soffocate della povera Adelaide.
Sostituì dopo un triennio Gaetano Vestri in Compagnia Robotti, dalla quale passò in quella di Arcelli, diretta da Alessandro Salvini. […] Si scritturò con l’ Emanuel, poi, andate a male le cose, formò Compagnia coi figliuoli già grandi, poi tornò ancora scritturato a' Fiorentini di Napoli dalla Santobono, insieme a Michele Bozzo, la Piamonti, ecc., poi di nuovo capocomico in società, or con Pareti, marito della prima donna Elvira Glech, or con Drago, la Lugo e Sichel, ed ora con Cartoni e Udina.
All’opposto le sentenze di Metastasio sono opportunissime, tratte sempre dalle circostanze o dalla passione. […] Il dialogo tra un vero credente e un idolatra è tolto dalla Betulia liberata: «Achiorre. […] L’opera, non iscompagnandosi mai dalla musica, dal canto, dalla danza e da gran decorazione, ha per oggetto il piacere non meno che alla ragione all’orecchio e all’immaginazione. […] Anche negli scrittori approvati da questa si ritrovano non pochi modi di favellare che sarebbero scorretti attendendo alle regole, ma che furono poscia autorizzati dal tempo e dalla fama degli autori. […] Appena vi si ritrova un solo personaggio che conservi il carattere che gli vien dato dalla storia, o che sarebbe proprio della sua situazione.
II Bugiardo tratto dalla Verdad sospechosa e dal Mentiroso en la Corte degli Spagnuoli, si rappresentò dopo che avea Cornelio illustrate le scene con gli Orazii, col Cinna e col Poliuto, cioè nel 1641 e 1642. […] Allorchè poi si ripetè in Parigi, dove il ridicolo che vi si satireggia esser dovea più generale, si accolse così favorevolmente che se ne continuarono le rappresentazioni per quattro mesi, raddoppiandosi fin dalla seconda recita il prezzo ordinario dell’entrata. È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia , voce della natura onde siamo avvertiti, che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali. […] L’interesse che si desiderava nel Misantropo, comincia nel Tartuffo a sentirsi sin dalla prima scena della vecchia Pernelle. […] Il Cornuto immaginario viene dalla favola italiana intitolata il Ritratto.
Passò dalla Compagnia di Bellotti a quella di Pietriboni per quattr’anni, e di Lavaggi per due ; dopo i quali (nell’ ’81) ritiratasi dalle scene, andò a stabilirsi a Firenze ove vive tuttora agiatamente, e direi quasi giovanilmente a dispetto dell’età incalzante.
Lo troviamo il ’38 generico primario con Gaetano Nardelli, il ’42 padre e tiranno con Romualdo Mascherpa e il ’43 collo stesso ruolo nella seconda Compagnia Domeniconi, nella quale si unì in matrimonio con Luigia Moretti, figlia di un suggeritore, e dalla quale passò poi in quella dei Fiorentini di Napoli, condotta prima da Alberti e Monti, poi da Alberti e Colomberti, poi dall’Alberti solo.
Teatro del Giglio ; e benchè, tormentato dalla podagra, non potesse più volte che recitar tutta la sua parte seduto, Ella non mancava mai alle rappresentazioni di lui.
Fu il’50 con Luigi Duse ; e il '51 fu accolto nella grande arte, nella Compagnia lombarda, condotta da Alamanno Morelli, dalla quale, dopo un triennio, passò primo attor giovine in quella di Cesare Dondini, a fianco della Cazzola, e di Romagnoli, poi di Tommaso Salvini.
Continuò egli a recitare scritturato in compagnie di ordine vario, finchè, divenuto il figlio Luigi primo amoroso della Compagnia Perotti, carico d’anni, si ritirò dalla scena.
L'Archivio di Stato di Modena ha di lui questa lettera senza data, ma della seconda metà del secolo xvii, che riferisco intera, e dalla quale mi sembra egli apparisca assai più impresario che attore.
Tralle più nitide edizioni dell’Aminta è da noverarsi quella del 1655 uscita in Parigi dalla stamperia di Agostino Curbè colle annotazioni di Egidio Menagio133. […] Ma quel sospirar delle piante, che potrebbe parer soverchio, con qual graziosa ironia non vien distrutto dalla disdegnosa Silvia! […] Un oimè ch’esce dalla bocca di Aminta assicura Silvia della di lui vita: un di lui sguardo verso lei che gli bagna il volto di lagrime, fa certo Aminta dell’amore e della vita di Silvia. […] Ma questa si pubblicò in Venezia nel 1583, ed io trovo, che nella stessa città un’ altra se ne impresse nel 1581 di Aluise Pasqualigo detta gl’ Intricati, la quale, come appare dalla dedicatoria fattane al principe dell’Accademia Olimpica, ed anche dal prologo, era stata rappresentata qualche anno prima a Zara. […] Accolta benignamente in Francia dal re e dalla regina e da’ più qualificati corregiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese. […] Nulla più lontano dal carattere del vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto il di lui Alessandro che sembra uno degli eroi da romanzo. […] Cornelio il suo Conte d’Essex dalla commedia spagnuola del Coello Dar la vida por su Dama; ma rendendola più regolare ne peggiorò il carattere dell’Essex. […] Duchè ajutante di camera di Luigi XIV ebbe l’onore di comporre alcune tragedie sacre pel teatro della sala di mad. di Maintenon, le quali si recitarono dalla duchessa di Borgogna e dal duca d’Orleans col famoso commediante Baron che le dirigeva. […] Gênet compose alcune altre tragedie rappresentate dalla duchessa du Maine colle sue dame.
Scriviamo pur noi non pertanto, se a lei così piaccia, per anni (dalla quale smania però mi scampi il cielo! […] Due secoli e mezzo sono trascorsi dalla morte di Garcilasso de la Vega alla pubblicazione dell’ultimo Volume del Saggio, nè Spagnuolo veruno si è avvisato di denominare le di lui Poesie altramente di quello che l’Autore le lasciò intitolate manoscritte; ed in cento Edizioni non mai le di lui Ecloghe si chiamarono altro che Ecloghe. […] Lampillas, il quale non solo dalla classe di Dramma escluse un’ Ecloga del Caro, ma l’ Orfeo del Poliziano, il Cefalo del Correggio, e i Due Pellegrini del Tanzillo, tre compiuti Drammi teatrali rappresentati in Mantova, in Ferrara, e in Messina, i due primi sin dal XV. secolo, e il terzo ne’ primi lustri del XVI., e prima dell’impressione delle Poesie di Garcilasso.
I primi, lungi dall’esser fatti per imitarsi, il nostro gran Monarca, ha stimato proibirne la rappresentazione per le buffonate che si mischiavano con sì augusto Mistero, e per le proposizioni assurde, e che sentono qualche temerità, che all’Autore cadevano innocentemente dalla penna1. […] L’Opera esige una Poetica differente dalla Calderonica e Lopense, che che voglia l’Apologista insinuare nomando alla rinfusa Tito, Sesto, Annio, Vitellia, Servilia, come se tanti nomi provassero una moltiplicità d’azioni. […] In oltre questo Filosofo mascherato comincia il suo discorso dal mostrare, che la semplicità amata da’ Greci, da’ Francesi, e da’ buoni Italiani, non si amò dalla Nazione Spagnuola, che si fondò nel viluppo romanzesco.
Il palazzo del Sole, la reggia di Plutone, divinità, fate, silfi, incantatori, apparenze, miracoli, trasformazioni, edifizj alzati e distrutti in un istante, anelli che rendono invisibili le persone che pur si vedono, pugnali vibrati nel seno altrui che ammazzano chi li vibra, uomini miracolosi dalla barba turchina, ed altre simili stranezze, sono i tesori del teatro lirico della Francia. […] Vi si dimostra che tosto che la musica apprese a dipingere e a parlare, sparvero gl’ incanti e la mitologia, e le divinità furono scacciate dalla scena quando imparò ad introdurvi gli uomini55. […] Niuno ignora i meriti di Noverre e per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, e pel modo di ballare, e per l’invenzione de’ balli, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, per aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con graziosi passi naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche.
[1] Ritornando all’Italia, il dramma giacque fin dalla sua origine affastellato ed oppresso sotto lo strabocchevole apparato delle macchine, dei voli e delle decorazioni. […] [2] Di siffatto disordine tre ne furono le vere cagioni: la prima, la natura stessa del maraviglioso, il quale, ove non abbia per fondamento una credenza pubblicamente stabilita dalla religione e dalla storia, non può far a meno che non degeneri in assurdità, perocché l’immaginazione lasciata a se stessa senza la scorta dei sensi o della ragione più non riconosce alcun termine dove fermarsi. […] Lo scarso affetto che regna è tutto lirico, cioè tratto dalla immaginazion del poeta, ma che lascia il cuor vuoto. Infatti qual espressione di melodia può cavarsi dalla invocazione che fa l’Aurora all’Amore? […] Che se in questa guisa s’anderà avanti nello studio delle lettere e dell’antichità, ben tosto, cangiato l’ordine delle cose, vedrem la barbarie sortita dalla coltissima regione d’Italia diffondersi per tutta l’Europa» 80.
Autorizzati dalla loro Religione bene avrebbero potuto usarne gli antichi Poeti, e pur nol fecero. […] In somma bisogna che essi trovino corrispondenza tralle immagini apportate dalle parole del Poeta, e tra quelle che conservano nella fantasia; dalla qual comparazione risulta il loro diletto e la loro istruzione. […] La Verisimilitudine dipende tutta dalla Verità, e in lei riguarda: e la cosa rappresentante dipende tutta dalla rappresentata, e in lei riguarda.” […] Imperciocchè Medea è sostenuta dalle antiche tradizioni, e il Maometto dalla storia della mezzana età, per cui tali caratteri non si tengono per incredibili, per fantastici. […] Adunque questa sola è l’eccettuata dalla taccia dell’irregolarità; e l’Attila resta colle altre soggetta alla censura.
Le gemelle avvedute dell’inganno prendono dalla mano del loro fratello un veleno, e lo tracannano a gara, indi ridottesi alle loro stanze si animano a combattere fra loro per togliersi que’ momenti di vita che loro rimangono. […] Egregiamente la compassione e la perturbazione aumenta verso il fine essendo riconosciuto l’ucciso Mustafà per Selino, specialmente dalla madre la quale ne cagiona la morte per volerlo salvare. […] La morte poi dell’appassionata Despina, del generoso Mustafà, della disperata Regina, sono rappresentate rappresentate con tutte le circostanze atte a commuovere, e poche volte l’espressione travia e si scosta dalla gravità naturale che si richiede a tal genere di poesia. […] Forse dal fine lieto che preparava all’Arsinda e dalla mescolanza de’ personaggi mediocri fra gli eroici, si mosse il Testi a chiamarla dramma tragicomico. […] Quindi a ragione disse Pier Jacopo Martelli de i talenti drammatici e dello stile del Testi: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e si fosse alquanto astenuto da certe figure solamente a lirico convenienti, avrebbe dato che fare a’ Franzesi; ma usando un libero verso senza rima pensò che languito avria senza frase; per sollevarlo dalla viltà lo sviò dalla naturalezza, e diede in nojosa lunghezza, fiaccando il vigor degli affetti per altro vivissimi.
Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese. […] Nulla più lontano dal carattere del vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto il di lui Alessandro che sembra uno degli eroi da romanzo. […] Trasse Tommaso Cornelio il suo Conte di Essex dalla commedia spagnuola del Coello o di Filippo IV Dar la vida por su Dama; ma rendendola più regolare ne peggiorò il carattere dell’Essex. […] Piacquero altresì Amalasunta e le altre ad eccezione del Fantôme amoureux tolta dalla commedia spagnuola El Galàn Fantasma, la quale cangiando linguaggio non acquistò punto di vivacità ne’ colpi di teatroa. […] Anche l’abate Gênet compose altre tragedie rappresentate dalla duchessa du Maine colle sue dame.
Bellezza inestimabile e negletta per disavventura dalla maggior parte de’ nostri artisti anche più celebri. […] Bacone, e insieme Leibnitzio, hanno giudiziosamente notato che il merito principale delle dissonanze è di preservar l’anima dalla noia insopportabile d’una continua e non mai interotta dolcezza. […] Poscia mi rivolgo al canto italiano, il quale giusta la definizione per me data innanzi della melodia, e giusta le osservazioni ch’io farò su d’esso trattando dell’analogia del canto colle lingue, debbe così differir dal nostro, come l’accento, le inflessioni, il meccanismo della lingua, e i costumi degli Italiani differiscono dalla prosodia, dai costumi, e dal genio de’ Francesi. […] Cercherò di render note le particolari energie degli accordi risguardati dalla parte delle proporzioni, e non già relativamente ad alcun oggetto. […] Naque ella dalla natura in un tempo in cui le azioni rappresentate erano dal genere più semplice.
O spirito di Fingal, vieni e dalla tua nube regola l’arco di Comala sì che il tuo nemico cada come una lepre del deserto . . . […] Il giovane Wilmot esclama dalla prossima stanza, oh padre, oh padre mio. […] Si richiedeva però maggior destrezza nel prepararli, affinchè paressero condotti dalla natura e non dal bisogno che ne avea il poeta. […] Cibber tuttochè non mancasse di talento, si vide ridotto ad esser capo di una compagnia subordinata e poco accetta al pubblico che rappresentava componimenti ajutati dalla musica e dal ballo. […] Oggi gl’ Inglesi vantano una musica nazionale discendente dalla tedesca, la quale è figlia dell’italiana.
r contradir vuole, se ben dicesse hauer ueduto il giorno splender le stelle e a mezzanotte il sole, con tutto ciò, non per contradire, ma per non simulare, dirò che la vostra incostanza conosciuta per difetto dalla Sig.ª Lauinia, si opponerà all’acquisto che bramate ; onde infine il tempo perduto seruirà di penitenza delle contentezze che Celia ui offerisce nel suo matrimonio : questa risolutione offende Celia, Celia ha il nome dal Cielo, e chi offende il Cielo, all’inferno è dannato ; guardate che il disprezzo di questa meschina non vi condanni all’inferno della disgratia di quest’altra. […] E quando, vinto dalla umile e calda intercessione di Flaminio Scala, il direttore, scrisse di continuar la protezione a’comici con patto di fraterna concordia, il Bruni che a detta dell’Antonazzoni aveva più volte affermato voler fare d’ogni erba fascio, ove dovesse restare in compagnia, e che sembra fosse stato davvero la pietra dello scandalo, mandò pel primo a Don Giovanni colla seguente lettera le sue giustificazioni e le sue proteste di obbedienza e di reverenza. […] V. della grazia in che li mantiene ; di nuovo si obbligano di non volere se non quanto dalla volontà di V. […] E la supposizione di alcuni, che il Bruni, pistoiese, fosse lasciato colla madre a Bologna, intanto che il padre scorrea colla compagnia il mezzogiorno d’Italia (e non saprei poi perchè più tosto a Bologna che nella città natale), cade dinanzi all’oroscopo che traggo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, il quale ci dice il Bruni bolognese.
D’Amore intanto esercito feroce qui lascia in guardia ; e stragi e morti nuove vanne a piover dal ciglio e dalla voce.
brillante, o caratterista, o anche primo attore, appariva in una festa come un misero mortale in frac e cravatta bianca, senza però abbandonare la tipica truccatura del volto, che faceva del personaggio un essere ibrido, non più carne nè pesce, poco rispondente certo al tipo originario, che dalla sua faccia allampanata, da quella espressione di stento, trasse appunto il nome di Stenterello.
Gertrude, separatasi dalla famiglia, si recò nell’Istria con una compagnia nomade, poi di là nel Teatro S.
Si tolse dalla famiglia il 1815 per andare amoroso in Compagnia di Angelo Venier, col quale dopo un anno, assunse per due anni ancora il ruolo di primo amoroso assoluto.
Tornato di Modena, ove fu, come dicemmo, a recitare a quel Teatro Rangoni, non si levò mai più dalla sua Bologna, dove morì nel 1767.
Arriso dalla sorte s’andò formando una conveniente fortuna, che permise a lui e a'suoi di viver nell’agiatezza.
Fu scritturato dalla Duse per la sola parte di Armando nella Signora dalle Camelie nel suo giro di Germania e Russia ; quindi, per un triennio, da Irma Gramatica e Raspantini.
Robotti Antonietta, nata a Como il 1817 dai conjugi Rocchi, fu raccolta, educata e amata qual figlia dalla famiglia comica Torandelli, che l’ebbe sostegno prodigioso delle sue travagliate peregrinazioni, in cui si mescolava la recitazione alle farse in musica e ai balletti giocosi.
I precedenti fatti principali, variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi, e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Mancano adunque i poeti cinesi d’arte e di gusto ne’ drammatici componimenti, che seppero inventar sì a buon’ora; e con tanto agio ancor non hanno appreso a scegliere dalla serie degli eventi un’azione, per la verisimiglianza delle circostanze propria a produrre quell’illusione che sola può trasportar lo spettatore in un mondo apparente per insegnargli a ben condursi nel vero.
Si recò a Parigi verso il 1640 con Tiberio Fiorilli, e ne partì un anno dopo per poi tornarvi nel 1645 colla Compagnia che fu chiamata dal Cardinal Mazarino, di cui fecer parte le tre cantanti Locatelli, Gabrielli e Bartolazzi, come si ha dalla spiegazione dell’allestimento scenico e dagli argomenti della Finta Pazza di Giulio Strozzi, rappresentata nella Sala del Petit-Bourbon. Anche la Bianchi doveva essere esperta del canto, come si rileva dalla seguente terzina caudata di un sonetto indirizzatole da Giuliano Rossi, quand’ Ella fu a recitare a Genova, probabilmente nel 1634.
Fu il ’30 a Parigi, e vi andò in scena il 29 giugno con la Rosmunda di Alfieri, sollevando il pubblico a tale entusiasmo, da ottener dalla Duchessa di Berry la solenne promessa di aver destinato un teatro alle recite della Compagnia italiana : promessa che non fu poi tenuta per la caduta del Borbone che obbligò i comici italiani a tornarsene in patria. […] …… noi la vedemmo – scrive l’anonimo – come vinta in quel punto dalla violenza della passione, inchinarsi su di lui, mentre egli si cuopre con le mani la faccia e piange, e guardarlo con tale uno sguardo….
Le rime edite a Lucca furon precedute dalla pubblicazione di : Osservazioni sopra le stanze del signor Giulio Cesare Beccelli, nelle quali sostiene, che la Poesia possa più della Pittura. […] Riferisco dal Bartoli la seguente Licenza recitata dalla prima Donna della Compagnia de' Comici nel Teatro S.
), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo nell’elenco della Compagnia di Lelio (Luigi Riccoboni) chiamata da Filippo d’Orléans nel 1716, nella quale le parti di Angelica furon sostenute dalla Foulquier, soprannominata Catinon.
Passò dalla Compagnia Dondini in quelle di Cesare Vitaliani, di Lorenzo Calamai, delle sorelle Vestri, di Alessandro Salvini, di Carlo Lollio, di Enrico Dominici e Cavara, coi quali ultimi si recò a Lisbona.
Vedasi a pag. seg. l’elenco, che traggo dalla mia raccolta.
Chè, se voi, Signori, non iscacciate dalla vostra mente l’attore che ha meritato e merita ogni giorno il favor vostro per le grazie ognor nove ond’è ornato e pei vent’anni di servizio, che sarà di me ?
Pasquali, XVII) che nel 1742, licenziatosi il Sacchi dalla Compagnia di San Samuele, gli fu sostituito il Falchi, il quale essendo all’attuale servizio dell’Elettor di Baviera aveva ottenuto un anno di congedo per rivedere i parenti suoi.
. – Nel primo anniversario della sua morte (21 febbraio '93) il marito raccolse con pietoso pensiero in un volume, che pubblicò a Palermo pei tipi del Barravecchia col titolo In Memoriam, quanto fu scritto e stampato nelle sue esequie dagli amici, dalla critica, dall’ arte tutta.
Le scene violente ch'ella ebbe di continuo con lui per vedere la eredità paterna insidiata da ridicoli amori, resero incompatibile la sua dimora in Compagnia, sicchè, avanzando negli anni, determinò di togliersi col marito dalla professione.
Dall’Accademia Fiorentina passò a quella de' Fidenti, dalla quale uscì l’ '81 per andare scritturato con Adeleide Tessero, che lo alzò subito al ruolo assoluto di brillante.
Un pajo di Tomi del suo Viage de España valgono più di ventimila Volumi Apologetici: dapoichè questi (bisogna confessarlo) sono totalmente inutili, anzi dannevoli, perchè fomentano la desidia; quelli inspirano ne’ paesani l’amore dell’Agricoltura, la conservazione de’ Boschi, la piantagione degli alberi tanto necessaria e tanto abborrita dalla nazione, lo spirito d’industria, l’abbellimento delle Città, il vero gusto delle Arti. […] Vi si sarebbero construtti i Ponti superbi e necessarj, i pubblici camini comodi e magnifici, non solo da Madrid al Pardo, ad Aranguez, e all’Escoriale, ma quello stupendo di Sierra-Morena, ed altri di Alaba, Guipuscoa, e Biscaglia, e delle Provincie di Valenza, Galizia, e Catalogna: opere degne della Umanità, opere che assicurano, non che i beni, le vite de’ Popoli per tanti anni distrutte dall’intemperie dell’inverno, dalle inondazioni de’ fiumi e torrenti, e dalla frequenza degli assassini? […] Ecco aperta la scientifica strada con una Università, che sino a questi dì era stata infruttuosa sin dalla sua fondazione avvenuta nel secolo passato. […] E tante furono e sì illustri le Colonie, che dalla Grecia vennero ad abitare i nostri paesi, che Strabone mentova moltissime Città Greche Italiane, così nel continente, come nella Sicilia, le quali erano a’ suoi tempi tutte perite, rimanendone solo le reliquie materiali, e poche Città, come Napoli, Regio, Taranto, le quali per qualche altro secolo continuarono a conservarsi Greche. […] L’Autore della citata Lettera distrugge ancora le congetture tratte dalla Sacra Scrittura, per la fondazione di Cadice da’ Fenici 400.
[2] Quegli schiavi insensati del pregiudizi, que’ corpi senz’anima, quelle creature indifinibili, che si chiamano gente di mondo, le massime delle quali consistono nel distrugger i sentimenti della natura per inalzar sulle loro rovine l’idolo dell’opinione, nel ridurre ogni affezione del cuore alla sola voluttà, ogni morale al personale interesse, nel far che un’apparente politezza tenga luogo di tutte le virtù, e nel colorir con brillanti sofismi l’orrore del vizio non altrimenti che soglionsi coprire con vistosa vernice i putridi legni dalla vecchiezza o dal tarlo corrosi; fanno del teatro quell’uso appunto, che sogliono fare delle altre cose. […] [3] Il politico, osservando unicamente gli oggetti per la relazione che hanno colla civile economia e coi fini dello stato, lo riguarda come un luogo atto a far circolar il danaro dei privati e a render più brillante il soggiorno d’una capitale; come un nuovo ramo di commercio, ove si dà più voga alle arti di lusso pella gara che accendesi scambievolmente di primeggiare negli abbigliamenti e pel maggior concorso de’ forastieri chiamati dalla bellezza dello spettacolo; come un ricovero all’inquieta effervescenza di tanti oziosi, i quali in altra guisa distratti potrebbono alla società divenire nocivi, impiegando contro di essa non meno i propri divertimenti che le proprie occupazioni; come un mezzo termine infine opportuno a dileguar i bisbigli de’ malcontenti, o a impedire le ragunanze sempre di torbidezza feconde e di pericolo. […] Non solo la cognizione richiedesi, e il possesso di quelle leggi ricavate dal consenso comune, e dalla esperienza, onde l’autore possa dettare intorno alle cose un ben fondato giudizio: non sol gli è d’uopo investigare il legame segreto, che corre tra il genio della nazione e la natura dello spettacolo, tra il genere di letteratura, che è il principal argomento dell’opera, e gli altri che gli tengono mano, ma indispensabile diviene per lui eziandio l’erudizione, quell’erudizione medesima, della quale l’uomo di genio fa così poco conto, e senza cui niuno storico edifizio può alzarsi. […] Senza incolpar i lettori di malivolenza né d’ingiustizia (frase inventata dagli autori infelici per vendicarsi dal giusto disprezzo con cui sono stati ricevuti dal pubblico ) io veggo quante accuse mi si possono fare parte provenienti dalla ragione, parte dal pregiudizio di coloro che il proprio gusto vorrebbero a tutti far passare per legge, e parte ancora da quegli uomini incomodi, i quali veggendo le altrui fatiche esser un tacito rimprovero della loro dappocaggine, si sforzano di consolar il loro amor proprio dispregiandole essi stessi, e cercando che vengano dispregiate dagli altri: somiglianti appunto a que’ satiri che ci descrive Claudiano, i quali esclusi per la loro petulanza e schifezza dal soggiorno delle grazie, si fermavano dietro alle siepi sogghignando maliziosamente a quei felici mortali che venivano per man d’Amore introdotti ne’ dilettosi giardini. […] Che se ciò nonostante alcun m’attribuisse intenzioni che non ho mai sognato d’avere: se dalla stessa mia ingenuità si prendesse argomento a interpretare malignamente le mie intenzioni, come dall’aver Cartesio inventato un nuovo genere di pruove fortissime a dimostrar l’esistenza d’Iddio, non mancò ch’il volesse far passare per ateista: se altro mezzo non v’ha di far ricreder costoro, che quello d’avvilir la mia penna con adulazioni vergognose, ovvero d’assoggettarmi ad uno spirito di partito ridicolo; in tal caso rimangano essi anticipatamente avvisati, che non ho scritto per loro, e che la mia divisa per cotal genia di lettori sarà sempre quel verso d’Orazio: «Odi profanum vulgus, et arceo.»
Non giugne all’eleganza dell’Ariosto, del Bentivoglio e del Caro; anzi non sempre la dizione è pura, sfuggendogli dalla penna tratto tratto formole e voci non ammesse da’ Toscani rigorosi. […] Gli Spagnuoli lo maneggiarono molte volte con felicità, ma sempre trascurando ogni saggia regola adottata dalla culta Europa, e talvolta violentando la verità nel condurre lo scioglimento. […] Un padre spedisce in Costantinopoli un suo figliuolo per liberare dalla schiavitù la moglie e una figliuola. […] Tra’ piacevoli Trattenimenti di Antonio Brignole Sale impressi in Genova, trovasi il Geloso non geloso commedia in cui lepidamente si ritrae un uomo posseduto dalla gelosia, che per non incorrere nel ridicolo attaccato a’ gelosi, vorrebbe comparirne esente e ne diviene doppiamente degno di riso.
Niun attore io credo abbia avuto come lui una vita di palcoscenico piena di movimento, passando dall’amoroso al brillante, dal brillante al primo attore, alternando tal volta l’officio di comico e anche di capocomico, con quello di pittore scenografo, magari di macchinista ; tal volta escogitando con allegri compagni di sventura nuovi mezzi di difesa dalla miseria, come fiere o altro, recandosi da questo a quel posto oggi in barroccino, domani a piedi. […] E la duttilità dell’ingegno egli ha mostrato fino a qui, e mostrerà pur sempre, passando maestrevolmente dalla vasta tragedia shakspeariana alla inguantata commedia di Dumas figlio ; dal fosco dramma nordico dell’Ibsen, dello Strindberg, del Hauptmann alla saltellante comicità del Goldoni ; dall’aurea scoltura della terzina dantesca alle mute contrazioni spasmodiche di Al Telefono ; imperocchè non una parte lo alletti più di un’altra ; e, purchè l’opera sia elevata e umana, egli abbia provato e provi egual godimento intellettuale recitando la tragedia o la commedia : Shakspeare o Beaumarchais. […] Chiedete un po'a Ermete Zacconi qual metodo segua nello studio di una parte, e vi risponderà a un di presso così : « letto un lavoro che mi piaccia, esso resta nella mia mente, e mi segue costante come la larva del sole nella pupilla ; e, pur continuando l’opera mia consueta, provando altri lavori già vecchi, ragionando di cose estranee, passeggiando, mangiando, l’imagine della nuova commedia letta, e ch'io desidero di rappresentare, non esce mai dalla mia mente, e a poco a poco si disegna più chiara e decisa. […] Il nome di Finocchio fu tenuto prima dal ferrarese Cimadori (V.), e forse fu maschera (in una lieve variazion di brighella, capostipite della famiglia de'primi Zanni) con atti e parlare leziosi ; ma non saprei dire se il significato di « allettamento, attrattiva prodotta dal sapere usare le piacevolezze, i motti, sali, ecc., » poi di effeminatezza e peggio, derivi dalla maschera, o questa da esso.
Morì in Cortona il 1834, seguìto a breve distanza dalla moglie.
Ebbe davvero tal nome il Farina dalla consuetudine d’infarinarsi la faccia ?
Egli, benchè poco favorito dalla natura, per essere di aspetto alquanto svantaggioso, non dispiacerebbe però nelle parti disinvolte, come pure in qualche parte di padre nobile, se (ci sia lecito di cosi esprimerci) se meno demarinasse.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img159.jpg] Questo buon comico aveva un figliuolo unico, a cui propose con affettuosa esortazione la fuga dalla vita pericolosa secolare, ed il ritiramento alla religiosa, ed ebbene l’intento, vedendolo fatto Religioso zoccolante.
Divenuta sposa a Domenico Giagnoni, cominciò a entrare nel campo delle giovani celebrità, passando dalla Compagnia Biagie Casilini in quelle della Marini, della Pedretti, di Bellotti, di Monti, delizia del pubblico e del capocomico.
Ernesto Rossi, col quale Giovanni Leigheb fu in società dalla quaresima del '49 a tutto il carnovale del '51, così ce lo descrive : ….. era una buona pasta d’uomo, giovialone, spensierato, ma onesto : era sempre stato in primarie compagnie, Mascherpa, Domeniconi, ecc., ecc.
Scritturato il '67 con Alamanno Morelli, fu con lui Caratterista fino al '79, per passare poi nella nuova Compagnia Marini e Ciotti, dalla quale uscì per recarsi con Emanuel a' Fiorentini di Napoli.
Appena infatti fu questi lungi dalla città, Lucilla, partitasi dalle Maddalene, si uni a far vita comune col Niccolò, ma non mantenendosi del tutto fedele neppure a costui, provocò la scena di gelosia della quale abbiam fatto parola, e che fini con un colpo d’arme da fuoco, senza però grave suo danno.
Esso seguì nel lungo periodo interposto dalla corruzione della poesia drammatica sino alla perdita della lingua latina avvenuta principalmente per l’incursione delle barbare nazioni nell’Impero Romano. […] Credonsi percio piuttosto portici dove introducevansi mercatanzie in città dall’antico porto, che ora è in secco; e sussistono ancora le ruine del suo molo chiamate Muraccio o il Terrazzo dell’Ausa fiume che bagna la città dalla parte di oriente. […] Nè conseguì per questo di scemarne il numero, anzi a tal segno esso crebbe, che di sole ballerine forestiere, secondo Ammiano Marcellinob, contaronsi in Roma più di tremila, le quali coi loro cori e con altrettanti maestri furono privilegiate ed eccettuate da un bando di sgombero dalla città intimato per timore di carestia a tutti i filosofi, retori ed altri letterati stranieri.
. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) : ..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene. […] E pur troppo vi mancò : la commedia improvvisa coi suoi arlecchini, co' suoi brighella, co'suoi pantaloni, imperava sovrana, e Riccoboni, che non aveva avuto dalla natura il genio di opporre a quella una produzione nuova, destinata a migliorare gradatamente il corrotto gusto del pubblico, dovette soccombere. […] Ognuno doveva pensare al proprio vestiario, eccettuato Fabio Sticotti, marito di Orsola Astori, la cantatrice, al quale eran forniti gli abiti dalla Compagnia, e da essa poi conservati insieme agli altri che le appartenevano, come di comparse, ecc.
Forse sono esse indebolite dalle arti cortigianesche che vi campeggiano aliene dalla ferocità de’ Goti non da molto tempo avvezzi alla coltura che raffina gli artifizj. […] Gli affetti della contessa combattuta da un eccessivo amore per l’avido Moro e dalla tenerezza materna, sono bene espressi. […] So che a tale spedizione accorsero molte migliaja di fedeli dalla Francia, dalla Baviera, dalla Turingia, e spezialmente dall’Inghilterra, donde, secondo il medesimo abate Uspergense, ne vennero ben sessantamila. […] Non è tanto la sterilità che lo renda scabroso a maneggiarsi, quanto l’impossibilità di combinare verisimilmente in un giorno e in un luogo la strettezza di Roma assediata da’ Volsci, e l’ angustia di Marzio combattuto dalla vendetta e dalla madre. […] Il veleno apprestato ad Agnese dalla regina, il quale rende inutile il perdono da lei ottenuto, e le toglie la vita, è ritrovato dell’autor francese, che gli è stato rubato da più moderni tragici dozzinali, ma che non parmi ch’ egli dovesse a veruno nè gli è stato suggerito dalla storia della Castro.
Il nominato autore dell’opuscolo del Teatro osserva che la bocca del palco scenico eccessivamente angusta e molto lontana dalla scalinata nuoce al vedere, là dove si avrebbe potuto far più larga e più vicina agli spettatori e così parve anche a me allorchè vidi la prima volta quel gran teatro. […] Ed oggi singolarmente che i teatri trovansi tanto lontani dall’antica solidità e magnificenza, non è picciol vanto per l’Italia e per lo stato di Parma il potere additare un teatro tanto magnifico e poco lontano dalla maniera antica, specialmente agli stranieri avvezzi a’ loro teatri assai meschini.
M. il re di Sardegna, e non temo d’errare se dico, che questo tragico attore era l’attore di genio ; il suo difetto nell’analisi dei caratteri traspariva nelle particolarità, non nel tutto ; e se talvolta deviava dalla retta declamazione, e si abbandonava a conati troppo più violenti del bisognevole, era meno per mancanza d’intelligenza, e d’arte, che per la foga di strappare al pubblico que'clamorosi applausi, che lo inebriavano, e di che era quasi sempre padrone. Non m’uscirà mai dalla memoria il modo straordinario con che rappresentava l’ultimo atto del Saulle d’ Alfieri.
le di Gambara) dalla signora Duchessa a una Comedia di Zani della Compagnia della Vittoria la quale si ritrova qui molti giorni sono, dove era anche il detto Card. […] A. che sia servita d’ordinare i consiglieri di cotesta Città li quali sono giudici di questa causa che venghino all’esecuzione della sentenza, acciò che sia satisfatta, e non sia più straziata dalla parte avversa.
La Tragicommedia di Lisandro e Roselia di un anonimo stampata in Madrid nel 1542 è anche componimento che discende dalla Celestina. […] Ma questo è incominciar dalla morte di Meleagro e dagli elementi, senza passare a far vedere come e quando quelle cantilene de’ pellegrini si fossero convertite in poesia teatrale, prendendo indi per oggetto l’Eucaristia. […] E’ però lodevole la seconda scena dell’atto III ove si narra il sogno di Nise copiato con più esattezza dalla Castro; ed il sig. […] Da questo racconto giustificato dalla ragione, da’ fatti e dall’autorità de’ medesimi eruditi nazionali, si ricava che gli Spagnuoli nel XVI secolo più di ogni altro popolo si appressarono agl’ Italiani. […] Du Perron de Castera nel 1738 volendo pubblicare in francese un teatro Spagnuolo cominciò male dalla Celestina e dell’Eufrosina credendole tragedie.
Ne tornò alla fine del ’91 per entrar nella Compagnia d’ Italia Vitaliani con la quale stette un triennio, e dalla quale si tolse per far parte sino alla quaresima del ’97 della Compagnia Pasta-Di Lorenzo, in qualità di primo attore a vicenda coll’ egregio suo capocomico.
… Dopo le quali parole, tornato Principe di Danimarca, disse il suo e non essere coll’accento voluto dalla scena.
Nel 1740 – dice lo Ial – egli fu ricevuto come segretario, serbando la parte di Scapino : e l’ 8 maggio del 1754, tre anni dopo la morte della prima moglie, si unì in seconde nozze con Maria-Giacomina Commolet, figlia di un capo sarto, dalla quale ebbe due figli, e la quale morì il 30 luglio 1769.
Nondimeno a lei non mancarono le tribolazioni de la scena che le vennero più specialmente dalla vicenda impostale con altra Flaminia, la Calderoni, colla quale s’era architettata una specie di congiura contro di lei, ora il marito Silvio rifiutandosi di imparar cose nuove e tenerle dialogo, ora i comici tutti coprendola di contumelie anche al cospetto del pubblico, tra cui prima e più atroce la qualifica di vecchia e inabile omai al recitare.
. – O del Coturno gloria e del Socco, onde ti guarda e freme l’emula Francia a noi rivale eterna, vedendo dalla sua fronte rapita d’arte sì bella la corona illustre della gentile Italia !
Cominciai dalla Serva amorosa…………… ………………………….
Dopo dieci giorni dalla rappresentazione del capolavoro galliniano, la povera Marianna, che vi aveva profuso tanta arte, tanta grandezza, gli venne a morire, e, lei dileguata, dileguò anche il bene che con la sua attività, con la sua onestà, con la sua mente egli s’era procacciato.
Sonetti, ed epigrafi e articoli di ogni specie s’ebbe dovunque ; e non sarà discaro a'lettori ch'io trascriva qui un epodo, offertole a Ravenna il 7 febbraio del 1877, mentre dilettava quel pubblico del Teatro Alighieri : epodo, il quale, se bene anonimo, sembra a me si levi, con altre poche, dalla schiera infinita di quelle poesie volgari di circostanza che sono la vergogna di chi le scrive e di chi le riceve.
L'annunzio di Robinet si riferisce certo al ritorno del Turri in Italia, come si ha dalla seguente lettera di Venezia, che toglie ogni dubbio in proposito : Ill.
La prima cosa non poteva farsi, perché cangiarsi non potevano gl’inalterabili rapporti messi dalla natura fra i suoni e l’orecchio, e però convenne appigliarsi alla seconda. […] Si credette da loro che ad ottener questo fine bisognava lasciar da banda la moltiplicità delle parti, coltivar la monodia, simplificar le modulazioni e studiar con ogni accuratezza le relazioni poste dalla natura fra le parole e il canto, Vincenzo Galilei entrò coraggiosamente nell’arringo col suo dialogo sulla musica antica e moderna, ove in persona del citato Giovanni Bardi venne alle prese coi contrappuntisti, esponendo in modo luminoso gli errori loro, e combattendoli. […] Potrei citare molte degli altri autori, ma basti per ultima pruova una assai leggiadra tratta dalla Flora d’Andrea Salvadori, stampata nel 1628 cioè anni vent’uno prima del Giasone. […] L’Anfiparnaso venne poi in tal dimenticanza presso agl’Italiani che Appostolo Zeno, comecché in tal genere d’erudizione fosse versatissimo, confessa in una sua lettera al Muratori d’ignorarne persin l’esistenza. né il Muratori ebbe altra notizia che quella che ricavò dalla mentovata iscrizione. […] L’anima cerca di mettere una graduazione nelle proprie sensazioni, perché questa solletica più dolcemente la sensibilità, eccitando colla idea del godimento avuto, il desiderio d’un nuovo, e facendole sperare i diletti che nascono dalla novità; cerca altresì di mettere un ordine fra esse, perché queste risparmiandole la fatica, nella percezion d’un oggetto, le fa nascere una idea più vantaggiosa del proprio talento quasi che comprenda le cose, con maggiore facilità e prontezza: quindi l’amore della simmetria, la quale non è che il risultato della graduazione e dell’ordine che si mette nelle parti d’un tutto.
Ciò ne suggerisce un giusto raziocinio sostenuto dalle antichissime tradizioni e dalla storia, che che ne abbiano pensato in contrario Ludovico Castelvetro nella Poetica, Le Batteux e l’autore dell’articolo Prose nel Dizionario dell’Enciclopedia. […] S’intitola Sacontala tradotto dalla lingua Sanskrit in inglese dal Sig. […] Noi recammo nell’opera delle Sicilie uno squarcio del comico Filemone il maggiore tratto dalla commedia del Soldato da noi tradotto, e quì fia bene riferirlo, perchè non s’abbia a rintracciare altrove. […] Al Capo X, pag. 301, lin. 22, dopo le parole, qui rammemorare i teatri di quell’isola, si cancelli dalla lin. 22 alla 4 della pag. 302, e si sostituisea quanto segue.
E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che in varie cose la rendessero differente dalla tragedia e dalla commedia. […] Orazio Vecchi modanese verseggiatore e maestro di cappella, animato dalla felice unione della musica e della poesia che osservò in tante feste e cantate e ne’ cori delle tragedie e delle pastorali, volle il primo sperimentare l’effetto di tale unione in tutto un dramma a; e nel 1597 fece rappresentare alle nominate maschere il suo Anfiparnaso, stampato nell’anno stesso in Venezia appresso Angelo Gardano in quarto, e di note musicali corredato dal medesimo autore. […] Il diletto che partoriscono le favole poetiche proviene dalla dolce alleanza del vero colla finzione.
Dotato della ragione, dono divino della suprema sapienza, epli è dalla natura formato per la società, alla quale inevitabilmente vien tratto dal bisogno di sussistere agiatamente. […] Or se v’ha tra’ lumi somministrati dalla ragione rischiarata (oltre delle scienze esatte e delle leggi e della stessa moral filosofia) un Educatore di simili circostanze rivestito, non merita egli al pari delle scientifiche cognizioni gli applausi degli amici dell’ uomo? […] E giacchè con non isperata benignità accolse il pubblico il saggio che ne diedi l’anno 1777 nella Storia critica de’ teatri in un sol volume in ottavo, ho voluto, invece di riprodurla quale allora la pubblicai (come diverse volte ne venni gentilmente invitato dalla Società tipografica di Nizza, e da qualche librajo Veneziano e Napoletano), rifonderla ed ampliarla non di parole ma di nuove cose comprese in cinque volumi oltre di un’ appendice. […] Esse si collocheranno alla fine di ciascun volume, così per non alienar troppo spesso il leggitore dalla catena delle idee del testo, come per evitar gli equivoci e per non far che a me talvolta si arroghi il merito di ciò che avrà detto il mio dotto amico 14.
Quanto alla lingua Italiana è stato non senza ragione detto, che simile a Pallade nacque bella ed armata dalla testa di Giove per l’innesto non pure del latino parlare e del settentrionale, ma de’ rimasti rottami de’ primitivi linguaggi Italici de’ popoli indigeni, e de’ forestieri Etrusci, Osci, Greci, Sabini, ed altri, che anticamente abitarono le nostre amene regioni. […] I lor giuochi, siccome ricavasi dalla Cronica Bolognese, erano d’ogni fatta, e ridicoli e serj, e d’industria e di mano, e di scena e di medicina eziandio. […] Costoro, benchè di Greche e Latine lettere sforniti fossero, pure colle sole disposizioni vantaggiose che avean dalla natura e dal clima, poetavano per solo desio d’onore, e per genio, nella lingua Provenzale, lingua, al dir del dottissimo Provenzale Abate Arnaud, che coltivata, dopo l’estinzione della latina, da anime ugualmente vivaci e tenere, divenne quella di tutte le corti dotte e polite dell’Europa. […] I Bardi, per quanto ricavasi dalla dotta dissertazione critica dello Scozzese Sig.
Andò invece a Innsbruck, chiamatovi dalla Corte Imperiale, dove, uscendo dall’avere assistito alla sua rappresentazione del 18 agosto, morì istantaneamente l’Imperatore Francesco I. […] Non mi par qui il caso di dover rilevare la stupida osservazione del giornalista, come se l’arte comica in Italia fosse responsabile dello sperpero dei danari, degli ori, degli argenti, e delle gemme, che un attore, favorito dalla sorte fino agli ottant’anni, fa in amori senili degni di ogni dileggio…. […] V'ha un manoscritto nella Biblioteca Estense di Modena, comunicatomi dalla cortesia dell’amico G. […] Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio.
Nè i soli concittadini gli furon larghi d’encomio ; chè recatosi al Quirino di Roma e alla Canobbiana di Milano, vi ebbe dal pubblico e dalla stampa il migliore incoraggiamento.
Maria Letizia, e dalla quale usci tra gli altri Corinna Quaglia, che sostenne per alcun tempo le parti di prima attrice in Compagnia di Cesare Rossi.
Al che non fu il prete nè umiliato, nè confuso ; anzi tanto imbestiali contro il querelante che non solo lo minacciò di morte, ma tentò anche di mandare ad effetto il suo triste proposito, servendosi di due sicarj, due svizzeri, i quali alle sette di sera lo aspettarono, appostati presso la sua casa ; e l’insultarono, e miser mano alla spada…. alla presenza del signor Gazotti che osservava il tutto dalla bottega vicina di un merciajo.
Pippo Bergonzoni, allettato dai grandi successi che ottenevan dovunque le fiabe musicate dallo Scalvini, determinò di darsi a quel genere, con nuovi intendimenti d’arte, trascegliendo le migliori operette del repertorio forestiero, e formando in società con Achille Lupi una compagnia, della quale fu direttore appassionato e intelligentissimo, e dalla quale s’ebbe ne’ primi tempi lodi e guadagni !
Entrato in arte a venti anni, passò gli anni del noviziato in compagnie di second’ ordine, sino al 1814, nel quale anno fu scritturato qual secondo amoroso dalla celebre Carlotta Marchionni.
Dopo il ’44 spariscono dalla scena del Teatro Nuovo.
Quello, generico primario assai pregiato per correttezza di dizione, per aristocrazia di modi, per intelligenza e coltura non comuni, fu poi marito di Eleonora Duse, dalla quale separato, si allontanò dall’arte, per darsi alla vita politica e alla diplomazia, in cui fece ottima prova.
Amorosa nel 1841 in Compagnia Reale Sarda, di cui era prima donna l’Amalia Bettini, sposò Torello Chiari, fratello di Francesco e amoroso allora nella stessa Compagnia, dalla quale usci con lui dopo un anno per diventar capocomica e prima attrice assoluta.
E quella fibra gagliarda si spezzò in brev’ora, come quercia schiantata dalla bufera.
Morta la Masi, Achille Dondini si unì con una Rosina Ingargiola di Castelvetrano in Sicilia, artista di qualche pregio, dalla quale ebbe quattro figli : l’Amelia, moglie di Ferruccio Benini, l’Ida, moglie di Camillo De Riso, l’Ada, ora in Collegio nel Friuli, e un secondo Cesarino che comincia a recitar con la madre e la sorella Ida a Corfù.
Tornò scritturato il ’78-’79 con Ciotti e Belli-Blanes, e l’80-’81 con Adelaide Ristori, per tornare poi al capocomicato che tenne sino al momento del suo contratto per l’America in Compagnia Cerruti e Lotti, durato dalla primavera del ’96 al novembre del’97.A questo punto cessan le note artistiche di Adolfo Drago, tornato ora alla città natale, sicuro di trovar nel seno della vecchia madre un conforto alle delusioni avute in quell’arte alla quale con ardore di amante aveva dato la mente ed il cuore.
Non è stupor, se di modestia abbondi, che nascer ciò dalla Prudenza suole, a cui di pregio, e di virtù rispondi.
Ripreso nel settembre il suo posto, chiese e ottenne lo scioglimento dalla compagnia, e restò l’ultimo anno in riposo, vagheggiando l’idea di quella grande compagnia drammatica, dagli allestimenti scenici non più veduti, che doveva sì presto condurlo a miseranda fine.
Scritturatosi colla moglie nella Compagnia di Alamanno Morelli, si recò in America, dove (1881), un colpo d’apoplessia, prostrò d’un tratto quella fibra gagliarda d’artista, che, moribondo, sorretto dalla compagna sua, volle subito essere restituito in patria.
Bella di volto e di persona, dalla voce metallica, dagli occhi espressivi, attraeva a sè ogni specie di spettatori al suo primo apparir su la scena.
Ora accadde che, dati da lei allo stesso punto due baci la sera di poi, un bell’umore dalla platea si diede a sclamare : « Donna Fanny, so' ventiquattro ducati », con che successo di risa e di applausi ognuno può immaginare.
Tralle più nitide edizioni dell’Aminta è da noverarsi quella del 1655 uscita in Parigi dalla stamperia di Agostino Corbè colle annotazioni di Egidio Menagio a. […] Ma quel sospirar delle piante, che potrebbe parer soverchio, con qual graziosa ironia non vien distrutto dalla disdegnosa Silvia! […] Un oimè che esce dalla becca di Aminta assicura Silvia della vita di lui: uno sguardo volto a lei che gli bagna il volto di lagrime, fa certo Aminta dell’amore e della vita di Silvia. […] La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca. […] Accolta benignamente in Francia dal re, e dalla regina, e da’ più qualificati cortigiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Dalla scarsa popolazione del vasto continente americano, dalla pressoché generale uniformità de’ costumi e de’ volti, e dal gran numero di picciole tribù tuttavia selvagge, che, poco più di due secoli e mezzo indietro, vi trovarono gli europei, dopo che seguendo le tracce immortali degli argonauti italiani, Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Sebastiano Cabotto, e Giovanni Verazzani, l’ebbero riconosciute, si deduce, non senza fondamento, che quelle terre da non gran tempo sono state popolate. […] Quanto a’ peruviani naturali, i quali gemono avviliti dalla schiavitù, han conservato per li loro antichi riti e costumanze una viva e cara rimembranza, che solo i nuovi padroni avrebbero a poco a poco potuto cancellare, o almeno indebolire, rendendo agl’infelici: il giogo meno pesante e più conforme all’umanità.
Fu tenuta a battesimo dalla moglie del capocomico, e fu chiamata col nome della madrina. […] La Ricci lottò contro formidabili rivali, e finì coll’uscir vittoriosa dalla lotta : dopo l’enorme fiasco con la Innamorata da vero di esso Gozzi, colla vecchia tragedia Il Conte d’Essex, col Fasiel del D’Arnaud, tradotto a posta dal Gozzi, fu alla fine, col Gustavo Wasa del Piron, tradotto dal Gritti, prima, poi colla Principessa filosofa del Gozzi, battezzata artista insigne, e, come lo stesso Gozzi afferma, inarrivabile nella bravura.
Il 1614 era a Genova, come appare dalla lista di comici pubblicata al nome di Bernardini, nella quale figura, oltre a Gio. […] Ciò fu nel 1658, quando cioè Molière tornò a Parigi dalla Provincia ove l’avean confinato i debiti per l’illustre teatro.
Gli Etruschi che da’ Greci furon detti Tirreni, vennero in Italia, secondo l’opinione di dotti uomini, dalla Fenicia, e secondo Erodoto, dalla Lidia; e perciò disse Orazio lib. 1, sat. 6 Non quia, Mecænas, Lydorum quidquid Hetruscos Incoluit fines, nemo generosior est te. […] Egli è certo, che i Romani molto tardi ebbero teatri stabili, e che le favole drammatiche in tempo de’ Ludi si rappresentavano nel Foro dove con statue e pitture che dagli amici, ed anche dalla Grecia soleano gli Edili Curuli, cui apparteneva la cura degli spettacoli, farsi prestare, ornavano il luogo in modo di scena.
Calisto stando con Melibea ode un romore nel giardino accorre, cade dalla scala, e si ammazza. […] La tragicommedia di Lisandro e Roselia di un anonimo stampata in Madrid nel 1542 è pure un componimento che discende dalla Celestina. […] Ma questo è incominciar dalla morte di Meleagro e dagli elementi senza passare a mostrar come e quando quelle cantilene de’ pellegrini convertite si fossero in poesia teatrale, prendendo indi per oggetto l’Eucaristia. […] È però lodevole la seconda scena dell’atto III ove si narra il sogno di Nise copiato con più esattezza dalla Castro; ed il signor Sedano che la lodò, non ne seppe la sorgente. […] Du Perron de Castera nel 1738 volendo pubblicare in francese un teatro spagnuolo cominciò male dalla Celestina, e dall’Eufrosina credendole tragedie.
Contuttociò, malgrado delle deboli ragioni di quel vecchio, Osmida si determina a liberar Gerbino dalla morte. […] Ha l’elocuzione elegante, aperta, energica e conveniente al genere, e i personaggi cresciuti al numero di sei la preservano dalla necessità della frequenza de’ monologhi, e dalla noja di veder alternar sempre sulla scena quattro soli personaggi. […] Nel dispiegarsi il delitto di Tito e Tiberio il Popolo cade quasi ad eccettuarli dalla punizione degli altri. […] Non pare che il maggior trionfo dell’autore provenga dalla piacevolezza e dalla forza comica. […] Egli però rapito dalla sua sposa si è ritirato alle sue stanze, quasi potesse rimanere ozioso al punto, in cui stanno le cose.
Credeva, che se essi non recitavano l’eleganti Commedie surriferite, altre ne producevano scritte da loro con purezza, grazia, ed arte (lontane certamente dalla freddezza, intollerabile in tutti i secoli, e in tutti paesi, di quelle di Naarro), e perciò comprese sotto il titolo di Commedie erudite 1. […] Forse alcune poche cose cercate col fuscellino vi noterà il Signor Lampillas da riprendere; ma che queste sieno pochissime in Ariosto, e poco degne di farsene caso, apparisce dall’essersi disprezzate dalla vigilanza della Chiesa per tre secoli continui. […] Ciò potreste più acconciamente inculcare per le Commedie ed altro del Libro del vostro Naarro, il quale appena pubblicato nel 1520. fu riprovato dalla Chiesa, e restò proibito e negletto per 53. anni. Ma pur questa sarebbe una cura inutile, perchè tal Libro, ad onta della seconda Edizione, giacque ancora, e giacerà preda delle tignuole nella polvere, dalla quale con infelice sforzo pretese cavarlo il Bibliotecario Nasarre.
La favola intitolata le Coefore, cioè Donne che portano le libazioni (dalla parola χοἠ, libatio) rappresenta la vendetta della morte di Agamennone presa da’ suoi figliuoli, argomento poì trattato anche da’ due gran tragici che vennero appresso. Sin dalla prima scena vi si espone lo stato del l’azione con arte e con garbo tale che l’antichissimo riformatore e padre della tragedia non ebbe bisogno dell’esempio altrui per condurre alla perfezione questa parte sì rilevante del dramma, nella quale tanti moderni fanno pietà, a differenza di Pietro Metastasio e di qualche altro che vi riesce felicemente. […] Si vuol notare nella prima scena la pittura terribile dell’Eumenidi fatta dalla sacerdotessa, l’inno magico infernale pieno del fuoco dell’autore cantato dal Coro dell’atto terzo per aver trovato Oreste, ed il giudizio del di lui delitto fatto nel quinto coll’intervento di Minerva che presiede agli Areopagiti, di Apollo avvocato del reo, e delle Furie accusatrici. […] Le favole del padre della tragedia greca furono, come quelle de’ suoi successori Sofocle ed Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi tra l’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine.
Fermando gli squardi su quest’essere debole e meschino, gettato nello stato primitivo anteriore alle società famigliari, non che alle civili, ravviseremo in esso le pietre di Deucalione e d’Anfione, le piante animate e le fiere ammansite dalla lira d’Orfeo, gli armati surti da’ solchi di Cadmo, e le dure roveri di Virgilio: e lo vedremo in seguito progenitore di spietati ladroni, di Procrusti, di Licaoni, di Litiersi, di Cacchi, di Gerioni, di Antifati cannibali, d’immani Polifemi e di Patagoni cresciuti innanzi senno nelle proprie immondezze. […] Il piacere che deriva dalla presenza delle persone care, rendè sensibile ad una fanciulla l’imminente dipartita del suo vago: e per voglia di conservarne i tratti andò contornando sulla parete il profilo del di lui volto che vi si distingueva in forza dell’opposta luce; e l’uomo approfittandosi del caso giunse ad inventare l’altra bell’arte di dare alla superficie piana l’apparente rilievo di corpo, per la quale corse all’immortalità Apelle, Timante, Parrasio e Zeusi, e Raffaele d’Urbino, Correggio, Tiziano, ed Annibale Caracci. […] Essa si conosce e si spande per tutto, perchè deriva immediatamente dalla natura del l’uomo, il quale avvezzo ad osservare quei della sua specie, attissimo ad imitarli, e disposto a riprendere in altri le ridicolezze e gli eccessi, da’ quali si chi de lontano, gode della somiglianza de’ ritratti che se ne forma, e si compiace di farsene un giuoco. […] Sul Tamigi attori erano ed autori Shakespear, Otwai, e Garrick, i quali vivono ancora tuttochè coperti dalla terra.
Rimane a far parola de i due corales destinati alla commedia nazionale, la cui struttura si allontana dalla forma de’ nostri teatri. […] Verso l’epoca indicata las cortinas cedettero il luogo a diverse vedute ben dipinte convenienti alle azioni rappresentate; ed alla chitarra sparita dalla scena succedette una competente orchestra di musici sonatori collocata, come in ogni altro teatro moderno, nel piano della platea. […] Egli (non senza il solito ricco corredo di villanie) conchiuse che nella mia Storia io dovea verificare le importanti particolarità istoriche da lui accennate (vale a dire, se il nastro dispensato dalla Ladvenant era di color di solfo o di oro, se i commedianti facessero un solo corpo come aveano una cassa, se il nome di Chorizos venisse dalle salcicce che mangiava Francho, e se quello di Polacos veniva dalla notizia che Huerta sapeva e che non voleva dire ) in vece di perdere il tempo nella parte critica que tanto resplandece nell’opera del Signorelli, perchè critica (si noti la sapienza in ogni cosa che proferisce don Vicente) nel vocabolario di lui equivale a satira, a maldicenza, ed è pruova della poca istruzione e dell’ intenzione poco retta del Signorelli.
ECCELLENTISSIMO SIGNORE Una mammola un moncherino presentato con garbo e semplicità da un fanciulletto si accoglie di buon grado e con lieto viso da un Signore magnanimo e gentile più che dalla mano di un facoltoso un tributo di perle di Comorino, di diamanti di Golconda, di metalli del Potosi.
Dopo avere fatto gli studi classici, e avere avuto lezioni da sua madre, dallo zio Riccoboni (Lelio), e dalla zia Elena Balletti (Flaminia), si diede all’arte il 1 febbraio del 1742, sostenendo di punto in bianco le parti di primo amoroso nelle commedie così francesi, come italiane, poichè parlava assai bene e l’una e l’altra lingua, delle quali possedeva tutte le finezze.
Le passioni e gli affetti dall’arte sua dimostrati sembrano dalla natura in quel momento prodotti, e fa esprimere al vivo l’eroico carattere che rappresenta.
E la povera artista, giovane, appassionata tuttavia per quell’arte che le aveva così fuggevolmente sorriso, estenuata dalla tisi, morì in Roma il 16 aprile dell’ ’81.
De’ figliuoli di Cesare rimaso in Vita il solo Michelagnolo, attese alla pittura, ma con poco profitto, perciocchè poco curandosi del Padre, e del Zio, si diede con una brigata di Amici a rappresentar Commedie all’ Improviso, facendo per altro egregiamente la parte del Pulcinella, avendola fin dalla fanciullezza appresa dal famoso Andrea Calcese, altrimenti detto Andrea Ciuccio, e poscia da Ciccio Baldo, che fu Maestro di Mattia Barra, il qual Ciccio Baldo gli regalò una maschera di Pulcinella, ch’era stata del mentovato Andrea.
Ma, ahimè, l’amica la precedè nel sepolcro, e i parenti, impossessatisi per legge di tutto, cacciaron di casa la padrona vera, la quale andò da prima limosinando, poi fu ricoverata all’ Ospizio di mendicità, d’onde usciva una volta la settimana per andare a pranzo dalla poetessa improvvisatrice Rosa Taddei, sorella del celebre caratterista.
Ponz, con entrare a rilevare i difetti, di cui ora stò ragionando, e mi ristrinsi alla semplice descrizione delle parti colla possibile esattezza colle parole, già che nol facea con un disegno, e pure non ho potuto liberarmi dalla censura del sospettoso Apologista. […] E con tali sagge provvidenze inspirò lo spirito di decenza in un Teatro, dove interviene il fiore della Grandezza Spagnuola di ambo i sessi, la Uffizialità più distinta, e la gente seria ben nata, che ama in qualche ora di godere tranquillamente dello spettacolo senza essere disturbata dalla plebaglia.
Nè questa le impedì d’essere figlia amorosissima, perchè non volle mai separarsi dalla sua genitrice ; e quando la morte glie la tolse, le fece innalzare nel Campo Santo di Torino un monumento che racchiuse, dopo varj anni, anche le di lei spoglie mortali. La madre morì d’anni 65 il dì 24 marzo 1835 ; ed ebbe sulla sua tomba questa iscrizione : Ad Elisabetta Marchionni Sanese | dalla figlia Carlotta | cui raddoppiò gli affanni nel mancar della madre | amata sopra tutte le cose umane com’era degna.
E dico accostarsi il più che sia possibile; che il teatro pur vuole una qualche licenza, e forse più che in altro luogo si ha ivi da star lontano dalla stitichezza e dalla pedanteria. […] La grandezza apparente di un oggetto dipende dalla grandezza della sua immagine congiunta col giudizio che si forma della distanza di esso.
I quali se non sono un chiaro esempio di poesia, traggon valore dalla notizia che ci danno dell’opera artistica del Gabbrielli, che evidentemente non si arrestava alla maestria varia del musicista, nè alle buffonate della maschera, ma sapeva anche spaziar degnamente nel campo della tragedia. […] Cintio per suoi interessi non si partirà dalla Franceschina, e suo marito che in tutto fanno tre parti manco un quarto ; e dove è un’altra serva non ci ha a che fare mia moglie e per conseguenza manc’io. […] Di altre stagioni fatte dalla Compagnia dei Comici Confidenti al servizio di Don Giovanni De Medici abbiam date precise in molte lettere concernenti il capo di essa Flaminio Scala (V.) detto Flavio in Commedia.
Quindi sono esse state piuttosto credute portici, ne’ quali introducevansi le mercanzie in città dall’antico porto che ora è in secco, e di cui sussistono le ruine del molo ora chiamat omuraccio o il torrazzo dell’Ausa fiume che bagna la città dalla parte di Oriente.
… Noi sappiamo che alla rappresentazione della Calandra del Bibbiena, fattasi in Lione dalla Nazion Fiorentina per la magnifica et trivmphale entrata del Christianiss.
Cantate le bellezze che non ponno dal tempo o dalla morte esser corrotte, che invidia ve n’avranno Uomini e Dei.
Quale intuizione estesa, feconda, ma attutita dalla poca applicazione.
Uscì Francesco dalla Comedia italiana il 25 aprile '29 coi genitori, per rientrarvi nel '31 con tre quarti di parte ; e si presentò sotto le spoglie di Valerio negli Amants réunis, commedia di tre atti in prosa di Beauchamps.
., stipendiato dalla Corte.
Il maggio del 1694 abbandonò il ruolo di Capitano per quello di Scaramuccia, e il 1697, dopo la soppressione della Comedia italiana, formò una Compagnia colla quale fu autorizzato a recitare in Francia purchè a trenta leghe dalla Capitale.
Essa allora ben lontana dal servire alla buffoneria, accoppiò al modo di trasformar l’attore una diligente imitazione de’ volti, de’ vestimenti e delle divise usate da’ personaggi tratti dalla storia, dalle poesie Omeriche, e dalla teologia.
Può vedersene un esempio ne’ motteggi lanciati in una di esse quando cadde dalla grazia di Luigi XII il maresciallo de Gie perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa. […] Specialmente in quella de’ Giudei si notano alcuni squarci felici tratti dalla Sacra Scrittura.
Essa allora ben lontana dal servire alla buffoneria, accoppiò al modo di trasformar l’ attore una diligente imitazione de’ volti, de’ vestimenti, e delle divise usate da’ personaggi tratti dalla storia, dalle poesie Omeriche e dalla teologia.
Un Dramma fa distinguere il suo genere dall’Azione, da’ Caratteri, e dalle Passioni, come dalla divisa si conosce a qual Regimento appartenga un Soldato. […] La mente adunque del Maffei non fu di escludere contro alla evidenza la Sofonisba dalla classe delle Tragedie, bensì il Poeta dal numero de’ buoni Tragici. […] Quando la maggior parte de’ Critici intelligenti ingiunge che si evitino gli argomenti finti (ad onta di varie ottime Tragedie di fatti ideati, come il Torrismondo, l’Alzira &c.), e che si cavino dalla Storia, dalla Mitologia antica, e da’ Poemi Epici moderni ancora, di maniera che quasi più difficoltoso pare che sia il rinvenire un fatto Eroico proprio della Tragedia, che il tesserne la favola e il ben verseggiarla: il Signor Lampillas ardisce in faccia all’odierna Europa riprovar questo appunto che s’inculca, e attribuire a difetto d’invenzione nel Trissino l’aver tratta da Livio l’avventura di Sofonisba!
Tradusse dal francese, compose, fe da altri comporre diversi drammi comici da sostituirsi alle antiche buffonerie, i quali dalla compagnia della Neuber si rappresentarono in Lipsia ed in Brunswich. […] Giovanni Cristiano Krüger nato in Berlino, e morto in Amburgo di anni ventotto nel 1750 costretto dalla povertà entrò nella compagnia comica di Schonemann,e lavorò come attore e come poeta. […] L’interesse nel Salomone scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo; perchè, come egli stesso osserva, le bellezze proprie de’ caratteri e de’ costumi delle nazioni sono meno universali di quelle che si traggono dalla natura umana. […] Egli avrebbe dovuto riflettere alla gran distanza che distingue una tragedia reale dalla cittadina maneggiata dal Lessing; ed alla malagevolezza di riuscire in un piano vasto che chiami l’attenzione de’ popoli interi più che delle famiglie private; ed in fine all’arduità di mostrarsi eloquente in versi e nel genere drammatico senza alterarne la natura.
Diciamo non di meno di passaggio che in Lanciano una tragica sacra rappresentazione si è eseguita da tempo immemorabile la sera del Venerdì Santo del Mortorio di Gesù Cristo dopo una solenne e pomposa processione, che usciva dalla chiesa di San Filippo Neri, a spese de’ confratelli della Compagnia della Morte.
Quando dalla Compagnia Grimani uscì la vedova Casanova (V.), perdita considerevole per la Compagnia, la Passalacqua prese il suo posto, accettando anche di supplire nelle parti di cameriera.
Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo.
Egli è stato de’ primi a far vedere sopra le scene queste trasformazioni istantanee, che sorprendono per la velocità, e dilettano per gli adornamenti, di canzonette, di balli, di giochi, di facezie, ed altre cose ridicole ; spettacolo dilettevole, ma lontano dalla buona commedia.
Il Bartoli cita la Rosalia nel Jeneval di Mercier, tradotto dalla Caminer fra le parti che la Gavardina recitò con maggior lode, e la dice inarrivabile in quelle in dialetto veneziano.
Dimenticati dalla famiglia comica, si stabilirono a Torino ; il padre con un impiego di copista, le due donne ad agucchiare per la sartoria del Teatro Regio.
Tornò in Ispagna, chiamatavi dalla nipote Carolina Civili, e quivi morì, presso Madrid, il febbrajo del 1878.
Altezza di Vittorio Amedeo Duca di Savoja, e per tirar assai bene a gli uccelli in aria, e correr con qualche grazia e velocità a' cervi, et averne ucciso alcuno, è stato honorato oltre alli molti regali d’un singolar appatente di poter levar cavalli dalla Ducale Scuderia a suo beneplacito, e cacciar in ogni luogo riserbato a Sua Altezza Sereniss. con priuilegio, che per qual si uoglia bando, che potesse sospender la permissione a priuilegiati da S.
Per un flusso e riflusso costante avverato da’ fatti, corrono le nazioni, dalla barbarie alla coltura e poi da questa a quella, quando l’una e l’altra arriva al grado estremo. […] Or il clero, cui importava che i popoli non venissero distratti dalla divozione, alla prima proscrisse sì fatti spettacoli, ed in seguito, cangiando condotta, volle egli coltivarli.
Il Nostro Signor Pantalone sara giunto in Ferrara e da lui aurà distinta relazione delle nostre facende e perchè il medesimo mi à lasciato in forse di ritornare, la pregho con destrezza ricauare il suo intento et auuisarmi, e questo suppongo saralli permesso dalla ricuperata salute che gl’auguro perfettissima quanto a me stesso. […] Lo troviam poi nel 1699 a Vienna ; nel 1702 in Augsburgo, dove il 16 maggio ottenne il permesso di poter dare dovunque alcune rappresentazioni in lingua italiana, e nel 1703 ancora a Vienna, assistito dalla liberalità del Principe Elettorale, che si occupava con ogni larghezza delle spese di costumi ecc. ecc.
Il costume di Mezzettino – dice Riccoboni – trae la sua origine dai disegni di Callot (V. il Mezzettino dei Balli di Sfessania al nome di Antonazzoni) o dagli attori comici del teatro francese del 1632, Turlupin e Philipin, che vengon dalla stessa fonte. […] Fu anche voce comune che la chiusura del Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale del Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in Germania, si dovesse alle allusioni mordaci da lui fatte alla Maintenon nella rappresentazione della Fausse Prude ; dopo le quali, il signor D’ Argenson, luogotenente generale di polizia, il 4 maggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11 del mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fece apporre i suggelli su tutte le porte, non solo di strada, ma dei camerini degli attori, ai quali fu vietato di presentarsi per continuar gli spettacoli, non giudicando più Sua Maestà opportuno di ritenerli a’ suoi servigi.
La Fiorillina, così la chiamarono i comici dalla sua infanzia, cominciò a percorrer la via della gloria a nove anni, in cui diè prova di gran valore artistico sì nelle parti scritte come nelle improvvise. […] L’amore irritato dalla difficoltà, ossia Teresa e Claudio – Teresa vedova – Teresa e Wilk, di Giovanni Greppi.
Fu infatti lo Zanarini capocomico dal 1782, cioè dall’uscita dalla Compagnia Sacco, del cui tempo il Gozzi ci ha lasciato la seguente notizia, nell’Amore assottiglia il cervello, al 1790. […] Egli si ricoverò in un’isola della laguna, confortato dalla moglie, dai figli e dagli amici di Venezia ; e dopo un anno, ceduto finalmente alle nuove istanze di Goldoni, si unì con lui pel triennio 1800-01-02, trascorso il quale si ritirò per sempre dalle scene, passati appena i sessantacinque anni di età.
L'agosto del '55 egli era a Genova, come si rileva dalla lettera inviata a Modena al Conte Cimicelli (V. […] E dalla prima moglie non ne ebbe alcuno ?
Il palazzo del Sole, la Reggia di Plutone, divinità, fate, silfi, incantatori, apparenze, miracoli, trasformazioni, edifizi alzati e distrutti in un istante, anelli che rendono invisibili le persone che pur si vedono, pugnali vibrati nel seno altrui che ammazzano chi li vibra, uomini miracolosi dalla barba turchina, ed altre simili stranezze, sono i tesori del teatro lirico della Francia. […] In questo si dimostra che tosto che la musica apprese a dipingere e a parlare, disparvero gl’incanti e la mitologia, e le divinità vidersi bandite dalla scena allorchè essa imparò ad introdurvi gli uominia. […] Niuno ignora i meriti di Noverre tanto per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, quanto per l’invenzione di varii balli, e pel modo di ballare, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, con aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con passi graziosi e naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche. […] Quanto alla musica possiamo noverare tra i drammi serii Ecuba di Milcent animata dalla musica di Fontenelle nuovo maestro che meritò qualche attenzione del pubblico, ad onta delle parole poco applaudite. […] Nella classe delle commedie non se n’è rappresentata con successo che una intitolata il Pazzo supposto di Armand Charlemagne, in cui si trova piacevolezza, ed alcuna situazione comica tratta per altro dalla Metromania di Piron, e dal Medico de’ Pazzi di Mimaut.
Dopo un triennio passò in quella di Luigi Monti, che lasciò dopo due anni, scritturato dalla Principessa di Santobono pe’ Fiorentini di Napoli, al fianco della Pezzana e della Duse, di Emanuel e di Majeroni.
Passò il Casali dalla Compaguia dell’anonimo in quella de’ Grimani, prima al Teatro S.
Non vi fu chi la conobbe che non restasse vinto dalla mitezza dell’anima sua.
Lo troviamo il 1681 a Venezia, donde a un segretario del Duca, che voleva la Compagnia a Ferrara, manda la lettera seguente, che traggo inedita dalla mia raccolta : Ill.
Dotato della ragione dono divino della, suprema sapienza, egli è dalla natura formato per la società, alla quale inevitabilmente vien tratto dal bisogno di sussistere agiatamente. […] Ora se v’ha tra lumi somministrati dalla ragione rischiarata (oltre delle scienze esatte e delle leggi e della stessa moral filosofia) un educatore di simili circostanze rivestito, non merita egli al pari delle scientifiche cognizioni gli applausi degli amici dell’uomo? […] E giacchè con non isperata benignità accolse il pubblico il saggio che ne diedi l’anno 1777 nella Storia critica de’ teatri in un sol volume in ottavo, ho voluto, in vece di riprodurla quale la prima volta la pubblicai (siccome diverse volte ne venni gentilmente invitato dalla società tipografica di Nizza e da alcuni libraj Veneziani e Napoletani) disonderla ed ampliarla in più volumia.
E ora, com’ è principale intento dell’ opera pubblicare le cose che contribuiscono a dar più compiuta la storia della nostra scena, metto qui dalla Storia di Perugia le pagine che trattano delle condizioni dell’arte (vol. […] Che anzi, erano già molti anni dacchè al teatro del Pavone era stata posta la lumiera con quattro grandi pavoni dorati, che poi furono tolti perchè dalla sua luce si pavoneggiavano quei soli quattro animali, quando io nel 1843, assistendo ad una rappresentazione della compagnia Reale di Torino, trovai il teatro Carignano senza lumiera, e in cosi fitta oscurità, ch’ io distingueva appena la fisonomia di chi mi stava vicino, mentre la luce concentrata tutta sopra gli attori li faceva sembrare figure magiche, e la commedia era ascoltata con religioso silenzio. […] Chi recita in dialetto, il quale non è altro che una monotona ripetizione di pochi accenti, se non è vero relativamente al suo personaggio, è sempre vero relativamente a sè stesso, il che non è poca cosa, ed è dispensato dalla creazione di quell’ ideale, che costituisce la vera essenza dell’arte.
La tragedia si replicò fino all’andata in iscena di Maria Stuarda, e la buona riuscita dell’impresa fu artisticamente e finanziariamente assicurata : omai la Rachel fu soggiogata dalla grande arte della Ristori, fatta tutta di spontataneità, e quel battesimo della sua fama le aprì le vie di tutto il mondo. […] Prima fra le regine, ha ricevuto dalla natura tutti i doni necessarj all’arte sua. […] Recitò la commedia e la farsa, il dramma e la tragedia in italiano, in francese e in inglese con attori italiani, francesi, inglesi e tedeschi ; e dovunque ammirata, festeggiata, acclamata dal pubblico, dalla stampa, dai poeti.
Da dodici anni egli vive a Zante, mantenuto da'suoi figli, alimentato dalla speranza di venire a morir nella terra, che lo vide nascere. […] Allora, al Comunale di Ravenna (primavera del '64), recitava Le gelosie di Lindoro ; e mi par di vederlo ancora lasciarsi mettere un gran mantellone dalla moglie, prima di partire, e minacciarla dietro le spalle col pugno serrato, mentre in faccia si sforzava di sorriderle. […] Ernesto Rossi, come altri grandi artisti, fu solleticato dalla vanità di scrittore, e oltre alla traduzione del Giulio Cesare e agli studi shakspeariani (Firenze, Le Monnier, 1885), e a varie commedie, tra cui, non delle peggio, Adele, pubblicò un’operone di ricordi in tre volumi : Quarant’anni di Vita Artistica (Firenze, Niccolai, 1887), che la critica in genere condannò, e il pubblico dimenticò per le troppe inutili cose discorse concernenti più l’autore che l’arte.
Ma una mente che fa buon uso delle sue facoltà, e un cuor che sente, qual si richiede nella tragedia, verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina e dei di lei discorsi, alla compassionevole tenera contesa con Erminia, e al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba moribonda, di Erminia che la sostiene, del figliuolino che bacia la madre, e dell’inutile sforzo che fa costei per vederlo sul punto di spirare154. […] Ma la lingua castigliana é ricchissima, e ha non pochi giri ed espressioni simili a quelle dell’italiana, e non manca di qualche sorta di linguaggio poetico; e n’avrebbe ancor più, se fosse stato dalla propria nazione più conosciuto, e fecondato nel disegno d’arricchire e nobilitar la poesia castigliana, l’andaluzzo Herrera, buon poeta e felice imitator del Petrarca. […] Carlo Vespasiano, maestro delle tre lingue sorelle, italiana, spagnuola e francese, nel Real Collegio della Nunziatella di Napoli, e autore di quelle annotazioni che in quest’opera trovansi coll’asterisco, ecco come mosso dalla giustizia della causa, e più da pressante richiesta di una dama francese, amante della nazione e letteratura italiana, fecesi a riconvenire in Parigi il mentovato compilator del Mercurio, M. de la Harpe, quegli per appunto ch’é stato tante e tante volte posto in berlina da M. […] Regnard, alla quale una simile non é mai, per quanto mi ricorda, scappata dalla bocca di niuno di coloro che abitano sulle rive del Manzanare e della Garonna: «Mons est la Capitale du Hainaut, et la première qui reconnaisse de ce côté la domination espagnole jusqu’a ce qu’il plaise à la France de lui faire sentir son joug». […] Il diletto che partoriscono le faccende poetiche, proviene dalla dolce alleanza del vero colla finzione.
Nell’Ajace detto flagellifero dalla sferza colla quale quest’eroe furioso percoteva il bestiame da lui creduto Ulisse e gli altri capi del campo Greco, tra molte bellezze generali e varii pregi della favola e de’ caratteri, si ammirino con ispezialità le tre seguenti bellissime scene: la situazione patetica di Ajace rivenuto dal suo furore col figliuolo Eurisace e colla sua sposa Tecmessa; la pittura naturalissima della disperazione di Ajace che si ammazza; ed il tragico quadro che presenta la troppo tarda venuta di Teucro ed il dolore di Tecmessa e del Coro allo spettacolo di Ajace ucciso. […] E ne sono sempre più maravigliato in leggendo poco dopo (nella pagina 218) che dalla Greca tragedia aveano i Francesi e gl’Italiani con felice successo preso ed unito insieme tutto il bello . […] Può osservarsi in questa favola che i Cori del primo e del terzo atto sembrano più parlanti del secondo, il che trovandosi ancora in altre può valer di pruova che non sempre terminavano gli atti con un canto corale e sommamente lontano dalla declamazione del rimanente. […] Corneille, de la Mothe, Voltaire e Folard, e niuno ha finora potuto nemmeno dalla lunga tener dietro a questa incomparabile favola del più famoso Tragico della Grecia.
Dopo un assai sgarbato concerto, ecco che si distacca dalla truppa un paio di ragazzi.
Nell’ ’85 si unì in società con la Tiozzo e nell’ ’87 fu scritturato dal Bertoni e dalla Tessero.
Quando più sembravano arridergli le gioie della famiglia, dovè staccarsi dalla moglie che adorava, e che morta pianse con affettuosi versi, e rifugiarsi nel suo dolore, solo.
Si capisce che ballerini e cantanti recitavan con gli altri : anzi ho qui sott’ occhio il manifesto della beneficiata di Felice Sciaccaluga, artista comico e primo ballerino (15 nov. 1843) in cui si eseguì un nuovissimo PAX-DEX-DEUX POLLACCO ossia CRACCOWIENNE Composto dall’artista beneficiato, Ballato dal medesimo e dalla PRIMA ATTRICE Un’altra sera (27 nov. 1837) a benefizio del primo attore Lorenzo De Paoli, Onde non restasse tediato il Pubblico, nell’ intermezzo della Commedia e della Farsa vi fu un gran volo di Piccioni.
Fu buon marito ; e dalla sua buona compagna, signora Graziosa, fu pietosamente assistito sino all’ultimo momento della sua vita.
Gli ostacoli non lo impacciano, lo studio non lo prostra, purchè quelli affronti, si dia a questo per l’arte sua, nella quale, e ciò forse gli nocque veramente a conseguir la purezza classica delle linee, si gittò a capo fitto, troppo presto liberato dalla man forte del guidatore.
Appresa la triste lor condizione, egli si prese, nient’altro che per venire in loro ajuto, cura della bimba, che fu allevata, ancora in culla, sotto i suoi occhi ; e accortosi, coll’andar degli anni, della attitudini chiare alla danza, la fe'istruire dalla maggior celebrità di quell’arte.
Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione del Precursore sino alla Risurrezzione, e consisteva in una filza di scene indipendenti l’una dall’altra, senza divisione di atti, e si recitava in più giorni. […] Quando Carlo VII entro in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di san Dionigi sino alla chiesa di Nostra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni.
Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione del Precursore sino alla Resurrezione, e consisteva in una filza di scene indipendenti l’una dall’altra senza divisione di atti, e si recitava in più giorni. […] Quando Carlo VII entrò in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di San Dionigi sino alla chiesa di Notra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni.
Si direbbe anzi che il genio cattivo si fosse divertito a perseguitarla, non foss’altro per isfogare in qualche modo l’invidia destatagli dalla infinita bontà ond’ella è ornata. […] no doppo haver quasi perso il cervello dietro alli suoi inbrogli partirà per questa volta, dal quale intenderà più a lungo li interessi della compagnia, et io a lui mi riporto, spera dalla benignità di S.
Son così dolci, Eularia, i bei concetti che v’ escon dalla bocca saporita, che nè Saffo, nè Laura, o Margherita, nè il Petrarca vi può co’ suoi sonetti. […] A. mentre lo ritrovano a cantare, voi fareste disperarmi, poichè sono tanto importune che non credo possa far di meno di non disperarsi leziendole, lo prego però a perdonarmi del ardire, conoscendo che il tutto nasce dalla necessità che mi stimola ad essere ardita.
Un critico inglese censura seriamente questo costume degli epiloghi nazionali, pretendendo ch’esso distrugge per mezzo del ridicolo il fatto che potrebbe ricavarsi dalla morale del teatro. […] Oggi gl’inglesi vantano una musica nazionale discendente dalla tedesca, la quale é figlia legittima dell’Italiana. […] In ogni modo l’autore meritava di essere incoraggiato dalla nazione, invece d’esser perseguitato con isciocchi libelli efimeri, e proverbiato dalle medesime scene da’ grossolani compositori d’intermezzi insipidi e villani. […] Vi é un sentiero più breve di questo, ed é di scriverne alquanti nuovi affatto, i quali si contengano ne’ limiti del verisimile, allettino il pubblico dalla scena, e piacciano agl’intelligenti nella lettura per l’accuratezza e bellezza dello stile. […] L’Italia ne avrà in breve una versione dalla felicissima penna del P.
Per un flusso e riflusso costante avverato da’ fatti corrono le nazioni dalla barbarie alla coltura, indi da questa a quella, giunta che sia l’una e l’altra al grado estremo. […] La medesima sorgente di ricchezza, il commercio, ridestò fra noi il sopito natural desiderio dilibertà, sotto i cui soli auspici escono gl’ingegni dalla stupidezza e dall’inazione. […] Generalmente si dissero in latino barbaro Ministelli, che poscia si chiamarono in italiano da Giovanni Villani Ministrieri e da Matteo Villani Minestrieri, derivando dalla voce provenzale Mnestrels. […] E tali disordini sin dalla mettà del secolo XIII indussero le città di Aragona e di Castiglia, ad onta della giurisdizione baronale, ad associarsi e ad armare alcune compagnie sotto il nome di Santa Confraternita, per proteggere i viaggiatori, e perseguitare i malviventi. […] Accenniamo solo che in Lanciano in Abbruzzo una tragica sacra rappresentazione si trova da tempo immemorabile eseguita nella sera del Venerdì santo, del Mortorio di Cristo, dopo una pomposa processione che usciva dalla chiesa di san Filippo Neri, fatta a spese de’ confratelli della Compagnia della Morte.
Nelle ore libere dalla scuola, poichè il padre Nicola era un appassionato filodrammatico, e in casa vi era un teatrino per i divertimenti di carnevale, Cesare coi fratelli e le sorelle, tutti filodrammatici impenitenti, metteva in iscena le commediole onorate dall’admittitur della Curia, e nella stagione migliore con i fratelli Vincenzo e Giovanni teneva le sfide al pallone col soprannome di : I fratelli Orasi. […] In quell’anno sposò mia madre Giuseppina Rocchi, nipote di quella Antonietta Rocchi, milanese, che era stata guidata sulle scene dalla Tarandelli antica prima attrice, e fu moglie del Robotti ; ed era allora prima attrice della Compagnia Reale-Sarda, attrice di merito non comune. […] … Gran peccato davvero che codesti astri di prima grandezza non abbian la forza di togliersi dalla loro sfera, non appena veggano attenuarsi la vivezza della lor luce !
Certo è che il Biancolelli visse maritalmente con una delle sue compagne, Maria Teresa di Lalande, dalla quale ebbe una figlia nel 1723.
Il De Fornaris vi pubblicò, coi tipi di Abel Angelier, l’Angelica, commedia in cinque atti in prosa, dedicata all’Illustrissimo et Eccellentissimo Signore il Signor Duca di Giojosa, della quale ecco l’istoria che traggo dalla lettera dedicatoria.
II, pag. 37) : Io aggiungo al detto del Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da un fiorentino, huomo di molto spirito e pratico della Spagna, ch’ egli circa l’anno 1610 stando in Siviglia, seppe da certi suoi amici, huomini vecchi e testimoni di vista, che Ganassa, comico italiano e molto faceto ne’detti, andò là con una compagnia di comici italiani, e cominciò a recitare all’ uso nostro ; e se bene egli, come anche ogni altro suo compagno, non era bene e perfettamente inteso, nondimeno con quel poco che s’intendeva, faceva ridere consolatamente la brigata ; onde guadagnò molto in quelle città, e dalla pratica sua impararono poi gli Spagnuoli a fare le commedie all’ uso hispano, che prima non facevano.
In particolare Metastasio fu contestato per il primo finale del Catone in Utica rappresentato a Roma nel 1728 in cui Catone si uccideva in scena; in seguito alle critiche Metastasio modificò l’ultima scena del dramma e la morte di Catone veniva descritta dalla figlia Marza. […] Nota alla nota d’autore n. 5: Cattaio: la villa del Catajo fu costruita tra il 1570 e il 1573 a Battaglia Terme nei Colli Euganei dalla Famiglia degli Obizzi; Pio Enea II degli Obizzi (1592-1674) vi fece costruire un teatro privato nelle scuderie che nell’Ottocento fu trasformato in un oratorio dedicato a San Michele. […] [commento_2.12] Note alla nota d’autore n. 6: «Ogni musica che non rappresenta nulla, è solo rumore, e senza l’abitudine, che snatura tutto, non susciterebbe più piacere di una sequenza di parole armoniose e sonore prive di ordine e coerenza», dalla Prefazione dell’Enciclopedia. […] L’interemezzo fu rappresentato dalla compagnia itinerante di Eustachio Bambini all’Académie royale de musique nel 1752 e fu al centro, insieme alle altre opere buffe italiane allestite in quell’occasione, della celebre «Querelle des bouffons», che divise il pubblico e i letterati parigini tra sostenitori del modello operistico francese e sostenitori del modello operistico italiano, tra i quali i più accaniti furono senza altro Jean-Jacques Rousseau et il baron Melchior Grimm.
Si conchiude con un’ aria in cui Calcante profetizza che il sole irritato convertirà en temor nuestras alegrias; ma di grazia quali allegrie, se Achille ha descritto la mortalità del campo desolato dalla peste? […] La Nitteti del Cesareo Poeta Romano, in cui l’intrigo interessante e le situazioni patetiche vengono arricchite da maravigliose decorazioni ma tutte ricavate dalla natura, fu espressamente composta per tale teatro a richiesta del suo amico Farinelli. […] Oggi las cortinas hanno ceduto il luogo a varie vedute ben dipinte e convenienti alle azioni rappresentate, ed alla chitarra sparita dalla scena è succeduta una competente orchestra di buoni professori posta, come negli altri teatri moderni, nel piano della platea. […] S’egli avesse parlato nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato facilmente che s’ ingannava anche in questo, e che la voce chambergo potè nascere dalla detta Guardia, ma non già il cappello slacciato, perchè prima di tal Guardia il cappello degli Spagnuoli non fu miga à tres picos, come quello introdotto in Ispagna colla venuta di Filippo V &c.
Con questa lettera obbligatoria in via commerciale da valere come un rogito del notaro dottor Bellini, rinunzio per me ed eredi, in favore dell’egregio artista Amilcare Belotti, ad ogni e qualunque direzione di dilettanti drammatici, nata e nascitura nell’ Orbe terraqueo illuminato dal sole e dalla luna ; assoggettandomi in caso di mancanza alla mia obbligazione, a rifondere il valsente delle penali pagate e da pagarsi dal capocomico Domeniconi, più i danari spesi e da spendersi dal sullodato capocomico in viaggi d’andare e venire colla sua nomade Compagnia.
Un gatto sprigionossi dalla sua gabbia, ed era appunto il gattino della prima Amorosa.
Mosso dalla sola virtù della medesima il gentile Ergasto ne dedica e dona il presente alla stessa.
Come le Compagnie drammatiche dipendevan, si può dire, assolutamente dalla Corte di Mantova, così era frequente negli attori il balzar di compagnia in compagnia per soddisfare al voler del Padrone. […] E il Perrucci, che colla sua arte rappresentativa ha gettato veri sprazzi di luce in mezzo al bujo che avvolge le nostre scene ne’secoli xvi e xvii, dice : La parte del Dottore non ha da esser tanto grave, servendo per le seconde parti di Padre, ma per la vivacità dell’ingegno, per la soverchia loquela può darsele qualche licenza d’uscire dalla gravità ; ma non tanto che si abbassi al secondo Zanni, perchè allora sarebbe un vizio da non perdonarsele ; il suo linguaggio ha da esser perfetto Bolognese, ma in Napoli, Palermo ad altre città lontane da Bologna, non deve essere tanto strigato, perchè non se ne sentirebbe parola, onde bisogna moderarlo qualche poco, che s’accosti al Toscano, appunto come parla la nobiltà di quell’inclita Città, e non la Plebe, di cui appena si sente la favella : onde allora ch’ebbi la fortuna di esservi, al mio Compagno sembrava d’esser fra tanti Barbari, non intendendo punto quella lingua. […] Questo personaggio malamente descritto dalla mia penna, vorrebb’esser maneggiato da chi hauesse pensiero di accender un gran doppiere al picciol lume di questa fiaccola da me solo allumata per iscorta, & non permeta, poich’io mi rendo sicuro, che il fine di colui, che vorrà far da Gratiano, sarà di voler far a suo modo.
Recita il ’53 a Schio la Francesca da Rimini, e giunto all’apostrofe all’Italia, proibita dalla censura, la recita tutta d’un fiato in mezzo alle acclamazioni del pubblico, mandando a rotoli recita e stagione, e finendo poi coll’essere incatenato e tradotto come un malfattore al Castello di Mantova. […] E qui passo la parola al Gagliardi : Quando tornai in me, ero circondato dal nostro console e da un medico, i quali mi avevano fatto portare in un albergo : non ero ferito, ma pieno di contusioni riportate dall’ aver battuto negli scogli nel prendere terra, dove estenuato dalla fatica, oppresso dal dolore, ero stato trovato svenuto.
Molto guadagnò e molto spese, perchè gli piacque di trattarsi alla grande…… E aggiunge che lui vivo, forse non sarebbe avvenuta l’abolizione del genere italiano nella Commedia a Parigi, che fu nel 1780, circa un anno e mezzo dalla sua morte.
Prima di dire di lui come artista, merita la pena di accennare alla famiglia dalla quale usci, assai nota per una specie di eccentricità rivelantesi in tutti i suoi componenti ; assai stimata per la generosità dell’animo, assai ammirata per il patriottismo ; assai temuta per il coraggio e l’eccezionale gagliardia dei muscoli.
Il Bartoli si prova, naturalmente, di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, dedicandole un de'soliti sonetti, e condanando il Piazza di aver avuto per lei « parole puntate che dalla penna di pulito scrittore non devono uscire giammai ; » ma per la Tesi, almeno, non osa, come per altre, accusarlo di calunniatore.
Di Agamennone si dice che gli eroi della Grecia si gloriano di essergli soggetti, nivelando su conducta por su prudencia , livellando la sua condotta dalla sua prudenza. […] La Nitteti del Cesareo poeta Romano, in cui il viluppo interessante, e le patetiche situazioni vengono arricchite da maravigliose decorazioni tutte ricavate dalla natura, su espressamente composta pel teatro ispano a richiesta del suo amico Farinelli.
de la Motte, il Sig. di Voltaire, e ’l Gesuita Folard, e niuno ha finora potuto nemmeno dalla lunga tener dietro a questa incomparabile favola del più famoso Tragico della Grecia. […] Si vede che non ebbe vigore alcuno in Atene, almeno a’ tempi di Aristofane, quella savia legge di Solone, dalla quale veniva proibito il dir male de’ morti, a cagion che la religione porta a tenere i defunti per sagri, la giustizia a risparmiar coloro che non più esistono, e la politica a non sofferire che gli odj sieno eterni.
Fu uomo piissimo ; e dice Francesco Bartoli che a’compagni suoi inculcava con tutto il zelo d’essere modesti negli atti e nelle parole, e se talvolta sentiva alcuno oltrepassar anche di poco i termini della modestia, dolcemente da principio lo ammoniva, ma non giovando l’ammonizione, sgridavalo poi acremente ; e trovandolo incorreggibile, cacciavalo finalmente dalla sua Società. […] Battista, Fidenzi Cintio, Malloni Maria, Zecca Niccolò), dice di sè stesso : Ed io più infimo di tutti, fui fatto dalla benignità di Ludovico il Giusto Re Cristianissimo soldato della sua guardia, e di maggior onore mi voleva far degno, s’io ambiva, come ne può far fede l’Ill.
La lascio, ci penso, mi faccio coraggio e l’attacco ; e man mano che la studio passo dalla sfiducia allo sconforto, alla paura, poi una costernazione indicibile m’invade testa, cuore, gambe, braccia, mi stringe pei capelli, mi stramazza a terra, e alla fine mi decido. […] O giovani, lasciate fare della filosofia all’autore : voi studiate bene le parole, le passioni, il carattere del personaggio, vestitelo secondo il costume del suo tempo, poi recitatelo con anima, senza fronzoli, senza declamazioni, senza preoccupazioni del come è vestito : leggete Alfieri, ma recitate Augier, Goldoni, Molière, Shakespeare, Macchiavelli e Plauto e Aristofane, e recitateli tutti nella stessa maniera, cioè con naturalezza ; e non lasciatevi infinocchiare dalla teoria barocca e ridicola, che per tutti i tempi e per tutti i personaggi ci vuole una recitazione diversa : di diverso non c’è che il carattere e il vestito : e quindi se il personaggio è serio e piange, voi dovete star serii e piangere, ma con naturalezza e verità tanto vestiti alla romana, che alla veneziana, tanto coll’elmo che colla tuba ; e se un personaggio è comico, è comico allo stesso modo tanto in Shakespeare, che in Molière, che in Goldoni, che in Augier, che in Bersezio.
Manzini dalla Motta Gio: p. […] 11. suoi Drammi morti dalla nascita 361. […] Metastasio riesce mirabilmente nell’esporre con arte e chiarezza fin dalla prima scena lo finito dell’azione 32. imita Euripide 54.
Tradusse dal francese, compose e fe comporre ad altri diversi componimenti da sostituirsi alle antiche buffonerie, i quali dalla compagnia della Neuber si rappresentarono in Lipsia ed in Brunswick. […] Giovanni Cristiano Krüger nato in Berlino e morto in Amburgo di anni ventotto nel 1750 costretto dalla povertà entrò nella compagnia comica di Schönemann, e lavorò come attore e come poeta. […] L’interesse del Salomone scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo, perchè (come egli stesso bene osserva) le bellezze proprie de’ caratteri e de’ costumi delle nazioni sono meno universali di quelle che si traggono dalla natura umana.
Al presente il teatro è in mano d’impresari che non altro cercano se non trar guadagno dalla curiosità e dall’ozio di pochi cittadini, non sanno il più delle volte ciò che fare si convenga, o atteso i mille rispetti che sono forzati di avere, nol possono mandare ad effetto.
Andrea Grifio corrotto dallo spirito secentista dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, e Carlo Stuardo, tragedie, di più Santa Felicità tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gabaoniti tradotta dalla tragedia indicata del Vondel, la Balia versione della commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante trasportata da un’ altra commedia francese di Giovanni de la Lande; e finalmente due proprie commedie gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, come ancora due opere Piasto e Majuma.
Incoraggite i poeti, cercate ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori, ed essi che sono l’anima delle scene, inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, e questo spirito farà che essi rappresentino con tanta energia-naturalezza e sensibilità, con quanta durezza, stento e freddezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri.
Fiorito dalla seconda metà del secolo xvi a oltre il primo decennio del secolo xvii (il Malherbe — cf.
Dalla scarsa popolazione del l’immenso Continente Americano, dalla quasi generale uniformità de’ costumi e delle fattezze e dal gran numero di picciole tribù tuttavia selvagge, che poco più di tre secoli indietro vi trovarono gli Europei, dopo che, seguendo le tracce immortali degli argonauti Italiani Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Sebastiano Cabotto e Giovanni Verazzani, l’ebbero riconosciutea: si deduce forse non senza fondamento che quelle terre non da gran tempo sono state popolate. […] Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dal l’Acostae dal Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale ?
Il loro dialogo ha tutta l’energia della passione, ed è soprammodo lontano dalla durezza delle sentenze lanciate ex abrupto alla maniera di Seneca. […] Gajamente è delineata la nuvoletta di color di rosa che si leva dal mare, ed a guisa di un augelletto si appressa alla torre, pende dalla di lei sommità, comincia a sciogliersi in leggera rugiada, e s’introduce per la finestra.
Dalla scarsa popolazione dell’immenso continente Americano, dalla quasi generale uniformità de’ costumi e delle fattezze e dal gran numero di picciole tribù tuttavia selvagge, che poco più di due secoli e mezzo indietro vi trovarono gli Europei, dopo che seguendo le tracce immortali degli argonauti Italiani Christoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Sebastiano Cabotto e Giovanni Verazzani l’ebbero riconosciute32, si deduce forse non senza fondamento che quelle terre non da gran tempo sono state popolate. […] Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dall’Inca Garcilasso, si trascrisse dall’ Acosta e dall’Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale?
Dal Prologo da recitarsi dalla Compagnia accademica-toscana addetta al regio teatro degl’Intrepidi di Firenze, principiando le sue recite in Livorno l’estate dell’anno 1790 (Siena, Rossi), possiam trarre molte notizie riguardanti la vita di questo attore che recitava nella Compagnia Roffi, al tempo di Francesco Bartoli, con aggiustato sentimento, conosceva l’interesse e la situazione de’scenici fatti, e con zelo si adoperava nell’esatta esecuzione del suo proprio dovere. […] Si sa dal Bartoli, suo contemporaneo, ch’ella aveva una graziosa figura, una retta pronunzia, una voce flessibile, ed affettuosa, che penetrava e invadeva l’animo degli attenti spettatori…… La dolcezza della fisonomia e degli espressivi e significanti suoi sguardi, or dimostranti allegrezza, ora dolore, ora un affetto intenso ed amoroso, erano in lei quei doni a pochissime Comiche dalla natura e più dall’arte concessi.
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. […] E l’anima nel mezzo xe come i principali del popular : è diferente tra 'l ben el mal, tral merito e demerito ; vien solecità dal spirito e dalla carne, e secondo da qual parte se butta la si fa spirituale e buona, o carnale e cattiva, come sarave a dir el nostro Portonier xe l’anemo, la cassetta el spirito, e le so scarsele la carne.
Essi non erano lontani dalla struttura e dalle decorazioni del teatro de’ ballerini da corda della Fiera di san-Germano.
Incoraggir bisogna innanzi altro i poeti che sono l’anima degli spettacoli teatrali; cercare ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori; instruirli della ragion poetica stella polare delle rappresentazioni; essi così formati sapranno l’arte di dipingere i caratteri e le passioni, e guidati da un soprio discernimento inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali pieni di questo spirito rappresenteranno con energia, naturalezza e sensibilità quanto la natura umana loro presenta; là dove copiando unicamente gli attori stranieri confonderanno gli eccessi e le bellezze per mancanza di vero lume e rappresenteranno sempre con istento e durezza.
Per quanto le opere d’allora fossero scritte interamente, pure il soggetto doveva entrar per qualche cosa nell’umore spontaneo del Calmo, vivificato, afforzato forse dalla spontanea festività del pubblico.
Tra le farse rappresentate sul teatro di Varsavia nel 1748, ne troviamo una : Le contese di Mestre e Malghera per il trono, o scritta o rimaneggiata dalla Casanova, con musica dell’Appolloni.
Tenne fronte per alcun tempo il Cotta alla opinione allor prevalente, sperando di condurre un po’alla volta il pubblico dalla sua ; e recitò Rodogona, Ifigenia in Aulide e altre opere tragiche : ma si trovò solo nella lotta.
Il Campardon riferisce un altro documento a proposito del Ritorno dalla fiera di Bezons, opera dello stesso Gherardi, per la quale il commissario Lefrançois gli mosse querela, essendo in essa posti in ridicolo i commissari del Châtelet.
Il 6 di ottobre del 1790 gli furon sequestrati in Modena, mentre recitava al Teatro Rangoni, a istanza di Domenico Torricelli, oste, creditore, per cibarie somministrategli, di lire 104.15, i cassoni contenenti gli oggetti costituiti in dote dalla moglie, la quale con istanza del 13 ottobre, richiedeva la restituzione delle robe sequestrate, contro pagamento del debito : restituzione che non fu accordata, nè anche dopo rifatte le spese contumaciali se non, parzialmente, per il solo vestiario femminile.
Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte.
Comunque sia, pare che la interprete moderna sia uscita degnamente dalla nuova battaglia.
Per un flusso e riflusso costante avverato da’ fatti corrono le nazioni dalla barbarie alla coltura, indi da questa a quella, giunta che sia l’una e l’ altra al grado estremo. […] E questa sorgente di ricchezza ridestò fra noi il sopito natural desiderio di libertà, sotto i cui soli auspici escono gl’ ingegni dalla stupidezza e dall’inazione. […] Il clero cui importava che i popoli non venissero distratti dalla divozione, alla prima proscrisse siffatti spettacoli, indi cangiando condotta e seguendo lo stile delle precedenti età, quando ad onta dei divieti si videro introdotti nelle chiese, ne ripigliò egli stesso l’usanza, esercitando l’ arte istrionica e mascherandosi e cantando favole profane nel Santuario9. […] E tali disordini fin dalla metà del secolo XIII indussero le città di Aragona e di Castiglia, ad onta della giurisdizione baronale, ad associarsi e ad armare alcune compagnie sotto il nome di Santa Confraternita, per proteggere i viaggiatori e perseguitare i malviventi.
Rifiutò ogni dipintura particolare, perchè dalla filosofia apprese che i difetti di un solo privato sotto una potenza che tutto adegua, non chiamano la pubblica attenzione. […] Primieramente o egli ha voluto dire una cosa, e ne ha detto un’altra, o quel di nuovo sarà errore di stampa; altrimente introdurre di nuovo fa supporre che in altro tempo vi fosse stata in Grecia la commedia moderata prima dell’antica,il che dalla storia non appare.
Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto è animato dalla passione, ed havvi pochi passi ne’ quali possa dirsi di aver più parte la mente che il cuore. […] e ciò è tratto dalla Medea di Euripide. […] Cicerone e Quintiliano ed altri Romani intelligenti non rimasero nauseati nè dalla Medea di Ennio, nè da quella di Ovidio, nè dalle due di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente da questa di Seneca. […] In questa scena veramente teatrale, nouv’ha mordente acquavite che corrompa il vin greco e sano apprestato dalla natura. […] Le disperate riflessioni, i tratti terribili e compassionevoli sugeriti a Sofocle dalla situazione deplorabile e dall’acciecamento di Edipo, trovansi presso Seneca sommersi in una piena di studiate e stravaganti locuzioni.
Di questi tempi, il signor Domenico Lanza pubblicò per le nozze Solerti-Saggini (Pinerolo, Tipografia Sociale, 1889) un capitolo inedito del nostro Francesco, tratto dalla Biblioteca nazionale di Torino, e segnato nel catalogo pasiniano col numero cxlii (Codex CXLII, chartaceus, constans foliis II, sœculi XVII). […] Date queste variazioni del tipo, noi troviam capitani pressochè dappertutto ; dalla Fiera della Madonna dell’Impruneta alle Tentazioni di S. […] Oltre a questa del Capitano Spantega, seguita da due ottave siciliane, ho trovato altre due canzoncine, riguardanti la nostra maschera, rarissime e interessantissime, che tolgo, come l’altra, dalla Miscellanea, N. […] Ho detto : la maschera di Giangurgolo, perchè, evidentemente, così dall’ incisione che è qui nel frontispizio, dove si vede Morello collo stesso naso e collo stesso cappello, caratteristiche del capitano calabrese, come dalla commedia stessa, nella quale egli è chiamato semplicemente Calabrese, e per beffa bello naso, e nella quale dopo aver detto a un certo punto a Taccone : lassa mi dunari sta littra, si sente da lui rispondere : tu puro puorte lettere ? […] O prendeva argomento dalla pubblicazione del suo libretto, per isfogare contro l’autore delle brauure, morto quattr’anni innanzi, padre e suocero innocente, l’odio contro Lelio e Florinda (Giambattista e Virginia Andreini), i quali, come vedremo, furono del Cecchini e della moglie Orsola il vero, continuato tormento ?
Questo Frinico di Melanta fu il poeta che rappresentando la mentovata tragedia preso da non so qual timore, ovvero da orrore naturale, non potè proseguire, ed il popolo lo fe ritirare dalla scenab.
La grazia e la vivacità della di lui satira non veniva amareggiata dalla soverchia malignità come in Aristofane.
Ma quel che appare fuor d’ogni dubbio è che il Biancolelli aveva siffatta intuizione artistica, era siffattamente padrone de’così detti ferri del mestiere, de’salti, delle cadute, delle capriole, delle scalate arlecchinesche, da essere meritamente acclamato uno de’più forti artisti del suo tempo : il che parmi anche provato dalla somma ch’egli lasciò, morendo, agli eredi, la quale ascese a 100,000 scudi.
Si sa ancora di lui ch' ebbe un figliuolo dalla Polonia di Vicenza, sua moglie (e moglie poi di Valerio Zuccato ?
Essi non erano lontani dalla struttura e dalle decorazioni del teatro de’ ballerini da corda della fiera di san Germano. […] Può vedersi di ciò la nota apposta a’ Giudizj ed Aneddoti sopra la Sofonisba del Mairet nella Biblioteca teatrale francese pubblicata in Venezia dalla tipografia Pepoliana. […] Al Capo V medesimo dalla pagina 116 (dopo le parole della pag. precedente spaventano e fanno inorridire) si tolgano le prime dieci linee da La Grange-Chancel nato &c.
La presenza dell’attuale deve far del torto al signor Coralli per delle ragioni, che non dipendono da lui, ma dalla natura, cioè pour la taille, et pour les graces naturelles de ses mouvemens. […] Mentre Arlecchino si diverte a scherzar con suo figlio, seduto per terra poco lnnge dalla sua casa, Scapino vi entra senz’esser visto, e ne invola il suo vero figliuolo. […] Sopravviene Scapino, vede l’incendio, e crede che il figlio di Celio sia abbruciato ; e per toglier dalla disperazione Rosaura, immagina di sostituirgli il figlio d’Arlecchino ch’egli ha tra le braccia, e di farle credere che quello sia il suo.
(Verrà nello spettacolo sostenuta una parte ridicola di referendario dalla maschera dello Stenterello).
Ma dopo quattro anni di continui trionfi, morì in Verona, l’autunno del 1827, pianto non solo dalla famiglia artistica, che perdeva in lui il più onesto e forte dei capocomici, ma da quanti, conosciutolo, avean potuto ammirarne la onestà dell’animo, la generosità e la delicatezza a tutta prova.
re Duca, Virginia et Lucilla Maioni commici con la loro Compagnia supplicano a Vostra Altezza Serenissima a volergli concedere licenza di poter recitare Commedie nella Città di Reggio per tutto questo Carnouale, ch'il tutto otterrà per gratia singolarissima dalla benignità di Vostra Altezza Serenissima quale Dio mantenga felicissima con tutta la Ser.
La luna ecclissata dalla fede trionfante di Duba, regina dell’Ungheria.
Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto è animato dalla passione, e pochi sono que’ passi, ne’ quali possa dirsi di aver più parte la mente che il cuore. […] la qual cosa è tratta dalla Medea di Euripide. […] In questa scena veramente teatrale, non v’ha mordente acquavite che corrompa il vin grato e sano apprestato dalla natura. […] Il fanciullo tratto dalla tomba da’ seguaci di Ulisse grida, miserere, mater, e la desolata Andromaca, Quid meos retines sinus, Manusque matris? […] Le disperate riflessioni, i tratti terribili e compassionevoli suggeriti a Sofocle dalla situazione deplorabile e dall’ acciecamento di Edipo, trovansi presso Seneca sommersi in una piena di studiate e stravaganti locuzioni.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img135.jpg] Il ’69 lo troviamo in un teatro pubblico di Roma : e andava ogni tanto, con tutta la compagnia, a recitare dalla Regina di Svezia. […] Ill.ª come fece pure a me iermattina ; vuole che esca di casa, e cosi sono dietro col detto vecchio che dice per vivere per due soli mesi al suo figlio, che si ritirerà in una camera guarnita, e in questo tempo farà alcuni negozi suoi, e poi se ne ritornerà a Firenze, e lascerà qui il vecchio, il quale senza un miracolo di Dio non si potrà ritirare dalla pratica di questa donna ; basta, fra lo Scaramuccia e il Tempesti mi danno non poco da fare. […] Il Refugio è una casa contigua allo spedale della pietà dirimpetto al giardino dei semplici vicino ai Gobelini4, questa è governata dalla medesima superiora della Pietà, ma è separata perchè queste donne troppo pratiche del mondo non conversino con le figlie, ma è la medesima casa. […] più diforme di quelo che mi sia acorto de avere provato deboleza per quella giovine di che ella mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in scandolo de gli homini, e se la povera infelice è ridotta a ri sentire le angustie d’ una carcere per me è giusto per legie divina et homana io cerchi di solevarla chon il farla trasportare in uno altro convento dove sia esente dalla penuria in che si trova, e Sua Maestà ch’è un Prencipe nelle relacione incorotto non mi averebe conceduta la gratia se non avesse conosciuta per giusta la mia dimanda ; questa atione in facia de Dio e del mondo è da cristiano e da homo onorato, ciò non ripug(n)ando per pensiero ad una vita civile e da galantomo avendole io distinata una certa somma di denaro per maritarla.
Mignana stimi che il Teatro Saguntino non sia conforme alle regole Vitruviane, parmi che in ciò discordi dalla descrizione datane dal Martì nella Lettera al Zondadari.
“Wycherley (dice il sig. di Voltaire) ha tirato dalla Scuola delle Donne di Moliere questa singolare e troppo ardita commedia, la quale, se volete (ei soggiugne) non è scuola di buoni costumi, ma sì bene dello spirito e del buon comico”.
), quella fama dalla quale fu celebrata in questa medaglia che le conjarono in Lione, specialmente se ci facciamo a ripensare gli altissimi onori ch’ella ebbe di ritratti, di rime, di famigliarità di sovrani. […] S. che da che Le mandai la lettera scritta dalla Regina a sua Altezza Ser. […] Il Barbieri, nella Supplica citata, riporta da Pietro Mattei, Istorico e Consigliere del Re Cristianissimo, che Isabella Andreini fu favorita dalla Comunità di Lione di Francia d’insegne e di mazzieri, e con doppieri da’ Signori Mercanti accompagnata : ed hebbe un bellissimo Epitaffio scritto in bronzo per memoria eterna. […] Il De Somi, mantovano, fu autor comico, poeta e impresario di compagnie comiche, come rilevasi dalla supplica a Francesco Gonzaga Conte di Novellara, in data 15 aprile 1567, per ottenere un decreto di poter egli solo per anni x dare stanza in Mant.ª da rappresentare comedie, a coloro che per prezzo ne vanno recitando, offerendosi egli dare ogni anno a poveri della Misericordia, sacchi due di formento ; per la quale offerta, il Gonzaga il 17 aprile raccomandava la supplica al Castellano di Mantova. […] Il progresso dell’arte esteriore, se così posso dire, ossia di tuttociò che concerne il gesto, la voce, la dizione ; quel progresso che fa spesso proferire un discorso eterno colle spalle voltate al pubblico, e tutto d’un fiato, rapido, precipitoso, ruzzolato, che il pubblico non arriva mai ad afferrare ; quel progresso che fa del palcoscenico, nel nome santo della verità, e a scapito dell’arte e del buon senso, una stanza a quattro pareti, senza tener conto quasi mai che per una di esse, il boccascena, gli spettatori han diritto dai palchi e dalla platea di vedere e udire quel che accade lassù ; quel progresso, dico, ha vita da poco più che trent’ anni.
Qualche cosa teatrale si compose in Portogallo dal famoso comico Gil Vicente, le cui commedie venivano corrette dalla di lui figliuola Pabla Vicente che altre ne scrisse ancora di propria invenzione. […] Da moltissimi se ne attribuisce l’invenzione a Calderón che tanti ne scrisse dalla nazione sommamente applauditi.
Sono ridotto in mendicità estrema, e senza quel poco, che haueuo riseruato per la mia Vecchiaia alla Patria, per causa, non dico già della prontezza del mio obedire gl’altrui sourani comandi ; ma per i miei peccati chiedo pietà, e sollieuo, quale spero dalla generosa benignità di un tanto Principe, per mezzo dell’efficacissimi offizii della Paternità Sua molto Reuerenda.
Trovai, invece, da scritturarmi con Ferrante e la Paladini (ora Andò), sostituita poi dalla Sivori, come prima attrice giovine ; e le parti, in cui più mi distinsi, a giudizio della stampa, furon le tragiche : Norma, Medea, Giuditta, Saffo, ecc.
Fiorisca lieta A voi d’intorno eterna Primavera, Piovan su voi, dalla superna sfera, Fausti gli influssi del maggior Pianeta.
Vi si spargono quà e là acconciamente varie invettive contro de’ pregiudizii, e delle gotiche opinioni de’ nobili, che per puntigli ereditati dalla barbarie conculcano la virtù e la giustizia. […] Discostandosi questa favola dalla precedente nella sola specie, ne conserva i pregi generali della buona versificazione, del buon dialogo, della regolarità, della grazia, dello stile e del giudizio. […] La favola semplice e verisimile, i caratteri tratti a dirittura dalla natura, i costumi nazionali vivacemente dipinti, un dialogo naturale, schietta urbanità nello stile, vezzi comici senza esagerazione istrionica, ottima morale e facile a praticarsi, sono i pregi che gl’imparzialì non possono negare di riconoscere in questa favola.
Nelle tragedie nè osservò le regole del verisimile nè si si guardò dalla comica mescolanza.
Il Rasi ha indefessamente studiato e indefessamente studia ; s’è sprofondato negli archivi e nelle biblioteche ed ha restaurata così la storia della nostra grande famiglia comica che dalla fine del secolo decimoquinto sino ai nostri giorni ha, si può dire, dominato il teatro europeo.
Secondo la tradizione, il Del Buono avrebbe accolto l’idea della sua maschera dalla viva voce del basso popolo fiorentino, chiassoso, arguto, spensierato nella sua miseria, rigido conservatore del vernacolo, dacchè la sua casa situata in faccia alla via di Merignano, che sboccava allora in via Gora, mettevalo con lui in immediato contatto.
Agata, e si dilettò di Poesia Burlesca, ma non aveva fatti grandi studi, ed era solo ajutato nel comporre da una naturale disposizione ; e pretendendo di vendicar la sua Patria dalla burla, che gli aveva data il Tassoni nella sua Secchia rapita, diede alle stampe un Poema tragicomico diviso in XII Canti intitolato : Le passie de’ Savj ovvero il Lambertaccio, nel quale si parla con poco rispetto de’ Modonesi. […] » E più oltre : « Spero una volta frenare gli empiti di questa mia sorte, ecc., ecc. » E ora, ecco un brano, che tolgo dalla Piazza Universale di Tommaso Garzoni, descrizione particolareggiata di quel che erano e facevano gli Zanni, nella quale andrò intercalando le graziose e preziose figurine del Callot, che, specialmente coi fondi, come s’è già visto anche pei capitani e per l’Antonazzoni (V.) e come anche si vedrà per altri, illustrano alla perfezione il testo.
E il 1762 recitò la Bresciani un Addio, pure in dialetto veneziano, che si trova stampato negli Atti Granelleschi del Gozzi, seguito dalla Risposta del Pubblico a lei del Gozzi stesso.
Nè si limitò il Duse alla Recitazione del repertorio goldoniano ; chè in molti de’ drammi lacrimosi e degli scherzi comici del tempo, alcuni dei quali scritti a posta dallo Zanchi, dal Calderon, dalla Barluron, egli riusciva artista preclaro.
Non posso levarmi dalla testa quel secondo verso che mi pare la più bella delle moltissime perle del tuo volumetto.
Vi si spargono quà e là acconciamente varie invettive contro de’ pregiudizj e delle gotiche opinioni de’ nobili che per puntigli ereditati dalla barbarie conculcano la virtù e la giustizia.
Non poteva dunque dalla Genesi stessa, col mistico fervore del suo spirito, accogliere l’idea del poema che doveva poi farlo immortale ? […] Qualhor tentate sotto nome finto spiegar su l’alta et honorata scena forti concetti d’amorosa pena, l’animo han tutti a mirar Lelio accinto ; ma quando poi dalla sant’aura spinto sciolto d’ogni mortal cura terrena notate in carta con feconda vena carco di laude, e gloria ornato, e cinto, prepongon tanto Gian Battista a quello, per cui cinque cittadi a garra foro, quanto è di quell’ il suo miglior soggetto.
Formò poscia compagnia, nella quale assunse la parte di prima attrice assoluta : ma dovette, costrettavi dalla avversa fortuna, accettare il ruolo di madre nobile, seconda donna e caratteristica, offertole da Romualdo Mascherpa, col quale stette fino alla morte di lui che accadde nel ’48.
Non è maraviglia che abbia scarabocchiato un libercolo picciolissimo in tutti i sensi, per provare che in Italia la poesia non è uscita ancora dalla fanciullezza; non consistendo la sua grand’opera che in pagine 104 in picciolo ottavo, delle quali (sebbene protesti di voler fare un libro picciolo) ne impiega ben quaranta solo in esagerate lodi della sua innamorata, cioè di Shakespear.
Rinaldo arriva appunto nella campagna ove son tese, ed incantato dalla delizia del luogo si discinge parte dell’arnese.
Nel Laberinto del Mondo l’innocenza rappresentata dalla Graciosa che corrisponde alle nostre buffe e servette, avanti a Theos ch’é Gesù Cristo venuto su di una nave a redimere il mondo, dice del mare: … Por mi cuenta he hallado, Que no es gracioso el mar, aunque es salado Mas fuera dicha suma, Que el chocolate hiciera tanta espuma; il che pruova una grande antichità del cioccolato.
Avvegnaché poi alcuni scrittori comici non abbiano composto in quel genere di commedia che Molière portò a sì alto punto, e che Goldoni avea cominciato a risuscitar sulla Senna col mentovato Stravagante Benefico, pure i signori Palissot, Collé, e Beaumarchais han mostrato sufficienti talenti comici, e l’ultimo di essi é riuscito in un genere che ha degenerato in vizioso nelle mani di Falbaire, Mercier, Sedaine, e di altri, i quali erano nati per maneggiar maravigliosamente le passioni, se non si fossero fatti trasportar dalla corrente delle commedie piagnevoli e delle tragedie urbane difettose, cioé di quelle che accoppiano a’ fatti tragici qualche carattere comico266.
Non hieri l’altro la Flaminia era comendata per certi lamenti che fece in una tragedia che recitorno dalla sua banda, cavata da quella novella dell’Ariosto, che tratta di quel Marganone, al figliuolo sposo del quale, la sposa, ch’era la Flaminia, sopra il corpo del primo suo sposo, poco dianzi amazzato in scena, per vendetta diede a bere il veleno dopo haverne bevuto anch’essa, onde l’uno et l’altro mori sopra quel corpo, et il padre, che perciò voleva uccidere tutte le donne, fu dalle donne lapidato et morto.
Ma come in questo articolo obbliare il tenero, il sensibile alle amicizie dalla sua verde età sino alla decrepitezza, l’immortale Metastasio?
Discostandosi questa favola dalla precedente nella sola specie ne conserva i pregi generali della buona versificazione, del buon dialogo, della regolarità, della grazia e del giudizio.
Il piano del Fernando fu dal Verardo ideato in occasione dell’attentato di un traditore contro la vita del re che per miracolo di san Giacomo sanò dalla ferita; ma fu disteso in versi esametri da Marcellino suo nipote.
E’ un componimento languido e difettoso; nè la condotta, nè lo stile invita a desiderarsene l’impressione; ma pure è tragedia, ed ha il pregio di essere una delle prime di argomento tratto dalla storia moderna nazionale.